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Riferimento direttoI - Scienze della Comunicazione

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Riferimento direttoI - Scienze della Comunicazione
Riferimento diretto I:
Kripke
Senso e riferimento
Sinn = senso (meaning).
Bedeutung =
• denotazione (Russell: denotation);
• riferimento (Geach e Black: reference).
Nomi e descrizioni
• Nomi propri: termini come ‘Aristotele’,
‘Grazia Deledda’, ‘Totò’, ‘New York’ ecc.
• Descrizioni definite: termini singolari
caratterizzati dal fatto di iniziare con un
articolo determinativo (es. ‘il marito di
Luisa’, ‘la radice quadrata di 9’, ‘la
montagna più alta del mondo’, ‘lo scopritore
dei satelliti di Giove’.
Bedeutung/riferimento di nomi e di
descrizioni
• Il riferimento di un nome N è l’oggetto di cui N è il
nome.
Es. Il riferimento del nome ‘Aristotele’ è l’individuo
Aristotele.
• Il riferimento di una descrizione D è l’oggetto
che D descrive.
Es. Il riferimento della descrizione ‘la montagna
più alta del mondo’ è il monte Everest.
Sinn/senso
A ogni termine singolare è
associato un certo “modo di
essere dato” del riferimento.
Senso di descrizioni
Ogni descrizione ci presenta l’oggetto
descritto in un modo particolare, ce lo
mostra, per così dire, da un particolare
punto di vista, ce lo caratterizza come
l’oggetto che gode di queste e queste
altre proprietà.
Esempio
• Se io uso la descrizione definita ‘lo scopritore dei
satelliti di Giove’, induco chi mi ascolta a pensare a un
certo individuo come a colui che scoprì i satelliti di
Giove;
• Se uso invece la descrizione definita ‘l’autore del
Nuncius sidereus’, continuo a riferirmi allo stesso
individuo identificandolo però mediante una proprietà
diversa, quella di aver scritto l’opera intitolata Nuncius
sidereus.
• Il riferimento delle due descrizioni è il medesimo –
Galileo Galilei – ma i loro sensi sono distinti.
Sinn/senso di un nome proprio
• Un nome proprio è l’abbreviazione
di una descrizione definita.
• Il senso di un nome è quello della
descrizione che esso abbrevia.
Esempio
Il senso di ‘Aristotele’ potrebbe essere
qualcosa come
‘lo scolaro di Platone e maestro di
Alessandro Magno’.
Frege: i nomi esprimono sensi che
determinano il riferimento
Differenza di ‘valore conoscitivo’
(Erkenntniswert) tra due asserti di identità
rispettivamente della forma:
a=a (ex. “Clark Kent è Clark Kent”)
a=b (ex. “Clark Kent è Superman”)
a=a (ex. “Clark Kent è Clark Kent”)
a=b (ex. “Clark Kent è Superman”)
Secondo Frege, gli asserti del primo tipo
sono a priori, mentre quelli del secondo tipo
“spesso contengono preziose estensioni
della nostra conoscenza e non sempre è
possibile determinarli a priori”.
Sinn
• Oltre a possedere un riferimento, ogni
espressione dotata di significato ha un
senso, ossia un modo di pensare il
riferimento.
• La proposizione che un enunciato
esprime è determinata dai sensi delle
parole in esso contenute, non dai loro
riferimenti.
Esempio
“Clark Kent è Clark Kent” e “Clark Kent è
Superman” esprimono proposizioni
differenti perché “Clark Kent” e
“Superman” esprimono sensi diversi,
sensi che sono modi differenti di pensare
lo stesso riferimento.
• Il senso di “Clark Kent” potrebbe essere
“il reporter del Daily Planet dai modi
gentili che ha una cotta per Lois Lane”.
• Il senso di “Superman” potrebbe essere
“l’extraterrestre in tuta blu in grado di
volare”.
Lo smantellamento del paradigma
freghiano
A partire dagli anni ’70, il paradigma
freghiano viene sottoposto a critiche
diverse, che hanno l’effetto di minarne
l’attendibilità complessiva, senza peraltro
dar luogo a un paradigma alternativo.
Le riflessioni di Kripke e Putnam sul valore
semantico dei nomi propri (come
“Napoleone Bonaparte” e “Italia”) e dei nomi
di sostanza e specie naturale (come “oro”
e “limone”) mettono in discussione la validità
generale delle analisi basate sui concetti di
senso e denotazione (Frege), o estensione e
intensione (Carnap, Montague).
Teoria del riferimento diretto
Emerge un punto di vista che tende a
identificare senza residui il significato con
il riferimento, sostenendo – come già
Russell – l’irrilevanza di nozioni come
quella di senso per la determinazione
delle condizioni di verità degli enunciati.
Due modi di criticare la dottrina freghiana
del senso:
1. si può respingere la nozione di senso in
quanto tale;
2. si può sostenere che, anche se la
nozione di senso è legittima, di fatto non
sono i contenuti che i parlanti associano
mentalmente alle parole ciò che ne fissa
il riferimento.
Quine: rifiuto del senso in quanto tale
• “Meaning” = “Sinn”.
• “Mito del museo”: l’idea che esista un
repertorio di meanings a ciascuno dei
quali può essere fatta corrispondere una
parola, più o meno allo stesso modo in
cui si può apporre un’etichetta a un
oggetto.
Le nozioni di meaning, sinonimia e
analiticità sono interdefinibili:
• il meaning di un’espressione può essere
definito come ciò che essa ha in comune
con le espressioni sinonime;
• di due espressioni si può dire che sono
sinonime se l’enunciato che asserisce la
loro equivalenza è analitico;
• un enunciato è analitico se è vero in virtù
del meaning.
Ma nessuna delle tre nozioni, presa
singolarmente, è suscettibile di una
definizione non circolare: assieme alla
nozione di meaning bisogna perciò
bandire anche le altre due, nonostante la
popolarità di cui hanno goduto tra i
filosofi.
Teoria del riferimento diretto
Secondo tipo di critica a Frege: consiste
non nel negare ogni validità alla nozione
di senso, ma nell’osservare che spesso le
parole denotano ciò che denotano
indipendentemente dai contenuti che i
parlanti associano mentalmente ad esse.
Teoria descrittivista
Ciascun nome proprio è
sinonimo di una descrizione
definita.
Teoria descrittivista
Frege specifica sempre i sensi dei
nomi per mezzo di descrizioni.
Russell afferma che:
I nomi che usiamo comunemente come
‘Socrate’, sono in realtà abbreviazioni di
descrizioni. Quando usiamo la parola
‘Socrate’, in realtà stiamo usando una
descrizione. Il nostro pensiero può essere
reso con una frase come ‘il maestro di
Platone’, o ‘il filosofo che bevve la cicuta’, o
‘la persona di cui i logici asseriscono che è
mortale’.
Critiche di Kripke alla teoria
descrittivista
(1) Argomento modale-metafisico: la
teoria descrittivista dei nomi obbliga
a considerare analitici enunciati che
non sono tali.
Argomento modale-metafisico
contro la teoria descrittivista
• Mettiamo che “Aristotele” sia considerato
sinonimo di “il filosofo nato a Stagira, autore
della Metafisica”.
• Ne segue che l’enunciato “Aristotele nacque a
Stagira e scrisse la Metafisica”, essendo
analitico, è anche necessario.
• E’ cioè necessario che Aristotele sia nato a
Stagira ecc.
Ma – ovviamente – ciò non è affatto
necessario:
• Aristotele avrebbe potuto nascere altrove, ed è
un fatto contingente che sia nato proprio a
Stagira; così come avrebbe potuto morire
giovanissimo e non comporre la Metafisica.
• Le nostre intuizioni ci dicono che nessun
enunciato del tipo “Aristotele = il tal dei tali” è
necessario.
Critiche di Kripke alla teoria
descrittivista
(2) Argomento epistemologico contro la
teoria descrittivista:
se venissimo a sapere che Aristotele non
è stato maestro di Alessandro Magno,
cesseremmo di usare la descrizione, ma
non per questo cesseremmo di credere
all’esistenza di Aristotele.
Argomento epistemologico contro la
teoria descrittivista
• Mettiamo che il nome proprio ‘Kurt Gödel’
sia considerato sinonimo di ‘lo scopritore
del teorema di incompletezza
dell’aritmetica’.
• Di certo questa è la sola informazione
che molti associano al nome ‘Gödel’.
Argomento epistemologico contro la
teoria descrittivista
• Se scoprissimo che il teorema fu in realtà
ideato da un certo Schmidt (a cui il
disonesto Gödel sottrasse gli appunti),
diremmo forse che il nome ‘Gödel’ si
riferisce in realtà a Schmidt?
• Certamente no; diremmo appunto che lo
scopritore del teorema non è Gödel, bensì
Schmidt.
Argomento semantico
Se “Aristotele” significasse l’uomo
che fu maestro di Alessandro
Magno,
allora dire ‘Aristotele fu maestro di
Alessandro Magno’ sarebbe una mera
tautologia.
Ma è chiaro che non lo è:
Dire ‘Aristotele fu maestro di
Alessandro Magno’ esprime il
FATTO che Aristotele fu maestro di
Alessandro Magno.
Kripke:
Mentre le descrizioni possono
riferirsi a individui diversi in mondi
possibili diversi, i nomi denotano lo
stesso individuo in tutti i mondi
possibili.
Ciò spiega il contrasto tra (1) e (2).
• La descrizione ‘il maestro di Alessandro
Magno’ si riferisce in ciascun mondo
possibile m a colui (se esiste) che è stato
il maestro di Alessandro Magno in m;
• e siccome chiunque sia stato il maestro di
Alessandro Magno in m è stato maestro di
Alessandro Magno in m, (2) è vero quale
che sia m.
Invece:
• il nome “Aristotele” denota in tutti i
mondi Aristotele;
• ma non in tutti i mondi Aristotele è stato
il maestro di Alessandro Magno, per cui
ci sono dei mondi rispetto ai quali (1) è
falso.
Designatori rigidi
• Sono le espressioni che hanno la
medesima denotazione in tutti i
mondi possibili.
• I nomi propri sono designatori
rigidi.
Che cosa fissa il riferimento?
Posto che esempi come quelli che
precedono dimostrino davvero che il
riferimento dei nomi nel mondo reale non
è fissato dai sensi di natura descrittiva,
che cosa fissa il riferimento dei nomi?
Che cosa fissa il riferimento?
Un nome acquista inizialmente il proprio
riferimento grazie a un battesimo: un ‘rito’
in cui il nome è direttamente associato al
suo referente, che è fisicamente presente.
Che cosa fissa il riferimento?
Questa associazione iniziale si trasmette
di parlante in parlante in forza di una
relazione tra di essi, accompagnata
dall’intenzione (caratteristica di una
comunità linguistica) che ciascun parlante
ha di usare il nome così come esso è
usato dai parlanti da cui ne apprende
l’uso.
Che cosa fissa il riferimento?
Questa ‘catena’ di usi del nome è detta da
Kripke catena causale, perché il
riferimento è trasmesso da relazioni
causali (come la relazione di apprendere
da un parlante l’uso del nome).
Kripke introduce la sua risposta nel
modo seguente:
“Nasce qualcuno, un bambino; i suoi
genitori lo chiamano con un certo nome.
Ne parlano ai loro amici. Altre persone
lo incontrano. Attraverso discorsi di vario
tipo, il nome si diffonde come in una
catena, di anello in anello.”
“Un parlante che si trova a un’estremità
di questa catena, e che ha sentito
parlare, ad esempio, di Richard
Feynman al mercato o altrove, può
riferirsi a Richard Feynman anche se
non ricorda da chi egli per la prima volta
ha sentito parlare di Feynman o da chi
ne ha mai sentito parlare.”
“Egli sa che Feynman era un fisico
famoso. Un certo flusso di comunicazione
che alla fine si estende sino alla persona
stessa, raggiunge in effetti il parlante, che
può dunque riferirsi a Feynman anche se
non sa identificarlo in maniera univoca.”
Che cosa fissa il riferimento dei
nomi?
• Il fatto che un nome, così come è usato da
un certo parlante, abbia un certo referente
presuppone dunque l’esistenza di una
“catena causale” appropriata che colleghi
il referente al parlante.
• Una tale catena ha inizio con un
battesimo, vale a dire con l’attribuzione di
un nome a una persona o a una cosa.
Di solito al momento del battesimo
la persona o la cosa cui il nome
viene attribuito può essere indicata
ostensivamente.
• Ma capita anche che un nome venga
introdotto per designare qualsiasi
persona o qualsiasi cosa soddisfi una
determinata descrizione.
• Es. Un nome come “Jack lo
Squartatore” è stato introdotto per
designare il responsabile – chiunque
fosse – di certi delitti.
Gli anelli ulteriori della catena sono
costituiti dagli eventi attraverso i quali
l’uso del nome viene trasmesso da un
parlante all’altro.
Se un parlante situato a un qualche punto della
catena non è più in grado di caratterizzare
descrittivamente la persona o la cosa cui il nome è
stato attribuito con l’atto del battesimo, ciò non
significa necessariamente che la catena si sia
interrotta:
in bocca a quel parlante, e in bocca a coloro che
ne hanno appreso l’uso da quel parlante, il nome
può continuare benissimo a denotare ciò che
denotava in origine.
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