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Delirio - Università degli Studi di Firenze

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Delirio - Università degli Studi di Firenze
Elementi di psicopatologia
descrittiva (II)
Davide Dèttore
Università degli Studi di Firenze
Istituto Miller, Genova/Firenze
Deliri e altre idee erronee
Delirio
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Idea falsa, non criticabile, o convinzione che non è riferibile
al retroterra educativo, culturale o sociale del paziente
Essa viene sostenuta con straordinaria convinzione e
certezza soggettiva
Dal punto di vista soggettivo o fenomenologico
è
indistinguibile da una convinzione vera.
Per il paziente, un delirio è molto più simile ad una convinzione
vera che all'immaginazione.
Dal punto di vista soggettivo, un delirio è semplicemente una
credenza.
La persona che mantiene questa credenza la sostiene con la
stessa convinzione ed intensità con cui sostiene altre idee
non deliranti su se stessa; o come chiunque altro sostiene in
modo deciso proprie idee non-deliranti
I deliri sono per l'ideazione quello che l'allucinazione è per la
percezione
Le componenti del delirio (Jaspers, 1913)
sono sostenuti con insolita convinzione;
2. 
non sono riconducibili alla logica;
3. 
l'assurdità o la falsità del loro contenuto è palese alle altre
persone.
Però ciascuno di questi punti può essere messo in discussione.
1. 
Alcuni sostengono che i deliri non sarebbero nemmeno delle
credenze. Spitzer (1994) fa una distinzione fra “sapere” e
“credere”: i deliri sarebbero delle presunzioni di conoscenze
piuttosto che di credenza; i pazienti “affermano di sapere
qualcosa” e non “di credere qualcosa”, il che spiegherebbe la
convinzione con cui i deliri non ammettono critica o confronto.
Dimensioni del delirio
1. 
2. 
3. 
4. 
5. 
6. 
7. 
Convinzione: il grado di convinzione del paziente sulla realtà
della credenza delirante.
Estensione: il grado di coinvolgimento delle aree di vita del
paziente nel delirio.
Bizzarria: il grado in cui la credenza delirante si discosta dalla
realtà consensualmente accettata in quella cultura.
Disorganizzazione: il grado in cui la credenza delirante ha
una consistenza interna, una logica e una sistematizzazione.
Spinta: il grado in cui il paziente è preoccupato e coinvolto
dalle credenze deliranti che esprime.
La risposta affettiva.
Comportamento deviante che risulta dalla credenza
delirante.
Deliri primari e secondari
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Primario: il delirio non si verifica in risposta ad un'altra forma
psicopatologica, come un disturbo dell'umore.
Secondario: la falsa convinzione è comprensibile nelle presenti
circostanze, a causa di una pervasiva alterazione dell'umore o
in relazione al contenuto culturale.
Secondo Gruhle (1915) il Delirio Primario non è
un'alterazione della senso-percezione, appercezione o
intelligenza, ma è un disturbo dell'attribuzione di significato
simbolico. Si verifica nella schizofrenia e non in altre
condizioni e include sia percezioni deliranti sia intuizioni
deliranti. Il Delirio Secondario si verifica in molte condizioni
diverse dalla schizofrenia e può essere compreso alla luce del
retroterra culturale o dello stato emotivo.
Wernicke: idea autoctona (1906)
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Idea nata dal “suolo”, originaria, che insorge senza cause
esterne. Il problema è che il loro carattere veramente autoctono
è discutibile. Per questo motivo non vengono considerati da
Schneider sintomi di primo rango. In molti casi è troppo difficile
decidere se un delirio sia autoctono. Molti autori sostengono
che ogni delirio possa essere compreso se si conosce
abbastanza della vita del paziente.
Il nucleo del delirio primario, in breve, è la sua “insuperabile
incomprensibilità”, mentre i deliri secondari divengono
comprensibili quando sia disponibile una storia psichiatrica
dettagliata e un esame psicologico ben fatto.
I sintomi primari sono quelli che insorgono senza causa
comprensibile nel contesto della malattia psicotica. Sono
pertanto le manifestazioni necessarie della psicopatologia
sottostante,
I sintomi di primo rango, invece, rappresentano
semplicemente un'utile lista di natura empirica di sintomi
comunemente riscontrati in corso di schizofrenia, ma non in
altre condizioni. Descriverne la presenza non presuppone
alcuna inferenza sull'origine.
Come originano idee e deliri
Il delirio può essere una convinzione,
un'idea, un pensiero, una nozione o
un'intuizione
l  Ha origine nelle stesse condizioni di qualsiasi
altra idea, e cioè nel contesto di:
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una percezione;
un ricordo;
un'atmosfera.
Tipi di delirio primario
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Idea che si verifica sulla base di un percetto: odoro
l'aroma del cibo e così formulo l'idea che andrò a
mangiare.
Idee che seguono un ricordo: ricordo: quando ho
ascoltato un quartetto d'archi e formulo l'idea di
mettere un disco sul giradischi.
Idee che originano da una certa atmosfera o da uno
stato emotivo: sono già irritabile e quando ritiro dal
garage l'automobile, che fa un rumore inspiegabile,
mi irrito in modo irragionevole, dando la colpa al
meccanico per non averla riparata in modo
soddisfacente
Deliri autoctoni (intuizioni deliranti)
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Sembrano apparire all'improvviso, “a ciel sereno”,
indistinguibili dal punto di vista fenomenologico dal presentarsi
improvviso di un'idea normale.
Si verifica in un unico momento, diversamente dalla
percezione delirante che si verifica in due passaggi: la
percezione e quindi l'interpretazione erronea.
Analogamente alle percezioni deliranti, le intuizioni deliranti
sono autoriferite e, di solito, di significato molto importante per il
paziente.
Percezioni deliranti (I)
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Quando il paziente ha una percezione normale che viene
interpretata secondo un significato delirante, e di immenso
significato personale: è un sintomo di primo rango della
schizofrenia.
Schneider (1949): l'essenza della percezione delirante sta
nell'attribuzione ad un percetto reale di un significato abnorme,
senza alcuna causa comprensibile in termini razionali ed
emotivi. È autoriferita, urgente, di grande importanza, di
significato personale sconvolgente e, ovviamente, falsa.
Spesso difficile decidere se un delirio è veramente una
percezione delirante o invece viene usato per spiegare il
significato di certi oggetti di percezione all'interno di un
sistema delirante
Essa comporta un'esperienza diretta di significato per questo
particolare percetto normale, non si tratta semplicemente di
un'interpretazione che possa accordarsi con altre credenze
deliranti già stabilite
Percezioni deliranti (I)
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È un'esperienza diretta di un significato che il paziente
precedentemente non aveva.
Gli oggetti o le persone assumono un nuovo significato
personale che è delirante nella sua natura, anche se la
percezione per se stessa non cambia.
Tale è la differenza con l'interpretazione erronea delirante: il
sistema delirante tocca tutti gli aspetti della vita della persona,
in modo tale che tutti gli eventi o le percezioni sono interpretati
come coinvolti in quel delirio.
Vi sono due stadi nella percezione delirante:
1.  l'oggetto diventa significativo all'interno di un campo di
sensazioni e viene percepito: percezione visiva usuale;
2.  quell'oggetto viene investito di un significato delirante.
Non è necessario che questi due stadi siano simultanei
perché l'esperienza diventi una percezione delirante.
In certe occasioni tra le due possono essere intercorsi
intervalli di tempo di anni.
Atmosfera delirante
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Il mondo è cambiato in maniera sottile: “Sta succedendo
qualcosa di strano”.
Egli avverte ogni cosa intorno a sé come sinistra, portentosa,
sconosciuta e peculiare in modo indefinibile.
Sa di essere personalmente coinvolto ma non sa in che modo.
Ha un sentimento di premonizione, qualche volta anche di
eccitamento, che presto tutte le parti separate della sua
esperienza potranno essere riunite a rivelargli qualcosa di
immensamente significativo.
È spesso il primo sintomo della schizofrenia. È il contesto in cui
compaiono percezioni deliranti o intuizioni completamente
formate
Nella psicopatologia tedesca di parla invece di umore
delirante: Il paziente si sente profondamente a disagio, spesso
molto perplesso e in apprensione.
Quando il delirio è del tutto formato, sembra che egli lo accetti
con un senso di sollievo rispetto alla precedente tensione
intollerabile dell'atmosfera delirante.
Ricordi deliranti
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Un paziente rievoca come “ricordato” un evento o un'idea di
natura chiaramente delirante: il delirio viene proiettato
all'indietro nel tempo.
Deliri retrospettivi: un avvenimento verificatosi nel passato
viene spiegato in modo delirante.
Se il significato delirante viene attribuito ad una percezione
normale che viene ricordata, allora si tratta di una percezione
delirante.
Molto spesso è difficile distinguerli.
Il ricordo delirante ha due direzioni interpretative: una per cui un
ricordo normale viene inteso in modo erroneo nel presente, e
un'altra per cui il ricordo attuale è un falso ricordo generato da
un'interpretazione distorta.
Ulteriori distinzioni
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Consapevolezza delirante: esperienza che non è di
natura sensoriale, nel corso della quale le idee o gli
eventi assumono una estrema vividezza come se
avessero una realtà propria.
Significato delirante: secondo stadio nel verificarsi
della percezione delirante. Gli oggetti o le persone sono
percepiti normalmente, ma assumono un significato
speciale che non può essere spiegato razionalmente dal
paziente
LE ORIGINI DEL DELIRIO
Fattori prevalentemente coinvolti nella formazione del delirio
(Brockington, 1991):
1. 
Un disturbo del funzionamento cerebrale.
2. 
Influenze del retroterra di temperamento e personalità.
3. 
Il mantenimento dell'autostima.
4. 
Il ruolo dell'emotività.
5. 
La risposta ad un disturbo percettivo.
6. 
La risposta alla depersonalizzazione.
7. 
Un sovraccarico cognitivo.
Fattori coinvolti nel mantenimento del delirio
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L'inerzia nel cambiare idee e la necessità di
coerenza.
La scarsità di rapporti interpersonali, sordità,
mancanza di parenti, lingua straniera e isolamento.
Comportamenti aggressivi in risposta a deliri di
persecuzione.
Il delirio riduce il rispetto per chi ne è affetto e il
riconoscimento delle capacità e ciò facilita
interpretazioni deliranti compensatorie.
Talora si tratta di procedure per ridurre la vergognaumiliazione (Colby, 1977).
Conrad (1958): 5 stadi nello sviluppo
della psicosi delirante
1. 
2. 
3. 
4. 
5. 
Trema (paura del palcoscenico): l'umore delirante
rappresenta un completo cambiamento nella
percezione del mondo: timore, sospettosità, senso di
colpa, inibizione depressiva.
Apofania: la ricerca e la successiva scoperta del nuovo
significato degli avvenimenti psicologici.
Anastrofé: l'insorgenza della psicosi.
Consolidamento: la formazione di un nuovo mondo o
la nuova impostazione psicologica basata sui nuovi
significati.
Residuo: l'eventuale stato autistico.
Bleuler (1911)
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Si concentrò sull'alterazione dell'affettività in
quanto espressione primaria, anziché
sull'atmosfera o sull'intuizione delirante.
Riteneva che l'esaltazione affettiva comportasse
la perdita della facoltà associativa, rendendo
così possibile la nascita del delirio.
All'inizio della malattia è presente una
condizione affettiva estrema, forse in termini di
ansia o ambivalenza, che il paziente non è in
grado di esprimere.
Kretschmer (1927)
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Diede particolare importanza alla Personalità premorbosa
sensitiva sottostante delle persone, che mantengono dei
complessi di grande pregnanza affettiva e che hanno limitate
capacità di espressione delle emozioni. Persone rigide, di
mentalità ristretta e di attitudini sospettose, che facilmente
esprimono idee sensitive di riferimento.
Un'esperienza chiave può verificarsi in certe circostanze della
loro vita, e del tutto repentinamente queste idee si strutturano in
forma di deliri di riferimento.
Sviluppo di un delirio sensitivo di riferimento da idee
sensitive di riferimento, come conseguenza di un'esperienza
chiave che:
1.  possiede un carattere di appropriatezza configurandosi
come idea dominante rispetto alle aree di conflittualità del
paziente;
2.  si verifica in un momento di particolare disagio e turbamento
emotivo, cosicché il substrato psichico si trova predisposto
per l'evento catastrofico.
Motivazione e Difettualità
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1. 
2. 
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Le teorie esistenti sul pensiero delirante sviluppano due temi
principali:
la motivazione: spiega il manifestarsi di un delirio per esplicare
esperienze percettive insolite o per ridurre stati psichici
spiacevoli.
la difettualità: implica alcuni deficit fondamentali attentivocognitivi che risultano in un delirio.
I deliri sono legati sia al significato personale che al confine
del sé.
Ipotesi che il delirio persecutorio funzioni come una difesa
contro sentimenti sottostanti di bassa autostima.
Secondo Roberts (1991), i deliri, nella schizofrenia, non sono
un aspetto della malattia in sé ma una risposta adattiva a quel
qualcosa che costituisce la rottura psicotica, per combattere la
mancanza di scopi, la solitudine, il senso di inferiorità, la
disperazione, l'isolamento, ottenere un nuovo senso di identità,
un più chiaro senso dei limiti e della responsabilità, una
esperienza di libertà.
CONTENUTO DEI DELIRI
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La forma del delirio è dettata dal tipo di
malattia.
Il contenuto è determinato dal retroterra
emotivo, sociale e culturale del paziente:
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Le persone che dicono di essere Napoleone sono
attualmente rare.
Gli schizofrenici nelle tribù primitive affermano che
sono gli spiriti dei loro antenati ad interferire con i loro
pensieri e non la televisione.
Da quando i computer e internet sempre più
condizionano tutti gli aspetti della nostra vita,
cominciano a fare la loro comparsa pazienti che
offrono descrizioni di deliri di controllo che si
riferiscono a internet.
Deliri di persecuzione
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Le persone che credono in modo delirante che esista
un'interferenza dall'esterno nella loro vita, ritengono più
frequentemente che si tratti di qualcosa di pericoloso, che non
di benefico.
Deliri di pregiudizio: il paziente/vittima crede di essere offeso,
trascurato, che gli si facciano passare davanti degli altri. Il
responsabile di questa interferenza può essere animato o
inanimato, altre persone o macchine; sono sistemi,
organizzazioni o istituzioni più spesso che non individui.
A volte i pazienti sperimentano la persecuzione come una vaga
influenza senza sapere chi è il responsabile.
Schizofrenia: indifferenza inappropriata ed apatia.
Pazienti maniacali: grave iperattività e fuga delle idee nel
tentativo di esprimere e gestire le loro convinzioni.
Depressione: i deliri di persecuzione assumono le
caratteristiche che colorano anche l'umore dominante.
Personalità paranoide: le idee dominanti persecutorie sono
una modalità preminente del tipo litigioso.
Gelosia morbosa e delirio di infedeltà (I)
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A volte è difficile distinguere una gelosia comprensibile da
quella che è chiaramente delirante.
1.  Passionali: senso esasperato di detenere un diritto e la
convinzione che altri stiano ledendo questo diritto: “I gelosi
patologici credono di essere vittime di un'infedeltà che li
defrauda di un loro diritto, alla fedeltà appunto, e di essere
quindi costretti a svelare questo tradimento, riaffermare il
controllo e punire la trasgressione”
2.  Lamentosi: si sentono indignati dalle violazioni dei diritti.
3.  Erotomani: sono costretti a rivendicare i loro diritti d'amore.
Risulta abbastanza frequente nell'alcoolismo e in alcuni
stati organici: sindrome del “pugile suonato” (encefalopatia
traumatica cronica).
Non è raro che un coniuge accusato spesso di infedeltà, a un
certo punto intrattenga realmente una relazione extraconiugale,
in tal modo esacerbando il quadro.
Gelosia morbosa e delirio di infedeltà (II)
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La persona che delira è molto attaccata e sovente
emotivamente assai dipendente dal partner e ha la sensazione
che questo le appartenga totalmente.
La vittima è sovente più attraente dal punto di vista sessuale
rispetto al partner delirante: si può trattare per esempio di una
moglie più giovane, o di un marito socievole e ricercato
La gelosia morbosa nasce dalla convinzione che vi sia una
minaccia al possesso esclusivo del coniuge e si verifica per
conflitti interiori del coniuge, la sua incapacità di amare o il suo
desiderio sessuale diretto verso altri, e da circostanze esterne
come un cambiamento di vita o nel comportamento altrui.
I crimini violenti sono più frequentemente associati con la
gelosia morbosa rispetto ad altre categorie psicopatologiche; la
violenza è rivolta più spesso verso il partner che verso il
presunto rivale, e più da parte degli uomini rispetto alle donne.
La gelosia morbosa più contribuisce alle percosse degli uomini
verso le mogli ed è una delle motivazioni più frequenti degli
omicidi.
Deliri erotici (I)
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Deliri associati con l'idea di amare o di essere amati; sono
diversi dalle anormalità affettive e comportamentali delle
condizioni di ipersessualità: Ninfomania: situazione in cui una
donna si trova in preda ad un desiderio sessuale patologico o
incontrollato; Satiriasi: equivalente maschile dell'eccessiva
attività sessuale.
Secondo Morrison (1848): Stato “caratterizzato da deliri [...]; il
paziente è soggetto ad un amore profondamente
sentimentale, completamente incentrato sul proprio oggetto di
adorazione, che, eventualmente, sarà avvicinato con grande
rispetto [...]; i deliri fissi e permanenti inerenti all'erotomania
portano coloro che ne sono afflitti a distruggere se stessi o gli
altri, in quanto, sebbene per lo più tranquilli e pacifici, a volte
diventano irritabili, passionali e gelosi”.
Deliri erotici (II)
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E' più frequente nelle donne che negli uomini.
Caratteristiche sociali: relazione tra le pregresse difficoltà di
relazione del paziente con i genitori e la presente erotomania.
De Clérambault (1942) ne ha descritto una variante: una donna
crede che un uomo, più anziano e di rango sociale più elevato
del suo, sia innamorato di lei. La vittima di solito non ha fatto
nulla per attirare la sua attenzione e può essere del tutto
inconsapevole della sua esistenza. Qualche volta si tratta di un
personaggio pubblico completamente lontano dalla paziente.
Talvolta l'erotomania frustrata può dare luogo a stalking, con
tutti i rischi connessi.
Falsi riconoscimenti deliranti (I)
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Sindrome di Capgras (1923): Il soggetto ritiene che una
persona, solitamente a lui familiare, sia stata rimpiazzata da
una copia esatta. È un errore specifico di identificazione che
coinvolge una persona con la quale il soggetto ha spesso forti
legami emotivi e nei confronti della quale sono riconoscibili
marcati elementi di ambivalenza al momento dell'esordio. La
convinzione ha tutte le caratteristiche del delirio, è riconoscibile
in tutte le culture, e dunque è universale. Il contenuto dipende
dal contesto culturale.
Sindrome di Fregoli (Courbon e Fail, 1927): falso
riconoscimento di persone familiari in soggetti che, invece,
sono estranei e non hanno alcuna somiglianza col familiare.
Sindrome di intermetamorfosi: convinzione che una persona
familiare (in genere vissuta come persecutore) ed uno
sconosciuto, oggetto del falso riconoscimento, abbiano in
comune caratteristiche fisiche e psicologiche.
Sindrome dei doppi soggettivi: convinzione che un'altra
persona sia stata trasformata fisicamente nel proprio sé.
Falsi riconoscimenti deliranti (II)
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La sindrome di Capgras, quando si verifica in corso di
schizofrenia, rappresenta una percezione delirante. Non c'è
alcun cambiamento percettibile dall'esterno dell'aspetto
dell'oggetto. Non c'è alcuna falsa percezione: il paziente
ammette che la replica assomiglia esattamente all'originale.
La maggior parte dei pazienti presenta sintomi certi di
schizofrenia, e non sono presenti allucinazioni.
Ma un falso riconoscimento delirante in cui il delirio riflette un
sottile cambiamento nella natura dei sentimenti del paziente
per la vittima può verificarsi anche nella psicosi affettiva e nei
disturbi mentali organici.
Deliri di grandezza
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Essi sono primari nella Schizofrenia: convinzione di essere
una celebrità o di avere poteri sovrannaturali.
l  Deliri a fini speciali: convinzione di essere stato prescelto
per una non meglio identificata missione speciale, di cui
anche egli stesso non è stato informato nei dettagli, ma di cui
attende ansiosamente il disvelamento.
La forma è un'intuizione delirante.
Essi sono secondari nella Patologia maniacale.
Deliri religiosi
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Sono comuni anche se molto meno che nel XIX secolo, quando
gli schizofrenici li presentavano il triplo delle volte rispetto ad
ora. Il fatto che sia un delirio deriva dal modo in cui la
convinzione viene sostenuta e dalle prove che vengono
addotte. Inoltre si deve inserire in un quadro, anche evolutivo,
che è compatibile con un disturbo di qualche genere; inoltre in
tal caso l'esperienza religiosa non è associata a un qualche
arricchimento esistenziale o di personalità.
Può avere caratteristiche grandiose (“sono un inviato di Dio”)
oppure secondarie a un quadro depressivo (“Dio non potrà mai
perdonarmi e andrò all'inferno”).
Deliri di colpa e indegnità
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Comuni nella malattia depressiva.
Spesso portano al suicidio e, più raramente, all'omicidio, dove
l'uccisione di un parente stretto può essere seguita dal suicidio
del paziente. Tale omicidio/suicidio talvolta viene giustificato
come mezzo per impedire al parente stretto di soffrire come ha
sofferto il paziente.
Le convinzioni di colpa possono dominare totalmente il
pensiero del paziente.
Deliri di controllo
•  Il paziente si sente sotto l'influenza di una forza potente, come
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raggi X, controllo elettronico, campi magnetici o telepatia.
Questa forza è schiacciante: costringe il paziente a pensare,
sentire, volere e agire assolutamente contro la sua volontà
(sensazione di impotenza/passività). Il paziente vive i pensieri e
i sentimenti di altre persone piuttosto che i suoi.
La reazione al delirio è la sottomissione; il paziente non riesce
a resistere; è una vittima.
Domanda aperta: “Come fa a controllare la sua mente, i suoi
pensieri, i suoi sentimenti e le sue azioni?”.
Domandare se nessuno abbia mai tentato di intromettersi nei
suoi pensieri, nei suoi sentimenti, o di controllarlo o di
costringerlo a compiere azioni contro la sua volontà.
Verificare che sia davvero delirante e non stia solo descrivendo
sensazioni angoscianti di derealizzazione, in cui “le cose
appaiono come se non fossero reali”.
Deliri di povertà e nichilistici
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Comuni nella depressione.
Sindrome di Cotard (depressione psicotica dell'anziano):
l  deliri nichilistici e ipocondriaci spesso bizzarri, drammatici e
tinti di grandiosità (convinzione che parti del corpo od organi
siano ormai inesistenti);
l  umore depresso sia con agitazione sia con rallentamento;
l  Atteggiamento di completa passività: “il paziente risulta
confuso riguardo ai propri cambiamenti soggettivi nelle
attitudini e rispetto alle cose esterne [...] il mondo reale gli
sembra completamente scomparso, o morto”.
I deliri nichilistici sono una forma depressiva di auto-accusa.
Mentre nel delirio di persecuzione l'accusa è spostata
altrove, nei deliri nichilistici avviene il contrario dei deliri di
grandezza, in cui la persona stessa, gli oggetti o le situazioni
sono espansivi e arricchiti.
C'è una grandiosità perversa nei deliri nichilistici.
I sentimenti di colpa e le idee ipocondriache sono sviluppati al
massimo grado di forma depressiva nei deliri di negazione.
Deliri ipocondriaci (I)
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Schneider (1957): collocare l'esperienza della depressione in
forma di sensazioni corporee è l'equivalente di un sintomo di
primo rango della psicosi depressiva.
Schizofrenia: stesse caratteristiche delle altre idee
schizofreniche. È più facile che abbiano una spiegazione di tipo
persecutorio che nichilistico.
Secondo Munro (1988), si associano di solito con un disturbo
delirante di Tipo somatico:
1. 
deliri sugli odori del corpo e alitosi;
2. 
delirio di infestazione (insetti, parassiti, o corpi estranei
sotto la pelle;
3. 
deliri di bruttezza o di malformazione (deliri dismorfici ).
Esiste una sindrome culturale dell'Estremo Oriente, il Koro, che
si presenta anche in episodi epidemici, che presenta le
caratteristiche di un delirio somatico:
Deliri ipocondriaci (II)
ferma convinzione che il pene si ritiri nell'addome;
2. 
convinzione che quando il pene sarà scomparso
nell'addome seguirà la morte;
3. 
estrema ansietà che accompagna tali idee deliranti.
Può essere considerata una sindrome da
depersonalizzazione legata a forti elementi culturali:
manifestazione di ansia estrema che si accompagna a
credenze popolari legate al timore dell'esaurimento delle
facoltà sessuali.
Esistono anche delle “sindromi di riferimento olfattivo”:
l  Convinzione fissa e inalterabile di emanare odore ma senza
allucinazioni o altre esperienze olfattive.
l  Di solito nel contesto dello sviluppo di una personalità
sensitivo-paranoide.
l  Reazione fobica grave: il comportamento degli altri
interpretato come il risultato del loro odore repellente.
1. 
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Deliri d'infestazione
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Già descritti da Ekbom (1938; sindrome di Ekbom:
convinzione di essere infestati da piccoli organismi visibili a
occhio nudo), è stata ripresa da Hopkinson (1970). Può
assumere forma allucinatoria tattile, da un delirio o da un'idea
prevalente/dominante.
È frequente in aspetti ipocondriaci di una psicosi affettiva,
insieme ad altri sintomi depressivi; presente anche in
schizofrenia paranoide, nelle psicosi ipocondriache, nelle
sindrome cerebrali organiche, nel delirium tremens e
nell'abuso di cocaina, in demenze o disturbi del talamo.
Compaiono in genere dopo i 50 anni in persone molto
preoccupate per la pulizia. Può derivare da una malattia della
pelle, diventando un'elaborazione delirante di sintomi tattili
reali.
Follia comunicata (Folie à deux)
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Lasèauge e Falret (1877) descrissero la “folie à deux” o “folie
communiquèe”. Un delirio (intuizione delirante) viene
trasferito da un soggetto psicotico ad una o più persone che
sono state strettamente vicine a questo soggetto, in modo tale
che il delirio viene condiviso: il Principale acquisisce per
primo il delirio ed è dominante, l'Associato diventa delirante
per la vicinanza con il Principale: di solito è svantaggiato dal
punto di vista sociale, o mentalmente o fisicamente debole.
Gralnick (1942) distingue.
1.  Folie
imposée: il delirio di una persona malata di mente viene trasferito
ad una che precedentemente non lo era, benché la vittima sia
socialmente svantaggiata. La separazione dei due è spesso seguita
dalla remissione dei sintomi nell'Associato.
2.  Folie communiquée: una persona normale subisce il contagio dell'idea di
quell'altra dopo aver resistito a lungo. Quando ha acquisito tali idee, le
mantiene anche dopo la separazione.
3.  Folie induite: una persona che era già psicotica aggiunge ai suoi deliri
quello di una persona che le è vicina.
4.  Folie simultanée: due o più persone diventano psicotiche e condividono
in modo simultaneo lo stesso sistema delirante. Il Principale è sempre
psicotico, mentre l'Associato può esserlo o no.
REALTÀ DEI DELIRI
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l 
Dal punto di vista soggettivo, i deliri sono
completamente differenti dalla fantasia.
I pazienti non li descrivono “come se”
esistessero, la loro realtà è “conosciuta” con la
stessa tranquilla certezza che una persona non
delirante attribuisce ad eventi concreti e a idee
della propria vita, come quella che il pavimento è
solido.
I deliri non sono modificabili con la persuasione.
Il comportamento violento in risposta ai deliri è
poco frequente.
L'ideazione erronea: le idee
prevalenti/dominanti (I)
l 
l 
Idea accettabile, comprensibile, perseguita al di là dei limiti
della ragione.
Credenza solitaria, abnorme, la cui natura non è né delirante né
ossessiva, ma è preoccupante per il grado in cui domina la vita
di chi ne è affetto.
l 
l 
l 
l 
Prevalente: provoca un modo di funzionare disturbato o uno stato di
sofferenza al soggetto o agli altri.
L'evidenza retrostante per la quale l'idea è sostenuta non
necessariamente è irragionevole o falsa.
Ma diventa così dominante che tutte le altre idee diventano secondarie e
rivolte ad essa: tutta l'intera vita del soggetto viene a svolgersi intorno a
quest'idea.
Di solito è associata molto strettamente ad una componente
affettiva, che la persona a causa del proprio temperamento ha
difficoltà ad esprimere.
L'ideazione erronea: le idee
prevalenti/dominanti (II)
l 
l 
Secondo Jaspers (1913), il delirio è qualitativamente differente
da una normale credenza per la trasformazione radicale del
significato attribuito agli eventi ed è incorreggibile in un modo
del tutto differente da un'idea normale.
Invece un'idea prevalente è nozione isolata, collegata con
un'emotività molto forte e una personalità abnorme, simile nella
qualità alle appassionate convinzioni politiche, religiose, etiche.
Si tratta di “idee isolate che si sviluppano in modo
comprensibile dalla personalità e dalla situazione”.
Disturbi con Idee dominanti
(McKenna, 1984)
1. 
2. 
3. 
4. 
5. 
6. 
7. 
Stato paranoideo, tipo querulomane o
litigioso
Gelosia morbosa
Ipocondria
Dismorfofobia
Parassitofobia (sindrome di Ekbom)
Anoressia nervosa
Transessualismo
Sindromi e idee paranoidee (I)
l 
l 
l 
l 
l 
l 
Paranoide vuol dire “auto-referente” e non si limita al
significato di persecutorio: tutti i deliri sono deliri di
riferimento in quanto sono in relazione al paziente medesimo.
Un delirio paranoide è un delirio di autoriferimento, non
necessariamente di natura persecutoria.
Il disturbo di personalità paranoide è un tipo di personalità
abnorme in cui le reazioni della persona agli altri sono
impropriamente autoriferite.
Stati paranoidi: stati mentali in cui i fenomeni autoreferenti
sono cospicui: predominano deliri, idee di riferimento simildeliranti, idee prevalenti.
Deliri primari: caratteristici della schizofrenia.
Deliri secondari (idee simil-deliranti): presenti in un gran
numero di condizioni: Psicosi maniaco-depressiva, sia nella
fase maniacale sia in quella depressiva; epilessia; altre
psicosindromi organiche; intossicazione acuta da droghe; vari
stati alcoolici; schizofrenia.
Sindromi e idee paranoidee (II)
l 
l 
l 
l 
l 
Il termine paranoia originariamente era sinonimo di follia
delirante.
Kraepelin (1905) usò il temine in modo più specifico per
descrivere quella condizione in cui ci sono deliri ma non
allucinazioni: la personalità, l'affettività e la volontà erano ben
mantenute.
Le idee prevalenti sono spesso associate con i disturbi di
personalità di tipo paranoide o anancastico.
Stato paranoide è un termine generale per un gran numero di
condizioni in cui il contenuto è impropriamente autoriferito
ma la forma dell'idea non è stata ben delineata.
La chiarificazione della forma è necessaria per una diagnosi
adeguata, che a sua volta è utile per una valutazione
prognostica e per la pianificazione di un trattamento
appropriato.
Sindromi e idee paranoidee (III)
l 
l 
l 
Se l'idea bizzarra è un delirio primario (e normalmente ci sono
anche sintomi di primo rango a corroborarlo), allora
probabilmente il paziente soffre di una schizofrenia
paranoide.
Se il delirio è di natura secondaria, la diagnosi più probabile è
un'altra psicosi.
Se la forma di un'idea non è delirante, ma viene meglio
descritta come idea prevalente, i sintomi paranoidi
probabilmente derivano da un disturbo di personalità.
Temi noti per essere terreno fertile per i
deliri
l 
l 
l 
l 
l 
l 
l 
l 
l 
l 
l 
Persecuzione, ingiustizia, discriminazione
Colpa
Grandezza, amore, potere, conoscenza
Gelosia
Malattia
Passività (si sente in balia di forze esterne)
Nichilismo
Povertà
Percezioni extrasensoriali
Capacità soprannaturali
Convinzione di essere il bersaglio di raggi cosmici o
raggi X.
Disturbi del processo di
pensiero
Tipi di pensiero
1. 
2. 
3. 
Pensiero fantastico afinalistico, dereistico
e autistico.
Pensiero immaginativo.
Pensiero razionale o concettuale
Il pensiero fantastico
• 
• 
• 
Secondo Blueler (1911): “La preoccupazione molto frequente
nei giovani ebefrenici per le 'domande più profonde' non è altro
che una manifestazione autistica”.
Da forma deliberata e sporadica di pensiero fino a modalità
stabilizzata: comincia a credere al contenuto delle proprie
fantasie, che diventano soggettivamente reali e accettate
come fatti.
Tipi di pensiero fantastico:
l 
l 
l 
Mentire patologico: pseudologia fantastica.
Conversione isterica e dissociazione: sintomi isterici somatici e psicologici.
Idee simil-deliranti: psicosi affettive, derivanti dalla situazione affettiva e sociale
del paziente.
Meccanismi di difesa dell'Io: lapsus o “dimenticanze” non sono
accidentali, ma una forma di autoinganno. Fantasia di negazione:
l'oggetto di percezione ovvio, significativo ma spiacevole, può
essere “cancellato”. Il pensiero fantastico nega la realtà
spiacevole, anche se la fantasia di per sé può essere spiacevole.
Il pensiero immaginativo
l 
l 
l 
Uso guidato della fantasia e della memoria per costruire
progetti per la vita di tutti i giorni e utilizzare attivamente la
sequenza delle idee che si presentano alla coscienza.
Non trascende i limiti del razionale o del possibile, ma non è
necessariamente confinato alla risoluzione di problemi
immediati.
Pensiero laterale:
l  le associazioni si verificano liberamente ma la tendenza
determinante è forte e sostenuta.
l  La fantasia viene coinvolta in modo costruttivo.
Pensiero razionale o concettuale
l 
l 
l 
Uso della logica, senza interferenze della fantasia, per la
risoluzione dei problemi.
È un compito molto complesso riconoscere e classificare un
problema, in modo tale da applicare la ragione per trovare una
soluzione.
In pratica i tre tipi di pensiero: fantastico, immaginativo e
razionale non sono separati, ma al contrario continuamente
mescolati l'uno all'altro.
Ideazione come associazione
l 
l 
l 
l 
l 
l 
l 
Secondo Jaspers (1913), i pensieri (eventi psichici) possono
essere concepiti come una sequenza ininterrotta.
Da ogni pensiero possono nascere una o più associazioni, che
danno origine ad ulteriori eventi psichici.
Costellazione: quantità di associazioni possibili che
risultano da un singolo evento psichico.
Tendenza determinante: fenomeno per cui, all'interno della
costellazione, un concetto assume la preminenza.
Esso determina la coerenza del flusso di pensiero verso la
propria meta.
Tali modalità di organizzazione, codificazione e trasmissione
del pensiero possono andare incontro a vari “disturbi formali del
pensiero”, che marginalmente interessano i contenuti di esso.
Analizziamo la semeiologia dei disturbi formali del pensiero.
I disturbi formali del pensiero (I)
l 
l 
l 
l 
Accelerazione: i processi associativi si svolgono con maggiore
rapidità e con facilitazione accentuazione a scapito dell'efficacia
comunicativa (per esempio nella mania).
Rallentamento: i processi associativi si svolgono con
un'accentuata lentezza, bassa produttività e ridotta efficacia
rispetto alle condizioni normali (per esempio nello depressione).
Concretismo: è ridotta o assente la capacità di operare
astrazioni e generalizzazioni ed è invece accentuata la
tendenza al riferimento alla singolarità concreta degli oggetti.
Deragliamento: i collegamenti associativi fra le varie unità
ideative appaiono alterati e mal decodificabili. Può assumere la
forma di “fusione” in cui le associazioni vengono in qualche
modo mantenute, ma vengono posti insieme elementi fra loro
eterogenei. Oppure può esservi la “mistura o miscuglio”, un
amalgama grossolanamente disturbato di parti costitutive di un
singolo processo di pensiero, forma estrema di fusione e
deragliamento, che porta al cosiddetto “sproloquio”.
I disturbi formali del pensiero (II)
l 
l 
l 
l 
l 
Tangenzialità: un soggetto risponde a una precisa domanda in
maniera solo marginalmente collegata al tema.
Illogicità: i processi ideativi non permettono di giungere a
conclusioni decifrabili secondo le le regole della logica
comunemente usata.
Blocco: arresto brusco e inaspettato dell'eloquio, non per
distrazione o disattenzione, ma per probabile arresto del flusso
associativo. È frequente nella schizofrenia e talvolta viene
spiegato come “sottrazione del pensiero”.
Impoverimento: l'eloquio e quindi l'eloquio sono solitamente
scarni e ridotti sia dal punto di vista quantitativo (contenuti) che
qualitativo (modalità formali dell'espressione).
Circostanzialità: i contenuti di coscienza sono comunicati in
modo indiretto, ridondante, ripetitivo e stereotipato. Deriva da
un difetto intellettivo, la capacità di distinguere la figura dallo
sfondo. È tipico nei pazienti epilettici, in altri stati organici e
nelle oligofrenie; anche nelle personalità ossessive (eccessi di
dettagli).
I disturbi formali del pensiero (III)
l 
l 
Perseverazione: il paziente ripete in maniera stereotipata
parole, idee, soggetti, pur avendoli enunciati poco prima.
Distraibilità: l'ideazione del soggetto è costantemente sollecitata
in molte direzioni da stimoli di varia natura (sonori, visivi,
intellettivi), che interagiscono fra loro e allontanano l'individuo
da una linea ideativa principale.
I disturbi formali del pensiero (IV)
l 
l 
l 
Si può ritenere che i disturbi formali del pensiero possano
derivare da alterazioni di alcune delle componenti che sono
ritenute principi organizzatori dell'attività del pensiero stesso:
Finalizzazione: Bleuler notò come fosse evidente la mancanza
dello scopo nella produzione verbale degli schizofrenici. Il fine
può essere assolutamente mancante (deragliamento, impulso a
pensare [attività di pensiero come attività automatica priva di
ogni controllo]), mutevole (nella fuga d'idee), oppure
marginalmente perseguito (tangenzialità, risposte di traverso).
Il livello di astrazione-concettualizzazione: la mente è in grado
non solo di isolare i singoli oggetti dalla globalità di ciò che è
percepito (capacità di discriminazione), ma può anche
classificarli ( capacità di astrazione). La perdita di tali capacità
può avvenire dalla nascita (oligofrenia) o essere acquisita. Un
esempio di questo può essere il concretismo, in cui viene persa
la capacità di concepire la classe come entità mentale o
l'iperinclusione (idee lontanamente correlate vengono
incorporate).
I disturbi formali del pensiero (V)
l 
l 
Il sistema simbolico di riferimento: il simbolo permette di
rappresentare l'astratto attraverso un elemento che è tratto dal
livello sensoriale ma che tuttavia può non esservi formalmente
correlato; ma per la comunicazione è fondamentale che il
sistema simbolico di riferimento sia condiviso. Tuttavia gli
schizofrenici spesso hanno un sistema simbolico personale
(idiosincrasico) che limita le loro possibilità comunicative.
Anche tipici sono i “neologismi”, termini coniati ex novo, spesso
per condensazione di termini linguistici esistenti (si vedano i
pazienti maniacali).
La logica di riferimento: Von Domarus (1944) e Arieti (1974)
sostengono che i pazienti schizofrenici presentino un pensiero
“paleologico”, presente in taluni stati (sogno) e nelle culture
primitive: “mentre l'individuo normale accetta l'identità solo sulla
base dell'identità dei soggetti, il paleologico accetta l'identità
sulla base dei predicati”. In questo modo lo psicotico non pensa
in modo illogico, ma è “logico in modo diverso”. Ciò può portare
al “concretismo” e alle “insalate di parole”.
I disturbi formali del pensiero (VI)
l 
l 
La ridondanza procedurale: in genere nelle situazioni
patologiche si osserva più una riduzione del contenuto
concettuale che un suo aumento (impoverimento,
rallentamento, perseverazione, fuga delle idee), ma talora
anche un'eccessiva inclusione di concetti non essenziali alle
conclusioni (circostanzialità, ridondanza, fuga delle idee). La
ridondanza procedurale consiste nella perseverazione su
contenuti identici di per sé utili, ma sui quali si indugia oltre il
necessario.
La procedura di controllo: il pensiero riflessivo (metacognizione)
permette al soggetto di correggere talune conclusioni
paleologiche, ma talora invece la logica viene utilizzata per
giustificare conclusioni paleologiche dirette da un bisogno
emotivo. Altri soggetti presentano un difetto sul piano del
controllo della qualità della comunicazione: possono non
verificare il livello di comprensione e il loro parlare perde la
connotazione di una volontà di comunicare e assume la qualità
di un un “impulso a parlare”.
Disturbi del controllo del pensiero (I)
l 
l 
l 
l 
l 
Il controllo del pensiero può essere disorganizzato in quanto il
paziente ascrive i processi del pensiero a influenze esterne.
Il disturbo soggettivo del pensiero viene sperimentato nella
schizofrenia come passività. Lo schizofrenico sperimenta i
propri pensieri come estranei o alieni, non emananti da sé e
non sotto il proprio controllo. Si verifica un tracollo nel modo
con cui egli pensa ai confini tra sé e il mondo esterno, così che
non è più in grado di discriminare accuratamente tra i due.
I deliri di controllo sono spesso associati con spiegazioni
deliranti di come il proprio pensiero potrebbe essere controllato,
per esempio da apparecchi elettronici, computer, telepatia.
I disturbi formali del pensiero (fusione, mescolamento,
deragliamento e affollamento del pensiero) determinano una
grande confusione con una perdita della capacità di pensare in
modo chiaro, che spesso viene descritta in termini di passività.
Il paziente può avere l'impressione che il suo cervello sia stato
rimpiazzato da una massa di bambagia o da uno straccio
attorcigliato.
Schneider (1959): sintomi di I rango
Deliri
Percezione delirante
Allucinazioni uditive
Eco del pensiero
Voci che discutono o litigano
Voci che commentano le azioni del
paziente
Disturbi del pensiero:
passività del pensiero
Furto del pensiero
Inserimento del pensiero
Trasmissione (diffusione) del pensiero
Esperienze di passività:
deliri di controllo
Passività affettiva
Passività degli impulsi
Passività della volontà
Passività somatica
Disturbi del controllo del pensiero (II)
l 
l 
I disturbi del controllo del pensiero costituiscono sintomi di
primo rango della schizofrenia. Che cosa sono tali sintomi?
Perché un sintomo possa essere considerato di primo rango
(Schneider, 1959) nella schizofrenia:
a) 
b) 
c) 
l 
deve verificarsi con una ragionevole frequenza nella schizofrenia;
in generale non deve verificarsi in condizioni diverse dalla
schizofrenia;
non deve essere difficile decidere se il sintomo è presente o meno.
Altri sintomi non vengono considerati di primo rango perché:
A. 
B. 
C. 
sintomi che si verificano soltanto nella schizofrenia, ma troppo
raramente perché siano di uso pratico come sintomi di primo rango;
Sintomi che si verificano nella schizofrenia, ma anche in molte altre
condizioni, per es. allucinazioni uditive non specificate, la povertà
dell'affettività, il pensiero iperinclusivo;
sintomi che si verificano soltanto nella schizofrenia, ma è necessaria
una discussione troppo ampia per dire se siano presenti o meno, e
perché siano valutati di primo rango, per es. delirio primario: alcuni
clinici possono considerare un delirio di un paziente come un delirio
primario, altri no.
Disturbi del controllo del pensiero (III)
l 
l 
l 
l 
l 
Differenza tra alienazione o esperienza di controllo e
influenzamento.
Inserimento del pensiero: è un fatto più concreto che non
l'inserimento di un'idea nel modo di pensare di una persona.
Una persona normale può dire: “mia madre mi ha dato un'idea”
oppure “mia madre mi ha messo in testa un'idea”.
Il paziente che esperisce la passività crede che, con qualche
procedimento concreto, i confini della sua persona che
implicano il pensare vengano così invasi che la madre è in
grado di mettergli realmente delle idee nella testa.
Egli pensa i pensieri di lei, oppure lei sta pensando dentro di lui.
Esempi di sintomi di
primo rango della
schizofrenia
Percezione Delirante
l 
Percezione normale interpretata dal
paziente in modo delirante e considerata
molto significativa.
Eco del Pensiero
(Gedanklautwerden: pensiero
diventa suono)
l 
Esperienza del paziente di udire il proprio
pensiero pronunciato all'esterno; sentire
che:
l 
l 
l 
l 
le persone ripetono il suo pensiero appena dopo
che è stato pensato;
le persone rispondono ai suoi pensieri;
ne parlano avendo detto che sono udibili;
o dicendo a voce alta quel che lui sta per
pensare, in modo tale che il pensiero ripete
quello che le voci hanno detto.
Voci Dialoganti
Presenza di due o più voci allucinatorie
che parlano o discutono tra di loro.
l  Il paziente di solito figura in terza persona
nel contenuto di quello che le voci dicono.
l 
Voci che Commentano
l 
l 
Voci allucinatorie che commentano le
attività del paziente.
La sequenza temporale secondo cui si
presenta il commento è tale per cui esso può:
l 
l 
l 
precedere immediatamente l'azione del paziente;
verificarsi durante la medesima o subito dopo.
La cosa abnorme è che vengono
sperimentate come percezioni e come
provenienti dall'esterno, mentre molte
persone normali hanno dei pensieri,
riconosciuti come propri, che commentano le
loro azioni.
Esperienze di Passività
l 
Denominate con vari termini:
l 
l 
l 
l 
l 
l 
esperienze di passività,
esperienze prodotte,
deliri di controllo,
disturbi dell'attività personale,
automatismo mentale.
L'evento viene esperito come alieno
rispetto al paziente, dal momento che egli
non lo prova come appartenente a se
stesso, ma inserito in lui dall'esterno.
Furto del Pensiero
l 
l 
Il paziente crede che i suoi pensieri gli vengano
in qualche modo portati via dalla mente ed egli
ha, come prodotto di questo processo, un
sentimento di perdita.
Una giovane donna di 22 anni disse: “Sto
pensando a mia madre, e all'improvviso i
pensieri mi vengono succhiati via dalla mente
con un estrattore frenologico a vuoto, e non
rimane nulla nella mia mente, è del tutto
vuota...”.
Inserimento del Pensiero
l 
l 
l 
Sperimenta pensieri che non hanno la
caratteristica della familiarità dell'essere
cosa propria, ma ha la sensazione che siano
stati messi nella sua testa senza la sua
volontà, dall'esterno.
Come nel furto del pensiero, è chiaramente
presente un disturbo dell'immagine di sé,
specialmente riguardo ai limiti tra ciò che è
sé e ciò che non lo è.
Pensieri che infatti nascono dentro di lui
vengono presi per cose messe dall'esterno.
Diffusione (Trasmissione) del
Pensiero
l 
l 
l 
Sensazione che i pensieri gli siano sottratti dalla
mente e, successivamente, in qualche modo resi
pubblici e proiettati in una vasta area.
La spiegazione che egli dà per come questo viene
fatto, com'è usuale per il contenuto dei deliri,
dipende dal suo retroterra culturale e dai suoi
interessi predominanti.
Uno studente di 21 anni disse: “Come io penso, i
miei pensieri lasciano la mente attraverso un certo
tipo di registratore. Chiunque intorno deve solo
passare il nastro attraverso la sua mente per
conoscere i miei pensieri”.
Passività delle Emozioni
l 
l 
l 
Si verifica quando l'affetto che il paziente prova non
gli appare suo proprio.
Egli ritiene che sia stato prodotto per farglielo
provare.
Una paziente di 23 anni riferiva: “Io piango, le lacrime
mi scivolano lungo le guance e io appaio infelice, ma
dentro di me ho un'angoscia fredda perché mi stanno
usando in questo modo, e non sono io che sono
infelice ma sono loro che stanno proiettando
l'infelicità dentro il mio cervello. Essi proiettano su di
me le risate, senza nessuna ragione, e voi non avete
idea di quanto sia terribile ridere e apparire felici e
sapere che non si tratta di una vostra reazione ma
della loro”.
Passività degli Impulsi
l 
l 
l 
Sperimenta una spinta, che egli avverte
come aliena, ad iniziare un'attività motoria.
L'impulso può essere sperimentato senza che
il paziente intraprenda il comportamento.
Una donna ebrea di cinquantacinque anni
affetta da schizofrenia disse: “Avverto la mia
mano che si leva nel saluto e le mie lebbra
che pronunciano 'Heil Hitler'... Non sono io
che lo dico veramente... Ho cercato di
resistere per non alzare la mano... loro
mettono della droga nel mio cibo. È per
questo che succede”.
Passività della Volontà
l 
l 
Il paziente sente che non è la sua volontà a
portare avanti l'azione.
Una stenografa di 26 anni descriveva le sue
azioni in questo modo: “Quando allungo la
mano per prendere il pettine sono la mia
mano e il braccio a muoversi, e sono le mie
dita a stringere la penna, ma non sono io a
controllarle... Io sto seduta lì desiderando che
si muovano, ed essi sono indipendenti, quel
che fanno non ha niente a che fare con me...
Io sono solo un pupazzo manipolato da corde
cosmiche... Quando le corde vengono tese il
mio corpo si muove e io non posso
impedirlo”.
Passività Somatica
l 
l 
l 
Convinzione che influenze esterne stiano
operando sul corpo.
Diversa dalle allucinazioni aptiche: convinzione
delirante che il corpo è influenzato
dall'esterno.
Si può verificare in concomitanza con varie
allucinazioni somatiche:
l 
l 
Un paziente sentiva che la sua mano era sospinta
sulla sua faccia, la sentiva muoversi, benché di fatto
fosse immobile: l'allucinazione cenestesica spiegava
questa esperienza di passività.
Può verificarsi anche in associazione con percezioni
normali.
Disturbi del linguaggio e
dell'eloquio
Pensiero e Linguaggio
l 
l 
Le funzioni del pensiero e dell'espressione parlata si
sovrappongono. È impossibile separarle una dall'altra, ma al
tempo stesso sono una differente dall'altra.
Il modello (Maher, 1972) potrebbe essere quello di una
dattilografa che batte a macchina (LINGUAGGIO) un
manoscritto (PENSIERO) che le sta di fronte:
1. 
2. 
3. 
l 
La copia che si ottiene ci può apparire distorta se lo scritto originale è
distorto, sebbene le vie di comunicazione dell'occhio e delle mani della
dattilografa funzionino correttamente.
L'originale può essere perfetto, ma l'incapacità della dattilografa può
determinare errori di battitura, e pertanto distorcerlo.
È possibile che una dattilografa inefficiente aggiunga errori ad un
manoscritto già di per sé incoerente.
Il clinico è in grado di osservare soltanto la copia (cioè il
linguaggio parlato): non può esaminare il manoscritto
originario (il pensiero).
Linguaggio: specchio del pensiero
l 
l 
l 
l 
l 
La gran parte dei teorici che si occupano del linguaggio
schizofrenico hanno accettato la prima delle tre ipotesi: la brava
dattilografa trascrive un testo deviante. Il paziente riporterebbe
cioè in modo fedele una serie di pensieri disturbati.
Critchley (1964): “Qualsiasi aberrazione di un certo rilievo nel
pensiero o nella personalità verrà riflessa nei diversi livelli del
discorso articolato: fonetico, fonemico, semantico, sintattico e
pragmatico”: il linguaggio sarebbe lo specchio del pensiero.
Il linguaggio riflette il pensiero: il disturbo del pensiero sarebbe
l'anomalia primaria. Il linguaggio disturbato è concettualizzato
come mero riflesso di questo disturbo sottostante.
Teorie linguistiche recenti utilizzate nell'analisi del discorso
schizofrenico pongono in discussione tale visione.
In un certo grado il linguaggio, e il linguaggio specifico di una
persona, salta il pensiero come nel pensiero senza espressione
verbale (sogno ad occhi aperti) o nel parlato senza pensiero:
alcune frasi senza significato e senza pensiero che si dicono in
situazioni sociali.
Anomalie psicogene del linguaggio (I)
•  Discorso
• 
• 
• 
• 
maniacale: gran numero di associazioni presenti
nella fuga delle idee e accelerazione.
Discorso depressivo: le frasi tendono ad essere brevi, con
semplici associazioni e rallentamento.
Mutismo isterico: reazione abnorme allo stress.
Risposte approssimate: il paziente sta semplicemente
evitando di fornire una risposta adeguata ad una domanda
semplice: “Quante zampe ha una pecora?”, “Cinque”. La
risposta, pur errata, indica che è stato afferrato il senso della
domanda. Lo si trova nella schizofrenia ebefrenica, nella
sindrome di Ganser e in altre condizioni organiche.
Parafasia: evocazione di un suono inappropriato al posto di
una parola o di una frase. È presente in disturbi organici
dell'eloquio, ma è mimata da vicino in quei casi in cui il paziente
produce un suono, deliberatamente o inconsciamente, per
cambiare argomento di conversazione, per evitare certi
argomenti o perché è troppo assorto in esperienze interne.
Anomalie psicogene del linguaggio (II)
• 
• 
• 
• 
Pseudologia fantastica: Condizione di menzogna plausibile
e scorrevole, frequentemente associata con i disturbi di
personalità isterico o antisociale.
Il paziente sembra credere fermamente nelle proprie
affermazioni fantasiose.
Persona assai isolata, senza famiglia o amici, che finisce di
notte al pronto soccorso di un grande ospedale di una città
straniera, facendo racconti che illustrano le sue capacità e
acquisizioni, e le circostanze sfortunate che lo hanno portato a
richiedere aiuto.
Frequente sovrapposizione con la sindrome di Munchausen.
DISTURBI DELL'ELOQUIO (I)
• 
• 
• 
• 
• 
Afonia e Disfonia: la prima è la perdita della capacità di
vocalizzare, il paziente parla sussurrando (esiste anche la
forma “dissociativa”, in cui la fonazione fluttua a seconda delle
reazioni delle persone cui il soggetto si rivolge). La seconda
indica una difficoltà accompagnata da raucedine, senza
perdita completa della fonazione (paralisi del nono nervo
cranico o disturbi delle corde vocali).
Disartria: disturbi dell'articolazione causati da lesioni del
tronco cerebrale, spasticità bulbare, o disturbi strutturali o
muscolari della bocca, faringe, laringe, torace.
Balbuzie e inceppamento: spesso legati a disturbi emotivi,
anche se non sempre è stata dimostrata una eziologia
esclusivamente psicogena.
Logoclonia: ripetizione spastica di sillabe (parkinsonismo).
Ecolalia: ripetizione di parole o di parte di frasi rivolte in
presenza del paziente (che talora non le comprende neppure).
Si trova in stati di eccitamento schizofrenico, nell'oligofrenia, in
stati organici.
DISTURBI DELL'ELOQUIO (II)
• 
• 
• 
Cambiamenti nel volume e nell'intonazione: i pazienti
depressi parlano a voce bassa e monotona, quelli maniacali
parlano a voce alta ed eccitati. Anche i pazienti schizofrenici
possono parlare a voce alta e con modalità inappropriate.
Disfasia: può essere tanto grave che l'eloquio non è
comprensibile, come peraltro nelle condizioni sotto elencate.
Paragrammatismo (disturbo della costruzione grammaticale)
e incoerenza della sintassi possono verificarsi in più disturbi
l  Insalata di parole schizofrenica: le parole riconoscibili
possono essere disturbate a tal punto nelle frasi da risultare
prive di senso.
l  Mania: velocità delle associazioni può essere così rapida da
distruggere completamente la struttura della frase,
rendendola insensata.
l  Depressione: il rallentamento può inibire a tal punto il
discorso che vengono prodotte solamente sillabe
incomprensibili dal suono lamentoso.
DISTURBI DELL'ELOQUIO (III)
• 
Simbolismo privato schizofrenico:
•  Nuove parole di significato incomprensibile: neologismi.
•  Frasi e parole standard in cui parole esistenti vengono
utilizzate con un significato simbolico e speciale.
•  Un linguaggio privato, sia parlato (criptolalia), che
scritto (criptografia).
Disturbi organici del linguaggio (I)
l 
Afasia sensoriale: afasia e disfasia, usate in modo interscambiabile, non sono sinonimi (la prima è più grave della seconda):
l  Sordità pura alle parole (disfasia uditiva subcorticale): i
pazienti sanno parlare, leggere, scrivere, ma non sono in
grado di comprendere i discorsi altrui, malgrado
percepiscano i suoni. È una “agnosia” della parola parlata.
l  Cecità pura per le parole (afasia subcorticale visiva): i
pazienti parlano e comprendono il linguaggio parlato,
possono scrivere ma non sono in grado di comprendere ciò
che leggono (“alessia agnosica senza disgrafia”).
l  Disfasia sensoriale primaria (disfasia recettiva):
incapacità di comprendere il linguaggio parlato, senza
alterazione dell'udito (deficit area di Wernicke). L'eloquio è
fluido ma senza consapevolezza dei numerosi errori nelle
parole e nella grammatica/sintassi.
l  Disfasia nominale: il paziente non è in grado di dire il nome
di qualcosa ma ne sa descrivere le funzioni a parole.
l  Afasia gergale: eloquio fluido ma con alterazioni delle parole
e della sintassi, tanto da essere incomprensibile.
Disturbi organici del linguaggio (II)
l 
Afasia motoria:
l  Mutismo puro: il paziente comprende il linguaggio parlato e
scritto e può rispondere a domande, sa scrivere ma l'eloquio
è indistinto e non prodotto volontariamente.
l  Agrafia pura: incapacità isolata nello scritto, anche senza
difetti nell'eloquio; la comprensione del materiale parlato e
scritto è normale.
l  Disfasia motoria primaria: l'eloquio e la scrittura sono
entrambi compromessi, difficoltà di completamento di
istruzioni complesse, sebbene possa essere conservata la
comprensione del linguaggio e della scrittura (lesione area di
Broca). Il paziente è consapevole delle difficoltà e tenta di
supplire con i gesti.
l  Alessia con agrafia: il paziente non è in grado di leggere e
di scrivere ma conserva il linguaggio parlato e lo comprende.
l  Area del linguaggio isolata: nelle precedenti vi sono lesioni
alle aree di Broca e di Wernicke, ma nelle disfasie
transcorticali motoria e sensoriale sono lese le connessioni
fra tali centri e le altre parti della corteccia, per cui le sindromi
sono meno chiare.
Disturbi organici del linguaggio (III)
l 
Mutismo: Astensione dalla parola in uno stato di coscienza
vigile. Tutte le principali categorie di disturbi psichiatrici
possono presentare il mutismo: il ritardo mentale, le malattie
cerebrali organiche, le psicosi funzionali, le nevrosi e i disturbi
di personalità. Alcune cause più specifiche: la malattia
depressiva, la schizofrenia catatonica e l'isteria di
conversione. Il mutismo si verifica come elemento essenziale
dello stato di stupor. Se non è presente un'alterazione dello
stato di coscienza (psicosi funzionali e nevrosi), è probabile
che il paziente muto comprenda ogni cosa che viene detta
intorno a lui.
Disturbo schizofrenico del linguaggio (I)
l 
l 
l 
l 
l 
l 
È generalmente accettato che l'uso che lo schizofrenico fa del
linguaggio e delle parole è differente da quello delle persone
normali.
Questa differenza non è dovuta alle convinzioni deliranti o
all'interruzione del pensiero indotta dalle allucinazioni uditive.
Tuttavia, la natura precisa di questa anomalia è ancora ben
lontana dal poter essere chiarificata.
Non c'è un'unica teoria esplicativa.
La sola dimostrazione non equivoca di un disturbo del pensiero
può avvenire attraverso il linguaggio.
Il disturbo del pensiero può essere rivelato in termini di:
l  Flusso dell'eloquio.
l  Disturbo del contenuto e dell'uso delle parole e della
grammatica.
l  Capacità di concettualizzare in modo appropriato.
Disturbo schizofrenico del linguaggio (II)
l 
l 
l 
Kraepelin (1919): disfunzione nelle regole del linguaggio:
incertezza del paziente schizofrenico nella scelta del corretto
livello metaforico nella comunicazione.
Bleuler (1911): perdita di continuità delle associazioni:
incompletezza nello sviluppo delle idee. Uno dei sintomi
fondamentali della schizofrenia.
Cameron (1944) parla di “asindesi”: difetto nella capacità di
mantenere le connessioni concettuali e una notevole carenza
nello sviluppo di nessi veramente causali. Esempio di un
paziente che completò la frase: “Ho caldo quando cammino
perché...”, con tutte le parole: “rapidità, sangue, cuore di cervo,
lunghezza, potere guidato, cilindro motorizzato, potenza”.
Aveva facilità ad usare espressioni imprecise, metonimie e
pensiero iper-inclusivo a causa di una penetrazione reciproca
delle associazioni.
Disturbo schizofrenico del linguaggio (III)
l 
• 
• 
Goldstein (1944) sottolinea l'eccesso di “pensiero concreto”
dovuto ad un'incapacità di pensare in modo astratto. Non è
stato dimostrato in tutti i pazienti schizofrenici. Sarebbe
riscontrabile solo negli schizofrenici con un disturbo del
linguaggio sia positivo (incoerenza dell'eloquio) sia negativo
(povertà dell'eloquio).
Arieti (1974) sostiene che la maggiore o minore
incomprensibilità del discorso nasca dall'uso di una particolare
logica diversa da quella normale, la cosiddetta “paleologica”:
logica arcaica che probabilmente ha preceduto quella
aristotelica e che sembra venga normalmente usata dai
bambini molto piccoli (in genere fino ai 3-4 anni di età). Egli ha
ripreso von Domarus (1944) che sosteneva che nella logica
normale l'identità si basa sull'identità dei soggetti mentre
nella “paleologica” si basa sull'identità dei predicati.
Andreasen (1979) ha cercato di classificare i disturbi del
pensiero degli schizofrenici:
Disturbo schizofrenico del linguaggio (IV)
1. 
2. 
3. 
4. 
5. 
Deragliamento: perdita delle associazioni in modo tale che
le associazioni scorrono l'una dopo l'altra in relazione
obliqua, o senza alcuna relazione.
Perdita di finalismo: Incapacità di seguire una
concatenazione di pensieri fino alla sua naturale
conclusione
Povertà nel contenuto dell'eloquio: povertà dei pensieri,
un eloquio vacuo, alogia, verbigerazione e i disturbi formali
negativi. Le affermazioni sono scarsamente informative:
tendono ad essere vaghe, eccessivamente astratte o
concrete, ripetitive e stereotipe
Tangenzialità: replicare ad una domanda in modo obliquo o
irrilevante
Illogicità: trarre conclusioni da una certa premessa
attraverso delle inferenze che non possono essere
considerate logiche
Uso improprio di parole e frasi (I)
l 
l 
l 
l 
Difetto nella memorizzazione delle parole: vocabolario
ristretto e uso delle parole in modo incongruo per coprire un
numero di significati superiore a quelli che vengono loro di
solito attribuiti. Queste parole o frasi vengono denominate
parole e frasi standard.
Il loro uso a volte diventa evidente in una conversazione più
lunga in cui una parola insolita può essere usata diverse volte.
Questa anomalia può riflettere:
l  povertà di vocabolario e di sintassi;
l  tendenza attiva di parole e sillabe per associazione a fare
intrusione nei pensieri, e di conseguenza nell'eloquio, subito
dopo la pronuncia.
Le parole posseggono un alone semantico: la loro
costellazione di associazioni è più ampia di quello che è
propriamente il significato della parola, per cui spesso fanno
delle associazioni che apparentemente sono irrilevanti.
Uso improprio di parole e frasi (II)
l 
l 
Neologismo: creazione di una nuova parola: necessità di
riempire un vuoto semantico: "Sono il genio triplicato,
actimetrico, chilofilico telepatico multibilionesimo, milionesimo”.
Giochi di parole non intenzionali: se una parola ha più di un
significato, è probabile che uno di questi significati sia
dominante. Marcata tendenza negli schizofrenici a presentare
l'intrusione del significato dominante, quando il contesto
richiede l'uso di un significato meno comune.
Intrusione delle associazioni
l 
l 
l 
La ripetitività del disturbo dell'eloquio può essere associata con
l'intrusione delle associazioni: il normale processo di
eliminazione delle associazioni irrilevanti non ha luogo, in modo
tale che una parola provoca associazioni per rima o
similitudini ideative.
Quando una clausola viene completata, può essere inserita
un'altra clausola corretta dal punto di vista sintattico a
interrompere il senso, associata in modo dimostrabile con la
parola o l'idea precedente.
Esempio: Intrusione tramite associazioni sonore con la sillaba
iniziale della parola precedente: "il sotterfugio e l'errore
pianificarono la sottrazione...”.
Linguaggio e attenzione
l 
l 
Disturbi del linguaggio schizofrenico sono correlati all'incapacità
di mantenere l'attenzione: intrusione di associazioni
irrilevanti all'interno del discorso, paragonabili al disturbo
osservabile a livello della selezione dell'informazione
sensoriale.
Il discorso normale e coerente richiede l'inibizione progressiva
e istantanea delle associazioni irrilevanti per ciascun
concetto espresso: la progressione associativa si snoda
contemporaneamente all'eliminazione attiva di quelle
associazioni che non sono dirette allo scopo. I soggetti
schizofrenici hanno seri problemi in questo.
Disturbi delle parole e dei loro significati
l 
l 
l 
Alogia: disturbo negativo del pensiero, povertà del pensiero
quando questo viene espresso attraverso le parole.
Paralogia: disturbo positivo del pensiero, intrusione di pensieri
irrilevanti o bizzarri.
Parafasia: destrutturazione delle parole con l'interpolazione
di uno o più suoni. Il paziente è capace di produrre solo questi
suoni, che hanno per lui un senso e un significato:
1.  Parafasia letterale: uso grossolanamente erroneo delle
parole che, per il grado estremo dell'alterazione, le rende
del tutto prive di significato.
2.  Parafasia verbale: perdita della parola appropriata, benché
le affermazioni conservino il loro significato. Un paziente
descrive una seggiola come "un oggetto a quattro gambe
per sedere”.
Disturbi della sintassi e della grammatica
l 
l 
l 
Agrammatismo: perdita di parti del discorso. In alcuni casi si
nota la perdita di avverbi, che risulta in frasi impoverite e rozze,
tale da farle somigliare a telegrammi:
l  "Bel tavolo è apparecchiato; la donna è ricca a scrivere; figlio
è anche lamento”.
Oltre all'espressione standard, si nota una perdita di parti del
discorso, come per esempio l'articolo indefinito. Il significato
è più disarticolato della grammatica.
Paragrammatismi: si nota una quantità di complesse frasi
subordinate, che non permettono alcuna progressione nel
raggiungimento del significato ultimo del pensiero. Tuttavia, le
frasi separate sono abbastanza comprensibili.
Disturbi della funzione
intellettiva
Il modello dell'ICF (OMS, 2001)
Condizione di salute
(Disturbo/malattia)
Funzioni e
strutture
corporee
Attività
Fattori contestuali
Ambientali
Personali
Partecipazione
l 
l 
l 
l 
L'ICF, cioè la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della
Disabilità e della Salute (OMS, 2001) fornisce una nuova visione
multidimensionale e multicomponenziale del funzionamento di una
persona a livello corporeo (“Funzioni e Strutture Corporee”), a livello
personale (“Attività”) e a livello sociale (“Partecipazione”), secondo il
modello sopra esposto graficamente.
Ciascuna componente contribuisce in termini positivi (al
Funzionamento) in caso di Funzioni e Strutture Corporee integre, in
presenza di Attività e Partecipazione e di Fattori Contestuali
facilitatori; in termini negativi (alla Disabilità) in caso di
“Menomazione” delle Funzioni e Strutture Corporee, in presenza di
“Limitazioni” delle Attività e di “Restrizione” della Partecipazione, e di
“Barriere/Ostacoli” nei Fattori Contestuali.
La presenza di una condizione fisica che sta all'origine della
menomazione, delle limitazioni delle attività e delle restrizioni della
partecipazione, che interagiscono tra loro, unitamente ai fattori
contestuali, produce, varie problematiche di notevole peso.
Il DSM-5 non parla più di Ritardo Mentale ma di Disabilità Intellettiva,
suddivisa in Lieve, Moderata, Grave, Profonda (non più definita in
base al QI ma secondo definizioni operazionali.
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È importante sgombrare subito il campo da un equivoco: ICF
non riguarda solo le persone con disabilità, riguarda tutti, ha
dunque uso e valore universale.
Rispetto a ciascuna delle centinaia di voci classificate, a
ciascun individuo può essere associato uno o più qualificatori
che quantificano il suo "funzionamento".
Per le funzioni e strutture del corpo il qualificatore può
assumere i valori:
0 Nessuna menomazione
0-4%
(impairment)
1 Lieve menomazione
5-24%
(impairment)
2 Moderata menomazione 25-49%
(impairment)
3 Grave menomazione
50-95%
(impairment)
4 Totale menomazione
96-100%
(impairment)
8 Non specificato
9 Non applicabile
ICD-10 e DSM-IV-TR Ritardo mentale
Denomina=
zione
Termini obsoleti
Spettro del
ritardo
ICD-10
DSM-IV-TR
Normale
≥85
≥85
Bordeline
70-84
71-84
Ritardo
mentale lieve
Debole mentale,
subnormalità lieve;
lieve oligofrenia
Lieve
50-69
50/55-70
Ritardo
mentale
moderato
Imbecille,
subnormalità
moderata; oligofrenia
moderata
Moderato
35-49
35/40-50/55
Ritardo
mentale grave
Grave subnormalità;
oligofrenia grave
Grave
20-34
20/25-35/40
Ritardo
mentale
gravissimo
Idiota, subnormalità
gravissima; oligofrenia
gravissima
Gravissimo
<20
<20/25
Cause di compromissione della
prestazione intellettiva
DISTURBO
ESEMPI
Disturbo della funzione o della
struttura cerebrale: congenito o
acquisito
Handicap mentale, demenza
Assenza di esperienza sensoriale
Cecità, sordità, deprivazione
sensoriale
Alterato contatto con la realtà
Psicosi
Disturbo dell'umore che compromette
percezione, attenzione, motivazione
Malattia depressiva; pseudodemenza
nell'anziano
Insight
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Il concetto di insight va oltre il fatto di sapere se si è malati oppure no
e, quindi, di avere un atteggiamento ricettivo verso il trattamento.
L'insight: la capacità profondamente umana ed essenziale di “vedere”
con la mente, attraverso “l'occhio della mente”, di scorgere cosa
avviene sotto la superficie e nella mente delle persone intorno a noi.
Implica capacità di introspezione, empatia e comunicazione. Non solo
la capacità di cogliere chi siamo realmente, ma anche di indovinare il
modo in cui ci vedono gli altri, e intuire di conseguenza la realtà
dell'altro nella misura in cui condividiamo lo stesso repertorio di
meccanismi mentali.
Jaspers (1913) ha specificato i seguenti punti relativi
all'atteggiamento del paziente verso la sua malattia:
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Atteggiamenti comprensibili al momento dell'esordio di una psicosi acuta
(perplessità, consapevolezza del cambiamento).
Elaborazione relativa agli effetti di psicosi acute.
Elaborazione relativa alla malattia negli stati di cronicità.
Giudizio che il paziente ha della sua malattia.
Volontà di ammalarsi.
Atteggiamento verso la propria malattia: il suo significato e le possibili
implicazioni.
l 
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L'insight nella valutazione clinica non è più considerato un
fenomeno del tipo tutto o nulla, quanto un fenomeno
dimensionale.
David (1990) distingue tre dimensioni distinte e
sovrapponentesi: il riconoscimento della propria malattia
mentale, la compliance verso il trattamento e la capacità di
ricategorizzare gli eventi mentali insoliti (deliri e allucinazioni)
come patologici.
Si è ipotizzata l'esistenza di un'analogia tra l'insight assente in
psichiatria e la negazione dell'infermità di alcuni distretti
corporei in talune condizioni neurologiche (“anosognosia” di
Babinsky, negazione dell'emiplegia in pazienti colpiti da ictus).
Ma esiste una differenza: in psichiatria l'assenza di insight è
spesso accompagnata da una più ampia perdita della capacità
di giudizio che va oltre la mera sintomatologia e le implicazioni
che questa ha per il paziente; nelle condizioni neurologiche,
l'assenza di consapevolezza insiste su di un deficit circoscritto
e specifico.
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Sia David e coll. (1992) sia McEvoy (1989a) hanno rilevato che
i pazienti in TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio)
presentavano un minore insight. Nel complesso però sembra
che la relazione fra insight debole e diversi aspetti della
condizione psicopatologica non sia lineare, bensì complicata da
altri fattori tra cui la compliance verso il trattamento.
Lo stesso si può dire relativamente al rapporto fra deficit
cognitivi e debolezza dell'insight.
McEvoy e coll. (1989b) hanno evidenziato che nei pazienti con
insight si osserva una minore probabilità di andare incontro a
un nuovo ricovero ospedaliero e tendono a manifestare migliore
compliance al trattamento 30 giorni dopo la dimissione. Ciò è
stato dimostrato anche per la schizofrenia (Amador e coll.,
1991). Però, siccome uno degli indicatori dell'insight è costituito
dalla compliance, si rischia di entrare in un circolo tautologico.
Secondo alcuni studi la riabilitazione professionale e sociale
può aumentare l'insight. Nella mania un migliore insight non
correla con la scomparsa dei sintomi ma neppure con un TSO.
l 
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La capacità di ricategorizzare i fenomeni mentali come anormali
potrebbe essere meno influenzata dai fattori sociali rispetto alle
credenze relative alle cause della malattia mentale. Pur nella
scarsità di studi, sembra che i fattori socioculturali esercitino un
peso notevole sulla diagnosi di scarso insight. Per esempio, le
differenze nell'appartenenza etnica e culturale dello psichiatra e
del paziente sembrano influenzare il giudizio del primo sulla
capacità di insight del secondo (Johnson & Orrell, 1996).
Lysaker & Bell (1994) e Amador e coll. (1991) hanno indicato
tre possibile spiegazioni di un debole insight:
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La mancata compliance farmacologica potrebbe essere intesa come
derivate da una preferenza deliberata per l'esperienza psicotica rispetto a
una normalizzazione prodotta dal trattamento.
I pazienti negherebbero la malattia a livello psicologico per riuscire a
sostenere una vita normale superando una forma psicotica.
Potrebbe essere la conseguenza di un deterioramento cognitivo simile
alle condizioni della anosognosia.
Nessuna di queste teoria è sufficiente da sola e probabilmente
la situazione cambia da paziente a paziente.
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