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IL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE negli Enti locali

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IL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE negli Enti locali
I NUOVI PROCEDIMENTI
DISCIPLINARI
nelle Camere di Commercio
PRINCIPI GENERALI
A cura di Augusto Bortolotti
Aprile 2011
PRINCIPALI FONTI
•
•
•
•
•
Art.55 e ss. D.Lgs.165/2001
Art.67 e ss. D.Lgs.150/2009
Artt.2104-2105-2106 codice civile
[ Art.7 L.300/1970 ]
Artt.23, 24 e 26 CCNL 6.7.1995 (come modificato
da CCNL 22.1.2004)
• Artt.3, 4 e 5 CCNL 2006-2009
• Art.4 e ss. CCNL dirigenza 2006-2009
NATURA DEL
PROCEDIMENTO
 Non si tratta di un procedimento
amministrativo
 Tutti gli atti del procedimento disciplinare
sono adottati con la capacità e i poteri del
privato datore di lavoro, ai sensi dell'art.5,
comma 2 del D.Lgs.165/2001 (norma resa
ancora più incisiva dall’art.34 del
d.lgs.150/2009).
NATURA DEL
PROCEDIMENTO
• Cassazione civile, sez. lav., 16 maggio
2003, n. 7704 : “A seguito della
contrattualizzazione del rapporto di lavoro
pubblico, l'esercizio del potere disciplinare
da parte della p.a. datrice di lavoro è
governato dal diritto privato, non più dalle
norme previste in tema di pubblico impiego,
né dalle regole che presidiano il
procedimento amministrativo.”
PRINCIPALI CONSEGUENZE
 Non si applica la legge 241/1990
 Non sono configurabili i vizi tipici degli atti
amministrativi (eccesso di potere)
 Il giudice competente per l’impugnazione
delle sanzioni disciplinari è sempre il
giudice ordinario.
L’AFFISSIONE DEL CODICE
DISCIPLINARE
• Prima della riforma Brunetta, per il corretto esercizio del potere
disciplinare era necessaria la materiale affissione del “codice
disciplinare” in luogo accessibile a tutti (art.7 L.300/1970).
• L’inosservanza di tale obbligo determinava, di regola, la nullità
insanabile della sanzione eventualmente irrogata.
• L’affissione del codice disciplinare costituiva una forma esclusiva di
pubblicità che non ammetteva forme alternative e diverse (Corte di
Cassazione sentenza 1208/1988).
• L’art.68 del d.lgs.150/2009 ha in parte superato tale vincolo: per la
validità del procedimento è sufficiente la pubblicazione del codice sul
sito web dell’amministrazione (v. nuovo testo art.55, comma 2 d.lgs
165/2001); in alternativa, l’Ente può affiggerlo all’ingresso della sede
di lavoro.
L’AFFISSIONE DEL CODICE
DISCIPLINARE
• Queste due alternative forme di pubblicità previste
dalla legge, restano comunque tassative; quindi:
– Neppure la consegna diretta a ciascun lavoratore del
codice disciplinare o del testo del contratto collettivo
contenente la normativa disciplinare potrebbero far
considerare validamente assolto l’onere di pubblicità
posto a carico del datore di lavoro.
– L’affissione o la pubblicazione sul sito web dell’ente
del codice disciplinare deve essere continua ed
ininterrotta. In sede di impugnativa giudiziale della
sanzione, spetta al datore di lavoro l’onere di provare la
continuità dell’affissione.
LE ECCEZIONI
• Cassazione civile, sez. lav., 7 aprile 2003, n.
5434: “Non è necessaria la previa affissione
del codice disciplinare in presenza della
violazione di norme di legge e comunque di
doveri fondamentali del lavoratore
riconoscibili come tali senza necessità di
specifica previsione.”
LE ECCEZIONI
• Cassazione civile, sez. lav., 1 settembre 2003, n.
12735: “Il principio secondo cui l'onere di
redazione ed affissione del codice disciplinare non
può estendersi a quei fatti il cui divieto risiede ...
nella coscienza sociale quale minimo etico, è
applicabile solo alle sanzioni disciplinari
espulsive, per le quali il potere di recesso
dell'imprenditore, in presenza di una giusta causa
o di un giustificato motivo, è tipizzato e previsto
direttamente dalla legge …”
LE ECCEZIONI
• Segue Cassazione civile, sez. lav., 1 settembre
2003, n. 12735: “… e non anche per le sanzioni
cosiddette conservative, per le quali il potere
disciplinare del datore di lavoro, solo genericamente
previsto dall'art. 2106 c.c., esige necessariamente, per
il suo concreto esercizio, la predisposizione di una
normativa secondaria, cui corrisponde l'onere della
pubblicità, a norma dell'art.7 della legge n. 300 del
1970, che ha inteso conferire effettività, anche con
riferimento alla comunità d'impresa, al principio
nullum crimen, nulla poena sine lege.”
AVVIO DEL PROCEDIMENTO
Il procedimento disciplinare si
avvia con la contestazione per
iscritto del fatto al dipendente,
tranne che nel caso del
rimprovero verbale
ORGANO COMPETENTE
disciplina precedente
 La contestazione degli addebiti (come tutti gli altri atti del
procedimento) era di competenza dell’Ufficio per i
procedimenti disciplinari, tranne il caso in cui si trattasse
di fatti che potevano dar luogo solo all’applicazione delle
sanzioni del rimprovero verbale o scritto; in tale ultima
ipotesi, la competenza era del responsabile della
struttura in cui il dipendente lavorava.
 Spettava al regolamento degli uffici e dei servizi
individuare l’Ufficio per i procedimenti disciplinari; non
era necessaria una struttura ad hoc: l’importante era che
fosse individuata chiaramente la competenza
ORGANO COMPETENTE
disciplina precedente
• Cassazione civile, sez. lav., 5 febbraio 2004,
n. 2168: “In tema di rapporto di lavoro alle
dipendenze delle pubbliche amministrazioni
… tutte le fasi del procedimento
disciplinare sono svolte esclusivamente
dall'ufficio competente per i procedimenti
disciplinari (u.c.p.d.), il quale è anche
l'organo competente alla irrogazione delle
sanzioni disciplinari, ad eccezione del
rimprovero verbale e della censura…”
ORGANO COMPETENTE
disciplina precedente
• Segue Cassazione civile, sez. lav., 5
febbraio 2004, n. 2168: “… Ne consegue
che il procedimento instaurato da un
soggetto o organo diverso dal predetto
ufficio, anche se questo non sia ancora stato
istituito, è illegittimo e la sanzione irrogata
è, in tale caso, affetta da nullità,
risolvendosi in un provvedimento adottato
in violazione di norme di legge inderogabili
sulla competenza.”
ORGANO COMPETENTE DOPO LA RIFORMA BRUNETTA
 Quello che sarà individuato dal CCNL, per i fatti punibili col
rimprovero verbale;
 Il responsabile della struttura, solo in contemporanea presenza di
due tassative condizioni:
 deve essere un dirigente (deve avere la qualifica dirigenziale)
 i fatti sono di gravità tale da comportare al massimo, la sanzione della
sospensione dal servizio e dalla retribuzione per non più di 10 giorni;
In questo caso si applicheranno i termini indicati nel comma 2 del nuovo art.55
del d.lgs.165/2001
 l’Ufficio di disciplina quando manchi anche una sola delle due
condizioni sopra indicate.
In questo caso, se le sanzioni applicabili sono più gravi della sospensione fino a 10
giorni, si applicheranno i termini raddoppiati indicati nel comma 4 del nuovo art.55 del
d.lgs.165/2001
ORGANO COMPETENTE DOPO LA
RIFORMA BRUNETTA
• Art.55, comma 4 (nuovo testo) del d.lgs.165/2001: per le
infrazioni disciplinari ascrivibili al dirigente ai sensi degli
articoli 55-bis, comma 7, e 55-sexies, comma 3, del
d.lgs.165/2001 si applicano, ove non diversamente stabilito
dal contratto collettivo, le disposizioni di cui al comma 4
del predetto articolo 55-bis, ma le determinazioni
conclusive del procedimento sono adottate dal dirigente
generale o titolare di incarico conferito ai sensi
dell’articolo 19, comma 3 …; quindi, contesta l’Ufficio di
disciplina (salva diversa previsione del CCNL), ma
sanziona (o archivia) il dirigente generale.
ORGANO COMPETENTE DOPO LA
RIFORMA BRUNETTA
• Art.55-bis, comma 8: In caso di trasferimento del
dipendente, a qualunque titolo, in un’altra
amministrazione pubblica, il procedimento
disciplinare è avviato o concluso o la sanzione è
applicata presso quest’ultima. In tali casi i termini
per la contestazione dell’addebito o per la
conclusione del procedimento, se ancora pendenti,
sono interrotti e riprendono a decorrere alla data
del trasferimento.
FORMA E FINALITA’ DELLA
CONTESTAZIONE
 Tranne che nel caso del rimprovero verbale, la
contestazione ha forma scritta, a pena di nullità
del procedimento, ed ha, come sua finalità
primaria, quella di dare certezza ed immutabilità
al contenuto dell’infrazione, fissando, al
contempo ed in modo inequivocabile, il dies a quo
degli ulteriori termini previsti nell’ambito della
procedura disciplinare.
NATURA DELLA
CONTESTAZIONE
 la contestazione d’addebito ha natura di atto unilaterale
recettizio; conseguentemente, essa produce i suoi effetti
solo se e dal momento in cui perviene a conoscenza del
destinatario;
 Può essere consegnata a mezzo di posta elettronica
certificata (art.55-bis, comma 5 d.lgs.165/2001) oppure
direttamente nelle mani del lavoratore o spedita a mezzo di
raccomandata a.r.; in tale ultimo caso, essa si presume
conosciuta nel momento in cui perviene all’indirizzo del
destinatario o dal momento del rilascio del relativo avviso
di giacenza presso l’ufficio postale (Cassaz. 6527 del
24.4.2003).
PRINCIPI
GIURISPRUDENZIALI
 Immediatezza
 Specificità
 Immodificabilità
PRINCIPIO DELLA IMMEDIATEZZA
 Non deve trascorrere, per motivi di certezza delle situazioni giuridiche,
un lasso di tempo troppo ampio tra il momento della commissione del
fatto, il momento della conoscenza dello stesso e quello della sua
contestazione.
 Questo principio è stato tradotto, nel CCNL, nella previsione del termine
perentorio di 20 giorni dal momento in cui il responsabile della struttura
– per le sanzioni di sua competenza- o l’ufficio di disciplina hanno avuto
conoscenza del fatto.
 Il d.lgs.150/2009 prevede : 20 giorni, quando procede direttamente il capo
della struttura (con qualifica dirigenziale); 20 o 40 giorni, a seconda della
gravità dell’infrazione, quando procede l’Ufficio di disciplina; in
quest’ultimo caso, il termine per la contestazione decorre dalla data di
ricezione degli atti o dalla data in cui l’Ufficio ha “altrimenti” acquisito
notizia dell’infrazione.
Attenzione: quando procede l’Ufficio di
disciplina, il termine per la conclusione del procedimento decorre in ogni
caso dalla data di prima acquisizione della notizia dell’infrazione (anche
se avvenuta da parte del responsabile della struttura).
PRINCIPIO DELLA
IMMEDIATEZZA
• Cassazione civile, sez. lav., 7 novembre
2003, n. 16754: “In tema di esercizio del
potere disciplinare… la contestazione deve
essere caratterizzata da immediatezza, per
consentire al lavoratore incolpato l'effettivo
esercizio del diritto di difesa mediante
l'allestimento del materiale difensivo …”
PRINCIPIO DELLA
IMMEDIATEZZA
• segue Cassazione civile, sez. lav., 7
novembre 2003, n. 16754: “… dovendosi
anche considerare il "giusto affidamento"
del prestatore, nel caso di ritardo nella
contestazione, che il fatto incriminabile
possa non avere rivestito una connotazione
disciplinare, dato che l'esercizio del potere
disciplinare non è un obbligo per il datore di
lavoro, bensì una facoltà…”
PRINCIPIO DELLA
IMMEDIATEZZA
• segue Cassazione civile, sez. lav., 7
novembre 2003, n. 16754: “…l'applicazione
in cd "senso relativo" del principio
dell'immediatezza della contestazione comporta,
pertanto, che tra l'interesse del datore di lavoro a
prolungare le indagini senza uno specifico motivo
obiettivamente valido (da accertarsi e valutarsi
rigorosamente) e il diritto del lavoratore ad una
pronta ed effettiva difesa, deve prevalere la
posizione ("ex lege" tutelata) del lavoratore.”
SULLA NON OBBLIGATORIETA’ DELLA
CONTESTAZIONE E DELLA SANZIONE
• Come già evidenziato, la Corte di Cassazione (Sez. lav., 7
novembre 2003, n. 16754) ritiene che l’avvio del
procedimento disciplinare non sia “… un obbligo per il
datore di lavoro, bensì una facoltà…” ; su una linea
diametralmente opposta, con specifico riferimento al
settore pubblico, si colloca il Tribunale di Sondrio con
sentenza del 3.4.2007 (v. allegato).
• Il d.lgs.150/2009 sembra optare per l’obbligatorietà
dell’azione disciplinare ( … lo provano sia le espressioni
utilizzate, sia le sanzioni previste per chi omette di
contestare in presenza di fatti disciplinarmente rilevanti).
Tuttavia, il nuovo art.55-sexies, comma 3 …
Art.55-sexies, commi 3 e 4 d.lgs.165/2001
•
•
Il mancato esercizio o la decadenza dell’azione disciplinare, dovuti all’omissione o al
ritardo, senza giustificato motivo, degli atti del procedimento disciplinare o a
valutazioni sull’insussistenza dell’illecito disciplinare irragionevoli o manifestamente
infondate, in relazione a condotte aventi oggettiva e palese rilevanza disciplinare,
comporta, per i soggetti responsabili aventi qualifica dirigenziale, l’applicazione
della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della
retribuzione in proporzione alla gravità dell’infrazione non perseguita, fino ad
un massimo di tre mesi in relazione alle infrazioni sanzionabili con il
licenziamento, ed altresì la mancata attribuzione dalla retribuzione di risultato per un
importo pari a quello spettante per il doppio del periodo della durata della
sospensione. Ai soggetti non aventi qualifica dirigenziale si applica la predetta
sanzione della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, ove non
diversamente stabilito dal contratto collettivo.
La responsabilità civile eventualmente configurabile a carico del dirigente in
relazione a profili di illiceità nelle determinazioni concernenti lo svolgimento del
procedimento disciplinare è limitata, in conformità ai principi generali, ai casi di dolo
o colpa grave.
SULLA NON OBBLIGATORIETA’ DELLA
CONTESTAZIONE E DELLA SANZIONE
• Si ricordi, inoltre, quanto previsto dall’art.55-bis comma 7
del d.lgs.165/2001:
“il lavoratore dipendente o il dirigente, appartenente alla stessa
amministrazione pubblica dell’incolpato o ad una diversa, che,
essendo a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio di
informazioni rilevanti per un procedimento disciplinare in corso,
rifiuta, senza giustificato motivo, la collaborazione richiesta
dall’autorità disciplinare procedente ovvero rende dichiarazioni false
o reticenti, è soggetto all’applicazione, da parte dell’amministrazione
di appartenenza, della sanzione disciplinare della sospensione dal
servizio con privazione della retribuzione, commisurata alla gravità
dell’illecito contestato al dipendente, fino ad un massimo di quindici
giorni.”
PRINCIPIO DELLA
SPECIFICITA’
 la contestazione deve contenere l’esposizione dei dati e
degli elementi essenziali del fatto e, quindi, le indicazioni
necessarie per individuare il comportamento nel quale il
datore di lavoro ravvisa l’infrazione disciplinare
 la contestazione non deve essere generica né contenere
giudizi sui fatti; non è necessario che essa indichi anche le
norme che si assumono violate né che indichi la sanzione
applicabile (in questo caso, secondo la giurisprudenza, il
datore di lavoro si preclude la possibilità di applicare una
sanzione più grave - - Cass. 11.12.1990, n.11779).
PRINCIPIO DELLA
SPECIFICITA’
• Cassazione civile, sez. lav., 3 febbraio 2003, n.
1562 : “La previa contestazione dell'addebito
... deve conseguentemente rivestire il carattere
della specificità, che è integrato quando sono
fornite le indicazioni necessarie ed essenziali
per individuare, nella sua materialità, il fatto o
i fatti nei quali il datore di lavoro abbia
ravvisato infrazioni disciplinari o comunque
comportamenti in violazione dei doveri di cui
agli art. 2104 e 2105 c.c. ...”
PRINCIPIO DELLA
SPECIFICITA’
• segue Cassazione civile, sez. lav., 3 febbraio
2003, n. 1562 : “… L'accertamento relativo
al requisito della specificità della
contestazione costituisce oggetto di
un'indagine di fatto, incensurabile in sede di
legittimità, salva la verifica di logicità e
congruità delle ragioni esposte dal giudice
di merito.”
PRINCIPIO DELLA
IMMODIFICABILITA’
 la sanzione non può essere applicata per una causa diversa
da quella indicata nella contestazione e nell’eventuale
giudizio di impugnazione non possono introdursi fatti
nuovi o diversi da quelli originariamente contestati;
 nell’ipotesi di fatti nuovi o aggiuntivi rispetto a quelli
originariamente contestati, e non considerati appunto in
sede di prima contestazione, resta salva la possibilità di
avviare un nuovo e distinto procedimento disciplinare, con
una nuova contestazione, fermo restando la necessità di
verificare il requisito della tempestività e quindi il rispetto
dei prescritti termini di contestazione.
PRINCIPIO DELLA
IMMODIFICABILITA’
• Cassazione civile , sez. lav., 28 agosto 2000, n.
11265: “L'immutabilità della contestazione
preclude al datore di lavoro di far valere, a
sostegno delle sue determinazioni disciplinari
(nella specie: licenziamento), circostanze
nuove rispetto a quelle contestate … dovendosi
garantire l'effettivo diritto di difesa che la
normativa sul procedimento disciplinare di cui
all'art. 7 della l. n. 300 del 1970 assicura al
lavoratore incolpato.”
PRINCIPIO DELLA
IMMODIFICABILITA’
• Cassazione civile , sez. lav., 03 novembre 1997, n.
10761: “La contestazione dell'addebito… deve
avere ad oggetto i fatti ascritti al lavoratore, cioè i
dati e gli aspetti essenziali del fatto materiale
posto a base del provvedimento sanzionatorio …
Correlativamente l'immodificabilità della causa di
licenziamento riguarda solo gli elementi di fatto e
non già la qualificazione dei medesimi, attività
valutativa che appartiene in via esclusiva al
giudice.”
CONVOCAZIONE PER LA
DIFESA E AUDIZIONE
 Prima della riforma Brunetta, la convocazione per la
difesa, in forma scritta, non poteva avvenire prima che
fossero trascorsi 5 giorni lavorativi dalla contestazione del
fatto. Successivamente alla intervenuta convocazione per
l’audizione, scattava il decorso del termine massimo di 15
giorni per la difesa e quello, successivo all’inutile decorso
del primo, sempre di 15 giorni, per l’applicazione della
sanzione.
 Il d.lgs.150/2009 prevede, invece, una convocazione con preavviso di
10 giorni (art.55-bis, comma 2 d.lgs. 165/2001) oppure con preavviso
di 10 o 20 giorni (successivo comma 4). Attenzione al termine stabilito
per la conclusione del procedimento disciplinare !!
CONVOCAZIONE PER LA
DIFESA E AUDIZIONE


Nel precedente sistema, il lavoratore poteva anche non presentarsi
all’audizione, inviando o meno memorie scritte; di regola, il procedimento
disciplinare andava avanti in ogni caso; se non si presentava e non inviava
memorie, però, occorreva attendere il decorso dei 15 giorni dalla convocazione
prima di applicare la sanzione (negli ulteriori, successivi, 15 giorni).
Il d.lgs.150/2009 consente il possibile differimento del termine a difesa (una
sola volta): se tale differimento supera i 10 giorni, si allungano anche i tempi
per la conclusione del procedimento disciplinare (in misura corrispondente);
altrimenti, il procedimento va IN OGNI CASO concluso entro 60 giorni
decorrenti dalla contestazione, quando procede il responsabile della struttura,
o, se procede l’Ufficio per i procedimenti disciplinari, entro 60 o 120 giorni (in
caso di raddoppio ai sensi dell’art.55-bis, comma 4 d.lgs.165/2001) decorrenti
dalla prima acquisizione della notizia dell’infrazione (anche se avvenuta da
parte del responsabile della struttura).
CONVOCAZIONE PER LA
DIFESA E AUDIZIONE
• Cassazione Sezione Lavoro n. 20601
del 22 settembre 2006: Il lavoratore ha
diritto al rinvio della audizione in sede
disciplinare per impedimento derivante
da malattia, ma deve provare di essersi
trovato in stato di incapacità naturale
CHIUSURA
DELL’ISTRUTTORIA
 Chiusa la fase istruttoria, l’ente ha due
sole possibilità (prima dellla riforma, a
dire il vero, c’era anche il patteggiamento
della sanzione):
accogliere le giustificazioni del lavoratore e
comunicargli
l’archiviazione
del
procedimento;
non accoglierle e comunicargli l’adozione di
una sanzione disciplinare.
IL PATTEGGIAMENTO
 Prima della riforma, era sempre possibile applicare
una sanzione disciplinare patteggiata ai sensi dell’55,
comma 6 del D. Lgs. 165/2001; il patteggiamento si
poteva collocare, sotto il profilo temporale, tra il
momento dell’audizione e quello della comunicazione
della sanzione; l’iniziativa in tal senso poteva essere
sia del lavoratore che dello stesso ufficio per i
procedimenti disciplinari o del capo della struttura.
 Questa possibilità non è più prevista dal
d.lgs.150/2009.
IL PATTEGGIAMENTO

con il patteggiamento era possibile accordarsi per l’irrogazione di una
sanzione più lieve rispetto a quella astrattamente applicabile (sia come entità
sia come tipologia); l’accordo comportava la riduzione della sanzione ed al
tempo stesso la rinunzia del lavoratore alla sua impugnazione
 Nel d.lgs.150/2009 (nuovo testo art.55 d.lgs.165/2001,
comma 3) il patteggiamento è sostituito dalle procedure di
conciliazione non obbligatorie eventualmente individuate
dai CCNL che : sospendono il procedimento disciplinare,
non possono riguardare casi da licenziamento, devono
concludersi entro 30 giorni dalla contestazione e non
possono comportare l’applicazione di sanzioni di “specie”
diversa rispetto a quelle previste dal CCNL o dalla legge
IRROGAZIONE O APPLICAZIONE
DELLA SANZIONE
 l’applicazione della sanzione si identifica con
la comunicazione della sanzione disciplinare
adottata all’interessato;
 salvo diversa previsione legale o contrattuale,
il datore di lavoro non ha l’obbligo di indicare
i motivi delle sanzioni disciplinari (Cass.
21.4.1993, n. 4659; Cass. 20.3.1991, n.2963;
Cass. 2.10.1989, n.3949; Cass. 5.5.1987,
n.4170 ). Questo non significa, naturalmente,
che siano lecite anche le sanzioni arbitrarie !!
LE SANZIONI PREVISTE DAL CCNL
esclusi i dirigenti
 Rimprovero verbale
 Rimprovero scritto (censura)
 Multa fino a un massimo di 4 ore di retribuzione
 Sospensione dal servizio e dalla retribuzione fino
a 10 giorni
 Sospensione dal servizio e dalla retribuzione da
11 giorni a 6 mesi
 Licenziamento con preavviso
 Licenziamento senza preavviso
IRROGAZIONE O APPLICAZIONE
DELLA SANZIONE
 le sanzioni devono essere applicate nel rispetto dei
principi di gradualità e proporzionalità, avendo presente
che il codice disciplinare non stabilisce una rigida
corrispondenza tra infrazioni e sanzioni, consentendo sia
di
perseguire
disciplinarmente
infrazioni
non
espressamente incluse nel codice medesimo, sia di variare
il tipo e l’entità della sanzione in funzione delle diverse
circostanze di fatto; questo vale anche nei casi indicati
dagli art.55-quater e 55-sexies del d.lgs.165/2001 ??
GRADUALITA’ E PROPORZIONALITA’
NELLA GIURISPRUDENZA
• Cassazione civile , sez. lav., 30 marzo 2006, n. 7543:
“Il giudice del merito … deve necessariamente
procedere alla valutazione della proporzionalità della
sanzione rispetto alla condotta addebitata al
lavoratore ed essa deve essere compiuta con
riferimento a tutte le circostanze del caso concreto,
dovendosi tener conto sia del fatto nel suo contenuto
obiettivo, sia dell'elemento soggettivo, avendosi
riguardo all'intensità dell'elemento intenzionale e di
quello colposo.”
GRADUALITA’ E PROPORZIONALITA’ NELLA
GIURISPRUDENZA
• Cassazione civile , sez. lav., 18 luglio 1985, n. 4247: “Il
cosiddetto codice disciplinare, se da una parte non
necessariamente deve contenere una precisa e sistematica
previsione delle singole infrazioni, delle loro varie
graduazioni e delle corrispondenti sanzioni, d'altra parte
deve riprodurre una proporzionata correlazione tra le
singole ipotesi di infrazioni, sia pure di carattere
schematico e non dettagliato con la predeterminazione
delle varie possibili condotte illecite, e le corrispondenti
previsioni sanzionatorie, anche se suscettibili di
discrezionale attuazione ed adattamento secondo le
effettive e concrete inadempienze del lavoratore.”
IRROGAZIONE O APPLICAZIONE
DELLA SANZIONE
esame delle principali infrazioni
elencate nel codice disciplinare e delle
sanzioni applicabili ... ; le novità
della riforma Brunetta, soprattutto in
tema di licenziamento …
Riforma Brunetta: “Nuovi” casi di
licenziamento disciplinare
• Art.55 - quater d.lgs.165/2001
• a) falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l’alterazione dei
sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente,
ovvero giustificazione dell’assenza dal servizio mediante una
certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia;
(lic. senza preavviso)
• b) assenza ingiustificata per un numero di giorni, anche non continuativi,
superiore a tre nell’arco di un biennio o comunque per più di sette giorni
nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in
caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato
dall’amministrazione;
• c) ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall’amministrazione
per motivate esigenze di servizio;
Riforma Brunetta: “Nuovi” casi di
licenziamento disciplinare
• Segue
• d) falsità documentali o dichiarative commesse ai fini o in
occasione dell’instaurazione del rapporto di lavoro ovvero di
progressioni di carriera; (lic. senza preavviso)
• e) reiterazione nell’ambiente di lavoro di gravi condotte
aggressive o moleste o minacciose o ingiuriose o comunque
lesive dell’onore e della dignità personale altrui; (lic. senza
preavviso)
• f) condanna penale definitiva in relazione al quale è prevista
l’interdizione perpetua, dai pubblici uffici, ovvero
l’estinzione, comunque denominata del rapporto di lavoro.
(lic. senza preavviso).
Altre sanzioni correlate
•
ATTENZIONE (Art. 55-quinquies d.lgs165/2001)
– Il lavoratore dipendente di una pubblica amministrazione che attesta falsamente la propria
presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con
altre modalità fraudolente, ovvero giustifica l’assenza dal servizio mediante una
certificazione medica falsa o falsamente attestante uno stato di malattia è punito con la
reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 400 ad euro 1.600. La medesima pena
si applica al medico e a chiunque altro concorre nella commissione del delitto.
– In questi casi, il lavoratore è pure obbligato a risarcire il danno patrimoniale, pari al
compenso corrisposto a titolo di retribuzione nei periodi per i quali sia accertata la mancata
prestazione, nonché il danno all’immagine subiti dall’amministrazione; il medico, in caso di
condanna , è radiato dall’albo e licenziato o decade dalla convenzione col SSN (se
dipendente di una struttura sanitaria pubblica o se convenzionato con il servizio sanitario
nazionale). Questo anche quando il medico, in relazione all’assenza dal servizio, rilascia
certificazioni che attestano dati clinici non direttamente constatati nè oggettivamente
documentati.
Il licenziamento dei “fannulloni”
• Il licenziamento è disposto anche in caso di prestazione
lavorativa, riferibile ad un arco temporale non inferiore al
biennio, per la quale l’amministrazione di appartenenza
formula, ai sensi delle disposizioni legislative e contrattuali
concernenti la valutazione del personale delle
amministrazioni pubbliche, una valutazione di insufficiente
rendimento e questo è dovuto alla reiterata violazione degli
obblighi concernenti la prestazione stessa, stabiliti da norme
legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o
individuale, da atti e provvedimenti dell’amministrazione di
appartenenza o dai codici di comportamento.
Responsabilità disciplinare per condotte pregiudizievoli per
l’amministrazione (art. 55-sexies d.lgs.165/2001)
– La condanna della pubblica amministrazione al risarcimento del
danno derivante dalla violazione, da parte del lavoratore
dipendente, degli obblighi concernenti la prestazione
lavorativa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal
contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti
dell’amministrazione di appartenenza o dai codici di
comportamento di cui all’articolo 54, comporta l’applicazione
nei suoi confronti, ove già non ricorrano i presupposti per
l’applicazione di un’altra sanzione disciplinare, della
sospensione dal servizio con privazione della retribuzione
da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre mesi,
in proporzione all’entità del risarcimento.
Responsabilità disciplinare per condotte pregiudizievoli per
l’amministrazione (art. 55-sexies d.lgs.165/2001)
– Fuori dei casi previsti nel punto precedente, il lavoratore, quando cagiona
grave danno al normale funzionamento dell’ufficio di appartenenza, per
inefficienza o incompetenza professionale accertate dall’amministrazione
ai sensi delle disposizioni legislative e contrattuali concernenti la
valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche, è collocato in
disponibilità, all’esito del procedimento disciplinare che accerta tale
responsabilità, e si applicano nei suoi confronti le disposizioni di cui
all’articolo 33, comma 8, e all’articolo 34, commi 1, 2, 3 e 4 del
d.lgs.165/2001. Il provvedimento che definisce il giudizio disciplinare
stabilisce le mansioni e la qualifica per le quali può avvenire l’eventuale
ricollocamento. Durante il periodo nel quale è collocato in disponibilità, il
lavoratore non ha diritto di percepire aumenti retributivi sopravvenuti.
Casi particolari
• Si ricorda, per memoria, che altre
norme aventi alcune implicazioni
disciplinari sono contenute negli
artt.55-septies, 55-octies e 55-novies
d.lgs.165/2001, come modificato dal
decreto.
Casi particolari: incompatibilità
• Non ha natura disciplinare il particolare
procedimento previsto dall’art.63 TU
n.3/1957 (diffida e successiva decadenza in
presenza di situazioni di incompatibilità);
• La norma è ancora applicabile a tutti i
dipendenti pubblici perché l’art.53 del
d.lgs.165/2001 fa espressamente salve le
previsioni degli artt.60 e ss. del TU
n.3/1957;
Casi particolari: incompatibilità
• Quanto all’avvio del procedimento disciplinare, si potrebbe
ritenere che, oltre alla diffida, sia comunque necessario
avviare, contestualmente (e nel rispetto dei termini), anche
il procedimento disciplinare (trattandosi di casi da
potenziale licenziamento, come si può argomentare
dall’art.3, comma 9 del CCNL 11.4.2008 e dalla disciplina
prevista dalla legge in casi analoghi – v. art.1 comma 61
L.662/1996 - la competenza sarebbe dell’ufficio di
disciplina e i termini sarebbero quelli indicati nell’art.55bis, comma 4 del d.lgs.150/2009);
Casi particolari: incompatibilità
• Tuttavia, la giurisprudenza più recente, sembra orientata a
ritenere che l’incompatibilità diventi disciplinarmente
rilevante solo nel caso in cui il dipendente ottemperi alla
diffida;
• in tal senso Cassazione civile, sez. lav., 21/08/2009, n. 18608:
“In
materia
di pubblico
impiego, la disciplina
dell'incompatibilità prevista dagli att. 60 ss. d.P.R. n. 3 del
1957, - applicabile a tutti i dipendenti pubblici, contrattualizzati
e non, a norma dell'art. 53, comma 1, d.lg. n. 165 del 2001 … prevede che l'impiegato che si trovi in situazione di
incompatibilità venga diffidato a cessare da tale situazione e
che, decorsi quindici giorni dalla diffida, decada
dall'incarico...”
Casi particolari: incompatibilità
• “ … Ne consegue che soltanto nel caso in cui l'impiegato ottemperi
alla diffida, il suo comportamento assume rilievo disciplinare e rientra
nelle previsioni di cui all'art. 55 del decreto citato, posto che,
diversamente, trova applicazione l'istituto della decadenza, che non ha
natura sanzionatoria o disciplinare, ma costituisce una diretta
conseguenza della perdita di quei requisiti di indipendenza e di totale
disponibilità che, se fossero mancati "ab origine", avrebbero precluso
la stessa costituzione del rapporto di lavoro”;
• Pertanto, secondo la Corte, “l'esercizio dell'azione disciplinare (per le
ipotesi di incompatibilità) postula l'invio della diffida e il venir meno,
per avvenuta ottemperanza alla medesima, della causa di
incompatibilità”; se è così, il procedimento disciplinare dovrà essere
avviato solo se il dipendente ottempera alla diffida e dopo tale
momento.
LA RECIDIVA
 la reiterazione nel tempo di determinate
infrazioni, già rilevate e punite nell’ambito
della disciplina contrattuale, consente di
applicare una sanzione più grave per
un’infrazione che, in sé considerata,
potrebbe essere punita con una sanzione di
minore gravità.
LA RECIDIVA
 ai fini dell’applicazione della recidiva si deve
tenere conto solo delle sanzioni effettivamente
applicate;
 inoltre, la recidiva, quando sia elemento
costitutivo della infrazione addebitata (idoneo ad
influire sull’entità e sul tipo o specie di sanzione),
deve formare oggetto di specifica contestazione, a
pena di nullità della sanzione.
LA RECIDIVA
 non può tenersi conto ad alcun effetto delle
sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla
loro applicazione
 Per il calcolo del biennio di riferimento
della recidiva, è ragionevole ritenere il
punto di partenza debba essere la nuova
contestazione d’addebito, dato che con essa
si avvia il procedimento disciplinare.
TERMINE DI CONCLUSIONE DEL
PROCEDIMENTO
 Prima della riforma, il procedimento disciplinare doveva concludersi
entro 120 giorni dalla data della contestazione, salve le ipotesi di
sospensione previste nel CCNL; SI TRATTAVA DI UN TERMINE
PERENTORIO;
 La riforma Brunetta prevede tempi più ristretti: come già detto, fatto
salvo il caso del differimento del termine a difesa superiore a 10 giorni,
il procedimento va IN OGNI CASO concluso entro 60 giorni
decorrenti dalla contestazione, quando procede il responsabile della
struttura, o, se procede l’Ufficio per i procedimenti disciplinari, entro
60 o 120 giorni (in caso di raddoppio ai sensi dell’art.55-bis, comma 4
d.lgs.165/2001) decorrenti dalla prima acquisizione della notizia
dell’infrazione (anche se avvenuta da parte del responsabile della
struttura).
Che succede se nel frattempo il
dipendente di dimette ?
• Prima della riforma non c’erano indicazioni normative
espresse
• Riforma Brunetta (art.55-bis, comma 9 d.lgs. 165/2001):
in caso di dimissioni del dipendente, se per l’infrazione
commessa è prevista la sanzione del licenziamento o se
comunque è stata disposta la sospensione cautelare dal
servizio, il procedimento disciplinare ha egualmente corso
secondo le disposizioni del presente articolo e le
determinazioni conclusive sono assunte ai fini degli effetti
giuridici non preclusi dalla cessazione del rapporto di
lavoro.
ESECUZIONE DELLA SANZIONE
 nella fase successiva all’applicazione ci sarà solo
la materiale esecuzione della sanzione irrogata nel
senso che, trattandosi di multa o sospensione dal
lavoro, si procederà al mancato pagamento
dell’importo corrispondente alla multa o
all’allontanamento dal lavoro ed alla trattenuta
retributiva corrispondente ai giorni di sospensione.
ESECUZIONE DELLA SANZIONE
 per l’esecuzione delle sanzioni della multa e
della sospensione non esiste un termine
preciso da rispettare; ma non deve
trascorrere troppo tempo perché l’inerzia
del datore di lavoro potrebbe essere
considerata come rinuncia tacita a far valere
la sanzione.
ESECUZIONE DELLA SANZIONE
 la scelta dei tempi di esecuzione della sanzione
della sospensione dal servizio e dalla retribuzione
spetta al datore di lavoro che fisserà i giorni di
allontanamento dal lavoro tenendo conto,
ovviamente, delle esigenze organizzative, potendo
anche concentrarli o diluirli nel tempo, fermo
restando il rispetto dei principi generali di
correttezza e buona fede.
IMPUGNAZIONE DELLE SANZIONI
• Prima della riforma, le sanzioni disciplinari potevano essere impugnate
dinanzi al giudice del lavoro (dopo la riforma del D.Lgs.80/98) o
dinanzi all’arbitro unico di cui ai CCNQ del 23.1.2001 e 24.7.2003 o
dinanzi ai soggetti previsti dall’art.59, commi 8 e 9 del D.Lgs.29/93
(ora art. 55 D.Lgs.165/2001 – v. art.6 CCNQ del 23.1.2001 e CCNQ
del 24.7.2003).
• Dopo la riforma Brunetta, restava solo il giudice del lavoro, fatte salve
le procedure di conciliazione non obbligatoria eventualmente previste
dai CCNL ai sensi del nuovo art.55, comma 2 del d.lgs.165/2001.
• E’ dubbio se, ai sensi dell’art.31 della L.183/2010, sia oggi possibile
avvalersi della conciliazione non obbligatoria di cui all’art.410 c.p.c.
(che però non si potrebbe comunque svolgere davanti all’arbitro unico
del CCNQ - v. art.55, comma 3 d.lgs.150/2009);
• Ci si può avvalere, inoltre, della procedura arbitrale di cui all’art.412quater c.p.c.
IMPUGNAZIONE DELLE SANZIONI
Prima della riforma, il fatto che nei richiamati CCNQ
fossero state previste particolari procedure per
l’impugnazione delle sanzioni disciplinari rendeva
inapplicabile l’art.56 del D.Lgs.165/2001: pertanto, le
sanzioni disciplinari NON potevano essere impugnate
dal lavoratore innanzi al Collegio di conciliazione di cui
all’art. 66 del D.Lgs.165/2001.
Si noti che il d.lgs.150/2009 ha previsto
espressamente l’abrogazione del richiamato art.56
IMPUGNAZIONE DELLE SANZIONI
 Era invece sempre possibile svolgere, dinanzi al
collegio dell’art.66 del D.Lgs.165/2001, il
tentativo obbligatorio di conciliazione di cui
all’art.410 c.p.c. e all’art. 65 del d.lgs.165/2001.
 Anche questa residua possibilità è venuta meno
dopo che l’art.31, comma 9, della L.183/2010 ha
abrogato gli artt.65 e 66 del d.lgs.165/2001.
IL RICORSO GIURISDIZIONALE
• Il ricorso giurisdizionale doveva essere preceduto, a
pena di improcedibilità della domanda giudiziale, dal
tentativo obbligatorio di conciliazione di cui agli artt.65
e 66 del D.Lgs.165/2001. Come già detto, queste
norme sono state ora abrogate dall’art.31 della
L.183/2010. Non esiste più una procedura di
conciliazione obbligatoria.
• Il ricorso giurisdizionale di per sé non comporta la
sospensione della sanzione salvo che essa, a seguito di
espressa richiesta dall’interessato in sede di ricorso, non
sia disposta dal giudice.
IL RICORSO GIURISDIZIONALE
• Per il ricorso al giudice del lavoro, normalmente,
non è prefissato alcun termine.
• Solo in caso di licenziamento l’art. 6 della legge
604/66, prescrive un termine di 60 giorni.
• Negli altri casi (rimprovero, multa o sospensione
dal lavoro), invece, mancando un termine
prefissato, il lavoratore può impugnare la sanzione
nei due anni per evitare l’effetto a lui
pregiudizievole della recidiva oppure entro il più
ampio termine prescrizionale di dieci anni.
IL RICORSO GIURISDIZIONALE
• Normalmente, con il ricorso si
chiede al giudice di annullare la
sanzione disciplinare incongrua,
ingiustificata o comminata in
violazione di legge o del CCNL; in
tal caso, il giudice non dispone anche
del potere di sostituire la sanzione
irrogata con altra di più lieve entità.
IL RICORSO GIURISDIZIONALE
• Cassazione civile , sez. lav., 25 maggio 1995,
n. 5753: “La potestà di infliggere sanzioni
disciplinari è riservata alla discrezionalità
dell'imprenditore …; ne consegue che il
giudice … non può, senza esserne richiesto
dall'attore … e senza alcuna eccezione da parte
dell'imprenditore, titolare del potere ora detto,
convertirla in altra meno grave, a ciò ostando il
divieto di "ultra" ed "extrapetizione" posto
dall'art. 112 c.p.c.”
IL RICORSO ALL’ARBITRO UNICO
• Prima della riforma, in alternativa al ricorso
giurisdizionale, il lavoratore poteva impugnare le
sanzioni disciplinari, nel termine di 20 giorni dalla
loro applicazione, mediante richiesta di
conciliazione e arbitrato ai sensi dell'art.2 e
seguenti del CCNQ del 23.1.2001 (ricorso
all’arbitro unico - v. anche CCNQ del 24.7.2003).
• Questa facoltà è oggi scomparsa (v. art.73, comma
1 d.lgs.150/2009)
IL RICORSO AI COLLEGI ARBITRALI
DI DISCIPLINA
• Prima della riforma, in alternativa al ricorso
all’autorità giudiziaria o all’arbitro unico, il
dipendente poteva impugnare la sanzione
dinanzi ai soggetti di cui all’art. 59, commi
8 e 9 del D.Lgs.29/93 (ora art. 55 D. Lgs.
165/2001 - art. 6, comma 1 del CCNQ
23.1.2001).
• ORA NON LO PUO’ PIU’ FARE
Impugnazione delle sanzioni
• In conclusione, le possibilità di impugnazione
delle sanzioni sono oggi le seguenti:
– Ricorso all’autorità giudiziaria, che può essere
o meno preceduto dal tentativo di conciliazione
non obbligatoria previsto dall’art.410 c.p.c.
(con qualche dubbio) o eventualmente
introdotto dal CCNL;
– Procedura di conciliazione e arbitrato prevista
dall’art.412-quater c.p.c.
RAPPORTI TRA PROCEDIMENTO
PENALE E PROCEDIMENTO
DISCIPLINARE
Le novità dal d.lgs.150/2009
Efficacia della sentenza penale di assoluzione
• Articolo 653, comma 1 c.p.p.
“ La sentenza penale irrevocabile di assoluzione ha
efficacia di giudicato nel giudizio per
responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche
autorità quanto all'accertamento che il fatto non
sussiste o non costituisce illecito penale ovvero
che l'imputato non lo ha commesso.”
Efficacia della sentenza penale di condanna
• Articolo 653, comma 1 bis c.p.p.
“La sentenza penale irrevocabile di
condanna ha efficacia di giudicato nel
giudizio per responsabilità disciplinare
davanti alle pubbliche autorità quanto
all'accertamento della sussistenza del fatto,
della sua illiceità penale e all'affermazione
che l'imputato lo ha commesso.”
Riforma Brunetta - Rapporto tra procedimento
disciplinare e procedimento penale
• Art. 55 – ter d.lgs.165/2001
–
–
Il procedimento disciplinare, che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali
procede l’autorità giudiziaria, è proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento
penale. Per le infrazioni di minore gravità, di cui all’articolo 55 – bis, comma 1, primo
periodo, non è ammessa la sospensione del procedimento. Per le infrazioni di maggiore
gravità, di cui all’articolo 55 – bis, comma 1, secondo periodo, l’ufficio competente, nei casi di
particolare complessità dell’accertamento del fatto addebitato al dipendente e quando all’esito
dell’istruttoria non dispone di elementi sufficienti a motivare l’irrogazione della sanzione, può
sospendere il procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, salva la possibilità di
adottare la sospensione o altri strumenti cautelari nei confronti del dipendente.
Se il procedimento disciplinare, non sospeso, si conclude con l’irrogazione di una sanzione e,
successivamente, il procedimento penale viene definito con una sentenza irrevocabile di
assoluzione che riconosce che il fatto addebitato al dipendente non sussiste o non costituisce
illecito penale o che il dipendente medesimo non lo ha commesso, l’autorità competente, ad
istanza di parte da proporsi entro il termine di decadenza di sei mesi dall’irrevocabilità della
pronuncia penale, riapre il procedimento disciplinare per modificarne o confermarne l’atto
conclusivo in relazione all’esito del giudizio penale.
Riforma Brunetta - Rapporto tra procedimento
disciplinare e procedimento penale
• Art. 55 – ter d.lgs.165/2001
– Se il procedimento disciplinare si conclude con l’archiviazione ed il processo penale con
una sentenza irrevocabile di condanna, l’autorità competente riapre il procedimento
disciplinare per adeguare le determinazioni conclusive all’esito del giudizio penale. Il
procedimento disciplinare è riaperto, altresì, se dalla sentenza irrevocabile di condanna
risulta che il fatto addebitabile al dipendente in sede disciplinare comporta la sanzione
del licenziamento, mentre ne è stata applicata una diversa.
– Il procedimento disciplinare è, rispettivamente, ripreso o riaperto entro sessanta giorni
dalla comunicazione della sentenza all'amministrazione di appartenenza del lavoratore
ovvero dalla presentazione dell’istanza di riapertura ed è concluso entro centottanta
giorni dalla ripresa o dalla riapertura. La ripresa o la riapertura avvengono mediante il
rinnovo della contestazione dell’addebito da parte dell’autorità disciplinare competente
ed il procedimento prosegue secondo quanto previsto nell’articolo 55 – bis. Ai fini delle
determinazioni conclusive, l’autorità procedente, nel procedimento disciplinare ripreso
o riaperto, applica le disposizioni dell’articolo 653, commi 1 ed 1- bis, del codice di
procedura penale.».
Riforma Brunetta - Rapporto tra procedimento
disciplinare e procedimento penale
• Nel decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, recante Norme
di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di
procedura penale, dopo l’articolo 154 – bis, è inserito il
seguente: “154 - ter. Comunicazione della sentenza. – 1. La
cancelleria del giudice che ha pronunciato sentenza penale nei
confronti di un lavoratore dipendente di un’amministrazione
pubblica ne comunica il dispositivo all’amministrazione di
appartenenza e, su richiesta di questa, trasmette copia
integrale del provvedimento. La comunicazione e la
trasmissione sono effettuate con modalità telematiche, ai sensi
del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante il Codice
dell’amministrazione digitale, entro trenta giorni dalla data
del deposito.”.
Modifiche alla L.97/2001
• Viene modificato l’articolo 5, comma 4, della
legge 27 marzo 2001, n. 97: in sintesi, il
procedimento disciplinare previsto dalla stessa
legge in caso di sentenza irrevocabile di
condanna, deve concludersi entro centottanta
giorni decorrenti dal termine di inizio o di
proseguimento, fermo quanto disposto
dall'articolo 653 del codice di procedura
penale.
LE SOSPENSIONI CAUTELARI
Previsioni contrattuali
e della L.97/2001
La sospensione cautelare in corso di procedimento
disciplinare (art.26 CCNL 1995)
• Se l’Ente deve espletare accertamenti su fatti addebitati al dipendente a
titolo di infrazione disciplinare punibili con la sanzione della
sospensione dal servizio e dalla retribuzione, può disporre, nel corso
del procedimento disciplinare, il suo allontanamento dal lavoro per un
periodo di tempo non superiore a trenta giorni, con conservazione della
retribuzione.
• Se il procedimento disciplinare si conclude con una sanzione
sospensiva, il periodo dell'allontanamento cautelativo deve essere
computato nella sanzione, ferma restando la privazione della
retribuzione limitata agli effettivi giorni di sospensione irrogati.
• Il periodo trascorso in allontanamento cautelativo, escluso quello
computato come sospensione dal servizio, è valutabile agli effetti
dell'anzianità di servizio.
Le sospensioni cautelari in caso di
procedimento penale
• Sospensione obbligatoria 1: dipendente colpito da misura restrittiva
della libertà personale;
• Sospensione obbligatoria 2: alcuni casi già previsti dagli artt.58 e 59
del D.Lgs.267/2000 (sono quelli elencati nel CCNL 11.4.2008);
• Sospensione facoltativa 1: dipendente sottoposto a procedimento
penale che non comporti la restrizione della libertà personale, quando
sia stato rinviato a giudizio per fatti direttamente attinenti al rapporto
di lavoro o comunque tali da comportare, se accertati, l’applicazione
della sanzione disciplinare del licenziamento
• Sospensione facoltativa 2: cessato lo stato di restrizione della libertà
personale, di cui al punto 1, alle medesime condizioni del punto 3.
Le sospensioni cautelari in caso di
procedimento penale
Per i delitti previsti della legge n. 97 del 2001, trova applicazione la disciplina stabilita dagli
artt. 3 e 4 della stessa legge. Quindi, in caso di rinvio a giudizio, prima della sentenza di
condanna:
• salva l'applicazione della sospensione dal servizio in base al CCNL, il dipendente può
essere trasferito ad altro ufficio (nel rispetto del principio di equivalenza delle
mansioni);
• è possibile anche il trasferimento di sede in presenza di evidenti motivi di opportunità;
• se non è possibile attuare il trasferimento di ufficio, il dipendente è posto in posizione di
aspettativa o di disponibilità, con diritto al trattamento economico in godimento salvo
che per gli emolumenti strettamente connessi alle presenze in servizio;
• questi provvedimenti perdono efficacia se per il fatto è pronunciata sentenza di
proscioglimento o di assoluzione anche non definitiva e, in ogni caso, decorsi cinque
anni dalla loro adozione, sempre che non sia intervenuta sentenza di condanna
definitiva. In caso di proscioglimento o di assoluzione anche non definitiva,
l'amministrazione, sentito l'interessato, adotta i provvedimenti consequenziali nei dieci
giorni successivi alla comunicazione della sentenza, anche a cura dell'interessato. In
presenza di obiettive e motivate ragioni per le quali la riassegnazione all'ufficio
originariamente coperto sia di pregiudizio alla funzionalità di quest'ultimo,
l'amministrazione di appartenenza può non dare corso al rientro.
Le sospensioni cautelari in caso di
procedimento penale
• Nel caso di condanna anche non definitiva, ancorché sia
concessa la sospensione condizionale della pena, per uno
dei delitti previsti dall'articolo 3, comma 1, i dipendenti
indicati nello stesso articolo sono obbligatoriamente
sospesi dal servizio.
• La sospensione perde efficacia se per il fatto è
successivamente pronunciata sentenza di proscioglimento
o di assoluzione anche non definitiva e, in ogni caso,
decorsi 5 anni.
Le sospensioni cautelari in caso di
procedimento penale
•
•
Al dipendente sospeso dal servizio sono corrisposti un’indennità pari al 50%
della retribuzione base mensile di cui all’art. 52, comma 2, lett. b) del CCNL
del 14.9.2000, la retribuzione individuale di anzianità ove acquisita e gli
assegni del nucleo familiare, con esclusione di ogni compenso accessorio,
comunque denominato.
In caso di sentenza definitiva di assoluzione o di proscioglimento, pronunciata
con la formula “il fatto non sussiste”, “non costituisce illecito penale” o
“l’imputato non lo ha commesso”, quanto corrisposto, durante il periodo di
sospensione cautelare, a titolo di assegno alimentare verrà conguagliato con
quanto dovuto al lavoratore se fosse rimasto in servizio, escluse le indennità o
compensi comunque collegati alla presenza in servizio, agli incarichi ovvero a
prestazioni di carattere straordinario. Ove il procedimento disciplinare riprenda
per altre infrazioni, ai sensi dell’art.4, comma 8, secondo periodo, il
conguaglio dovrà tener conto delle sanzioni eventualmente applicate.
Le sospensioni cautelari in caso di
procedimento penale
• In tutti gli altri casi di riattivazione del procedimento disciplinare a
seguito di condanna penale, ove questo si concluda con una sanzione
diversa dal licenziamento, al dipendente precedentemente sospeso
viene conguagliato quanto dovuto se fosse stato in servizio, escluse le
indennità o compensi comunque collegati alla presenza in servizio, agli
incarichi ovvero a prestazioni di carattere straordinario; dal conguaglio
sono esclusi i periodi di sospensione del comma 1 e quelli
eventualmente inflitti a seguito del giudizio disciplinare riattivato a
seguito della condanna penale.
• Se la sentenza definitiva di condanna prevede anche la pena accessoria
della interdizione temporanea dai pubblici uffici, l’Ufficio
competente per i procedimenti disciplinari dell’ente sospende il
lavoratore per la durata della stessa.
Le sospensioni cautelari in caso di
procedimento penale
• La sospensione cautelare dal servizio a causa di procedimento penale
conserva efficacia, se non revocata, per un periodo di tempo comunque
non superiore a cinque anni.
• Decorso tale termine, la sospensione è revocata ed il dipendente è
riammesso in servizio, salvo casi in cui, per reati che comportano
l’applicazione del licenziamento, l’ente ritenga che la permanenza in
servizio del dipendente provochi un pregiudizio alla credibilità dello
stesso a causa del discredito che da tale permanenza potrebbe
derivargli da parte dei cittadini e/o, comunque, per ragioni di
opportunità e operatività dell’ente stesso. In tal caso, può essere
disposta, per i suddetti motivi, la sospensione dal servizio, che sarà
sottoposta a revisione con cadenza biennale.
Giurisprudenza
• Corte dei Conti reg. Lombardia, sez. giurisd., 28
novembre 2003, n. 1394: “In caso di sospensione
cautelare di un lavoratore seguita da destituzione (oggi
licenziamento), la decorrenza della destituzione
dall'impiego deve essere fissata alla data dell'inizio della
sospensione medesima: ne deriva che da questa stessa
data deve procedersi alla corresponsione del trattamento
di quiescenza, con conseguente erogazione delle relative
somme arretrate, dalle quali andrà doverosamente
scomputato quanto erogato a titolo di assegno alimentare
percepito ex art. 82 d.P.R. n. 3 del 1957, verificandosi
altrimenti un ingiustificato cumulo tra pensione e detto
assegno.”
Giurisprudenza
• Consiglio Stato , sez. IV, 29 gennaio 1996, n. 65:
“L'assegno alimentare corrisposto durante il periodo di
sospensione cautelare dal servizio non è ripetibile nel caso
di risoluzione retroattiva del rapporto di impiego, non
avendo l'assegno natura retributiva, ma assistenziale,
siccome destinato a far fronte alle esigenze di vita del
dipendente privato della retribuzione”.
• Consiglio Stato, sez. IV, 24 gennaio 1990, n. 37:
“L'assegno alimentare corrisposto, ai sensi dell'art. 82
d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3 all'impiegato sospeso
cautelarmente dal servizio, non ha natura retributiva e non
è, pertanto assoggettabile a ritenute previdenziali.”
Giurisprudenza
• Cassazione civile , sez. lav., 26 luglio 1984, n. 4421: “La
sospensione dal lavoro del dipendente perché sottoposto a
procedimento penale configura una misura cautelare e provvisoria,
destinata ad essere assorbita dal provvedimento definitivo conseguente
all'esaurimento o all'esito di tale procedimento. Conseguentemente,
mentre nel caso di successivo proscioglimento dell'imputato il
rapporto riprende il suo corso a tutti gli effetti dal momento in cui è
stato sospeso, con conseguente diritto alla percezione delle
retribuzioni arretrate, nel caso invece di condanna la sospensione si
tramuta a tutti gli effetti in definitiva interruzione del rapporto di
lavoro, che legittima il recesso retroattivo del datore di lavoro, sicché
per il periodo pregresso di sospensione non deve essere corrisposta
l'indennità di anzianità.”
IL PROCEDIMENTO
DISCIPLINARE PER I DIRIGENTI
Le novità del d.lgs.150/2009
e quelle del CCNL 2006-2009
DISCIPLINA APPLICABILE AI DIRIGENTI
situazione precedente la riforma
• I CCNL del personale NON si applicavano
(e continuano a non applicarsi) al personale
con qualifica dirigenziale
• Il CCNL della dirigenza stabiliva che ai
dirigenti non si applicavano le sanzioni
disciplinari
“conservative”
ossia
i
rimproveri, la multa e le sanzioni
sospensive (art.27, comma 5 CCNL
10.4.1996 e successive modifiche)
DISCIPLINA APPLICABILE AI DIRIGENTI
situazione precedente la riforma
• L’unica sanzione disciplinare applicabile ai
dirigenti era quella del licenziamento, per il quale
l’art.27, comma 3 del CCNL del 10.4.1996 aveva
previsto un procedimento disciplinare “minimo”
(contestazione degli addebiti e contraddittorio).
• Si ricordi che il licenziamento del dirigente ha
carattere disciplinare tutte le volte che è collegato
ad una “mancanza” (violazione di doveri).
DISCIPLINA APPLICABILE AI DIRIGENTI
situazione precedente la riforma
• La clausola contrattuale era diretta attuazione di
alcuni principi giurisprudenziali
• La Corte Costituzionale (sentenza n. 204 del 1982)
e la Corte di Cassazione (v. ad. es. sentenza
n.1426 del 1988) hanno infatti chiarito che le
garanzie minime previste dalla L. n.300/1970 (in
particolare previa contestazione e contraddittorio)
si applicano a tutti i licenziamenti che rivestano
carattere “ontologicamente” disciplinare (compresi
quelli dei dirigenti).
DISCIPLINA APPLICABILE AI DIRIGENTI
situazione precedente la riforma
• Cassazione civile, sez. lav., 10 febbraio 1988, n.
1426: “In conformità ai principi affermati dalla
sentenza n. 204 del 1982 della Corte
costituzionale con riguardo all'ipotesi del
licenziamento
cosiddetto
disciplinare
del
lavoratore
subordinato,
le
garanzie
procedimentali previste dai primi tre commi
dell'art.7 dello statuto dei lavoratori si applicano
a tutti i licenziamenti cosiddetti per mancanza
(che sono ontologicamente disciplinari) …”
DISCIPLINA APPLICABILE AI DIRIGENTI
situazione precedente la riforma
• Il licenziamento disciplinare del dirigente
doveva essere giustificato
• Il dirigente poteva impugnare il licenziamento
che ritenesse ingiustificato con ricorso
giurisdizionale o con ricorso all’Arbitro Unico,
secondo le previsioni dell’art.13 del CCNL del
2002.
DISCIPLINA APPLICABILE AI DIRIGENTI
situazione precedente la riforma
• In caso di licenziamento ingiustificato, il
dirigente aveva diritto, di norma, solo ad un
risarcimento economico (v. art.13 CCNL del
2002)
• Se il licenziamento, oltre a non essere
giustificato, era anche discriminatorio, il
dirigente
aveva
invece
diritto
alla
reintegrazione nel posto di lavoro (tutela
“reale” v. art.3 L.108/1990) e il licenziamento
era nullo
DISCIPLINA APPLICABILE AI DIRIGENTI
novità della riforma Brunetta
• Art.55, comma 4 (nuovo testo) del d.lgs.165/2001: per le
infrazioni disciplinari ascrivibili al dirigente ai sensi degli
articoli 55-bis, comma 7, e 55-sexies, comma 3, del
d.lgs.165/2001 si applicano, ove non diversamente stabilito
dal contratto collettivo, le disposizioni di cui al comma 4
del predetto articolo 55-bis, ma le determinazioni
conclusive del procedimento sono adottate dal dirigente
generale o titolare di incarico conferito ai sensi dell’articolo
19, comma 3 …; quindi, contesta l’Ufficio di disciplina
(salva diversa previsione del CCNL), ma sanziona (o
archivia) il dirigente generale.
DISCIPLINA APPLICABILE AI DIRIGENTI
novità della riforma Brunetta
• Art.55-bis, comma 7 d.lgs.165/2001: li lavoratore o il dirigente,
appartenente alla stessa amministrazione pubblica dell’incolpato o ad
una diversa, che, essendo a conoscenza per ragioni di ufficio o di
servizio di informazioni rilevanti per un procedimento disciplinare in
corso, rifiuta, senza giustificato motivo, la collaborazione richiesta
dall’autorità disciplinare procedente ovvero rende dichiarazioni false o
reticenti,
è
soggetto
all’applicazione,
da
parte
dell’amministrazione di appartenenza, della sanzione
disciplinare della sospensione dal servizio con privazione
della retribuzione, commisurata alla gravità dell’illecito
contestato al dipendente, fino ad un massimo di quindici
giorni.
DISCIPLINA APPLICABILE AI DIRIGENTI
novità della riforma Brunetta
• Art.55-sexies d.lgs.165/2001: Il mancato esercizio o la decadenza
dell’azione disciplinare, dovuti all’omissione o al ritardo, senza
giustificato motivo, degli atti del procedimento disciplinare o a
valutazioni sull’insussistenza dell’illecito disciplinare irragionevoli o
manifestamente infondate, in relazione a condotte aventi oggettiva e
palese rilevanza disciplinare, comporta, per i soggetti responsabili
aventi qualifica dirigenziale, l’applicazione della sanzione
disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della
retribuzione in proporzione alla gravità dell’infrazione non
perseguita, fino ad un massimo di tre mesi in relazione alle
infrazioni sanzionabili con il licenziamento, ed altresì la mancata
attribuzione dalla retribuzione di risultato per un importo pari a quello
spettante per il doppio del periodo della durata della sospensione.
•
La responsabilità civile eventualmente configurabile a carico del dirigente in relazione a profili di
illiceità nelle determinazioni concernenti lo svolgimento del procedimento disciplinare è limitata, in
conformità ai principi generali, ai casi di dolo o colpa grave.
RESPONSABILITA’ DISCIPLINARE E DIRIGENZIALE
novità del CCNL 2006-2009
•
Costituisce principio generale la distinzione tra le procedure ed i criteri di valutazione dei
risultati e quelli relativi alla responsabilità disciplinare, anche per quanto riguarda gli esiti delle
stesse (v. art.4 CCNL 2006-2009).
•
Più precisamente, la responsabilità disciplinare attiene alla violazione degli obblighi di
comportamento, mentre la responsabilità dirigenziale, disciplinata dall’art. 21 del
D.Lgs.165/2001, attiene ai risultati della gestione e viene accertata secondo le procedure
definite nell’ambito del sistema di valutazione.
•
Si tratta di concetti abbastanza chiari, anche se è indubitabile che il mancato raggiungimento di
obiettivi e risultati possa essere conseguenza della violazione di precisi obblighi di
comportamento: in quel caso, responsabilità dirigenziale e responsabilità disciplinare
procederanno in parallelo.
•
Restano ferme, inoltre, le altre tipologie di responsabilità di cui all’art. 55, comma 2, primo
periodo, del D.Lgs. n. 165 del 2001, come modificato dal d.lgs.150/2009 che hanno distinta e
specifica valenza rispetto alla responsabilità disciplinare (si tratta della responsabilità civile,
amministrativa, penale e contabile).
Gli obblighi di comportamento
novità del CCNL 2006-2009
• Anche i dirigenti si conformano al codice di comportamento
dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni allegato al
CCNL;
• IL CCNL elenca, inoltre, gli altri obblighi del dirigente, la cui
violazione legittima l’applicazione di sanzioni disciplinari.
• Il comportamento del dirigente deve sempre essere improntato
al perseguimento degli obiettivi di innovazione e di
miglioramento dell’organizzazione delle amministrazioni e
di conseguimento di elevati standard di efficienza ed
efficacia delle attività e dei servizi istituzionali, nella primaria
considerazione delle esigenze dei cittadini utenti.
Gli obblighi di comportamento
novità del CCNL 2006-2009
•
Tenuto conto dell'esigenza di garantire la migliore qualità del servizio, il dirigente deve, in
particolare:
– dare conto dei risultati conseguiti e degli obiettivi raggiunti;
– stabilire un rapporto di fiducia e di collaborazione nei rapporti interpersonali con gli
utenti, nonché all’interno dell’Ente con gli altri dirigenti e con gli addetti alla struttura,
mantenendo una condotta uniformata a principi di correttezza e astenendosi da
comportamenti lesivi della dignità della persona o che, comunque, possono nuocere
all’immagine dell’Ente;
– mantenere un comportamento conforme al ruolo di dirigente pubblico, organizzando ed
assicurando il tempo di lavoro e la presenza in servizio correlata alle esigenze della
struttura ed all’espletamento dell’incarico affidato;
– sovrintendere, nell’esercizio del proprio potere direttivo, al corretto espletamento
dell’attività del personale, anche di livello dirigenziale, assegnato alla struttura, nonché
al rispetto delle norme del codice di comportamento e disciplinare, ivi compresa
l’attivazione
– dell’azione disciplinare, secondo le disposizioni vigenti;
– informare l’Ente, di essere stato rinviato a giudizio o che nei suoi confronti è esercitata
l’azione penale.
Le sanzioni
novità del CCNL 2006-2009
• Le sanzioni disciplinari applicabili ai dirigenti
non coincidono con quelle applicabili al
restante personale. Esse sono, infatti, solo le
seguenti:
– sanzione pecuniaria da un minimo di € 200,00 ad
un massimo di € 500,00;
– sospensione dal servizio con privazione della
retribuzione, secondo le previsioni dell’art.7
(codice disciplinare);
– licenziamento con preavviso;
– licenziamento senza preavviso.
Soggetto competente
novità del CCNL 2006-2009
• Per l’individuazione dell’autorità disciplinare competente per i
procedimenti disciplinari della dirigenza e per le forme ed i termini del
procedimento disciplinare trovano applicazione le previsioni
dell’art.55-bis del D.Lgs.n.165 del 2001 introdotto dal
D.Lgs.150/2009.
• Questo riferimento crea qualche problema, perché sembra validare,
anche per i dirigenti, una competenza ripartita tra il responsabile della
struttura (che dovrebbe essere il Segretario Generale) e l’ufficio per i
procedimenti disciplinari, con una complicazione ulteriore data dal
fatto che vi sono casi, apparentemente tassativi, nei quali, in base alla
legge (art.55, comma 4 d.lgs.165/2001, nella nuova versione),
dovrebbe contestare l’ufficio per i procedimenti disciplinari ma la
sanzione dovrebbe essere applicata dal dirigente generale.
Soggetto competente
novità del CCNL 2006-2009
• In sintesi, tenuto conto dell’art.55, comma 4 del d.lgs.165/2001 (nuovo
testo) e delle previsioni del codice disciplinare, il quadro risultante
dovrebbe essere il seguente:
– fatti colpiti con la sanzione pecuniaria (si abbia presente che la sanzione
sospensiva, per i dirigenti, è sempre potenzialmente superiore a 10 giorni):
contesta e applica la sanzione il S.G., in quanto capo della struttura; i
termini sono quelli ridotti previsti dal comma 2 dell’art.55-bis;
– fatti colpiti con sanzioni più gravi di quelle pecuniarie, eccezion fatta per
quelli indicati nel punto seguente: contesta e applica la sanzione l’ufficio
per i procedimenti disciplinari;
– per le sole infrazioni disciplinari ascrivibili al dirigente ai sensi degli
articoli 55-bis, comma 7, e 55-sexies, comma 3, del d.lgs.165/2001 (nuovo
testo) si applica il comma 4 del predetto articolo 55-bis (contesta l’ufficio
dei procedimenti disciplinari e i termini sono raddoppiati), ma le
determinazioni conclusive del procedimento sono adottate dal SG (art.55,
comma 4 nuovo testo del d.lgs.165/2001).
Soggetto competente
novità del CCNL 2006-2009
• Si noti che né la legge, né il CCNL indicano il
soggetto competente in caso di illeciti disciplinari
commessi dal responsabile dell’Ufficio di disciplina o
dal S.G. (si pensi, in particolare, a uno dei casi nei
quali la legge prevede che la sanzione sia di
competenza del dirigente generale: potrebbe, il S.G.,
sanzionare sé stesso ? pensiamo di no).
Scelta della sanzione
novità del CCNL 2006-2009
• Si ribadisce la necessità di determinare la
sanzione applicabile al caso concreto nel
rispetto del principio di gradualità e
proporzionalità delle sanzioni in relazione
alla gravità della mancanza e tenendo
conto di criteri del tutto analoghi a quelli
stabiliti per il restante personale.
Scelta della sanzione
novità del CCNL 2006-2009
• Merita di essere evidenziata, per i riflessi che ha sulla individuazione del
soggetto competente per la contestazione disciplinare, la circostanza che la
sanzione sospensiva può essere di almeno 4 tipi:
– fino ad un massimo di quindici giorni nel caso previsto dall’art.55bis, comma 7, del D.Lgs.n.165 del 2001; quindi, in base all’art.55,
comma 4 dello stesso decreto, contesta l’ufficio dei procedimenti
disciplinari, i termini sono raddoppiati, le determinazioni conclusive del
procedimento sono adottate dal SG;
– fino ad un massimo di tre mesi, accompagnata dalla mancata
attribuzione della retribuzione di risultato per un importo pari a quello
spettante per il doppio del periodo di durata della sospensione (i casi
sono quelli previsti dall’art.55-sexies, comma 3, e dall’art.55 septies,
comma 6, del D.Lgs.n.165 del 2001 che rinvia al predetto art.55-sexies,
comma 3); come nel caso precedente, in base all’art.55, comma 4 dello
stesso decreto, contesta l’ufficio dei procedimenti disciplinari, i termini
sono raddoppiati, le determinazioni conclusive del procedimento sono
adottate dal SG;
Scelta della sanzione
novità del CCNL 2006-2009
– da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre
mesi (il caso è quello previsto dall’art.55-sexies, comma 1,
del D.Lgs.n.165del 2001); trattandosi di una sanzione
potenzialmente superiore a 10 giorni, contesta e applica la
sanzione l’ufficio per i procedimenti disciplinari;
– da un minimo di 3 giorni fino ad un massimo di sei
mesi, si applica, graduandone l’entità ai casi elencati
nell’art.7, comma 8 del CCNL; trattandosi di una sanzione
potenzialmente superiore a 10 giorni, contesta e applica la
sanzione l’ufficio per i procedimenti disciplinari.
I casi di licenziamento – problemi applicativi
novità del CCNL 2006-2009
• Anche per quanto riguarda i casi di licenziamento, il CCNL ha
tenuto conto della fattispecie espressamente indicate nel
d.lgs.150/2009.
• Resta il dubbio, considerato anche il richiamo fatto dal CCNL ai
principi di gradualità e proporzionalità se nei casi indicati l’Ente
possa decidere di applicare al caso concreto una sanzione diversa dal
licenziamento; se ci si deve basare sul testo “perentorio” del
d.lgs.150/2009 sembrerebbe di no; se invece, ci si basa sui principi
affermati dalla Corte Cost. con sentenza 971/1988 (è la sentenza
che ha dichiarato incostituzionale l'art. 85 t.u. n. 3/1957 nella parte
in cui prevedeva la destituzione di diritto senza l'apertura di un
ordinario procedimento disciplinare in contraddittorio a
conclusione del quale l'autorità competente potesse scegliere la
misura appropriata alla gravità del fatto), si dovrebbe ritenere di sì.
Il codice disciplinare “aperto”
novità del CCNL 2006-2009
• Si ribadisce, anche per i dirigenti, che il codice
disciplinare è aperto, nel senso che le mancanze
non espressamente previste sono comunque
sanzionate secondo i criteri di cui al comma 1
dell’art.7, facendosi riferimento, quanto
all’individuazione dei fatti sanzionabili, agli
obblighi dei dirigenti di cui all’art. 5, quanto al
tipo e alla misura delle sanzioni, ai principi
desumibili dallo stesso articolo 7.
Pubblicazione ed efficacia del codice disciplinare
novità del CCNL 2006-2009
• Il nuovo codice disciplinare dovrà essere pubblicato sul sito
istituzionale dell’Ente, secondo le previsioni dell’art.55, comma
2, ultimo periodo, del D.Lgs.n.165 del 2001, entro 15 giorni
dalla data di stipulazione del CCNL e si applicherà dal
quindicesimo giorno successivo a quello della sua
pubblicazione, fermo restando che le sanzioni previste dal
D.Lgs.n.150 del 2009 si applicano dall’entrata in vigore del
decreto medesimo.
• Anche se il CCNL non dice nulla al riguardo, riteniamo, anche
basandoci su precedenti esperienze, che il nuovo codice
disciplinare non sia applicabile ai fatti commessi prima della sua
entrata in vigore (v. anche circolare DFP n.9/2009).
Sospensione cautelare in corso di procedimento disciplinare
novità del CCNL 2006-2009
• E’ lo stesso istituto già previsto per il restante personale; si fonda su
esigenze “istruttorie” e non ha alcun legame con la sospensione in
caso di procedimento penale.
• Può essere disposta in concomitanza con la contestazione e previa
puntuale informazione al dirigente; ha durata non superiore a trenta
giorni, durante i quali viene erogato l’intero trattamento economico
complessivo in godimento.
• Se il procedimento disciplinare si conclude con una sanzione
sospensiva il periodo dell'allontanamento cautelativo deve essere
computato nella sanzione, ferma restando la privazione della
retribuzione limitata agli effettivi giorni di sospensione irrogati.
• Il periodo trascorso in allontanamento cautelativo, escluso quello
computato come sospensione dal servizio, è valutabile agli effetti
dell'anzianità di servizio.
Sospensione cautelare in caso di procedimento penale
novità del CCNL 2006-2009
• Viene adeguata la disciplina vigente alle disposizioni del
d.lgs.150/2009. Rispetto al quadro attuale, le novità sono le
seguenti:
– in caso di sospensione obbligatoria dal servizio connessa a
misure restrittive della libertà personale, l’incarico dirigenziale è
sospeso (e non revocato, come previsto dall’attuale disciplina);
questo significa che in caso di revoca della sospensione non
dovrà essere conferito un nuovo incarico;
– la sospensione facoltativa prevista quando il dirigente sia
sottoposto a procedimento penale non comportante la restrizione
della libertà personale o questa sia comunque cessata,
presuppone ora che l’Ente abbia deciso, ai sensi dell’art.55-ter
del D.Lgs.n.165 del 2001, la sospensione del procedimento
disciplinare fino al termine di quello penale (in caso contrario
sembrerebbe che questa sospensione non sia praticabile).
Sospensione cautelare in caso di procedimento penale
novità del CCNL 2006-2009
• Si conferma l'obbligo di sospensione del dirigente in
presenza dei casi già previsti dagli artt. 58, comma 1, lett.
a), b), limitatamente all'art. 316 del codice penale, lett. c),
d) ed e), e 59, comma 1, lett. a), limitatamente ai delitti già
indicati nell'art. 58 comma 1, lett. a) e all'art. 316 del
codice penale, lett. b), e c), del D. Lgs .n. 267 del 2000.
• Si precisa, però, che è fatta salva l’applicazione del
licenziamento (il rinvio è all’art. 7, comma 9, n.2), qualora
l’Ente non disponga, ai sensi dell’art.55-ter del
D.Lgs.n.165 del 2001, la sospensione del procedimento
disciplinare fino al termine di quello penale.
Sospensione cautelare in caso di procedimento penale
novità del CCNL 2006-2009
• La norma è un po’ contorta, ma dovrebbe
stare a significare che l’ente ha le seguenti
alternative:
– sospendere il dirigente e procedere con il
licenziamento;
– sospendere il dirigente e sospendere il
procedimento disciplinare, ai sensi dell’art.55ter del d.lgs.150/2009, in attesa di conoscere gli
esiti di quello penale.
Sospensione cautelare in caso di procedimento penale
novità del CCNL 2006-2009
• Si precisa che anche per i delitti di cui
all’art. 3, comma 1, della legge n. 97 del
2001, resta ferma, in ogni caso,
l’applicabilità del licenziamento (art. 7,
comma 9, n.2) qualora l’Ente non disponga
la
sospensione
del
procedimento
disciplinare fino al termine di quello penale;
Sospensione cautelare in caso di procedimento penale
novità del CCNL 2006-2009
• Quando l’ente proceda direttamente con il
licenziamento, la sospensione del dirigente
conserva efficacia fino alla conclusione del
procedimento disciplinare. Negli altri casi,
essa conserva efficacia, se non revocata, per
un periodo non superiore a cinque anni.
Sospensione cautelare in caso di procedimento penale
novità del CCNL 2006-2009
• Viene introdotta anche per i dirigenti, però, l’ulteriore sospensione
facoltativa, da applicare dopo i 5 anni di sospensione, in presenza di
reati che comportino l’applicazione del licenziamento senza preavviso
(art. 7, comma 9, n.2) quando l’Ente ritenga che la permanenza in
servizio del dirigente provochi un pregiudizio alla credibilità della
stessa a causa del discredito che da tale permanenza potrebbe derivarle
da parte dei cittadini e/o comunque, per ragioni di opportunità ed
operatività dell’Ente stessa. Questa sospensione è sottoposta a
revisione con cadenza biennale;
• Si precisa che al dirigente sospeso dal servizio sono corrisposti
un’indennità alimentare pari al 50% dello stipendio tabellare, la
retribuzione individuale di anzianità o il maturato economico annuo,
ove spettante, e gli eventuali assegni familiari, qualora ne abbiano
titolo.
Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale
novità del CCNL 2006-2009
Il CCNL distingue i seguenti casi (per il resto si applica la disciplina del
decreto):
•
procedimento disciplinare sospeso ai sensi dell’art.55-ter del D.Lgs.n.165
del 2001: se, per i fatti oggetto del procedimento penale, il dirigente viene
assolto con sentenza irrevocabile che riconosce che il fatto addebitato non
sussiste o non costituisce illecito penale, l’autorità disciplinare riprende il
procedimento disciplinare ed adotta le determinazioni conclusive, applicando
le disposizioni dell’art.653, comma 1, del codice di procedura penale. In
questa ipotesi, ove nel procedimento disciplinare sospeso, al dirigente, oltre ai
fatti oggetto del giudizio penale per i quali vi sia stata assoluzione, siano state
contestate altre violazioni oppure i fatti contestati, pur non costituendo illecito
penale, rivestano comunque rilevanza disciplinare, il procedimento riprende e
prosegue per dette infrazioni. Peccato si siano dimenticati di indicare anche la
formula assolutoria “l’imputato non lo ha commesso”, del tutto identica,
quanto agli effetti di “giudicato” nel procedimento disciplinare a quella “il
fatto non sussiste”;
Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale
novità del CCNL 2006-2009
•
procedimento disciplinare non sospeso conclusosi con l’irrogazione della sanzione
del licenziamento, ai sensi dell’art. 7, comma 9, n.2 (codice disciplinare): se il
procedimento penale viene definito con una sentenza penale irrevocabile di assoluzione
che riconosce che il fatto addebitato non sussiste o non costituisce illecito penale (anche
qui si sono dimenticati di indicare la formula “l’imputato non lo ha commesso”), ove il
procedimento disciplinare sia riaperto su istanza di parte (ai sensi dell’art.55-ter,comma
2, del D.Lgs.n.165 del 2001) e si concluda con un atto di archiviazione, il dirigente ha
diritto dalla data della sentenza di assoluzione alla riammissione in servizio presso
l’ente, anche in soprannumero nella medesima sede o in altra sede, nonché
all’affidamento di un incarico di valore equivalente a quello posseduto all’atto del
licenziamento. Analoga disciplina trova applicazione nel caso che l’assoluzione del
dirigente consegua a sentenza pronunciata a seguito di processo di revisione. Dalla data
di riammissione il dirigente ha diritto a tutti gli assegni che sarebbero stati corrisposti
nel periodo di licenziamento, tenendo conto anche dell’eventuale periodo di sospensione
antecedente nonché della retribuzione di posizione in godimento all’atto del
licenziamento. In caso di premorienza, gli stessi compensi spettano al coniuge o al
convivente superstite e ai figli.
Reintegrazione del dirigente illegittimamente licenziato
novità del CCNL 2006-2009
•
•
•
•
Viene rafforzata l’attuale tutela per il dirigente ingiustamente licenziato. Il
CCNL prevede, infatti, che l’Ente, a domanda, reintegra in servizio il
dirigente illegittimamente o ingiustificatamente licenziato dalla data della
sentenza che ne ha dichiarato l’illegittimità o la ingiustificatezza, anche in
soprannumero, nella medesima sede o in altra su sua richiesta, con il
conferimento allo stesso di un incarico di valore equivalente a quello
posseduto all’atto del licenziamento.
Al dirigente spetta, inoltre, il trattamento economico che sarebbe stato
corrisposto durante il periodo di licenziamento, anche con riferimento alla
retribuzione di posizione in godimento all’atto del licenziamento stesso.
Si noti questa previsione ha una sfera di applicazione più ampia del licenziamento nullo o
discriminatorio, perché sembra coprire qualunque ipotesi di invalidità e anche il caso della mancanza
di sufficiente giustificazione.
Questa disciplina, che sostituisce quella dell’art.13 del CCNL del 12.2.2002, trova applicazione dalla
data di definitiva sottoscrizione del CCNL (22.2.2010).
Indennità sostitutiva della reintegrazione
novità del CCNL 2006-2009
• In alternativa (in sostituzione) alla reintegrazione di cui al punto
precedente, l’Ente o il dirigente possono proporre all’altra parte, il
pagamento a favore del dirigente di un’indennità supplementare
determinata, in relazione alla valutazione dei fatti e delle circostanze
emerse, tra un minimo pari al corrispettivo del preavviso maturato,
maggiorato dell'importo equivalente a due mensilità, ed un massimo
pari al corrispettivo di ventiquattro mensilità.
• Detta indennità supplementare è automaticamente aumentata, ove l'età
del dirigente sia compresa fra i 46 e i 56 anni, nelle misure indicate
dal CCNL, al quale rinviamo per i dettagli.
Indennità sostitutiva della reintegrazione
novità del CCNL 2006-2009
•
•
•
Il dirigente che accetti l’indennità supplementare non può successivamente
adire l’autorità giudiziaria per ottenere la reintegrazione.
Inoltre, per un periodo pari ai mesi cui è correlata la determinazione
dell'indennità supplementare e con decorrenza dalla sentenza definitiva che ha
dichiarato l’illegittimità o la ingiustificatezza del licenziamento, può avvalersi
della disciplina di cui all'art. 31, comma 10, del CCNL del 10 aprile 1996,
senza obbligo di preavviso (il che significa che può passare ad altra
amministrazione senza necessità del nulla osta della sua amministrazione).
Qualora si realizzi il trasferimento ad altro Ente, il dirigente ha diritto ad un
numero di mensilità pari al solo periodo non lavorato.
In caso di pagamento dell’indennità supplementare, l'Ente non può assumere altro
dirigente nel posto precedentemente coperto dal dirigente cessato, per un periodo
corrispondente al numero di mensilità riconosciute, ai sensi dei commi 1 e 2.
La determinazione concordata della sanzione
novità del CCNL 2006-2009
• Come già detto, il d.lgs.150/2009 non prevede più il patteggiamento
della sanzione, sostituito dalle procedure di conciliazione non
obbligatorie eventualmente individuate dai CCNL che: sospendono il
procedimento disciplinare, non possono riguardare casi da
licenziamento, devono concludersi entro 30 giorni dalla contestazione
e non possono comportare l’applicazione di sanzioni di “specie”
diversa rispetto a quelle previste dal CCNL o dalla legge.
• L’art.12 del nuovo CCNL della dirigenza attua questa previsione,
introducendo la possibilità di applicare una sanzione concordata fuori
dei casi per i quali la legge ed il contratto collettivo prevedono la
sanzione del licenziamento.
La determinazione concordata della sanzione
novità del CCNL 2006-2009
•
Rinviando, per i dettagli di tipo procedurale, alle previsioni del CCNL, è utile
evidenziare che:
– la sanzione concordemente determinata non è soggetta ad impugnazione;
– l’attivazione di questa procedura, che non ha natura obbligatoria, può
essere proposta dall’Ufficio procedente o dal dirigente entro il termine dei
cinque giorni successivi alla audizione del dirigente per il contraddittorio a
sua difesa;
– dalla data della proposta sono sospesi i termini del procedimento
disciplinare;
– ove la proposta sia accettata e la procedura conciliativa abbia esito
positivo, l’accordo raggiunto è formalizzato in un apposito verbale
sottoscritto dall’autorità disciplinare e dal dirigente e la sanzione
concordata dalle parti può essere irrogata dall’autorità disciplinare
competente;
La determinazione concordata della sanzione
novità del CCNL 2006-2009
• Segue:
– in caso di esito negativo, questo sarà riportato in
apposito verbale e la procedura conciliativa si estingue,
con conseguente ripresa del decorso dei termini del
procedimento disciplinare;
– la procedura conciliativa deve concludersi entro il
termine di trenta giorni dalla contestazione e comunque
prima dell’irrogazione della sanzione. La scadenza di
tale termine comporta la estinzione della procedura
conciliativa eventualmente già avviata ed ancora in
corso di svolgimento e la decadenza delle parti dalla
facoltà di avvalersi ulteriormente della stessa
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