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La convinzione più diffusa
Gli psicofarmaci: quali benefici e quali rischi presentano, a lungo termine ? La convinzione più diffusa L’arrivo della clorpromazina nell’universo manicomiale, nel 1955, “diede avvio, in psichiatria, ad una rivoluzione paragonabile a quella che era avvenuta, nella medicina generale, con l’arrivo della penicillina.” Edward Shorter, A History of Psychiatry Robert Whitaker Maggio 2014 I dati che mettono in crisi la convinzione più diffusa: I disabili per patologie psichiatriche negli Stati Uniti, 1955-2007 (che ricevono assistenza economica, sotto forma di pensioni di inabilità o di invalidità) Lo straordinario aumento del numero delle persone con una pensione di disabilità (per patologie psichiatriche) Source: Silverman, C. The Epidemiology of Depression (1968): 139. U.S. Social Security Administration Reports, 1987-2007. Le cifre della disabilità da patologie psichiatriche, negli USA, nell’era del Prozac Milioni of adulti, tra i 18 e i 66 anni Source: U.S. Social Security Administration Reports, 1987-2010 Le cifre della disabilità da patologie psichiatriche in Australia, 1990-2011 Le cifre della disabilità da patologie psichiatriche in Nuova Zelanda, 1991-2010 Adulti Source: Statistics New Zealand, Annual reports, 1999-2010 Le cifre della disabilità da patologie psichiatriche e comportamentali in Islanda, 1990-2007 Adulti Numero di nuovi casi, per anno, per 100,000 abitanti Source: Australian Government, “Characteristics of Disability Support Pension Recipients, June 2011.” Source: Thoriacius, S. “Increased incidence of disability due to mental and behavioural disorders in Iceland, 1990-2007.” J Ment Health (2010) 19: 176-83. Nuovi Casi di Disabilità per Patologie Psichiatriche in Danimarca Percentuale di disabili per patologie psichiatriche sul totale dei nuovi casi di disabilità in Svezia Source: OECD. Mental Health and Work: Sweden, 2013. Source: Danish government, The Appeals Board, Statistics on Early Retirement. L’ipotesi teorica dello squilibrio chimico, come base dei disturbi mentali Come reagisce il cervello all’azione degli psicofarmaci? Il problema della “tolleranza oppositiva” • E’ stata formulata a partire dalla comprensione di come agiscono gli psicofarmaci a livello cerebrale (negli anni 60-70) • Le ricerche di valutazione dell’ipotesi dopaminergica per la schizofrenia e dell’ipotesi serotoninergica per la depressione hanno preso avvio negli anni 70. I risultati delle ricerche di valutazione dell’ipotesi dello squilibrio chimico B. L’ipotesi dopaminergica per la schizofrenia “Non esiste alcuna conferma scientifica convincente della possibilità che un’alterazione del sistema dopaminergico sia una causa primaria della schizofrenia” Stephen Hyman, Molecular Psychiatry, 2002 A. L’ipotesi serotoninergica per la depressione “Di per sé, un incremento od una diminuzione dei livelli di funzionamento dei sistemi serotoninergici è improbabile che siano associati con la depressione” --NIMH, 1984. “ Non esistono evidenze scientifiche trasparenti e convincenti a sostegno di un deficit delle monoamine come base per la depressione: in realtà, non c’è nessun vero deficit delle monoamine” --Stephen Stahl, Essential Psychopharmacology, 2000 Uno schema utile per comprendere l’azione degli psicofarmaci C. L’ipotesi dello squilibrio chimico (complessivamente) “ Abbiamo dato la caccia a delle spiegazioni neurochimiche, forti e semplici, per le patologie psichiatriche e non ne abbiamo trovate” Kenneth Kendler, Psychological Medicine, 2005. “ A dir la verità, l’ipotesi di uno squilibrio chimico cerebrale è stata sempre una sorta di leggenda metropolitana, che non è mai stata sostenuta in modo convinto dagli psichiatri meglio informati” Ronald Pies, July 11, 2011 in Psychiatric Times. L’adattamento compensatorio all’azione dell’antipsicotico Come funziona la dopamina prima dell’antipsicotico Stephen Hyman, Direttore del NIMH, 1996: • Gli psicofarmaci neurotrasmettitori” “determinano alterazioni nel funzionamento dei • Come reazione, il cervello va incontro ad una serie di adattamenti compensatori, Neurone presinaptico al fine di “mantenere il proprio equilibrio a fronte delle alterazioni nell’ambiente esterno ed interno” • La “somministrazione cronica” di questi farmaci determina “alterazioni sostanziali, Dopamina e di lunga durata, dei meccanismi di funzionamento neurotrasmettitoriale” Recettori della dopamina • Dopo un periodo di alcune settimane, il cervello comincia a funzionare in un modo che è “qualitativamente e quantitativamente diverso dal funzionamento normale” Neurone Postsinaptico Source: Hyman, S. “Initiation and adaptation: A paradigm for understanding psychotropic drug action.” Am J Psychiatry 153 (1996):151-61. Il paradosso dello “squilibrio chimico” Come funziona la dopamina dopo l’antipsicotico • I ricercatori non hanno confermato che uno specifico “squilibrio chimico” sia la causa biologica di uno qualsiasi dei principali disturbi mentali Neurone presinaptico L’antipsicotico blocca i recettori Dopamina Neurone postsinaptico Il cervello aumenta i recettori per compensare il blocco • I ricercatori hanno scoperto invece che gli psicofarmaci inducono – a livello cerebrale – delle reazioni adattative che producono uno “squilibrio chimico” compensatorio (analogo a quello che – inizialmente - si considerava potesse essere la causa del disturbo mentale) Le possibili conseguenze della “tolleranza oppositiva” “Un trattamento farmacologico continuativo può dare origine a processi che vanno nella direzione opposta a quelli indotti inizialmente dal farmaco” Questi processi possono “provocare un peggioramento del disturbo, persistere per un lungo periodo dopo la sospensione del farmaco, e possono diventare irreversibili. -Rif El-Mallakh, University of Louisville, 2011 Source: El-Mallakh, R. “Tardive dysphoria: The role of long-term antidepressant use in inducing chronic depression. Medical Hypotheses 76 (2011): 769-773. Gli effetti a lungo termine degli antipsicotici: un’analisi dettagliata Le evidenze relative agli antipsicotici Le evidenze relative agli antipsicotici Utilizzo a breve termine Gli antipsicotici riducono alcuni sintomi chiave di un disturbo più di quanto riesca a fare un placebo, nell’arco di sei settimane Utilizzo a lungo termine Negli studi sulla frequenza delle ricadute, quelli che interrompono i farmaci hanno tassi di ricaduta più elevati di quelli che proseguono il trattamento. Che cosa manca nella letteratura scientifica? A. Gli studi sulle ricadute riflettono solo i rischi associati alla sospensione dei farmaci, anziché quelli riguardanti un ritorno al decorso naturale del disturbo. L’aumentato rischio di ricadute può essere riconducibile ai cambiamenti avvenuti a livello cerebrale dopo l’avvio di un trattamento antipsicotico. B. Il dato sulle ricadute non ci offre alcuna prova convincente rispetto all’ipotesi che gli antipsicotici possano migliorare l’evoluzione a lungo termine della schizofrenia (e degli altri disturbi psicotici), soprattutto sul piano degli esiti relativi al funzionamento sociale. Utilizzo a breve termine Gli antipsicotici riducono alcuni sintomi chiave di un disturbo più di quanto riesca a fare un placebo, nell’arco di sei settimane Utilizzo a lungo termine Negli studi sulla frequenza delle ricadute, quelli che interrompono i farmaci hanno tassi di ricaduta più elevati di quelli che proseguono il trattamento. La percezione clinica I medici notano che i farmaci funzionano, nel primo periodo di trattamento, e che i pazienti vanno incontro a ricadute, se li sospendono Che cosa manca nella letteratura scientifica? A. Non fornisce alcuna prova convincente rispetto all’ipotesi che gli antipsicotici possano migliorare l’evoluzione a lungo termine della schizofrenia (e degli altri disturbi psicotici), soprattutto sul piano degli esiti relativi al funzionamento sociale. B. Gli studi sulle ricadute riflettono solo i rischi associati alla sospensione dei farmaci, anziché quelli riguardanti un ritorno al decorso naturale del disturbo (molti degli studi sulla sospensione dei farmaci sono basati sulla tecnica della sospensione brusca). C. I medici – attualmente – non hanno alcuna possibilità di verificare l’esito di coloro che sospendono gli psicofarmaci I primi dati paradossali (1960-1970) L’ammissione sulle carenze nella valutazione degli esiti a lungo-termine della schizofrenia • “Dopo 50 anni di neurolettici, siamo in grado di rispondere a questa semplice domanda: i neurolettici sono efficaci nel trattamento della schizofrenia? Se si considera l’evoluzione a lungo-termine, non disponiamo, al momento, di nessuna prova convincente in tal senso. “Se vogliamo fondare la psichiatria sulle evidenze di efficacia, dobbiamo correre il rischio di guardare da molto vicino ciò che è stato, a lungo, considerato un fatto reale” Emmanuel Stip, European Psychiatry (2002) “Non è che la cura è peggiore della malattia?” --Jonathan Cole Direttore del Psychopharmacology Service Center del NIMH, 1977 Nel primo studio a lungo termine condotto dal NIMH, il tasso di riospedalizzazione (ad un anno) era più alto tra coloro che erano stati trattati con un antipsicotico (1967) • In uno studio retrospettivo condotto da Sanford Bockoven, gli esiti a cinque anni dei pazienti psicotici trattati nel 1947 (prima degli antipsicotici) erano decisamente migliori degli esiti a cinque anni di un gruppo sovrapponibile di pazienti trattati nel 1967 con gli antipsicotici. • In tre differenti studi di esito, finanziati dal NIMH, i pazienti psicotici/schizofrenici trattati secondo un protocollo che prevedeva meno antipsicotici (o nessun antipsicotico) presentavano esiti migliori a un anno, a due anni ed a tre anni (fine anni ’70) Il problema della “tolleranza oppositiva” viene sollevato dai ricercatori dell’NIMH, nel 1977: Non c’è dubbio che, una volta avviata una terapia farmacologica, i pazienti appaiono meno vulnerabili alle ricadute se proseguono il trattamento. Ma se questi pazienti non fossero mai stati trattati con i farmaci nella fase iniziale del disturbo?... A nostro giudizio, va considerata la possibilità che i farmaci antipsicotici possano rendere alcuni pazienti schizofrenici più vulnerabili a future ricadute rispetto al corso naturale della malattia” Fonte: Carpenter, W. “The treatment of acute schizophrenia without drugs.” Am J Psychiatry 134 (1977):14-20. La teoria della Ipersensibilità alla Dopamina La ricerca sulla psicosi tardiva indotta dai farmaci Il meccanismo Gli antipsicotici determinano un blocco dei recettori D2. Come reazione compensatoria, il cervello aumenta la densità dei recettori D2 di oltre il 30% Le conseguenze Due ricercatori canadesi, Guy Chouinard e Barry Jones hanno messo in evidenza che questo meccanismo può esporre ad un rischio più elevato di scompenso psicotico e può rendere peggiori le ricadute che si verificano alla sospensione del farmaco. “I neurolettici possono indurre un’ipersensibilità alla dopamina che determina sia sintomi discinetici sia sintomi psicotici. Di conseguenza, la tendenza alle ricadute in un paziente che ha sviluppato questa ipersensibilità è favorita dal normale decorso della malattia” Fonte: Chouinard, G. “Neuroleptic-induced supersensitivity psychosis,” Am J Psychiatry 135 (1978): 1409-10; and “Neuroleptic-induced supersensitivity psychosis,” Am J Psychiatry 137 (1980): 16-20. Gli studi tranculturali dell’OMS degli anni ‘70 ed ’80 - 1 Nel 1982, Chouinard e Jones hanno segnalato che il 30% dei 216 pazienti ambulatoriali coinvolti nella loro ricerca mostrava segni di “psicosi tardiva” (cioé di psicosi persistente). Quando essa si sviluppa “il quadro clinico è peggiore” di quanto fosse mai stato prima. “Compaiono nuovi sintomi schizofrenici, di maggiore gravità clinica.” Source: Chouinard, C. “Neuroleptic-induced supersensitivity psychos, the ‘Hump Course,’ and tardive dyskinesia.” J Clin Psychopharmacology 2 (1982):143-44. Also, Chouinard, C. “Severe cases of neuroleptic-induced supersensitivity psychosis,” Schiz Res 5 (1991):21-33. Gli studi tranculturali dell’OMS degli anni ‘70 ed ’80 - 2 • In entrambi gli studi, che valutavano gli esiti dopo due e cinque L’uso di antipsicotici: anni, i pazienti dei tre paesi in via di sviluppo mostravano “un’evoluzione ed un esito decisamente più favorevoli” Solo il 16% dei pazienti proseguivano il trattamento nei paesi in via di sviluppo, contro il 61% dei pazienti nei paesi ricchi. •I Il follow-up a 15 e 20 anni: • Le “differenze sul piano dell’esito” si sono mantenute, a livello di “stato di salute generale, di sintomatologia, di disabilità e di funzionamento sociale.” Nei paesi in via di sviluppo il 53% dei pazienti schizofrenici non avevano più avuto alcuna ricaduta ed il 73% aveva un lavoro. ricercatori dell’OMS trassero la conclusione che “vivere in un paese sviluppato rappresentava un predittore fortemente negativo rispetto alla possibilità di una completa remissione.” Hanno segnalato, inoltre, che “i pazienti dei paesi in via di sviluppo avevano esiti straordinariamente positivi sul piano del reinserimento sociale”. Fonte: Jablensky, A. “Schizophrenia, manifestations, incidence and course in different cultures.” Psychological Medicine 20, monograph (1992):195. Fonte: Jablensky, A. “Schizophrenia, manifestations, incidence and course in different cultures.” Psychological Medicine 20, monograph (1992):1-95. See table on page 64 for medication usage. For followup, see Hopper, K. “Revisiting the developed versus developing country distinction in course and outcome in schizophrenia.” Schizophrenia Bulletin 26 (2000):835-46. Studi con la risonanza magnetica nei macachi Gli studi con la Risonanza Magnetica di Nancy Andreasen Dati: • Nei macachi, il trattamento con aloperidolo od olanzapina per un periodo variabile dai 17 ai 27 mesi ha portato ad una “riduzione dell’8-11% del peso medio del cervello fresco” rispetto ai controlli. • Le differenze (sul piano del peso e del volume cerebrale) “sono state rilevate in tutte le principali regioni cerebrali, anche se sono apparse più spiccate nelle regioni frontali e parietali.” Fonte: Dorph-Petersen. “The influence of chronic exposure to antipsychotic medications on brain size before and after tissue fixation.” Neuropsychopharmaology (2005) 30: 1649-1661. Nel 2003 e nel 2005, la Andreasen ha segnalato che questa riduzione del volume cerebrale è associata ad un peggioramento dei sintomi negativi, ad una maggiore compromissione del funzionamento sociale e, dopo cinque anni, ad un deterioramento cognitivo. Fonte: Ho, B. “Progressive structural brain abnormalities and their relationship to clinical outcome.” Arch Gen Psych 60 (2003):585-94. Andreasen, N. “Longitudinal changes in neurocognition during the first decade of schizophrenia illness.” International Congress on Schizophrenia Research (2005):348. Nel 2003, Nancy Andreasen definì la schizofrenia un “disturbo neuroevolutivo progressivo” caratterizzato da una “progressiva riduzione del volume della sostanza bianca nel lobo frontale” Questa diminuzione del volume cerebrale era stato registrato grazie alla Risonanza Magnetica. Fonte: Ho, B. “Progressive structural brain abnormalities and their relationship to clinical outcome.” Arch Gen Psych 60 (2003):585-94. Nel 2011, la Andreasen ha segnalato che questa riduzione del volume cerebrale è riconducibile ai farmaci. Sia i tipici che gli atipici (compresa la clozapina), sono “associati a una riduzione di volume dei tessuti cerebrali, sia per la sostanza bianca che per la grigia”. La gravità della patologia e l’abuso di sostanze hanno “un effetto minimo o nullo” sui volumi cerebrali. Ho, B. “Long-term antipsychotic treatment and brain volumes.” Arch Gen Psychiatry 68 (2011):128-37. Nancy Andreasen (che ha diretto l’American Journal of Psychiatry), sugli effetti degli antipsicotici: “ Cosa fanno esattamente gli antipsicotici? Bloccano l’attività dei gangli basali: la corteccia prefrontale non riceve più gli stimoli di cui ha bisogno e viene spenta da questi farmaci. In questo modo si ottiene una riduzione dei sintomi psicotici. Ma ciò determina anche il fatto che la corteccia prefrontale vada lentamente incontro all’atrofia.” --New York Times, 16 Settembre 2008 Ulteriori conferme scientifiche dell’effetto atrofizzante degli antipsicotici In una revisione sistematica dei risultati di 43 ricerche di “brain-imaging” su persone al primo episodio psicotico, un gruppo di ricercatori europei ha messo in evidenza, nel 2012, che la riduzione del volume della sostanza grigia era “significativamente maggiore nei pazienti in trattamento farmacologico” Source: J. Radua. “Multimodal meta-analysis of structural and functional changes in first episode psychosis and the effects of antispychotic medications.” Neuroscience and Biobehavioral Review, in press as of 9/04/2012. Sintomi psicotici nei pazienti con diagnosi di schizofrenia Lo studio di Martin Harrow sull’evoluzione a lungo termine dei pazienti psicotici Nessun antipsicotico durante il follow-up Trattamento continuativo con antipsicotici Pazienti coinvolti: • • 64 pazienti schizofrenici 81 pazienti con altri disturbi psicotici • • Età media di 22.9 anni al momento del primo ricovero Ricoveri precedenti Percentuale con fenomeni psicotici 37 con un disturbo psicotico bipolare 28 con un disturbo psicotico unipolare 16 con altri disturbi psicotici di minor gravità 46% al primo ricovero 21% al secondo ricovero 33% con due o più ricoveri precedenti Fonte: Harrow M. “Factors involved in outcome and recovery in schizophrenia patients not on antipsychotic medications.” Journal of Nervous and Mental Disease 195 (2007):406-14. Source: Harrow M. “Does treatment of schizophrenia with antipsychotic medications eliminate or reduce psychosis?” Psychological Medicine, (2014):doi:10.1017/S0033291714000610 Funzionamento cognitivo nei pazienti con diagnosi di schizofrenia Sintomi ansiosi nei pazienti con diagnosi di schizofrenia Senza antipsicotici Senza antipsicotici Con antipsicotici Con antipsicotici Migliori Percentual e con ansia elevata Punteggi pensiero astratto Peggiori Fonte: Harrow M. “Do all schizophrenia patients need antipsychotic treatment continuously throughout their lifetime? A 20-year longtitudinal study.” Psychological Medicine, (2012):1-11. Source: Harrow M. “Do all schizophrenia patients need antipsychotic treatment continuously throughout their lifetime? A 20-year longtitudinal study.” Psychological Medicine, (2012):1-11. Tassi di guarigione a lungo termine dei pazienti con diagnosi di schizofrenia Andamento degli esiti nello studio di Harrow Guariti Discreti Esiti sfavorevoli Senza antipsicotici Con antipsicotici Senza antipsicotici Con antipsicotici Fonte: Harrow M. “Factors involved in outcome and recovery in schizophrenia patients not on antipsychotic medications.” Journal of Nervous and Mental Disease 195 (2007):406-14. Source: Harrow M. “Factors involved in outcome and recovery in schizophrenia patients not on antipsychotic medications.” Journal of Nervous and Mental Disease 195 (2007):406-14. Livelli di adattamento sociale dei pazienti con “altri disturbi psicotici” “La mia conclusione è che i pazienti schizofrenici che fanno a meno dei farmaci per un lungo periodo di tempo hanno un grado di funzionamento globale significativamente migliore di coloro che assumono regolarmente antipsicotici”. Esiti peggiori Con antipsicotici Senza antipsicotici Martin Harrow, Meeting Psychiatric Association, 2008 Annuale dell’American Esiti migliori Fonte: Harrow M. “Factors involved in outcome and recovery in schizophrenia patients not on antipsychotic medications.” Journal of Nervous and Mental Disease 195 (2007):406-14. Livelli di adattamento sociale di tutti i pazienti psicotici “Quanto è singolare, tra le terapie mediche, il caso degli antipsicotici, la cui apparente efficacia può diminuire nel corso del tempo, al punto da diventare inefficaci o Esiti peggiori dannosi? Schizofrenia - farmaci Altri disturbi - farmaci Schizofrenia senza farmaci Altri disturbi senza farmaci Esiti migliori Ci sono molti altri casi analoghi, nel campo dei trattamenti farmacologici a lungo termine: ciò accade quando il corpo reagisce, con una forma di adattamento biologico, all’effetto di un farmaco” Source: Harrow M. “Factors involved in outcome and recovery in schizophrenia patients not on antipsychotic medications.” Journal of Nervous and Mental Disease 195 (2007):406-14. -- Martin Harrow, 2013 Lo studio randomizzato condotto da Wunderink sugli esiti a lungo termine Tassi di ricaduta Riduzione/sospensione Prosecuzione Il disegno metodologico • 128 pazienti psicotici al primo episodio che hanno raggiunto una stabilità clinica dopo sei mesi di trattamento con antipsicotici (103 pazienti ancora coinvolti nello studio, dopo sette anni) • Sono stati assegnati in modo casuale (randomizzato) a due opzioni: riduzione progressiva/sospensione oppure prosecuzione del trattamento con antipsicotici A due anni L. Wunderink. “Recovery in remitted first-episode psychosis at 7 years of follow-up of an early dose reduction/discontinuation of maintenance treatment strategy.” JAMA Psychiatry, published online, July 3, 2013. Tassi di guarigione a lungo termine (a 7 anni) A sette anni L. Wunderink. “Recovery in remitted first-episode psychosis at 7 years of follow-up of an early dose reduction/discontinuation of maintenance treatment strategy.” JAMA Psychiatry, published online, July 3, 2013. Esiti specifici nei due gruppi Basse dosi/ sospensione Dosi standard N = 34 Riduzione/sospensione N = 69 Prosecuzione Remissione sintomatologica Remissione sul piano funzionale Piena guarigione Le conclusioni di Wunderink 1. Gli antipsicotici possono peggiorare gli esiti sul piano del funzionamento sociale: “Il blocco postsinaptico indotto dagli antipsicotici nel sistema di trasmissione dopaminergico, in particolare a livello mesocorticale e mesolimbico, non solo può prevenire e correggere gli scompensi psicotici, ma può anche compromettere l’esercizio di importanti funzioni mentali, come la vigilanza, la curiosità, l’iniziativa, il livello di attività e – almeno in parte – la capacità esecutiva necessaria per il funzionamento sociale.” Un invito a ripensare l’uso degli antipsicotici “E’ arrivato il momento di riconsiderare il principio secondo cui gli antipsicotici debbano essere sempre la prima scelta nel trattamento delle persone con un episodio psicotico. Non si tratta di un urlo selvaggio dalla foresta, ma di un’opinione presa in considerazione da importanti ricercatori …. Ci sono evidenze scientifiche sempre più convincenti che ci dicono che, se consideriamo gli effetti avversi degli antipsicotici, il gioco – per esprimerci in modo semplice – non vale la candela.” Peter Tyrer, Editor British Journal of Psychiatry, August 2012 2. Le metodologie precedentemente utilizzate per la misurazione degli esiti erano inadeguate: “I risultati di questa ricerca spingono a questa conclusione: gli studi di valutazione dell’efficacia delle strategie di trattamento della schizofrenia devono scegliere - come indicatori principali di esito – la guarigione e la remissione dei deficit sul piano del funzionamento sociale; devono anche prevedere un periodo di valutazione nel tempo (follow-up) che sia superiore a due anni, arrivando fino a sette anni, od oltre. Nella nostra ricerca gli esiti negativi a breve termine (come la maggiore frequenza delle ricadute) sono stati ampiamente controbilanciati, a lungo termine; alcuni esiti positivi, come il recupero sul piano del funzionamento sociale, sono diventati percepibili solo tramite una valutazione di lunga durata.” Thomas Insel, Direttore dell’NIMH 28 Agosto 2013 In un commento ai risultati delle ricerche di Wunderink e Harrow: “ Cosa ci dicono questi dati rispetto all’utilizzo a lungo termine degli antipsicotici? Vanno considerati potenzialmente nocivi? E’ davvero necessario proseguirli per tutta la vita? E’ necessario porsi la domanda sulla possibilità che una parte degli individui che vanno incontro a scompensi psicotici abbiano un’evoluzione migliore se sospendono gli antipsicotici.” Un modello di utilizzo selettivo degli antipsicotici La strategia sviluppata nella Lapponia Occidentale, In Finlandia (a partire dal 1992) Gli esiti possibili con un utilizzo selettivo degli antipsicotici Esiti a lungo termine nei pazienti al primo episodio psicotico trattati con la terapia del “dialogo aperto” nella Lapponia Occidentale, in Finlandia • Ai pazienti al primo episodio non viene immediatamente offerto un trattamento con antipsicotici. In alternativa, viene loro proposto un intervento psicosociale intensivo, utilizzando le benzodiazepine – al bisogno – per aiutarli a dormire.. • Nel caso in cui queste persone comincino a stare meglio, si rinuncia all’utilizzo degli antipsicotici. Se – dopo alcune settimane – non ci sono stati miglioramenti, vengono proposti gli antipsicotici, a basse dosi. • Nel momento in cui i pazienti trattati con antipsicotici raggiungono una buona stabilità clinica, viene avviato il tentativo (dopo circa sei mesi) di ridurne gradualmente le dosi, fino a sospenderli. Cosa sappiamo sugli effetti a lungo termine degli antidepressivi? Cosa ci dice in proposito la letteratura scientifica? Il decorso della depressione prima degli antidepressivi Si può rassicurare sia il paziente che i suoi familiari che gli eventuali episodi depressivi successivi al primo non comportano un’evoluzione in senso cronico George Winokur, Washington University, Manic Depressive Illness, 1969 Valutazioni cliniche nei primi anni di utilizzo degli antidepressivi L’APA ammette il cambiamento del decorso della depressione • H.P. Hoheisel, medico tedesco, 1966: l’assunzione di antidepressivi sembra che “riduca la durata” degli intervalli tra un episodio e l’altro • Nikola Schipkowensky, psychiatra bulgaro, 1970: Gli antidepressivi stanno determinando cambiamento verso un decorso più cronico”.” “un American Psychiatric Association’s Textbook of Psychiatry, 1999: Eravamo abituati a credere che “la maggioranza dei pazienti va incontro ad una piena guarigione dopo un episodio depressivo maggiore. Una serie di studi più approfonditi hanno portato, però, a confutare questa convinzione”. Adesso sappiamo che “la depressione è una patologia con un elevato numero di ricadute e con con un’evoluzione negativa” Source: Van Scheyen, J.D. “Recurrent vital depressions,” Psychiatria, Neurologia, Neurochirurgia 76 (1973):93-112. Gli antidepressivi favoriscono le ricadute depressive, a lungo termine? La depressione in Olanda (in un arco temporale di 10 anni) Primo episodio trattato con antidepressivi Primo episodio senza antidepressivi “ Gli antidepressivi possono portare benefici a breve termine, ma peggiorano l’evoluzione a lungo termine della patologia, aumentando la vulnerabilità biologica alla depressione …. L’utilizzo (a lungo termine) degli antidepressivi può spingere questo disturbo verso un’evoluzione più sfavorevole, con una riduzione progressiva delle risposte positive al trattamento”. Giovanni Fava, Psychotherapy and Psychosomatics, 1995 N = 222 Solo un episodio Due episodi Più di due episodi Source: E. Weel-Baumgarten, “Treatment of depression related to recurrence,” J Clin Psychiatry & Therapeutics 25 (2000):61-66. Esiti a sei anni nello studio NIMH sulla depressione non trattata Antidepressivi Senza farmaci N = 547 Perdita del proprio ruolo permanente Gli antidepressivi limitano gli effetti positivi a lungo termine dell’attività fisica Trattamento Treatment during nelle prime first 16 16 settimane weeks Percentualeof Percentage di pazienti patients in in remissione remission dopo at 16end ofsettimane 16 weeks Percentage Percentualeof patents who di pazienti ricaduti nei relapsed in sei mesisix following successivi months Percentuale Percentage of all di pazienti patients depressi al depressed at end decimo mese of ten months Solo Zoloft 69% 38% 52% Zoloft ed attività fisica 66% 31% 55% Solo attività fisica 60% 8% 30% Disabilità Source: W. Coryell. “Characteristics and significance of untreated major depressive disorder.” American Journal of Psychiatry 152 (1995):1124-29. Perché gli SSRI favoriscono le ricadute depressive a lungo termine? Source: Babyak, M. “Exercise treatment for major depression.” Psychosomatic Medicine 62 (2000):633-8. Rischio di ricaduta nei tre mesi successivi al miglioramento clinico iniziale (placebo vs. sospensione dell’antidepressivo SSRI) “Se il trattamento farmacologico dura più di 6-9 mesi, vengono attivati dei processi neurochimici che vanno nella direzione opposta di quella degli antidepressivi (che giustificano la perdita di efficacia) Possiamo anche spingere la patologia verso un’evoluzione sfavorevole, senza risposta al trattamento, che si può tradurre sia in una farmacoresistenza sia in un’accelerazione degli episodi critici. Quando il farmaco viene sospeso, questi processi non trovano più opposizione e provocano sintomi da sospensione ed elevata vulnerabilità alle ricadute. Non è detto che questi Miglioramento con placebo processi siano reversibili” Giovanni Fava, 2011 Source: G. Fava. “The mechanisms of tolerance in antidepressant action.” Progress in NeuroPsychopharmacology & Biological Psychiatry 35 (2011): 1593-1602. con SSRI P. Andrews: “Primum non nocere: an evolutionary analysis of whether antidepressants do more harm than good.” Frontiers in Psychology 3 (2012): 1-18. Tassi di ricaduta dopo la remissione in Olanda “Quanto più gli antidepressivi alterano i livelli cerebrali delle monoamine, tanto più il cervello sembra reagire, spingendo nella direzione opposta: questa reazione sembra in grado di spiegare l’aumento del rischio di ricaduta quando il farmaco viene sospeso …. L’uso degli antidepressivi sembra dunque determinare un aumento della suscettibilità (biologica) alla depressione.” --Paul Andrews, 2012 Uso costante di AD AD Uso intermittente di AD Nessun Source: C. Bockting. “Continuation and maintenance use of antidepressants in recurrent depression.” Psychotherapy and Psychosomatics 77 (2008): 17-26. Disforia tardiva “L’utilizzo continuativo di antidepressivi può determinare meccanismi neurobiologici che si oppongono agli effetti iniziali degli antidepressivi …… e questi meccanismi possono essere coinvolti nell’aumentata vulnerabilità alle ricadute C. Bockting, 2008 “Coloro che sono stati esposti ad un trattamento prolungato con SSRI possono andare incontro ad uno stato depressivo cronico, resistente al trattamento. Vista la latenza con cui compare questo stato depressivo cronico, esso viene definito Disforia Tardiva. Essa si manifesta sotto forma di uno stato disforico persistente che, inizialmente è transitorio, ma con il tempo diventa insensibile a qualsiasi trattamento. Gli SSRI sono considerati i farmaci che presentano un rischio più alto di Disforia Tardiva Rif El-Mallakh, 2011 Source: El-Mallakh, R. “Tardive dysphoria: The role of long-term antidepressant use in inducing chronic depression. Medical Hypotheses 76 (2011): 769-773. L’ammissione che l’evoluzione dei disturbi bipolari è peggiorata negli ultimi decenni Carlos Zarate, Responsabile del Programma “Disturbi dell’umore” NIMH, 2000: “Nei decenni che hanno preceduto la farmacoterapia, un esito sfavorevole per il disturbo maniacale era considerato un evento relativamente raro. La maggioranza degli studi più recenti hanno messo in evidenza, invece, che larga parte dei pazienti con un disturbo bipolare mostrano un grado elevato di compromissione del proprio funzionamento sociale. “ Ross Baldessarini, Harvard Medical School, 2007. “La prognosi del disturbo bipolare era considerata relativamente favorevole, mentre gli studi più recenti suggeriscono una prevalenza degli esiti sfavorevoli e delle disabilità persistenti, nonostante gli importanti progressi in campo terapeutico.” Fred Goodwin, 2008 “Il disturbo bipolare non è più lo stesso: attualmente ci sono molti più casi con cicli rapidi di quanti ve ne fossero al momento della prima edizione del libro [Manic Depressive Illness], molti più casi di stati misti, molti più casi di resistenza al litio e molti più insuccessi in caso di trattamento con il litio. Il disturbo non è più quello che aveva descritto Kraepelin.” Un commento di uno dei fondatori della Cochrane Collaboration “ So perfettamente che ci sono eccellenti psichiatri che forniscono un grande supporto ai propri pazienti … so anche che alcuni farmaci possono essere utili ad una parte dei pazienti. Non mi sono mai schierato sulle tesi della “antipsichiatria”, ma le mie ricerche in questo campo mi spingono verso una conclusione molto sgradevole: I nostri concittadini starebbero molto meglio se tutti gli psicofarmaci venissero tolti dal commercio, dal momento che i medici non sono in grado di usarli come si dovrebbe. Non si può negare che la loro disponibilità produca molti più danni che vantaggi” --Peter C. Gøtzsche, 2013 Co-fondatore della Cochrane Collaboration Direttore del Nordic Cochrane Center I problemi connessi all’uso degli psicofarmaci • Il peso economico e sociale dei disturbi mentali è decisamente aumentato con l’avvento della farmacoterapia, sia negli USA che in Europa e negli altri Paesi sviluppati. • I farmaci alterano le vie neurotrasmettitoriali cerebrali; a lungo termine, ciò induce una reazione compensatoria che spinge in direzione opposta all’azione iniziale (tolleranza oppositiva) • E’ plausibile che i farmaci siano efficaci nel breve periodo, ma la letteratura scientifica sugli esiti a lungo termine ha messo in luce che essi aumentano il rischio di cronicizzazione dei disturbi schizofrenici, depressivi e bipolari, oltre a peggiorare i livelli di funzionamento sociale a lungo termine.