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Il mio regno per un cavallo
S.M.S. ASSAROTTI-QUASIMODO Succ. VILLA RATTO Classe I C A.S. 2008-09 copertina Concorso grafico- letterario rivolto alle scuole Italiane primarie e secondarie di primo grado A cura di Prof.ssa C. Maestranzi Concorso grafico - letterario rivolto alle scuole italiane primarie e secondarie di primo grado RACCONTO : Il cavallo che sussurrava ai bambini POSTER : Il cavallo regala sorrisi 2 Racconto Gruppo di lavoro: Poster Gruppo di lavoro Federica Betuzzi Asia Arrighi Consuelo Brunelli Sofia Cocconcelli Martina Chiuchiolo Claudia Durante Martina Ciocca Christian Ferrando Davide Mezzolani Simone Ferrari Andrea Morosini Matilde Formigoni Elisa Pacchioli Olga Guseva Alessia Parodi Elena Isola Francesco Sanfilippo Laura Macauda Jennifer Santacruz Sabrina Modica Giorgia Pastorino Roberta Nasone Elena Isola Giorgia Pastorino Matilde Formigoni Martina Pizzi Roberta Nasone Marco Rossi L’attività si è svolta prevalentemente nelle ore pomeridiane del Laboratorio di scrittura creativa e di studio assistito. (Ore opzionali) La classe IC ha realizzato alcuni poster grafici e un racconto che verranno inviati al Concorso: Il mio regno per un cavallo. Verona 5-8 novembre 2009w w w . f i e r a c a v a l l i . c om 3 La celebre frase, attribuita al Re d’Inghilterra Riccardo III, è lo spunto letterario per un viaggio nella fantasia ed è punto d’origine e di snodo del Concorso Grafico-Letterario rivolto alle scuole italiane primarie e secondarie di primo grado.La seconda edizione del Concorso è uno dei contenuti culturali dell’edizione di Fieracavalli in programma a Veronafiere dal 5 all’8 novembre 2009. Una giuria di esperti composta da rappresentanti di Verona fiere, esponenti dei media nazionali, psicologi, illustratori e linguisti. si riunirà con il difficile compito di selezionare gli studenti vincitori. Gli elaborati saranno valutati in base a criteri che tengono conto di: pertinenza con il tema del concorso, originalità, creatività, efficacia comunicativa, rigore scientifico, coerenza, e soluzioni tecniche adottate. Il primo classificato di ciascuna tipologia comunicativa riceverà in premio un cavallo. Sarà poi compito dei vincitori trovare alloggio per i tre cavalli nell’ambito di centri specifici che utilizzano l’animale in terapie per il recupero neuromotorio dei bambini. Entro il 15 Ottobre 2009, con giudizio insindacabile, la Commissione designerà i vincitori Il nostro lavoro è iniziato tramite ricerche sull’argomento tratte da riviste scientifiche, articoli di giornale, letture, incursioni nella storia dell’arte I primi cavalli addomesticati 5.500 anni fa in Kazakistan 4 Gli animali, usati per gli spostamenti e per il latte, entrarono nelle stalle molto prima di quanto non si pensasse. Solo duemila anni dopo arrivarono in Europa i primi cavalli domestici. Venivano montati per spostarsi sulle lunghe distanze e il loro latte era usato nell'alimentazione quotidiana: i primi cavalli vennero addomesticati dall'uomo 5.500 anni fa. La prova si deve ad un gruppo di archeologi e scienziati dell'Università di Exeter in Gran Bretagna e di Bristol, che su Science ricostruiscono le origini dei cavalli "da stalla" facendoli risalire alla cultura Botai, in Kazakistan. Le steppe dell'Asia centrale dovevano essere popolate già nel quarto millennio avanti Cristo da numerosi cavalli allo stato brado. E' da questi animali selvatici, venuti in contatto con le tribù locali, che avremmo ereditato purosangue e puledrini. Finora l'origine del cavallo domestico era stata attribuita ad una data più recente, in concomitanza con la diffusione delle lingue indoeuropee e della pratica della guerra, nell'età del Bronzo (tra terzo e quarto millennio avanti Cristo). Ma a quanto pare i cavalli nelle stalle ci entrarono molto prima in Kazakistan e solo dopo, con un ritardo di 2000 anni, arrivarono in Europa. "Addomesticare i cavalli ha avuto un immenso impatto sociale ed economico, facendo progredire la comunicazione, i trasporti, la produzione di cibo e la guerra" spiega il primo autore dello studio, Alan Outram dell'università di Exeter. E retrodatare di 1.000 anni l'inizio di questo fenomeno "è significativo perché cambia la nostra comprensione di come queste società antiche si sono sviluppate”. Gli archeologi hanno provato la presenza di tracce di grassi di latte di giumenta nel vasellame di quelle tribù del Kazakistan, dove ancora oggi si consuma il latte di giumenta e di asina. Prove certe, sostengono, che i cavalli furono addomesticati prima del previsto e che solo successivamente l'arte di addomesticare i cavalli fu diffusa in Europa. (6 marzo 2009) Tratto da Scienze Il cavallo nell’arte 5 I cavalli di San Marco a Venezia Analisi stilistica Anche le teorie degli ultimi anni propongono datazioni oscillanti fra l’età di Lisippo (IV secolo a. C. ) e l’età di Costantino (IV secolo d. C.). la verità è che nell’ambito dell’arte greca e romana non esistono altri cavalli che presentino caratteristiche anatomiche uguali a quelli veneziani. Il primo scultore che l’Umanesimo indicò quale artefice della quadriga marciana è Fidia, creatore delle sculture dell’Acropoli di Atene. Le caratteristiche, però, dei cavalli del V secolo a. C. sono tutte assai dissimili da quelle dei cavalli veneziani sia per lo stile che per il tipo somatico rappresentato. Storia I Cavalli di San Marco furono trasportati a Venezia da Costantinopoli nel 1204, a seguito della conquista della città compiuta dai crociati e dal doge Enrico Dandolo. Si ritiene, tra le ipotesi, che i cavalli si trovassero nell’ippodromo di Costantinopoli. Sembra che i cavalli vennero imbarcati su una nave veneziana comandata da Domenico Morosini e che la zampa di uno di questi, staccatasi dalla scultura, sarebbe rimasta in casa Morosini. I cavalli furono collocati nell’Arsenale prima di essere esposti sulla facciata della Basilica di San Marco, sappiamo che rimasero depositati li per circa cinquant’anni rischiando addirittura la distruzione. Non si hanno documentazioni sui cavalli di San Marco dopo il loro arrivo a Venezia fino alla segnalazione del Petrarca del 1364. Poco dopo, nel 1378, è ricordata la nota minaccia lanciata da Pietro Doria “di imbrigliare i cavalli di San Marco” durante la guerra di Chioggia . Napoleone Bonaparte volle i cavalli di San Marco a Parigi come trofeo delle campagne d’Italia. Al Canova e a Francesco I d’Austria, dobbiamo il merito di aver riportato, dopo 18 anni, i cavalli a Venezia insieme al Leone di san Marco. Le due guerre mondiali hanno obbligato per ben due volte a togliere i cavalli dalla facciata per metterli in un rifugio sicuro, durante il primo conflitto a Roma e nel secondo nell’Abbazia Benedettina di Praglia sui Colli Euganei prima e nel Palazzo Ducale poi. Il mosaico che decora la lunetta sul portale di Sant‘ Alipio, databile intorno al 1265, ci presenta già i cavalli issati sulla facciata nella posizione che conserveranno nei secoli. Il cavallo nell’arte 6 I cavalli di San Marco a Venezia particolare della testa di uno dei cavalli di San Marco Testa “Carafa” (dalla collezione della famiglia Carafa) Analisi stilistica La critica antica e moderna ha spesso fatto il nome di Lisippo e dei suoi seguaci a proposito dei cavalli si San Marco. Si sa che fra le 1500 opere che, a giudizio di Plinio, andavano attribuite al grande maestro numerosi erano gli animali: cani, leoni e soprattutto cavalli riuniti in quadrighe tra cui una con il sole o il cosiddetto Alessandro a cavallo in bronzo rinvenuto ad Ercolano nel 1761. Alcuni particolari presentano corrispondenze con i cavalli di San Marco: la criniera tagliata corta, il ciuffo frontale legato in alto, le orecchie contrapposte rigidamente e pelose nella parte interna. Numerose sono anche le differenze. Alcune somiglianze sono state individuate con la cosiddetta testa Carafa. Questo bronzo fu un regalo di Lorenzo dei Medici a Diomede Carafa. Il Vasari la attribuì addirittura a Donatello. L’eleganza formale dei cavalli di San Marco è però in contrasto con l’irruenta e baldanzosa testa Carafa. La natura della lega dei cavalli di Venezia è del tutto singolare. La prevaricante percentuale di rame è un argomento a favore della grecità, ma nessuno dei bronzi greci cui è stata esaminata la composizione è simile a questa, anche se in essa è presente una maggiore percentuale di rame e una minore quantità di piombo rispetto ai bronzi romani. Il tipo di fusione adoperato è quella cosiddetta indiretta, che si serve cioè di forme calcate sul modello. Mentre il tipo di doratura, a mercurio, sembrerebbe una caratteristica dell’età romana matura. Il cavallo nell’arte 7 Adorazione dei Magi di Gentile da Fabriano La famosa pala dell’Adorazione dei Magi (1423, Galleria degli Uffizi, Firenze), dipinta da Gentile da Fabriano per la cappella di Palla Strozzi in Santa Trinita a Firenze, è un magnifico esempio di stile gotico internazionale. Ricco di particolari dorati (tessuti damascati, finimenti di cavalli, aureole e corone), il dipinto si caratterizza per l’estrema raffinatezza della linea, l’eleganza delicata delle figure, l’atmosfera cortese e aristocratica, dominante sul significato sacro della scena. L’opera, che è firmata e datata 1423, era stata commissionata a Gentile dal ricco mercante Palla Strozzi per l’altare della propria cappella di famiglia nella chiesa di Santa Trinita a Firenze. Il committente sarebbe stato raffigurato al centro della tavola, nel personaggio con il falcone in mano mentre alla sua destra è ritratto il figlio Lorenzo. Si tratta di una pittura a tempera che è in tutto e per tutto specchio fedele della civiltà tardo-gotica raffinata ed elegante. Si assiste all’avanzare verso la capanna con la Sacra Famiglia, di un lungo corteo, preceduto dai re Magi. Sembra di essere spettatori di una fiaba cortese sospesa in una dimensione senza tempo, tanto che l’aspetto religioso passa del tutto in secondo piano. I particolari che ci colpiscono sono i colori brillanti, la luminosità dell'oro, la ricchezza dei gioielli, delle stoffe lussuose ed il tipico gusto per la descrizione degli animali. Il cavallo nell’arte 8 Storia della vera Croce nella chiesa di San Francesco ad Arezzo 1450 Piero della Francesca Piero della Francesca, La leggenda della vera croce. La battaglia di Costantino contro Massenzio, affresco, Arezzo, San Francesco, 14521460 ca. Il tema del ciclo è tratto dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varagine . Gli affreschi con la Storia della vera Croce nella chiesa di San Francesco ad Arezzo costituiscono l'opera più complessa e famosa di Piero della Francesca. Furono commissionati da una ricca famiglia locale, i Bacci, a un pittore fiorentino, Bicci di Lorenzo, che lasciò il lavoro intorno al 1450. Non si sa quando Piero gli subentrò e quando finì il lavoro, che per la maggior parte fu presumibilmente eseguito nel decennio 1450. Il cavallo nell’arte Piero Della Francesca, Battaglia di Eraclio e Cosroe 9 Al tempo di Piero della Francesca, i dipinti che raffiguravano la storia della croce erano comuni nelle chiese dedicate a San Francesco, anche perché nel 1362 i francescani erano stati nominati custodi ufficiali dei luoghi sacri di Gerusalemme, molti dei quali sono effigiati. Non è raffigurata, infatti, una sola storia, ma un insieme di leggende che tracciano la storia della croce su cui Cristo venne crocifisso. Queste iniziano poco dopo la creazione del mondo, perché si dice che la croce venne costruita con l'Albero della Conoscenza di cui Adamo ed Eva, disobbedendo a Dio, avevano mangiato il frutto, e finiscono nel VII secolo a.C. Piero organizzò le scene della leggenda secondo i suoi canoni di armonia visiva e non in ordine cronologico. Il cavallo nell’arte Eretto tra il 1525 e il 1535 da Giulio Romano su un preesistente rustico per ordine del Marchese, successivamente nominato Duca di Mantova, Federico Gonzaga 10 Palazzo Tè a Mantova rappresenta il capolavoro di Giulio Romano. Lo splendore della corte gonzaghesca si riverbera negli affreschi che decorano questo splendido palazzo, soprattutto nella sala dei Cavalli dove il duca Federico volle ritrarre i suoi destrieri favoriti. Il cavallo nell’arte Michelangelo Merisi da Caravaggio 11 La prima Conversione di San Paolo, fu commissionata a Caravaggio nel 1600 da Tiberio Cerasi per decorare le pareti della sua nuova cappella in S. Maria del Popolo Tavola Odescalchi La Conversione di Paolo è un evento descritto negli atti degli apostoli che segna l'adesione al cristianesimo di Saulo o Paulo di Tarso. La conversione di San Paolo Il cavallo nella letteratura Giovanni Boccaccio Decameron 12 Giornata VI Novella prima Un cavaliere dice a madonna Oretta di portarla con una novella a cavallo, e malcompostamente dicendola, è da lei pregato che a piè la ponga. Giovani donne, come né lucidi sereni sono le stelle ornamento del cielo e nella primavera i fiori de' verdi prati, e de' colli i rivestiti albuscelli, così de' laudevoli costumi e de' ragionamenti belli sono i leggiadri motti, li quali, per ciò che brievi sono, tanto stanno meglio alle donne che agli uomini, quanto più alle donne che agli uomini il molto parlar si disdice. E' il vero che, qual si sia la cagione, o la malvagità del nostro ingegno o inimicizia singulare che à nostri secoli sia portata dà cieli, oggi poche o non niuna donna rimasa ci è, la qual ne sappi né tempi opportuni dire alcuno, o, se detto l'è, intenderlo come si conviene: general vergogna di tutte noi. Ma per ciò che già sopra questa materia assai da Pampinea fu detto, più oltre non intendo di dirne. Ma per farvi avvedere quanto abbiano in sé di bellezza à tempi detti, un cortese impor di silenzio fatto da una gentil donna ad un cavaliere mi piace di raccontarvi. Il cavallo nella letteratura Giovanni Boccaccio Decameron 13 Sì come molte di voi o possono per veduta sapere o possono avere udito, egli non è ancora guari che nella nostra città fu una gentile e costumata donna e ben parlante, il cui valore non meritò che il suo nome si taccia. Fu adunque chiamata madonna Oretta, e fu moglie di messer Geri Spina; la quale per avventura essendo in contado, come noi siamo, e da un luogo ad un altro andando per via di diporto insieme con donne e con cavalieri, li quali a casa sua il dì avuti avea a desinare, ed essendo forse la via lunghetta di là onde si partivano a colà dove tutti a piè d'andare intendevano disse uno de' cavalieri della brigata: - Madonna Oretta, quando voi vogliate, io vi porterò, gran parte della via che ad andare abbiamo, a cavallo, con una delle belle novelle del mondo. Al quale la donna rispose: - Messere, anzi ve ne priego io molto, e sarammi carissimo. Messer lo cavaliere, al quale forse non stava meglio la spada allato che 'l novellar nella lingua, udito questo, cominciò una sua novella, la quale nel vero da sé era bellissima; ma egli or tre e quattro e sei volte replicando una medesima parola, e ora indietro tornando, e talvolta dicendo: - Io non dissi bene; - e spesso né nomi errando, un per un altro ponendone, fieramente la guastava; senza che egli pessimamente, secondo le qualità delle persone e gli atti che accadevano, proffereva. Di che a madonna Oretta, udendolo, spesse volte veniva un sudore e uno sfinimento di cuore, come se inferma fosse stata per terminare; la qual cosa poi che più sofferir non potè, conoscendo che il cavaliere era entrato nel pecoreccio, né era per riuscirne, piacevolmente disse: - Messere, questo vostro cavallo ha troppo duro trotto; per che io vi priego che vi piaccia di pormi a piè. Il cavaliere, il qual per avventura era molto migliore intenditore che novellatore, inteso il motto, e quello in festa e in gabbo preso, mise mano in altre novelle, e quella che cominciata avea e mai seguita, senza finita lasciò stare. Il cavallo nella letteratura Perché la novella di Boccaccio? 14 Abbiamo scelto la novella di Boccaccio perché il «leggiadro motto» di Madonna Oretta : “questo vostro cavallo ha troppo duro trotto; per che io vi priego che vi piaccia di pormi a piè” può essere inteso come la metafora stessa del racconto e di colui che narra. Vi porterò a cavallo di una novella si dice all’inizio e, poiché il narratore risulta essere alquanto maldestro, il cavallo (la novella appunto) risulta essere molto scomodo (raccontata con grande impaccio, in modo maldestro) Ma che cos'è questa metafora del cavallo usata dal cavaliere? Da dove deriva? È semplicemente un'invenzione del Boccaccio? Le più autorevoli edizioni moderne del Decameron non citano fonti precise per questa novella e si limitano ad accennare a una vaga somiglianza con un racconto del Novellino (Raccolta di novelle la cui prima edizione risale agli ultimi vent'anni del XIII secolo, di autore è ignoto, probabilmente un'opera scritta a più mani. ) L'espressione usata dal cavaliere sembrerebbe a tutta prima ricalcare un modo di dire del tipo «siamo a cavallo» o simili, che spiegherebbe in modo meccanico l'origine del gioco di parole. Per capire la precisa formulazione verbale del motto figurato («vi porterò a cavallo con una novella») e il gioco di parole che ne deriva e che costituisce la «pronta risposta» di Madonna Oretta è necessario collocare il racconto nell'ambito specifico di una tradizione diversa, quella dell'enigma. Nel medioevo esisteva una vasta letteratura enigmistica. Basta pensare al gusto degli antichi anglo-sassoni per i rebus e gli indovinelli, alla moda portata alla corte di Carlomagno dall'Irlanda e alle raccolte individuali di Adelmo, Tatwini, Angilberto e Paolo Diacono. Ci sono inoltre collezioni di indovinelli ed enigmi nelle letterature orientali che risalgono sino ai tempi più antichi. Una versione di queste storie è quella di Giuseppe b. Meir Zabara, un medico ebreo spagnolo vissuto a Barcellona nella seconda metà del XII secolo. La sua opera principale è il Libro delle delizie, un continuo alternarsi di racconti, favole, aneddoti, indovinelli, detti, discussioni filosofiche e mediche, una straordinaria e vivace miscellanea di elementi disparati riuniti da una «cornice» di viaggiatori-narratori. 15 Il cavallo nella letteratura Entro questa cornice vengono raccolte quindici novelle Tra queste a noi interessa la settima novella: quando Enan, il gigante che viaggia con Zabara,(l’autore) gli dice: «Tu porta me o io porterò te». Zabara rimane perplesso perché sono entrambi già a cavallo. Allora per spiegare il mistero della frase, Enan gli narra «la novella del contadino e l'eunuco del re». Un re sogna che una scimmia dello Yemen «salta al collo» delle sue mogli. Al mattino, tutto preoccupato perché gli sembra che questo sogno debba significare che il re dello Yemen sta per impossessarsi dei suoi averi e del suo regno, si confida con un eunuco della sua corte il quale gli dice di conoscere di fama un saggio che saprà certamente trovare una spiegazione del sogno. L'eunuco parte in cerca del saggio e durante il viaggio s'imbatte in un contadino, anch'egli su una mula, il quale si offre di ospitarlo a casa sua. Mentre cavalcano verso casa, l'eunuco del re rivolge al contadino frasi in apparenza assurde, fra cui questa: «Portami tu o io porterò te». Il contadino lo prende per pazzo e quando arrivano a casa racconta l'accaduto alla moglie e alle figlie. La più giovane gli spiega che l'eunuco del re è tutt'altro che pazzo e gli rivela il significato di tutti i suoi detti oscuri. In particolare, spiega che la strana espressione usata dall'eunuco significa che «chi, viaggiando con un compagno, gli racconta detti e novelle, e cita indovinelli e proverbi, con questo 'porta' il suo compagno e gli fa strada e gli alleggerisce il tedio del viaggio e lo libera dai pensieri inquietanti». Dopo tante ricerche nella storia, nella letteratura e nella cultura popolare proviamo finalmente a cimentarci con l’invenzione di una storia tutta nostra! 16 Racconto Il cavallo che sussurrava ai bambini Senza alcuna voglia di replicare, Giovanni se ne andò via sbattendo la porta e prese la via dei campi. Il direttore non si preoccupò nemmeno di riacciuffarlo, perché sapeva che il ragazzo non aveva scelta, avrebbe dovuto rispettare la decisione presa dal Consiglio, oppure sarebbe stato scacciato dall’Istituto e avrebbe dovuto ripetere l’anno. La storia si svolge in una piccola cittadina del nord d’Italia, dove gli amministratori locali avevano pensato che fosse necessario raccogliere tutti i cosiddetti bulli per educarli in maniera rigida ed impedire, o prevenire, qualsiasi loro insubordinazione. Il sindaco, in particolare, si considerava una sorta di paladino dell’ordine pubblico, per la sua campagna elettorale aveva realizzato dei bellissimi manifesti nei quali la città era stata trasformata in un luogo nuovo, tanto pulito da essere luccicante, quasi sterile. I cittadini evidentemente avevano apprezzato la sua fantasiosa realizzazione e l’avevano premiato votandolo in massa. Dopo un certo periodo però, nonostante le belle intenzioni, qualche problema si stava evidenziando. Uno di questi problemi era proprio la scuola. Già! Perché il nostro sindaco era molto scrupoloso ed intransigente, però non aveva figli e considerava azione di disturbo ogni gioco realizzato dai bambini della città. Racconto Il cavallo che sussurrava ai bambini 17 Così, giorno dopo giorno, quella che doveva essere la scuola per i casi difficili, divenne la scuola di tutti. Tutti i bambini e ragazzi erano riusciti, in un modo o nell’altro, ad incorrere nelle ire del nostro zelante sindaco. Il primo bambino ad entrare in quella comunità era stato proprio Giovanni perché aveva infranto i vetri di un lampione giocando a pallone e, dal momento che la città era sotto la sorveglianza di milioni di telecamere, il nostro Giovanni venne subito confinato nell’Istituto di riabilitazione “ Centro Rieducazione Anime Perse”, questo era il nome della scuola. In breve tempo però tutti i bambini della città l’avevano raggiunto. La cosa più sorprendente era che i genitori, tutti assorti a rendere la loro città più pulita, più ordinata e più sana, non si erano resi conto che i loro bambini erano molto infelici nella modernissima struttura. Erano troppo occupati a lavorare per accorgersi che il cambiamento dell’ambiente in cui vivevano aveva trasformato radicalmente anche le loro abitudini. I genitori avevano accesso alla scuola una volta ogni quindici giorni e consideravano salutare il rigido clima che si respirava nell’istituto. I ragazzi avevano paura a parlare tra loro di quello che gli stava capitando perché speravano che, se si fossero comportati bene, sarebbero rientrati presto nelle loro abitazioni, solo Giovanni non aveva paura perché lui aveva una situazione difficile anche a casa: la mamma aveva perso il lavoro e, subito dopo, il papà aveva pensato di risolvere i problemi familiari a suo modo: non si era fatto più vedere ! Il fatto che Giovanni fosse stato preso nella scuola poteva avere i suoi vantaggi, lui sapeva che, in un caso o nell’altro, nessuno avrebbe avuto il tempo e la voglia di prendersi cura di lui. Il direttore però non apprezzava la sua intemperanza e aveva deciso per lui una punizione esemplare, che servisse da ammonimento anche agli altri ragazzi della scuola, l’aveva incaricato così di ripulire l’enorme stalla che ospitava i suoi preziosi cavalli. Dobbiamo precisare che, con l’intervento del sindaco, il centro di rieducazione era diventato molto importante e apprezzato, di conseguenza i finanziamenti erano arrivati in gran quantità. Racconto Il cavallo che sussurrava ai bambini 18 In realtà i ragazzi si occupavano di tutte le necessità dell’istituto: dalla cucina al refettorio, dai bagni alle camere da letto, perciò gli enormi finanziamenti della scuola finivano nelle tasche del sindaco e del direttore il quale, di conseguenza, conduceva una vita lussuosa e cercava mille modi per investire il suo denaro. Egli infatti non aveva una vera passione per i cavalli, e i cavalli sembravano avvertirlo molto chiaramente, riteneva però che, per un uomo nella sua posizione, una grande stalla con magnifici purosangue contribuisse al suo prestigio. Giovanni venne perciò destinato alla pulizia della stalla, un lavoro sporco, uno dei più disprezzabili in quella società così linda e splendente. In poco tempo egli, invece, si rese conto che quel lavoro, che gli altri consideravano spregevole e sporco, era per lui una magnifica occasione per evadere dalla sua prigione. Gli animali erano magnifici, lo riconoscevano e sembravano capire le sue preoccupazioni. Quando arrivava nella stalla si spostavano dai loro box per fare in modo che Giovanni potesse pulire agevolmente e, ogni tanto, strofinavano il muso contro di lui , quasi volessero ringraziarlo. Giovanni amava il suo lavoro ed era intenzionato a non dire nulla ai suoi compagni, infatti sapeva che loro potevano costituire una minaccia per lui. Erano così codardi che non avrebbero esitato a far sapere al direttore che lui si stava divertendo e che la punizione perciò era inefficace. Però con l’andar del tempo si accorse che alcuni studenti della scuola si stavano addirittura ammalando, erano tanto tristi che non volevano mangiare, talvolta non si alzavano nemmeno da letto. Così si decise a parlare. Si fece accompagnare alla stalla prima da uno e via via da altri ragazzi, quindi decisero di suddividersi le mansioni e, gradualmente, tutti i ragazzi ritrovarono la gioia e la serenità. Rimaneva solo un enorme problema: dovevano far capire a tutti che la situazione non era più sostenibile. Discussero a lungo la questione perché si rendevano conto che ormai si trattava di una follia collettiva: tutto era bianco e splendente, tutto tranne gli occhi vuoti e grigi delle persone, persino i fiori erano stati eliminati dal paesaggio urbano. Sì! Perché i petali caduti avrebbero creato disordine! E tutto nella completa indifferenza. Come era possibile che gli adulti fossero arrivati a tanto? Racconto Il cavallo che sussurrava ai bambini 19 La discussione si era tenuta ovviamente nella stalla, l’unico luogo nel quale i ragazzi potevano sentirsi al sicuro e, ad un certo punto, i cavalli incominciarono a sembrare nervosi, pareva che non sopportassero più le loro chiacchiere e volessero uscire, in particolare uno, il più affezionato a Giovanni, incominciò a nitrire forte. Giovanni decise di avvicinarsi e coccolarlo un po’ e, ascoltando più attentamente, sentì un nitrito che assomigliava a un motivo … si sarebbe potuto definire: musicale! Si avvicinò ancora e riconobbe addirittura quello strano motivo. Era il ritornello della famosa canzone di F. De Andrè: Ama e ridi se amor risponde piangi forte se non ti sente dai diamanti non nasce niente dal letame nascono i fior dai diamanti non nasce niente dal letame nascono i fior. Giovanni ebbe un’illuminazione. Interpretò nettamente il messaggio che il cavallo aveva voluto trasmettere e decise di organizzare i suoi amici. Dispose ragazzi e cavalli in fila indiana e li guidò verso l’ultimo vivaio abbandonato della zona, una volta arrivato in vista del recinto prese la rincorsa e riuscì a saltare l’ostacolo. A quel punto i ragazzi fecero un passamano con tutti i vasi di piante che si trovavano ancora all’interno. I ragazzi, con i loro trofei in mano, presero la via della città decisi a non fermarsi. Forse un fiore non sarebbe bastato a far capire ai genitori tutto il loro malessere ma almeno sarebbe stato un inizio. Arrivarono in città all’ora di cena e la città era deserta: erano tutti intenti a mangiare cibi in scatole monodose che avevano il pregio di non sporcare le cucine, i piatti, di non fare briciole… Così i ragazzi riuscirono ad iniziare la loro opera senza essere notati. Posizionarono le piante nelle posizioni strategiche, in bella mostra e, i loro amati cavalli provvedevano a …concimare! Si divertirono un sacco pensando alla sorpresa dei loro genitori. Racconto Il cavallo che sussurrava ai bambini 20 Infine si riunirono tutti sulla piazza principale del paese e si disposero in cerchio: un ragazzo, un cavallo e così via. Quando furono tutti al loro posto, i cavalli iniziarono a picchiare gli zoccoli contro il selciato ad un ritmo dapprima lento, quindi sempre più forte, alla fine divenne assordante e i cittadini si affacciarono alle finestre. Dapprima il sindaco accennò un moto di rabbia, ma Giovanni iniziò a cantare il motivo della canzone di De Andrè, a lui si unirono i compagni e, incredibilmente i cavalli nitrirono a tempo. I genitori rivedendo i loro ragazzi si commossero e così Giovanni approfittò di quel momento di grande commozione per spiegare a tutti che il primo cittadino di quel paese si era approfittato di tutti loro, aveva fatto credere di voler migliorare la qualità della vita ma, in realtà, si era arricchito enormemente. Tutti avrebbero potuto facilmente constatare che le enormi cifre che erano state stanziate per la scuola erano in realtà entrate nelle casse private del signor sindaco e del direttore compiacente. Un applauso fragoroso concluse l’orazione di Giovanni e il rumore degli zoccoli si fece nuovamente incalzante. Il primo cittadino aveva compreso che il suo potere stava terminando e stava cercando di fuggire di soppiatto ma il cavallo di Giovanni lo avvistò, lo raggiunse in un attimo e, a furia di testate nel suo fondoschiena, lo spinse al centro della piazza dove iniziò il suo processo pubblico! fine 21 I poster in concorso I poster in concorso 22 Per questo poster ci siamo ispirati ad un disegno di Pablo Picasso. La nostra versione è stata realizzata con i bottoni.