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Il mio regno per un cavallo

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Il mio regno per un cavallo
S.M.S. ASSAROTTI-QUASIMODO
Succ. VILLA RATTO
Classe I C
A.S. 2008-09
copertina
Concorso grafico- letterario rivolto alle scuole
Italiane primarie e secondarie di primo grado
A cura di
Prof.ssa C. Maestranzi
Concorso grafico - letterario rivolto alle scuole
italiane primarie e secondarie di primo grado
RACCONTO : Il cavallo che sussurrava ai bambini
POSTER : Il cavallo regala sorrisi
2
Racconto
Gruppo di lavoro:
Poster
Gruppo di lavoro
 Federica Betuzzi
 Asia Arrighi
 Consuelo Brunelli
 Sofia Cocconcelli
 Martina Chiuchiolo
 Claudia Durante
 Martina Ciocca
 Christian Ferrando
 Davide Mezzolani
 Simone Ferrari
 Andrea Morosini
 Matilde Formigoni
 Elisa Pacchioli
 Olga Guseva
 Alessia Parodi
 Elena Isola
 Francesco Sanfilippo
 Laura Macauda
 Jennifer Santacruz
 Sabrina Modica
 Giorgia Pastorino
 Roberta Nasone
 Elena Isola
 Giorgia Pastorino
 Matilde Formigoni
 Martina Pizzi
 Roberta Nasone
 Marco Rossi
L’attività si è svolta prevalentemente nelle ore pomeridiane del
Laboratorio di scrittura creativa e di studio assistito.
(Ore opzionali)
La classe IC ha realizzato alcuni poster grafici e un racconto che
verranno inviati al Concorso: Il mio regno per un cavallo.
Verona 5-8 novembre 2009w w w . f i e r a c a v a l l i . c om
3
La celebre frase, attribuita al Re d’Inghilterra Riccardo III, è lo spunto
letterario per un viaggio nella fantasia ed è punto d’origine e di snodo del
Concorso Grafico-Letterario rivolto alle scuole italiane primarie e secondarie
di primo grado.La seconda edizione del Concorso è uno dei contenuti
culturali dell’edizione di Fieracavalli in programma a Veronafiere dal 5 all’8
novembre 2009. Una giuria di esperti composta da rappresentanti di Verona
fiere, esponenti dei media nazionali, psicologi, illustratori e linguisti. si
riunirà con il difficile compito di selezionare gli studenti vincitori.
Gli elaborati saranno valutati in base a criteri che tengono conto di:
pertinenza con il tema del concorso, originalità, creatività, efficacia
comunicativa, rigore scientifico, coerenza, e soluzioni tecniche adottate.
Il primo classificato di ciascuna tipologia comunicativa riceverà in premio un
cavallo. Sarà poi compito dei vincitori trovare alloggio per i tre cavalli
nell’ambito di centri specifici che utilizzano l’animale in terapie per il
recupero neuromotorio dei bambini. Entro il 15 Ottobre 2009, con
giudizio
insindacabile,
la
Commissione
designerà
i
vincitori
Il nostro lavoro è iniziato tramite ricerche
sull’argomento tratte da riviste scientifiche, articoli di
giornale, letture, incursioni nella storia dell’arte
I primi cavalli addomesticati
5.500 anni fa in Kazakistan
4
Gli animali, usati per gli spostamenti e per il latte, entrarono nelle stalle
molto prima di quanto non si pensasse. Solo duemila anni dopo arrivarono
in Europa i primi cavalli domestici.
Venivano montati per spostarsi sulle lunghe distanze e il loro latte era usato
nell'alimentazione quotidiana: i primi cavalli vennero addomesticati
dall'uomo 5.500 anni fa. La prova si deve ad un gruppo di archeologi e
scienziati dell'Università di Exeter in Gran Bretagna e di Bristol, che su
Science ricostruiscono le origini dei cavalli "da stalla" facendoli risalire alla
cultura Botai, in Kazakistan.
Le steppe dell'Asia centrale dovevano essere popolate già nel quarto
millennio avanti Cristo da numerosi cavalli allo stato brado. E' da questi
animali selvatici, venuti in contatto con le tribù locali, che avremmo
ereditato purosangue e puledrini. Finora l'origine del cavallo domestico era
stata attribuita ad una data più recente, in concomitanza con la diffusione
delle lingue indoeuropee e della pratica della guerra, nell'età del Bronzo
(tra terzo e quarto millennio avanti Cristo). Ma a quanto pare i cavalli nelle
stalle ci entrarono molto prima in Kazakistan e solo dopo, con un ritardo di
2000 anni, arrivarono in Europa.
"Addomesticare i cavalli ha avuto un immenso impatto sociale ed
economico, facendo progredire la comunicazione, i trasporti, la produzione
di cibo e la guerra" spiega il primo autore dello studio, Alan Outram
dell'università di Exeter. E retrodatare di 1.000 anni l'inizio di questo
fenomeno "è significativo perché cambia la nostra comprensione di come
queste società antiche si sono sviluppate”.
Gli archeologi hanno provato la presenza di tracce di grassi di latte di
giumenta nel vasellame di quelle tribù del Kazakistan, dove ancora oggi si
consuma il latte di giumenta e di asina. Prove certe, sostengono, che i
cavalli furono addomesticati prima del previsto e che solo successivamente
l'arte di addomesticare i cavalli fu diffusa in Europa.

(6 marzo 2009) Tratto da Scienze
Il cavallo nell’arte
5
I cavalli di
San Marco
a Venezia
Analisi stilistica
Anche le teorie degli
ultimi anni
propongono datazioni
oscillanti fra l’età di
Lisippo (IV secolo a. C.
) e l’età di Costantino
(IV secolo d. C.). la
verità è che nell’ambito
dell’arte greca e
romana non esistono
altri cavalli che
presentino
caratteristiche
anatomiche uguali a
quelli veneziani.
Il primo scultore che
l’Umanesimo indicò
quale artefice della
quadriga marciana è
Fidia, creatore delle
sculture dell’Acropoli
di Atene.
Le caratteristiche, però,
dei cavalli del V secolo
a. C. sono tutte assai
dissimili da quelle dei
cavalli veneziani sia per
lo stile che per il tipo
somatico
rappresentato.
Storia
I Cavalli di San Marco furono trasportati a Venezia da Costantinopoli
nel 1204, a seguito della conquista della città compiuta dai crociati e
dal doge Enrico Dandolo. Si ritiene, tra le ipotesi, che i cavalli si
trovassero nell’ippodromo di Costantinopoli. Sembra che i cavalli
vennero imbarcati su una nave veneziana comandata da Domenico
Morosini e che la zampa di uno di questi, staccatasi dalla scultura,
sarebbe rimasta in casa Morosini.
I cavalli furono collocati nell’Arsenale prima di essere esposti sulla
facciata della Basilica di San Marco, sappiamo che rimasero
depositati li per circa cinquant’anni rischiando addirittura la
distruzione. Non si hanno documentazioni sui cavalli di San Marco
dopo il loro arrivo a Venezia fino alla segnalazione del Petrarca del
1364. Poco dopo, nel 1378, è ricordata la nota minaccia lanciata da
Pietro Doria “di imbrigliare i cavalli di San Marco” durante la guerra
di Chioggia
.
Napoleone Bonaparte volle i cavalli di San Marco a Parigi come
trofeo delle campagne d’Italia. Al Canova e a Francesco I d’Austria,
dobbiamo il merito di aver riportato, dopo 18 anni, i cavalli a
Venezia
insieme
al
Leone
di
san
Marco.
Le due guerre mondiali hanno obbligato per ben due volte a togliere
i cavalli dalla facciata per metterli in un rifugio sicuro, durante il
primo conflitto a Roma e nel secondo nell’Abbazia Benedettina di
Praglia sui Colli Euganei prima e nel Palazzo Ducale poi.
Il mosaico che decora la lunetta sul portale di Sant‘ Alipio, databile
intorno al 1265, ci presenta già i cavalli issati sulla facciata nella
posizione che conserveranno nei secoli.
Il cavallo nell’arte
6
I cavalli di San
Marco a Venezia
particolare della testa di uno dei cavalli
di San Marco
Testa “Carafa” (dalla collezione della famiglia Carafa)
Analisi stilistica
La critica antica e moderna ha spesso fatto il nome
di Lisippo e dei suoi seguaci a proposito dei cavalli
si San Marco. Si sa che fra le 1500 opere che, a
giudizio di Plinio, andavano attribuite al grande
maestro numerosi erano gli animali: cani, leoni e
soprattutto cavalli riuniti in quadrighe tra cui una
con il sole o il cosiddetto Alessandro a cavallo in
bronzo rinvenuto ad Ercolano nel 1761. Alcuni
particolari presentano corrispondenze con i cavalli
di San Marco: la criniera tagliata corta, il ciuffo
frontale legato in alto, le orecchie contrapposte
rigidamente e pelose nella parte interna.
Numerose
sono
anche
le
differenze.
Alcune somiglianze sono state individuate con la
cosiddetta testa Carafa. Questo bronzo fu un
regalo di Lorenzo dei Medici a Diomede Carafa.
Il Vasari la attribuì addirittura a Donatello.
L’eleganza formale dei cavalli di San Marco è però
in contrasto con l’irruenta e baldanzosa testa
Carafa.
La natura della lega dei cavalli di Venezia è del
tutto singolare.
La prevaricante percentuale di rame è un
argomento a favore della grecità, ma nessuno dei
bronzi greci cui è stata esaminata la composizione
è simile a questa, anche se in essa è presente una
maggiore percentuale di rame e una minore
quantità di piombo rispetto ai bronzi romani.
Il tipo di fusione adoperato è quella cosiddetta
indiretta, che si serve cioè di forme calcate sul
modello. Mentre il tipo di doratura, a mercurio,
sembrerebbe una caratteristica dell’età romana
matura.
Il cavallo nell’arte
7
Adorazione dei Magi
di Gentile da
Fabriano
La famosa pala
dell’Adorazione dei
Magi (1423, Galleria
degli Uffizi, Firenze),
dipinta da Gentile da
Fabriano per la cappella
di Palla Strozzi in Santa
Trinita a Firenze, è un
magnifico esempio di
stile gotico
internazionale. Ricco
di particolari dorati
(tessuti damascati,
finimenti di cavalli,
aureole e corone), il
dipinto si caratterizza
per l’estrema
raffinatezza della linea,
l’eleganza delicata delle
figure, l’atmosfera
cortese e aristocratica,
dominante sul
significato sacro della
scena.
L’opera, che è firmata e datata 1423, era stata
commissionata a Gentile dal ricco mercante Palla
Strozzi per l’altare della propria cappella di famiglia
nella chiesa di Santa Trinita a Firenze. Il committente
sarebbe stato raffigurato al centro della tavola, nel
personaggio con il falcone in mano mentre alla sua
destra è ritratto il figlio Lorenzo. Si tratta di una
pittura a tempera che è in tutto e per tutto specchio
fedele della civiltà tardo-gotica raffinata ed elegante.
Si assiste all’avanzare verso la capanna con la Sacra
Famiglia, di un lungo corteo, preceduto dai re Magi.
Sembra di essere spettatori di una fiaba cortese
sospesa in una dimensione senza tempo, tanto che
l’aspetto religioso passa del tutto in secondo piano. I
particolari che ci colpiscono sono i colori brillanti, la
luminosità dell'oro, la ricchezza dei gioielli, delle
stoffe lussuose ed il tipico gusto per la descrizione
degli animali.
Il cavallo nell’arte
8

Storia della vera
Croce nella
chiesa di San
Francesco ad
Arezzo
1450
Piero della
Francesca
Piero della
Francesca, La
leggenda della vera
croce. La battaglia di
Costantino contro
Massenzio, affresco,
Arezzo, San
Francesco, 14521460 ca.

Il tema del ciclo è tratto dalla Legenda Aurea di
Jacopo da Varagine .
Gli affreschi con la Storia della vera Croce nella
chiesa di San Francesco ad Arezzo costituiscono
l'opera più complessa e famosa di Piero della
Francesca. Furono commissionati da una ricca
famiglia locale, i Bacci, a un pittore fiorentino,
Bicci di Lorenzo, che lasciò il lavoro intorno al
1450. Non si sa quando Piero gli subentrò e
quando finì il lavoro, che per la maggior parte
fu presumibilmente eseguito nel decennio 1450.
Il cavallo
nell’arte
Piero Della Francesca,
Battaglia di Eraclio e Cosroe
9
Al tempo di Piero della Francesca, i dipinti che
raffiguravano la storia della croce erano comuni
nelle chiese dedicate a San Francesco, anche
perché
nel
1362
i
francescani
erano
stati
nominati custodi ufficiali dei luoghi sacri di
Gerusalemme, molti dei quali sono effigiati.
Non è raffigurata, infatti, una sola storia, ma un
insieme di leggende che tracciano la storia della
croce su cui Cristo venne crocifisso.
Queste iniziano poco dopo la creazione del
mondo, perché si dice che la croce venne
costruita con l'Albero della Conoscenza di cui
Adamo ed Eva, disobbedendo a Dio, avevano
mangiato il frutto, e finiscono nel VII secolo a.C.
Piero organizzò le scene della leggenda secondo i
suoi canoni di armonia visiva e non in ordine
cronologico.
Il cavallo nell’arte
Eretto tra il 1525 e il 1535 da
Giulio Romano su un
preesistente rustico per ordine
del Marchese,
successivamente nominato
Duca di Mantova, Federico
Gonzaga
10
Palazzo Tè a Mantova rappresenta
il capolavoro di Giulio Romano. Lo
splendore della corte gonzaghesca
si riverbera negli affreschi che
decorano questo splendido palazzo,
soprattutto nella sala dei Cavalli
dove il duca Federico volle ritrarre
i suoi destrieri favoriti.
Il cavallo nell’arte
Michelangelo Merisi da Caravaggio
11
La prima Conversione di San Paolo,
fu commissionata a Caravaggio nel
1600 da Tiberio Cerasi per decorare
le pareti della sua nuova cappella in
S. Maria del Popolo
Tavola Odescalchi
La Conversione di Paolo è un evento
descritto negli atti degli apostoli che
segna l'adesione al cristianesimo di
Saulo o Paulo di Tarso.
La conversione di San Paolo
Il cavallo nella letteratura
Giovanni Boccaccio
Decameron
12
Giornata VI Novella prima
Un cavaliere dice a madonna Oretta di portarla con una
novella a cavallo, e malcompostamente dicendola, è da
lei pregato che a piè la ponga.
Giovani donne, come né lucidi sereni sono le stelle ornamento
del cielo e nella primavera i fiori de' verdi prati, e de' colli i
rivestiti
albuscelli,
così
de'
laudevoli
costumi
e
de'
ragionamenti belli sono i leggiadri motti, li quali, per ciò che
brievi sono, tanto stanno meglio alle donne che agli uomini,
quanto più alle donne che agli uomini il molto parlar si disdice.
E' il vero che, qual si sia la cagione, o la malvagità del nostro
ingegno o inimicizia singulare che à nostri secoli sia portata dà
cieli, oggi poche o non niuna donna rimasa ci è, la qual ne
sappi né tempi opportuni dire alcuno, o, se detto l'è, intenderlo
come si conviene: general vergogna di tutte noi. Ma per ciò che
già sopra questa materia assai da Pampinea fu detto, più oltre
non intendo di dirne. Ma per farvi avvedere quanto abbiano in
sé di bellezza à tempi detti, un cortese impor di silenzio fatto
da una gentil donna ad un cavaliere mi piace di raccontarvi.
Il cavallo nella letteratura
Giovanni Boccaccio
Decameron
13
Sì come molte di voi o possono per veduta sapere o possono avere udito, egli
non è ancora guari che nella nostra città fu una gentile e costumata donna e ben
parlante, il cui valore non meritò che il suo nome si taccia. Fu adunque
chiamata madonna Oretta, e fu moglie di messer Geri Spina; la quale per
avventura essendo in contado, come noi siamo, e da un luogo ad un altro
andando per via di diporto insieme con donne e con cavalieri, li quali a casa sua
il dì avuti avea a desinare, ed essendo forse la via lunghetta di là onde si
partivano a colà dove tutti a piè d'andare intendevano disse uno de' cavalieri
della brigata:
- Madonna Oretta, quando voi vogliate, io vi porterò, gran parte della via che ad
andare abbiamo, a cavallo, con una delle belle novelle del mondo.
Al quale la donna rispose:
- Messere, anzi ve ne priego io molto, e sarammi carissimo.
Messer lo cavaliere, al quale forse non stava meglio la spada allato che 'l
novellar nella lingua, udito questo, cominciò una sua novella, la quale nel vero
da sé era bellissima; ma egli or tre e quattro e sei volte replicando una
medesima parola, e ora indietro tornando, e talvolta dicendo: - Io non dissi
bene; - e spesso né nomi errando, un per un altro ponendone, fieramente la
guastava; senza che egli pessimamente, secondo le qualità delle persone e gli
atti che accadevano, proffereva. Di che a madonna Oretta, udendolo, spesse
volte veniva un sudore e uno sfinimento di cuore, come se inferma fosse stata
per terminare; la qual cosa poi che più sofferir non potè, conoscendo che il
cavaliere era entrato nel pecoreccio, né era per riuscirne, piacevolmente disse:
- Messere, questo vostro cavallo ha troppo duro trotto; per che io vi priego che
vi piaccia di pormi a piè.
Il cavaliere, il qual per avventura era molto migliore intenditore che
novellatore, inteso il motto, e quello in festa e in gabbo preso, mise mano in
altre novelle, e quella che cominciata avea e mai seguita, senza finita lasciò
stare.
Il cavallo nella letteratura
Perché la novella di Boccaccio?
14
Abbiamo scelto la novella di Boccaccio perché il «leggiadro motto» di
Madonna Oretta : “questo vostro cavallo ha troppo duro trotto; per che io vi
priego che vi piaccia di pormi a piè” può essere inteso come la metafora
stessa del racconto e di colui che narra.
Vi porterò a cavallo di una novella si dice all’inizio e, poiché il narratore
risulta essere alquanto maldestro, il cavallo (la novella appunto) risulta
essere molto scomodo (raccontata con grande impaccio, in modo
maldestro)
Ma che cos'è questa metafora del cavallo usata dal cavaliere? Da dove
deriva? È semplicemente un'invenzione del Boccaccio?
Le più autorevoli edizioni moderne del Decameron non citano fonti precise
per questa novella e si limitano ad accennare a una vaga somiglianza con
un racconto del Novellino (Raccolta di novelle la cui prima edizione risale
agli ultimi vent'anni del XIII secolo, di autore è ignoto, probabilmente
un'opera scritta a più mani. )
L'espressione usata dal cavaliere sembrerebbe a tutta prima ricalcare un
modo di dire del tipo «siamo a cavallo» o simili, che spiegherebbe in
modo meccanico l'origine del gioco di parole.
Per capire la precisa formulazione verbale del motto figurato («vi porterò a
cavallo con una novella») e il gioco di parole che ne deriva e che costituisce
la «pronta risposta» di Madonna Oretta è necessario collocare il racconto
nell'ambito specifico di una tradizione diversa, quella dell'enigma.
Nel medioevo esisteva una vasta letteratura enigmistica. Basta pensare al
gusto degli antichi anglo-sassoni per i rebus e gli indovinelli, alla moda
portata alla corte di Carlomagno dall'Irlanda e alle raccolte individuali di
Adelmo, Tatwini, Angilberto e Paolo Diacono.
Ci sono inoltre collezioni di indovinelli ed enigmi nelle letterature orientali che risalgono
sino ai tempi più antichi.
Una versione di queste storie è quella di Giuseppe b. Meir Zabara, un medico ebreo
spagnolo vissuto a Barcellona nella seconda metà del XII secolo.
La sua opera principale è il Libro delle delizie, un continuo alternarsi di racconti, favole,
aneddoti, indovinelli, detti, discussioni filosofiche e mediche, una straordinaria e vivace
miscellanea di elementi disparati riuniti
da una «cornice» di viaggiatori-narratori.
15
Il cavallo nella letteratura
Entro questa cornice vengono raccolte quindici novelle
Tra queste a noi interessa la settima novella:
quando Enan, il gigante che viaggia con Zabara,(l’autore) gli dice: «Tu
porta me o io porterò te». Zabara rimane perplesso perché sono
entrambi già a cavallo. Allora per spiegare il mistero della frase, Enan gli
narra «la novella del contadino e l'eunuco del re».
Un re sogna che una scimmia dello Yemen «salta al collo» delle sue mogli.
Al mattino, tutto preoccupato perché gli sembra che questo sogno debba
significare che il re dello Yemen sta per impossessarsi dei suoi averi e del
suo regno, si confida con un eunuco della sua corte il quale gli dice di
conoscere di fama un saggio che saprà certamente trovare una spiegazione
del sogno.
L'eunuco parte in cerca del saggio e durante il viaggio s'imbatte in un
contadino, anch'egli su una mula, il quale si offre di ospitarlo a casa sua.
Mentre cavalcano verso casa, l'eunuco del re rivolge al contadino frasi in
apparenza assurde, fra cui questa: «Portami tu o io porterò te».
Il contadino lo prende per pazzo e quando arrivano a casa racconta
l'accaduto alla moglie e alle figlie. La più giovane gli spiega che l'eunuco del
re è tutt'altro che pazzo e gli rivela il significato di tutti i suoi detti oscuri.
In particolare, spiega che la strana espressione usata dall'eunuco significa
che «chi, viaggiando con un compagno, gli racconta detti e
novelle, e cita indovinelli e proverbi, con questo 'porta' il suo
compagno e gli fa strada e gli alleggerisce il tedio del viaggio e lo
libera dai pensieri inquietanti».
Dopo tante ricerche nella storia, nella letteratura e
nella cultura popolare proviamo finalmente a
cimentarci con l’invenzione di una storia tutta
nostra!
16
Racconto
Il cavallo che sussurrava ai bambini
Senza alcuna voglia di replicare, Giovanni se ne andò via sbattendo la porta e prese la via dei
campi. Il direttore non si preoccupò nemmeno di riacciuffarlo, perché sapeva che il ragazzo non
aveva scelta, avrebbe dovuto rispettare la decisione presa dal Consiglio, oppure sarebbe stato
scacciato dall’Istituto e avrebbe dovuto ripetere l’anno.
La storia si svolge in una piccola cittadina del nord d’Italia, dove gli amministratori locali
avevano pensato che fosse necessario raccogliere tutti i cosiddetti bulli per educarli in maniera
rigida ed impedire, o prevenire, qualsiasi loro insubordinazione.
Il sindaco, in particolare, si considerava una sorta di paladino dell’ordine pubblico, per la sua
campagna elettorale aveva realizzato dei bellissimi manifesti nei quali la città era stata
trasformata in un luogo nuovo, tanto pulito da essere luccicante, quasi sterile. I cittadini
evidentemente avevano apprezzato la sua fantasiosa realizzazione e l’avevano premiato
votandolo in massa.
Dopo un certo periodo però, nonostante le belle intenzioni, qualche problema si stava
evidenziando. Uno di questi problemi era proprio la scuola. Già! Perché il nostro sindaco era
molto scrupoloso ed intransigente, però non aveva figli e considerava azione di disturbo ogni
gioco realizzato dai bambini della città.
Racconto
Il cavallo che sussurrava ai bambini
17
Così, giorno dopo giorno, quella che doveva essere la scuola per i casi difficili, divenne la
scuola di tutti. Tutti i bambini e ragazzi erano riusciti, in un modo o nell’altro, ad
incorrere nelle ire del nostro zelante sindaco.
Il primo bambino ad entrare in quella comunità era stato proprio Giovanni perché aveva
infranto i vetri di un lampione giocando a pallone e, dal momento che la città era sotto
la sorveglianza di milioni di telecamere, il nostro Giovanni venne subito confinato
nell’Istituto di riabilitazione “ Centro Rieducazione Anime Perse”, questo era il nome
della scuola.
In breve tempo però tutti i bambini della città l’avevano raggiunto.
La cosa più sorprendente era che i genitori, tutti assorti a rendere la loro città più pulita,
più ordinata e più sana, non si erano resi conto che i loro bambini erano molto infelici
nella modernissima struttura. Erano troppo occupati a lavorare per accorgersi che il
cambiamento dell’ambiente in cui vivevano aveva trasformato radicalmente anche le
loro abitudini. I genitori avevano accesso alla scuola una volta ogni quindici giorni e
consideravano salutare il rigido clima che si respirava nell’istituto.
I ragazzi avevano paura a parlare tra loro di quello che gli stava capitando perché
speravano che, se si fossero comportati bene, sarebbero rientrati presto nelle loro
abitazioni, solo Giovanni non aveva paura perché lui aveva una situazione difficile anche
a casa: la mamma aveva perso il lavoro e, subito dopo, il papà aveva pensato di risolvere
i problemi familiari a suo modo: non si era fatto più vedere ! Il fatto che Giovanni fosse
stato preso nella scuola poteva avere i suoi vantaggi, lui sapeva che, in un caso o
nell’altro, nessuno avrebbe avuto il tempo e la voglia di prendersi cura di lui.
Il direttore però non apprezzava la sua intemperanza e aveva deciso per lui una
punizione esemplare, che servisse da ammonimento anche agli altri ragazzi della scuola,
l’aveva incaricato così di ripulire l’enorme stalla che ospitava i suoi preziosi cavalli.
Dobbiamo precisare che, con l’intervento del sindaco, il centro di rieducazione era
diventato molto importante e apprezzato, di conseguenza i finanziamenti erano arrivati
in gran quantità.
Racconto
Il cavallo che sussurrava ai bambini
18
In realtà i ragazzi si occupavano di tutte le necessità dell’istituto: dalla cucina al
refettorio, dai bagni alle camere da letto, perciò gli enormi finanziamenti della
scuola finivano nelle tasche del sindaco e del direttore il quale, di conseguenza,
conduceva una vita lussuosa e cercava mille modi per investire il suo denaro. Egli
infatti non aveva una vera passione per i cavalli, e i cavalli sembravano avvertirlo
molto chiaramente, riteneva però che, per un uomo nella sua posizione, una
grande stalla con magnifici purosangue contribuisse al suo prestigio.
Giovanni venne perciò destinato alla pulizia della stalla, un lavoro sporco, uno dei
più disprezzabili in quella società così linda e splendente.
In poco tempo egli, invece, si rese conto che quel lavoro, che gli altri consideravano
spregevole e sporco, era per lui una magnifica occasione per evadere dalla sua
prigione. Gli animali erano magnifici, lo riconoscevano e sembravano capire le sue
preoccupazioni. Quando arrivava nella stalla si spostavano dai loro box per fare in
modo che Giovanni potesse pulire agevolmente e, ogni tanto, strofinavano il muso
contro di lui , quasi volessero ringraziarlo. Giovanni amava il suo lavoro ed era
intenzionato a non dire nulla ai suoi compagni, infatti sapeva che loro potevano
costituire una minaccia per lui. Erano così codardi che non avrebbero esitato a far
sapere al direttore che lui si stava divertendo e che la punizione perciò era
inefficace. Però con l’andar del tempo si accorse che alcuni studenti della scuola si
stavano addirittura ammalando, erano tanto tristi che non volevano mangiare,
talvolta non si alzavano nemmeno da letto. Così si decise a parlare. Si fece
accompagnare alla stalla prima da uno e via via da altri ragazzi, quindi decisero di
suddividersi le mansioni e, gradualmente, tutti i ragazzi ritrovarono la gioia e la
serenità. Rimaneva solo un enorme problema: dovevano far capire a tutti che la
situazione non era più sostenibile. Discussero a lungo la questione perché si
rendevano conto che ormai si trattava di una follia collettiva: tutto era bianco e
splendente, tutto tranne gli occhi vuoti e grigi delle persone, persino i fiori erano
stati eliminati dal paesaggio urbano. Sì! Perché i petali caduti avrebbero creato
disordine! E tutto nella completa indifferenza. Come era possibile che gli adulti
fossero arrivati a tanto?
Racconto
Il cavallo che sussurrava ai bambini
19
La discussione si era tenuta ovviamente nella stalla, l’unico luogo nel quale i ragazzi
potevano sentirsi al sicuro e, ad un certo punto, i cavalli incominciarono a sembrare
nervosi, pareva che non sopportassero più le loro chiacchiere e volessero uscire, in
particolare uno, il più affezionato a Giovanni, incominciò a nitrire forte.
Giovanni decise di avvicinarsi e coccolarlo un po’ e, ascoltando più attentamente, sentì
un nitrito che assomigliava a un motivo … si sarebbe potuto definire: musicale!
Si avvicinò ancora e riconobbe addirittura quello strano motivo. Era il ritornello della
famosa canzone di F. De Andrè:
Ama e ridi se amor risponde
piangi forte se non ti sente
dai diamanti non nasce niente
dal letame nascono i fior
dai diamanti non nasce niente
dal letame nascono i fior.
Giovanni ebbe un’illuminazione. Interpretò nettamente il messaggio che il cavallo aveva
voluto trasmettere e decise di organizzare i suoi amici.
Dispose ragazzi e cavalli in fila indiana e li guidò verso l’ultimo vivaio abbandonato
della zona, una volta arrivato in vista del recinto prese la rincorsa e riuscì a saltare
l’ostacolo. A quel punto i ragazzi fecero un passamano con tutti i vasi di piante che si
trovavano ancora all’interno. I ragazzi, con i loro trofei in mano, presero la via della città
decisi a non fermarsi. Forse un fiore non sarebbe bastato a far capire ai genitori tutto il
loro malessere ma almeno sarebbe stato un inizio.
Arrivarono in città all’ora di cena e la città era deserta: erano tutti intenti a mangiare
cibi in scatole monodose che avevano il pregio di non sporcare le cucine, i piatti, di non
fare briciole… Così i ragazzi riuscirono ad iniziare la loro opera senza essere notati.
Posizionarono le piante nelle posizioni strategiche, in bella mostra e, i loro amati cavalli
provvedevano a …concimare! Si divertirono un sacco pensando alla sorpresa dei loro
genitori.
Racconto
Il cavallo che sussurrava ai bambini
20
Infine si riunirono tutti sulla piazza principale del paese e si disposero in cerchio: un
ragazzo, un cavallo e così via. Quando furono tutti al loro posto, i cavalli iniziarono a
picchiare gli zoccoli contro il selciato ad un ritmo dapprima lento, quindi sempre più
forte, alla fine divenne assordante e i cittadini si affacciarono alle finestre. Dapprima il
sindaco accennò un moto di rabbia, ma Giovanni iniziò a cantare il motivo della
canzone di De Andrè, a lui si unirono i compagni e, incredibilmente i cavalli nitrirono a
tempo.
I genitori rivedendo i loro ragazzi si commossero e così Giovanni approfittò di quel
momento di grande commozione per spiegare a tutti che il primo cittadino di quel paese
si era approfittato di tutti loro, aveva fatto credere di voler migliorare la qualità della vita
ma, in realtà, si era arricchito enormemente.
Tutti avrebbero potuto facilmente constatare che le enormi cifre che erano state
stanziate per la scuola erano in realtà entrate nelle casse private del signor sindaco e del
direttore compiacente.
Un applauso fragoroso concluse l’orazione di Giovanni e il rumore degli zoccoli si fece
nuovamente incalzante. Il primo cittadino aveva compreso che il suo potere stava
terminando e stava cercando di fuggire di soppiatto ma il cavallo di Giovanni lo avvistò,
lo raggiunse in un attimo e, a furia di testate nel suo fondoschiena, lo spinse al centro
della piazza dove iniziò il suo processo pubblico!
fine
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I poster in concorso
I poster in concorso
22
Per questo poster ci siamo ispirati ad un disegno di
Pablo Picasso.
La nostra versione è stata realizzata con i bottoni.
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