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Diapositiva 1 - Dipartimento Scienze Neurologiche Biomediche e

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Diapositiva 1 - Dipartimento Scienze Neurologiche Biomediche e
Biomechanical and Molecular Regulation of Bone Remodeling
Alexander G. Robling, Alesha B. Castillo, and Charles H. Turner
Annu. Rev. Biomed. Eng. 2006. 8:455–98
(a) Sezione sottile frontale, tibia di topo,
cartilagine di accrescimento: si vedono
osteoclasti attivi (rosa) che riassorbono
cartilagine mineralizzata e osso (nero). (b) è
illustrato il processo di formazione dell’osso
da un gruppo di osteoblasti (frecce
bianche). L’osso è nero, i tessuti molli e le
cellule sono azzurri. Fra l’osso mineralizzato
e la fila di osteoblasti c’è una striscia azzurro
chiaro di tessuto (osteoide) che rappresenta
matrice appena formata e non ancora
mineralizzata. Con l’avanzare dell’osteoide
dietro agli osteoblasti, alcuni sono
intrappolati (fr. verde) nell’osteoide che poi
accumula minerali (fr. rossa) e isola
l’osteoblasto in mezzo all’osso formato (fr.
gialla); adesso è diventato un osteocita.
L’osso è un tessuto attivo metabolicamente che adatta la sua struttura agli stimoli meccanici e
ripara danni strutturali attraverso il processo del rimodellamento. Le ossa della maggior parte
dei mammiferi hanno quattro superfici – o strati ossei - sulle quali può verificarsi aggiunta o
rimozione di osso: strato periosteo, endocorticale, trabecolare e Havesiano (intracorticale). Il
riassorbimento e la formazione di osso sono effettuati dalle cellule specifiche, rispettivamente
osteoclasti e osteoblasti.
Quasi 40 anni fa Frost ha descritto due diversi meccanismi che stanno alla base del
modellamento e del rimodellamento dell’osso, per cui tessuto osseo è selettivamente aggiunto
e rimosso dalle superfici già formate in modo da ottimizzare la geometria dell’osso. Nel
modellamento vi deve essere attivazione di osteoclasti e conseguente riassorbimento di osso, e
di osteoblasti, con deposizione di nuovo osso, ma questo non avviene nello stesso posto; questo
processo ha termine alla fine dell’accrescimento. Nel rimodellamento invece la sequenza
attivazione-riassorbimento-deposizione è contigua: il rimodellamento rimuove e sostituisce
pacchetti discreti e misurabili di osso. C’è spesso accoppiamento fra l’attività di osteo -blasti e clasti, che assicura il bilancio dell’osso. In condizioni patologiche questo bilancio è perduto.
Il numero di BMU (basic multicellular unit) in un determinato volume di tessuto dipende da
vari fattori. Il primo è la “frequenza di nascita” di nuovi BMU o frequenza di attivazione (Ac.f); un
secondo fattore dipende dalla velocità con cui un BMU attraversa l’intero strato osseo ed è
chiamato fattore sigma. In media questo è di 120 giorni.
Osteoblasti e osteoclasti si sistemano in
strutture anatomiche transitorie chiamate
BMU (basic multicellular units), che
presentano gruppi di osteoblasti che
riassorbono l’osso nel margine del
caratteristico cono di taglio e sono seguiti
da osteoblasti che si allineano nel cono di
chiusura e depositano strati di nuovo osso
in direzione centripeta per riempire la
galleria scavata dagli osteoclasti. L’osso
nuovo non è mineralizzato (osteoide, in blu)
e incorpora progressivamente minerale
(nero). La riga rossa rappresenta un
capillare, che segue la formazione del BMU
e fornisce nuovi osteoclasti.
b) Micrografia in sezione traversa di osso lungo. Il modellamento produce lo strato esterno di
osso primario, indicato dalla stella verde. Il successivo rimodellamento lascia osteoni, a forma di
ciambella (frecce gialle) (ingrandito in c). Strutture rimodellate complete sono visibili sulla
superficie endocorticale (frecce rosse)
Il gruppo di osteoclasti che si allinea sul cono di taglio deriva da cellule staminali ematopoietiche
che si trovano nel midollo e nella milza. L’osteoclastogenesi comincia quando una cellula
staminale ematopoietica è stimolata a generare cellule mononucleate che diventano
preosteoclasti ed entrano nel torrente circolatorio. Specifici enzimi provocano questa
trasformazione. Queste cellule precursori escono dal circolo vicino al sito da riassorbire e si
fondono insieme formando un osteoclasto multinucleato immaturo, per la cui formazione è
necessario M-CSF (macrophage colony stimulating factor) e il “receptor activator of nuclear
factor κB (RANK-L)”, un membro della famiglia dei tumor-necrosis factor. Viene
contemporaneamente espressa la “tartrate-resistant acid phosphatase (Trap)”, che sarà alla base
del riassorbimento osseo. La trasformazione in osteoclasto maturo avviene sotto il controllo di
altri enzimi specifici, ma il RANK-L continua a giocare un ruolo essenziale. L’osteoclasto maturo si
attacca alla matrice, pompa ioni H+ che solubilizzano la componente minerale e poi c’è la
degradazione proteolitica della matrice organica.
Lo sviluppo degli osteoblasti segue una via completamente diversa: comincia con la
proliferazione locale di cellule staminali del mesenchima che risiedono nel midollo osseo in loco
(e nel periosteo). Sono espressi una serie di fattori di trascrizione che indirizzano le cellule
staminali verso il fenotipo osteoblastico, anziché formare adipociti, miociti o condrociti.
Comincia ad essere secreto collagene tipo I e osteocalcina (OC) e un enzima fondamentale, la
fosfatasi alcalina.
Formazione di osteoclasti e osteoblasti. (a) gli osteoclasti derivano da precursori ematopoietici
nel midollo, milza, fegato. Arrivano con il sangue nel sito da riassorbire e si fondono in un
policarion: cominciano ad esprimere TRAP, recettore della calcitonina e integrina beta-3.
(b) Gli osteoblasti derivano da cellule staminali mesenchimali; esprimono collagene I e
sialoproteina dell’osso. Gli osteoblasti sono incorporati nella matrice e diventano osteociti
La formazione di osteoclasti in vitro da cellule stromali richiede il contatto con altre cellule di
origine mesenchimale perché queste forniscono RANK-L; si è anche trovato un fattore solubile
chiamato osteoprotegerina (OPG), che è un recettore di RANK-L e ne limita la funzione
sottraendolo ai recettori sull’osteoclasto. Quindi le cellule stromali possono controllare
l’osteoclastogenesi aumentandola con RANK-L o inibendola con OPG. Il sistema RANK-L/OPG è il
bersaglio degli ormoni che controllano l’osteogenesi (parathyroid hormone, prostaglandins,
interleukins, vitamin D3, corticosteroids)
Il carico meccanico ha una profonda influenza sul rimodellamento dell’osso la mancanza di
carico provoca un aumento del turnover con prevalenza di riassorbimento, mentre il
sovraccarico danneggia il tessuto e stimola il rimodellamento. Il turnover di tessuto osseo ha lo
scopo di rimpiazzare e rimuovere il tessuto lesionato: gli osteoclasti si radunano preferibilmente
nelle regioni colpite da microtraumi. Se i danni si accumulano più rapidamente di quanto
avvenga la riparazione, si formano microfessure che si possono propagare fino a formare
fratture. Il rimodellamento è preceduto da morte programmata degli osteociti (apoptosi). Gli
effetti del carico sul rimodellamento seguono una curva a U; in un determinato intervallo di
carico il rimodellamento è al minimo.
Il turnover dell’osso (rimodellamento) aumenta in condizioni di disuso (rosso) e di uso ecessivo
(arancio). Nell’intervallo fisiologico il rimodellamento è ridotto al minimo. Nel periosteo invece il
rimodellamento è assente nel disuso e aumenta molto nel sovraccarico
(a) RANK-L prodotto da cellule dello stroma stimola l’osteoclastogenesi legandosi a recettori
RANK sull’osteoclasto. Riduzione di RANK-L o inibizione da parte di OPG blocca la
generazione di nuovi osteoclasti e provoca l’apoptosi di quelli esistenti.
(b) Le cellule stromali controllano il riassorbimento dell’osso da parte degli osteoclasti in
risposta a vari stimoli regolando l’espressione di RANK-L e OPG. La cellula stromale funziona
quindi come un reostato nella regolazione dei processi di riassorbimento
Simulazione dell’effetto dell’esercizio sull’ulna di un ratto. Il carico assiale provoca la curvatura
laterale dell’osso: la superficie mediale è in compressione e quella laterale in tensione. È evidente la formazione di nuovo osso sulle superfici mediale e laterale. Carico assiale applicato per 3
min/day, 3 days/week, for 16 weeks aumenta la resistenza del 64%, con un aumento del 94%
dell’energia necessaria a fratturare l’osso, mentre l’aumento di contenuto minerale è solo del 7%
Differenti architetture trabecolari nel collo del femore. L’angolo
fra l’asse e il collo è in genere compreso fra 135° e 130° (b), ma
in alcuni soggetti supera i 140° (a) o è inferiore a 110° (c). Le
forze dovute al cammino provocano spinte sull’osso trabecolare
del collo. Nell’anca normale le forze sono compressive (linea blu)
in basso e tensili in alto (linea rossa): gli elementi trabecolari
sono allineati con le direzioni principali del carico e più compatte
dove esso è maggiore. In (c) le forze tensili e compressive si
invertono e gli elementi trabecolari si allineano lungo queste
forze. L’osso trabecolare diventa così anisotropo e aumenta la
sua capacità di resistere alle forze senza aumentare la massa
Formazione di osso periosteo in funzione del carico applicato e della frequenza della
stimolazione meccanica. La soglia per iniziare la deposizione di nuovo osso si riduce
aumentando la frequenza e l’accrescimento è molto più ripido in funzione del carico.
La massa della tibia di ratti (pallini pieni) e dell’ulna di tacchino (triangoli) aumenta dopo
l’applicazione di un carico, ma l’effetto anabolico del carico si satura aumentando il numero di
cicli di carico. L’effetto si esaurisce dopo 40 cicli al giorno
Formazione di osso sulla superficie endocorticale di tibia di ratto dopo l’applicazione in 4 stadi di
90 cicli di carico ogni secondo giorno, ad intervalli diversi: le formazione di osso aumenta
aumentando la distanza fra i cicli, ma l’effetto si satura dopo 4 ore
Carichi in progressiva diminuzione (sinistra) o
aumento (destra) per gruppi di 5 settimane. Il carico
totale è uguale: in entrambi i casi c’è un aumento della
resistenza al carico (ordinate), ma l’aumento è 4 volte
maggiore per i carichi decrescenti. Questo dimostra
che l’influenza maggiore sulla formazione di osso è
esercitata dallo stimolo iniziale. In un altro
esperimento un gruppo è stato caricato per 15
settimane consecutive mentre un altro ha avuto un
intervallo di 5 settimane fra le prime 5 e le ultime 5.
Questo gruppo, anche se è stato caricato molto meno
(10 sett. anziché 15), ha accumulato più osso. Quindi
una pausa nel carico sopprime gli effetti
dell’adattamento cellulare e ristabilisce la meccano
sensibilità
Sezioni traverse di ossa metacarpali di cane dopo 40 settimane di disuso. Nelle ossa di cani
giovani è soppressa la formazione di osso periosteo; in quelle dei cani adulti vi è
un’accelerazione del riassorbimento e rimodellamento degli strati endocorticale e
trabecolare (non mostrato); è anche aumentata la porosità corticale
Variazioni della mineralizzazione ossea dopo 17
settimane di bed rest: la perdita di massa ossea è
soprattutto concentrata nelle estremità inferiori: La
perdita non è significativa nelle braccia e nel torace,
mentre c’è un aumento nel cranio. La distribuzione
delle variazioni di massa ossea riflette le variazioni
contemporanee della pressione del liquido interstiziale
dovute alla posizione supina prolungata.
Le attività quotidiane espongono lo scheletro a carichi ciclici con forze molto inferiori a quelle di
rottura, ma l’osso è esposto a danni irreversibili da affaticamento, che provocano microscopiche
fessure. Ci sono quattro tipi di lesione: microfessure lineari, piccole rotture a reticolo
(tratteggio), danno diffuso e fratture complete delle trabecole. Le lesioni aumentano con l’età
soprattutto nelle femmine.
Nella figura: microlesioni in una trabecola. Le frecce indicano (da sinistra) una microfessura,
tratteggio e danno diffuso
Si formano microlesioni anche per sollecitazioni
meccaniche fisiologiche e si accumulano con il
continuare delle sollecitazioni: l’osso perde
progressivamente resistenza e predispone a
fratture. Questa situazione è comune in atleti
che subiscono carichi ripetitivi. L’osso però ha
una capacità innata di riparare il danno da fatica
attraverso rimodellamento coordinato da parte
di BMU: gli osteoclasti rimuovono osso
danneggiato e gli osteoblasti lo sostituiscono
con nuovo osso.
La riparazione delle lesioni non avviene a caso
ma è indirizzata ai siti di lesione
Una microfessura interstiziale (due frecce) si
trova nel cammino di osteoclasti sul cono di
taglio di un BMU. Questo si sposta nella
direzione della microfessura ad indicare che è
indirizzato alla rimozione della microlesione
L’osso può resistere a 4-10 milioni di cicli di carico; pertanto non basta il danno osseo per
spiegare il tempo relativamente breve in cui si formano frattura da fatica. Quindi si ritiene che il
processo di rimodellamento di per se sia una concausa delle fratture perché provoca un
aumento transitorio della porosità, aggravando le conseguenze del danno se il sovraccarico
continua.
Nella figura:
Osso corticale di ratto adulto: associazione spaziale fra (a) microlesione (Mdx) e osteociti in
apoptosi e (b) una cavità di riassorbimento con osteociti apoptotici, che indica una relazione fra
l’apoptosi provocata dal danno tessutale e l’inizio di un nuovo BMU
Modello fisiologico della frattura da fatica.
Quando un osso lungo è caricato in
compressione longitudinale, il carico si
trasmette lungo lo strato corticale e provoca
una spinta (stress) cui consegue deformazione
(strain), che è inversamente proporzionale al
modulo elastico (resistenza meccanica)
dell’osso. In condizioni di carico fisiologico, il
danno e la sua riparazione sono in equilibrio.
Ma se la formazione del danno aumenta
improvvisamente, per aumento improvviso
della frequenza e dell’entità del carico, il danno
si accumula interrompendo la normale
funzione della rete degli osteociti (via a), e
questi entrano in apoptosi. L’apoptosi degli
osteociti provoca ulteriore rimodellamento. Il
transitorio aumento della porosità che ne
consegue, insieme al danno stesso, riducono la
resistenza e aumentano la deformazione,
aumentando il danno (via b). Se il sovraccarico
continua può verificarsi un aumento rapido e
incontrollato del danno e del rimodellamento,
che si alimentano a vicenda fino a provocare la
frattura dell’osso
Risposta generale non lineare di un sistema che simula lo sviluppo delle fratture da carico:
il danno (in figura), la frequenza di attivazione, la porosità e la deformazione seguono tutti
gli stessi profili (i numeri si riferiscono a cicli per giorno). Sopra un livello critico (321), con
l’aggiunta di un solo ciclo (322) il modello diventa instabile. Quindi ci può essere un carico
soglia al di sopra del quale le fratture da carico si sviluppano rapidamente.
Il carico meccanico stimola risposte da parte degli osteociti, che probabilmente non sono dirette
ma sono dovute a variazoni del flusso di liquidi causate dal carico.
Evidenziazione di mRNA: (a) dopo applicazione di carico (b) scarico
Il carico
meccanico non
influenza
direttamente gli
osteociti, ma
provoca
spostamenti di
liquido
extracellulare
contenuto nelle
lacune ed è
questo
movimento che
stimola le cellule
Modello della meccano trasduzione nell’osso. Lo scivolamento di liquido sugli osteociti (OCY)
provoca un ingresso di Ca2+ attraverso canali voltaggio (V) e forse meccano (M) sensibili,
aumenta anche la liberazione di ATP, che si lega a recettori purinergici (P2X, P2Y), portando alla
liberazione di PGE-2, che legandosi a recettori EP stimola la formazione di osso. È coinvolto
anche PTH ma non si sa come. È importante anche la via Wnt-catenina. La pressione nella cavità
midollare o le forze di taglio sulle cellule stromali (MSC) stimolano NOS e liberazione di NO, che
è un forte inibitore del riassorbimento osseo e probabilmente inibisce RANK-L
The Effect of Exercise Training Programs on Bone Mass: A Metaanalysis of Published
Controlled Trials in Pre- and Postmenopausal Women
I. Wolff, J. J. van Croonenborg, H. C. G. Kemper, P. J. Kostense and J. W. R. Twisk
Osteoporos Int (1999) 9:1–12
Programmi di allenamento fisico hanno la possibilità di prevenire o di invertire la perdita di osso
nella colonna lombare, nel collo del femore in donne pre o post menopausa. L’effetto è
modesto, ma costante e di importanza clinica, ammontando a circa 0,9% per anno di attività.
Effects of Exercise Training on Bone Remodeling, Insulin-Like Growth Factors, and Bone
Mineral Density in Postmenopausal Women With and Without Hormone Replacement
Therapy
L. A. Milliken, S. B. Going, L. B. Houtkooper, H. G. Flint-Wagner, A. Figueroa, L. L. Metcalfe, R. M. Blew, S. C. Sharp, T. G. Lohman
Calcif Tissue Int (2003) 72:478–484
La terapia ormonale sostitutiva (HRT) migliora la densità ossea (BMD) e la combinazione con
l’esercizio la migliora ulteriormente (non al collo del femore). L’esercizio nelle donne senza HRT
cambia poco BMD. Il rimodellamento dell’osso si blocca con HRT, anche senza esercizio, mentre
l’esercizio da solo non modifica il rimodellamento.
Applicazione di compressione meccanica a colture di tessuto cartilagineo: se è
statica inibisce la sintesi di PG e proteine; se è dinamica stimola la produzione di
matrice. Il carico applicato si trasmette a tutti gli elementi del tessuto.
In un modello di dischi cartilagini di vitello neonato sottoposti ad una compressione
del 3% la sintesi di PG diminuiva del 45% in 2 ore, mentre l’aggiunta di IGF-1
raddoppiava la sintesi di PG in 24-48 ore. L’applicazione combinata portava ad
un’iniziale inibizione della sintesi seguita da un incredibile aumento dopo 24 ore.
Quindi gli effetti della compressione sono bimodali. Il ricupero dopo la rimozione
della compressione è lento.
Rappresentazione schematica dei carichi sulla cartilagine articolare. La compressione
dinamica della matrice extracellulare deforma le cellule e la matrice e provoca gradienti di
pressione idrostatica e flusso di liquido interstiziale. La convezione di liquido e la
separazione di controioni dai gruppi fissi di cariche sui proteoglicani fa sorgere correnti
ioniche e differenze di potenziale. Tutte queste modificazioni non si producono con la
deformazione del tessuto per scivolamento.
La compressione statica deforma direttamente le cellule. L’inibizione della biosintesi
durante compressione statica comincia dopo solo un’ora e riprende due ore dopo la
rimozione della compressione. In presenza di IGF-1 però la biosintesi riprende dopo
l’iniziale inibizione. La compressione dinamica provoca correnti di liquido e campi elettrici
che stimolano la biosintesi in maniera coerente con la direzione degli stimoli.
Nell’osteoartrite le forze di compressione sulle cartilagini sono alterate, provocando
perdita di proteine e in particolare di collagene e ritenzione di acqua. Le proprietà fisiche
dei proteoglicani non sono compromesse, ma la capacità delle cellule di riparare le lesioni
è ridotta.
La compressione statica
stimola la produzione di
mRNA ma blocca la
produzione di proteine: le
relazioni sono quindi
complesse
La compressione statica altera profondamente gli organelli
intracellulari e l’apparato di Golgi. Questo spiega
l’alterazione della produzione proteica (collagene ed enzimi).
a) basso e b) alto ingrandimento di un condrocita sotto
compressione del 20%: morfologia anisotropa ordinata del
reticolo endoplasmatico rugoso, mentre senza compressione
la distribuzione è meno anisotropa e più disordinata. c)
visualizzazione dell’apparato di Golgi con colorazione di
proteine specifiche (sulfotransferasi).
Nell’osteoartrite la composizione della matrice cartilaginea è molto alterata, tanto che il
tessuto si indebolisce sicché l’attrito meccanico dei movimenti articolari erode le superfici.
Molte sono le famiglie di proteasi responsabili di queste aletrazioni: metalloproteinasi,
proteinasi seriniche e aggrecanasi. È possibile che le vie enzimatiche siano modificate dalla
compressione meccanica. Studi sperimentali su dischi di cartilagine sottoposti a
compressione controllata rivelano che lo stimolo meccanico altera l’ECM, compromettendo
acutamente la funzione del collagene e accelerando il degrado proteico da parte di enzimi
liberati dalle cellule. Determinati livelli di compressione danno inizio all’apoptosi cellulare,
indebolendo la capacità della cartilagine di rigenerarsi
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