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La gestione del dolore

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La gestione del dolore
PIA FONDAZIONE DI CULTO E RELIGIONE CARD. G. PANICO
Polo Didattico Formativo
Università degli Studi di Bari
sede Corsi in Scienze Infermieristiche e Fisioterapiche
CORSO DI LAUREA IN SCIENZE INFERMIERISTICHE
GENERALI E CLINICHE
Docente:
Dott.ssa Sr. Filomena Nuzzo
ANNO ACCADEMICO - 2014-2015
1
Il rispetto della vita e della persona umana presuppone che
noi riconosciamo l’individuo e la sua
sofferenza, ma anche che agiamo facendo ciò che può
essere utile alla sua scomparsa. Il rispetto
della dignità chiede che nessuno sia afflitto da dolori
inutili ed evitabili.
“Prevenire e valutare la sofferenza e lo sconforto
delle persone e partecipare al loro sollievo”
2
Questo é il nostro principale scopo ricordiamoci che il Codice
Deontologico obbliga “il medico a sforzarsi nell’alleviare le
sofferenze del suo paziente”. Inoltre deve esserci tutta un’équipe
insieme in questa lotta. La terapia del dolore rappresenta, peraltro,
un esempio di collaborazione tra infermieri, medici, psichiatri,
fisioterapisti, neurologi, psicologi, operatori sociali,
familiari ...
“Proteggere, mantenere, ripristinare e promuovere la salute
delle persone o l’autonomia delle loro
funzioni vitali, fisiche e psichiche, tenendo conto della
personalità di ognuno di essi, nelle
componenti psicologica, sociale, economica e culturale”
3
Sappiamo che una persona che soffre non é più se stessa, è
difficile conservare un equilibrio psicologico soddisfacente
quando il dolore si insinua e diventa duraturo; senza parlare delle
limitazioni che esso impone all’autonomia fisica.
Sottolineiamo anche, “tenendo conto della personalità nella sua
componente culturale”, che non bisogna disprezzare il dolore di
colui che, per le sue radici culturali, lo esprime con forza, e con
continuità.
“Partecipare alla
raccolta delle
informazioni e ai
metodi che saranno
utilizzati dal medico
per stabilire la
diagnosi”.
4
Insistiamo soprattutto sulla raccolta di informazioni; ciò
costituisce spesso un problema.
Certi pazienti prostrati per tutta la mattinata appariranno,
perfettamente rilassati al momento delle visite dei familiari fatte più
tardi; altri, al contrario, manifesteranno dolore solo alla vista dei
membri della loro famiglia; altri ancora riserveranno i loro pianti
esclusivamente all’infermiere e non ammetteranno mai di essere
stati male quando il medico effettuerà la sua visita. Sarà tentato di
dire: “non sto più male” anche se questo non sopprimerà i suoi
pianti.
Non bisogna dimenticare nessun pianto, poiché noi non possiamo
giudicare ciò che prova colui che soffre; solo lui è in grado di dirlo e
noi non abbiamo il diritto di censurarlo.
5
Comprendere il dolore: esperienza soggettiva di
un disordine fisico.
Qualunque sia il meccanismo iniziale (somatico, neurologico o
psicologico), il dolore propriamente detto costituisce in tutti i casi
un’esperienza soggettiva, un fenomeno neuropsicologico,
centrale. La classica dicotomia somatico/psicologico può
eventualmente riguardare il meccanismo generatore (l’eziologia)
ma non il fenomeno dolore in sé stesso.
L’Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore (IASP)
propone di definire il dolore come “un’esperienza sensoriale ed
emozionale spiacevole associata ad un pericolo tissutale
presente o potenziale, o descritto in termini di potenziale
danno”.
6
Componente sensorio- discriminativa
La componente sensorio- discriminativa corrisponde ai
meccanismi neurofisiologici che permettono la
decodificazione della qualità (scarica elettrica, torsione,
ustione, ecc..), della durata (breve, continua, …)
dell’intensità e della localizzazione dei messaggi
nocicettivi.
Il dolore nocicettivo è il processo in base al quale uno
stimolo lesivo è percepito a livello periferico dai
nocicettori (terminazioni nervose periferiche) e
trasmesso al sistema nervoso centrale e quindi
inquadrato (in termini di localizzazione ed intensità),
potenziato o inibito e infine memorizzato.
7
Componente affettivo - emozionale
Se il dolore occupa un posto speciale tra le percezioni, è soprattutto
la sua componente affettiva particolare che fa parte integrante
dell’esperienza dolorosa e gli conferisce la sua tonalità spiacevole,
aggressiva, penosa, difficilmente sopportabile.
Essa, infatti, è determinata non solo dalla causa stessa del dolore,
ma anche dal suo contesto. Il significato della malattia, l’incertezza
della sua evoluzione, sono anch’essi fattori che vanno a modulare il
vissuto doloroso.
8
Tutte le figure che prestano cura al sofferente debbono essere in
grado di comprendere il malato e l’ insieme di fattori psico-sociali
suscettibili di peggiorare o mantenere il dolore oncologico e non.
In alcuni casi la collaborazione con lo psicologo o con lo psichiatra
diventa auspicabile. La difficoltà sta allora nel fare accettare la
strategia al malato. La richiesta di consulenza psichiatrica o
psicologica nel malato con dolore non deve essere interpretata come
prova che si pensi ad un dolore “immaginario”.
La capacità di invio allo psichiatra è un buon indice di funzionamento
dell’équipe (o della rete).
L’invio è semplificato quando lo psichiatra è presentato come colui che
conosce bene certi farmaci analgesici (antidepressivi) o che conosce
un certo numero di tecniche di controllo del dolore (rilassamento,
ipnosi…), e questo per i pazienti reticenti che sono spesso quelli che
hanno problemi psicologici.
9
La relazione con il paziente che ha dolore
Il primo contatto con un paziente con dolore cronico può essere
delicato perché si ha a che fare con la sua aggressività, con i
sentimenti di frustrazione e con la sfiducia che trapela dalle sue
parole. La relazione è sempre facilitata quando l’operatore sanitario
mostra chiaramente al paziente di credere al suo dolore e che prova
empatia nei suoi confronti.
Credere al dolore non significa accettare tutte le concezioni del
malato sul suo stato o sulla natura del dolore: bisogna saper spiegare
che le cause non sono univoche e far condividere un modello di
rappresentazione del problema che renderà legittima la strategia
terapeutica. In ogni caso, il colloquio con il malato con dolore
cronico non può essere concepito in un’atmosfera di urgenza:
bisogna saper essere disponibili ad ascoltare e a creare un
clima di confidenza indispensabile per una relazione di
qualità.
10
DIFFERENTI TIPI DI DOLORE
Esistono vari tipi di dolore che si possono classificare secondo:
 Il meccanismo fisiopatologico (da eccesso di nocicezione, neurogeno,
psicogeno).
 La durata dell’evoluzione (acuto, cronico).
 Il tipo di patologia in causa (maligna o benigna).
Meccanismo fisiopatologico
Il percorso diagnostico deve permettere di precisare non soltanto
l’esistenza e la natura del processo patologico in causa, ma anche di
comprendere il meccanismo che genera il dolore.
Il trattamento sintomatico deriva per gran parte da una comprensione
soddisfacente di tale meccanismo. Anche se numerosi meccanismi
fisiopatologici non sono ancora perfettamente compresi, la distinzione dei
principali tipi di meccanismo conserva un valore operativo, sia per la
valutazione che per le decisioni terapeutiche.
11
La durata dell’evoluzione
Dolori acuti e cronici: l’importanza del fattore
tempo
Il dolore acuto, di recente insorgenza, può essere
considerato come un utile segnale di allarme. Esso
impone un percorso diagnostico indispensabile che
permetterà di precisare l’origine somatica o meno del
dolore.
12
Tipo di patologia in causa
Origine oncologica o non-oncologica
La nozione di dolore cronico è importante per sottolineare le differenze
con il dolore acuto. I dolori cronici, tuttavia, non costituiscono un
gruppo omogeneo e bisogna considerare almeno due diverse categorie:
• Dolori legati ad una patologia evolutiva maligna (cancro, aids)
• Dolori cronici non maligni, talvolta impropriamente chiamati
“benigni”, legati ad una patologia poco o affatto evolutiva (lesione
post- traumatica, lombalgia, lesione nervose...)
13
Il dolore legato alla progressione di una
neoplasia si avvicina a quello acuto
persistente. Ciò è confermato dal fatto che la
morfina rappresenta la terapia cardine in
entrambi i casi.
I dolori cronici, oncologici e non , hanno in
comune il fatto di essere distruttivi per
l’individuo ed è per questo che vanno curati.
In entrambi i casi è indicato procedere con
una valutazione globale, somatica e
psicologica.
14
VALUTAZIONE DEL DOLORE
Medici ed infermieri sono chiamati quotidianamente
a valutare l’intensità del dolore dei pazienti.
Si può misurare quantitativamente un fenomeno assai
soggettivo e multifattoriale come il dolore altrui?
Riconoscere l’esistenza di un dolore è già importante
ma la sua misurazione è una tappa essenziale ed
indispensabile per trattare efficacemente un paziente
doloroso.
15
Il dolore è un fenomeno soggettivo, complesso, multifattoriale,
multidimensionale che nessuna misura oggettiva potrà mai
quantificare realmente. Ogni paziente sarà testimone di se stesso , e
inutili si possono rilevare le valutazioni comparative.
La valutazione dell’intensità del dolore non può essere concepita se
non all’interno di un processo più ampio che valuti l’insieme della
sintomatologia dolorosa. Queste valutazioni si basano su un
approccio esaustivo di cui enunceremo le tappe fondamentali:
Interrogare il malato (e la sua famiglia);
Esame clinico e soprattutto neurologico;
Indagini funzionali;
Valutazione del comportamento e dell’autonomia;
16
Percorso di valutazione
Qual é il tipo di dolore?
 Si tratta di un dolore acuto “sintomatico”, vero ed utile segno
di allarme che orienta verso una diagnosi: dolore post-traumatico,
post- operatorio, primo segno di una malattia? In tale caso si tratta
di un dolore che scomparirà dopo il trattamento della sua causa e
che risponderà alla terapia analgesica classica.
Si tratta, al contrario di un dolore cronico, esso stesso malattia,
che esprime le conseguenze di una lesione periferica o centrale o di
un cancro infiltrante ? Questo tipo di dolore è inutile e distruttivo
per il paziente; è una malattia totale, multifattoriale ed auto
aggravante in seguito alle alterazioni comportamentali e alla
depressione che questo comporta.
17
Qual è il meccanismo che genera il dolore?
È importante differenziare durante l’esame clinico i tre meccanismi
all’origine del dolore cronico ribelle poiché ciascuno risponde a
differenti approcci terapeutici:
Origine nocicettiva
Origine neurogena
Origine psichica, “sine materia” nel senso che non esista alcuna
lesione tissutale accertabile
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Le scale di autovalutazione
Tali scale sono dette unidimensionali poiché valutano una sola
dimensione del dolore: la sua intensità misurata dal
paziente.
Le scale unidimensionali
Esistono diverse scale in grado di misurare globalmente
l’intensità del dolore o il suo sollievo:
la scala verbale semplice (VRS);
la scala numerica (NS);
la scala analogica-visiva (VAS);
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• La VRS ( scala verbale semplice) è la più utilizzata e prevede 4 o 5 categorie
alle quali corrispondono un punteggio che va da 0 a 4
• La scala numerica NS. permette al malato di dare un numero al dolore da
0 a 10 (o 100). Il numero 0 vuol dire assenza di dolore, il numero 10
esprime il massimo dolore immaginabile.
• La VAS ( scala analogica-visiva)si presenta graficamente sotto forma di una
linea orizzontale di 100mm , orientata da sinistra a destra. Le due estremità
della linea sono definite da “dolore assente” e dal “massimo dolore
immaginabile”.
Il paziente risponde ponendo una croce sulla linea; la distanza tra la
posizione della croce e l’estremità “dolore assente” rappresenta l’intensità del
dolore in quel momento e permette di approntare una adeguata terapia.
20
21
22
Misurazione del dolore
10
10
5. Atroce
4. Forte
3. Moderato
2. Lieve
1. Assente
0
0
23
Dolore post-operatorio
E’ un dolore acuto presente nel
paziente chirurgico per malattia
preesistente, per l’intervento
chirurgico o per combinazione tra
malattia preesistente e procedura
chirurgica utilizzata.
24
Incidenza del D.P.O
Più del 75 % dei pazienti operati soffre
di un dolore di intensità moderato grave
nel periodo post-operatorio
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Possibili complicanze da inadeguato trattamento del
Dolore Post-Operatorio
 Respiratorie
 Cardiovascolari
 Gastrointestinali
 Genitourinarie
 Sistema neuro-endocrino e metabolico
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Fattori che influenzano l’entità del dolore
post-operatorio
1. Sede dell’intervento
2. Tipo di intervento
3. Fattori psicologici del paziente
4. Età?
5. Sesso, grado di istruzione
6. Malattie concomitanti
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Dolore post-operatorio
Si tratta della principale causa di apprensione per i pazienti che devono
sottoporsi ad intervento chirurgico.
Caratteristiche del dolore postoperatorio
Numerosi fattori influenzano la comparsa, l’intensità, le caratteristiche e la
durata di questo dolore:
Il tipo d’incisione
La durata dell’intervento
Lo stato psico-fisiologico del paziente
La qualità della preparazione psicologica e farmacologica preoperatoria.
La qualità delle cure postoperatorie
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L’analgesia postoperatoria
Prevenzione del dolore
 Qualità dell’intervento chirurgico: manovre scarsamente
traumatizzanti, emostasi accurata con diminuzione di edema ed
ematoma, scelta della via d’accesso e del tipo d’incisione.
 Scelta di una tecnica anestetica in grado di mantenere una buona
analgesia anche nel postoperatorio.
 Preparazione psicologica del paziente con spiegazione precisa di
ciò che accadrà nel periodo postoperatorio (drenaggi, cateteri,
etc…).
29
Farmaci attualmente disponibili
per il trattamento del DPO
 FANS
 Oppioidi
 Anestetici Locali
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I FANS
Le principali proprietà farmacologiche sono:
• Azione antinfiammatoria
• Azione antipiretica
• Azione analgesica
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Effetti collaterali di tutti i FANS
 Disturbi gastrointestinali
 Inibizione aggregazione piastrinica
 Alterazioni della funzionalità renale
 Reazioni pseudoallergiche
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FANS
Paracetamolo (PRO-EFFERALGAN)
AC. ACETILSALICILICO
Ketorolac
Trometamina 30 mg ( TORADOL)
33
OPPIOIDI
1. Effetti collaterali
• Nausea e vomito
• Miosi
• Sedazione
• Rigidità muscolare
• Stato confusionale
• Ritenzione urinaria
• Ipotensione
• Bradicardia
• Prurito
• Riduzione motilità intestinale
34
OPPIOIDI
2. Effetti collaterali
1. DEPRESSIONE RESPIRATORIA
Poco frequente
Assai temuta
Come evitarla:
Controllo stato di sedazione
Controllo della frequenza respiratoria
Evitare o porre molta attenzione ad associare:
Benzodiazepine
Antiistaminici
Alcuni antiemetici
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MORFINA
• Maggior efficacia analgesica
• Metabolizzazione epatica
• Eliminazione renale
• Somministrazione orale, rettale, IM, SC, EV,
epidurale, spinale
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La morfina
Il dolore può:
· rispondere alla morfina, es. dolore nei tessuti molli
· rispondere parzialmente alla morfina, es. dolore osseo
· non rispondere alla morfina, es. dolore neuropatico
Tuttavia la risposta può essere talvolta imprevedibile.
Effetti collaterali della morfina
37
Tossicità da morfina
Costituiscono segni di tossicità da morfina:
Confusione
Sedazione
Pupille ristrette
Depressione respiratoria
Se gli spasmi muscolari vengono scambiati per dolore, con un
conseguente aumento nel dosaggio della morfina, essi
peggiorano. Questo può dar luogo ad una spirale di ansia per la
famiglia e ad un diminuito benessere del paziente.
La somministrazione di antagonisti degli oppioidi, come il
Naloxone, provoca un immediato annullamento di tutti gli
effetti degli oppioidi compresa l’analgesia.
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Oppiodi forti alternativi alla morfina:
1. Diamorfina (eroina)
Per i pazienti che non sono più in grado di assumere
preparazioni orali di morfina, potrà essere necessario passare
alla Diamorfina somministrata come infusione sottocutanea
continuata.
39
2. Fentanyl transdermico
Il cerotto transdermico di Fentanyl è indicato per i pazienti che
hanno bisogno di un trattamento alternativo ad altri tipi di
somministrazione.
Il controllo del dolore del singolo paziente va graduato utilizzando
un preparato orale di morfina, per stabilire il fabbisogno di morfina
in mg. In seguito va convertito in un dosaggio appropriato di
Fentanyl (dosaggio espresso in mcg/ora) secondo la scala
seguente:
I cerotti di Fentanyl sono disponibili nei seguenti dosaggi:
40
La loro durata di azione è di 72 ore; pertanto vengono sostituiti ogni tre giorni.
Nota bene:
1. La prima applicazione potrà richiedere 12 o più ore per raggiungere livelli analgesici
adeguati
2. Assicurare una adeguata dose analgesica al bisogno per il dolore per questo periodo
(come pure in seguito nel caso di un peggioramento del dolore).
3. Durante il cambiamento della terapia in atto con Fentanyl i pazienti possono talvolta
accusare sintomi di astinenza dalla morfina. Di solito questi sintomi spariscono con la
somministrazione di una o due dosi al bisogno di morfina.
4. La somministrazione di Fentanyl può essere continuata durante la fase terminale.
Un aumento di dolore in questa fase può essere gestito con l’addizione di Diamorfina
per
via sottocutanea in infusione continua
5. Se occorre ridurre o cessare la somministrazione di Fentanyl, tener presente che il suo
effetto perdura per più di 24 ore.
41
STRATEGIE GENERALI PER LA GESTIONE
DEGLI EFFETTI COLLATERALI
DEGLI OPPIACEI NEL POST-OPERATORIO
Per ridurre l’incidenza degli effetti collaterali degli oppiacei è consigliato:
• Ottimizzare le dosi dei farmaci impiegati.
• Favorire il metabolismo e l’eliminazione.
• Ripianificare lo schema terapeutico globale riducendo l’ eventuale
associazione con altri farmaci.
42
Analgesia per via peridurale
Farmaci
• Oppiodi
• Anestetici locali
• Associazione anestetici locali
e oppioidi
43
Analgesia per via peridurale
Controindicazioni
Personale sanitario (medico e infermiere ) non adeguatamente
preparato
Rifiuto del paziente
Controindicazioni al posizionamento di un ago o di un catetere
peridurale:
 Sepsi
 Disturbi della coagulazione
 Ipotensione
 Malattie del SNC (es. sclerosi multipla)
Puntura accidentale della dura
44
Analgesia tradizionale
1
5
2
4
3
45
C.A.P
Controllo Analgesia Pazienti
Terapia antalgica che tramite l’utilizzo di
sofisticate attrezzature permette
l’infusione ed il controllo, da parte del
paziente stesso, della propria analgesia
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CAP
VANTAGGI
 Possibilità di adeguare e
modulare l’analgesia sul
singolo paziente
 Riduzione del rischio di
depressione respiratoria
SVANTAGGI
 Necessità di paziente
collaborante sia da un
punto di vista manuale
che da un punto di vista
intellettivo
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Dispositivi microinfusionali
POMPE ELASTOMERICHE
La pompa elastomerica è un dispositivo per l’infusione
continua di farmaci a velocità costante, preimpostata.
E’ costituita in generale da un palloncino serbatoio e da
una linea infusionale. Può essere utilizzata per l’infusione
E.V., S.C. e peridurale
VANTAGGI: semplicità d’uso
SVANTAGGI:
1. impossibilità di variare la velocità di infusione
2. non completa affidabilità della velocità di infusione
48
COMPITI DEGLI
INFERMIERI
E GESTIONE
DEL DOLORE
Non è superfluo ricordare l’importanza del ruolo
dell’infermiere nel trattamento del dolore.
La professione di infermiere riveste, in ambito
legislativo, due ruoli : il ruolo prescritto e quello
proprio. Nel paziente con dolore è importante
rispondere ai suoi bisogni fondamentali tenendo
conto del suo dolore.
49
Noterà, una volta instaurato un rapporto di fiducia,
la descrizione del dolore, le sue influenze sulla vita
sociale e sulla famiglia, oltre al posto che la
patologia occupa nella sua vita. Riuscire ad ottenere
l’adesione del malato alle cure proposte esprime la
riuscita o meno delle azioni terapeutiche, ed è
spesso necessaria la combinazione di più
trattamenti.
50
Infine, l’infermiere non dimenticherà
di essere terapeuta grazie al rapporto
con il malato, questo rapporto
privilegiato, chiamato relazione di
aiuto, che vogliamo maggiormente
sviluppare , e che è particolarmente
importante nel soggetto con dolore
cronico.
51
L’ascolto attivo nella relazione di aiuto
Per praticare l’ascolto attivo nella relazione di aiuto
bisogna sapere :
Tacere : per lasciare al paziente il tempo di parlare e di
entrare in comunicazione con se stesso, per permettergli
di esprimere ciò che sente (il malato parla nell’80% dei
casi). Bisogna fargli capire che si comprende il
messaggio dato.
Il modo di fare deve essere disponibile, tranquillo, in
accordo con ciò che si ha piacere di comunicare.
52
Invitare il paziente a parlare :
Trasmettergli in maniera attiva la nostra
disponibilità ad ascoltarlo, attraverso uno sguardo, un
segno, una parola : « sono qui per parlare con lei ».
Proporre al paziente delle domande aperte :
talvolta la comunicazione inizia gradualmente :
« come si sente ? » ; come funziona ? che c’è ? chi ?
di cosa ? dove siete ?
53
Scegliere parole che tocchino sia la sfera sentimentale
sia quella emotiva, sia quella dei pensieri sia quella
della speranza e dell’immaginazione, sia quella del
corpo e del suo dolore.
Effettuare chiarificazioni e verifiche : bisogna
verificare quello che dice il paziente da quello che
dicono gli altri.
Utilizzare la decodificazione e la ripetizione : si tratta
di ridire alla persona in difficoltà quello che noi
crediamo di percepire del suo dolore.
54
Di fronte alla sofferenza del malato è
necessario, per noi operatori, saper
scoprire i suoi comportamenti dettati dal
dolore, particolarmente nel paziente con
dolore cronico : si trova in fase di rifiuto,
di ribellione… è depresso, o sta evolvendo
verso l’accettazione ?
55
Il controllo del dolore migliora la qualità della vita
(poter tornare a vivere nella propria casa con la
pompa di morfina in grado di alleviare il dolore!).
Quando non esiste più alcuna ragionevole
speranza di guarigione bisogna, infine saper ascoltare
l’angoscia di chi sta per morire visto che
anche questa rappresenta un dolore.
In questo caso il nostro paziente non avrà bisogno di
analgesici:
egli non avrà dolore, … starà male.
I soli “farmaci” che potremmo utilizzare per curarlo
saranno la nostra presenza , il nostro ascolto e
talvolta la nostra parola.
56
…
Ma quando non è possibile una continuità
assistenziale al proprio domicilio ?…
57
Esistono oggi delle realtà assistenziali per le
cure palliative e la gestione del dolore, che
vengono incontro alle difficoltà della famiglia
e del paziente … conducendolo per mano a
vivere serenamente e donando il giusto
conforto negli ultimi giorni della sua vita …
58
L’HOSPICE
59
La qualità di cure è basata sulle relazioni umane:
•Relazione tra assistito e professionisti
•Tra assistito e componenti della famiglia
•Tra componenti del gruppo terapeutico
L’èquipe multiprofessionale
Infermiere
Fisioterapista
Assistente sociale
Medico
Malato
Terminale
e
Famiglia
Psicologo
OTA- OSS.
Volontario …..
Assistente spirituale
L’èquipe multiprofessionale
 Valutazione multidimensionale del paziente
 Formulazione di un piano d’intervento
 Rivalutazione periodica e verifica dell’intervento
 Definizione e applicazione di strumenti informativi:
Protocolli, Scale di Valutazione ,Cartella integrata
Audit Clinico ( Strumento di verifica e di correzione, consente
di riconoscere e definire le necessità del malato e il raggiungimento degli obiettivi).
 Programmi di Formazione
PROCESSO DI NURSING
Assistenza per Compiti!!!
L’Infermiere è guidato dai bisogni della persona
attraverso un’assistenza PERSONALIZZATA.
L’infermiere diventa responsabile della gestione
dell’intero insieme delle cure assistenziali
erogate al paziente.
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