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Opposizione all`esecuzione o agli atti esecutivi

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Opposizione all`esecuzione o agli atti esecutivi
LA RISCOSSIONE COATTIVA
Il procedimento esecutivo speciale d.P.R. n.
602 del 1973 e le altre azioni a tutela
della pretesa erariale
Secondo quanto stabilito dall’articolo 45 l’agente procede
alla riscossione coattiva delle somme iscritte a ruolo, degli
interessi di mora e delle spese di esecuzione secondo le
disposizioni di cui al titolo II del d.p.r. di cui trattasi.
L’articolo 49 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, nel testo
modificato dalla legge 30.12.2004, n. 311, stabilisce che per
la riscossione delle somme non pagate l’agente della
riscossione possa procedere all’espropriazione forzata sulla
base del ruolo, che costituisce titolo esecutivo e, al fine di
assicurare maggiori poteri agli agenti della riscossione ai fini
della tutela della pretesa erariale, che questi possa altresì
promuovere azioni cautelari e conservative, nonché ogni
altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del
creditore.
Il procedimento di espropriazione forzata speciale è
regolato dalle norme ordinarie applicabili in rapporto al
bene oggetto di esecuzione, in quanto non derogate dalla
disciplina prevista dal d. P. R. 602 del 1973 e con esso
compatibili.
- circolare n. 52/E del 9.12.2005.
E’ appena il caso di rammentare che ai sensi dell’articolo
2740 c.c., il debitore risponde dell’obbligazione con tutti i
beni che fanno parte del suo patrimonio e con quelli che
gli sono pervenuti successivamente.
Anche i beni usciti dal patrimonio dopo l’assunzione
dell’obbligazione non si sottraggono al potere di
aggressione del creditore in quanto ove ne ricorrano i
presupposti possono essere virtualmente ricondotti nel
patrimonio del debitore (articolo 2901 c.c.) e così anche i
beni rispetto ai quali il debitore ha rinunciato a che gli
stessi entrassero nel suo patrimonio (articolo 524 c.p.c.).
Pertanto, la responsabilità patrimoniale è illimitata,
nel senso che riguarda tutti i beni del debitore,
compresi i diritti di credito, anche se non tutti i beni
appartenenti al debitore possono essere assoggettati
ad esecuzione (ad esempio, alcune cose mobili sono
dichiarate
assolutamente
o
relativamente
impignorabili dagli articoli 514 e 515 c.p.c.).
Peraltro, possono esservi assoggettati, a certe
condizioni, i beni di un terzo (ad esempio, l’immobile
ipotecato successivamente trasferito a terzi, articolo
2808 c.c.).
E’ da rammentare che nel caso di più condebitori
solidali verso un unico creditore si configura una
pluralità di rapporti giuridici di credito-debito tra loro
distinti ed autonomi, correnti tra il creditore ed ogni
singolo debitore solidale ed aventi in comune solo
l'oggetto della prestazione, di tal che il creditore ha la
facoltà, ex articolo 1292 c.c., di scegliere il condebitore
solidale a cui chiedere l'integrale adempimento, con la
conseguenza che la garanzia patrimoniale generica di
cui all'articolo 2740 c.c. grava sul patrimonio di ciascun
coobbligato, separatamente e per l'intero credito.
L’inadempimento apre al creditore (articolo 2910,
comma 1, c.c.), la via dell’esecuzione forzata
attraverso cui si consegue coattivamente ciò che non
è stato conseguito spontaneamente, ovvero - come
suole dirsi - con la collaborazione del debitore.
Il patrimonio del debitore costituisce quindi per il
creditore la c.d. “garanzia generica” di ottenere
coattivamente quanto gli è dovuto qualora la
prestazione originaria non venga adempiuta
volontariamente.
Il procedimento esecutivo speciale è caratterizzato
da una serie di preclusioni nelle opposizioni, di
presunzioni di appartenenza di beni ed altre
restrizioni
inserite
in
un
procedimento
particolarmente incisivo, improntato a criteri di
semplicità e speditezza che trova piena
giustificazione nell'esigenza fondamentale di
garantire il regolare svolgimento della vita
finanziaria dello Stato, così come più volte
riconosciuto dalla Corte Costituzionale.
Il cumulo dei mezzi di
espropriazione
Una delle principali innovazioni apportate dal
decreto legislativo n. 46 del 26 febbraio 1999
consiste nel fatto che l’agente della riscossione può
procedere all’esecuzione immobiliare senza dover
prima effettuare quella mobiliare.
E' stata eliminata ogni forma di preferenza od
ordine tassativo dei procedimenti e pertanto
l’agente della riscossione può attivare la procedura
che ritiene più adatta al fine di realizzare il
recupero del credito tributario.
Per il gestore dei crediti pubblici, pertanto, essendo
stato eliminato l’obbligo della preventiva esecuzione
mobiliare vale, al pari di quanto previsto per i creditori
privati, la regola del “cumulo dei mezzi di
espropriazione”enunciata dall'art. 483, comma 1, c.p.c.
il quale prevede che “Il creditore può valersi
cumulativamente dei diversi mezzi di espropriazione forzata
previsti dalla legge, ma, su opposizione del debitore, il giudice
dell’esecuzione, con ordinanza non impugnabile, può limitare
l’espropriazione al mezzo che il creditore sceglie o, in mancanza,
a quello che il giudice stesso determina.”
Tratti più significativi del
procedimento da cui emerge
con evidenza il carattere di
specialità rispetto al rito
ordinario
Articolo 51 - Surroga del concessionario in
procedimenti esecutivi già iniziati
Qualora sui beni del debitore sia già iniziato un altro
procedimento di espropriazione, l’agente della
riscossione può dichiarare al giudice di volersi surrogare
al creditore procedente; in tal caso l'espropriazione
verrà condotta secondo le norme speciali.
Articolo 52 - Procedimento di vendita
Le funzioni svolte nell'ambito del processo di
esecuzione ordinario, dal giudice dell'esecuzione sono
attribuite all’agente della riscossione.
Articolo 54 - Intervento dei creditori
Agli altri creditori intervenuti nella procedura iniziata
dall’agente della riscossione è precluso qualsiasi atto
d'impulso; gli effetti dell'intervento sono limitati
soltanto al diritto alla distribuzione delle somme
ricavate dalla vendita.
L’opposizione all’esecuzione
L'opposizione alla esecuzione è disciplinata dall'art. 615 c.p.c. e mira a fornire al
debitore uno strumento per potersi opporre, in via preventiva al precetto, oppure
in via successiva al pignoramento, al diritto della parte istante di procedere ad
esecuzione forzata. Il debitore,quindi, chiede che sia fatta certezza sull'esistenza o
meno del diritto processuale di agire con l'esecuzione forzata. I motivi che
possono essere addotti a fondamento di questa opposizione sono:
MOTIVI DI MERITO - si contesta l'esistenza del diritto sostanziale fatto valere dal
creditore, per esempio,intervenuta transazione, adempimento e prescrizione;
MOTIVI DI RITO - allorché si contesti la qualità di titolo esecutivo, atto o
documento sulla cui base si vuole agire o si sta agendo, per esempio, il creditore
non vanta una sentenza di condanna ma di mero accertamento;
CONTESTAZIONE DELLA LEGITTIMAZIONE ATTIVA O PASSIVA;
QUOMODO DEL PIGNORAMENTO - ossia oggetto del pignoramento sono stati
beni facenti parte del patrimonio del debitore ma che si sarebbero dovuti
escludere dallo stesso, per esempio, il letto, il frigorifero.
Quando l'opposizione alla esecuzione avviene in via preventiva al precetto viene
esperita con atto di citazione (163 cpc)al giudice competente che con ordinanza
(ma la questione è dibattuta in dottrina) può sospendere l'efficacia esecutiva del
titolo, altrimenti, si propone con ricorso al giudice dell'esecuzione. Questi fissa
con decreto l'udienza di comparizione delle parti, si istaurerà un giudizio di merito
e la causa sarà decisa con sentenza non impugnabile.
Capo I: DELLE OPPOSIZIONI DEL DEBITORE E DEL TERZO
ASSOGGETTATO ALL'ESECUZIONE
Sezione I: DELLE OPPOSIZIONI ALL'ESECUZIONE
Art. 615 c.p.c. (Forma dell'opposizione)
Quando si contesta il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione
forzata e questa non e' ancora iniziata, si puo' proporre opposizione al
precetto con citazione davanti al giudice competente per materia o
valore e per territorio a norma dell'articolo 27. Il giudice,
concorrendo gravi motivi, sospende su istanza di parte l'efficacia
esecutiva del titolo. (1)
Quando e' iniziata l'esecuzione, l'opposizione di cui al comma
precedente e quella che riguarda la pignorabilita' dei beni si
propongono con ricorso al giudice dell'esecuzione stessa. Questi fissa
con decreto l'udienza di comparizione delle parti davanti a se' e il
termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto.
(1) Parole aggiunte dal D.L. 35/2005 con decorrenza dal 1 marzo 2006.
L’opposizione agli atti esecutivi
E' disciplinata dall'art. 617 c.p.c.
Si tratta di un rimedio pensato dal legislatore per far valere vizi formali
dei singoli atti del processo esecutivo, esteso non solo al debitore,
ma anche ai creditori ed ai terzi che possano aver subito un
pregiudizio dalle fasi del procedimento esecutivo.
L'opposizione è sottoposta ad un termine di 20 gg. dalla notifica del
titolo esecutivo o del precetto: essa può essere dunque esperita in
via preventiva, con atto di citazione (163 cpc) ovvero in via
successiva con ricorso, dopo che l'esecuzione sia già iniziata, sempre
entro 20 gg. da quando i singoli atti del procedimento furono
compiuti.
L'opposizione da vita ad un accertamento cognitivo che può
determinare la sospensione del processo esecutivo e che si conclude
con sentenza non impugnabile (è prevista solo impugnazione ex
111 cost. per violazione di legge).
Sezione II: DELLE OPPOSIZIONI AGLI ATTI ESECUTIVI
Art. 617 c.p.c. (Forma dell'opposizione)
Le opposizioni relative alla regolarita' formale del titolo esecutivo e del
precetto si propongono, prima che sia iniziata l'esecuzione, davanti al
giudice indicato nell'articolo 480 terzo comma, con atto di citazione da
notificarsi nel termine perentorio di venti giorni (1) dalla notificazione
del titolo esecutivo o del precetto.
Le opposizioni di cui al comma precedente che sia stato impossibile
proporre prima dell'inizio dell'esecuzione e quelle relative alla
notificazione del titolo esecutivo e del precetto e ai singoli atti di
esecuzione si propongono con ricorso al giudice dell'esecuzione nel
termine perentorio di venti giorni (1) dal primo atto di esecuzione, se
riguardano il titolo esecutivo o il precetto, oppure dal giorno in cui i
singoli atti furono compiuti.
(1) Parole così modificate dal D.L. 35/2005 con decorrenza dal 1 marzo
2006.
Articolo 57- Opposizione all’esecuzione o
agli atti esecutivi
La disciplina delle opposizioni all'esecuzione e agli atti
esecutivi rientra integralmente sotto la giurisdizione
dell'autorità giudiziaria ordinaria; queste sono tutte
precluse, salvo quella concernente la pignorabilità dei
beni, che è indispensabile al fine di garantire il diritto di
difesa del contribuente. Dunque, non sono ammesse le
opposizioni avverso il diritto dell’agente della riscossione
a procedere esecutivamente (articolo 615 c.p.c.), né
quelle relative alla regolarità formale e alla notificazione
del titolo esecutivo (articolo 617 c.p.c.).
• Le opposizioni ex art. 615 c.p.c. sono
inammissibili ex art. 57 d.p.r. 602/73, ad
eccezione di quelle concernenti la pignorabilità
dei beni
• Le opposizioni ex art. 617 c.p.c. sono
inammissibili relativamente alla regolarità
formale e alla notificazione del titolo esecutivo,
essendo per il resto ammissibili secondo i
presupposti scanditi dalla normativa del c.p.c.
La nuova formulazione della norma esclude testualmente
la proponibilità delle opposizioni ex artt. 615-618 c.p.c.
in alcune fattispecie configurate dal codice di rito,
ammettendo, seppur implicitamente, l’esperibilità di
quelle non espressamente vietate.
L’esclusione di contestazioni in merito alla regolarità
formale ed alla notifica del titolo esecutivo trova
giustificazione nel fatto che il ruolo e la cartella
possono essere impugnati innanzi alle commissioni
tributarie ex art. 19, co. 1, lett. d), d.lgs. 546/92
Il giudice ordinario, invece, è competente per le questioni relative alla
pignorabilità dei beni.
In caso di opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi, il giudice fissa
l’udienza per la comparizione personale delle parti ed ordian al
concessionario il deposito dell’esteratto del ruolo e delle copie di tutti
gli atti dell’esecuzione:
In tal modo provoca e garantisce il contraddittorio.
Le innovazioni introdotte nel c.p.c. dal 2006 si applicano anche
all’esecuzione forzata fiscale (es.:
-20 gg. per opposizione agli atti esecutivi;
-nuovo art. 185 disp.att. sul rito camerale nei giudizi di opposizione per
l’udienza di comparizione;
-nuovo art. 616 c.p.c. sui provvedimenti del giudice qualora durante il
processo di esecuzione venga introdotto il giudizio di cognizione.
Articolo 58 - Opposizione di terzi
Le opposizioni di terzo ed in particolare quelle dei
coniugi del contribuente sono sottoposte a precise
limitazioni probatorie.
Articolo 59 - Risarcimento dei danni
Chiunque si ritenga leso dall'esecuzione può proporre
azione ai fini del risarcimento dei danni nei confronti
dell’agente della riscossione, ma soltanto dopo il
compimento dell'esecuzione medesima.
Articolo 61- Estinzione del procedimento per
pagamento del debito
L'art. 61 del d.P.R. 602/73, che riprende nella
sostanza la preesistente disposizione dell'art. 204 del
d.P.R. 29.01.1958 n. 645, dispone che, salvo il caso
previsto dall'art.48, comma 2, dello stesso d.P.R.
602/73, il procedimento esecutivo speciale avviato
dall'agente di riscossione si estingue se, prima della
vendita, il debitore o un terzo provvede al pagamento
della somma portata dal ruolo, dei relativi accessori e
delle spese, ovvero
viene esibita la prova
dell'avvenuto pagamento.
Si tratta di una forma peculiare di estinzione del
processo che soddisfa l'esigenza dell'Amministrazione
di recuperare in tempi brevi l'intero credito iscritto a
ruolo, che deroga alla disciplina dettata dalle norme di
rito comune e prescinde dal consenso degli eventuali
creditori intervenuti i quali, infatti, a norma dell'art.
54, comma 2, hanno soltanto il diritto di partecipare
alla distribuzione della somma ricavata dalla vendita
dei beni pignorati.
L'unica condizione posta dalla norma è che il
pagamento deve avvenire prima della vendita e cioè
dell'aggiudicazione definitiva o dell'ordinanza di
assegnazione; se il pagamento avviene dopo, non si
potrà avere l'estinzione del processo speciale, a meno
che non vi rinuncino tutti i creditori, così come
disposto dal già richiamato art. 629 c.p.c..
E’ appena il caso di rammentare che il procedimento
esecutivo ordinario, ai sensi dell'art. 629 del c.p.c, si
estingue
se,
prima
dell'aggiudicazione
o
dell'assegnazione, il creditore pignorante e quelli
intervenuti muniti di titolo esecutivo rinunciano agli
atti; dopo la vendita, il processo si estingue se
rinunciano agli atti tutti i creditori intervenuti. Il
momento della vendita di cui all'art. 629 c.p.c. si
identifica con l'aggiudicazione definitiva o con
l'ordinanza di assegnazione ai sensi dell'art. 507 c.p.c..
Articolo 62 - Disposizioni particolari sui beni
pignorabili
La disciplina speciale prevede una deroga sostanziale
all'impignorabilità stabilita dagli articoli 514, 515 c.p.c., i
quali rispettivamente disciplinano le ipotesi di cose mobili
assolutamente impignorabili, cose mobili relativamente
impignorabili, cose pignorabili in particolari circostanze di
tempo. L'impignorabilità infatti trova un limite nel caso in
cui il credito tributario fosse assistito dal privilegio
previsto dall’articolo 2759.
L’impignorabilità, comunque, è sempre ad eccezione
di parte. Da notare che, a seguito della riforma del
processo esecutivo in vigore dal 1°marzo 2006, gli
strumenti, gli oggetti e i libri indispensabili per
l’esercizio della professione, dell’arte o del mestiere
del debitore, già indicati nell’art. 514 tra le cose
mobili assolutamente impignorabili, sono ora
riportate all’interno dell’art. 515 dedicato alle cose
mobili relativamente impignorabili.
Articolo 63 - Astensione dal pignoramento
La norma è collocata nella sezione relativa alle
disposizioni particolari in materia di espropriazione
mobiliare ad impedire che il debitore d'imposta simuli
atti di alienazione di beni in danno dell’agente della
riscossione. La dimostrazione che i beni
appartengono a persona diversa dal debitore iscritto a
ruolo può essere offerta soltanto mediante esibizione
di un titolo avente data certa anteriore all'anno cui si
riferisce l'entrata iscritta a ruolo. E’ da segnalare una
interessante interpretazione del contenuto di tale
norma operata dalla Cassazione con la sentenza n.
3298 del 14.07.89, secondo cui la disposizione
dell’articolo 63 esplica la sua efficacia anche nella
espropriazione mobiliare presso terzi.
Il decreto legge 30 settembre 2005, n. 205, convertito
dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, ha introdotto il
nuovo articolo 72 bis che prevede un procedimento
speciale semplificato per il pignoramento delle
somme dovute a titolo di emolumenti dal datore di
lavoro del contribuente moroso. Il procedimento è
del tutto simile a quello previsto dall’articolo 72 per il
pignoramento dei fitti e delle pigioni.
L’articolo 2, comma 6, del decreto legge 3.10.2006, n.
262, in vigore dal 3.10.2006 ha nuovamente
modificato il testo di tale norma che ora dispone
quanto segue:
Articolo 72 - bis contenuti dell’atto di
pignoramento del quinto dello stipendio
Salvo che per i crediti pensionistici e fermo restando
quanto previsto dall'articolo 545, commi quarto, quinto
e sesto, del codice di procedura civile, l'atto di
pignoramento dei crediti del debitore verso terzi può
contenere, in luogo della citazione di cui all'articolo
543, secondo comma, numero 4), dello stesso codice di
procedura civile, l'ordine al terzo di pagare il credito
direttamente al concessionario, fino a concorrenza
del credito per cui si procede: a) nel termine di quindici
giorni dalla notifica dell'atto di pignoramento, per le
somme per le quali il diritto alla percezione sia
maturato anteriormente alla data di tale notifica; b) alle
rispettive scadenze, per le restanti somme.
Nel caso di inottemperanza all'ordine di pagamento, si
applicano le disposizioni di cui all'articolo 72, comma 2.
L’agente della riscossione può comunque procedere al
pignoramento presso terzi secondo le norme previste
dal rito ordinario. Ai sensi dell’art. 543 c.p.c. il
pignoramento dei crediti del debitore verso terzi o di
cose del debitore che sono in possesso di terzi, si
esegue mediante atto notificato personalmente al terzo
ed al debitore; il terzo viene citato a comparire davanti
al giudice dell’esecuzione del luogo di residenza del
terzo medesimo al fine di rendere la dichiarazione
mediante la quale specifica di quali cose o di quali
somme è debitore o si trova in possesso, e quando ne
deve eseguire la consegna o il pagamento. I beni
pignorati vengono assegnati al creditore/agente della
riscossione ovvero vengono venduti.
A norma dell’art. 548 c.p.c. se il terzo non compare
all’udienza stabilita o, comparendo, rifiuta di fare la
dichiarazione, o se intorno a questa sorgono delle
contestazioni, il giudice, su istanza del creditore/agente
della riscossione provvede all’istruzione della causa.
- Circolare n. 46/E del 16 novembre 2004
La pignorabilità delle pensioni
Secondo quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con la
sentenza n. 506 del 4.12.2002 la parte della pensione che
eccede quanto necessario per le esigenze di vita del
pensionato rimane assoggettabile al regime generale della
responsabilità patrimoniale di cui all'articolo 2740 c.c..
La Corte tuttavia ha precisato che non rientra nel suo
potere, ma in quello discrezionale del legislatore,
individuare in concreto l'ammontare della parte di
pensione idoneo ad assicurare "mezzi adeguati alle
esigenze di vita" del pensionato che, con le sole
eccezioni tassativamente indicate dei crediti qualificati,
in quanto espressione di altri valori costituzionali (ad
esempio, articoli 29, 30 e 53 Costituzione) è in quanto
tale legittimamente assoggettabile al regime di assoluta
impignorabilità.
L’agente della riscossione in relazione ai crediti tributari
iscritti a ruolo (crediti qualificati ai sensi dell'articolo 53
Costituzione, ed in tal modo considerati dalla stessa Corte
Costituzionale con la richiamata sentenza 22 novembre
2002, n. 468) può legittimamente soddisfarsi sull'intero
ammontare della pensione, nel limite di un quinto, sia essa
erogata dall'INPDAP (ai sensi dell’art. 2, comma primo,
numero 3, del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180), dall'INPS
(Corte Costituzionale, sentenza del 22 novembre 2002, n.
468), nonché da ogni altro Ente pubblico (Corte
Costituzionale, sentenza del 4.12.2002, n. 506). Per contro,
il titolare di un credito non qualificato (ad esempio, un
creditore per fornitura privato) può invece soddisfarsi, nel
limite di un quinto, solo sulla parte di pensione eccedente
quanto necessario per le esigenze di vita del pensionato.
Articolo 76 - Espropriazione immobiliare
La procedura esecutiva immobiliare può essere
avviata dall’agente della riscossione se l’importo
complessivo del credito per il quale procede
supera complessivamente euro 8.000. Tale limite,
già fissato in euro 1.549,37 è stato elevato
dall’articolo 3, comma 40, lettera b-bis) del
decreto legge 30 settembre 2005, n. 203,
convertito dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.
Inoltre, non può procedersi all’espropriazione immobiliare
se il valore del bene, determinato a norma dell’articolo 79
e diminuito delle passività ipotecarie aventi priorità sul
credito per il quale si procede, è inferiore all’importo di
euro 8.000.
Nel procedimento speciale pertanto il ricorso l’utilizzo
dello strumento dell’espropriazione immobiliare è
subordinato all’esistenza di due presupposti rappresentati
dall’entità del credito e dal valore del bene
che
rappresentano un limite al principio della responsabilità
patrimoniale sancito dall’articolo 2740 c.c.; di fatto tali
limitazioni conducono all'impossibilità di aggredire i beni
immobili dei debitori in un numero elevatissimo di casi,
indebolendo l'efficacia deterrente dell'istituto.
Le “passività ipotecarie”
La locuzione “passività ipotecarie” di cui all’art. 76,
comma 2, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, deve
intendersi nel senso di importo del credito del terzo
garantito da ipoteca e non di importo dell’ipoteca iscritta.
E’ appena il caso di evidenziare che l’importo del credito
attuale del terzo è, in genere, un dato conosciuto soltanto
dal titolare del credito stesso; talché la valutazione in
ordine all’esistenza del presupposto previsto dal secondo
comma del citato articolo e la conseguente impossibilità ex
lege di procedere esecutivamente costituisce un momento
di criticità che impone un approfondito esame della
situazione.
- circolare n. 46/E del 16.11.2004
La conversione del pignoramento immobiliare,
art. 495 c.p.c.
Tale istituto non è contemplato dalla normativa speciale.
A ben veder esso si pone in contrasto con la natura del
procedimento speciale teso ad un mero e immediato
recupero del credito tributario, mentre la conversione si
risolve, praticamente, nella concessione di una dilazione o
rateazione di pagamento in contrasto con quanto previsto
dall’articolo 19 del d.P.R. 602 del 1973 che costituisce
l’unica forma di pagamento dilazionato delle somme
iscritte a ruolo.
- risoluzione n. 83 del 14.02.1985.
Articolo 77 – iscrizione di ipoteca
L’ipoteca rappresenta lo strumento previsto dal legislatore
per assicurare il risultato della riscossione coattiva. Tale
disposizione ha costituito una delle principali innovazioni
introdotte dal decreto legislativo n. 46 del 1999 che ha in
sostanza preso atto della necessità ai fini della riscossione
coattiva di potere avvalersi di uno strumento che rafforza
la pretesa creditoria qual è l’ipoteca in un contesto nel
quale il patrimonio immobiliare costituisce la principale
fonte di rimborso o meglio di recupero dei crediti in
genere, unitamente ai redditi da lavoro dipendente.
L’articolo 77, comma primo, dispone che l’ipoteca può
essere iscritta una volta decorso il termine di giorni
sessanta dalla notifica della cartella di pagamento che,
come noto, costituisce al tempo stesso atto di
intimazione di pagamento ed atto di precetto. L’ipoteca
di cui trattasi può essere iscritta soltanto se il titolo
portato nel ruolo è scaduto e quindi sempre in un
momento successivo all’insorgenza del credito e per tale
motivo non ha natura cautelare; è appena il caso di
rammentare che l’ipoteca costituisce un diritto reale di
garanzia ed è uno strumento attraverso il quale il
creditore può ottenere soddisfazione con priorità
rispetto agli altri creditori sul prezzo ricavato
dall’espropriazione (diritto di prelazione); quest’ultima
può anche essere promossa anche nei confronti di un
terzo (diritto di sequela).
A fronte di una previsione così ampia come quella di cui al
comma 1, il comma 2 dello stesso articolo 77 ha
introdotto un limite operativo mirante a contemperare
l'esigenza di un pronto recupero delle somme portate dal
ruolo con la necessità di non espropriare immediatamente
beni immobili il cui valore, rispetto all'entità del debito,
risulti tale da giustificare l'immediata aggressione. La
norma prevede infatti che l'ipoteca debba essere
obbligatoriamente iscritta e non possa procedersi
all'esecuzione se non siano decorsi sei mesi dall'iscrizione,
qualora le somme complessivamente iscritte a ruolo siano
inferiori al cinque per cento del valore dell'immobile.
E’ da notare, comunque, che il legislatore, sotto il profilo
degli effetti nella sfera del debitore, ha giustamente
considerato più grave il pignoramento che non l’ipoteca.
In tema di ipoteca è opportuno rammentare che:
• le norme ordinarie riconoscono al creditore l’ampio
diritto di iscrivere ipoteca su tutti i beni del debitore
(articoli 2740 e 2828 del c.c.);
• nel caso di iscrizione di ipoteca su una quantità di beni
eccedenti la garanzia da acquisirsi, non è riconosciuto al
debitore altro diritto che quello di ottenere a sue spese la
riduzione dell’iscrizione ad una parte soltanto dei beni
(articolo 2877 c.c.);
•
il creditore che abbia iscritto ipoteca su beni il cui valore
ecceda l’importo del credito vantato non può mai essere
chiamato a rispondere, nei confronti del debitore, per
danni ai sensi dell’articolo 2043 del c.c., salvo la
possibilità di configurare una responsabilità processuale
ai sensi dell’articolo 96, comma 1, c.p.c., qualora il
creditore, convenuto per la riduzione dell’ipoteca, resista
in giudizio con mala fede o colpa grave (Cass. Sez III, n.
10771 del 29.09.1999).
Inoltre:
• non si deve procedere ad iscrizione di ipoteca su
beni rispetto ai quali è in corso una procedura
d’esproprio da parte di terzi, atteso che l’ipoteca, pur
essendo valida, non è opponibile al creditore
procedente ed a quelli intervenuti nell’esecuzione
(articolo 2916, n.1, c.c.);
• occorre esaminare con attenzione la situazione
immobiliare del debitore onde evitare di iscrivere
ipoteca su beni che non risultino di sua proprietà.
- risoluzione n. 190 del 1° ottobre 2003 .
L’iscrizione di ipoteca comporta, invero, l’esame analitico
di una serie di dati quali l’entità del credito, la definitività
o provvisorietà dello stesso, la natura e l’ubicazione dei
beni, il numero ed il valore di ciascuno di essi,
l’andamento del mercato immobiliare locale, l’entità delle
eventuali passività già iscritte in favore di terzi. In linea
generale e in un’ottica di economicità, può affermarsi che
l’ipoteca deve essere iscritta qualora si abbia la
ragionevole certezza che in sede di successiva esecuzione
la prelazione ipotecaria possa garantire il recupero
almeno di una somma superiore alle spese sostenute per
l’acquisizione della garanzia medesima.
Articolo 79 - Prezzo base e cauzione
Il prezzo base dell'incanto è pari all'importo stabilito
a norma dell'articolo 54, comma 4, del t.u. delle
disposizioni concernenti l'imposta di registro e
quindi viene determinato in via automatica sulla
base delle rendite catastali. Tuttavia, nella pratica
corrente, ciò si scontra con la tematica del c.d. giusto
prezzo che non è quello determinato in base
all’articolo 568 c.p.c. ma è rappresentato, secondo le
indicazioni della Cassazione, “dalla realizzazione del
massimo valore pecuniario, a tutela degli interessi
della massa e dello stesso debitore”.
L’articolo 79 ha tuttavia superato il vaglio della Corte
Costituzionale che, con la sentenza 23.05.2002, n. 217, ha
riconfermato che il procedimento amministrativo di
riscossione coattiva delle imposte non pagate risponde
all'esigenza di pronta realizzazione del credito fiscale a
garanzia del regolare svolgimento della vita finanziaria dello
Stato e pertanto non può ritenersi ingiustificata la diversità
di disciplina, rispetto all'esecuzione ordinaria, riguardante le
modalità di determinazione del prezzo base dell'incanto, in
quanto il riferimento, in ogni caso, al valore catastale
dell'immobile, con esclusione di qualsiasi indagine - e
possibili contestazioni - riguardo all'effettivo valore
commerciale del bene, è pienamente coerente con l'indicata
finalità di tempestiva riscossione dei crediti tributari e d'altro
canto si fonda su una ragionevole presunzione di congruità
del suddetto valore catastale.
Articolo 80, comma 2 - Pubblicazione e
notificazione dell’avviso di vendita
La norma indica le forme di pubblicità e rimette
all’istanza di parte eventuali ulteriori e diverse forme di
pubblicità dell’avviso di vendita. Tale disciplina tuttavia
deve essere integrata con la disposizione di cui
all’articolo 4, comma 3-ter, del decreto Legge n. 209
del 24.09.2002 che ha previsto l’ introduzione della
forma di pubblicità delle procedure di vendita
esattoriali da effettuarsi tramite il sito internet
dell’Agenzia.
Articolo 83 - Progetto di distribuzione
Il compito di provvedere alla formazione del piano di
riparto delle somme ricavate dall'espropriazione è
affidato allo stesso agente della riscossione.
Articolo 85 - Assegnazione dell’immobili allo
Stato
La norma disciplina l'assegnazione degli immobili
invenduti allo Stato secondo una procedura che
sostanzialmente confluisce in quella dell'assegnazione
nel processo civile ancorché con alcune significative
deroghe per quanto concerne il prezzo di assegnazione
ed il versamento del prezzo stesso. In caso di mancato
versamento del prezzo, la procedura si estingue, senza
liberazione del debitore, a meno che non si proceda ad
un quarto ed ultimo incanto.
E' da rilevare che la norma si applica soltanto nelle
esecuzioni nelle quali l’agente della riscossione abbia
azionato crediti erariali.
- circolare n. 53 del 6.10.2003
Articolo 86 - Fermo di beni mobili registrati
Il fermo amministrativo previsto dall’articolo 86 è un
provvedimento di natura cautelare, funzionale
all’eventuale successiva esecuzione, che impedisce,
durante il periodo in cui opera, l’utilizzo e la libera
disponibilità del bene. Viene iscritto dall’agente della
riscossione sui registri tenuti dal P.R.A. (per quanto
riguarda i veicoli) mediante una procedura telematica
non più alla scadenza del termine previsto dall'art. 50,
bensì alla scadenza dell'ulteriore termine di venti giorni
ora previsto dal c.d. preavviso di iscrizione, introdotto
nel corso del 2004 in via di prassi, al fine di indurre il
contribuente
all'adempimento
spontaneo
nella
consapevolezza dei rischi connessi alla circolazione del
veicolo sottoposto al fermo.
L’articolo 3, comma 41, del decreto legge n. 203 del
2005 ha stabilito che le disposizioni di cui all’articolo 86
del d.P.R. n. 602 del 1973 debbono essere interpretate
nel senso che fino alla emanazione del nuovo
regolamento previsto dal comma 4 di tale articolo, il
fermo può essere eseguito sui veicoli nel rispetto delle
disposizioni contenute nel decreto n. 503 del 1998,
quanto alle modalità di iscrizione e cancellazione e agli
effetti del fermo stesso. Tale norma ha in sostanza
confermato la correttezza dell’interpretazione assunta
dall’Agenzia con le circolari n. 221 del 24.11.1999 e con
la risoluzione n. 64 del 1.3.2002 ed ha consentito
nuovamente, quanto meno con riferimento ai veicoli,
l’utilizzo del fermo con conseguente revoca delle
disposizioni impartite con la risoluzione n. 92 del
22.07.2004 con la quale era stata disposta la temporanea
sospensione dell’utilizzo di tale strumento.
In attesa che venga emanato il nuovo regolamento di
attuazione della norma di cui trattasi, l’Agenzia ha
comunque ritenuto di dovere confermare agli agenti
della riscossione le istruzioni impartite in ordine alla
opportunità che l’iscrizione del fermo sia preceduta da
un preavviso contenente un ulteriore invito a pagare le
somme dovute entro i successivi venti giorni, decorsi i
quali il preavviso assumerà il valore di comunicazione di
iscrizione del fermo.
Le azioni a tutela del credito erariale
L’attività di riscossione coattiva risulta assai spesso
improduttiva in quanto l’agente della riscossione, all’atto
di determinare il profilo reddituale e patrimoniale del
contribuente moroso, rileva che lo stesso ha sottratto i
propri beni alla garanzia generica prevista dall’articolo
2740 c.c..
L’atto dispositivo, in genere, viene posto in essere già
prima della notifica della cartella di pagamento o
dell’atto di accertamento e in taluni casi ancora prima,
nel corso della verifica fiscale; non sono infrequenti
tuttavia i casi in cui la sottrazione dei beni avviene
nell’arco di tempo previsto dall’articolo 25, comma 2,
del d.P.R. 602 del 1973 per il pagamento delle somme
dovute.
Il rimedio naturale attraverso siffatti comportamenti è il
ricorso alle azioni che l’ordinamento mette a disposizione
del creditore per la tutela dei suoi interessi. L’effetto
rilevante di tali azioni è quello di consentire di promuovere
il recupero di crediti iscritti a ruolo, in genere non
altrimenti esigibili. E’ di tutta evidenza che la possibilità di
esperire tali mezzi è condizionata dal fattore temporale,
atteso che l’esercizio di tali diritti è sottoposto al termine di
prescrizione quinquennale.
La previsione, contenuta nell’articolo 49 del d.P.R. n.
602 del 1973, che consente all’agente della riscossione
di promuovere tali azioni, è finalizzata a porre
quest’ultimo nella condizione di operare con
immediatezza all’atto della rilevazione dell’atto
dispositivo attenuando il possibile rischio della
prescrizione, in un contesto generale caratterizzato da
un ampio arco temporale tra il momento evasivo e
l’inizio dell’azione di recupero coattivo.
L’azione revocatoria ex articolo 2901 c.c.
Il fine perseguito con l’esperimento dell’azione
revocatoria ordinaria è di rendere inefficaci nei confronti
del creditore procedente gli atti di disposizione posti in
essere dal debitore che diminuiscono il suo patrimonio
fino a renderlo insufficiente a garantire il
soddisfacimento di tutti i suoi debiti, ovvero
pregiudicano comunque detto soddisfacimento in
quanto le sue attività facilmente aggredibili
esecutivamente e non distraibili vengono sostituite da
beni difficilmente espropriabili o facilmente occultabili
(ad esempio il ricavato dalla vendita di un immobile,
sempre che sia ravvisabile negli atti in questione un
pericolo anche eventuale in tal senso).
Per atto di disposizione deve intendersi ogni atto con il quale
il debitore modifica la sua consistenza patrimoniale sia
trasferendo ad altri un diritto che gli appartiene (alienazione
o donazione di un immobile, cessione di un credito), sia
assumendo un obbligo nuovo (fideiussione) ovvero
costituendo sui suoi beni diritti a favore di terzi (pegno,
ipoteca), sia a titolo oneroso che gratuito. In particolare le
prestazioni di garanzia, anche per debiti altrui, sono
considerate atti a titolo oneroso quando sono contestuali al
credito garantito.
Rientra nel novero degli atti suscettibili di revocatoria l’atto
di destinazione di un bene al fondo patrimoniale per i
bisogni della famiglia.
E’ da sottolineare, ancorché ciò possa apparire a prima
vista in contraddizione con il principio della par condicio che
caratterizza il sistema della responsabilità patrimoniale, che
non sono revocabili i pagamenti fatti ai creditori per debiti
scaduti, anche se si potesse dimostrare l’intenzione di
preferire un creditore rispetto agli altri. Tal disposizione ha
la sua ragion d’essere nella natura di atto dovuto della
prestazione del debitore, una volta che si siano verificati gli
effetti della mora ex articolo 1219 c.c. e non nella assenza
di una diminuzione della sua garanzia patrimoniale
generale; quest’ultima è determinata non dalla prestazione
in quanto tale ma dall’atto che ha dato origine alla
prestazione adempiuta, questo semmai assoggettabile a
revocatoria.
E’ importate rilevare che tale disposizione non è
applicabile né in via analogica, né in via estensiva alla
concessione di ipoteca per debito già scaduto, che è
invece un tipico negozio di disposizione patrimoniale
aggredibile con l’azione revocatoria in quanto
suscettibile di generare una diminuzione della garanzia
patrimoniale generale del debitore nei confronti degli
altri creditori, potendo in concreto condurre allo stesso
risultato della alienazione del bene assoggettato alla
garanzia (Cass. Sez. III, 5.08.1996).
Legittimato all’azione è il titolare di un credito, sia pure
sottoposto a condizione o a termine ovvero anche
meramente eventuale (ad esempio, da fideiussione).
Occorre sottolineare che scopo dell’azione non è quello
di far tornare il bene nel patrimonio del debitore ma di
rendere inefficace relativamente a chi agisce l’atto di
disposizione o la dazione di una garanzia; tale inefficacia
giova pertanto solo al creditore che esercita la revocatoria.
Volendo profittare dell’azione esperita da un terzo e non
intendendo a risparmio di spese dare vita ad un diverso
analogo giudizio, si potrà effettuare nella causa
pendente un intervento adesivo autonomo litisoncortile
ai sensi dell’articolo 105, comma 1, c.p.c., da non
confondere con l’intervento principale volto a fare
valere un diritto in contrasto con tutte le altre parti
costituite o con l’intervento “ad adiuvandum” di cui al
comma 2 dello stesso articolo.
Condizioni per il positivo esercizio della revocatoria è la
sussistenza del diritto di credito verso il debitore e di un
pregiudizio arrecato alle ragioni di credito con l’atto di
disposizione contestato.
Occorre altresì dimostrare che il debitore aveva la
consapevolezza di arrecare un danno con il suo
comportamento al creditore ovvero, trattandosi di atto
anteriore al sorgere del credito, l’atto fosse dolosamente
preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento.
La frode quindi è l’elemento essenziale del sistema della
revocatoria e per aversi frode è sufficiente secondo
l’articolo 2901 c.c. la conoscenza del pregiudizio che l’atto
può arrecare alle ragioni di credito. Se non c’è stata frode il
creditore non può esercitare alcun rimedio, neppure contro
atti di alienazione poco opportuni ovvero contro
l’assunzione di debiti.
Se l’atto in questione è a titolo gratuito basta che la
consapevolezza sussista nel debitore; se invece l’atto è a
titolo oneroso occorre che il terzo interessato fosse a
conoscenza del pregiudizio che veniva in tal modo
arrecato al creditore del suo dante causa.
Quindi la posizione del terzo che ha partecipato alla
frode non merita alcun riguardo.
Se invece egli ha acquistato non conoscendo la frode si
fa una distinzione. Se l’acquisto è stato fatto a titolo
oneroso, la buona fede impedisce la revoca; al contrario
non la impedisce se l’acquistato è stato fatto a titolo
gratuito; tra il creditore ed il terzo donatario la legge
tutela sempre il primo. E’ appena il caso di evidenziare
che questo principio trova la sua massima espressione
nella legge fallimentare il cui articolo 64 prevede che gli
atti a titolo gratuito sono privi di effetto rispetto ai
creditori se compiuti dal fallito nei due anni anteriori alla
dichiarazione di fallimento; da notare che tali atti sono di
diritto inefficaci, senza necessità di revocatoria. In
sostanza, il depauperamento del patrimonio del fallito
non bilanciato da alcun corrispettivo, viene considerato
dal legislatore un comportamento “odioso” che non
ammette alcuna rilevanza della buona fede del donatario.
Ovviamente la consapevolezza del pregiudizio da parte
del terzo è meno facilmente dimostrabile. Essa può
comunque desumersi presuntivamente da circostante
quali la parentela o la collaborazione tra il debitore ed il
terzo, la notoria mancanza di adeguate disponibilità
finanziarie da parte dell’acquirente di un bene rispetto al
valore dello stesso o la non congruità del prezzo pagato
in relazione alla situazione di mercato.
La domanda di revoca degli atti soggetti a trascrizione
va poi a sua volta trascritta al fine di rendere opponibile
la successiva favorevole sentenza ad eventuali terzi di
buona fede che dovessero nelle more del giudizio
acquistare il bene in contestazione a titolo oneroso
(articolo 2652 n. 5 c.c.).
Occorre rammentare che, secondo quanto disposto
dall’articolo 2902 c.c., comma 1, “il creditore, ottenuta la
dichiarazione di inefficacia, può promuovere nei confronti dei
terzi acquirenti le azioni esecutive o conservative sui beni che
formano oggetto dell’atto impugnato”.
L’azione di simulazione ex art. 1414 c.c.
Tale azione è diretta a far dichiarare la nullità di un
contratto stipulato con il deliberato proposito di trarre
in inganno i terzi ma il cui contenuto non è stato
realmente voluto dalle parti contraenti (simulazione
assoluta) a differenza di ciò che avviene nel caso del
contratto in frode ai creditori (colpito dalla revocatoria)
in cui un accordo per il trasferimento di un bene o per
la costituzione di una garanzia sussiste effettivamente.
Dalla cennata differenza discende che mentre con
l’azione revocatoria si accerta l’inefficacia dell’atto nei
confronti del solo creditore impugnante, con la
simulazione si accerta che detto trasferimento non è
stato voluto né si è in effetti mai verificato, sicché il
bene oggetto di contestazione risulta ancora in capo
all’originario titolare e tutti i suoi creditori hanno
dunque il diritto di aggredirlo esecutivamente.
Ne consegue che l’ipoteca iscritta dopo il compimento
dell’atto simulato intervenuta la declaratoria di nullità
acquista efficacia.
Anche per l’azione di simulazione vale la regola di
trascrivere la domanda onde rendere opponibile la
conseguente sentenza ai terzi acquirenti di buona fede.
Azione revocatoria e azione di simulazione di solito
sono proposte nello stesso giudizio l’uno in via
subordinata rispetto all’altra indifferentemente.
L’azione di revoca si prescrive in cinque anni dalla data
del compimento dell’atto di disposizione (articolo 2903
c.c.).
L’azione di simulazione è un’ azione di accertamento
negativo ed è imprescrittibile.
L’azione di impugnazione della rinuncia
all’eredità
L’art. 524 c.c. dispone che se taluno rinunzia ad
un’eredità con danno dei suoi creditori, questi possono
farsi autorizzare ad accettare l’eredità al solo scopo di
soddisfarsi sui beni ereditari.
In effetti la rinunzia all’eredità può pregiudicare i
creditori del rinunziante che vedrebbero accresciuta la
loro garanzia dai beni ereditari. Perciò anche se la
rinunzia non è produttiva di effetto di fronte ai terzi
(ciò che vale a collocare il rimedio fuori dallo schema
dell’azione revocatoria) i creditori possono farsi
autorizzare ad accettare l’eredità in nome e luogo del
chiamato che vi rinunziò allo scopo di soddisfarsi sui
beni sino alla concorrenza dei crediti.
Si tratta di un rimedio singolare perchè si tratta di
esercitare un diritto - quello di accettare l’eredità - che il
debitore ha già consumato attraverso la rinunzia; si
aggiunga che l’azione ha finalità di soddisfazione dei
creditori e non di mera conservazione dell’integrità
della sua sfera patrimoniale.
Il credito del creditore interessato non deve essere
necessariamente liquido ed esigibile e l’azione è
esercitatile anche quando l’eredità sia stata accettata da
altri (articolo 525 c.c.).
L’effetto dell’azione è limitato al creditore dell’erede e si
è dunque in presenza di una inefficacia relativa della
rinuncia. Il risultato è unicamente quello di assicurare i
beni ereditari al soddisfacimento delle ragioni del
creditore; soddisfatte tali ragioni la rinuncia del
chiamato conserva la sua efficacia ed egli non diventa
erede, come del resto non diventa erede il creditore che
ha impugnato la rinuncia. Il creditore può soddisfare le
proprie ragioni sui beni ereditari in concorso con le
ragioni dei creditori ereditari e dei legatari, salvo che
questi abbiano prelazione per avere esercitato il diritto
di separazione entro i tre mesi dall’apertura della
successione.
Non si tratta inoltre di un vero e proprio mezzo di
conservazione della garanzia patrimoniale del debitore
in quanto i creditori di questi non potevano fare
affidamento su attività ereditarie del tutto eventuali, ma
ai fini pratici il risultato è analogo.
Tale azione differisce dalla revocatoria perché per
impugnare la rinuncia non è richiesto l’estremo della
frode del chiamato né occorre un’attività dispositiva di
lui; quindi anche se il debitore non ha preordinato la
rinuncia a danno dei propri creditori l’impugnativa è
ammissibile essendo sufficiente l’estremo oggettivo del
danno.
Differisce pure dalla surrogatoria in quanto in
conseguenza della rinuncia si ha un omesso acquisto ed
in questo si concretizza il danno, ancorché l’omissione
non sia derivante da negligenza bensì da un atto
esplicito.
La domanda giudiziale che autorizza il creditore istante
ad accettare l’eredità già rinunziata deve essere trascritta
e ciò rende inopponibili gli atti del terzo che
successivamente alla trascrizione medesima abbia
acquistato e trascritto (o iscritto) diritti sugli immobili
ereditati da colui al quale l’eredità era pervenuta a
seguito della rinuncia dell’erede chiamato.
Il diritto del creditore personale dell’erede ad
impugnare la rinuncia all’eredità si prescrive in cinque
anni dall’avvenuta rinuncia.
La domanda di sostituzione ex art. 511
c.p.c.
L’articolo 511 c.p.c. dispone che, nel procedimento
esecutivo, il creditore di un creditore avente diritto alla
distribuzione del ricavato della vendita può chiedere al
Giudice di essere a lui sostituito.
Il creditore del creditore ha dunque il potere di proporre
domanda di intervento in luogo e vece di quest’ultimo. Si
tratta in sostanza di un adattamento dell’azione surrogatoria
di cui all’articolo 2900 c.c. al processo di esecuzione. La
portata della sostituzione, secondo parte della dottrina,
sarebbe più ampia di quel che la norma non possa fare
apparire perché la sostituzione può essere chiesta anche
prima della distribuzione, con l’attribuzione al creditore del
creditore di tutti i poteri che spettavano al creditore stesso
(quindi di provocare atti di espropriazione se costui era
munito di titolo).
Dal punto di vista formale la sostituzione si concreta in
una domanda; ciò significa che l’espropriazione deve
essere in atto. Se non fosse in atto il creditore dovrebbe
ricorre all’espropriazione presso terzi. La legge non
contempla il caso che il debitore del creditore non sia
intervenuto. Si dovrebbe ammettere l’intervento, salva
la dimostrazione del credito del debitore, se contestato;
è da ritenere tuttavia che il debitore debba essere
chiamato in giudizio in applicazione dell’articolo 2900
c.c..
Riscossione coattiva tributi locali
La Finanziaria 2007 ha introdotto significative novità nel campo
della riscossione coattiva dei tributi locali. In particolare, il
comma 173 dell'articolo unico della legge, recependo un
indirizzo giurisprudenziale largamente dominante, secondo il
quale il ruolo coattivo è atto interno della pubblica
amministrazione non controllabile dal contribuente, ha disposto
l'abrogazione dell'articolo 12 del Dlgs 504/1992, che stabiliva,
per la riscossione coattiva dell'Ici, che i ruoli dovessero essere
formati e resi esecutivi non oltre il 31 dicembre del secondo
anno successivo a quello nel corso del quale l'avviso di
liquidazione o di accertamento era stato notificato. Tale
disposizione infatti, prevedendo unicamente un termine legato
alla formazione e alla esecutività dei ruoli, non consentiva di
risolvere la questione relativa al termine entro cui dovesse essere
notificata la cartella di pagamento.
Con l'articolo 1, comma 5-ter, lettera a), n. 2, della legge 156/2005,
il legislatore nazionale è intervenuto sulla questione,
riformulando l'articolo 25 del Dpr 602/73, prevedendo tuttavia
termini certi di notifica delle cartelle di pagamento per i soli
tributi erariali. Per gli avvisi di accertamento emessi dall'Erario,
viene fissato il termine, a pena di decadenza, del 31 dicembre del
secondo anno successivo a quello in cui l'accertamento è
divenuto definitivo. Mutuando tale indicazione, il comma 163
dell'articolo unico della Finanziaria 2007 ha stabilito che "nel
caso di riscossione coattiva dei tributi locali il relativo titolo
esecutivo deve essere notificato al contribuente, a pena di
decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a
quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo".
Invero, con il citato comma 163, il legislatore ha inteso
recepire, anche in relazione ai tributi locali, quanto
affermato dalla Corte costituzionale (ordinanza n.
107/2003) e dalla Corte di cassazione (sentenza n.
10/2004) che, seppure in tema di tributi erariali, si
erano espresse sulla necessità che il contribuente abbia
conoscenza di un termine certo entro il quale può
essere effettuato il recupero dell'imposta mediante la
notifica del ruolo coattivo.
L'ordinamento precedente (articolo 12 del Dlgs 504/1992) era
improntato al principio di conferire immediata esecutorietà agli
avvisi di liquidazione e accertamento, i quali, non appena
notificati, facevano sorgere il diritto dell'ente a riscuotere le
somme accertate. Il termine per iscrivere a ruolo decorreva,
infatti, dalla notificazione dell'avviso, indipendentemente dalla
sua definitività. Il comma 163 invece rovescia questa regola e
collega il diritto dell'ente locale a riscuotere il tributo solo una
volta divenuto definitivo l'accertamento, che si verifica con il
decorso di:
* 60 giorni dalla notificazione, in caso di mancata impugnazione
davanti alle commissioni tributarie
* 60 giorni dalla notificazione della sentenza non ulteriormente
impugnata
* 1 anno e 46 giorni dal deposito della sentenza di merito non
notificata e non ulteriormente impugnata.
Ai sensi di quanto previsto dal comma 171 dell'articolo
unico della legge finanziaria 2007, la nuova disposizione
relativa al termine di notifica dei ruoli coattiva si applica
anche ai rapporti pendenti al 1° gennaio 2007.
Pertanto, tutti i titoli esecutivi formati dall'ente locale
prima che l'accertamento sia divenuto definitivo
potranno essere annullati per vizi propri della cartella da
dedurre davanti le commissioni tributarie con
tempestivo ricorso e a condizione che i predetti titoli
siano ancora impugnabili.
Il legislatore, con il comma 163, come detto, riproduce il contenuto
dell'articolo 25, comma 1, lettera c), del Dpr 602/73 e, quindi,
collega il diritto dell'ente locale a riscuotere il tributo solo una
volta divenuto definitivo l'accertamento. Tuttavia, non sono
state introdotte, per gli enti locali, le specifiche disposizioni
normative che consentono la riscossione, nei tributi erariali, pur
in presenza di avvisi non definitivi. Ci si riferisce in particolare,
alla disposizione di cui all'articolo 15 del Dpr 602/1973, che
consente l'iscrizione a titolo provvisorio nei ruoli, dopo la
notifica degli avvisi d'accertamento e prima della decisione di
primo grado, per la metà degli ammontari corrispondenti agli
imponibili o ai maggiori imponibili accertati.
Si evidenzia che, per espressa previsione contenuta nell'articolo 19
del Dlgs 46/1999, il citato articolo 15 del Dpr 602/1973 trova
applicazione solo per le imposte dirette.
Inoltre, in materia di Iva, l'articolo 60 del Dpr 633/1972 prevede
che l'imposta o la maggiore imposta accertata dall'ufficio deve
essere pagata dal contribuente entro 60 giorni dalla notifica
dell'avviso di accertamento. Se il contribuente propone ricorso
contro l'avviso di accertamento, il pagamento dell'imposta e della
maggiore imposta deve essere effettuato per la metà
dell'ammontare accertato dall'ufficio, nel termine di 60 giorni
dalla notificazione dei predetti avvisi.
E ancora, l'articolo 68 del Dlgs 546/1992 stabilisce, come è noto, il
principio della provvisoria esecuzione delle sentenze delle
Commissioni tributarie, graduando la riscossione dell'imposta in
relazione al grado di giudizio e all'esito della controversia. Tale
disposizione, ai fini della sua applicabilità, fa esclusivo riferimento
alle leggi d'imposta che prevedono la riscossione frazionata del
tributo in pendenza del giudizio. Ciò comporta che la norma in
esame non trova applicazione per i tributi locali, in quanto le
relative leggi istitutive non ne prevedono la relativa esazione in
pendenza di giudizio. Pertanto, in assenza di una sentenza avente
valore di cosa giudicata, resta preclusa per l'ente locale l'azione di
riscossione coattiva in pendenza di giudizio. Stante l'attuale
situazione, appare auspicabile l'introduzione, anche
nell'ordinamento riferito ai tributi locali, di norme analoghe a quelle
dettate in materia di tributi erariali, al fine di acconsentire
l'iscrizione provvisoria al ruolo coattivo in presenza di avvisi di
accertamento non definitivi.
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