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La gestione del dolore
PIA FONDAZIONE DI CULTO E RELIGIONE CARD. G. PANICO Polo Didattico Formativo Università degli Studi di Bari sede Corsi in Scienze Infermieristiche e Fisioterapiche CORSO DI LAUREA IN SCIENZE INFERMIERISTICHE GENERALI E CLINICHE Docente: Dott.ssa Sr. Filomena Nuzzo ANNO ACCADEMICO - 2015-2016 1 Il rispetto della vita e della persona umana presuppone che noi riconosciamo l’individuo e la sua sofferenza, ma anche che agiamo facendo ciò che può essere utile alla sua scomparsa. Il rispetto della dignità chiede che nessuno sia afflitto da dolori inutili ed evitabili. “Prevenire e valutare la sofferenza e lo sconforto delle persone e partecipare al loro sollievo” 2 Questo é il nostro principale scopo ricordiamoci che il Codice Deontologico obbliga “il medico a sforzarsi nell’alleviare le sofferenze del suo paziente”. Inoltre deve esserci tutta un’équipe insieme in questa lotta. La terapia del dolore rappresenta, peraltro, un esempio di collaborazione tra infermieri, medici, psichiatri, fisioterapisti, neurologi, psicologi, operatori sociali, familiari ... “Proteggere, mantenere, ripristinare e promuovere la salute delle persone o l’autonomia delle loro funzioni vitali, fisiche e psichiche, tenendo conto della personalità di ognuno di essi, nelle componenti psicologica, sociale, economica e culturale” 3 Sappiamo che una persona che soffre non é più se stessa, è difficile conservare un equilibrio psicologico soddisfacente quando il dolore si insinua e diventa duraturo; senza parlare delle limitazioni che esso impone all’autonomia fisica. Sottolineiamo anche, “tenendo conto della personalità nella sua componente culturale”, che non bisogna disprezzare il dolore di colui che, per le sue radici culturali, lo esprime con forza, e con continuità. “Partecipare alla raccolta delle informazioni e ai metodi che saranno utilizzati dal medico per stabilire la diagnosi”. 4 Insistiamo soprattutto sulla raccolta di informazioni; ciò costituisce spesso un problema. Certi pazienti prostrati per tutta la mattinata appariranno, perfettamente rilassati al momento delle visite dei familiari fatte più tardi; altri, al contrario, manifesteranno dolore solo alla vista dei membri della loro famiglia; altri ancora riserveranno i loro pianti esclusivamente all’infermiere e non ammetteranno mai di essere stati male quando il medico effettuerà la sua visita. Non bisogna dimenticare nessun pianto, poiché noi non possiamo giudicare ciò che prova colui che soffre; solo lui è in grado di dirlo e noi non abbiamo il diritto di censurarlo. 5 Comprendere il dolore: esperienza soggettiva di un disordine fisico. Qualunque sia il meccanismo iniziale (somatico, neurologico o psicologico), il dolore propriamente detto costituisce in tutti i casi un’esperienza soggettiva, un fenomeno neuropsicologico, centrale. La classica dicotomia somatico/psicologico può eventualmente riguardare il meccanismo generatore (l’eziologia) ma non il fenomeno dolore in sé stesso. L’Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore (IASP) propone di definire il dolore come “un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata ad un pericolo tissutale presente o potenziale, o descritto in termini di potenziale danno”. 6 Componente sensorio- discriminativa La componente meccanismi sensorio- discriminativa corrisponde ai neurofisiologici che permettono la decodificazione della qualità (scarica elettrica, torsione, ustione, ecc..), dell’intensità della e della durata (breve, localizzazione continua, dei …) messaggi nocicettivi. 7 Componente affettivo - emozionale Se il dolore occupa un posto speciale tra le percezioni, è soprattutto la sua componente affettiva particolare che fa parte integrante dell’esperienza dolorosa e gli conferisce la sua tonalità spiacevole, aggressiva, penosa, difficilmente sopportabile. Essa, infatti, è determinata non solo dalla causa stessa del dolore, ma anche dal suo contesto. Il significato della malattia, l’incertezza della sua evoluzione, sono anch’essi fattori che vanno a modulare il vissuto doloroso. 8 Tutte le figure che prestano cura al sofferente debbono essere in grado di comprendere il malato e l’ insieme di fattori psico-sociali suscettibili di peggiorare o mantenere il dolore oncologico e non. In alcuni casi la collaborazione con lo psicologo o con lo psichiatra diventa auspicabile. La difficoltà sta allora nel fare accettare la strategia al malato. La richiesta di consulenza psichiatrica o psicologica nel malato con dolore non deve essere interpretata come prova che si pensi ad un dolore “immaginario”. L’invio è semplificato quando lo psichiatra è presentato come colui che conosce bene certi farmaci analgesici (antidepressivi) o che conosce un certo numero di tecniche di controllo del dolore (rilassamento, ipnosi…), e questo per i pazienti reticenti che sono spesso quelli che hanno problemi psicologici. 9 La relazione con il paziente che ha dolore Il primo contatto con un paziente con dolore cronico può essere delicato perché si ha a che fare con la sua aggressività, con i sentimenti di frustrazione e con la sfiducia che trapela dalle sue parole. La relazione è sempre facilitata quando l’operatore sanitario mostra chiaramente al paziente di credere al suo dolore e che prova empatia nei suoi confronti. Credere al dolore non significa accettare tutte le concezioni del malato sul suo stato o sulla natura del dolore: bisogna saper spiegare che le cause non sono univoche e far condividere un modello di rappresentazione del problema che renderà legittima la strategia terapeutica. In ogni caso, il colloquio con il malato con dolore cronico non può essere concepito in un’atmosfera di urgenza: bisogna saper essere disponibili ad ascoltare e a creare un clima di confidenza indispensabile per una relazione di qualità. 10 DIFFERENTI TIPI DI DOLORE Esistono vari tipi di dolore che si possono classificare secondo: Il meccanismo fisiopatologico (da eccesso di nocicezione, neurogeno, psicogeno). La durata dell’evoluzione (acuto, cronico). Il tipo di patologia in causa (maligna o benigna). Meccanismo fisiopatologico Il percorso diagnostico deve permettere di precisare non soltanto l’esistenza e la natura del processo patologico in causa, ma anche di comprendere il meccanismo che genera il dolore. Anche se numerosi meccanismi fisiopatologici non sono ancora perfettamente compresi, la distinzione dei principali tipi di meccanismo conserva un valore operativo, sia per la valutazione che per le decisioni terapeutiche. 11 La durata dell’evoluzione Dolori acuti e cronici: l’importanza del fattore tempo Il dolore acuto, di recente insorgenza, può essere considerato come un utile segnale di allarme. Esso impone un percorso diagnostico indispensabile che permetterà di precisare l’origine somatica o meno del dolore. 12 Tipo di patologia in causa Origine oncologica o non-oncologica La nozione di dolore cronico è importante per sottolineare le differenze con il dolore acuto. I dolori cronici, tuttavia, non costituiscono un gruppo omogeneo e bisogna considerare almeno due diverse categorie: • Dolori legati ad una patologia evolutiva maligna (cancro, aids) • Dolori cronici non maligni, talvolta impropriamente chiamati “benigni”, legati ad una patologia poco o affatto evolutiva (lesione post- traumatica, lombalgia, lesione nervose...) 13 Il dolore legato alla progressione di una neoplasia si avvicina a quello acuto persistente. Ciò è confermato dal fatto che la morfina rappresenta la terapia cardine in entrambi i casi. I dolori cronici, oncologici e non , hanno in comune il fatto di essere distruttivi per l’individuo ed è per questo che vanno curati. In entrambi i casi è indicato procedere con una valutazione globale, somatica e psicologica. 14 VALUTAZIONE DEL DOLORE Medici ed infermieri sono chiamati quotidianamente a valutare l’intensità del dolore dei pazienti. Si può misurare quantitativamente un fenomeno assai soggettivo e multifattoriale come il dolore altrui? Riconoscere l’esistenza di un dolore è già importante ma la sua misurazione è una tappa essenziale ed indispensabile per trattare efficacemente un paziente doloroso. 15 Il dolore è un fenomeno soggettivo, complesso, multifattoriale, multidimensionale che nessuna misura oggettiva potrà mai quantificare realmente. Ogni paziente sarà testimone di se stesso , e inutili si possono rilevare le valutazioni comparative. La valutazione dell’intensità del dolore non può essere concepita se non all’interno di un processo più ampio che valuti l’insieme della sintomatologia dolorosa. Queste valutazioni si basano su un approccio esaustivo di cui enunceremo le tappe fondamentali: Interrogare il malato (e la sua famiglia); Esame clinico e soprattutto neurologico; Indagini funzionali; Valutazione del comportamento e dell’autonomia; 16 Percorso di valutazione Qual é il tipo di dolore? Si tratta di un dolore acuto “sintomatico”, vero ed utile segno di allarme che orienta verso una diagnosi: dolore post-traumatico, post- operatorio, primo segno di una malattia? In tale caso si tratta di un dolore che scomparirà dopo il trattamento della sua causa e che risponderà alla terapia analgesica classica. Si tratta, al contrario di un dolore cronico, esso stesso malattia, che esprime le conseguenze di una lesione periferica o centrale o di un cancro infiltrante ? Questo tipo di dolore è inutile e distruttivo per il paziente; è una malattia totale, multifattoriale ed auto aggravante in seguito alle alterazioni comportamentali e alla depressione che questo comporta. 17 Le scale di autovalutazione Tali scale sono dette unidimensionali poiché valutano una sola dimensione del dolore: la sua intensità misurata dal paziente. Le scale unidimensionali Esistono diverse scale in grado di misurare globalmente l’intensità del dolore o il suo sollievo: la scala verbale semplice (VRS); la scala numerica (NS); la scala analogica-visiva (VAS); 18 • La VRS ( scala verbale semplice) è la più utilizzata e prevede 4 o 5 categorie alle quali corrispondono un punteggio che va da 0 a 4 • La scala numerica NS. permette al malato di dare un numero al dolore da 0 a 10 (o 100). Il numero 0 vuol dire assenza di dolore, il numero 10 esprime il massimo dolore immaginabile. • La VAS ( scala analogica-visiva)si presenta graficamente sotto forma di una linea orizzontale di 100mm , orientata da sinistra a destra. Le due estremità della linea sono definite da “dolore assente” e dal “massimo dolore immaginabile”. Il paziente risponde ponendo una croce sulla linea; la distanza tra la posizione della croce e l’estremità “dolore assente” rappresenta l’intensità del dolore in quel momento e permette di approntare una adeguata terapia. 19 20 21 Misurazione del dolore 10 10 5. Atroce 4. Forte 3. Moderato 2. Lieve 1. Assente 0 0 22 Farmaci attualmente disponibili per il trattamento del Dolore FANS Oppioidi Anestetici Locali 23 I FANS Le principali proprietà farmacologiche sono: • Azione antinfiammatoria • Azione antipiretica • Azione analgesica 24 Effetti collaterali di tutti i FANS Disturbi gastrointestinali Inibizione aggregazione piastrinica Alterazioni della funzionalità renale Reazioni pseudoallergiche 25 FANS Paracetamolo (PRO-EFFERALGAN) AC. ACETILSALICILICO Ketorolac Trometamina 30 mg ( TORADOL) 26 OPPIOIDI 1. Effetti collaterali • Nausea e vomito • Miosi • Sedazione • Rigidità muscolare • Stato confusionale • Ritenzione urinaria • Ipotensione • Bradicardia • Prurito • Riduzione motilità intestinale 27 OPPIOIDI 2. Effetti collaterali 1. DEPRESSIONE RESPIRATORIA Poco frequente Assai temuta Come evitarla: Controllo stato di sedazione Controllo della frequenza respiratoria Evitare o porre molta attenzione ad associare: Benzodiazepine Antiistaminici Alcuni antiemetici 28 MORFINA • Maggior efficacia analgesica • Metabolizzazione epatica • Eliminazione renale • Somministrazione orale, rettale, IM, SC, EV, epidurale, spinale 29 La morfina Il dolore può: · rispondere alla morfina, es. dolore nei tessuti molli · rispondere parzialmente alla morfina, es. dolore osseo · non rispondere alla morfina, es. dolore neuropatico Tuttavia la risposta può essere talvolta imprevedibile. Effetti collaterali della morfina 30 Tossicità da morfina Costituiscono segni di tossicità da morfina: Confusione Sedazione Pupille ristrette Depressione respiratoria Se gli spasmi muscolari vengono scambiati per dolore, con un conseguente aumento nel dosaggio della morfina, essi peggiorano. Questo può dar luogo ad una spirale di ansia per la famiglia e ad un diminuito benessere del paziente. La somministrazione di antagonisti degli oppioidi, come il Naloxone, provoca un immediato annullamento di tutti gli effetti degli oppioidi compresa l’analgesia. 31 Oppioidi forti alternativi alla morfina: 1. Diamorfina (eroina) Per i pazienti che non sono più in grado di assumere preparazioni orali di morfina, potrà essere necessario passare alla Diamorfina somministrata come infusione sottocutanea continuata. 32 2. Fentanyl transdermico Il cerotto transdermico di Fentanyl è indicato per i pazienti che hanno bisogno di un trattamento alternativo ad altri tipi di somministrazione. Il controllo del dolore del singolo paziente va graduato utilizzando un preparato orale di morfina, per stabilire il fabbisogno di morfina in mg. In seguito va convertito in un dosaggio appropriato di Fentanyl (dosaggio espresso in mcg/ora) secondo la scala seguente: I cerotti di Fentanyl sono disponibili nei seguenti dosaggi: 33 La loro durata di azione è di 72 ore; pertanto vengono sostituiti ogni tre giorni. Nota bene: 1. La prima applicazione potrà richiedere 12 o più ore per raggiungere livelli analgesici adeguati 2. Assicurare una adeguata dose analgesica al bisogno per il dolore per questo periodo (come pure in seguito nel caso di un peggioramento del dolore). 3. Durante il cambiamento della terapia in atto con Fentanyl i pazienti possono talvolta accusare sintomi di astinenza dalla morfina. Di solito questi sintomi spariscono con la somministrazione di una o due dosi al bisogno di morfina. 4. La somministrazione di Fentanyl può essere continuata durante la fase terminale. Un aumento di dolore in questa fase può essere gestito con l’addizione di Diamorfina per via sottocutanea in infusione continua 5. Se occorre ridurre o cessare la somministrazione di Fentanyl, tener presente che il suo effetto perdura per più di 24 ore. 34 STRATEGIE GENERALI PER LA GESTIONE DEGLI EFFETTI COLLATERALI DEGLI OPPIACEI NEL POST-OPERATORIO Per ridurre l’incidenza degli effetti collaterali degli oppiacei è consigliato: • Ottimizzare le dosi dei farmaci impiegati. • Favorire il metabolismo e l’eliminazione. • Ripianificare lo schema terapeutico globale riducendo l’ eventuale associazione con altri farmaci. 35 Analgesia per via peridurale Farmaci • Oppioidi • Anestetici locali • Associazione anestetici locali e oppioidi 36 Analgesia per via peridurale Controindicazioni Personale sanitario (medico e infermiere ) non adeguatamente preparato Rifiuto del paziente Controindicazioni al posizionamento di un ago o di un catetere peridurale: Sepsi Disturbi della coagulazione Ipotensione Malattie del SNC (es. sclerosi multipla) Puntura accidentale della dura 37 Analgesia tradizionale 1 5 2 4 3 38 COMPITI DEGLI INFERMIERI E GESTIONE DEL DOLORE Non è superfluo ricordare l’importanza del ruolo dell’infermiere nel trattamento del dolore. La professione di infermiere riveste, in ambito legislativo, due ruoli : il ruolo prescritto e quello proprio. Nel paziente con dolore è importante rispondere ai suoi bisogni fondamentali tenendo conto del suo dolore. 39 Noterà, una volta instaurato un rapporto di fiducia, la descrizione del dolore, le sue influenze sulla vita sociale e sulla famiglia, oltre al posto che la patologia occupa nella sua vita. Riuscire ad ottenere l’adesione del malato alle cure proposte esprime la riuscita o meno delle azioni terapeutiche, ed è spesso necessaria la combinazione di più trattamenti. 40 Infine, l’infermiere non dimenticherà di essere terapeuta grazie al rapporto con il malato, questo rapporto privilegiato, chiamato relazione di aiuto che vogliamo maggiormente sviluppare , e che è particolarmente importante nel soggetto con dolore cronico. 41 L’ascolto attivo nella relazione di aiuto Per praticare l’ascolto attivo nella relazione di aiuto bisogna sapere : Tacere : per lasciare al paziente il tempo di parlare e di entrare in comunicazione con se stesso, per permettergli di esprimere ciò che sente (il malato parla nell’80% dei casi). Bisogna fargli capire che si comprende il messaggio dato. Il modo di fare deve essere disponibile, tranquillo, in accordo con ciò che si ha piacere di comunicare. 42 Invitare il paziente a parlare : Trasmettergli in maniera attiva la nostra disponibilità ad ascoltarlo, attraverso uno sguardo, un segno, una parola : « sono qui per parlare con lei ». Proporre al paziente delle domande aperte : talvolta la comunicazione inizia gradualmente : « come si sente ? » ; come funziona ? che c’è ? chi ? di cosa ? dove siete ? 43 Scegliere parole che tocchino sia la sfera sentimentale sia quella emotiva, sia quella dei pensieri sia quella della speranza e dell’immaginazione, sia quella del corpo e del suo dolore. Effettuare chiarificazioni e verifiche : bisogna verificare quello che dice il paziente da quello che dicono gli altri. Utilizzare la decodificazione e la ripetizione : si tratta di ridire alla persona in difficoltà quello che noi crediamo di percepire del suo dolore. 44 Di fronte alla sofferenza del malato è necessario, per noi operatori, saper scoprire i suoi comportamenti dettati dal dolore, particolarmente nel paziente con dolore cronico : si trova in fase di rifiuto, di ribellione … è depresso, o sta evolvendo verso l’accettazione ? 45 Il controllo del dolore migliora la qualità della vita (poter tornare a vivere nella propria casa con la pompa di morfina in grado di alleviare il dolore!). Quando non esiste più alcuna ragionevole speranza di guarigione bisogna, infine saper ascoltare l’angoscia di chi sta per morire visto che anche questa rappresenta un dolore. In questo caso il nostro paziente non avrà bisogno di analgesici: egli non avrà dolore, … starà male. I soli “farmaci” che potremmo utilizzare per curarlo saranno la nostra presenza , il nostro ascolto e talvolta la nostra parola. 46 … Ma quando non è possibile una continuità assistenziale al proprio domicilio ?… 47 Esistono oggi delle realtà assistenziali per le cure palliative e la gestione del dolore, che vengono incontro alle difficoltà della famiglia e del paziente … conducendolo per mano a vivere serenamente e donando il giusto conforto negli ultimi giorni della sua vita … 48 L’HOSPICE 49 La qualità di cure è basata sulle relazioni umane: •Relazione tra assistito e professionisti •Tra assistito e componenti della famiglia •Tra componenti del gruppo terapeutico L’èquipe multiprofessionale Infermiere Fisioterapista Assistente sociale Medico Malato Terminale e Famiglia Psicologo OTA- OSS. Volontario ….. Assistente spirituale L’èquipe multiprofessionale Valutazione multidimensionale del paziente Formulazione di un piano d’intervento Rivalutazione periodica e verifica dell’intervento Definizione e applicazione di strumenti informativi: Protocolli, Scale di Valutazione ,Cartella integrata Audit Clinico ( Strumento di verifica e di correzione, consente di riconoscere e definire le necessità del malato e il raggiungimento degli obiettivi). Programmi di Formazione PROCESSO DI NURSING Assistenza per Compiti!!! L’Infermiere è guidato dai bisogni della persona attraverso un’assistenza PERSONALIZZATA. L’infermiere diventa responsabile della gestione dell’intero insieme delle cure assistenziali erogate al paziente.