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Dopo un cancro alla prostata l`uomo deve affrontare gli effetti

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Dopo un cancro alla prostata l`uomo deve affrontare gli effetti
ANDROLOGIA
Il tumore che colpisce il maschio
Dopo un cancro alla prostata
l’uomo deve affrontare
gli effetti collaterali
Quando si riceve una diagnosi di questo tipo,
sul momento si pensa solo a guarire.
L’intervento e le terapie farmacologiche
qualche volta provocano danni all’attività sessuale
e alla continenza urinaria. Imparare a parlarne
è il primo passo per cercare una soluzione
a cura di DANIELA OVADIA
l tumore della prostata
colpisce ogni anno in
Italia circa 25.000 uomini. Nella maggior
parte dei casi non è
una forma aggressiva e raramente, se presa per tempo,
dà luogo a metastasi. Malgrado ciò, può lasciare strascichi tutt’altro che piacevoli, in particolare come conseguenza degli interventi chirurgici. “Dopo tre mesi, con
la chirurgia classica, anche
nelle mani dei migliori medici, circa quattro pazienti
su dieci soffrono di incontinenza urinaria e dopo un
anno il sintomo persiste in
più di due casi su dieci” spiega Ottavio de Cobelli, direttore della Divisione di urologia dell’Istituto europeo di
oncologia di Milano. “Più
problematica ancora è la
perdita della potenza sessuale: dopo tre mesi dall’asportazione del tumore,
I
sono ben otto su dieci gli
uomini che soffrono di impotenza, e sei su dieci continuano ad avere problemi
anche dopo un anno”.
La ragione per cui tutto
ciò avviene è anatomica: il
fascio di nervi che regola la
continenza urinaria, la funzione vescicale e lo stimolo
dell’erezione passa esattamente al centro della
ghiandola e togliere la prostata senza intaccarlo è
molto difficile e, spesso,
francamente impossibile.
La chirurgia non è però l’unica responsabile del danno
ai nervi: anche la radioterapia
locale, necessaria in alcuni
casi di tumore più avanzato o
aggressivo, può avere lo stesso effetto, così come le terapie
ormonali consigliate per evitare le recidive. Queste ultime, pur non interferendo
con la trasmissione nervosa,
inibiscono la produzione di
testosterone (l’ormone ma-
20 | FONDAMENTALE | OTTOBRE 2010
schile) e quindi rendono difficoltosa l’erezione.
PARLARNE
È LA PRIMA CURA
L’eredità di un tumore,
anche se preso per tempo,
può quindi essere particolarmente pesante dal punto
di vista sia fisico sia psicologico. “Se si utilizza una tecnica chirurgica che risparmia i nervi, si può avere un
recupero della potenza
sessuale
entro un
a n n o
dall’intervento.
D o p o
tale lasso
di tempo bisogna utilizzare
terapie di tipo andrologico
per risolvere il problema”
spiega de Cobelli.
Gli uomini non sono abituati a parlare dei loro disturbi sessuali e questo rende il
trattamento dell’impotenza
postchirurgica particolarmente complesso, come racconta Dana Jennings, giornalista del New York Times che
dal 2008 parla della propria
malattia sul sito web del quotidiano statunitense (vedi articolo p. 12). “Non ho risparmiato nulla ai miei lettori: né
il panico per la diagnosi – ricevuta a soli cinquant’anni –
né la vergogna e la mortificazione che ho provato quando
mi sono accorto di aver bisogno di
portare
un pannolino
per l’incontinenza e
di non riuscire più ad avere
rapporti sessuali. Ma è attraverso la confessione pubblica
che ho trovato la forza di rivolgermi agli specialisti giusti per trovare una soluzione,
seppure parziale”.
Le terapie per l’impoten-
C’è chi ne ha
parlato
pubblicamente
per aiutare gli altri
La macchine entrano in sala operatoria
per limitare i danni
In questo articolo:
tumore della prostata
incontinenza urinaria
impotenza
za postchirurgica non sono
molto diverse da quelle per
la forma psicogena: dall’uso
di farmaci per l’erezione
(che però in alcuni casi possono interferire con sostanze utilizzate per curare la
malattia) all’inserimento di
protesi idrauliche nelle
forme più gravi. Secondo le
stime della Prostate Cancer
Foundation, un ente non
profit statunitense che promuove la ricerca su questo
tipo di tumore ma anche sui
rimedi per ovviare alle conseguenze delle cure, con
tutte le armi a disposizione
un buon andrologo può risolvere il problema nella
quasi totalità dei casi.
RIABILITAZIONE,
FARMACI E CHIRURGIA
Anche per quanto riguarda l’incontinenza urinaria è
possibile intervenire, sia con
esercizi di riabilitazione
della vescica sia con farmaci
UN AIUTO DAL ROBOT
come gli alfa bloccanti.
Molto spesso il disturbo è
peggiorato da fenomeni irritativi dovuti alla radioterapia locale: in questi casi basta
aspettare che l’irritazione
passi per recuperare la continenza. Se invece il danno dipende dai nervi, è possibile
ricorrere a tecniche di chirurgia plastica. La più semplice consiste in un’iniezione
di collagene nell’uretra, il canale che conduce l’urina
dalla vescica verso l’esterno.
In questo modo il calibro di
questo tubicino si restringe,
trattenendo l’urina. È un intervento molto semplice ma
riesce purtroppo solo nella
metà dei casi. Inoltre, poiché
il collagene viene riassorbito
dall’organismo, va ripetuto
nel tempo. Altre tecniche
sono allo studio e vanno valutate individualmente con
un urologo esperto.
Infine, molti pazienti si
trovano ad affrontare gli effetti collaterali delle terapie
ormonali il cui scopo è bloccare la produzione di testosterone, l’ormone maschile
che funge anche da “fertilizzante” per il tumore. Il paziente manifesterà i sintomi
dell’andropausa: perdita di
massa ossea, difficoltà sessuali, perdita del desiderio,
vampate di calore.
Anche in questi casi è necessario parlarne con un andrologo specializzato: esistono infatti diverse strategie possibili, come per
esempio la terapia ormonale a intermittenza, che prevede periodi di soppressione farmacologica del testosterone alternati a periodi
di interruzione dei farmaci
– in cui l’ormone torna a livelli normali – che vanno
però studiate caso per caso.
l gruppo di Ottavio de Cobelli, grazie a un accordo
con il Florida Hospital di Orlando (negli Stati Uniti)
ha acquisito particolare competenza in una tecnica
chirurgica che prevede l’asportazione della prostata
con l’aiuto del robot Da Vinci, una macchina che
consente interventi di grande precisione. Nel 2009 il
gruppo dell’IEO ha pubblicato sul British Journal of
Urology i risultati ottenuti con un primo gruppo di
pazienti: a tre mesi dall’operazione, se il tumore è
in fase iniziale, l’incontinenza urinaria affligge il 30
per cento degli uomini operati col Da Vinci contro il
37 per cento di coloro che sono stati operati con la
chirurgia classica. A un anno dall’intervento i
disturbi urinari sono praticamente spariti in tutti i
casi, mentre sono ancora presenti nel 12 per cento
dei pazienti operati con la tecnica classica.
Per quel che riguarda le difficoltà sessuali, col
robot, dopo un anno, hanno problemi quattro
pazienti su dieci contro i sei su dieci operati senza
robot. In tutta Italia sono disponibili già oltre 25
robot Da Vinci, molti dei quali sono utilizzati proprio
per la chirurgia prostatica.
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