Comments
Transcript
Opposizione all`esecuzione o agli atti esecutivi
LA RISCOSSIONE COATTIVA Il procedimento esecutivo speciale d.P.R. n. 602 del 1973 e le altre azioni a tutela della pretesa erariale Secondo quanto stabilito dall’articolo 45 l’agente procede alla riscossione coattiva delle somme iscritte a ruolo, degli interessi di mora e delle spese di esecuzione secondo le disposizioni di cui al titolo II del d.p.r. di cui trattasi. L’articolo 49 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, nel testo modificato dalla legge 30.12.2004, n. 311, stabilisce che per la riscossione delle somme non pagate l’agente della riscossione possa procedere all’espropriazione forzata sulla base del ruolo, che costituisce titolo esecutivo e, al fine di assicurare maggiori poteri agli agenti della riscossione ai fini della tutela della pretesa erariale, che questi possa altresì promuovere azioni cautelari e conservative, nonché ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore. Il procedimento di espropriazione forzata speciale è regolato dalle norme ordinarie applicabili in rapporto al bene oggetto di esecuzione, in quanto non derogate dalla disciplina prevista dal d. P. R. 602 del 1973 e con esso compatibili. - circolare n. 52/E del 9.12.2005. E’ appena il caso di rammentare che ai sensi dell’articolo 2740 c.c., il debitore risponde dell’obbligazione con tutti i beni che fanno parte del suo patrimonio e con quelli che gli sono pervenuti successivamente. Anche i beni usciti dal patrimonio dopo l’assunzione dell’obbligazione non si sottraggono al potere di aggressione del creditore in quanto ove ne ricorrano i presupposti possono essere virtualmente ricondotti nel patrimonio del debitore (articolo 2901 c.c.) e così anche i beni rispetto ai quali il debitore ha rinunciato a che gli stessi entrassero nel suo patrimonio (articolo 524 c.p.c.). Pertanto, la responsabilità patrimoniale è illimitata, nel senso che riguarda tutti i beni del debitore, compresi i diritti di credito, anche se non tutti i beni appartenenti al debitore possono essere assoggettati ad esecuzione (ad esempio, alcune cose mobili sono dichiarate assolutamente o relativamente impignorabili dagli articoli 514 e 515 c.p.c.). Peraltro, possono esservi assoggettati, a certe condizioni, i beni di un terzo (ad esempio, l’immobile ipotecato successivamente trasferito a terzi, articolo 2808 c.c.). E’ da rammentare che nel caso di più condebitori solidali verso un unico creditore si configura una pluralità di rapporti giuridici di credito-debito tra loro distinti ed autonomi, correnti tra il creditore ed ogni singolo debitore solidale ed aventi in comune solo l'oggetto della prestazione, di tal che il creditore ha la facoltà, ex articolo 1292 c.c., di scegliere il condebitore solidale a cui chiedere l'integrale adempimento, con la conseguenza che la garanzia patrimoniale generica di cui all'articolo 2740 c.c. grava sul patrimonio di ciascun coobbligato, separatamente e per l'intero credito. L’inadempimento apre al creditore (articolo 2910, comma 1, c.c.), la via dell’esecuzione forzata attraverso cui si consegue coattivamente ciò che non è stato conseguito spontaneamente, ovvero - come suole dirsi - con la collaborazione del debitore. Il patrimonio del debitore costituisce quindi per il creditore la c.d. “garanzia generica” di ottenere coattivamente quanto gli è dovuto qualora la prestazione originaria non venga adempiuta volontariamente. Il procedimento esecutivo speciale è caratterizzato da una serie di preclusioni nelle opposizioni, di presunzioni di appartenenza di beni ed altre restrizioni inserite in un procedimento particolarmente incisivo, improntato a criteri di semplicità e speditezza che trova piena giustificazione nell'esigenza fondamentale di garantire il regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato, così come più volte riconosciuto dalla Corte Costituzionale. Il cumulo dei mezzi di espropriazione Una delle principali innovazioni apportate dal decreto legislativo n. 46 del 26 febbraio 1999 consiste nel fatto che l’agente della riscossione può procedere all’esecuzione immobiliare senza dover prima effettuare quella mobiliare. E' stata eliminata ogni forma di preferenza od ordine tassativo dei procedimenti e pertanto l’agente della riscossione può attivare la procedura che ritiene più adatta al fine di realizzare il recupero del credito tributario. Per il gestore dei crediti pubblici, pertanto, essendo stato eliminato l’obbligo della preventiva esecuzione mobiliare vale, al pari di quanto previsto per i creditori privati, la regola del “cumulo dei mezzi di espropriazione”enunciata dall'art. 483, comma 1, c.p.c. il quale prevede che “Il creditore può valersi cumulativamente dei diversi mezzi di espropriazione forzata previsti dalla legge, ma, su opposizione del debitore, il giudice dell’esecuzione, con ordinanza non impugnabile, può limitare l’espropriazione al mezzo che il creditore sceglie o, in mancanza, a quello che il giudice stesso determina.” Tratti più significativi del procedimento da cui emerge con evidenza il carattere di specialità rispetto al rito ordinario Articolo 51 - Surroga del concessionario in procedimenti esecutivi già iniziati Qualora sui beni del debitore sia già iniziato un altro procedimento di espropriazione, l’agente della riscossione può dichiarare al giudice di volersi surrogare al creditore procedente; in tal caso l'espropriazione verrà condotta secondo le norme speciali. Articolo 52 - Procedimento di vendita Le funzioni svolte nell'ambito del processo di esecuzione ordinario, dal giudice dell'esecuzione sono attribuite all’agente della riscossione. Articolo 54 - Intervento dei creditori Agli altri creditori intervenuti nella procedura iniziata dall’agente della riscossione è precluso qualsiasi atto d'impulso; gli effetti dell'intervento sono limitati soltanto al diritto alla distribuzione delle somme ricavate dalla vendita. L’opposizione all’esecuzione L'opposizione alla esecuzione è disciplinata dall'art. 615 c.p.c. e mira a fornire al debitore uno strumento per potersi opporre, in via preventiva al precetto, oppure in via successiva al pignoramento, al diritto della parte istante di procedere ad esecuzione forzata. Il debitore,quindi, chiede che sia fatta certezza sull'esistenza o meno del diritto processuale di agire con l'esecuzione forzata. I motivi che possono essere addotti a fondamento di questa opposizione sono: MOTIVI DI MERITO - si contesta l'esistenza del diritto sostanziale fatto valere dal creditore, per esempio,intervenuta transazione, adempimento e prescrizione; MOTIVI DI RITO - allorché si contesti la qualità di titolo esecutivo, atto o documento sulla cui base si vuole agire o si sta agendo, per esempio, il creditore non vanta una sentenza di condanna ma di mero accertamento; CONTESTAZIONE DELLA LEGITTIMAZIONE ATTIVA O PASSIVA; QUOMODO DEL PIGNORAMENTO - ossia oggetto del pignoramento sono stati beni facenti parte del patrimonio del debitore ma che si sarebbero dovuti escludere dallo stesso, per esempio, il letto, il frigorifero. Quando l'opposizione alla esecuzione avviene in via preventiva al precetto viene esperita con atto di citazione (163 cpc)al giudice competente che con ordinanza (ma la questione è dibattuta in dottrina) può sospendere l'efficacia esecutiva del titolo, altrimenti, si propone con ricorso al giudice dell'esecuzione. Questi fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti, si istaurerà un giudizio di merito e la causa sarà decisa con sentenza non impugnabile. Capo I: DELLE OPPOSIZIONI DEL DEBITORE E DEL TERZO ASSOGGETTATO ALL'ESECUZIONE Sezione I: DELLE OPPOSIZIONI ALL'ESECUZIONE Art. 615 c.p.c. (Forma dell'opposizione) Quando si contesta il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata e questa non e' ancora iniziata, si puo' proporre opposizione al precetto con citazione davanti al giudice competente per materia o valore e per territorio a norma dell'articolo 27. Il giudice, concorrendo gravi motivi, sospende su istanza di parte l'efficacia esecutiva del titolo. (1) Quando e' iniziata l'esecuzione, l'opposizione di cui al comma precedente e quella che riguarda la pignorabilita' dei beni si propongono con ricorso al giudice dell'esecuzione stessa. Questi fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti davanti a se' e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto. (1) Parole aggiunte dal D.L. 35/2005 con decorrenza dal 1 marzo 2006. L’opposizione agli atti esecutivi E' disciplinata dall'art. 617 c.p.c. Si tratta di un rimedio pensato dal legislatore per far valere vizi formali dei singoli atti del processo esecutivo, esteso non solo al debitore, ma anche ai creditori ed ai terzi che possano aver subito un pregiudizio dalle fasi del procedimento esecutivo. L'opposizione è sottoposta ad un termine di 20 gg. dalla notifica del titolo esecutivo o del precetto: essa può essere dunque esperita in via preventiva, con atto di citazione (163 cpc) ovvero in via successiva con ricorso, dopo che l'esecuzione sia già iniziata, sempre entro 20 gg. da quando i singoli atti del procedimento furono compiuti. L'opposizione da vita ad un accertamento cognitivo che può determinare la sospensione del processo esecutivo e che si conclude con sentenza non impugnabile (è prevista solo impugnazione ex 111 cost. per violazione di legge). Sezione II: DELLE OPPOSIZIONI AGLI ATTI ESECUTIVI Art. 617 c.p.c. (Forma dell'opposizione) Le opposizioni relative alla regolarita' formale del titolo esecutivo e del precetto si propongono, prima che sia iniziata l'esecuzione, davanti al giudice indicato nell'articolo 480 terzo comma, con atto di citazione da notificarsi nel termine perentorio di venti giorni (1) dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto. Le opposizioni di cui al comma precedente che sia stato impossibile proporre prima dell'inizio dell'esecuzione e quelle relative alla notificazione del titolo esecutivo e del precetto e ai singoli atti di esecuzione si propongono con ricorso al giudice dell'esecuzione nel termine perentorio di venti giorni (1) dal primo atto di esecuzione, se riguardano il titolo esecutivo o il precetto, oppure dal giorno in cui i singoli atti furono compiuti. (1) Parole così modificate dal D.L. 35/2005 con decorrenza dal 1 marzo 2006. Articolo 57- Opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi La disciplina delle opposizioni all'esecuzione e agli atti esecutivi rientra integralmente sotto la giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria; queste sono tutte precluse, salvo quella concernente la pignorabilità dei beni, che è indispensabile al fine di garantire il diritto di difesa del contribuente. Dunque, non sono ammesse le opposizioni avverso il diritto dell’agente della riscossione a procedere esecutivamente (articolo 615 c.p.c.), né quelle relative alla regolarità formale e alla notificazione del titolo esecutivo (articolo 617 c.p.c.). • Le opposizioni ex art. 615 c.p.c. sono inammissibili ex art. 57 d.p.r. 602/73, ad eccezione di quelle concernenti la pignorabilità dei beni • Le opposizioni ex art. 617 c.p.c. sono inammissibili relativamente alla regolarità formale e alla notificazione del titolo esecutivo, essendo per il resto ammissibili secondo i presupposti scanditi dalla normativa del c.p.c. La nuova formulazione della norma esclude testualmente la proponibilità delle opposizioni ex artt. 615-618 c.p.c. in alcune fattispecie configurate dal codice di rito, ammettendo, seppur implicitamente, l’esperibilità di quelle non espressamente vietate. L’esclusione di contestazioni in merito alla regolarità formale ed alla notifica del titolo esecutivo trova giustificazione nel fatto che il ruolo e la cartella possono essere impugnati innanzi alle commissioni tributarie ex art. 19, co. 1, lett. d), d.lgs. 546/92 Il giudice ordinario, invece, è competente per le questioni relative alla pignorabilità dei beni. In caso di opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi, il giudice fissa l’udienza per la comparizione personale delle parti ed ordian al concessionario il deposito dell’esteratto del ruolo e delle copie di tutti gli atti dell’esecuzione: In tal modo provoca e garantisce il contraddittorio. Le innovazioni introdotte nel c.p.c. dal 2006 si applicano anche all’esecuzione forzata fiscale (es.: -20 gg. per opposizione agli atti esecutivi; -nuovo art. 185 disp.att. sul rito camerale nei giudizi di opposizione per l’udienza di comparizione; -nuovo art. 616 c.p.c. sui provvedimenti del giudice qualora durante il processo di esecuzione venga introdotto il giudizio di cognizione. Articolo 58 - Opposizione di terzi Le opposizioni di terzo ed in particolare quelle dei coniugi del contribuente sono sottoposte a precise limitazioni probatorie. Articolo 59 - Risarcimento dei danni Chiunque si ritenga leso dall'esecuzione può proporre azione ai fini del risarcimento dei danni nei confronti dell’agente della riscossione, ma soltanto dopo il compimento dell'esecuzione medesima. Articolo 61- Estinzione del procedimento per pagamento del debito L'art. 61 del d.P.R. 602/73, che riprende nella sostanza la preesistente disposizione dell'art. 204 del d.P.R. 29.01.1958 n. 645, dispone che, salvo il caso previsto dall'art.48, comma 2, dello stesso d.P.R. 602/73, il procedimento esecutivo speciale avviato dall'agente di riscossione si estingue se, prima della vendita, il debitore o un terzo provvede al pagamento della somma portata dal ruolo, dei relativi accessori e delle spese, ovvero viene esibita la prova dell'avvenuto pagamento. Si tratta di una forma peculiare di estinzione del processo che soddisfa l'esigenza dell'Amministrazione di recuperare in tempi brevi l'intero credito iscritto a ruolo, che deroga alla disciplina dettata dalle norme di rito comune e prescinde dal consenso degli eventuali creditori intervenuti i quali, infatti, a norma dell'art. 54, comma 2, hanno soltanto il diritto di partecipare alla distribuzione della somma ricavata dalla vendita dei beni pignorati. L'unica condizione posta dalla norma è che il pagamento deve avvenire prima della vendita e cioè dell'aggiudicazione definitiva o dell'ordinanza di assegnazione; se il pagamento avviene dopo, non si potrà avere l'estinzione del processo speciale, a meno che non vi rinuncino tutti i creditori, così come disposto dal già richiamato art. 629 c.p.c.. E’ appena il caso di rammentare che il procedimento esecutivo ordinario, ai sensi dell'art. 629 del c.p.c, si estingue se, prima dell'aggiudicazione o dell'assegnazione, il creditore pignorante e quelli intervenuti muniti di titolo esecutivo rinunciano agli atti; dopo la vendita, il processo si estingue se rinunciano agli atti tutti i creditori intervenuti. Il momento della vendita di cui all'art. 629 c.p.c. si identifica con l'aggiudicazione definitiva o con l'ordinanza di assegnazione ai sensi dell'art. 507 c.p.c.. Articolo 62 - Disposizioni particolari sui beni pignorabili La disciplina speciale prevede una deroga sostanziale all'impignorabilità stabilita dagli articoli 514, 515 c.p.c., i quali rispettivamente disciplinano le ipotesi di cose mobili assolutamente impignorabili, cose mobili relativamente impignorabili, cose pignorabili in particolari circostanze di tempo. L'impignorabilità infatti trova un limite nel caso in cui il credito tributario fosse assistito dal privilegio previsto dall’articolo 2759. L’impignorabilità, comunque, è sempre ad eccezione di parte. Da notare che, a seguito della riforma del processo esecutivo in vigore dal 1°marzo 2006, gli strumenti, gli oggetti e i libri indispensabili per l’esercizio della professione, dell’arte o del mestiere del debitore, già indicati nell’art. 514 tra le cose mobili assolutamente impignorabili, sono ora riportate all’interno dell’art. 515 dedicato alle cose mobili relativamente impignorabili. Articolo 63 - Astensione dal pignoramento La norma è collocata nella sezione relativa alle disposizioni particolari in materia di espropriazione mobiliare ad impedire che il debitore d'imposta simuli atti di alienazione di beni in danno dell’agente della riscossione. La dimostrazione che i beni appartengono a persona diversa dal debitore iscritto a ruolo può essere offerta soltanto mediante esibizione di un titolo avente data certa anteriore all'anno cui si riferisce l'entrata iscritta a ruolo. E’ da segnalare una interessante interpretazione del contenuto di tale norma operata dalla Cassazione con la sentenza n. 3298 del 14.07.89, secondo cui la disposizione dell’articolo 63 esplica la sua efficacia anche nella espropriazione mobiliare presso terzi. Il decreto legge 30 settembre 2005, n. 205, convertito dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, ha introdotto il nuovo articolo 72 bis che prevede un procedimento speciale semplificato per il pignoramento delle somme dovute a titolo di emolumenti dal datore di lavoro del contribuente moroso. Il procedimento è del tutto simile a quello previsto dall’articolo 72 per il pignoramento dei fitti e delle pigioni. L’articolo 2, comma 6, del decreto legge 3.10.2006, n. 262, in vigore dal 3.10.2006 ha nuovamente modificato il testo di tale norma che ora dispone quanto segue: Articolo 72 - bis contenuti dell’atto di pignoramento del quinto dello stipendio Salvo che per i crediti pensionistici e fermo restando quanto previsto dall'articolo 545, commi quarto, quinto e sesto, del codice di procedura civile, l'atto di pignoramento dei crediti del debitore verso terzi può contenere, in luogo della citazione di cui all'articolo 543, secondo comma, numero 4), dello stesso codice di procedura civile, l'ordine al terzo di pagare il credito direttamente al concessionario, fino a concorrenza del credito per cui si procede: a) nel termine di quindici giorni dalla notifica dell'atto di pignoramento, per le somme per le quali il diritto alla percezione sia maturato anteriormente alla data di tale notifica; b) alle rispettive scadenze, per le restanti somme. Nel caso di inottemperanza all'ordine di pagamento, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 72, comma 2. L’agente della riscossione può comunque procedere al pignoramento presso terzi secondo le norme previste dal rito ordinario. Ai sensi dell’art. 543 c.p.c. il pignoramento dei crediti del debitore verso terzi o di cose del debitore che sono in possesso di terzi, si esegue mediante atto notificato personalmente al terzo ed al debitore; il terzo viene citato a comparire davanti al giudice dell’esecuzione del luogo di residenza del terzo medesimo al fine di rendere la dichiarazione mediante la quale specifica di quali cose o di quali somme è debitore o si trova in possesso, e quando ne deve eseguire la consegna o il pagamento. I beni pignorati vengono assegnati al creditore/agente della riscossione ovvero vengono venduti. A norma dell’art. 548 c.p.c. se il terzo non compare all’udienza stabilita o, comparendo, rifiuta di fare la dichiarazione, o se intorno a questa sorgono delle contestazioni, il giudice, su istanza del creditore/agente della riscossione provvede all’istruzione della causa. - Circolare n. 46/E del 16 novembre 2004 La pignorabilità delle pensioni Secondo quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 506 del 4.12.2002 la parte della pensione che eccede quanto necessario per le esigenze di vita del pensionato rimane assoggettabile al regime generale della responsabilità patrimoniale di cui all'articolo 2740 c.c.. La Corte tuttavia ha precisato che non rientra nel suo potere, ma in quello discrezionale del legislatore, individuare in concreto l'ammontare della parte di pensione idoneo ad assicurare "mezzi adeguati alle esigenze di vita" del pensionato che, con le sole eccezioni tassativamente indicate dei crediti qualificati, in quanto espressione di altri valori costituzionali (ad esempio, articoli 29, 30 e 53 Costituzione) è in quanto tale legittimamente assoggettabile al regime di assoluta impignorabilità. L’agente della riscossione in relazione ai crediti tributari iscritti a ruolo (crediti qualificati ai sensi dell'articolo 53 Costituzione, ed in tal modo considerati dalla stessa Corte Costituzionale con la richiamata sentenza 22 novembre 2002, n. 468) può legittimamente soddisfarsi sull'intero ammontare della pensione, nel limite di un quinto, sia essa erogata dall'INPDAP (ai sensi dell’art. 2, comma primo, numero 3, del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180), dall'INPS (Corte Costituzionale, sentenza del 22 novembre 2002, n. 468), nonché da ogni altro Ente pubblico (Corte Costituzionale, sentenza del 4.12.2002, n. 506). Per contro, il titolare di un credito non qualificato (ad esempio, un creditore per fornitura privato) può invece soddisfarsi, nel limite di un quinto, solo sulla parte di pensione eccedente quanto necessario per le esigenze di vita del pensionato. Articolo 76 - Espropriazione immobiliare La procedura esecutiva immobiliare può essere avviata dall’agente della riscossione se l’importo complessivo del credito per il quale procede supera complessivamente euro 8.000. Tale limite, già fissato in euro 1.549,37 è stato elevato dall’articolo 3, comma 40, lettera b-bis) del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248. Inoltre, non può procedersi all’espropriazione immobiliare se il valore del bene, determinato a norma dell’articolo 79 e diminuito delle passività ipotecarie aventi priorità sul credito per il quale si procede, è inferiore all’importo di euro 8.000. Nel procedimento speciale pertanto il ricorso l’utilizzo dello strumento dell’espropriazione immobiliare è subordinato all’esistenza di due presupposti rappresentati dall’entità del credito e dal valore del bene che rappresentano un limite al principio della responsabilità patrimoniale sancito dall’articolo 2740 c.c.; di fatto tali limitazioni conducono all'impossibilità di aggredire i beni immobili dei debitori in un numero elevatissimo di casi, indebolendo l'efficacia deterrente dell'istituto. Le “passività ipotecarie” La locuzione “passività ipotecarie” di cui all’art. 76, comma 2, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, deve intendersi nel senso di importo del credito del terzo garantito da ipoteca e non di importo dell’ipoteca iscritta. E’ appena il caso di evidenziare che l’importo del credito attuale del terzo è, in genere, un dato conosciuto soltanto dal titolare del credito stesso; talché la valutazione in ordine all’esistenza del presupposto previsto dal secondo comma del citato articolo e la conseguente impossibilità ex lege di procedere esecutivamente costituisce un momento di criticità che impone un approfondito esame della situazione. - circolare n. 46/E del 16.11.2004 La conversione del pignoramento immobiliare, art. 495 c.p.c. Tale istituto non è contemplato dalla normativa speciale. A ben veder esso si pone in contrasto con la natura del procedimento speciale teso ad un mero e immediato recupero del credito tributario, mentre la conversione si risolve, praticamente, nella concessione di una dilazione o rateazione di pagamento in contrasto con quanto previsto dall’articolo 19 del d.P.R. 602 del 1973 che costituisce l’unica forma di pagamento dilazionato delle somme iscritte a ruolo. - risoluzione n. 83 del 14.02.1985. Articolo 77 – iscrizione di ipoteca L’ipoteca rappresenta lo strumento previsto dal legislatore per assicurare il risultato della riscossione coattiva. Tale disposizione ha costituito una delle principali innovazioni introdotte dal decreto legislativo n. 46 del 1999 che ha in sostanza preso atto della necessità ai fini della riscossione coattiva di potere avvalersi di uno strumento che rafforza la pretesa creditoria qual è l’ipoteca in un contesto nel quale il patrimonio immobiliare costituisce la principale fonte di rimborso o meglio di recupero dei crediti in genere, unitamente ai redditi da lavoro dipendente. L’articolo 77, comma primo, dispone che l’ipoteca può essere iscritta una volta decorso il termine di giorni sessanta dalla notifica della cartella di pagamento che, come noto, costituisce al tempo stesso atto di intimazione di pagamento ed atto di precetto. L’ipoteca di cui trattasi può essere iscritta soltanto se il titolo portato nel ruolo è scaduto e quindi sempre in un momento successivo all’insorgenza del credito e per tale motivo non ha natura cautelare; è appena il caso di rammentare che l’ipoteca costituisce un diritto reale di garanzia ed è uno strumento attraverso il quale il creditore può ottenere soddisfazione con priorità rispetto agli altri creditori sul prezzo ricavato dall’espropriazione (diritto di prelazione); quest’ultima può anche essere promossa anche nei confronti di un terzo (diritto di sequela). A fronte di una previsione così ampia come quella di cui al comma 1, il comma 2 dello stesso articolo 77 ha introdotto un limite operativo mirante a contemperare l'esigenza di un pronto recupero delle somme portate dal ruolo con la necessità di non espropriare immediatamente beni immobili il cui valore, rispetto all'entità del debito, risulti tale da giustificare l'immediata aggressione. La norma prevede infatti che l'ipoteca debba essere obbligatoriamente iscritta e non possa procedersi all'esecuzione se non siano decorsi sei mesi dall'iscrizione, qualora le somme complessivamente iscritte a ruolo siano inferiori al cinque per cento del valore dell'immobile. E’ da notare, comunque, che il legislatore, sotto il profilo degli effetti nella sfera del debitore, ha giustamente considerato più grave il pignoramento che non l’ipoteca. In tema di ipoteca è opportuno rammentare che: • le norme ordinarie riconoscono al creditore l’ampio diritto di iscrivere ipoteca su tutti i beni del debitore (articoli 2740 e 2828 del c.c.); • nel caso di iscrizione di ipoteca su una quantità di beni eccedenti la garanzia da acquisirsi, non è riconosciuto al debitore altro diritto che quello di ottenere a sue spese la riduzione dell’iscrizione ad una parte soltanto dei beni (articolo 2877 c.c.); • il creditore che abbia iscritto ipoteca su beni il cui valore ecceda l’importo del credito vantato non può mai essere chiamato a rispondere, nei confronti del debitore, per danni ai sensi dell’articolo 2043 del c.c., salvo la possibilità di configurare una responsabilità processuale ai sensi dell’articolo 96, comma 1, c.p.c., qualora il creditore, convenuto per la riduzione dell’ipoteca, resista in giudizio con mala fede o colpa grave (Cass. Sez III, n. 10771 del 29.09.1999). Inoltre: • non si deve procedere ad iscrizione di ipoteca su beni rispetto ai quali è in corso una procedura d’esproprio da parte di terzi, atteso che l’ipoteca, pur essendo valida, non è opponibile al creditore procedente ed a quelli intervenuti nell’esecuzione (articolo 2916, n.1, c.c.); • occorre esaminare con attenzione la situazione immobiliare del debitore onde evitare di iscrivere ipoteca su beni che non risultino di sua proprietà. - risoluzione n. 190 del 1° ottobre 2003 . L’iscrizione di ipoteca comporta, invero, l’esame analitico di una serie di dati quali l’entità del credito, la definitività o provvisorietà dello stesso, la natura e l’ubicazione dei beni, il numero ed il valore di ciascuno di essi, l’andamento del mercato immobiliare locale, l’entità delle eventuali passività già iscritte in favore di terzi. In linea generale e in un’ottica di economicità, può affermarsi che l’ipoteca deve essere iscritta qualora si abbia la ragionevole certezza che in sede di successiva esecuzione la prelazione ipotecaria possa garantire il recupero almeno di una somma superiore alle spese sostenute per l’acquisizione della garanzia medesima. Articolo 79 - Prezzo base e cauzione Il prezzo base dell'incanto è pari all'importo stabilito a norma dell'articolo 54, comma 4, del t.u. delle disposizioni concernenti l'imposta di registro e quindi viene determinato in via automatica sulla base delle rendite catastali. Tuttavia, nella pratica corrente, ciò si scontra con la tematica del c.d. giusto prezzo che non è quello determinato in base all’articolo 568 c.p.c. ma è rappresentato, secondo le indicazioni della Cassazione, “dalla realizzazione del massimo valore pecuniario, a tutela degli interessi della massa e dello stesso debitore”. L’articolo 79 ha tuttavia superato il vaglio della Corte Costituzionale che, con la sentenza 23.05.2002, n. 217, ha riconfermato che il procedimento amministrativo di riscossione coattiva delle imposte non pagate risponde all'esigenza di pronta realizzazione del credito fiscale a garanzia del regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato e pertanto non può ritenersi ingiustificata la diversità di disciplina, rispetto all'esecuzione ordinaria, riguardante le modalità di determinazione del prezzo base dell'incanto, in quanto il riferimento, in ogni caso, al valore catastale dell'immobile, con esclusione di qualsiasi indagine - e possibili contestazioni - riguardo all'effettivo valore commerciale del bene, è pienamente coerente con l'indicata finalità di tempestiva riscossione dei crediti tributari e d'altro canto si fonda su una ragionevole presunzione di congruità del suddetto valore catastale. Articolo 80, comma 2 - Pubblicazione e notificazione dell’avviso di vendita La norma indica le forme di pubblicità e rimette all’istanza di parte eventuali ulteriori e diverse forme di pubblicità dell’avviso di vendita. Tale disciplina tuttavia deve essere integrata con la disposizione di cui all’articolo 4, comma 3-ter, del decreto Legge n. 209 del 24.09.2002 che ha previsto l’ introduzione della forma di pubblicità delle procedure di vendita esattoriali da effettuarsi tramite il sito internet dell’Agenzia. Articolo 83 - Progetto di distribuzione Il compito di provvedere alla formazione del piano di riparto delle somme ricavate dall'espropriazione è affidato allo stesso agente della riscossione. Articolo 85 - Assegnazione dell’immobili allo Stato La norma disciplina l'assegnazione degli immobili invenduti allo Stato secondo una procedura che sostanzialmente confluisce in quella dell'assegnazione nel processo civile ancorché con alcune significative deroghe per quanto concerne il prezzo di assegnazione ed il versamento del prezzo stesso. In caso di mancato versamento del prezzo, la procedura si estingue, senza liberazione del debitore, a meno che non si proceda ad un quarto ed ultimo incanto. E' da rilevare che la norma si applica soltanto nelle esecuzioni nelle quali l’agente della riscossione abbia azionato crediti erariali. - circolare n. 53 del 6.10.2003 Articolo 86 - Fermo di beni mobili registrati Il fermo amministrativo previsto dall’articolo 86 è un provvedimento di natura cautelare, funzionale all’eventuale successiva esecuzione, che impedisce, durante il periodo in cui opera, l’utilizzo e la libera disponibilità del bene. Viene iscritto dall’agente della riscossione sui registri tenuti dal P.R.A. (per quanto riguarda i veicoli) mediante una procedura telematica non più alla scadenza del termine previsto dall'art. 50, bensì alla scadenza dell'ulteriore termine di venti giorni ora previsto dal c.d. preavviso di iscrizione, introdotto nel corso del 2004 in via di prassi, al fine di indurre il contribuente all'adempimento spontaneo nella consapevolezza dei rischi connessi alla circolazione del veicolo sottoposto al fermo. L’articolo 3, comma 41, del decreto legge n. 203 del 2005 ha stabilito che le disposizioni di cui all’articolo 86 del d.P.R. n. 602 del 1973 debbono essere interpretate nel senso che fino alla emanazione del nuovo regolamento previsto dal comma 4 di tale articolo, il fermo può essere eseguito sui veicoli nel rispetto delle disposizioni contenute nel decreto n. 503 del 1998, quanto alle modalità di iscrizione e cancellazione e agli effetti del fermo stesso. Tale norma ha in sostanza confermato la correttezza dell’interpretazione assunta dall’Agenzia con le circolari n. 221 del 24.11.1999 e con la risoluzione n. 64 del 1.3.2002 ed ha consentito nuovamente, quanto meno con riferimento ai veicoli, l’utilizzo del fermo con conseguente revoca delle disposizioni impartite con la risoluzione n. 92 del 22.07.2004 con la quale era stata disposta la temporanea sospensione dell’utilizzo di tale strumento. In attesa che venga emanato il nuovo regolamento di attuazione della norma di cui trattasi, l’Agenzia ha comunque ritenuto di dovere confermare agli agenti della riscossione le istruzioni impartite in ordine alla opportunità che l’iscrizione del fermo sia preceduta da un preavviso contenente un ulteriore invito a pagare le somme dovute entro i successivi venti giorni, decorsi i quali il preavviso assumerà il valore di comunicazione di iscrizione del fermo. Le azioni a tutela del credito erariale L’attività di riscossione coattiva risulta assai spesso improduttiva in quanto l’agente della riscossione, all’atto di determinare il profilo reddituale e patrimoniale del contribuente moroso, rileva che lo stesso ha sottratto i propri beni alla garanzia generica prevista dall’articolo 2740 c.c.. L’atto dispositivo, in genere, viene posto in essere già prima della notifica della cartella di pagamento o dell’atto di accertamento e in taluni casi ancora prima, nel corso della verifica fiscale; non sono infrequenti tuttavia i casi in cui la sottrazione dei beni avviene nell’arco di tempo previsto dall’articolo 25, comma 2, del d.P.R. 602 del 1973 per il pagamento delle somme dovute. Il rimedio naturale attraverso siffatti comportamenti è il ricorso alle azioni che l’ordinamento mette a disposizione del creditore per la tutela dei suoi interessi. L’effetto rilevante di tali azioni è quello di consentire di promuovere il recupero di crediti iscritti a ruolo, in genere non altrimenti esigibili. E’ di tutta evidenza che la possibilità di esperire tali mezzi è condizionata dal fattore temporale, atteso che l’esercizio di tali diritti è sottoposto al termine di prescrizione quinquennale. La previsione, contenuta nell’articolo 49 del d.P.R. n. 602 del 1973, che consente all’agente della riscossione di promuovere tali azioni, è finalizzata a porre quest’ultimo nella condizione di operare con immediatezza all’atto della rilevazione dell’atto dispositivo attenuando il possibile rischio della prescrizione, in un contesto generale caratterizzato da un ampio arco temporale tra il momento evasivo e l’inizio dell’azione di recupero coattivo. L’azione revocatoria ex articolo 2901 c.c. Il fine perseguito con l’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria è di rendere inefficaci nei confronti del creditore procedente gli atti di disposizione posti in essere dal debitore che diminuiscono il suo patrimonio fino a renderlo insufficiente a garantire il soddisfacimento di tutti i suoi debiti, ovvero pregiudicano comunque detto soddisfacimento in quanto le sue attività facilmente aggredibili esecutivamente e non distraibili vengono sostituite da beni difficilmente espropriabili o facilmente occultabili (ad esempio il ricavato dalla vendita di un immobile, sempre che sia ravvisabile negli atti in questione un pericolo anche eventuale in tal senso). Per atto di disposizione deve intendersi ogni atto con il quale il debitore modifica la sua consistenza patrimoniale sia trasferendo ad altri un diritto che gli appartiene (alienazione o donazione di un immobile, cessione di un credito), sia assumendo un obbligo nuovo (fideiussione) ovvero costituendo sui suoi beni diritti a favore di terzi (pegno, ipoteca), sia a titolo oneroso che gratuito. In particolare le prestazioni di garanzia, anche per debiti altrui, sono considerate atti a titolo oneroso quando sono contestuali al credito garantito. Rientra nel novero degli atti suscettibili di revocatoria l’atto di destinazione di un bene al fondo patrimoniale per i bisogni della famiglia. E’ da sottolineare, ancorché ciò possa apparire a prima vista in contraddizione con il principio della par condicio che caratterizza il sistema della responsabilità patrimoniale, che non sono revocabili i pagamenti fatti ai creditori per debiti scaduti, anche se si potesse dimostrare l’intenzione di preferire un creditore rispetto agli altri. Tal disposizione ha la sua ragion d’essere nella natura di atto dovuto della prestazione del debitore, una volta che si siano verificati gli effetti della mora ex articolo 1219 c.c. e non nella assenza di una diminuzione della sua garanzia patrimoniale generale; quest’ultima è determinata non dalla prestazione in quanto tale ma dall’atto che ha dato origine alla prestazione adempiuta, questo semmai assoggettabile a revocatoria. E’ importate rilevare che tale disposizione non è applicabile né in via analogica, né in via estensiva alla concessione di ipoteca per debito già scaduto, che è invece un tipico negozio di disposizione patrimoniale aggredibile con l’azione revocatoria in quanto suscettibile di generare una diminuzione della garanzia patrimoniale generale del debitore nei confronti degli altri creditori, potendo in concreto condurre allo stesso risultato della alienazione del bene assoggettato alla garanzia (Cass. Sez. III, 5.08.1996). Legittimato all’azione è il titolare di un credito, sia pure sottoposto a condizione o a termine ovvero anche meramente eventuale (ad esempio, da fideiussione). Occorre sottolineare che scopo dell’azione non è quello di far tornare il bene nel patrimonio del debitore ma di rendere inefficace relativamente a chi agisce l’atto di disposizione o la dazione di una garanzia; tale inefficacia giova pertanto solo al creditore che esercita la revocatoria. Volendo profittare dell’azione esperita da un terzo e non intendendo a risparmio di spese dare vita ad un diverso analogo giudizio, si potrà effettuare nella causa pendente un intervento adesivo autonomo litisoncortile ai sensi dell’articolo 105, comma 1, c.p.c., da non confondere con l’intervento principale volto a fare valere un diritto in contrasto con tutte le altre parti costituite o con l’intervento “ad adiuvandum” di cui al comma 2 dello stesso articolo. Condizioni per il positivo esercizio della revocatoria è la sussistenza del diritto di credito verso il debitore e di un pregiudizio arrecato alle ragioni di credito con l’atto di disposizione contestato. Occorre altresì dimostrare che il debitore aveva la consapevolezza di arrecare un danno con il suo comportamento al creditore ovvero, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l’atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento. La frode quindi è l’elemento essenziale del sistema della revocatoria e per aversi frode è sufficiente secondo l’articolo 2901 c.c. la conoscenza del pregiudizio che l’atto può arrecare alle ragioni di credito. Se non c’è stata frode il creditore non può esercitare alcun rimedio, neppure contro atti di alienazione poco opportuni ovvero contro l’assunzione di debiti. Se l’atto in questione è a titolo gratuito basta che la consapevolezza sussista nel debitore; se invece l’atto è a titolo oneroso occorre che il terzo interessato fosse a conoscenza del pregiudizio che veniva in tal modo arrecato al creditore del suo dante causa. Quindi la posizione del terzo che ha partecipato alla frode non merita alcun riguardo. Se invece egli ha acquistato non conoscendo la frode si fa una distinzione. Se l’acquisto è stato fatto a titolo oneroso, la buona fede impedisce la revoca; al contrario non la impedisce se l’acquistato è stato fatto a titolo gratuito; tra il creditore ed il terzo donatario la legge tutela sempre il primo. E’ appena il caso di evidenziare che questo principio trova la sua massima espressione nella legge fallimentare il cui articolo 64 prevede che gli atti a titolo gratuito sono privi di effetto rispetto ai creditori se compiuti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento; da notare che tali atti sono di diritto inefficaci, senza necessità di revocatoria. In sostanza, il depauperamento del patrimonio del fallito non bilanciato da alcun corrispettivo, viene considerato dal legislatore un comportamento “odioso” che non ammette alcuna rilevanza della buona fede del donatario. Ovviamente la consapevolezza del pregiudizio da parte del terzo è meno facilmente dimostrabile. Essa può comunque desumersi presuntivamente da circostante quali la parentela o la collaborazione tra il debitore ed il terzo, la notoria mancanza di adeguate disponibilità finanziarie da parte dell’acquirente di un bene rispetto al valore dello stesso o la non congruità del prezzo pagato in relazione alla situazione di mercato. La domanda di revoca degli atti soggetti a trascrizione va poi a sua volta trascritta al fine di rendere opponibile la successiva favorevole sentenza ad eventuali terzi di buona fede che dovessero nelle more del giudizio acquistare il bene in contestazione a titolo oneroso (articolo 2652 n. 5 c.c.). Occorre rammentare che, secondo quanto disposto dall’articolo 2902 c.c., comma 1, “il creditore, ottenuta la dichiarazione di inefficacia, può promuovere nei confronti dei terzi acquirenti le azioni esecutive o conservative sui beni che formano oggetto dell’atto impugnato”. L’azione di simulazione ex art. 1414 c.c. Tale azione è diretta a far dichiarare la nullità di un contratto stipulato con il deliberato proposito di trarre in inganno i terzi ma il cui contenuto non è stato realmente voluto dalle parti contraenti (simulazione assoluta) a differenza di ciò che avviene nel caso del contratto in frode ai creditori (colpito dalla revocatoria) in cui un accordo per il trasferimento di un bene o per la costituzione di una garanzia sussiste effettivamente. Dalla cennata differenza discende che mentre con l’azione revocatoria si accerta l’inefficacia dell’atto nei confronti del solo creditore impugnante, con la simulazione si accerta che detto trasferimento non è stato voluto né si è in effetti mai verificato, sicché il bene oggetto di contestazione risulta ancora in capo all’originario titolare e tutti i suoi creditori hanno dunque il diritto di aggredirlo esecutivamente. Ne consegue che l’ipoteca iscritta dopo il compimento dell’atto simulato intervenuta la declaratoria di nullità acquista efficacia. Anche per l’azione di simulazione vale la regola di trascrivere la domanda onde rendere opponibile la conseguente sentenza ai terzi acquirenti di buona fede. Azione revocatoria e azione di simulazione di solito sono proposte nello stesso giudizio l’uno in via subordinata rispetto all’altra indifferentemente. L’azione di revoca si prescrive in cinque anni dalla data del compimento dell’atto di disposizione (articolo 2903 c.c.). L’azione di simulazione è un’ azione di accertamento negativo ed è imprescrittibile. L’azione di impugnazione della rinuncia all’eredità L’art. 524 c.c. dispone che se taluno rinunzia ad un’eredità con danno dei suoi creditori, questi possono farsi autorizzare ad accettare l’eredità al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari. In effetti la rinunzia all’eredità può pregiudicare i creditori del rinunziante che vedrebbero accresciuta la loro garanzia dai beni ereditari. Perciò anche se la rinunzia non è produttiva di effetto di fronte ai terzi (ciò che vale a collocare il rimedio fuori dallo schema dell’azione revocatoria) i creditori possono farsi autorizzare ad accettare l’eredità in nome e luogo del chiamato che vi rinunziò allo scopo di soddisfarsi sui beni sino alla concorrenza dei crediti. Si tratta di un rimedio singolare perchè si tratta di esercitare un diritto - quello di accettare l’eredità - che il debitore ha già consumato attraverso la rinunzia; si aggiunga che l’azione ha finalità di soddisfazione dei creditori e non di mera conservazione dell’integrità della sua sfera patrimoniale. Il credito del creditore interessato non deve essere necessariamente liquido ed esigibile e l’azione è esercitatile anche quando l’eredità sia stata accettata da altri (articolo 525 c.c.). L’effetto dell’azione è limitato al creditore dell’erede e si è dunque in presenza di una inefficacia relativa della rinuncia. Il risultato è unicamente quello di assicurare i beni ereditari al soddisfacimento delle ragioni del creditore; soddisfatte tali ragioni la rinuncia del chiamato conserva la sua efficacia ed egli non diventa erede, come del resto non diventa erede il creditore che ha impugnato la rinuncia. Il creditore può soddisfare le proprie ragioni sui beni ereditari in concorso con le ragioni dei creditori ereditari e dei legatari, salvo che questi abbiano prelazione per avere esercitato il diritto di separazione entro i tre mesi dall’apertura della successione. Non si tratta inoltre di un vero e proprio mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale del debitore in quanto i creditori di questi non potevano fare affidamento su attività ereditarie del tutto eventuali, ma ai fini pratici il risultato è analogo. Tale azione differisce dalla revocatoria perché per impugnare la rinuncia non è richiesto l’estremo della frode del chiamato né occorre un’attività dispositiva di lui; quindi anche se il debitore non ha preordinato la rinuncia a danno dei propri creditori l’impugnativa è ammissibile essendo sufficiente l’estremo oggettivo del danno. Differisce pure dalla surrogatoria in quanto in conseguenza della rinuncia si ha un omesso acquisto ed in questo si concretizza il danno, ancorché l’omissione non sia derivante da negligenza bensì da un atto esplicito. La domanda giudiziale che autorizza il creditore istante ad accettare l’eredità già rinunziata deve essere trascritta e ciò rende inopponibili gli atti del terzo che successivamente alla trascrizione medesima abbia acquistato e trascritto (o iscritto) diritti sugli immobili ereditati da colui al quale l’eredità era pervenuta a seguito della rinuncia dell’erede chiamato. Il diritto del creditore personale dell’erede ad impugnare la rinuncia all’eredità si prescrive in cinque anni dall’avvenuta rinuncia. La domanda di sostituzione ex art. 511 c.p.c. L’articolo 511 c.p.c. dispone che, nel procedimento esecutivo, il creditore di un creditore avente diritto alla distribuzione del ricavato della vendita può chiedere al Giudice di essere a lui sostituito. Il creditore del creditore ha dunque il potere di proporre domanda di intervento in luogo e vece di quest’ultimo. Si tratta in sostanza di un adattamento dell’azione surrogatoria di cui all’articolo 2900 c.c. al processo di esecuzione. La portata della sostituzione, secondo parte della dottrina, sarebbe più ampia di quel che la norma non possa fare apparire perché la sostituzione può essere chiesta anche prima della distribuzione, con l’attribuzione al creditore del creditore di tutti i poteri che spettavano al creditore stesso (quindi di provocare atti di espropriazione se costui era munito di titolo). Dal punto di vista formale la sostituzione si concreta in una domanda; ciò significa che l’espropriazione deve essere in atto. Se non fosse in atto il creditore dovrebbe ricorre all’espropriazione presso terzi. La legge non contempla il caso che il debitore del creditore non sia intervenuto. Si dovrebbe ammettere l’intervento, salva la dimostrazione del credito del debitore, se contestato; è da ritenere tuttavia che il debitore debba essere chiamato in giudizio in applicazione dell’articolo 2900 c.c.. Riscossione coattiva tributi locali La Finanziaria 2007 ha introdotto significative novità nel campo della riscossione coattiva dei tributi locali. In particolare, il comma 173 dell'articolo unico della legge, recependo un indirizzo giurisprudenziale largamente dominante, secondo il quale il ruolo coattivo è atto interno della pubblica amministrazione non controllabile dal contribuente, ha disposto l'abrogazione dell'articolo 12 del Dlgs 504/1992, che stabiliva, per la riscossione coattiva dell'Ici, che i ruoli dovessero essere formati e resi esecutivi non oltre il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello nel corso del quale l'avviso di liquidazione o di accertamento era stato notificato. Tale disposizione infatti, prevedendo unicamente un termine legato alla formazione e alla esecutività dei ruoli, non consentiva di risolvere la questione relativa al termine entro cui dovesse essere notificata la cartella di pagamento. Con l'articolo 1, comma 5-ter, lettera a), n. 2, della legge 156/2005, il legislatore nazionale è intervenuto sulla questione, riformulando l'articolo 25 del Dpr 602/73, prevedendo tuttavia termini certi di notifica delle cartelle di pagamento per i soli tributi erariali. Per gli avvisi di accertamento emessi dall'Erario, viene fissato il termine, a pena di decadenza, del 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo. Mutuando tale indicazione, il comma 163 dell'articolo unico della Finanziaria 2007 ha stabilito che "nel caso di riscossione coattiva dei tributi locali il relativo titolo esecutivo deve essere notificato al contribuente, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo". Invero, con il citato comma 163, il legislatore ha inteso recepire, anche in relazione ai tributi locali, quanto affermato dalla Corte costituzionale (ordinanza n. 107/2003) e dalla Corte di cassazione (sentenza n. 10/2004) che, seppure in tema di tributi erariali, si erano espresse sulla necessità che il contribuente abbia conoscenza di un termine certo entro il quale può essere effettuato il recupero dell'imposta mediante la notifica del ruolo coattivo. L'ordinamento precedente (articolo 12 del Dlgs 504/1992) era improntato al principio di conferire immediata esecutorietà agli avvisi di liquidazione e accertamento, i quali, non appena notificati, facevano sorgere il diritto dell'ente a riscuotere le somme accertate. Il termine per iscrivere a ruolo decorreva, infatti, dalla notificazione dell'avviso, indipendentemente dalla sua definitività. Il comma 163 invece rovescia questa regola e collega il diritto dell'ente locale a riscuotere il tributo solo una volta divenuto definitivo l'accertamento, che si verifica con il decorso di: * 60 giorni dalla notificazione, in caso di mancata impugnazione davanti alle commissioni tributarie * 60 giorni dalla notificazione della sentenza non ulteriormente impugnata * 1 anno e 46 giorni dal deposito della sentenza di merito non notificata e non ulteriormente impugnata. Ai sensi di quanto previsto dal comma 171 dell'articolo unico della legge finanziaria 2007, la nuova disposizione relativa al termine di notifica dei ruoli coattiva si applica anche ai rapporti pendenti al 1° gennaio 2007. Pertanto, tutti i titoli esecutivi formati dall'ente locale prima che l'accertamento sia divenuto definitivo potranno essere annullati per vizi propri della cartella da dedurre davanti le commissioni tributarie con tempestivo ricorso e a condizione che i predetti titoli siano ancora impugnabili. Il legislatore, con il comma 163, come detto, riproduce il contenuto dell'articolo 25, comma 1, lettera c), del Dpr 602/73 e, quindi, collega il diritto dell'ente locale a riscuotere il tributo solo una volta divenuto definitivo l'accertamento. Tuttavia, non sono state introdotte, per gli enti locali, le specifiche disposizioni normative che consentono la riscossione, nei tributi erariali, pur in presenza di avvisi non definitivi. Ci si riferisce in particolare, alla disposizione di cui all'articolo 15 del Dpr 602/1973, che consente l'iscrizione a titolo provvisorio nei ruoli, dopo la notifica degli avvisi d'accertamento e prima della decisione di primo grado, per la metà degli ammontari corrispondenti agli imponibili o ai maggiori imponibili accertati. Si evidenzia che, per espressa previsione contenuta nell'articolo 19 del Dlgs 46/1999, il citato articolo 15 del Dpr 602/1973 trova applicazione solo per le imposte dirette. Inoltre, in materia di Iva, l'articolo 60 del Dpr 633/1972 prevede che l'imposta o la maggiore imposta accertata dall'ufficio deve essere pagata dal contribuente entro 60 giorni dalla notifica dell'avviso di accertamento. Se il contribuente propone ricorso contro l'avviso di accertamento, il pagamento dell'imposta e della maggiore imposta deve essere effettuato per la metà dell'ammontare accertato dall'ufficio, nel termine di 60 giorni dalla notificazione dei predetti avvisi. E ancora, l'articolo 68 del Dlgs 546/1992 stabilisce, come è noto, il principio della provvisoria esecuzione delle sentenze delle Commissioni tributarie, graduando la riscossione dell'imposta in relazione al grado di giudizio e all'esito della controversia. Tale disposizione, ai fini della sua applicabilità, fa esclusivo riferimento alle leggi d'imposta che prevedono la riscossione frazionata del tributo in pendenza del giudizio. Ciò comporta che la norma in esame non trova applicazione per i tributi locali, in quanto le relative leggi istitutive non ne prevedono la relativa esazione in pendenza di giudizio. Pertanto, in assenza di una sentenza avente valore di cosa giudicata, resta preclusa per l'ente locale l'azione di riscossione coattiva in pendenza di giudizio. Stante l'attuale situazione, appare auspicabile l'introduzione, anche nell'ordinamento riferito ai tributi locali, di norme analoghe a quelle dettate in materia di tributi erariali, al fine di acconsentire l'iscrizione provvisoria al ruolo coattivo in presenza di avvisi di accertamento non definitivi.