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Strumenti dell`analisi del testo poetico lezione 2

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Strumenti dell`analisi del testo poetico lezione 2
Strumenti dell’analisi del testo
poetico.
Prof.ssa A. Bonomo
Aspetto formale
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Per una completa analisi del testo poetico occorrerà
prestare attenzione a diversi livelli d’indagine:
- Livello fonico
- Livello lessicale
- Livello morfologico e sintattico
- Livello retorico
- Livello metrico e ritmico
- Aspetti contenutistici
Livello fonico
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Sillabe ricorrenti
Vocali aperte / vocali chiuse
Paronomasia (accostamento di parole che hanno suono simile ma significato
diverso usate con l'intento di ottenere particolari effetti fonici; come ad es.
amore amaro; traduttore traditore)
Assonanze ricorrenti (il ricorrere di vocali uguali) /consonanze ricorrenti (il
ricorrere di sillabe uguali o simili, anche inverse e anche in parole non
direttamente consecutive che hanno più spesso a che fare con la rima: sono
utilizzate spesso per creare rime imperfette, in fine e all’interno del verso.
Allitterazione: L’ALLITTERAZIONE vera e propria consiste nella ripetizione
del suono iniziale di una parola nella parola successiva. E’ molto utilizzata
anche nei modi di dire e nella pubblicità oltre che nella poesia nei modi di dire:
far fuoco e fiamme; mettere a ferro e fuoco; vivo e vegeto; tener testa; tessere
trame; stinco di santo; andar per mari e per monti; è molto usata anche negli
slogan pubblicitari: Spic e Span; Amadori per veri amatori
Onomatopee: parole che riproducono attraverso suoni linguistici il rumore o il
suono associato all’oggetto cui esse stesse fanno rifeirmento mediante un
processo definito “fonosimbolismo”. EX: il tuono rimbombò di
schianto:rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo…
Livello lessicale
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parole poetiche, parole appartenenti a lessici
specialistici e/o tecnici;
aggettivi frequenti / aggettivi rari (presenza di
dittologie: coppia di vocaboli dal significato affine o
dalla forma morfologica equivalente, collegati tra loro
dalla congiunzione)
lunghezza / brevità delle parole
avverbi, congiunzioni,ecc…
pronomi personali
Livello morfologico
tempi e modi dei verbi (loro dislocazione all’interno del componimento)
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ipotassi / paratassi: nella paratassi il periodo è costruito secondo una logica di
accostamento delle sue proposizioni, che rimarranno quindi del tutto
indipendenti. In questo caso abbiamo una limpida "coordinazione" e tutti gli
elementi utilizzati si trovano allo stesso livello. Un esempio: Sta arrivando. Gli
vado incontro. Sta piovendo. Prendo l'ombrello. Nell'ipotassi avviene l'esatto
opposto, dal momento che alla coordinazione di due elementi, troviamo una
netta subordinazione, un vero e proprio assetto gerarchico tra le parti in causa.
Il termine ha origini greche: hipótaxis= dipendenza da hipó= sotto e taxis=
ordinamento, in questo caso ritorna la dipendenza da una reggente. Un
esempio: Poiché o dal momento che loro stanno arrivando, io gli vado incontro
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la sintassi coincide / non coincide con la metrica:
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fine verso = fine periodo ?
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pausa interna al verso = punto fermo ?
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Enjambement: Dal francese enjamber, "oltrepassare"): si ha un enjambement
quando la fine di un verso non coincide con la fine di una frase e la frase
continua nel verso seguente
Ex: Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e
sovrumani
silenzi.....
(G. Leopardi, L’infinito)
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Livello retorico
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Presenza o meno di figure retoriche (in Inglese
Figures of Speech) quali:
1) iperbato (rottura dell'ordine naturale della frase o
del periodo) Ex: ma valida venne una man dal cielo
2) anafora (ripetizione della stessa parola all'inizio di
versi o di frasi consecutive)
3) chiasmo: consiste nella disposizione incrociata
degli elementi costitutivi di una frase, in modo che
l'ordine logico delle parole risulta invertito Ex: io solo
combatterò, procomberò sol io (Leopardi)
Livello retorico 2
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4) climax: consiste nella disposizione di frasi,
sostantivi e aggettivi in una progressione “a scala”,
secondo cioè una gradazione ascendente, a
suggerire un effetto progressivamente più intenso.
Ex: sussurrava, parlava, gridava.
5) similitudine: paragone istituito tra immagini, cose,
persone e situazioni, attraverso la mediazione di
avverbi di paragone o locuzioni avverbiali (come,
simile a, a somiglianza di)
Livello retorico 3
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4) metafora: (Dal greco metaphèrein, trasportare).
Consiste nel sostituire a una parola un' altra parola
legata alla prima da un rapporto di somiglianza.
Così, la metafora "Sei una volpe" è molto più forte
dell'abbreviazione della similitudine "sei furbo come
una volpe. Le metafore possono essere costruite in
vari modi:
- con un sostantivo ("una montagna di compiti"; "una
salute di ferro" );
- con un aggettivo ("gli anni verdi"=della
giovinezza);
- con un verbo ("il pavimento della
stanza balla");
Livello retorico 4
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metonimia : Consiste nella sostituzione di un termine con un altro, con cui è in
rapporto: la causa per l’effetto, l’effetto per la causa, la materia per l’oggetto, il
contenente per il contenuto, lo strumento al posto della persona, l’astratto per il
concreto, il concreto per l’astratto, il simbolo per la cosa simbolizzata.
Es:s’accendon le finestre ad una ad una
come tanti teatri.
(V. Cardarelli, Sera di Liguria, 5-6) -le finestre sono illuminate - la causa per
l’effetto
Es: Mentre Rinaldo così parla, fende
con tanta fretta il suttil legno l’onde,
(L. Ariosto, Orlando furioso,
Canto XLIII, LXIII)
- barca – materia per oggetto
Es: Tutta vestita a festa
la gioventù del loco
lascia le case, e per le vie si spande;
(G. Leopardi, Il passero solitario, 32-34)
- giovani – l’astratto per il concreto
Livello retorico 5
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Sineddoche: utilizzazione in senso figurato di una
parola di significato più o meno ampio della parola
propria. Fondata essenzialmente su un rapporto di
estensione del significato della parola, questa
figura esprime la parte per il tutto (vela invece di
nave); il tutto per la parte (una borsa di foca, per
indicare una borsa fatta di pelle di foca); il
singolare per il plurale e viceversa (l'italiano è
molto sportivo); il genere per la specie (mortale
per l'uomo)
Livello retorico 6
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Sinestesia: consiste nell'associare, all'interno di un'unica
immagine, sostantivi e aggettivi appartenenti a sfere sensoriali
diverse, che in un rapporto di reciproche interferenze danno
origine a un'immagine vividamente inedita (es.: colore caldo;
musica dolce; urlo nero)
Iperbole: esagerazione Es: Ti amo da morire
Litote: attenuazione di un concetto mediante la negazione del
contrario Es: Nei Promessi Sposi, Manzoni, anzichè dire che
Don Abbondio era un vile, dice che "di certo non era un cuor
di leone".
Ossimoro: forma di antitesi di singole parole che vengono
accostate con effetti paradossali (es. paradiso infernale,
ghiaccio bollente)
Livello metrico e ritmico
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il verso
L’individuazione del numero di sillabe
accenti ritmici (ictus) e loro effetto sul senso
cesure: coincidono / contraddicono pause
semantiche
le strofe e la rima:
Il verso
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Il verso non è altro che una riga di una poesia, la
sua unità ritmica minima di lunghezza variabile. È
formato da sillabe, che nella tradizione della
letteratura italiana possono variare da due a sedici.
Ma non mancano poeti che sporadicamente hanno
usato versi costituiti da un numero di sillabe più alto
Es: Verso di 19 sillabe:
e/ ber/rà/ del/ suo/ vi/no,/ tor/chia/to/ le/ se/re/
d’au/tun/no in/ can/ti/na
(C. Pavese, Atlantic Oil, v 32)
Il ritmo
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Il ritmo è la cadenza musicale da cui deriva l’armonia poetica che
caratterizza il verso. Esso è dato dal numero delle
sillabe del verso e dagli accenti ritmici disposti secondo particolari
schemi in ogni tipo di verso. Gli accenti ritmici sono
gli accenti fondamentali che cadono sulle sillabe toniche, cioè
accentate, dove la voce si appoggia.
Esempio
Ritmo lento e monotono come una nenia:
Lenta la neve fiocca, fiocca, fiocca.
Senti: una zana dondola pian piano.
Un bimbo piange, il piccol dito in bocca;
canta una vecchia, il mento sulla mano.
La vecchia canta: Intorno al tuo lettino
c’è rose e gigli, tutto un bel giardino.
Nel bel giardino il bimbo s’addormenta.
La neve fiocca lenta, lenta, lenta.
(G. Pascoli, Orfano)
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Es Ritmo veloce e martellante:
Scatta un comando:
un fischio di rimando
querulo, acuto, lungo, fora l’aria,
e il treno si divincola
su le rotaie sussultando e ansando.
Diétro
quàlche
vétro
quàlche
vìso
biànco
Cesareo, Parte il treno
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Es Ritmo danzante:
Quant’è bella giovinezza
che si fugge tuttavia:
chi vuol esser lieto, sia,
di doman non c’è certezza.
Quest’è Bacco e Arianna,
belli, e l’un dell’altro ardenti:
perché ’l tempo fugge e inganna,
sempre insieme stan contenti.
Lorenzo il Magnifico, Canzona di Bacco, vv 1-8)
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Es Ritmo spezzato:
Come questa pietra
del S. Michele
così fredda
così dura
così prosciugata
così refrattaria
così totalmente
disanimata
Come questa pietra
è il mio pianto
che non si vede
La morte
si sconta
vivendo
(G. Ungaretti, Sono una creatura)
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N.B Ma esiste anche il ritmo musicale, epico, solenne, meditativo
Il verso 2
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I versi italiani si classificano in base al numero delle sillabe di
cui sono composti. Si hanno dieci tipi di versi, di cui cinque
parisillabi (2, 4, 6, 8, 10 sillabe) e cinque imparisillabi (3, 5, 7, 9,
11 sillabe).
Essi sono:
il bisillabo o binario di due sillabe;
il ternario o trisillabo di tre sillabe;
il quaternario o quadrisillabo di quattro sillabe;
il quinario o pentasillabo di cinque sillabe;
il senario di sei sillabe;
il settenario di sette sillabe;
l’ottonario di otto sillabe;
il novenario o enneasillabo di nove sillabe;
il decasillabo di dieci sillabe;
l’endecasillabo di undici sillabe.
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Versi doppi
Si dicono doppi i versi uguali, in coppia nella stessa
riga, interrotti da una pausa o cesura. Essi sono:
Doppio quinario
Doppio senario
Doppio settenario o martelliano o alessandrino
Doppio ottonario
Es di doppio senario: Dagli àtrii muscósi, / dai Fòri
cadènti (A. Manzoni)
N. B DIVISIONE IN SILLABE!
–
–
–
–
–
ogni sillaba deve contenere almeno una vocale
una vocale o un dittongo posti all’inizio di una parola e seguiti da
consonante costituiscono una sillaba o-ra-rio, au-gu-rio
le vocali dei dittonghi e dei trittonghi non si dividono mai Es: Mie –
le , a – iuo –la (tranne che nelle parole composte nelle quali il
primo elemento termina per –i e il secondo elemento inizia per
vocale. L’insieme risultante non è un dittongo e può essere diviso:
es ri – e-du – ca- re
Altro elemento importante nella enumerazione delle sillabe di un
verso è l'elisione o fusione di due o tre vocali di seguito: E man-gia
e be-ve e dor-me e ve-ste pan-ni.
la –s seguita da una o più consonanti forma generalmente una
sillaba con la vocale seguente e non con la precedente Es: a –
stro; ri – spon – de – re
Verso
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Il bisillabo ha per forza un solo accento sulla prima
sillaba: Es: Diétro
Il ternario ha un unico accento ritmico sulla seconda
sillaba: Es: Si tàce
Il quaternario ha due accenti sulla prima e sulla
terza sillaba: Es: Ècco il móndo
Il quinario ha due accenti: uno sulla prima o
seconda sillaba, l’altro sulla quarta sillaba: Es: Vìva
la chiòcciola
Il senario ha due accenti ritmici: uno sulla seconda e
l’altro sulla quinta sillaba:Es: E càdono l’óre
Verso
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Il settenario ha un accento fisso sulla sesta sillaba e l’altro
mobile su una delle prime quattro Es: L’àlbero a cui
tendévi
L’ottonario ha gli accenti ritmici sulla terza e sulla settima
sillaba: Es: Quant’è bèlla giovinèzza
Il novenario ha tre accenti ritmici che cadono sulla seconda,
sulla quinta e sull’ottava sillaba: Es: Il giòrno fu pièno di làmpi
Il decasillabo ha gli accenti ritmici sulla terza, sulla sesta e
sulla nona sillaba: Es: Soffermàti sull’àrida spónda
L’endecasillabo è un verso di undici sillabe con accenti in
posizione libera, se si esclude l’ultimo che cade sempre sulla
decima sillaba Es: Tanto gentìle e tanto onésta pàre (4, 8,
10)
Figure metriche
Nel computo delle sillabe bisogna tener presenti le cosiddette
figure metriche :
 Elisione o sinalefe: fusione in una sola sillaba della vocale
finale di una parola e della vocale iniziale della
parola successiva:
Ex: e il naufragar m’è dolce in questo mare (G. Leopardi, L’infinito,
v 15)
 Iato o dialefe: fenomeno opposto alla elisione, per il quale la
vocale finale di una parola e la vocale iniziale della parola
successiva formano due sillabe distinte.
Ex: Gemmea l’aria, / il sole così chiaro (G. Pascoli, Novembre,
v1);
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Figure metriche 2
Dieresi: separazione di due vocali formanti dittongo,
per cui, invece di una sillaba, se ne hanno due.
Ex: e arriso pur di visï /on leggiadre (G. Carducci)
 Sineresi o sinizesi: fenomeno opposto alla dieresi,
per cui sono considerate come unica sillaba due o
tre vocali della medesima parola non formanti
dittongo o trittongo
Ex: …e fuggiano, e pareano un corteo nero (G.
Carducci)
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Licenze poetiche
Pròstesi (o pròtesi): si ha quando si aggiunge una
lettera o una sillaba in principio di parola per eufonia.
Ex: Narran le istorie e cantano i poeti (G. Carducci,
Mito e verità, v 1)
 Anaptissi (o epèntesi): si ha quando si inserisce
una vocale fra due consonanti, così da formare una
sillaba in più.
Ex: Ciascun rivederà la trista tomba (Dante, Inferno,
VI, v 97 (invece di RIVEDRA’)
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Licenze poetiche 2
Afèresi: indica la caduta o soppressione di una
sillaba o di una lettera in principio di parola
Ex: … tu pria che l’erbe inaridisse il (in)verno (G.
Leopardi, A Silvia, v 40)
 Sincope: consiste nella caduta di una o più lettere
all’interno di una parola
Ex: allor che all’opre femminili intenta (G. Leopardi, A
Silvia, v 10 (onvece di OPERE)
 Apocope: indica la caduta di una o più lettere alla
fine della parola
Ex: per lo libero ciel fan mille giri (G. Leopardi, Il
passero solitario, v10 (invece di CIELO)

Versi piani, sdruccioli e tronchi
Il verso si dice piano, se termina con una parola piana
(accento tonico sulla penultima sillaba); sdrucciolo, se
termina con una parola sdrucciola (accento tonico sulla
terzultima sillaba); tronco, se termina con una parola
tronca (accento tonico sull’ultima sillaba).
Ex: Endecasillabo piano: E / vi / ri / ve / do, o / gat / ti / ci /
d’ar / gén / to
Endecasillabo sdrucciolo: Ec / co / l’ac / qua / che / scro /
scia e il / tuon / che / brón / to / la ((endecasillabi
sdruccioli = 12 sillabe)
N.B. Quindi è bene chiarire subito che la nota distintiva
dell'endecasillabo non è il numero effettivo di sillabe,
bensì il fatto che in tutti i casi l'accento dell'ultima
parola del verso cada sempre sulla decima sillaba!
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N.B L’endecasillabo…
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
È errore comune pensare che tutti gli endecasillabi
debbano avere sempre e comunque undici sillabe.
Ciò, se pure nella maggior parte dei casi è vero, non
costituisce una regola. L'avere undici sillabe non è
altro che la diretta conseguenza del fatto che la
lingua italiana sia formata prevalentemente da
parole piane, cioè che hanno l'accento sulla
penultima sillaba.
Quindi: nella sua più comune uscita piana esso è
costituito da undici sillabe metriche; nella sua
uscita tronca sarà però formato da dieci sillabe
metriche;in quella sdrucciola invece da dodici
sillabe metriche
La rima
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I versi possono rimare secondo schemi solitamente
indicati con le lettere maiuscole dell’alfabeto.
Vi sono vari tipi di rime:
Rima baciata
Rima alternata
Rima chiusa o incrociata
Rima incatenata
Rimalmezzo o interna
Rima equivoca
Assonanza
Consonanza
Versi sciolti
Rima baciata: Due versi successivi rimano
tra loro, presentando lo stesso suono (AA,
BB…)
Ex: Una donna s’alza e cànta A
La segue il vento e l’incànta A
E sulla terra la stènde
B
E il sogno vero la prènde.
B

Rima alternata:
 Rimano i versi alterni ( ABAB, CDCD…)
Ex: Lo stagno risplende. Si tàce A
la rana. Ma guizza un baglióre B
d’acceso smeraldo, di bràce A
azzurra: il martin pescatóre… B

Rima incrociata (anche detta chiusa)
Ex:
Non pianger più. Torna il diletto fìglio A
a la tua casa. E’ stanco di mentìre.
B
Vieni; usciamo. Tempo è di rifiorìre.
B
Troppo sei bianca: il volto è quasi un gìglio. A

Rima incatenata:Il primo verso rima con il terzo,
mentre il secondo rima con il primo e terzo della
terzina seguente (ABA, BCB, CDC...), e così via.
Ex: C’è qualcosa di nuovo oggi nel sóle, A
anzi d’antico: io vivo altrove, e sènto
B
che sono intorno nate le viòle.
A
Son nate nella selva del convènto
B
dei cappuccini, tra le morte fòglie
C
che al ceppo delle quercie agita il vènto. B

Rima al mezzo (o rima interna): La rima cade
in fine di emistichio (a metà verso) o
all’interno del verso.
Ex: Odi greggi belar, muggire arménti;
gli altri augelli contènti, a gara insieme
per lo libero ciel fan mille giri
(Leopardi, Il passero solitario)

Rima equivoca: si ha quando la rima è
formata da parole di uguale suono e di
significato diverso.
Ex: Vanno. Tra loro parlano di morte.
Cadono sopra loro foglie morte.
Sono con loro morte foglie sole.
Vanno a guardare l'agonia del sole.
(G. Pascoli Diario autunnale, II, vv 5-8)

Assonanza: è una rima imperfetta nella quale le
vocali sono uguali e le consonanti diverse. Può
essere interna.
Ex: Carnevale vecchio e pàzzo
s’è venduto il materàsso
 Consonanza: è una rima imperfetta nella quale le
consonanti sono uguali e le vocali diverse. Può
essere interna.
Ex: Qual è quel cane ch'abbaiando agógna,
e si racqueta poi che 'l pasto morde,
ché solo a divorarlo intende e pùgna.

Verso Libero: in una poesia sono versi che non rimano tra di loro.
Ex: Volata sei, fuggita
come una colomba
e ti sei persa là, verso oriente.
Ma son rimasti i luoghi che ti videro
e l’ore dei nostri incontri.
Ore deserte,
luoghi per me divenuti un sepolcro
a cui faccio la guardia.
(V. Cardarelli, Abbandono)
N.B Esiste anche il blank verse: un metro senza rima ispirato all'endecasillabo
sciolto italiano, che ebbe grande diffusione nella poesia epica e nel dramma.
Anche detto pentametro giambico senza rima. Il blank verse rimane uno dei
versi maggiormente utilizzati nella poesia inglese proprio perché il più vicino al
ritmo naturale della lingua inglese e per la sua capacità di adattarsi a diversi
livelli di linguaggi. Venne introdotto nella poesia inglese da Henry Howard che
insieme con il suo amico amico Sir Thomas Wyatt introdussero il sonetto nella
poesia inglese del XVI secolo.

La metrica

a)
b)
c)
La metrica studia:
I piedi (ovvero l’insieme di sillabe lunghe e
brevi)
i versi (insieme di più piedi)
le strofe (insieme di più versi)
Il ritmo è a sua volta l’ordinato fluire di sillabe
lunghe e brevi.
Esempi di piedi:
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- U trocheo
U- giambo
-UU dattilo
UU- anapesto
- - spondeo
N. B. I dittonghi sono lunghi per natura.
La strofa:
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I versi italiani si raggruppano secondo regole
determinate, ma non rigide, per formare le strofe.Tipi
di strofa:
Distico
Terzina
Quartina
Sestina
Ottava
StanzaLibera
Distico: Strofa di due versi per lo più in rima
baciata (AA, BB...) o alternata (AB, AB...).
Ex: Erano in fiore i lillà e l’ulivelle;A
ella cuciva l’abito di sposa;B
 Terzina: Strofa di tre versi a rima incatenata
(ABA, BCB, CDC...).
Ex: Cerbero, fiera crudele e diversa,A
con tre gole caninamente latraB
sovra la gente che quivi è sommersa.A

Quartina: Strofa di quattro versi a rima alternata (ABAB...) o incrociata
(ABBA...).
Ex: Forse perché della fatal quieteA
tu sei l’immago a me sì cara vieniB
o Sera! E quando ti corteggian lieteA
le nubi estive e i zeffiri sereniB
 Sestina:Strofa di sei versi con rime varie.
Ex: Signorina Felicita, a quest’oraA
scende la sera nel giardino anticoB
della tua casa. Nel mio cuore amicoB
scende il ricordo. E ti rivedo ancora,A
e Ivrea rivedo e la cerulea DoraA
e quel dolce paese che non dico.B

Ottava: Strofa di otto versi endecasillabi: i primi sei sono a rima
alternata (AB, AB, AB), gli ultimi due a rima baciata (CC).
Ex: Su la riviera Ferraù trovosseA
di sudor pieno e tutto polveroso.B
Da la battaglia dianzi lo rimosseA
un gran disio di bere e di riposo;B
e poi, mal grado suo, quivi fermosse,A
perché, de l’acqua ingordo e frettoloso,B
l’elmo nel fiume si lasciò cadere,C
né l’avea potuto anco riavere.C


Stanza: E’ la strofa della canzone. Si
compone di due parti: la fronte (che si divide
in due piedi) e la sìrima o sirma (che può
essere divisa in due volte). Fronte e sirima
sono collegate da un verso, chiamato chiave.
I versi usati sono il settenario e
l’endecasillabo.
Esempio di Stanza
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

Chiare, fresche e dolci acque,
ove le belle membra
pose colei che sola a me par donna;
1° piede
2° piede

gentil ramo ove piacque
(con sospir’ mi rimembra)
a lei di fare al bel fiancho colonna;

|herba et fior’ che la gonna|
chiave

leggiadra ricoverse
co l’angelico seno;
aere sacro, sereno,
1 volta

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
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

ove Amor co’ begli occhi il cor m’aperse:
|date udienzia insieme
le dolenti mie parole extreme.
(F. Petrarca, Chiare, fresche et dolci acque, vv 1-13)
In Rosso la fronte
In verde la sirima
2 volta
Il sonetto.
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
E’ un componimento di 14 versi endecasillabi,
composto da due quartine, a rima alternata o chiusa,
e due terzine, con schema metrico vario.
Il sonetto fu la forma prediletta della lirica dell'arte
italiana, allargandosi già nel Duecento, dalla
primitiva materia d'argomento amoroso a quella
d'argomento morale, civile, politico, satirico e
burlesco. Esso è stato modificato nei vari paesi in cui
è stato importato, infatti sono stati aggiunti ritornelli o
coda. Alla fine del Duecento prevalse lo schema
ABBA ABBA (Rima incrociata) e fu considerato lo
schema normale del Trecento.
Il sonetto caudato

Nel Duecento sorse presso i poeti Pisani una forma di sonetto
che godette di grande popolarità durante il Trecento ed era
destinata a divenire il metro della poesia Burlesca, il sonetto
caudato (Questa variante si sviluppò sino a XIV secolo. Si
trattava di un sonetto a cui veniva aggiunta una "coda",
solitamente costituita da un settenario in rima con l'ultimo verso
del sonetto, e un distico di endecasillabi a rima baciata. Per
ogni coda successiva alla prima il settenario rima con l'ultimo
verso della coda precedente. La "coda" non ha una lunghezza
definita

N.B Caudato: dal latino “cauda” che significava “coda”
Petrarca e il sonetto.

Molti dei suoi sonetti mostrano una tendenza
agli artifici della vecchia lirica. Il Petrarca è
un punto di arrivo, non un principio, il suo
canzoniere rappresenta l'ultima
trasformazione cui giungono, sotto l'azione di
un nuovo psicologismo, la teoria dell'amore e
i modi di corteggiare, inventati dai poeti
provenzali e stilnovisti.

Nel Quattrocento la seconda parte del sonetto
rappresenta la conclusione, il culmine, di qui la
tendenza a far della prima parte una sorta di
introduzione all'idea che si spiegava intera solo nelle
terzine. Tuttavia è importante osservare che tanto
ritmicamente quanto musicalmente il sonetto appare di
forma affine alla stanza della canzone, si divide in
quattro periodi ritmici analoghi a quelli della stanza che
poi furono chiamati piedi e volta. Per la sua stessa
struttura, quindi, il sonetto richiedeva un concetto,
sotto l'influsso dell'epigramma. Col tempo, però, il
sonetto cessò di esser la forma preferita della lirica
italiana.


In Francia il primo ad usarlo fu Marot, nella prima metà
del Cinquecento, mentre nella lirica Inglese fu
introdotto per la prima volta da sir Thomas Wyatt nella
prima metà del 1500.
Il sonetto italiano, inquadrato nell'ambito della
letteratura europea, è stato modificato e adattato dalle
varie letterature, le quali lo hanno reso a mala pena
riconoscibile, e gli hanno fatto perdere soprattutto ogni
similarità metrica. Con Alfieri (1749-1803) e soprattutto
con Foscolo (1778- 1827) il sonetto si riprese e seppe
equamente distribuire la sua piena dell'ispirazione in
tutte le sue varie parti. Un esempio di ciò sono gli otto
sonetti scritti da Foscolo prima del 1802, sono legati al
clima passionale dell'Ortis.
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Schema metrico del sonetto italiano:
ABBA, ABBA, CDC, DCD.
Schema metrico del sonetto inglese:
ABAB, CDCD, EFEF, GG.
Durante il periodo della dinastia Tudor,(Enrico VII, Enrico VIII,
Maria Stuarda ed Elisabetta I ), Sir Thomas Wyatt (prima metà
del ‘500) introdusse in Inghilterra il sonetto petrarchesco,
producendo anche la modificazione dello schema, che fu diviso
in tre quartine seguite da un distico, per motivi strettamente
differenti legati alla struttura linguistica, meno ricca di rime.
Il sonetto shakespeariano
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Nel sonetto, William Shakespeare adottò una
variante; la forma usata dal compositore non
equivale alla forma italiana, ma consiste di tre
quartine di endecasillabi rimati alternatamente e di
un distico finale. I suoi sonetti sono considerati di
una certa importanza perchè costituiscono un
tentativo di abbandonare la tecnica drammatica per
quella narrativa. Molti sono gli studiosi che li hanno,
infatti, considerati rivelazioni di esperienze personali
e di commozioni. Shakespeare utilizzò una curiosa
forma intermedia (abba,abba,cdcd,ee)
Il sonetto petrarchesco
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Il sonetto petrarchesco o italiano prende il nome dal
poeta rinascimentale italiano Francesco Petrarca
(Petrarca 1304-1374). Fa rima come segue:
abbaabba nei primi otto versi (l'ottava), e variamente
negli ultimi sei (il sestetto): cdcdcd, cdecde, ccdccd,
cddcdd, cdecde o cddcee. Il sonetto petrarchesco ha
una struttura di due parti: la rottura tra l'ottava e
sestina si chiama Volta ("turn" o "punto di svolta").
L'ottava presenta un argomento, e la sestina è il
turno o punto di svolta.
L’ode
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Componimento poetico di contenuto nobile e
profondo, privo di uno schema metrico preciso e
vario nei tipi di versi che possono essere settenari,
ottonari, decasillabi, doppi quinari, doppi senari. Si
sviluppò nel Cinquecento ad imitazione dei classici
greci e latini: Anacreonte, Pindaro, Saffo, Orazio. E’
stata molto utilizzata dai nostri poeti: Parini, Foscolo,
Manzoni, Carducci, Pascoli, D’Annunzio. Se tratta di
argomenti civili o religiosi, prende il nome di inno.
Es: Il Cinque Maggio, Manzoni
Grazie per l’attenzione e in bocca al lupo!
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