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Disposizioni concernenti l`obbligo del segreto professionale per gli

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Disposizioni concernenti l`obbligo del segreto professionale per gli
RISPETTO DEL SEGRETO PROFESSIONALE
E DELLA RISERVATEZZA DA PARTE
DELL’ASSISTENTE SOCIALE
A.S. Serena Bianchi
Dimensione Etica
La Riservatezza e il Segreto Professionale sono stati
elementi fortemente evidenziati e tradotti in norme
comportamentali nel Codice deontologico, sviluppati
nel Titolo III, Capo III intitolato:
“La Responsabilità dell’Assistente Sociale nei
confronti dell’utente e cliente”
Il Segreto professionale è stato vissuto dalla professione
sempre come valore, come un dovere etico e in
quanto tale tradotto in norme deontologiche.
Per Deontologia si intende appunto l’insieme delle
regole che impegnano il professionista, lo vincola ai
doveri
professionali
a
garanzia
della
qualità
dell’intervento professionale.
Dimensione Etica
Il fondamento etico assoluto è l’UOMO inteso come
valore in sé da riconoscere e far riconoscere agli altri e
alla società
Esigenza
etica
relativa
al
“riconoscimento della dignità
dell’uomo e del suo rispetto”
Il rapporto fiduciario che si instaura tra l’Assistente
Sociale e l’utente implica un aspetto di
confidenzialità e intimità da imporre un dovere alla
riservatezza e al segreto professionale.
Dimensione Etica
L’applicazione del segreto professionale nella
operatività quotidiana comporta spesso un conflitto di
doveri, di diritti e interessi contrapposti tra:
• tutela, garanzia del rapporto fiduciario e benessere
dell’utente
• obbligo di segreto e obbligo di denuncia
• mandato professionale e mandato istituzionale
• diritto alla privacy e diritto alla comunicazione e alla
trasparenza
Riservatezza
 Costituisce la base del rapporto fiduciario
 Parte da un atteggiamento di attenzione e
cautela già dal primo contatto con l’utente
 Permette di condurre una relazione professionale
che non deve essere invasiva ma riguardosa e
discreta
Inserita nel Codice Deontologico (Art.23) essa non è più
soltanto un atteggiamento professionalmente corretto,
ma viene a costruire un “diritto” primario dell’utente e un
“dovere” dell’assistente sociale
Codice Deontologico, Titolo III, Capo III
Art.24. La natura fiduciaria della relazione con utenti o clienti
obbliga l´assistente sociale a trattare con riservatezza le
informazioni e i dati riguardanti gli stessi, per il cui uso o
trasmissione, nel loro esclusivo interesse, deve ricevere l´esplicito
consenso degli interessati, o dei loro legali rappresentanti, ad
eccezione dei casi previsti dalla legge.
Art.25. L´assistente sociale deve adoperarsi perché sia curata la
riservatezza della documentazione relativa agli utenti ed ai
clienti, in qualunque forma prodotta, salvaguardandola da ogni
indiscrezione, anche nel caso riguardi ex utenti o clienti, anche se
deceduti. Nelle pubblicazioni scientifiche, nei materiali ad uso
didattico, nelle ricerche deve curare che non sia possibile
l´identificazione degli utenti o dei clienti cui si fa riferimento.
Art.26. L´assistente sociale è tenuto a segnalare l´obbligo della
riservatezza e del segreto d´ufficio a coloro con i quali collabora,
con cui instaura rapporti di supervisione didattica o che possono
avere accesso alle informazioni o documentazioni riservate.
Segreto d’Ufficio
Previsto dall’art. 201 del C.P.P. per chi svolge una funzione
pubblica, opera affinché non si abbia l’uscita, all’esterno del
servizio, di notizie riservate, ma ne consente la circolazione
interna ed è posto, prevalentemente, a tutela della pubblica
amministrazione e del servizio pubblico, e solo indirettamente a
tutela della professionalità degli operatori.
Tale normativa, da sola, non tutela adeguatamente la
riservatezza dovuta alle persone.
Segreto Professionale
Regolamentato dall’art. 200 del Codice di procedura penale, la
cui violazione è punita dall’art. 622 del C.p., è appunto l’obbligo
a non rivelare le informazioni apprese all’interno del rapporto
fiduciario.
Ha un fondamento:
 Etico, legato al rispetto della persona
 Deontologico, sancito come norma di comportamento
professionale nel Codice al capo III Titolo II con un forte
richiamo ad un obbligo di riservatezza che si estende oltre
alle informazioni acquisite nella relazione professionale anche
alla documentazione dell’Assistente Sociale;
 Giuridico, sancito dall’art.622 del c.p., dalla l.675/96 sulla
Privacy e dalla recente l.119/01 che estende agli assistenti
sociali gli obblighi e le garanzie previste per altre categorie di
professionisti ed ad altri soggetti pubblici o privati con il quale
l’assistente sociale svolge le proprie attività.
Ne deriva che il segreto tende a proteggere la riservatezza
dell’individuo.
Segreto Professionale
Esso rappresenta un diritto primario dell’utente e un
dovere dell’assistente sociale.
Il maggiore pericolo è “l’imprudenza, la loquacità, la
leggerezza individuale dei singoli operatori che spesso non
valutano con sufficiente serietà professionale gli ambiti, gli
interlocutori, i tempi dei loro discorsi”
Segreto Professionale
L. 119/2001 “Disposizioni concernenti l’obbligo del
segreto professionale per gli assistenti sociali”
Con tale legge si è introdotto, anche per gli A.S. iscritti
all’albo “l’obbligo del segreto professionale su quanto
hanno conosciuto per ragione della loro professione,
esercitata sia in regime di lavoro dipendete, pubblico o
privato, sia in regime di lavoro autonomo libero
professionale” così come è già previsto per altre
categorie professionali (medici, avvocati, etc…).
Questa legge completa il quadro normativo di
legittimazione di una professione intellettuale e protegge
di più l’utente e il professionista che frequentemente
rischia di vedere vanificato il proprio lavoro di costruzione
di un intervento di aiuto senza ricevere le dovute
protezioni dall’Ente di appartenenza.
Segreto Professionale
DIFFICOLTA’:
• Contrasto tra segreto professionale e trasparenza
dell’azione
amministrativa
(Art.
13
Codice
Deontologico, diritto di accesso alla documentazione)
• Contrasto tra mandato professionale e mandato
istituzionale
• Contrasto tra obbligo a non comunicare o divulgare
informazioni a terzi senza incorrere in sanzioni
disciplinari
Le difficoltà maggiori nell’applicazione del Segreto
professionale nascono dal lavoro di rete che spesso si
rende necessario attorno ad una situazione e nella
necessità di trasferimento del segreto ad altro collega o
altro professionista nonché al mantenimento e rispetto
del segreto d’ufficio.
Obbligo di denuncia
L’Art.331 del Codice di Procedura Penale obbliga i
pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio a
denunciare entro 48 ore i reati perseguibili d’ufficio di cui
vengano a conoscenza dell’esercizio delle loro funzioni.
Quindi, se il segreto costituisce una notizia di reato, un
assistente sociale che lavora in una struttura pubblica o
in rapporto di convenzione con l’ente pubblico, deve
violare il segreto e sporgere denuncia. Fanno eccezione
solo coloro che lavorano nel Ser.T o in strutture
convenzionate con le ASL per il trattamento dei
tossicodipendenti.
Obbligo di testimonianza
L’obbligo di testimonianza è previsto per tutti i cittadini,
però agli A.S. iscritti all’Albo e pertanto obbligati al
segreto professionale, la legge non fa divieto di
testimonianza nei processi civili e penali nei quali siano
convocati come testimoni.
Prevede, soltanto la “facoltà di astenersi e l’impossibilità
di essere obbligati”, salvo le eccezioni previste
dall’Art.331 del C.p.p.
La facoltà di astenersi è valutata discrezionalmente e
responsabilmente dall’assistente sociale.
Obbligo di testimonianza
Codice Deontologico
Art.27. L´assistente sociale ha facoltà di astenersi dal rendere
testimonianza e non può essere obbligato a deporre su
quanto gli è stato confidato o ha conosciuto nell´esercizio della
professione, salvo i casi previsti dalla legge.
Art.28. L´assistente sociale ha l´obbligo del segreto professionale su
quanto ha conosciuto per ragione della sua
professione esercitata sia in regime di lavoro dipendente, pubblico o
privato, sia in regime di lavoro autonomo
libero professionale, e di non rivelarlo, salvo che per gli obblighi di legge
e nei seguenti casi:
• rischio di grave danno allo stesso utente o cliente o a terzi, in
particolare minori, incapaci o persone impedite a causa delle
condizioni fisiche, psichiche o ambientali
• richiesta scritta e motivata dei legali rappresentanti del minore o
dell´incapace nell´esclusivo interesse degli stessi
• autorizzazione dell´interessato o degli interessati o dei loro legali
rappresentanti resi edotti delle conseguenze della rivelazione
• rischio grave per l´incolumità dell´assistente sociale.
Conclusioni
L’autodeterminazione della persona è un obiettivo fondamentale del
progetto di aiuto che riconduce ad un altro valore che è quello della
“Libertà” come facoltà di pensare e di agire in autonomia.
Libertà non vuol dire solo libertà di scelta , ma di regolarsi cioè di darsi
delle regole.
L’assistente sociale che lavora con le persone non può pensare che si
ottenga nulla di significativo senza la libertà di adesione ad una scelta, a
un disegno, a un progetto, a un cambiamento.
Il coinvolgimento consapevole consente all’assistente sociale di
elaborare un progetto condiviso ed attuare un piano dove ogni
intervento ed azione messa in atto trovi la compartecipazione della
persona interessata che sarà costantemente informata e consenziente di
quanto si va costruendo.
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