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Il filare di alberi, se sostituito, deve rispettare le distanze legali

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Il filare di alberi, se sostituito, deve rispettare le distanze legali
Commenti e sentenze
DISTANZE LEGALI
COMMENTO/DOCUMENTO
Legittimità
Il filare di alberi, se sostituito,
deve rispettare le distanze legali
n Silvia Caffarena
LA MASSIMA
Distanze legali – Diritto di tenere un filare di alberi a distanza minore da quella
legale – Sostituzione singole piante – Ammissibilità – Sostituzione intero filare –
Esclusione
Corte di Cassazione, sent. 9 giugno 2008, n. 15199, Sez. II – Pres. Vella; Rel. Mazziotti Di
Celso; P.M. Fedeli – Comune di Vi.Ma. (avv. Dani) c. Fe.Fa. (avv. Fusaroli)
Il diritto di tenere a distanza minore di quella legale un filare di alberi situato lungo il
confine ha per oggetto non le piante singolarmente, ma l’intero filare inteso come
universitas rerum. Pertanto finché questo conserva unitariamente la sua vitalità, esso
può essere integrato mediante la sostituzione di piante nuove. Quando invece il filare
sia distrutto nella sua interezza per opera dell’uomo o per evento naturale, non può
essere sostituito se non osservando la distanza prevista dalla legge.
La fattispecie
L’attore agisce in giudizio al fine di sentire condannare la società Az.Ag.St. di Ca.An. & C
Sas alla rimozione di un filare
di pioppi, piantumato, in violazione delle distanze legali.
La convenuta, costituitasi, eccepisce di essersi limitata a sostituire, su ordine del Comune,
un filare di pioppi preesistente
con altro della medesima specie e chiede pertanto che quest’ultimo (previa autorizzazione alla chiamata in causa) venga condannato al risarcimento
dei danni cagionatole per
l’azione promossa dal Fe.Fa.
Il procedimento, che già dal
primo grado di giudizio vede
soccombente il Comune e vittoriose le altre due parti, prosegue di fronte al Tribunale e
approda, infine, in Cassazione.
In questa sede, come già nelle
precedenti, la difesa del Comune propone diverse ecce-
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MARZO 2009
zioni, deducendo, in via preliminare la competenza del giudice amministrativo in luogo
di quello ordinario (eccezione
già respinta dai giudici di merito) e censurando la sentenza
emessa dal Tribunale sotto
molteplici profili.
In particolare, il Comune sostiene che il Tribunale abbia
errato nel ritenere applicabile
l’art. 892 cod. civ., in luogo
dell’art. 895 cod. civ., secondo
cui, qualora si sia acquisito il
diritto di tenere alberi a distanza inferiore da quella legale,
detto diritto persiste nel caso
di sostituzione degli alberi facenti parte di un unico filare.
Inoltre, la pronuncia impugnata sarebbe stata emessa, a parere dell’ente comunale, in
violazione della normativa
agricola del PRG secondo cui
«ove lo spazio lo consenta, gli
alberi abbattuti … devono essere sostituiti».
Disattesa ogni eccezione avanzata dal Comune in ordine tanto alla giurisdizione del giudice amministrativo, quanto alle
censure mosse alla sentenza
del giudice di merito, la Corte
di Cassazione si pronuncia a
favore sia di Fe.Fa. che della
società Az.Ag.St. di Ca.An. & C
Sas (in quest’ultimo caso, limitatamente alla richiesta di risarcimento del danno).
Giurisdizione ordinaria
e amministrativa
Le questioni decise dalla Corte
di Cassazione nella pronuncia
in oggetto sono molteplici ma
solo alcune, data la loro rilevanza giuridica, verranno esaminate maggiormente nel dettaglio.
Qualche breve cenno merita,
in primo luogo, l’eccezione sollevata dall’ente comunale circa
il supposto difetto di giurisdizione del giudice ordinario, per
violazione dell’art. 34, D.Lgs.
31 marzo 1998, n. 80 e dell’art.
7, legge 21 luglio 2000, n. 205.
In relazione a questo particolare aspetto, la giurisprudenza
delle Corti ordinarie (così come quella amministrativa) è
univoca nell’escludere la giurisdizione del giudice amministrativo nell’ipotesi in cui la
controversia abbia a oggetto
non già la legittimità di provvedimenti e/o comportamenti
adottati dalla P.A. bensì diritti
soggettivi attinenti situazioni
di carattere privatistico.
IL SOLE 24 ORE
Immobili &DIRITTO
DISTANZE LEGALI
Approfondimenti
La normativa di riferimento
Modo di computare la distanza di un albero dal confine
La distanza di un albero dal confine deve essere computata al momento della sua
piantagione e, se trattasi di semina, deve essere riferita al luogo della semina.
● Computo della distanza in caso di trapianto
Nel caso di trapianto di un alberello prelevato da un vivaio, la distanza dal confine
deve essere calcolata a partire dalla linea di confine fino alla parte basalmente
esterna del tronco dell’alberello trapiantato.
● Computo della distanza per alberi adulti
In presenza di alberi già divenuti adulti, la distanza deve essere computata orizzontal­
mente dal confine in edificato.
● Computo della distanza di un albero adulto inclinato su terreno in pendio
La distanza deve essere misurata orizzontalmente, anche in presenza di terreni in
pendio, dal punto in cui si pianta il seme o si trapianta una piantina dal vivaio ovvero
dalla sezione del tronco dell’albero, quando questo sia già adulto.
● Distanza di alberi tra fondi a dislivello
Nel caso in cui siano piantati alberi nelle rispettive proprietà poste a dislivello, tali
alberi, così come le piante seminate o trapiantate, devono rispettare le distanze dal
confine stabilite dall’art. 892 cod. civ. per ciascuna categoria di albero.
●
Fonte: S. Rezzonico, M. Rezzonico, «Le distanze in edilizia», Il Sole 24 ORE 2007, 363 ss.
In questa direzione si è
espressa la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, in un’ipotesi in parte analoga a quella
oggetto del presente commento (la fattispecie concerneva,
infatti, l’illegittimità di opere
realizzate in violazione delle
distanze
fra
costruzioni):
«Quando in una controversia
tra privati, attinente a diritti
soggettivi, il giudice debba vagliare situazioni presentanti
aspetti di pubblico interesse o
possa trovarsi a scrutinare la
legittimità di provvedimenti
amministrativi, le questioni
che insorgono circa i confini
dei poteri al riguardo del giudice ordinario attengono, data
l’estraneità della P.A. al giudizio, al merito e non alla giurisdizione, investendo l’individuazione dei limiti interni posti dall’ordinamento alle attribuzioni del giudice ordinario»
(Cass., ord. 6 maggio 2003, n.
6887, Sez. Unite). Da segnalare, inoltre, per la sua stretta attinenza al caso de quo, anche
la pronuncia 20 ottobre 2006,
n. 22511, emessa anch’essa
dalla Cassazione a Sezioni
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IL SOLE 24 ORE
Unite: «è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario
la domanda di rivalsa proposta
nei confronti del Comune per i
danni cagionati al proprietario
confinante dal vicino, al quale
sia stato imposto con ordinanza sindacale di piantare nel
proprio terreno alberi a distanza inferiore a quella legale»
(Cass. 20 ottobre 2006, n.
22511, Sez. Unite,).
Nel provvedimento da ultimo
citato, la Corte (in aderenza alla propria funzione orientativa
e nomofilattica) pone l’accento, in particolare, sulla natura
della controversia, differenziando l’ipotesi in cui la censura investa direttamente il
provvedimento amministrativo
(con conseguente devoluzione
del giudizio al T.A.R. e, in secondo grado, al Consiglio di
Stato) da quella concernente
eventuali comportamenti illegittimi o di abuso («indebite
pressioni») posti in essere dalla P.A.
Al riguardo, non si registrano
particolari deviazioni dall’orientamento prevalente suddescritto.
Decisamente dettagliata è la
rosa delle previsioni normative
aventi a oggetto le distanze legali fra gli alberi e il confine
(artt. 892 ss. cod. civ.).
Come è noto, infatti, il legislatore ha disciplinato detta materia, prevedendo e differenziando svariate fattispecie.
Così l’art. 892, comma 1 cod.
civ., rubricato «Distanze per
gli alberi» nello stabilire che:
«Chi vuole piantare alberi
presso il confine deve osservare le distanze stabilite dai regolamenti e, in mancanza dagli usi locali» rinvia alla disciplina dei regolamenti locali e,
in subordine, agli usi, anch’essi locali, prevedendo, in difetto, distanze diverse a seconda
del genere di albero o pianta
(tre metri per gli alberi ad alto
fusto, un metro e mezzo per gli
alberi non ad alto fusto, mezzo
metro per viti, arbusti ecc.).
Da rilevare come la giurisprudenza, specie di merito, si sia
pronunciata in svariate occasioni per sottolineare il carattere suppletivo della normativa
codicistica racchiusa nell’art.
892 cod. civ., rispetto a quelle
di tipo regolamentare: «In tema
di distanza per gli alberi rispetto al confine la norma di cui
all’art. 892 cod. civ. ha carattere
suppletivo rispetto alle norme
regolamentari» (così, per tutte:
Pret. Mantova 10 marzo 1993).
Questo significa, in altre parole, che i regolamenti e, in subordine, gli usi locali, se esistenti, trovano applicazione in
luogo della normativa civilistica dettata dall’art. 892 cod. civ.
Le norme locali cui fa riferimento il codice civile, generalmente, sono contenute in regolamenti di polizia urbana e
rurale, mentre gli usi possono
essere reperiti in apposite raccolte, conservate presso le Camere di Commercio territorialmente dislocate.
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Legittimità
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Commenti e sentenze
DISTANZE LEGALI
In base ai presupposti succitati,
acquistano quindi importanza
determinante, tanto un’attenta
lettura dei regolamenti locali
(da rilevare come, nel caso de
quo, la Corte abbia ritenuto che
il PRG non ponesse le condizioni per la sostituzione degli
alberi abbattuti, interpretando
in senso abbastanza rigoroso
l’inciso «ove lo spazio lo consenta» ed escludendo, al contempo, che le distanze ivi previste lo permettessero) quanto
una corretta classificazione dei
diversi esemplari di albero nell’una o nell’altra categoria.
Per la giurisprudenza di legittimità, peraltro, la ratio dell’art. 892 cod. civ., risiede sostanzialmente nell’opportunità
di «impedire l’occupazione del
fondo altrui da parte delle radici degli alberi posti in prossimità del confine» e, al contempo, di «determinare lo spazio
ragionevolmente occorrente a
ciascun tipo di albero, in relazione all’altezza del fusto» (v.
Cass. 6 marzo 2003, n. 3289).
L’orientamento
della giurisrudenza
Coerentemente con l’orientamento sopra descritto, in una
recentissima sentenza, la Corte di Cassazione ha rimarcato
il principio (già espresso in
svariate pronunce) secondo cui
il proprietario del fondo può richiedere, in ogni caso, l’estirpazione degli alberi piantati
dal vicino in violazione delle
distanze legali, a prescindere
dall’esistenza e, quindi, dall’accertamento, di un’effettiva
turbativa (Cass. 9 giugno 2008,
n. 15236). Quanto alle motivazioni, la Suprema Corte pone
l’accento sulla finalità delle
norme in materia di distanze
legali, atte a garantire e tutelare il fondo in sé, «indipendentemente dalle sue particolari
caratteristiche o esigenze».
Il diritto di servitù affermativa
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Legittimità
di tenere alberi a distanza minore a quella di legge, naturalmente, può essere usucapito
con il decorso del tempo, salvo
il positivo esperimento, da parte del proprietario del fondo
confinante, dell’azione negatoria (cosiddetta actio negatoria servitutis).
Ai sensi dell’art. 894 cod. civ.,
infatti: «Il vicino può esigere
che si estirpino gli alberi e le
siepi che sono piantate o nascano a distanza minore di
quelle indicate dagli articoli
precedenti».
L’azione negatoria, pertanto, è
volta principalmente a far dichiarare l’inesistenza dei diritti
affermati da altri sulla cosa me-
In tema di distanza
per gli alberi dal confine
l‘art. 892 cod. civ.
ha carattere suppletivo
rispetto alle norme
regolamentari
diante un’unica azione che è, al
contempo, ad accertamento negativo, inibitoria e di condanna.
La giurisprudenza più recente
e consolidata è solita ricondurre nell’ambito di detto schema
non solo la domanda diretta all’accertamento dell’inesistenza della servitù ma anche
quella volta all’eliminazione
della situazione lesiva, venutasi a creare a seguito del comportamento antigiuridico posto
in essere del terzo.
In altre parole, il proprietario ha
la facoltà di agire nei modi e
nelle forme tipiche di detta
azione, sempre che, nel frattempo, non sia maturata l’usucapione del relativo diritto di servitù.
In questo senso tanto la dottri-
Tabella 1
La giurisprudenza citata
LEGITTIMITÀ
Cass. civ. 15 giugno 1999, n. 5928
Cass. civ. 6 marzo 2003, n. 3289
Cass. civ. 6 maggio 2003, n. 6887
T.A.R. Marche 7 maggio 2003, n. 315
Cass. civ. 20 ottobre 2006, n. 22511
Cass. civ. 18 ottobre 2007, n. 21885
Cass. civ. 9 giugno 2008, n. 15236
MERITO
Pret. Foligno 9 marzo 1985
Pret. Mantova 10 marzo 1993
na quanto la giurisprudenza
sono solite utilizzare il termine
di prescrizione «acquisitiva».
L’usucapione, se eccepita, deve
essere provata con i consueti
mezzi, tenendo conto, imprescindibilmente, dell’età delle
piante e quindi dell’anno in cui
è stato eseguito il piantamento:
«Ai fini dell’usucapione del diritto a tenere alberi a distanza
dal confine inferiore a quella di
legge, il termine decorre dalla
data del piantamento, perché è
da tale momento che ha inizio
la situazione di fatto idonea a
determinare, nel concorso delle altre circostanze richieste,
l’acquisito del diritto per decorso del tempo» (Cass. 18 ottobre 2007, n. 21885; Pret. Foligno 9 marzo 1985).
La decisione
della Suprema Corte
La questione affrontata dalla
Cassazione nella sentenza in
commento è in realtà un pò più
specifica in quanto si riferisce
non già alle singole piante,
bensì a un intero filare, ipotesi
peraltro disciplinata nel dettaglio dall’art. 895, comma 1 cod.
civ.: «Se si è acquistato il diritto di tenere alberi a distanza
minore di quelle sopra indicate
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Legittimità
Ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione
CORTE DI CASSAZIONE
per il Comune di …, C.F. ..., in persona del Sindaco e legale rappresentante
pro­tempore, rappresentato e difeso dall’avv. …, come da procura speciale in calce
al presente atto, elettivamente domiciliato presso il suo studio in … alla via …
CONTRO
Il sig. …, C.F., domiciliato a …, via, n. …, presso lo studio dell’avv. …
PREMESSO
– che il Comune ricorrente è stato convenuto in giudizio del sig. … innanzi al
Tribunale di …, con atto di citazione notificato il … perché venisse pronunciata
sentenza con la quale (indicare domanda oppure trascriverla);
– che il convenuto, costituitosi in giudizio, ha eccepito l’infondatezza della domanda
dell’attore e ha altresì eccepito l’infondatezza della domanda dell’attore e ha altresì
eccepito il difetto di giurisdizione del Giudice adito;
– che la domanda non appartiene alla Giudice ordinario, bensì a quella del Giudice
Amministrativo,
RAGIONI DI FATTO E DIRITTO
(indicare le stesse)
Tutto ciò premesso
CHIEDE
Alle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione di statuire sulla giurisdizione
relativamente al giudizio di cui trattasi, ai sensi e per gli effetti dell’art. 382 c.p.c. Con
vittoria di spese, diritti e onorari.
Ai sensi e per gli effetti del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dichiara che la presente
causa è di valore indeterminabile (ovvero: ha il valore di euro…).
Ai sensi e per gli effetti degli artt. 133, terzo comma, 134, terzo comma e 176,
secondo comma c.p.c. indica il seguente numero di fax, ovvero il seguente indirizzo
di posta elettronica …
Si produrranno: (vedasi art. 369 c.p.c.)
..…, lì ……
Avv. ……
Fonte: C. Cecchella, «Processo civile», Il Sole 24 ORE 2007, 167 ss.
e l’albero muore o viene reciso
o abbattuto, il vicino non può
sostituirlo, se non osservando
la distanza legale. La disposizione non si applica quando
gli alberi fanno parte di un filare situato lungo il confine».
Nonostante la formulazione
non del tutto limpida dell’art.
895 cod. civ. (la quale sembrerebbe, in effetti, derogare, con
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la previsione del comma 2, alla
regola generale stabilita nel
comma 1) la giurisprudenza è
solita interpretare questa disposizione conformemente a
quanto stabilito dalla Suprema
Corte nella sentenza de quo.
La ratio della norma, secondo
l’interpretazione generalmente
accolta, risiederebbe, difatti,
nell’intento di limitare e circo-
scrivere gli eventuali effetti
dell’usucapione (o comunque
dell’evento acquisitivo) al filare
nella sua totalità, inteso come
universitas rerum. Detta interpretazione giurisprudenziale,
nonostante, è d’uopo ripeterlo,
l’infelice formulazione della
lettera del codice, sembrerebbe
comunque coerente con le premesse poste dal legislatore.
Infatti, mentre la norma di cui
all’art. 895, comma 1 cod. civ.
stabilisce la regola generale secondo cui, acquisito il diritto di
servitù, la sostituzione dell’albero morto, reciso o abbattuto,
non può aver luogo se non nel
rispetto delle distanze legali, il
comma 2 dello stesso articolo,
nel prevedere la medesima ipotesi (ossia che il singolo albero
debba venire sostituito a causa
degli eventi descritti) stabilisce
altresì che detta fattispecie non
trovi applicazione con riferimento specifico ai filari.
In altre parole: in base all’interpretazione dell’art. 895,
comma 2 cod. civ., accolta e
suffragata dalla Suprema Corte, per i filari di alberi, intesi,
appunto come un’unità compatta (come universitas rerum,
per utilizzare l’espressione
della Corte di Cassazione), la
regola stabilita dall’art. 895,
comma 1 cod. civ., non opera.
Conseguentemente, nell’ipotesi in cui venisse sostituito un
albero facente parte di un filare permarrebbe, in capo al terzo, il diritto (acquisito per usucapione o per destinazione del
padre di famiglia) di mantenere detto filare a distanza inferiore da quella legale.
Laddove, invece, lo sradicamento (per morte o altra causa) avesse a oggetto non già la singola
pianta, bensì il filare nella sua
totalità, il diritto di servitù verrebbe meno e, in caso di nuovo
piantamento, il terzo sarebbe tenuto al rispetto delle distanze legali così come stabilite dai regoMARZO 2009
Commenti e sentenze
La Formula
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Commenti e sentenze
DISTANZE LEGALI
lamenti locali, dagli usi o, in
mancanza, dall’art. 892 cod. civ.
Questo perché, come rimarcato dalla Cassazione: «il diritto
di tenere a distanza minore di
quella legale un filare di alberi
situato lungo il confine ha per
oggetto non le piante singolarmente, ma l’intero filare, inteso come universitas rerum».
Sul punto la giurisprudenza è,
benché scarna, relativamente
consolidata e univoca.
COMMENTO/DOCUMENTO
Legittimità
Per una visione d’insieme il
più possibile completa ed
esaustiva, nonostante la scarsità di provvedimenti in materia, si segnala la sentenza citata in narrativa dalla Suprema
Corte, ossia la sentenza 14 luglio 1956, n. 2690, nonché la
più recente pronuncia 15 giugno 1999, n. 5928 qui di seguito citata: «Ai sensi dell’art.
895, comma 1 cod. civ., nella
ipotesi in cui, per morte, reci-
sione o abbattimento, un albero non facente parte di un filare sia stato eliminato, si estingue, in deroga ai principi in
tema di estinzione delle servitù, anche la servitù che consentiva il mantenimento dell’albero a distanza inferiore a
quella legale, non avendo il titolare del fondo dominante alcun diritto di sostituire l’albero
eliminato se non osservando le
distanze legali».
Corte di Cassazione, sent. 9 giugno 2008, n. 15199, Sez. II
Pres. Vella; Rel. Mazziotti Di Celso; P.M. Fedeli – Comune di Vi.Ma. (avv. Dani) c. Fe.Fa. (avv. Fusaroli)
Distanze legali – Diritto di tenere un filare di alberi a distan­
za minore da quella legale – Sostituzione singole piante –
Ammissibilità – Sostituzione intero filare – Esclusione
Motivi della decisione
Con il quarto motivo e il quinto del ricorso principale – da
esaminare prima del terzo per ragioni di ordine logico – il
Comune di Vi.Ma. denuncia rispettivamente:
a. violazione degli artt. 892 e 895 cod. civ., sostenendo che
il Tribunale ha errato nel ritenere inapplicabile l’art. 895,
ultimo comma cod. civ. – in base al quale non si devono
rispettare le distanze legali nel caso di sostituzione di alberi
facenti parte di un filare lungo il confine – e nell’applicare
invece l’art. 892 cod. civ., che impone il rispetto delle distanze: il Tribunale è pervenuto a tale conclusione rilevando che nella specie non si era proceduto all’abbattimento di
singoli alberi ma dell’intero filare. Ad avviso del ricorrente
principale l’osservanza delle distanze legali è imposta dall’art. 895 cod. civ., solo nell’ipotesi di cui al comma 1 che
prevede l’estinzione della servitù a seguito della perdita di
singole piante: tale disposizione è derogata dal comma 2 il
quale, con riferimento ai filari, riconosce il diritto al mantenimento della servitù. Del tutto irrilevante al riguardo è che
l’Az.Ag.St. di Ca.An. & C abbia provveduto al reimpianto
non sostituendo albero per albero ma con soluzione di continuità rispetto all’abbattimento (quarto motivo);
b. violazione dell’art. 11 della normativa agricola del vigente PRG deducendo che il detto articolo prevede che «ove lo
spazio lo consenta, gli alberi abbattuti … devono essere
sostituiti» per cui nella specie non rileva il rispetto della
distanza dal confine posto che lo spazio di due metri dal
confine è sufficiente per la sostituzione degli alberi in questione. Peraltro, esso Comune nell’ordinare di reimpiantare
gli alberi non era tenuto a verificare se esisteva una eventuale violazione delle distanze nei rapporti di vicinato e se
esisteva una servitù consistente nel diritto di mantenere
alberi a distanza inferiore dal confine del vicino: infatti,
l’atto amministrativo è sempre emanato con salvezza dei
diritti dei terzi (quinto motivo).
La Corte rileva l’infondatezza delle dette censure che possono essere esaminate congiuntamente per la loro stretta
connessione e interdipendenza riguardando tutte – sotto
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profili e aspetti diversi – problematiche collegate alle norme
dettate in tema di distanza di alberi dal confine e l’accertamento della sussistenza o meno del divieto di ripiantare gli
alberi in questione a distanza non legale. La sentenza impugnata è del tutto corretta e si sottrae alle critiche che le
sono state mosse con i motivi in esame.
Occorre premettere che, in base a quanto accertato in fatto
dal Tribunale e non contestato, gli organi tecnici del Comune ricorrente e del Corpo Forestale dello Stato riconobbero
la «precarietà e la pericolosità» di tutti i 246 esemplari di
pioppo ... e la conseguente necessità di abbatterli per evitare possibili danni alle cose e alle persone» (pagina 18 sentenza impugnata). Il Comune autorizzò quindi l’abbattimento degli alberi – con l’obbligo della loro sostituzione –
per cui l’Az.Ag.St. di Ca.An. & C provvide ad abbattere
l’intero filare di alberi in questione.
Ciò posto va osservato che, stabilito che gli alberi in questione costituivano un filare, coerentemente il giudice di
appello ha ritenuto detto filare – considerato nel suo complesso unitario e non in relazione ai singoli alberi man
mano sostituiti – rilevante ai fini del rispetto della distanza
dal confine. È, infatti, evidente che il comma 2 dell’art. 895
cod. civ. non può che riferirsi alla sostituzione di singoli
alberi facenti parte di un filare e non alla sostituzione di
tutto il filare. In quest’ultimo caso non è invece consentito –
analogamente a quanto disposto nell’art. 895, comma 1 cod.
civ., con riferimento all’ipotesi di sostituzione di un singolo
albero morto o reciso e abbattuto e in precedenza ubicato a
distanza inferiore a quella legale – sostituire il filare con
altro collocato (come in precedenza) a distanza inferiore a
quella legale.
In tali sensi le disposizioni dettate dall’art. 895 cod. civ.
sono state interpretate da questa Corte nella sentenza n.
2690 pronunciata nel lontano 14 luglio 1956. Con tale sentenza è stato affermato il principio (che il Collegio condivide e ribadisce) secondo cui il diritto di tenere a distanza
minore di quella legale un filare di alberi situato lungo il
confine ha per oggetto non le piante singolarmente, ma
l’intero filare inteso come universitas rerum: pertanto finché
questo conserva unitariamente la sua vitalità, esso può essere integrato mediante la sostituzione di piante nuove a
quelle che via via periscono o sono abbattute, quando invece il filare sia distrutto nella sua interezza per opera delIL SOLE 24 ORE
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l’autorizzazione all’abbattimento non impugnata dalla richiedente e che comunque è stata rilasciata con salvezza
dei diritti dei terzi.
Dalle considerazioni che precedono deriva logicamente che
anche questo motivo non merita accoglimento atteso che
l’Az.Ag.St. di Ca.An. & C – come dalla stessa precisato nel
controricorso – non ha provveduto subito alla sostituzione
degli alberi abbattuti proprio per la fondata protesta del
vicino Fe.Fa., protesta ben nota al Comune il quale, malgrado ciò, ha insistito nel proprio atteggiamento arbitrario – in
quanto contrario alle norme sulle distanze – emanando l’ordinanza sopra citata avverso la quale l’intimata Azienda
propose (senza risultati positivi) anche ricorso al T.A.R.
Va invece dichiarato inammissibile – e non assorbito – il
ricorso incidentale condizionato affidato a un solo motivo
con il quale l’Az.Ag.St. lamenta l’errore commesso dal tribunale nel non aver accolto l’appello incidentale condizionato proposto da essa azienda volto a ottenere, in caso di
ritenuta legittimità dell’ordinanza di reimpianto dell’intero
filare di alberi abbattuto, il rigetto di qualsiasi domanda
avanzata nei suoi confronti dall’attore Fe.Fa.
Al riguardo va ribadito il principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui presupposto della dichiarazione di assorbimento del ricorso incidentale condizionato conseguente al rigetto del ricorso principale è l’ammissibilità del ricorso incidentale medesimo. Infatti, la dichiarazione di assorbimento del ricorso incidentale condizionato, che consegue all’accertamento dell’infondatezza
del ricorso principale (condizionante), comporta pur sempre
un apprezzamento del merito dell’impugnazione condizionata, il quale, a sua volta, implica l’ammissibilità di questa.
Se il ricorso incidentale è invece a priori inammissibile, la
subordinazione dell’interesse a impugnare all’accoglimento, anche parziale, del ricorso principale non vale a impedire alla Corte di Cassazione l’esercizio del suo potere-dovere
di accertarne e dichiararne l’inammissibilità, indipendentemente da qualunque eccezione sollevata dalle parti.
Va altresì aggiunto che il ricorso incidentale, anche se qualificato come condizionato, deve essere giustificato dalla
soccombenza, cosicché è inammissibile – per difetto di interesse – il ricorso della parte che sia rimasta completamente
vittoriosa nel giudizio di appello proposto al solo scopo di
risollevare questioni che non sono state decise dal giudice
di merito perché assorbite dall’accoglimento di altra tesi,
salva rimanendo la facoltà di riproporle dinanzi al giudice
del rinvio in caso di annullamento della sentenza (in tali
sensi, tra le tante, sentenze 19 ottobre 2006, n. 22501; 29
agosto 2003, n. 12680; 8 agosto 2002, n. 14382; 16 luglio
2001, n. 9637; 26 giugno 2001, n. 8732).
Nella specie il ricorso incidentale riguarda questioni prospettate in motivi di gravame che il giudice di secondo grado
espressamente ha ritenuto di non dover esaminare per effetto del rigetto dell’appello principale del Comune di Vi.Ma.
Per la sussistenza di giusti motivi, tenuto anche conto della
pronuncia di inammissibilità del ricorso incidentale, le spese del giudizio di legittimità vanno compensate per intero
tra tutte le parti.
(Omissis)
MARZO 2009
Commenti e sentenze
l’uomo o per evento naturale, non può essere sostituito se
non osservando la distanza prevista dalla legge.
Per quanto riguarda poi l’asserita violazione dell’art. 11
della normativa agricola del PRG del Comune ricorrente va
rilevato che secondo quanto disposto da detta norma – e
testualmente riportato nella sentenza impugnata – «ove lo
spazio lo consenta, gli alberi abbattuti … devono essere
sostituiti con altrettanti «esemplari di dimensioni (al momento dell’impianto) non inferiori a cm 25 di circonferenza
misurata a m 1,00 da terra …».
Pertanto, come ineccepibilmente posto in evidenza dal Tribunale, in base a quanto previsto dal citato art. 11 la sostituzione degli alberi abbattuti può essere realizzata solo «ove
lo spazio lo consenta» il che nella specie non è ravvisabile
atteso che «lo spazio esistente tra il confine e il luogo in cui
avrebbero dovuto essere piantati i nuovi alberi non lo permetteva, essendo inferiore alla distanza legalmente prescritta» (pagina 20 sentenza impugnata).
In sostanza la norma di cui al citato art. 11 si riferisce, come
correttamente ritenuto dal tribunale, alle modalità da osservare nell’eseguire la sostituzione degli alberi abbattuti
(nonché alle caratteristiche tecniche e alle dimensioni dei
nuovi alberi da impiantare) sempre però nel rispetto della
normativa legale in tema di distanze dettata dagli artt. 892
e 895 cod. civ.
Con riferimento, infine, all’ultima parte del quinto motivo
di ricorso – relativa all’asserita insussistenza dell’obbligo in
capo al Comune ricorrente di verificare l’eventuale violazione delle distanze nei rapporti di vicinato e di accertare
l’esistenza di una servitù consistente nel diritto di mantenere alberi a distanza inferiore dal confine del vicino e ciò sul
rilievo che l’atto amministrativo è sempre emanato con salvezza dei diritti dei terzi – è appena il caso di richiamare
quanto segnalato nella sentenza impugnata in ordine alle
lettere inviate dall’Az.Ag.St. di Ca.An. & C al Comune (e
che questo non ha contestato di aver ricevuto) contenenti
sia la chiara illustrazione della situazione venutasi a creare
dopo l’abbattimento del filare di alberi, sia i motivi in fatto e
in diritto posti a base della formale opposizione del vicino
Fe.Fa. alla sostituzione di detto filare. Malgrado queste
comunicazioni il Comune emise in data 12 settembre 2000
l’ordinanza con la quale intimò all’Azienda di provvedere
alla «piantumazione». In tal modo – come ritenuto dal Tribunale sia pur implicitamente ma, sul piano logico, chiaramente – il Comune (anche se consapevole dell’opposizione
del confinante Fo.Fa.) ha, con pressioni indebite e con
l’adozione di atti amministrativi, indotto l’Az.Ag.St. di
Ca.An. & C a ripiantare il filare di alberi a distanza inferiore
a quella legale ponendo così in essere un «comportamento»
arbitrario e causativo del danno subito dall’Azienda per
effetto dell’azione giudiziaria promossa nei suoi confronti
dal Fe.Fa. per violazione delle norme sulle distanze.
Con il terzo motivo del ricorso principale il Comune di
Vi.Ma. denuncia vizi di motivazione deducendo che la Corte d‘appello non ha considerato che l’Az.Ag.St. di Ca.An. &
C ha lasciato trascorrere quasi due anni prima di provvedere alla sostituzione degli alberi via via abbattuti rendendosi
in tal modo inadempiente rispetto a quanto disposto con
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