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Sei idee per cambiare la scuola e per farla tornare al centro

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Sei idee per cambiare la scuola e per farla tornare al centro
Sei
idee
per
cambiare
la
scuola
e
per
farla
tornare
al
centro
dell’interesse
comune
e
della
politica,
per
darle
modo
di
essere
un
motore
per
la
crescita
del
paese:
“Sei
idee
per
rilanciare
la
scuola
e
contribuire
alla
crescita
del
Paese”
è
il
titolo
del
dossier
che
Tuttoscuola
ha
reso
pubblico
in
queste
ore,
con
l’obiettivo
di
contribuire
al
confronto
pubblico
sulla
politica
scolastica.
La
scuola
delineata
nel
dossier
è
una
scuola
capace
di
reinventarsi,
di
darsi
nuovi
modelli,
arricchendo
la
missione
tradizionale
–
la
trasmissione
del
sapere
e
dell’istruzione
formale
–
con
un
ruolo
formativo
più
ampio
e
ritagliato
sui
bisogni
della
comunità.
Il
dibattito
è
aperto.
Una
scuola
più
aperta
Il
primo
spunto
riguarda
l’ottimizzazione
delle
risorse.
La
scuola
dispone
di
un
grande
(e
sottovalutato)
“capitale
investito”:
oltre
40
mila
edifici
con
relative
dotazioni
e
da
un
organico
di
un
milione
di
persone,
nella
maggior
parte
dei
casi
altamente
qualificate.
Ma
lo
utilizza
male,
al
50%
o
poco
più.
Basti
pensare
che
gli
orari
di
funzionamento
delle
scuole
sono
gli
stessi
di
sessant’anni
fa,
mentre
la
società
è
profondamente
cambiata.
Le
famiglie
oggi
spendono
moltissime
energie
e
risorse
in
attività
formative
extra‐scolastiche,
di
cui
la
scuola
si
potrebbe
occupare
sfruttando
il
suo
potenziale
inutilizzato.
Più
servizi
per
le
famiglie
comporterebbero
più
entrate
per
le
scuole
(le
risorse
che
ora
le
famiglie
versano
ad
altri
soggetti)
e
più
forza
lavoro,
accelerando
così
la
risoluzione
del
problema
dei
precari.
Attività
e
servizi
aggiuntivi
si
potrebbero
svolgere
ampliando
il
calendario
scolastico
orizzontalmente,
cioè
tenendo
aperte
le
scuole
quando
normalmente
sono
chiuse
(con
gli
insegnanti
che
farebbero
le
ferie
come
tutti
ad
agosto),
e
verticalmente,
cioè
allungando
gli
orari
di
funzionamento
(ma
non
gli
orari
di
lezione
curricolare).
Una
parte
del
ricavato
dei
nuovi
servizi
potrebbe
essere
destinata
a
un
fondo
per
premi
per
il
personale,
una
sorta
di
“partecipazione
agli
utili”
da
parte
dei
dipendenti,
sul
modello
aziendale
tedesco.
La
strada
è
già
stata
battuta
nel
Nord
Europa,
dove
i
sistemi
scolastici
si
sforzano
di
portare
dentro
la
scuola
–
ma
al
di
fuori
dell’orario
di
lezione
–
il
maggior
numero
possibile
di
opportunità
di
educazione
non
formale
e
informale:
si
è
visto
che
in
questo
modo
si
ottengono
migliori
risultati
anche
per
quanto
riguarda
le
prestazioni
relative
all’istruzione
formale.
Lotta
alla
dispersione
scolastica
Le
bocciature
vanno
ridotte
attraverso
piani
di
studio
più
flessibili
e
personalizzati,
criteri
di
valutazione
che
tengano
conto
dei
passi
avanti
rispetto
alla
situazione
familiare
e
sociale
di
provenienza,
e
abbinando
le
residue
bocciature
a
corsi
di
recupero
obbligatori
e
a
sistemi
di
incentivi
e
disincentivi
(per
esempio:
se
non
hai
concluso
l’obbligo
scolastico
non
puoi
comprare/guidare
il
motorino,
o
partecipare
a
programmi
sportivi
del
Coni
ecc.).
I
risparmi
per
le
minori
bocciature
(minori
posti
di
organico)
andrebbero
reinvestiti
in
azioni
mirate
di
recupero
e
rinforzo,
con
task
force
di
docenti
specializzati
(e
più
remunerati)
da
impiegare
nelle
aree
più
emarginate.
Infine
dopo
la
scuola
dell’obbligo
si
potrebbero
elevare
le
tasse
scolastiche,
oggi
irrisorie,
oltre
un
certo
reddito,
e
trasformarle
in
borse
di
studio
mirate
soprattutto
al
recupero
della
dispersione
scolastica.
Valorizzare
gli
insegnanti
Va
superata
la
concezione
della
carriera
dei
docenti
legata
solo
all’anzianità
di
servizio,
ricorrendo
a
un
sistema
di
crediti
formativi
e
professionali:
dieci
anni
fa
i
maggiori
sindacati
erano
pronti
a
intraprendere
questa
strada,
poi
non
se
n’è
fatto
più
nulla.
Infine,
anche
se
non
piace
alla
categoria,
l’avanzamento
di
carriera
dovrebbe
essere
in
alcuni
passaggi
cruciali
subordinato
o
al
superamento
di
specifiche
prove
di
idoneità
tra
chi
ha
maturato
i
crediti,
oppure
a
una
decisione
motivata
del
Consiglio
di
istituto.
Andrebbe
reso
obbligatorio
(e
finanziato
da
parte
dello
Stato)
l’aggiornamento
dei
docenti.
Andrebbe
anche
ripristinato
e
potenziato
l’autoaggiornamento,
cioè
il
diritto
degli
insegnanti
al
rimborso
per
le
spese
di
aggiornamento
sostenute
in
prima
persona.
Una
scuola
autonoma,
ma
valutata
Secondo
Tuttoscuola
serve
una
nuova
governance
per
la
scuola,
che
goda
di
una
vera
autonomia,
senza
distinzioni
per
statali
e
paritarie,
ma
che
sia
poi
in
grado
di
rendere
conto
alle
famiglie
e
alla
società
del
proprio
operato,
attraverso
l’introduzione
di
una
rigorosa
valutazione
dei
risultati
secondo
criteri
di
accountability.
Indispensabile
sarebbe
un
sistema
di
incentivi
attraverso
la
costituzione
di
un
apposito
Fondo
per
la
qualità
delle
scuole,
accanto
a
disincentivi
e
drastici
interventi
di
riqualificazione
(fino
alla
chiusura)
per
le
scuole
che
non
raggiungono
determinati
standard
di
miglioramento
in
un
certo
arco
di
tempo.
Va
costruito
un
sistema
di
valutazione
del
tutto
indipendente,
non
sottoposto
alla
vigilanza
del
Miur,
dotato
di
risorse
economiche
e
umane
adeguate,
simile
all’Istat.
Parallelamente
dovrebbe
essere
rafforzato
il
servizio
ispettivo:
oggi
sono
in
servizio
meno
di
100
titolari,
per
25
mila
istituzioni
scolastiche:
un
“ispettore”
ogni
200
scuole,
contro
1
ogni
13
dell’Inghilterra.
Servirebbero
‐
dice
Tuttoscuola
‐
almeno
mille
ispettori
in
più.
Eliminare
gli
sprechi
Il
quinto
tema
trattato
nel
dossier
la
riduzione
degli
sprechi,
che
restano
molto
consistenti.
Tuttoscuola
suggerisce
per
esempio
di
chiudere
le
“microscuole”
con
meno
di
50
alunni,
che
costano
solo
in
termini
di
personale
il
doppio
delle
altre
(fino
a
8.000
euro
per
alunno
contro
i
3.500
di
una
scuola
standard
con
100
alunni),
salvaguardando
ovviamente
quelle
in
montagna
e
nelle
piccole
isole.
Scuola
digitale
Ne
parlano
tutti:
scuola
2.0.
Esistono
già
scuole
che
lo
parlano
e
soprattutto
lo
applicano,
ma
dietro
le
esperienze
di
frontiera
si
nasconde
un
rischio:
che
il
già
grave
divario
tra
scuole
di
serie
A
e
di
serie
B
si
ampli
ulteriormente
fino
a
diventare
incolmabile.
Oggi
solo
14
scuole
su
9mila
sono
state
completamente
digitalizzate
dal
Miur.

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