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Matematica, come farla amare

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Matematica, come farla amare
Dalla premessa al libro:
Bruno D’Amore – Martha Isabel Fandiño Pinilla
Matematica, come farla amare
Miti, illusioni, sogni e realtà
Collana GUS, volume 3
Firenze: Giunti Scuola, 2012
Nessuna rotta è adatta a chi non sa dove andare
Premessa
La conoscenza viva non può sfuggire alla soggettività, cioè all’atto di situarsi al centro del proprio mondo per
conoscere.
Da qui il problema ineliminabile a tutti i livelli, ivi compreso quello umano, del carattere egocentrico di ogni
conoscenza.
Edgar Morin (1986). La conoscenza della conoscenza. Milano: Feltrinelli.
Insegnare matematica, specie nella scuola primaria, è molto difficile; insegnarla per far sì che gli
studenti la imparino, poi, è ancora più complesso, ma assai più divertente, stimolante e gratificante;
far sì che gli allievi la imparino correttamente, infine, è indiscutibilmente complicato, una vera e
propria sfida intellettuale, irta di ostacoli di differente entità.
Il fatto è che i bambini di età 6-10 anni sono estremamente ricettivi, imparano al volo quel che noi
insegniamo loro e, se non stiamo attenti, possono imparare non quel che avremmo voluto, ma altro,
indesiderato, creando quel che taluni chiamano curricolo nascosto, fatto di concetti sbagliati, di
oggetti fuori luogo, di misconcezioni, di linguaggi inutilmente involuti o, quasi peggio, scorretti.
Il fatto è che, com’è ben noto, alla fine del loro percorso scolare, gli studenti ricordano, per quanto
riguarda la matematica, quel che hanno appreso alla primaria e tendono a rimuovere tutto quel che
fa parte del potenziale auspicato bagaglio cognitivo della media (al più restano, talvolta malamente,
brandelli del teorema di Pitagora e proporzioni) e superiore (resta un po’ di algebra o, meglio, di
simbolismo algebrico). Dunque, quel che si costruisce cognitivamente nella scuola primaria rischia
di essere quel che poi resta per sempre, segnando la grande differenza che c’è tra gli analfabeti in
matematica (parecchi, troppi, e ridicolmente entusiasti della loro impudica e proclamata arrogante
ignoranza) e gli altri.
Questo spiega l’altrimenti inspiegabile accanimento che molti di noi ricercatori professionisti
pongono nello studiare l’apprendimento della matematica nella scuola primaria; più d’uno ci ha
chiesto: Ma come, voi insegnate e dirigete tesi addirittura nei dottorati di ricerca e state lì a guardare
quel e come imparano la matematica i bambini piccoli?
Il fatto è che la reazione che getta nel panico molti insegnanti delle superiori di fronte a certe
affermazioni o alle rivelazioni di certi studenti di 17-18 anni, o le incredibili cose che ci sentiamo
dire nei corsi di laurea, non hanno la loro origine il giorno in cui vengono esternate e dette, hanno al
contrario origini molto precedenti, quasi sempre nella scuola primaria. Misconcezioni che hanno del
fantascientifico covano, nascoste, tra le pieghe del cognitivo, per dieci anni o più, ma poi,
fatalmente, un giorno o l’altro si manifestano, epifania diffusa nelle scuole secondarie e
all’università, per la delizia esterrefatta delle orecchie degli increduli e disarmati docenti.
Per anni, per decenni, le abbiamo raccolte, ascoltate con estremo interesse, mai giudicate, analizzate
e classificate e sempre, sempre, erano dovute a malintesi o a difficoltà che avevano origine nella
scuola primaria.
Dunque, quando ci chiedono di scrivere un libro come questo, non un breve e dotto articolo di
ricerca, ma cento pagine di riflessioni, quasi sempre noi pensiamo di dialogare direttamente con gli
insegnanti di scuola primaria; e preghiamo gli insegnanti delle secondarie (ed i colleghi universitari)
di leggere e riflettere sugli infiniti esempi di cui disponiamo, perché sono assai rivelatori.
Inutile prendersela, come fanno molti ingenuamente ed inutilmente, con lo studente che sbaglia;
concentriamoci sulle cause che hanno determinato l’errore; più le conosceremo, le cause, più le
diremo ad alta voce, più si diffonderanno strumenti per prevenirle, e rimediare. A volte basta poco,
parlare con lo studente, con calma, senza attaccarlo, senza colpevolizzarlo, soprattutto senza
deriderlo.
Al gentile invito di Tullia Colombo ed Emilia Passaponti di pensare ad un libro così, abbiamo
risposto con entusiasmo, decidendo, dopo molte riflessioni tra noi, di creare uno strumento di
riflessione su varie componenti del processo di insegnamento – apprendimento:
riflessioni sulla matematica, mai abbastanza;
analisi delle scelte epistemologiche che sono alla base della matematica che si insegna e che si
desidera venga appresa;
conoscenza almeno delle prime basi storiche sulle quali si fonda la creazione della nostra disciplina,
per dare una dimensione culturale di essa e per fornire uno strumento didattico eccellente per le
analisi delle situazioni d’aula;
diffusione delle basi irrinunciabili della didattica della matematica, intesa come il principale
strumento professionalizzante dell’attività docente;
esempi veri, tratti dalla vita quotidiana in aula, esempi documentati, raccolti, registrati, significativi,
la cui narrazione e studio potrà dare una mano notevole agli insegnanti, soprattutto di scuola
primaria (ma, purtroppo, non solo).
La nostra soddisfazione sarà totale se e quando i nostri 25 lettori ci diranno che hanno approfittato
dei discorsi concreti e talvolta ironici di questo libro, pur nel bisogno di organizzazione teorica che
hanno tutte le discipline, per sentirsi più a loro agio, insegnando matematica in aula, ed ottenendo
risultati di costruzione cognitiva un po’ più matura, appropriata e significativa.
Le indicazioni bibliografiche, date capitolo per capitolo per essere più incisive, dovrebbero potrebbero aiutare molto quegli insegnanti che, stimolati dalle nostre considerazioni, dovessero
decidere di approfondire i discorsi che, per forza di cose, sono accennati e non sviscerati fino in
fondo. Il fatto è che abbiamo preferito concedere molto all’esempio concreto, piuttosto che alla
teoria.
Se un sottoinsieme non vuoto di quei famosi 25 lettori dovesse decidere di leggere per proprio
conto, per approfondirle, alcune tematiche da noi qui proposte, ci riterremo soddisfatti del nostro
lavoro sintetico.
Nunc age quod superest cognosce et clarius audi.
Tito Lucrezio Caro, De Rerum Natura.
[Ora ti prego conosci quel che resta e ascolta un canto più puro]
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