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La convinzione più diffusa

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La convinzione più diffusa
Gli psicofarmaci:
quali benefici
e quali rischi
presentano,
a lungo termine ?
La convinzione più diffusa
L’arrivo
della
clorpromazina
nell’universo
manicomiale, nel 1955, “diede avvio, in psichiatria,
ad una rivoluzione paragonabile a quella che era
avvenuta, nella medicina generale, con l’arrivo della
penicillina.”
Edward Shorter, A History of Psychiatry
Robert Whitaker
Maggio 2014
I dati che mettono in crisi
la convinzione più diffusa:
I disabili per patologie psichiatriche negli
Stati Uniti, 1955-2007
(che ricevono assistenza economica, sotto forma di pensioni di
inabilità o di invalidità)
Lo straordinario aumento del numero
delle persone con una pensione di disabilità
(per patologie psichiatriche)
Source: Silverman, C. The Epidemiology of Depression (1968): 139. U.S. Social Security Administration Reports,
1987-2007.
Le cifre della disabilità da patologie psichiatriche,
negli USA, nell’era del Prozac
Milioni of adulti, tra i 18 e i 66 anni
Source: U.S. Social Security Administration Reports, 1987-2010
Le cifre della disabilità da patologie
psichiatriche in Australia, 1990-2011
Le cifre della disabilità da patologie
psichiatriche in Nuova Zelanda, 1991-2010
Adulti
Source: Statistics New Zealand, Annual reports, 1999-2010
Le cifre della disabilità da patologie psichiatriche
e comportamentali in Islanda, 1990-2007
Adulti
Numero di nuovi casi, per anno, per 100,000 abitanti
Source: Australian Government, “Characteristics of Disability Support Pension Recipients, June
2011.”
Source: Thoriacius, S. “Increased incidence of disability due to mental and behavioural disorders in Iceland,
1990-2007.” J Ment Health (2010) 19: 176-83.
Nuovi Casi di Disabilità per Patologie
Psichiatriche in Danimarca
Percentuale di disabili per patologie psichiatriche sul
totale dei nuovi casi di disabilità in Svezia
Source: OECD. Mental Health and Work: Sweden, 2013.
Source: Danish government, The Appeals Board, Statistics on Early Retirement.
L’ipotesi teorica dello squilibrio chimico,
come base dei disturbi mentali
Come reagisce il cervello all’azione
degli psicofarmaci?
Il problema della “tolleranza oppositiva”
•
E’ stata formulata a partire dalla comprensione di
come agiscono gli psicofarmaci a livello cerebrale
(negli anni 60-70)
• Le ricerche di valutazione dell’ipotesi
dopaminergica
per la schizofrenia e dell’ipotesi serotoninergica per la
depressione hanno preso avvio negli anni 70.
I risultati delle ricerche di valutazione
dell’ipotesi dello squilibrio chimico
B. L’ipotesi dopaminergica per la schizofrenia
“Non esiste alcuna conferma scientifica convincente della possibilità
che un’alterazione del sistema dopaminergico sia una causa primaria
della schizofrenia” Stephen Hyman, Molecular Psychiatry, 2002
A. L’ipotesi serotoninergica per la depressione
“Di per sé, un incremento od una diminuzione dei livelli di
funzionamento dei sistemi serotoninergici è improbabile che
siano associati con la depressione” --NIMH, 1984.
“ Non esistono evidenze scientifiche trasparenti e
convincenti a sostegno di un deficit delle monoamine come
base per la depressione: in realtà, non c’è nessun vero
deficit delle monoamine”
--Stephen Stahl, Essential
Psychopharmacology, 2000
Uno schema utile per comprendere l’azione
degli psicofarmaci
C. L’ipotesi dello squilibrio chimico (complessivamente)
“ Abbiamo dato la caccia a delle spiegazioni neurochimiche, forti e
semplici, per le patologie psichiatriche e non ne abbiamo trovate”
Kenneth Kendler, Psychological Medicine, 2005.
“ A dir la verità, l’ipotesi di uno squilibrio chimico cerebrale è stata
sempre una sorta di leggenda metropolitana, che non è mai stata
sostenuta in modo convinto dagli psichiatri meglio informati”
Ronald Pies, July 11, 2011 in Psychiatric Times.
L’adattamento compensatorio all’azione dell’antipsicotico
Come funziona la dopamina prima dell’antipsicotico
Stephen Hyman, Direttore del NIMH, 1996:
•
Gli psicofarmaci
neurotrasmettitori”
“determinano
alterazioni
nel
funzionamento
dei
• Come reazione, il cervello va incontro ad una serie di adattamenti compensatori,
Neurone
presinaptico
al fine di “mantenere il proprio equilibrio a fronte delle alterazioni nell’ambiente
esterno ed interno”
• La “somministrazione cronica” di questi farmaci determina “alterazioni sostanziali,
Dopamina
e di lunga durata, dei meccanismi di funzionamento neurotrasmettitoriale”
Recettori della
dopamina
• Dopo un periodo di alcune settimane, il cervello comincia a funzionare in un modo
che è “qualitativamente e quantitativamente diverso dal funzionamento normale”
Neurone Postsinaptico
Source: Hyman, S. “Initiation and adaptation: A paradigm for understanding psychotropic drug action.” Am J Psychiatry 153
(1996):151-61.
Il paradosso dello “squilibrio chimico”
Come funziona la dopamina dopo l’antipsicotico
•
I ricercatori non hanno confermato che uno specifico
“squilibrio chimico” sia la causa biologica di uno qualsiasi dei
principali disturbi mentali
Neurone presinaptico
L’antipsicotico
blocca i recettori
Dopamina
Neurone postsinaptico
Il cervello aumenta
i recettori per
compensare
il blocco
• I ricercatori hanno scoperto invece che gli psicofarmaci
inducono – a livello cerebrale – delle reazioni adattative che
producono uno “squilibrio chimico” compensatorio (analogo a
quello che – inizialmente - si considerava potesse essere la
causa del disturbo mentale)
Le possibili conseguenze
della “tolleranza oppositiva”
“Un trattamento farmacologico continuativo può dare
origine a processi che vanno nella direzione opposta a
quelli indotti inizialmente dal farmaco” Questi processi
possono “provocare un peggioramento del disturbo,
persistere per un lungo periodo dopo la sospensione del
farmaco, e possono diventare irreversibili.
-Rif El-Mallakh, University of Louisville, 2011
Source: El-Mallakh, R. “Tardive dysphoria: The role of long-term antidepressant use in inducing chronic depression.
Medical Hypotheses 76 (2011): 769-773.
Gli effetti a lungo termine
degli antipsicotici:
un’analisi dettagliata
Le evidenze relative agli antipsicotici
Le evidenze relative agli antipsicotici
Utilizzo a breve termine
Gli antipsicotici riducono alcuni sintomi chiave di un disturbo
più di quanto riesca a fare un placebo, nell’arco di sei
settimane
Utilizzo a lungo termine
Negli studi sulla frequenza delle ricadute, quelli che
interrompono i farmaci hanno tassi di ricaduta più elevati di
quelli che proseguono il trattamento.
Che cosa manca
nella letteratura scientifica?
A. Gli studi sulle ricadute riflettono solo i rischi associati alla
sospensione dei farmaci, anziché quelli riguardanti un ritorno al
decorso naturale del disturbo. L’aumentato rischio di ricadute può
essere riconducibile ai cambiamenti avvenuti a livello cerebrale
dopo l’avvio di un trattamento antipsicotico.
B. Il dato sulle ricadute non ci offre alcuna prova convincente
rispetto all’ipotesi che gli antipsicotici possano migliorare
l’evoluzione a lungo termine della schizofrenia (e degli altri disturbi
psicotici), soprattutto sul piano degli esiti relativi al funzionamento
sociale.
Utilizzo a breve termine
Gli antipsicotici riducono alcuni sintomi chiave di un disturbo più di quanto
riesca a fare un placebo, nell’arco di sei settimane
Utilizzo a lungo termine
Negli studi sulla frequenza delle ricadute, quelli che interrompono i farmaci
hanno tassi di ricaduta più elevati di quelli che proseguono il trattamento.
La percezione clinica
I medici notano che i farmaci funzionano, nel primo periodo di trattamento, e
che i pazienti vanno incontro a ricadute, se li sospendono
Che cosa manca
nella letteratura scientifica?
A. Non fornisce alcuna prova convincente rispetto all’ipotesi che gli
antipsicotici possano migliorare l’evoluzione a lungo termine della
schizofrenia (e degli altri disturbi psicotici), soprattutto sul piano degli
esiti relativi al funzionamento sociale.
B. Gli studi sulle ricadute riflettono solo i rischi associati alla sospensione
dei farmaci, anziché quelli riguardanti un ritorno al decorso naturale del
disturbo (molti degli studi sulla sospensione dei farmaci sono basati sulla
tecnica della sospensione brusca).
C. I medici – attualmente – non hanno alcuna possibilità di verificare
l’esito di coloro che sospendono gli psicofarmaci
I primi dati paradossali (1960-1970)
L’ammissione sulle carenze nella valutazione degli
esiti a lungo-termine della schizofrenia
•
“Dopo 50 anni di neurolettici, siamo in grado di rispondere a
questa semplice domanda: i neurolettici sono efficaci nel
trattamento della schizofrenia? Se si considera l’evoluzione a
lungo-termine, non disponiamo, al momento, di nessuna prova
convincente in tal senso.
“Se vogliamo fondare la psichiatria sulle evidenze di efficacia,
dobbiamo correre il rischio di guardare da molto vicino ciò che
è stato, a lungo, considerato un fatto reale”
Emmanuel Stip, European Psychiatry (2002)
“Non è che la cura è peggiore
della malattia?”
--Jonathan Cole
Direttore del Psychopharmacology Service Center del NIMH, 1977
Nel primo studio a lungo termine condotto dal NIMH, il tasso di riospedalizzazione (ad un anno) era più alto tra coloro che erano stati
trattati con un antipsicotico (1967)
• In
uno studio retrospettivo condotto da Sanford Bockoven, gli esiti a
cinque anni dei pazienti psicotici trattati nel 1947 (prima degli
antipsicotici) erano decisamente migliori degli esiti a cinque anni di un
gruppo sovrapponibile di pazienti trattati nel 1967 con gli antipsicotici.
•
In tre differenti studi di esito, finanziati dal NIMH, i pazienti
psicotici/schizofrenici trattati secondo un protocollo che prevedeva
meno antipsicotici (o nessun antipsicotico) presentavano esiti migliori a
un anno, a due anni ed a tre anni (fine anni ’70)
Il problema della “tolleranza oppositiva” viene
sollevato dai ricercatori dell’NIMH, nel 1977:
Non c’è dubbio che, una volta avviata una terapia farmacologica, i
pazienti appaiono meno vulnerabili alle ricadute se proseguono il
trattamento. Ma se questi pazienti non fossero mai stati trattati con
i farmaci nella fase iniziale del disturbo?...
A nostro giudizio, va considerata la possibilità che i farmaci
antipsicotici possano rendere alcuni pazienti schizofrenici più
vulnerabili a future ricadute rispetto al corso naturale della
malattia”
Fonte: Carpenter, W. “The treatment of acute schizophrenia without drugs.” Am J Psychiatry 134 (1977):14-20.
La teoria della Ipersensibilità alla Dopamina
La ricerca sulla psicosi tardiva
indotta dai farmaci
Il meccanismo
Gli antipsicotici determinano un blocco dei recettori D2. Come reazione
compensatoria, il cervello aumenta la densità dei recettori D2 di oltre il 30%
Le conseguenze
Due ricercatori canadesi, Guy Chouinard e Barry Jones hanno messo in evidenza che
questo meccanismo può esporre ad un rischio più elevato di scompenso psicotico e
può rendere peggiori le ricadute che si verificano alla sospensione del farmaco.
“I neurolettici possono indurre un’ipersensibilità alla dopamina che determina sia
sintomi discinetici sia sintomi psicotici. Di conseguenza, la tendenza alle ricadute in un
paziente che ha sviluppato questa ipersensibilità è favorita dal normale decorso della
malattia”
Fonte: Chouinard, G. “Neuroleptic-induced supersensitivity psychosis,” Am J Psychiatry 135 (1978): 1409-10;
and “Neuroleptic-induced supersensitivity psychosis,” Am J Psychiatry 137 (1980): 16-20.
Gli studi tranculturali dell’OMS
degli anni ‘70 ed ’80 - 1
Nel 1982, Chouinard e Jones hanno segnalato che il 30% dei
216 pazienti ambulatoriali coinvolti nella loro ricerca
mostrava segni di “psicosi tardiva” (cioé di psicosi
persistente).
Quando essa si sviluppa “il quadro clinico è peggiore” di
quanto fosse mai stato prima. “Compaiono nuovi sintomi
schizofrenici, di maggiore gravità clinica.”
Source: Chouinard, C. “Neuroleptic-induced supersensitivity psychos, the ‘Hump Course,’ and tardive dyskinesia.”
J Clin Psychopharmacology 2 (1982):143-44. Also, Chouinard, C. “Severe cases of neuroleptic-induced
supersensitivity psychosis,” Schiz Res 5 (1991):21-33.
Gli studi tranculturali dell’OMS
degli anni ‘70 ed ’80 - 2
• In entrambi gli studi, che valutavano gli esiti dopo due e cinque
L’uso di antipsicotici:
anni, i pazienti dei tre paesi in via di sviluppo mostravano
“un’evoluzione ed un esito decisamente più favorevoli”
Solo il 16% dei pazienti proseguivano il trattamento nei paesi in
via di sviluppo, contro il 61% dei pazienti nei paesi ricchi.
•I
Il follow-up a 15 e 20 anni:
•
Le “differenze sul piano dell’esito” si sono mantenute, a livello di
“stato di salute generale, di sintomatologia, di disabilità e di
funzionamento sociale.” Nei paesi in via di sviluppo il 53% dei
pazienti schizofrenici non avevano più avuto alcuna ricaduta ed il
73% aveva un lavoro.
ricercatori dell’OMS trassero la conclusione che “vivere in un
paese sviluppato rappresentava un predittore fortemente negativo
rispetto alla possibilità di una completa remissione.”
Hanno segnalato, inoltre, che “i pazienti dei paesi in via di
sviluppo avevano esiti straordinariamente positivi sul piano del
reinserimento sociale”.
Fonte: Jablensky, A. “Schizophrenia, manifestations, incidence and course in different cultures.” Psychological Medicine 20, monograph (1992):195.
Fonte: Jablensky, A. “Schizophrenia, manifestations, incidence and course in different cultures.” Psychological Medicine 20, monograph (1992):1-95.
See table on page 64 for medication usage. For followup, see Hopper, K. “Revisiting the developed versus developing country distinction in course
and outcome in schizophrenia.” Schizophrenia Bulletin 26 (2000):835-46.
Studi con la risonanza magnetica
nei macachi
Gli studi con la Risonanza Magnetica di Nancy
Andreasen
Dati:
• Nei macachi, il trattamento con aloperidolo od
olanzapina per un periodo variabile dai 17 ai 27 mesi ha
portato ad una “riduzione dell’8-11% del peso medio del
cervello fresco” rispetto ai controlli.
• Le differenze (sul piano del peso e del volume cerebrale)
“sono state rilevate in tutte le principali regioni cerebrali,
anche se sono apparse più spiccate nelle regioni frontali e
parietali.”
Fonte: Dorph-Petersen. “The influence of chronic exposure to antipsychotic medications on brain size before
and after tissue fixation.” Neuropsychopharmaology (2005) 30: 1649-1661.
Nel 2003 e nel 2005, la Andreasen ha segnalato che
questa riduzione del volume cerebrale è associata ad un
peggioramento dei sintomi negativi, ad una maggiore
compromissione del funzionamento sociale e, dopo
cinque anni, ad un deterioramento cognitivo.
Fonte: Ho, B. “Progressive structural brain abnormalities and their relationship to clinical outcome.” Arch Gen
Psych 60 (2003):585-94. Andreasen, N. “Longitudinal changes in neurocognition during the first decade of
schizophrenia illness.” International Congress on Schizophrenia Research (2005):348.
Nel 2003, Nancy Andreasen definì la schizofrenia un
“disturbo neuroevolutivo progressivo” caratterizzato da
una “progressiva riduzione del volume della sostanza
bianca nel lobo frontale”
Questa diminuzione del volume cerebrale era stato
registrato grazie alla Risonanza Magnetica.
Fonte: Ho, B. “Progressive structural brain abnormalities and their relationship to clinical outcome.” Arch Gen
Psych 60 (2003):585-94.
Nel 2011, la Andreasen ha segnalato che questa riduzione
del volume cerebrale è riconducibile ai farmaci. Sia i tipici
che gli atipici (compresa la clozapina), sono “associati a una
riduzione di volume dei tessuti cerebrali, sia per la sostanza
bianca che per la grigia”. La gravità della patologia e l’abuso
di sostanze hanno “un effetto minimo o nullo” sui volumi
cerebrali.
Ho, B. “Long-term antipsychotic treatment and brain volumes.” Arch Gen Psychiatry 68 (2011):128-37.
Nancy Andreasen (che ha diretto l’American Journal of
Psychiatry), sugli effetti degli antipsicotici:
“ Cosa fanno esattamente gli antipsicotici?
Bloccano l’attività dei gangli basali: la corteccia
prefrontale non riceve più gli stimoli di cui ha bisogno e
viene spenta da questi farmaci.
In questo modo si ottiene una riduzione dei sintomi
psicotici. Ma ciò determina anche il fatto che la
corteccia prefrontale vada lentamente incontro
all’atrofia.”
--New York Times, 16 Settembre 2008
Ulteriori conferme scientifiche dell’effetto
atrofizzante degli antipsicotici
In una revisione sistematica dei risultati di 43 ricerche di
“brain-imaging” su persone al primo episodio psicotico, un
gruppo di ricercatori europei ha messo in evidenza, nel
2012, che la riduzione del volume della sostanza grigia era
“significativamente maggiore nei pazienti in trattamento
farmacologico”
Source: J. Radua. “Multimodal meta-analysis of structural and functional changes in first episode psychosis and the
effects of antispychotic medications.” Neuroscience and Biobehavioral Review, in press as of 9/04/2012.
Sintomi psicotici nei pazienti con
diagnosi di schizofrenia
Lo studio di Martin Harrow sull’evoluzione a
lungo termine dei pazienti psicotici
Nessun antipsicotico durante il follow-up
Trattamento continuativo con antipsicotici
Pazienti coinvolti:
•
•
64 pazienti schizofrenici
81 pazienti con altri disturbi psicotici
•
•
Età media di 22.9 anni al momento del primo ricovero
Ricoveri precedenti
Percentuale
con fenomeni
psicotici
37 con un disturbo psicotico bipolare
28 con un disturbo psicotico unipolare
16 con altri disturbi psicotici di minor gravità
46% al primo ricovero
21% al secondo ricovero
33% con due o più ricoveri precedenti
Fonte: Harrow M. “Factors involved in outcome and recovery in schizophrenia patients not on antipsychotic medications.” Journal of
Nervous and Mental Disease 195 (2007):406-14.
Source: Harrow M. “Does treatment of schizophrenia with antipsychotic medications eliminate or reduce psychosis?” Psychological
Medicine, (2014):doi:10.1017/S0033291714000610
Funzionamento cognitivo nei pazienti con
diagnosi di schizofrenia
Sintomi ansiosi nei pazienti con diagnosi di
schizofrenia
Senza antipsicotici
Senza antipsicotici
Con antipsicotici
Con antipsicotici
Migliori
Percentual
e con ansia
elevata
Punteggi
pensiero
astratto
Peggiori
Fonte: Harrow M. “Do all schizophrenia patients need antipsychotic treatment continuously throughout their lifetime? A 20-year
longtitudinal study.” Psychological Medicine, (2012):1-11.
Source: Harrow M. “Do all schizophrenia patients need antipsychotic treatment continuously throughout their lifetime? A 20-year
longtitudinal study.” Psychological Medicine, (2012):1-11.
Tassi di guarigione a lungo termine dei
pazienti con diagnosi di schizofrenia
Andamento degli esiti
nello studio di Harrow
Guariti
Discreti
Esiti sfavorevoli
Senza antipsicotici
Con antipsicotici
Senza antipsicotici
Con antipsicotici
Fonte: Harrow M. “Factors involved in outcome and recovery in schizophrenia patients not on antipsychotic medications.” Journal of
Nervous and Mental Disease 195 (2007):406-14.
Source: Harrow M. “Factors involved in outcome and recovery in schizophrenia patients not on antipsychotic medications.” Journal of
Nervous and Mental Disease 195 (2007):406-14.
Livelli di adattamento sociale dei pazienti con “altri
disturbi psicotici”
“La mia conclusione è che i pazienti schizofrenici
che fanno a meno dei farmaci per un lungo
periodo di tempo hanno un grado di
funzionamento globale significativamente migliore
di coloro che assumono regolarmente
antipsicotici”.
Esiti
peggiori
Con antipsicotici
Senza antipsicotici
Martin Harrow,
Meeting
Psychiatric Association, 2008
Annuale
dell’American
Esiti
migliori
Fonte: Harrow M. “Factors involved in outcome and recovery in schizophrenia patients not on antipsychotic medications.” Journal of
Nervous and Mental Disease 195 (2007):406-14.
Livelli di adattamento sociale
di tutti i pazienti psicotici
“Quanto è singolare, tra le terapie mediche, il caso degli
antipsicotici, la cui apparente efficacia può diminuire nel
corso del tempo, al punto da diventare inefficaci o
Esiti
peggiori
dannosi?
Schizofrenia - farmaci
Altri disturbi - farmaci
Schizofrenia senza
farmaci
Altri disturbi senza farmaci
Esiti
migliori
Ci sono molti altri casi analoghi, nel campo dei
trattamenti farmacologici a lungo termine: ciò accade
quando il corpo reagisce, con una forma di adattamento
biologico, all’effetto di un farmaco”
Source: Harrow M. “Factors involved in outcome and recovery in schizophrenia patients not on
antipsychotic medications.” Journal of Nervous and Mental Disease 195 (2007):406-14.
--
Martin Harrow, 2013
Lo studio randomizzato condotto da
Wunderink sugli esiti a lungo termine
Tassi di ricaduta
Riduzione/sospensione
Prosecuzione
Il disegno metodologico
• 128 pazienti psicotici al primo episodio che hanno raggiunto una
stabilità clinica dopo sei mesi di trattamento con antipsicotici (103
pazienti ancora coinvolti nello studio, dopo sette anni)
• Sono stati assegnati in modo casuale (randomizzato) a due
opzioni: riduzione progressiva/sospensione oppure prosecuzione
del trattamento con antipsicotici
A due anni
L. Wunderink. “Recovery in remitted first-episode psychosis at 7 years of follow-up of an early dose reduction/discontinuation
of maintenance treatment strategy.” JAMA Psychiatry, published online, July 3, 2013.
Tassi di guarigione a lungo termine
(a 7 anni)
A sette anni
L. Wunderink. “Recovery in remitted first-episode psychosis at 7 years of follow-up of an early dose reduction/discontinuation
of maintenance treatment strategy.” JAMA Psychiatry, published online, July 3, 2013.
Esiti specifici nei due gruppi
Basse dosi/ sospensione
Dosi standard
N = 34
Riduzione/sospensione
N = 69
Prosecuzione
Remissione
sintomatologica
Remissione sul
piano funzionale
Piena guarigione
Le conclusioni di Wunderink
1. Gli antipsicotici possono peggiorare gli esiti sul piano del
funzionamento sociale:
“Il blocco postsinaptico indotto dagli antipsicotici nel sistema di
trasmissione dopaminergico, in particolare a livello mesocorticale e
mesolimbico, non solo può prevenire e correggere gli scompensi
psicotici, ma può anche compromettere l’esercizio di importanti
funzioni mentali, come la vigilanza, la curiosità, l’iniziativa, il livello di
attività e – almeno in parte – la capacità esecutiva necessaria per il
funzionamento sociale.”
Un invito a ripensare
l’uso degli antipsicotici
“E’ arrivato il momento di riconsiderare il principio secondo cui
gli antipsicotici debbano essere sempre la prima scelta nel
trattamento delle persone con un episodio psicotico. Non si
tratta di un urlo selvaggio dalla foresta, ma di un’opinione presa
in considerazione da importanti ricercatori …. Ci sono
evidenze scientifiche sempre più convincenti che ci dicono che,
se consideriamo gli effetti avversi degli antipsicotici, il gioco –
per esprimerci in modo semplice – non vale la candela.”
Peter Tyrer, Editor
British Journal of Psychiatry, August 2012
2. Le metodologie precedentemente utilizzate per la misurazione
degli esiti erano inadeguate:
“I risultati di questa ricerca spingono a questa conclusione: gli
studi di valutazione dell’efficacia delle strategie di trattamento
della schizofrenia devono scegliere - come indicatori principali
di esito – la guarigione e la remissione dei deficit sul piano del
funzionamento sociale; devono anche prevedere un periodo di
valutazione nel tempo (follow-up) che sia superiore a due anni,
arrivando fino a sette anni, od oltre.
Nella nostra ricerca gli esiti negativi a breve termine (come la
maggiore frequenza delle ricadute) sono stati ampiamente
controbilanciati, a lungo termine; alcuni esiti positivi, come il
recupero sul piano del funzionamento sociale, sono diventati
percepibili solo tramite una valutazione di lunga durata.”
Thomas Insel, Direttore dell’NIMH
28 Agosto 2013
In un commento ai risultati delle ricerche di Wunderink e
Harrow:
“ Cosa ci dicono questi dati rispetto all’utilizzo a lungo termine
degli antipsicotici? Vanno considerati potenzialmente nocivi?
E’ davvero necessario proseguirli per tutta la vita?
E’ necessario porsi la domanda sulla possibilità che una parte degli
individui che vanno incontro a scompensi psicotici abbiano
un’evoluzione migliore se sospendono gli antipsicotici.”
Un modello di utilizzo selettivo degli antipsicotici
La strategia sviluppata nella Lapponia Occidentale,
In Finlandia (a partire dal 1992)
Gli esiti possibili con un
utilizzo selettivo degli antipsicotici
Esiti a lungo termine nei pazienti al primo episodio psicotico
trattati con la terapia del “dialogo aperto”
nella Lapponia Occidentale, in Finlandia
• Ai pazienti al primo episodio non viene immediatamente offerto un trattamento
con antipsicotici. In alternativa, viene loro proposto un intervento psicosociale
intensivo, utilizzando le benzodiazepine – al bisogno – per aiutarli a dormire..
• Nel caso in cui queste persone comincino a stare meglio, si rinuncia all’utilizzo
degli antipsicotici. Se – dopo alcune settimane – non ci sono stati miglioramenti,
vengono proposti gli antipsicotici, a basse dosi.
• Nel momento in cui i pazienti trattati con antipsicotici raggiungono una buona
stabilità clinica, viene avviato il tentativo (dopo circa sei mesi) di ridurne
gradualmente le dosi, fino a sospenderli.
Cosa sappiamo sugli effetti a lungo termine
degli antidepressivi?
Cosa ci dice in proposito la letteratura scientifica?
Il decorso della depressione prima
degli antidepressivi
Si può rassicurare sia il paziente che i suoi familiari che gli
eventuali episodi depressivi successivi al primo non
comportano un’evoluzione in senso cronico
George Winokur,
Washington University,
Manic Depressive Illness, 1969
Valutazioni cliniche nei primi anni di
utilizzo degli antidepressivi
L’APA ammette il cambiamento del
decorso della depressione
• H.P.
Hoheisel, medico tedesco, 1966: l’assunzione di
antidepressivi sembra che “riduca la durata” degli
intervalli tra un episodio e l’altro
• Nikola Schipkowensky, psychiatra bulgaro, 1970:
Gli
antidepressivi
stanno
determinando
cambiamento verso un decorso più cronico”.”
“un
American Psychiatric Association’s Textbook of Psychiatry,
1999:
Eravamo abituati a credere che “la maggioranza dei pazienti
va incontro ad una piena guarigione dopo un episodio
depressivo maggiore. Una serie di studi più approfonditi
hanno portato, però, a confutare questa convinzione”.
Adesso sappiamo che “la depressione è una patologia con un
elevato numero di ricadute e con con un’evoluzione
negativa”
Source: Van Scheyen, J.D. “Recurrent vital depressions,” Psychiatria, Neurologia, Neurochirurgia 76 (1973):93-112.
Gli antidepressivi favoriscono le ricadute
depressive, a lungo termine?
La depressione in Olanda
(in un arco temporale di 10 anni)
Primo episodio trattato con antidepressivi
Primo episodio senza antidepressivi
“ Gli antidepressivi possono portare benefici a breve termine,
ma peggiorano l’evoluzione a lungo termine della patologia,
aumentando la vulnerabilità biologica alla depressione ….
L’utilizzo (a lungo termine) degli antidepressivi può spingere
questo disturbo verso un’evoluzione più sfavorevole, con una
riduzione progressiva delle risposte positive al trattamento”.
Giovanni Fava,
Psychotherapy and Psychosomatics, 1995
N = 222
Solo un episodio
Due episodi
Più di due episodi
Source: E. Weel-Baumgarten, “Treatment of depression related to recurrence,” J Clin Psychiatry &
Therapeutics 25 (2000):61-66.
Esiti a sei anni nello studio NIMH sulla
depressione non trattata
Antidepressivi
Senza farmaci
N = 547
Perdita del proprio ruolo
permanente
Gli antidepressivi limitano gli effetti positivi
a lungo termine dell’attività fisica
Trattamento
Treatment
during
nelle prime
first 16
16 settimane
weeks
Percentualeof
Percentage
di pazienti
patients in
in remissione
remission
dopo at
16end
ofsettimane
16 weeks
Percentage
Percentualeof
patents
who
di pazienti
ricaduti nei
relapsed
in
sei mesisix
following
successivi
months
Percentuale
Percentage
of all
di pazienti
patients
depressi al
depressed
at end
decimo mese
of ten months
Solo Zoloft
69%
38%
52%
Zoloft ed attività
fisica
66%
31%
55%
Solo attività
fisica
60%
8%
30%
Disabilità
Source: W. Coryell. “Characteristics and significance of untreated major depressive disorder.” American
Journal of Psychiatry 152 (1995):1124-29.
Perché gli SSRI favoriscono le ricadute
depressive a lungo termine?
Source: Babyak, M. “Exercise treatment for major depression.” Psychosomatic Medicine 62
(2000):633-8.
Rischio di ricaduta nei tre mesi successivi al miglioramento
clinico iniziale
(placebo vs. sospensione dell’antidepressivo SSRI)
“Se il trattamento farmacologico dura più di 6-9 mesi, vengono attivati dei
processi neurochimici che vanno nella direzione opposta di quella degli
antidepressivi (che giustificano la perdita di efficacia) Possiamo anche
spingere la patologia verso un’evoluzione sfavorevole, senza risposta al
trattamento, che si può tradurre sia in una farmacoresistenza sia in
un’accelerazione degli episodi critici. Quando il farmaco viene sospeso,
questi processi non trovano più opposizione e provocano sintomi da
sospensione ed elevata vulnerabilità alle ricadute. Non è detto che questi
Miglioramento con placebo
processi siano reversibili”
Giovanni Fava, 2011
Source: G. Fava. “The mechanisms of tolerance in antidepressant action.” Progress in NeuroPsychopharmacology & Biological Psychiatry 35 (2011): 1593-1602.
con SSRI
P. Andrews: “Primum non nocere: an evolutionary analysis of whether antidepressants do more harm
than good.” Frontiers in Psychology 3 (2012): 1-18.
Tassi di ricaduta dopo la remissione in
Olanda
“Quanto più gli antidepressivi alterano i livelli cerebrali
delle monoamine, tanto più il cervello sembra reagire,
spingendo nella direzione opposta: questa reazione
sembra in grado di spiegare l’aumento del rischio di
ricaduta quando il farmaco viene sospeso …. L’uso
degli antidepressivi sembra dunque determinare un
aumento
della
suscettibilità
(biologica)
alla
depressione.”
--Paul Andrews, 2012
Uso costante di AD
AD
Uso intermittente di AD
Nessun
Source: C. Bockting. “Continuation and maintenance use of antidepressants in recurrent depression.”
Psychotherapy and Psychosomatics 77 (2008): 17-26.
Disforia tardiva
“L’utilizzo continuativo di antidepressivi può
determinare meccanismi neurobiologici che si
oppongono agli effetti iniziali degli antidepressivi
…… e questi meccanismi possono essere
coinvolti nell’aumentata vulnerabilità alle
ricadute
C. Bockting, 2008
“Coloro che sono stati esposti ad un trattamento prolungato
con SSRI possono andare incontro ad uno stato depressivo
cronico, resistente al trattamento. Vista la latenza con cui
compare questo stato depressivo cronico, esso viene definito
Disforia Tardiva. Essa si manifesta sotto forma di uno stato
disforico persistente che, inizialmente è transitorio, ma con il
tempo diventa insensibile a qualsiasi trattamento.
Gli SSRI sono considerati i farmaci che presentano un rischio
più alto di Disforia Tardiva
Rif El-Mallakh, 2011
Source: El-Mallakh, R. “Tardive dysphoria: The role of long-term antidepressant use in inducing chronic depression.
Medical Hypotheses 76 (2011): 769-773.
L’ammissione che l’evoluzione dei disturbi bipolari
è peggiorata negli ultimi decenni
Carlos Zarate, Responsabile del Programma “Disturbi dell’umore” NIMH,
2000:
“Nei decenni che hanno preceduto la farmacoterapia, un esito sfavorevole per il
disturbo maniacale era considerato un evento relativamente raro. La maggioranza
degli studi più recenti hanno messo in evidenza, invece, che larga parte dei pazienti
con un disturbo bipolare mostrano un grado elevato di compromissione del proprio
funzionamento sociale. “
Ross Baldessarini, Harvard Medical School, 2007.
“La prognosi del disturbo bipolare era considerata relativamente favorevole, mentre gli
studi più recenti suggeriscono una prevalenza degli esiti sfavorevoli e delle disabilità
persistenti, nonostante gli importanti progressi in campo terapeutico.”
Fred Goodwin, 2008
“Il disturbo bipolare non è più lo stesso: attualmente ci sono molti più casi con cicli
rapidi di quanti ve ne fossero al momento della prima edizione del libro [Manic Depressive
Illness], molti più casi di stati misti, molti più casi di resistenza al litio e molti più insuccessi in
caso di trattamento con il litio. Il disturbo non è più quello che aveva descritto Kraepelin.”
Un commento di uno dei fondatori della
Cochrane Collaboration
“ So perfettamente che ci sono eccellenti psichiatri che forniscono un
grande supporto ai propri pazienti … so anche che alcuni farmaci
possono essere utili ad una parte dei pazienti. Non mi sono mai
schierato sulle tesi della “antipsichiatria”, ma le mie ricerche in questo
campo mi spingono verso una conclusione molto sgradevole:
I nostri concittadini starebbero molto meglio se tutti gli psicofarmaci venissero
tolti dal commercio, dal momento che i medici non sono in grado di usarli come
si dovrebbe. Non si può negare che la loro disponibilità produca molti più danni
che vantaggi”
--Peter C. Gøtzsche, 2013
Co-fondatore della Cochrane Collaboration
Direttore del Nordic Cochrane Center
I problemi connessi all’uso degli psicofarmaci
•
Il peso economico e sociale dei disturbi mentali è decisamente
aumentato con l’avvento della farmacoterapia, sia negli USA che in
Europa e negli altri Paesi sviluppati.
•
I farmaci alterano le vie neurotrasmettitoriali cerebrali; a lungo
termine, ciò induce una reazione compensatoria che spinge in
direzione opposta all’azione iniziale (tolleranza oppositiva)
•
E’ plausibile che i farmaci siano efficaci nel breve periodo, ma la
letteratura scientifica sugli esiti a lungo termine ha messo in luce che
essi aumentano il rischio di cronicizzazione dei disturbi schizofrenici,
depressivi e bipolari, oltre a peggiorare i livelli di funzionamento
sociale a lungo termine.
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