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IL CINGOLO SCAPOLARE

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IL CINGOLO SCAPOLARE
La colonna cervicale e il cingolo scapolo-toracico
rappresentano un’unità anatomo-funzionale, il cui legame
è rappresentato dal sistema tonico-posturale, attraverso le
catene muscolari.
Esso è un sistema cibernetico automatico, autoregolabile
ma saturabile. I recettori periferici mandano informazioni
ai centri superiori, che modulano le loro risposte attraverso
le catene muscolari e fasciali.
L’obiettivo del corpo è l’equilibrio, l’economia e il comfort.
A livello cervicale le afferenze posturali principali
provengono da:
- prime vertebre cervicali (recettori articolari)
- labirinto (branche motrici del 1° e 2° nervo cranico)
- recettori desmodentali (apparato masticatore: relazione tra
trigemino e il 3° - 4° e 5° nervo cranico)
- informazione oculomotrice (riflesso oculo-cefalogiro)
- recettori tattili
- recettori podalici
Le catene muscolari e fasciali sono ascendenti e
discendenti e si distinguono in:
- dirette (anteriore e posteriore): ruolo statico
- crociate (superficiale e profonda): ruolo dinamico
Il cingolo scapolo-toracico gioca un ruolo chiave
eseguendo un effetto “tampone” tra i due sistemi
La verticalizzazione dell’uomo ha
reso libero l’arto superiore e si è
venuta a creare una reciproca
influenza tra cervello (unità di
programmazione) e la mano
(strumento sensoriale di
esplorazione e prensione).
Il progressivo adattamento
anatomo-fisiologico di
“umanizzazione” dell’arto superiore
ha coinvolto:
- Il cingolo scapolare (liberazione
della scapola dal torace, forma della
clavicola, sviluppo del deltoide…)
- L’avambraccio (rotazione assiale e
pronosupinazione)
- La mano (architettura “a volta” e
indipendenza del pollice: ramo
motorio del nervo mediano)
ramo motore
-
-
Muscoli poliarticolari
predispongono lo schema
funzionale, modellano le
articolazioni e permettono nuovi
movimenti tra i due estremi prensili
(cingolo scapolare e mano),
consentendo grande autonomia e
notevole libertà di movimento.
L’organizzazione articolare di base è
data da un “concatenamento sferico”
costituito dalle coppie:
scapolo-omerale
radio-omerale
ulno-omerale
radio-ulnare (prossimale e distale)
radio e medio-carpica
Muscoli monoarticolari
Eseguono, in un unico piano,
una parte del movimento dato
dai muscoli poliarticolari.
Questa sfericità è inquadrata e
completata da due regioni sulle
quali si appoggia il sistema
prensile:
- cingolo scapolare
- colonna esterna del carpo
Esse si oppongono ai concetti di
libertà e di ampiezza propri,
invece, del succedersi delle
strutture “rotonde”
summenzionate.
E’ costituito da due regioni
funzionalmente diverse:
- cingolo scapolare
- scapolo-omerale
AC = acromion-claveare
SCC = sterno-costo-claveare
SAD = sub-acromion-deltoidea
GO = gleno-omerale
ST = scapolo-toracica
È la base del sistema prensile e presenta,
contemporaneamente, caratteristiche
peculiari di staticità (indispensabili per
l’”affidabilità” del sistema) e di
dinamicità, per orientare e dirigere la
mano.
E’ il punto di forza verso il quale
convergono le forze necessarie
all’equilibrio del corpo.
La glena scapolare è il punto di appoggio
e il centro di movimento della testa
omerale, dotato di grande libertà di
movimento ma di notevole instabilità
intrinseca: la gleno-omerale è, infatti,
un’articolazione a “centratura dinamica” ,
laddove il sopraspinato funge da
“direttore d’orchestra” nei confronti degli
altri muscoli della cuffia dei rotatori.
Richiami di anatomia:
- si estende dalla II alla VII costa
- il suo margine mediale ha una
distanza media di 5-6 cm dalla
linea mediana
- l’angolo superiore è all’altezza
di D1
- l’angolo inferiore è all’altezza di
D7
- la sua forma corrisponde alla
morfologia della persona,
essendone condizionata dagli
atteggiamenti cinetici
- in rapporto al torace si situa in un
piano obliquo in avanti e in fuori,
inclinato di 30° sul piano frontale
- in rapporto alla clavicola forma
un angolo orizzontale di 60° aperto
in dentro e un angolo verticale di
70° aperto in basso e all’interno
(angolo omo-claveare)
E’ una sinsarcosi (sarcos= unione per
mezzo della carne) delimitata dalla
convessità della gabbia toracica e
dalla concavità della faccia anteriore
della scapola.
E’, quindi, un’articolazione “falsa” in
senso anatomico ma “vera” in senso
fisiologico, essendo la vera unione
del cingolo scapolare con il tronco.
È costituita da due piani di
scivolamento, ricoperti da tessuto
“cellulare”
1.
Spazio toraco-serrato: compreso
tra gabbia toracica, muscoli
intercostali e faccia profonda del
grande dentato.
2.
Spazio omo-serrato: delimitato
dal sottoscapolare e dal grande
dentato
1.
2.
3.
4.
5.
6.
6 muscoli sono stabilizzatori scapolari
(mantengono “in sede” la scapola contro la
convessità toracica):
Trapezio
Elevatore scapolare
Romboide
Grande dentato
Piccolo pettorale
Gran dorsale
Essi si comportano come se fossero veri
legamenti e servono anche a mobilizzare la
scapola per portarla in posizione corretta,
disponendo la glena secondo l’orientamento
desiderato.
Essi, inoltre, sono parte integrante delle
catene miotensive che regolano la statica e i
movimenti del corpo: sono posti in
derivazione sul “sistema diretto anteriore”
(rotazione del tronco), sul “sistema diretto
posteriore” (appoggio e richiamo del
precedente) e sono inclusi nei “sistemi
crociati” (movimenti di torsione e di
interrelazione tra cingolo pelvico e cingolo
scapolare)
1.
2.
3.
4.
5.
6.
La scapola possiede 6 possibilità di
spostamento unidirezionale e tutti questi
movimenti comportano una modificazione
degli angoli omo-claveari:
Abduzione: grande dentato e piccolo
pettorale
Adduzione: fasci medi del trapezio e
romboide
Innalzamento: elevatore scapolare e
fascio superiore del trapezio
Abbassamento: piccolo pettorale e fascio
inferiore del trapezio
Rotazione esterna: grande dentato e
fascio superiore del trapezio
(sinergicamente)
Rotazione interna: romboide e piccolo
pettorale
In realtà, dal punto di vista funzionale, la
scapola effettua essenzialmente
movimenti combinati che si svolgono
simultaneamente nei tre piani dello
spazio, allo scopo di trasporre il
movimento del tronco per renderlo
“accessibile” al braccio.
La libertà della scapola è condizionata dal buono stato dei suoi
stabilizzatori e dalla “disponibilità meccanica” delle regioni (a volte
molto distanti) in cui i suoi muscoli trovano le loro inserzioni.
Le disfunzioni scapolari consistono in limitazioni dello scivolamento
della scapola sul torace e si manifestano con tensioni che ostacolano la
loro reciproca azione sinergica agonista/antagonista: avviene la
“fissazione” della scapola in una posizione pregiudizievole per la
fisiologia del complesso articolare della spalla.
Esse possono essere generate da eccessive sollecitazioni (“overuse”), da
squilibri posturali, da patologie vertebro-costali, craniche, organiche,
vascolari o metaboliche.
La clavicola è la parte “moderatrice” che
controlla la liberà di azione della scapola in
modo che questa resti correttamente applicata
contro il torace allo scopo di presentare la glena
in perfetta posizione per la testa omerale
(“timone” del complesso articolare della spalla).
Essa si frappone tra la scapola (indietro e in
fuori) e la regione superiore del torace (in avanti
e in dentro), stabilendo un legame articolare tra
tronco e arto superiore.
La sua forma “a manovella” le dà il ruolo di una
barra di torsione e, attraverso le sue inserzioni, è
un collegamento nell’organizzazione del
complesso fasciale che si estende dalla base del
cranio al pavimento pelvico.
E’, inoltre, direttamente interessata nella
disposizione dello sbocco toracico superiore
(coinvolgimento nella fisiologia cervicomediastinico-addominale e protezione per il
fascio neuro-vascolare del plesso brachiale).
E’ l’unica articolazione
anatomica che unisce
l’arto superiore al tronco.
La sua mobilità dipende
dalla scapola e dal
sistema miofasciale che
la unisce saldamente al
tronco.
Test di mobilità
L’esame degli atteggiamenti cinetici passivi è metodica
insostituibile per la diagnosi di disfunzione osteopatica
articolare.
In uno stesso piano esiste un equilibrio di tensione muscololegamentosa che permette una mobilità passiva di piccola
ampiezza, uguale quantitativamente e qualitativamente, da una
parte all’altra di un punto neutro teorico.
La rottura di questo equilibrio è la causa della disfunzione
osteopatica.
A.
Test per la sterno-costo-claveare
Il Pz. è seduto con spalle rilasciate e
avambracci appoggiati sulle cosce.
Il medico è dietro al Pz. e mette le dita in
opposizione sull’interlinea articolare
A. Test sul piano frontale
si afferra il gomito del Pz. per far
basculare la clavicola (freccia arancione)
- B. Test sul piano orizzontale
si spinge la clavicola posteriormente,
insistendo sia medialmente che
lateralmente (freccia arancione)
-
B.
Test + sul piano orizzontale,
con ipermobilità anteriore
dolorosa.
La manovra di riduzione
avviene con Pz. in decubito
dorsale, dopo decoattazione
articolare (freccia arancione)
e con thrust antero-posteriore
al termine di un’espirazione
non forzata (freccia verde).
Test + sul piano frontale, con
ipermobilità posteriore
dolorosa.
La riduzione avviene con Pz.
seduto e dopo decoattazione
articolare (freccia arancione),
spostando all’indietro la
spalla del Pz. alla fine
dell’espirazione (freccia
verde).
Test + sul piano frontale, con
ipermobilità superiore dolorosa.
La manovra di riduzione avviene
con Pz. in decubito dorsale e
testa girata controlateralmente.
Dopo decoattazione (frecce
arancioni) si esegue un thrust in
senso cranio-caudale, alla fine
dell’espirazione. (freccia verde)
E’ un’ artrodia con interposizione
di un rudimentale menisco
La stabilità passiva è garantita da
strutture intrinseche ed
estrinseche:
1. Intrinseche
- capsula articolare
- menisco
- leg. acromion-claveare
2. Estrinseche
- leg. coraco-acromiale
- leg. coraco-claveare
(leg. conoide e leg. trapezoide)
E’ un collegamento meccanico
destinato all’assorbimento di
forze tra scapola (mossa da
potenti muscoli) e clavicola
(elemento “passivo” unito al
torace dalle aponevrosi cervicali) a
Dispone di tre gradi di libertà e
due tipi di movimenti:
1.
2.
b
elementari: scivolamenti
antero-posteriori (a) e
laterali (b)
combinati: rotazione
anteriore e posteriore (c)
c
Il Pz. è seduto con spalle rilasciate
e avambracci appoggiati alle
cosce.
Il medico è dietro al Pz., fissa
l’estremità acromiale della
clavicola (freccia verde) ed esegue,
con l’altra mano, il ballottamento
A-P dell’ acromion (freccia
arancione)
Il Pz. è seduto con spalle
rilasciate e avambracci appoggiati
alle cosce.
Il medico è dietro al Pz., appoggia
le dita sulla AC (freccia verde) e fa
scendere e risalire l’ acromion
(doppia freccia arancione)
Il Pz. è seduto con spalle
rilasciate e avambracci
appoggiati alle cosce.
Il medico è dietro al Pz.,
appoggia le dita sulla AC
(freccia verde) e mobilizza
l’avambraccio in avanti (freccia
arancione)
Il Pz. è seduto con spalle
rilasciate e avambracci appoggiati
alle cosce.
Il medico è dietro al Pz., appoggia
le dita sulla AC (freccia verde) e
mobilizza l’avambraccio in dietro
(freccia arancione)
Il meccanismo eziopatogenetico prevede
una caduta sul moncone della spalla o
sulla mano a difesa (con gomito esteso)
Il dolore è localizzato sulla AC e irradiato
al trapezio e deltoide (sia a riposo che nei
movimenti pendolari)
Dolore elettivo sul leg. acromion-claveare
Ipermobilità all’EOL (non “segno del
tasto di pianoforte”)
Manovra di riduzione
il Pz. è seduto, a braccio abdotto. Il
medico è dietro alla spalla traumatizzata
ed esegue un thrust discendente con la
mano claveare (freccia rossa)mentre con
l’altra eleva e aumenta l’abduzione
(frecce arancioni). La coscia stabilizza il
torace (freccia verde).
Si produce per caduta sul moncone della
spalla con abduzione (o antepulsione)
forzata o repentina: la clavicola non può
seguire la rotazione esterna della scapola
e il leg. trapezoide si tende portando la
faccetta acromiale della clavicola in
rotazione anteriore persistente.
Il dolore è risvegliato dal decubito
omolaterale e durante l’abduzione e
antepulsione. Coesiste limitazione
funzionale.
All’EOL si apprezza un “infossamento”
della coracoide nel solco deltoideopettorale e una tensione dolorosa dei
legamenti conoide e trapezoide.
Manovra di riduzione
Posizionamento e manovra simili alla
precedente ma il Pz. ha il braccio
extraruotato oltre che abdotto e si amplia
la rotazione esterna (freccia rossa)
Si produce per caduta sul moncone della
spalla per retropulsione forzata o
repentina.
Si mette in tensione il leg. conoide che
blocca la clavicola in posizione posteriore
rispetto alla faccetta acromiale.
Il dolore è risvegliato dal decubito
omolaterale e durante la retropulsione e
l’adduzione. Coesiste limitazione
funzionale.
All’EOL si apprezza una
“superficializzazione” della coracoide e
una tensione dolorosa dei legamenti
conoide e trapezoide.
Manovra di riduzione
Posizionamento e manovra simili alla
precedente ma il Pz. ha il braccio
intraruotato oltre che abdotto e si amplia
la rotazione interna (freccia rossa).
Julian Beever: “Blair”








conflitto sottoacromiale
lesione della cuffia
borsite traumatica
calcificazione
spalla congelata
artrosi acromio-claveare
artrosi scapolo-omerale
radicolopatie
 lussazioni ricorrenti
 tumori
 infezioni
rottura semilunare
rottura ad “U”
rottura a “L”
rottura massiva
Il sopraspinato contribuisce solo per il 14%
all’abduzione, il resto essendo sostenuto dal
sottospinato (32%) e dal sottoscapolare (52%): si
comprende, allora, come alcuni Pz. con rottura del
sopraspinato abbiano una buona funzionalità della
spalla e il deficit funzionale compare solo quando la
lesione diviene subequatoriale, con conseguente
perdita della capacità di contenimento della testa
omerale





I fattori che concorrono a rendere sintomatica una
rottura della cuffia sono:
tolleranza soggettiva al dolore
tipo di attività ed età del Pz.
sede, morfologia ed entità della rottura
ampiezza dello spazio subacromiondeltoideo
flogosi della borsa SAD
 fisioterapico – riabilitativo (associato o meno a terapia farmacologica):
è il primo step, ma va ricordato che, in alcuni casi, ritardare il
trattamento chirurgico può aumentare i problemi, può rendere il
trattamento più difficoltoso e dare un risultato meno brillante
 chirurgico: se sintomatologia dolorosa resistente alla terapia
conservativa o se riduzione della motilità attiva e/o della forza del
braccio
 decompressione sottoacromiale, asportando la borsa SAD e gli
eventuali osteofiti (acromionplastica), fino ad ottenere uno spazio
sufficiente tra acromion e cuffia dei rotatori
 debridement tendineo
 riparazione delle lesioni tendinee
queste manovre chirurgiche si possono effettuare :
1.
2.
a cielo aperto (con accessi allargati o in miniopen)
per via artroscopica
P.A. aa. 52
dissezione
del deltoide,
per via
smussa
acromionplastica
Raspa
retrograda
acromionplastica +
regolarizzazione
dalla a-c
dissezione e mobilizzazione
della cuffia dal bordo
glenoideo
preparazione di trincea
per reinserzione della
cuffia e fissazione della
cuffia al trochite con
placca o ancora
DM.C. aa. 60
Cuscino abduttore (x 3 – 4 sett.)
Kinetec per 30 - 40 gg
Rotazioni antiorarie
Rotazioni orarie
Oscillazioni
Fly UP