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Cronache dell`antica Roma - Istituto Ven. A. Luzzago

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Cronache dell`antica Roma - Istituto Ven. A. Luzzago
Cronache da Roma antica
Spunti di approfondimento di latino
- Il mos maiorum
- Vita quotidiana dei Romani
(scuola, alimentazione)
- Una
civiltà sui muri: i graffiti
Moribus antiquis res stat Romana
virisque
[Ennio, Annales 156]
“Lo stato romano si fonda sulle antiche tradizioni e
sugli uomini di vecchio stampo”
Mos maiorum: la tradizione degli antenati,
percepita come il fondamento della civiltà
di Roma
Il cardine del mos maiorum
Lo stato ► istituzione creata non per
assicurare il benessere dei singoli cittadini,
ma patrimonio ideale e materiale
appartenente a tutto il popolo: la
respublica (‘cosa di tutti’).
L’interesse dello stato, il bene comune
della società era preminente rispetto
all’interesse individuale.
Gli antenati come modello:
maiores, boni mores, virtus
La concezione etica dello stato si fondava
sulla virtus, cioè la consapevole
affermazione della forza morale
manifestata e incarnata attraverso i retti
costumi (boni mores).
Infatti i costumi degli avi (mores maiorum)
erano il modello, l’esempio da seguire
perché i posteri a loro volta
li potessero imitare.
Le virtù fondamentali del mos
pietas, rispetto di obblighi e doveri che ci legano
agli altri (patria, genitori, dèi, amici); era alla base
dei valori della romanità – insieme con la virtus
militare - e designava la subordinazione
dell’uomo al mondo divino e l’amore per la patria
e la famiglia (pius Aeneas);
frugalitas, sobrietà di vita (↔ luxuria);
fortitudo, incorruttibilità, forza morale,
coraggio
valoroso;
probitas o integritas, onestà, disinteresse
► correttezza dei rapporti privati e pubblici
gravitas, maestà, autorevolezza, serietà; intesa
come senso dell’onore e della dignità tipico del
magistrato e del civis ideale;
constantia, coerenza e tenacia nel
perseguimento degli obiettivi, forza
d’animo; era la salda perseveranza,
l’equilibrio di comportamento;
fides, lealtà, rispetto della parola data:
distingueva i Romani da altri popoli, talora
descritti come inaffidabili (►perfidia Punica,
“slealtà tipica dei Cartaginesi”; Livio XXI, 4).
Il civis Romanus ideale
Cincinnato: pietas (senso del dovere), umiltà
e disinteresse:
aranti L. Quinctio Cincinnato nuntiatum est eum
dictatorem esse factum (Cic., Cato maior XVI)
► 458 a.C.: il “Riccioluto”, nominato dictator per 6
mesi, vince gli Equi, sul monte Algido, in soli 16
giorni, poi torna ai suoi 4 iugeri di terreno (100 m
di lato) nel suo tugurium (Liv. III, 26) con la moglie
Racilia.
Manio Curio Dentato:
frugalitas, probitas, fortitudo
► eroe plebeo che sconfisse i Sanniti (290 a.C.),
i Sabini (290) e il re dell’Epiro Pirro (275); passò
alla storia per le sue grandi doti morali:
Samnitium legatis se in agresti scamno
adsidentem foco et ligneo catillo cenantem
spectandum praebuit: ille enim Samnitium
divitias contempsit... “Mementote me nec acie
vinci, nec pecunia corrumpi posse”.
(Val. Mass., IV, 3,5)
Attilio Regolo: fides Romana e fortitudo
► console nel 256 a.C.: sconfitto e catturato in
Africa dai Cartaginesi, fu inviato a Roma sulla
parola (fides) per concordare uno scambio di
prigionieri e negoziare la pace. Ma egli esortò
il senato a respingere la proposta, poi tornò in
Africa ove subì atroci torture e fu ucciso.
Regressus igitur ad Africam, omnibus
suppliciis extinctus est.
(Eutr., Brev.II, 25)
Virtù al femminile
castitas e fides, fedeltà all’amore coniugale;
► casta fuit, domum servavit, lanam fecit
[epigrafe fun. II sec. a.C.]
bona fama, buon nome, reputazione;
dignitas o pudor, senso dell’onore, rispettabilità;
decus o decorum, onorabilità, convenienza
Porcia: il coraggio di fronte alla morte
► figlia di Catone Uticense (suicida nel 46 a.C.) è
sposa di Giunio Bruto, che sta ordendo la
congiura per uccidere Cesare. Legata
indissolubilmente al marito, nella vita e nella
morte, e di idee repubblicane, si ferisce col
rasoio: prova di suicidio nel caso in cui il
dittatore non venga ucciso.
“Experiri volui, si tibi propositum ex sententia
parum cessisset, quam aequo animo me ferro
essem interemptura”. (Val. Mass. III, 2, 15)
Arria: amore ed eroico coraggio
42 d. C. ► Cecina Peto, marito di Arria Maggiore
congiurò contro l’imperatore Claudio. Fallita la
congiura Peto fu costretto al suicidio. Arria, che
già in occasione della malattia e della morte di
un figlio aveva mostrato un coraggio
eccezionale, si trafisse per prima con il
pugnale per dare l’esempio al marito.
Casta suo gladium cum traderet Arria Paeto,
quem de visceribus strinxerat ipsa suis,
«Si qua fides, vulnus quod feci non dolet – inquit sed tu quod facies, hoc mihi, Paete, dolet». (Marz. Ep.I, 13)
Paolina: l’amore fedele
Seneca è coinvolto nella “congiura di
Pisone”, ordita contro Nerone ma ben presto
scoperta. Riceve l’ordine di uccidersi, e con
coraggio affronta la morte tagliandosi le vene,
imitato dalla fedele moglie Paolina.
...eodem ictu brachia ferro exsolvunt. (Tac., Ann. XV, 63)
«d’un sol colpo con la spada si tagliano le vene delle braccia»
aprile 65 d.C. ►
Tuttavia ‘in extremis’ arriva l’ordine di Nerone, dato forse
per evitare un’eccessiva impopolarità: Paolina non deve
morire perché non è colpevole di nulla e così gli schiavi
riescono a salvare la coraggiosa donna, portandola in
un’altra stanza e fasciandole i polsi.
PS) Seneca però non lo sa e crede che anche lei stia
morendo suicida come lui.
L’humanitas da Terenzio a Cicerone
all’Umanesimo
Nel II secolo a.C. le antiche virtutes non bastano più al
nuovo uomo romano che, grazie all’influsso
ellenistico, scopre l’humanitas, virtù “privata” che
regola i rapporti interpersonali.
Homo sum: humani nil a me alienum puto.
(163 a.C.: Ter., Heaut. 77) “Sono un uomo: non considero
estraneo a me nulla di ciò che riguarda l’uomo”.
humanitas: filantropìa, solidarietà con il prossimo,
raffinatezza di cultura e di costumi, saggezza,
moderazione, equilibrio.
La corruzione dei mores
“Allora [dopo la fine di Cartagine, 146 a.C.] crebbe
anzitutto la brama di denaro, poi di potere: questa fu,
per così dire, alimento di tutti i mali. Infatti l'avidità
(avaritia) sovvertì la fedeltà (fidem), la rettitudine
(probitatem) e ogni altro buon comportamento; al posto
di questi insegnò la superbia e la crudeltà, insegnò a
trascurare gli dèi e a dare un prezzo a ogni cosa (omnia
venalia habere) . L'ambizione spinse molti a diventare
falsi, a tenere una cosa chiusa nel cuore e un'altra sulle
labbra, a valutare amicizie e inimicizie non in base al
merito, ma in base al proprio interesse (ex commodo),
ad avere un volto buono piuttosto che un animo buono”.
(Sall., De Cat. con., 10)
Sempronia: colta e spregiudicata
E’ tra le donne della congiura di Catilina (63 a.C.):
“Esperta nelle lettere greche e latine, suonava la cetra
e danzava con raffinatezza maggiore di quanto si
addica ad una donna perbene, e aveva molte altre doti
che sono strumenti di piacere. Ma tutto le fu sempre più
caro del decoro (decus) e del pudore (pudicitia); non si
comprenderebbe facilmente se tenesse in minor conto
il denaro o la reputazione (fama); una libidine così
ardente da cercare lei gli uomini più di quanto questi
cercassero lei”.
(Sall., De Cat. con., 25)
Affascinante e colta, ma anche spregiudicata e avida di
ricchezza, ella incarna l'esatto opposto dell'ideale della
matrona Romana della tradizione.
Gaio Verre: un politico corrotto
► propretore in Sicilia nel 73-71 a.C., processato nel 70:
“Verre va continuamente dicendo che devono
temere coloro che hanno rubato di nascosto
solo ciò che basta per loro, mentre lui ha rubato
apertamente tanto che può bastare a molte
persone; e afferma che non c’è nulla tanto sacro
che il denaro non possa violare e nessun luogo
tanto fortificato che il denaro non possa
espugnare... Come ha compiuto le sue ruberie
alla luce del sole, così, nella speranza di
corrompere i giudici, ha sbandierato a tutti i suoi
piani e i suoi tentativi”.
(Cic., Verr. I, 2)
Vita quotidiana dei Romani
La nascita
con il gesto simbolico di “alzare in alto il figlio”
il paterfamilias riconosceva il neonato
come figlio suo e l’accoglieva
nella famiglia,
legittimandolo
socialmente.
La scuola
- paedagogus, insegnante privato, quasi sempre un
greco;
-scuola pubblica (ludus): tutti vi potevano accedere,
i maestri erano pagati dalle famiglie degli allievi alle
Idi di ogni mese.
Tre cicli: scuola primaria o elementare (ludus
litterarius), scuola del grammaticus e scuola
del rhetor
1. scuola primaria:
un ludi magister (maestro) o diversi maestri
specializzati facevano lezione a un gruppo di 20-30
allievi, dai 6 agli 11 anni d’età.
►lettura, scrittura e aritmetica
Il maestro sedeva sulla cathedra, gli alunni su
sgabelli, tenendo sulle ginocchia tutto
l’occorrente per le lezioni:
foglio di papiro (charta), rotoli di papiro (volumina),
tavolette cerate (pugillares o cerae) su cui si
scriveva con la punta dello stilus, di legno o di
metallo (con l’altra estremità, piatta, si cancellava).
Se si usava il papiro o la pergamena, allora
l’allievo usava una penna (calamus), che
intingeva nel calamaio (atramentarium)
con l’inchiostro nero (atramentum) o rosso
(minium).
L’anno scolastico iniziava a marzo ed erano
previsti giorni di festa e di vacanza estivi,
oltre a un giorno di riposo ogni otto,
il giorno di mercato (nundinae).
Per chi non aveva voglia di studiare:
 punizioni corporali, colpi di bacchetta sulle
dita o frustate sulla schiena nuda. Ne
sapeva qualcosa anche Orazio, che
sperimentò i metodi punitivi del maestro, il
plagosus Orbilius (il manesco Orbilio,
prodigo di sferzate; Epist. II, 1)
2. scuola del grammaticus
► studio della lingua e letteratura latina e
greca apprese soprattutto a partire dai
poeti (Omero per il greco, Andronico ed
Ennio per il latino, ma poi anche Terenzio,
Sallustio, Cicerone, Virgilio) nonché la
lettura e la recitazione di testi e le nozioni
fondamentali di
geografia, storia, astronomia.
3. scuola del rhetor, il maestro di eloquenza
► diritto, classici greci e latini, arte di
parlare in pubblico (rhetorica, oratoria) e
di convincere l’uditorio [ preparava i
giovani allievi alla vita politica e all’attività
forense (avvocati)],
filosofia,
matematica
e medicina.
I... master dell’antichità
► per i figli delle famiglie benestanti  un
perfezionamento nelle scuole filosofiche e
scientifiche più rinomate del mondo antico,
come quelle di Atene, Alessandria, Rodi o
Pergamo
L’alimentazione
I Romani consumavano generalmente tre
pasti al giorno: la prima colazione
(ientaculum), lo spuntino di mezzogiorno
(prandium) e il pasto principale (cena o
epulae vespertinae):
1. ientaculum, consumato verso le 8, a base
di pane condito con sale e vino, formaggio,
olive, frutta secca, latte e miele.
I più poveri inzuppavano il pane nel latte o nel
vino.
2. il prandium di mezzogiorno:
uno spuntino veloce a base di cibi leggeri (uova,
pesci, legumi, frutta di stagione), spesso
avanzati i giorni precedenti. Vi partecipavano
pure i ragazzi
rientrati a casa
per la...
“pausa-mensa”.
Al thermopolium ►
3. la cena, il pasto principale:
► iniziava fra le ore 16 e le 18;
per le famiglie povere si esauriva nella puls,
un “pasticcio” di farina con verdure e legumi;
per le famiglie benestanti durava ca. tre ore,
si teneva nel triclinium (la sala da pranzo) e
spesso continuava con giochi,
recitazioni poetiche,
conversazioni fra parenti e amici,
ascolto di brani musicali.
La cena era divisa in tre momenti:
1. la gustatio, serie di antipasti per stuzzicare
l’appetito, come uova, insalata di lattuga,
funghi, olive, crostacei, salsicce piccanti,
cetrioli, tartufi, insalate e salse varie, il tutto
innaffiato dal mulsum
(vino misto
a miele
o acqua)
2. la prima mensa, varie portate (fercula) di
pesce, uccelli, carni di manzo, agnello e maiale;
3. la secunda mensa, il nostro “dessert”: frutta
fresca e secca, dolci vari a base di miele e,
per finire, le mele ►Ab ovo usque ad mala
La bevanda classica era il vino diluito con
acqua o… acqua di mare, e addolcito con
miele, talvolta con spezie o resine profumate.
Le salse
I Romani erano ghiotti di salse, per lo più
molto piccanti, impiegate per condire le carni
e il pesce. La più amata era una salsa
piccante, chiamata garum o liquamen,
preparata con interiora e pezzetti di pesce
salato, ridotti in poltiglia e fatti fermentare al
sole, dal sapore molto acido.
►Una curiosità: i Romani conoscevano già gli
stuzzicadenti (dentiscalpia)!
Una civiltà sui muri: i graffiti
Si quis non vidit Venerem quam pinxit Apelles
pupa mea aspiciat: talis et illa nitet (CIL IV 6842)
Se qualcuno non ha visto la Venere che ha dipinto Apelle,
guardi la mia bambola: è splendida come lei.
Amantes ut apes vita mellita exigunt. Vellem
(CIL IV 8408)
Gli innamorati, come api, vivono la (loro) vita nel miele. Magari!
Gli autori sono colti, ma dimenticano le m dell'accus. pronunciate
debolmente o ignorate  errore d’ortografia.
Abiat Venere Bompeiiana iratam qui hoc laesaerit (CIL IV 538)
I graffiti rivelano la pronuncia reale!
Vita quotidiana: maledetti gli osti!
Talia te fallant utinam mendacia, copo:
tu vendes acuam et bibes ipse merum.
(CIL IV, 3948)
Che questi imbrogli possano ingannare te, oste:
(a noi) vendi acqua, ma tu bevi il vino buono.
■ copo sta per caupo; ■ vendes acuam sta per vendis
aquam (acuam è forma popolare, come acqua);
■ bibes va corretto in bibis.
► sermo
plebeius o rusticus : verso le lingue romanze
[candelabrus, fatus, caelus, vasus, vinus; mi, bellus, orem]
I ludi: uno sponsor famoso
M. Casellium Marcellum aedilem bonum
et munerarium magnum
(CIL IV, 4999)
M. Casellio Marcello, edile generoso
e grande sponsor di combattimenti gladiatorii
► munus: 1. dovere, carica
2. impegno, obbligo 3. prodotto,
opera 4. dono, regalo 5. tributo, offerta funebre (Catull.,
101) 6. spettacolo pubblico, combattimento tra gladiatori
► munerarius: chi offre
uno spettacolo di gladiatori
Un ludus gladiatorius
A. Suetti Certi aedilis familia
gladiatoria pugnabit Pompeiis
pridie Kalendas Iunias;
venatio et vela erunt
(CIL IV, 1189)
La squadra di gladiatori
dell’edìle Aulo Suettio Certo
combatterà a Pompei il 31 maggio;
ci saranno la lotta con le belve e i teloni.
Propaganda elettorale: un candidato panettiere
C. Iulium Polybium
aedilem oro vos faciatis:
panem bonum fert
(CIL IV, 429)
Vi chiedo di eleggere edile
Gaio Giulio Polibio:
fa il pane buono
Gli orefici scendono in campo
C. Cuspium Pansam aedilem
aurifices universi
rogant
(CIL IV, 710)
Tutti quanti gli orefici
Propongono Gaio Cuspio Pansa come edìle
Pompei sepolta dall’eruzione del Vesuvio (con
Stabia ed Ercolano, prov. di Napoli) 24-25/8/79 d.C.
Dell’eruzione del Vesuvio è testimone diretto
Plinio il giovane che vede morire lo zio (Plinio il
vecchio) nel tentativo di portare soccorso: “il
suo cadavere fu trovato intatto, il modo in cui il
suo corpo si presentava faceva pensare più a
uno che dormisse che non a un morto”.
Testimonianza di Plinio (nipote) che si
legge nelle Epistole, VI, 16 confermata
anche da Svetonio in De historicis, 6
I nani sulle spalle dei giganti
“Noi siamo come nani che stanno sulle spalle di
giganti, così che possiamo vedere più lontano di
loro non grazie alla nostra statura o all’acutezza
della nostra vista, ma perché, stando sulle loro
spalle, stiamo più in alto di loro” .
[Bernardo di Chartres, filosofo, 1100-1169]
I classici sono i nostri giganti: “servono” a
capire chi siamo e dove siamo arrivati.
“Il futuro ha un cuore antico” (C. Levi)
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