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STORIA DELLA FARMACOLOGIA E DEL DOPING Anno Accademico 2008-2009 Docente: prof. Roberto Leone E-mail: [email protected] Cronologia della Scienza - 1 - Homo habilis Homo sapiens Homo erectus 2.500.000 a.C. 500.000 a.C. 400.000 a.C. 20.000 a.C. Primi utensili in pietra Utilizzo del fuoco Invenzione della lancia Invenzione dell’arco e della lucerna ad olio 8.000 a.C. 7.000 a.C. 6.400 a.C. In Mesopotamia inizia l’agricoltura Primi tessuti in Turchia Allevamenti di bestiame in Turchia 3.600 a.C. Invenzione del bronzo (fusione di rame e stagno) L’arte di servirsi dei medicamenti per guarire le malattie è antica quanto l’umanità. Ippocrate nel De Veterum medicina scrive che: “ipsa necessitas coegit medicinam inquirere ac invenire”. In alcuni insediamenti preistorici, Parma, Varese, Moosseedorf, si sono rinvenuti i semi di Sambucus nigra e di Sambucus ebulus, che forse venivano utilizzati dall’uomo primitivo come medicamenti. In effetti nella medicina popolare il sambuco (in particolare i fiori e le bacche) viene usato come lassativo, diuretico ed emolliente. Così come sono stati rinvenuti semi del Papaver somniferum. Nelle palafitte di Casale, in quelle di Bourget, che risalgono all’epoca del bronzo, si sono trovati i semi delle prugnole (Prunus spinosa) con i quali molto probabilmente venivano preparate quelle stesse pozioni e tisane medicamentose che nel medioevo Santa Ildegarda ricorda nel suo ricettario. Nelle palafitte di Lagozza ed in quelle di Robenhausen si sono rinvenuti i semi del Chenopodium, noto come purgante. Cronologia della Scienza - 2 - 3.500 a.C. 3.300 a.C. 1.500 a.C. I Sumeri inventano la scrittura La ruota in Mesopotamia La meridiana in Egitto Teorema di Pitagora 387 a.C. 335 a.C. 300 a.C. Platone fonda la sua Scuola Aristotele fonda il Liceo Biblioteca di Alessandria 280 a.C. 250 a.C. 240 a.C. La Scuola medica di Alessandria Eratostene calcola la circonferenza terrestre 470 a.C. Il greco Alcmeone seziona un cadavere 298 a.C. Nasce a Siracusa Archimede Erofilo studia l’Anatomia 530 a.C. 500 a.C. L’abaco in Egitto 300 a.C. Euclide: Gli elementi di geometria 150 a.C. Ipparco calcola la distanza tra la terra e la luna India: tempi indù sul fiume a Jumna (acquarello del 1795) Secondo Alberico Benedicenti (Malati, Medici e Farmacisti. Hoepli 1925, pag. 44) la Farmacologia nacque in India, nelle rigogliose foreste delle rive del Gange, come parte integrante della medicina AYURVEDICA. Nell’antico testo vedico Sushruta samita la salute viene definita come quella condizione nella quale i principi fisiologici del corpo sono in equilibrio, la digestione è efficiente, i tessuti sono in condizione normale le funzioni escretorie sono regolari e mente, sensi e spirito sono pienamente appagati. I tre principi metabolici (Dosha) che governano l’organismo umano sono: Vata, il principio del movimento e dell’attivazione (SNC, sistema circolatorio, respiratorio e della locomozione), Pitta il principio della trasformazione e della termogenesi (funzioni digestive, metaboliche ed endocrine) e Kapha il principio della coesione e della struttura (sviluppo del corpo, sistema immunitario) Oltre alle tecniche di purificazione (panchakarma), meditazione, yoga, terapie nutrizionali e comportamentali la medicina ayurvedica si avvale attualmente dell’uso di circa 9000 piante, utilizzate secondo il principio degli opposti Negli antichi testi indiani (d’incerta datazione) sono elencate centinaia di piante per uso medico. Tra queste ricordiamo: La Celtis orientalis (Xajânacim) “il rimedio della tisi”; L’Aurum (Arçôghma) “il nemico delle emorroidi”; Il ricino “che scaccia i venti dell’intestino (Vâtâri) e guarisce la colica (Çûlaçaku)”, come purganti erano anche utilizzati il crotontiglio (Rèckala), la cassia, il turpeto e il tamarindo; Per indurre il vomito si usavano infusioni di Melia indica (Tchhardana) o di Calotropis gigantea (Vantidâ); Come inebrianti e narcotici si utilizzavano l’oppio, la datura, la noce vomica, l’aconito, ecc.; Per la gotta la Poa cynosure (Kuça). Dal Regno minerale si ricavavano l’antimonio, lo zinco, il ferro, lo zolfo e l’oro (considerato farmaco potentissimo). Ma anche i sali di potassa, il salnitro, il rame, l’arsenico ed il mercurio. “Il medico che conosce le virtù delle erbe e delle radici è un uomo, quegli che sa le virtù dell’acqua è un demone, ma colui che sa le virtù del mercurio è un Dio” (Sushruta Samita). Dal Regno animale l’orina, lo sterco di vacca, gli escrementi di rinoceronte, il latte di donna ed il sangue (consigliato come ricostituente). Ma ben note erano anche le proprietà tossiche di molte erbe: L’averroa, specie di Oxalis (Rudjakana) “l’erba che fa ammalare”; La Bambusia arundinacea (Mritjuvidija) “il seme della morte”; L’andropogon (Mrinala) “la droga mortale”; L’oleandro (Kayamâraka) “l’erba che fa morire il cavallo”. D’altra parte anche Omero (~ 700 a.C.) ci ricorda sia l’origine dei farmaci che la loro pericolosità: “....la terra datrice di biade produce moltissimi farmachi, molti buoni, e misti coi quali molti mortali....” (Odissea, trad. R. Calzecchi Onesti, Einaudi, Torino 1972, libro IV, vv.219-232). Un altro paese con antiche tradizioni farmacologiche è la Cina. Secondo la tradizione la farmacologia cinese discende da Shen Nung (~ 2000 a.C.), l’imperatore che indagò, provandole su se stesso, il valore terapeutico di alcune centinaia di erbe. Si ritiene che abbia scritto il primo erbario cinese, Pen T-Sao, elencando 365 farmaci. Shen Nung esaminò molte erbe, cortecce e radici, ricavate da campi, paludi e boschi, che ancora oggi fanno parte della medicina tradizionale cinese. Nel quadro, ai piedi di Shen Nung, sono raffigurate diverse piante medicinali: il podofillo usato come stimolante dell’apparato gastrointestinale, e da cui sono stati ricavati dei farmaci antitumorali per la sua capacità di ostacolare la mitosi cellulare; il rabarbaro (Da Hung) usato come lassativo e topicamente per le ferite, ustioni e piaghe; lo stramonio usato come antispastico, antiasmatico, contro la tosse, l’epilessia, la nevralgia. Pianta medicinale molto tossica che già a dosi basse provoca vertigini, sonnolenza, disturbi visivi, ecc.; la corteccia di cinnamomo (cannella cinese); il ginseng, e tra le mani del ragazzo, l’Ephedra (Ma Huang). GINSENG La medicina tradizionale cinese lo impiega nel trattamento dell’angina pectoris e di altre malattie cardiovascolari per la sua azione antiaggregante piastrinica. Gli vengono attribuite proprietà antiossidanti per aumento della produzione di NO. Viene pubblicizzato come rimedio per l’astenia, stimolante del sistema immunitario, coadiuvante nella terapia antitumorale, antistress e stimolante del desiderio sessuale. Una revisione apparsa sull’European Journal of Clinical Pharmacology (1999; 55:567) afferma che non ci sono evidenze di efficacia per nessuna delle indicazioni proposte. Sono stati evidenziati problemi di contaminazione e di sottodosaggio nelle diverse preparazioni di ginseng (Lancet 1994; 344:134) Interazioni del Ginseng Classe farmaceutica Meccanismo ginseng Effetti Anticoagulanti orali Antiaggregante ↑ Attività anticoagulante Inibitori delle MAO ↑ metabolismo GABA Insonnia, tremore, mal di testa, agitazione, depressione Riduzione glicemia Rischio ipoglicemia Stimolazione sintesi proteica Az. estrogenica additiva Antidiabetici orali CO (con estrogeni) Pinato S. Super Ginseng? Dialogo sui Farmaci. 2002; n. 6 Reazioni avverse da Ginseng (da uso cronico) Ipertensione arteriosa (segnalati rari casi di ipotensione) Stimolazione SNC con nervosismo, insonnia, vertigini, cefalea Ipoglicemia Diabete gestazionale Emorragia vaginale, sanguinamento intermestruale, amenorrea Diarrea mattutina Pinato S. Super Ginseng? Dialogo sui Farmaci. 2002; n. 5 Reazioni avverse dell’efedra •Dal 1993 al 1997 oltre 800 report di reazioni avverse, incluse 36 morti • Cardiovascolari – aritmie – arresto cardiaco – tachicardia • GI – nausea e vomito – stipsi • Altre – reazioni cutanee – alterazioni test epatici Ma-huang • Sistema Nervoso – – – – – – psicosi pensieri suicidari convulsioni e tremori disturbi vestibolari insonnia nervosismo Anche gli antichi egizi conoscevano le “virtù” dei medicamenti e l’arte di somministrarli. D’altra parte si ritiene che la “medicina” egiziana, esercitata dai sacerdoti, si sviluppi a partire dal 2900-2800 a. C. Il più importante documento che attesta la conoscenza dei medicamenti da parte degli Egizi è il famoso Papiro di Ebers, scoperto nel 1873 dall’egittologo Georg Moritz Ebers, risalente al 1500 a.C. ma riferito a tempi anteriori di almeno un millennio. La prima pagina del papiro di Ebers inizia con le seguenti parole: “Qui incomincia il libro delle preparazioni dei medicamenti, adatti a tutte le parti del corpo d’un ammalato”. In effetti contiene un lungo elenco di rimedi (circa 800) per le malattie dell’intestino, del fegato, dello stomaco, della vescica, per le cefalee, per la nausea, per le ulcere, per le affezioni oculari, ecc. Tra le piante citate nel papiro solo alcune possono essere identificate con certezza, molti dei nomi egiziani indicano rimedi di cui ignoriamo il contenuto. Tra quelli identificati ricordiamo l’olio di ricino, la senna, il melograno, il tannino, l’oppio, l’aloe, la menta, il ginepro, il cumino e il finocchio. Come medicamento si usava anche il loto, in egiziano Soushin da cui deriverebbe il nome di Susanna. Molto utilizzati erano anche oli aromatici, il più noto dei quali il Kyphi conteneva da 10 a 50 elementi (le fonti sono discordi). Reperti archeologici e pitture murarie nelle tombe egizie documentano, inoltre, l’uso della scilla, della camomilla, del rosmarino e del cedro come antidoto per veleni. Naturalmente oltre alle piante medicinali si trovano menzionati anche rimedi di origine minerale (ferro, argento, oro, allume, ecc.) o animale (miele, latte, escrementi di varia origine, grasso di martora, ecc.). Come conseguenza del principio di base della medicina egiziana, che le malattie fossero prodotte da putrefazione, i medicinali avevano lo scopo di purificare l’organismo. Da qui il largo ricorso a sostanze purgative, emetiche e inducenti il sudore. Secondo lo Tschirch (Handbuck der Pharmakognos. Tauchnitz, Lips, 1910) gli antichi egiziani avrebbero posseduto una vera e propria Farmacopea ufficiale, opera del più grande medico egiziano Imhotep (vedi figura a fianco), cancelliere e sacerdote del faraone Djoser (~2600 a.C.) La tecnica farmaceutica nell’antico Egitto era comunque molto sviluppata. Si facevano miscugli di varie droghe, si preparavano decotti a diverse temperature, si filtravano le pozioni, si preparavano colliri, pillole e polveri. Alcuni geroglifici testimoniano di queste attività dell’antica farmacia egiziana. Altra antichissima e grande civiltà, anche in campo medico, fu quella babilonese. Tra il Tigri e l’Eufrate, nella Mesopotamia culla della civiltà, esercitavano l’arte medica tra i Sumeri (primo popolo storico ad abitare quell’area) gli asu (con le tre funzioni di sacerdote, medico e farmacista). Il primo asu a noi noto è un certo Lulu, vissuto nella Ur dei Caldei nel 2700 a.C., e il primo formulario terapeutico conosciuto nella storia (~ 2000 a.C.) risale ai Sumeri. I documenti che attestano l’uso dei “farmaci”, dalla Babilonia di Hammurabi (1792-1750 a.C.) alla Ninive di Assurbanipal (Sardanapalo, 668-626 a.C.), sono le tavolette d’argilla, di 17-24 cm seccate al sole o cotte al forno e coperte di caratteri cuneiformi, scoperte a migliaia dagli archeologi. Tavoletta d’argilla conservata al British Museum di Londra Sappiamo, così, che si utilizzavano centinaia, se non migliaia, di piante, erbe e medicamenti diversi a scopo terapeutico. Interessante notare che molte tavolette riuniscono in modo sistematico e separato i rimedi per la tosse, quelli per il mal di denti, contro il morso degli animali velenosi, e via dicendo. Tra i diversi rimedi del tempo un posto rilevante era occupato dalla Mandragora, pianta solanacea ricca di alcaloidi atropino-simili. Specie Mandragora autumnalis Bertol. Famiglia Solanacee Pianta perenne, erbacea, Distribuita nella regione mediterranea meridionale. La mandragora contiene, soprattutto nella radice fibrosa,un gruppo di alcaloidi la cui azione è simile a quella dell'atropina che si estrae dalla belladonna. Dall'azione di questi alcaloidi sono nate tutte le leggende che hanno tanto sollecitato la fantasia popolare sulle sue proprietà afrodisiache e magiche. Raffigurazione della mandragora in un erbario del XV secolo (Pavia, Biblioteca Universitaria). La radice si faceva strappare da un cane poiché si credeva che lanciasse un “grido mortale “. Il padrone se ne stava al sicuro, lontano e con le orecchie ben tappate. Morto il cane la mandragora proteggeva l’uomo contro tutti i malefici. LA MEDICINA EBRAICA La medicina ebraica è particolarmente influenzata dalla Religione. La malattia viene considerata una conseguenza della collera divina: “Davide contro la volontà di Dio fa un censimento della popolazione. Dio per punirlo manda la peste che uccide 7000 israeliti.” – “I filistei che guardavano l’arca dell’alleanza con poco rispetto, sono colpiti da verruche insanabili.” – “Miriam sorella di Mosè sparla del fratello e viene colpita dalla lebbra.” Altre punizioni divine sono la licantropia del re caldeo Nabucco e l’apoplessia che colpisce Onan. “Il migliore dei medici andrà all’inferno” Talmud. “Altissimus creavit de terra medicamenta et vir probus non abhorrevit ab illa” Ecclesiaste. LA MEDICINA EBRAICA La malattia inoltre, come per egizi e indiani, viene considerata una impurità, da cui l’uso di purganti (ricino, resina di salep, ramno, boor) e di amari (luppolo, ginepro, assenzio). Importanza delle norme igieniche. Gli israeliti preferivano i rimedi esterni a quelli per uso interno:balsamo cori (fatto con la pianta della valle di Gerico: Amyris gilead), malagma (da male logmah: a bocca piena a causa delle tante erbe da masticare prima di porle sulle ferite), unguenti odorosi usati come eccitanti cerebrali, olio nelle malattie intestinali. I rimedi sono in genere semplici e la polifarmacia subentrò più tardi (300-400 d.C:) Una preparazione polifarmaceutica era l’ Esdra magna, contenente circa 50 erbe che rimase nei ricettari del medioevo fino al 1600. Ippocrate (460-377 a.C.), nato nell’isola di Cos sede del tempio di Esculapio (il dio della Medicina), è noto come il “padre della medicina”. Il suo ruolo nella farmacologia non risiede sui rimedi che ha proposto, di fatto già in uso in epoche precedenti, ma sul clima decisamente nuovo che ha creato nel campo delle terapie. Negli scritti del Corpus hippocraticum (non tutti attribuibili direttamente a Ippocrate) per la prima volta sono esposte in modo sistematico le regole per raccogliere i rimedi vegetali (belladonna, oppio, menta, ecc.), le norme per preparare i medicamenti, la loro classificazione in base all’effetto (purganti, emetici, diuretici, ecc.) e le modalità del loro utilizzo. Alcune frasi tratte dai libri ippocratici possono rendere l’idea del nuovo clima: “Ogni guarigione ha la sua causa, sapere opportunamente usare i rimedi non è cosa da tutti” (De arte). “Quando il medico entra dall’ammalato deve già conoscere i singoli effetti dei medicamenti in base alle sue osservazioni e alle sue esperienze” (De decenti ornatu) “Lo stesso medicamento dovrebbe avere sempre la stessa azione, ma così non è poiché essa varia molto nei vari casi. I farmaci evacuanti ora purgano molto, ora poco, ora giovano, ora nuocciono, secondo i vari individui in cui sono adoperati” (De locis in homine) “Talvolta è buona prassi astenersi da qualsiasi trattamento” “La diminuzione della temperatura per opera dei farmaci è conseguenza di molte azioni. Taluni abbassano la temperatura in modo diretto, come si raffredda un vaso caldo se vi si aggiunge dell’acqua fredda, altri indirettamente, come si raffredderebbe lo stesso vaso d’acqua calda se fosse esposto al vento.” (De morbis). “La mandragora che ad alte dosi produce l’insonnia data a piccole dosi agli ansiosi, ai tristi, a coloro che soffrono di mania suicida, può guarire” (De locis in homine) LA TERRA SIGILLATA: la prima specialità medicinale (circa 500 a.C.). A base di argilla contenente silice, alluminio, creta, magnesia e ossido di ferro. Un sigillo raffigurante una capra ne attestava la provenienza dall’isola di Lemno Teofrasto, il “padre della botanica”, illustra ad un gruppo di studenti le proprietà della belladonna, alle sue spalle fiori di melograno, senna e rotoli di pergamena. Nato a Ereso, nell’isola di Lesbo, Teofrasto (370-286 a.C.) si trasferì ad Atene dove fu allievo di Aristotele che lo preferì a Eudemo di Rodi come suo successore. Rinomato per la sua eloquenza sembra che oltre duemila allievi abbiano seguito le sue lezioni. Autore di molteplici scritti, tra i quali il libro “Delle Pietre” (314 a.C.) il primo trattato di geologia della storia, cita spesso come “farmacologo” del tempo Diocle Caristio che affermava (secondo Celio Aureliano) che le virtù dei medicamenti potevano essere stabilite solo con l’esperienza su individui sani e malati. La Historia plantarum (320 a.C.) di Teofrasto “non è solo un analitico ed ordinato tentativo tassonomico, ma anche un vero trattato di fitoterapia” (G. Cosmacini, V.A. Sironi, Cenni di storia della Farmacologia. In: Farmacologia generale e molecolare. UTET, 1996). Nella Historia plantarum sono descritti con estrema precisione gli effetti del papavero, della cicuta, della mandragora, dell’emetico elleboro. Vengono illustrati i metodi per ricavare lattici, resine e balsami dalle piante. Così come i metodi di conservazione dei medicamenti. Più o meno nello stesso periodo di Teofrasto si collocano i “farmacologi “ della Scuola di Medicina di Alessandria, considerata la più importante del mondo: Erasistrato, Mantia Erofileo, Demetrio d’Apamea, Cleofanto, Aspasia, Icesio, Eraclide di Taranto, Zenone di Laodicea, solo per citarne alcuni. MITRIDATE VI: un re tossicologo Mitridate VI, re del Ponto (132-63 a.C.), fu uno dei primi tossicologi sistematici della storia. Utilizzo sé stesso ma più frequentemente i suoi prigionieri come cavie per saggiare veleni ed antidoti. Mitridate si serviva quotidianamente del suo antidoto per la paura di essere avvelenato, al punto da sviluppare assuefazione (mitridatismo). Così, quando fu vinto da Pompeo, non “poté” usare il veleno e si uccise con la spada. Un suo preparato, il Mitridatium antidoton, composto da 54 ingredienti rimase famoso per più di 1000 anni come antidoto universale. Mitridate non fu l’unico monarca farmacologo, prima di lui si era interessato di veleni e antidoti Gentio, re degli Illirici, a cui si deve il nome della genziana, così come alla regina di Caria, Artemisia, esperta in botanica si deve il nome dell’Artemisia vulgaris. Altro importante tossicologo del tempo fu Nicandro di Colofonte (ca. 135 a.C.) a cui si devono i libri Theriaca e Alexipharmaca. Sperimentare su sé stessi Una storia emblematica: il carbone attivo Nel 1813 il chimico francese Bertrand, per dimostrare l’utilità del carbone attivo nel ridurre l’assorbimento di sostanze tossiche, ingerì in pubblico 5 grammi di triossido d’arsenico misto a carbone attivo. L’esperimento riuscì perfettamente e Bertrand non manifestò sintomi di tossicità. Nel 1831 il farmacista francese Touery effettuò un esperimento simile di fronte ai membri dell’Accademia di Medicina di Francia. Egli ingerì stricnina, pari a 10 volte la dose letale, mista a carbone attivo. Per diverse ore, in un atmosfera di drammatica apprensione, si attesero gli effetti del veleno. Per fortuna di Touery le sue aspettative sul carbone attivo erano esatte ed uscì indenne dall’esperimento. Cronologia della Scienza - 3 - 46 a.C. 23 Cesare introduce il calendario giuliano Strabone scrive il libro Geografia 163 180 Calcolo del pi greco da parte dei cinesi Scritti di alchimia in Egitto 100 105 140 I cinesi scoprono Cina: invenzione Tolomeo scrive che i crisantemi della carta la sintassi essiccati uccidono matematica gli insetti 270 Cina: la polvere da sparo 800 868 880 Persia: “esame di stato” per i medici Primo libro a stampa in Cina Alchimisti arabi ottengono dal vino l’alcool puro 595 700 Sistema numerico Persia: il mulino indiano a vento 1000 I cinesi perfezionano la bussola 1148 Introduzione in Europa dello zucchero DIOSCORIDE studia le piante accompagnando le armate romane Nell’antica Roma la farmacologia prosegue la tradizione greca. Aulo Cornelio Celso (famoso chirurgo del I secolo d.C., foto a fianco), Scribonio e Plinio il Vecchio descrivono nelle loro opere le conoscenze via via acquisite. Un posto di rilievo nella storia della farmacologia è occupato da Dioscoride Pedanio. Probabilmente nato a Tarso, in Cilicia, nel I secolo d.C. divenne chirurgo militare al seguito delle legioni romane. La sua opera, scritta in greco (Perì ulès yatrichés) e tradotta in latino con il famoso titolo De Materia Medica (~ 60 d.C.), rimase un classico testo di farmacologia fino al XVIII secolo. In 5 libri sono elencati tutti i medicamenti conosciuti a quel tempo: 650 di origine vegetale, 85 animale e 50 minerale. Ancora oggi 90 piante tra quelle descritte da Dioscoride hanno un uso terapeutico Codice illustrato (VI secolo) del De Materia Medica di Dioscoride. Vienna, Biblioteca Nazionale. Farmacologo sul campo Dioscoride criticava coloro che parlavano di cose mai viste di persona. In De Materia Medica, seguendo e approfondendo la classificazione sistematica di Ippocrate, i farmaci sono elencati in base al loro utilizzo terapeutico: purganti, astringenti, ecc. Ovviamente, tra i rimedi elencati ne troviamo di incredibili, quali il fumo delle lucciole bruciate per favorire la diuresi, il sangue d’agnello per l’epilessia, ecc. Ma accanto a questi anche importanti osservazioni farmacologiche, come quella sulla preparazione dell’Oisypum, cioè del grasso contenuto nella lana di pecora (odierna lanolina, vedi foto). Dioscoride parla anche dei derivati della Cannabis ad uso medicinale, così come in precedenza aveva fatto Plinio il Vecchio e dopo Galeno. L’uso principale dei derivati della cannabis, quello di “anestetico”, si deve far risalire al II secolo a.C. al medico Hua Tuo (Cina - dinastia Han); ma il suo uso in medicina è ancora più antico, essendo citato nell'erbario pubblicato durante il regno dell'imperatore Shen Nung, come rimedio per "disordini femminili, gotta, reumatismo, malaria, stipsi e debolezza mentale." Maggiormente utilizzata era la Spongia somnifera, costituita da una normale spugna marina e dall'estratto fresco di alcune piante medicinali, tra cui il Solanum nigrum, lo Hyoscyamus niger, la Cicuta minor, la Datura stramonium, la Lactuca virosa e la Mandragora officinarum, insieme ad alcune gocce di oppio. Prima dell’uso veniva anche imbevuta nell’aceto. Se l’uso della spongia in ambito chirurgico è incerto, più sicuro è l’uso nei condannati alla crocifissione. In base agli scritti degli Evangelisti si pensa che anche Cristo abbia ricevuto una spongia sommnifera durante il suo martirio. GALENO: esperto in tecnica farmaceutica Galeno (129-200 d.C.) è considerato, dopo Ippocrate, il più grande medico dell’antichità. Nato a Pergamo in Asia Minore, formatosi alla scuola medica di Alessandria, al ritorno nella sua città natale fu medico dei gladiatori. Trasferitosi a Roma (161) fondò una rinomata scuola di medicina, ove promosse l’insegnamento della dissezione, dell’anatomia e della fisiologia. Tra i suoi libri ricordiamo il Methodus medendi, in cui sono elencati 473 medicamenti di origine vegetale che resteranno per un millennio e mezzo l’armamentario terapeutico in Europa, e il Megatechne, dove si afferma che “la terapia deve derivare dalla conoscenza della malattia e delle su cause” e in cui i farmaci sono ordinati in base alle loro proprietà e intensità d’azione. Il principio di base della farmacoterapia di Galeno è rappresentato dalla famosa massima “Contraria contrariis curantur”. Il metodo è che chi prescrive medicamenti li prepari egli stesso. Ancora oggi con il suo nome vengono chiamati i farmaci preparati in farmacia (galenici). Galeno cataloga i farmaci in tre gruppi: 1) Farmaci elementari che posseggono una sola qualità di freddo, caldo o umido; 2) Farmaci complessi che posseggono più di una qualità classificabili in base al loro livello di efficacia; 3) Farmaci con azione specifica (es. lassativa, diuretica, ecc.) Importanti innovazioni farmacologiche di Galeno furono l’utilizzo della corteccia di salice e della tintura di oppio (laudano) Tra le preparazioni farmaceutiche usate nel mondo romano vanno ricordati: Balanos (supposte) Catapozi (pillole semplici) Cerotti Decotti Hjera picra (amaro ieratico a base di aloe con effetto purgante) Infusi Linimenti Terra sigillata Trocisci (polveri con aceto e vino) Triaca o teriaca composta da ben 70 sostanze (molto costosa e riservata a pochi ricchi) Frontespizio di un ricettario galenico del 1516, opera di Georgio de Rusconi Di origine antichissima la teriaca (dal greco thériakè, cioè antidoto, oppure secondo alcuni dal sanscrito táraca) è stata utilizzata per secoli, addirittura fino all’inizio del 1900. I romani, in specifico il medico di Nerone: Andromaco il Vecchio, la riprendono probabilmente partendo dall’antidoto universale di Mitridate. La sua composizione ha avuto delle variazioni nel tempo, trasformandosi da rimedio contro i veleni a rimedio per combattere numerose malattie. Le teriache del XVI, XVII e XVIII secolo erano fondamentalmente composte da: carne di vipera, angelica, centaura minore, genziana, mirra, incenso, timo, tarassaco, oppio, matricaria, succo d’acacia, potentilla, miele attico, liquirizia, finocchio, anice, cardamono, cannella, radice di valeriana e di aristolochia, opoponax, scilla, agarico bianco, vino di Spagna. Pagina iniziale del Liber medicinalis, come riportata nel volume Medici antiqui latini (Venezia, A. Manuzio 1547) Il Liber medicinalis, vero e proprio prontuario terapeutico, è attribuito a Quinto Sereno Sammonico (II-III sec.). Poeta e storico, non si è certi se abbia professato la medicina. Tuttavia da acuto osservatore del suo tempo riporta in questo libro i rimedi più in voga nella Roma antica. Tra questi ovviamente ritroviamo stranezze come l’orina d’asino (contro il prurito), la bile d’orso diluita con acqua (per il raffreddore) e via dicendo, ma anche crusca e prugne per la stipsi, il papavero per il dolore, ed altri rimedi di “qualche efficacia”. DAMIANO e COSMA: i Santi Patroni dei medici, chirurghi, farmacisti, barbieri e dentisti I fratelli gemelli Cosma e Damiano, di origine araba, completati i loro studi a Pergamo esercitarono, nel III secolo d.C., la medicina gratuitamente in Asia Minore. Martirizzati sotto Diocleziano, in quanto cristiani, la loro tomba, nella città siriana di Ciro, fu per secoli meta di pellegrinaggio. Chiese in loro onore furono costruite a Roma (dove furono portate in seguito le loro reliquie) e in altre città a partire dal VI secolo. La diffusione del cristianesimo ebbe due effetti contrastanti sulla farmacoterapia, da un lato provocò un ritorno al misticismo (per lungo tempo i santi saranno considerati la migliore protezione contro epidemie e malattie), dall’altro preservò, dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C.) che segnò l’inizio del Medio Evo, le conoscenze fino ad allora acquisite. Alcuni esempi di effetti negativi sulla scienza del tempo da parte del cristianesimo sono: l’uccisione di Ipazia (famosa matematica e direttrice della biblioteca di Alessandria) nel 415 ad opera di un gruppo di fanatici cristiani, la distruzione (molto probabilmente opera di cristiani) dopo pochi anni della stessa biblioteca, e la chiusura nel 529 dell’Accademia e del Liceo ad Atene da parte di Giustiniano. Un aspetto positivo va riconosciuto ai monasteri, dal VI fino al XII secolo, alcuni dotati di ospedali. I monaci curavano i malati utilizzando piante ed erbe, anche se riponevano le loro speranze di cura essenzialmente nel potere di Dio. Il ruolo più rilevante dei monasteri, comunque, fu quello di conservare e tramandare il sapere medico. Nelle biblioteche conventuali (scriptoria) si ricopiano i manoscritti medici, si trovano le collezioni di ricette (antidotaria), i trattati di botanica (herbularius) e i cataloghi delle piante medicinali (hortuli) . Il monaco preposto alla farmacia ha la responsabilità dei giardini delle piante medicinali. Nell’orto botanico alcune aiuole sono riservate al giglio, alla rosa, al fieno greco, al rosmarino, alla ruta, ecc. I monaci farmacisti coltivano le piante e confezionano i vari medicamenti. Tra quelli che hanno avuto la maggiore longevità ci sono i liquori, come la Grande Chartreuse e la Benedectine, consigliati per i disturbi del tubo digerente e le affezioni delle vie respiaratorie. Al fianco dei dignitari del monastero che prescrivono i farmaci vi sono gli incaricati del deposito-laboratorio. Questi religiosi, che hanno la funzione di magazzinierifarmacisti, vengono chiamati speziali. Se il Medio Evo rappresenta per l’Europa la cosiddetta dark Age per il mondo arabo è l’epoca del massimo splendore. La civiltà araba detiene così, in quel tempo, anche il primato della conoscenza in ambito farmacologico. Le opere antiche e bizantine vengono tradotte in arabo ma al contempo la terapia si arricchisce di apporti specifici. Tra i testi medici bizantini ricordiamo il De arte medicinae di Alessandro di Tralle (VI secolo). Che introduce in terapia le pillole di Cinoglossa per combattere la tosse e i dolori respiratori, dei denti, delle orecchie e della vescica. Scorza di Cinoglosso 4 dracme e ½ Oppio 2 dracme Giusquiamo 4 dracme Mirra* 6 dracme “Far seccare questa scorza al sole, unirla al resto, far macerare l’oppio nell’acqua e formare delle pastiglie che saranno somministrate a seconda delle forze del malato” *La mirra proviene da un alberello d’Etiopia e di Somalia, la Commiphora abyssinica, dal quale si estrae per incisione un succo giallo che si trasforma in gocce rossastre dal sapore amaro (in arabo: mourr = amaro) Cynoglossum officinale L. Cynoglossum officinalis Usata in preparazioni erboristiche per tosse, catarro, diarrea, Se il Medio Evo rappresenta per l’Europa la cosiddetta dark Age per il mondo arabo è l’epoca del massimo splendore. La civiltà araba detiene così, in quel tempo, anche il primato della conoscenza in ambito farmacologico. Le opere antiche e bizantine vengono tradotte in arabo ma al contempo la terapia si arricchisce di apporti specifici. Nascono tre grandi scuole mediche: la Scuola Iraniana-Mesopotamica (Rhazes, Avicenna); la Scuola di Andalusia (Abulcasis, Averroé ); la Scuola del Cairo (Ibn El-Baitar, Ibn AnNafis). Lo stesso Maometto, appartenente alla tribù dei Koraichites, venditori di droghe e profumi, si interessò di terapia scrivendo un opera dal titolo La Medicina del Profeta. Gli arabi raccolgono l’eredita farmaceutica greca e latina, ma anche indiana, assira ed ebrea. Vengono introdotte nuove sostanze vegetali: l’anice, la noce vomica, la canfora, la cassia, lo zafferano, ecc. Ma soprattutto sostanze chimiche: l’alcool, il sublimato, la potassa, i sali d’oro, e l’acido acetico ad opera di Geber. Geber (Abu Musa Jiabir ibn Hayyan, VIII secolo) viene considerato il padre dell’alchimia. Geber ca. 721 - 815 E’ dalla cultura araba che nasce l’alchimia (i primi scritti appaiono in Egitto intorno al 180) che viene poi diffusa in Occidente. L’alchimia è una pratica empirica di duplice valenza: da una parte permette di sviluppare le conoscenze su alcune procedure di tipo chimico (distillazione, riscaldamento a bagnomaria, filtrazione), dall’altra spinge verso realizzazioni utopistiche (l’elisir di lunga vita, la pietra filosofale) I termini alambicco, alcool e sciroppo sono di origine araba, e la tecnica farmaceutica riceve un formidabile impulso dagli arabi. Il padre della medicina araba, Abu Bakr Mohammed ibn Zakariya al Rhazi (865925) noto come Rhazes, introduce in terapia molti composti chimici (ad es. l’antimonio, dal termine arabo athmond). Rhazes è anche noto per essere stato il primo a differenziare il morbillo dal vaiolo, per avere utilizzato il gesso per immobilizzare le ossa fratturate. Anche Avicenna (980-1037) introduce diversi composti chimici in medicina ad esempio: il borato, l’allume e il solfato di ferro. Il Canone della Medicina, che comprende anche una raccolta di medicamenti (semplici) e preparati farmaceutici (composti), è il più famoso degli oltre 200 libri di Avicenna. Tradotto in latino venne ampiamente letto in Europa e tra il 1500 e il 1674 ci furono oltre 60 edizioni del libro. Utilizzato come testo universitario, era ancora in uso nel 1650 all’Università di Montpellier. Abu Ali al-Husain ibn Abdallah ibn Sina Gli arabi separarono le due professioni del farmacista e del medico. A Bagdad nacque alla fine del VIII secolo la prima farmacia privata. Le prime Scuole Mediche in Europa Alla fine del IX la formazione dei medici, in Europa incomincia ad organizzarsi in maniera più strutturata con la nascita delle Scuole Mediche. La prima fu quella fondata a Salerno a cui seguono nei secoli successivi Bologna e Padova in Italia, Montpellier in Francia, Oxford in Inghilterra. La Scuola Medica Salernitana nasce sotto l’influsso sia della medicina monastica sia della tradizione medica araba. Fondata nel IX secolo (ma secondo alcuni studiosi risale al VI secolo), è il primo centro di medicina laica in Europa. La leggenda vuole che alla sua fondazione abbiano contribuito 4 medici: l’arabo Adela, il greco Pontus, il latino Salernus e l’ebreo Helenus. I personaggi della leggenda esprimono simbolicamente i filoni principali che dettero origine alla Scuola. La Scuola Salernitana è importante più che per l’innovazione per la conservazione e il mantenimento del sapere farmacologico. La tecnica farmaceutica fu comunque arricchita dalla Scuola salernitana. I procedimenti di lavorazione di origine araba, ad es. la distillazione, vennero perfezionati e aprirono la strada alle ricerche dei secoli successivi sull’estrazione di principi attivi dalle piante. Vanno anche ricordate alcune formulazioni farmaceutiche come gli sparadrappi e i cerotti per l’assorbimento cutaneo dei farmaci. La Scuola diventerà famosa soprattutto per la pubblicazione del Regimen Sanitatis Salernitanum, raccolta di norme igieniche e alimentari di incerta datazione (XII-XIII secolo). La tradizione vuole che il manualetto fosse stato richiesto ai medici salernitani da Roberto “Cortacoscia”, II duca di Normandia e pretendente alla corona inglese. E in effetti il manuale si apre con la dedica al re d’Inghilterra. Miniatura del Canone di Avicenna raffigurante la scena di Roberto che saluta i medici salernitani Va inoltre ricordato anche l’Antidotarium di Nicolao Preposito, direttore della Scuola negli anni intorno al 1150, dove sono elencati i metodi di preparazione dei medicamenti e codificati i criteri del loro utilizzo. La copertina della prima stampa del 1480 del regime salernitano Il massimo splendore della Scuola Salernitana si ha nel XI e XII secolo a cui segue la decadenza della Scuola anche per la decisione di Federico II (1194-1250), che inizialmente l’aveva protetta, di istituire l’Università a Napoli. In quel periodo sull’esempio arabo la distinzione tra medici e farmacisti viene riaffermata anche nel mondo occidentale. Nel 1240 Federico II emana le Ordinationes dove medicina e farmaceu-tica vengono codificate. “Un numero limitato di droghieri e farmacisti prestano il giuramento di preparare i medicinali secondo norme prestabilite e di venderli a prezzi fissi. I medici incaricati della sorveglianza non possono tenere bottega , né avere interessi in quelle dei farmacisti”. (J.C. Dousset. Storia dei medicamenti e dei farmaci. ECIG, 1989). Nascono così anche nel campo dei farmaci le prime corporazioni come quelle dei Confectionarii, preparatori di medicinali, e degli Stationarii, rivenditori degli stessi. Cronologia della Scienza - 4 - 1202 1249 Fibonacci afferma la superiorità del sistema numerico indiano Ruggero Bacone e gli occhiali 1280 1291 Il medico al-Qurashi descrive come il sangue passi ai polmoni Venezia; il vetro trasparente Il Milione di Marco Polo 1500 1320 1440 1454 1492 Introduzione della carta in Europa Niccolò Cusano: lo spazio infinito Gutenberg stampa del primo libro La scoperta dell’America 1510 Leonardo inventa la ruota idraulica 1298 1543 1543 1546 Copernico: De revolutionibus orbium caelestium Vesalio: De humani corporis fabrica Bauer e i fossili Leonardo seziona corpi umani 1582 Calendario gregoriano Con la nascita della stampa in Europa (XV sec.) compaiono numerose opere di terapia e si facilita la diffusione della cultura medica e farmaceutica. Nel 1498 viene stampata a Firenze, in lingua italiana, la prima Farmacopea Ufficiale: il Nuovo Receptario. Frutto della collaborazione tra la Gilda dei Farmacisti e la Società Medica, è uno dei primi esempi di lavoro interprofessionale nella storia. Il Nuovo Receptario, comprendente tre libri, contiene consigli per la raccolta e la conservazione delle piante, note sulle falsificazioni, modalità di confezione dei medicamenti, nonché gli elenchi delle sostanze allora conosciute. “L’elactovario oppiato non deve essere usato finché non ha almeno sei mesi di bottiglia, per cui deve essere indicata la data di preparazione o altrimenti dannata l’anima sua”. (J.C. Dousset. Storia dei medicamenti e dei farmaci. ECIG, 1989). Altra importante Farmacopea fu quella di Norimberga, stampata nel 1546, il Pharmacorum Conficiendorum ratio, vulgo vocant Dispensatorium di Valerius corpus. La Farmacopea di Norimberga servì da modello a quelle di altre città. La prima enciclopedia medica era stata pubblicata in Europa già nel 1473. Thephrastus Bombastus von Hohenheim (Einsiedeln 1493- Salisburgo 1541) Meglio noto con il nome di PARACELSO. Medico, filosofo naturale, alchimista fu uomo medievale e rinascimentale allo stesso tempo. Dalla personale esperienza con i malati trae l’aforisma anti-galenico similia similibus curantur inteso in senso antropologico più che farmacologico: •L’infermo si cura con l’infermiere •Il povero con il medico dei poveri •L’uomo dei campi con il medico di campagna “Il buon medico è la prima medicina” Si delinea sullo sfondo il concetto di placebo. A Paracelso la farmacologia deve un rinnovato progresso metodologico: la necessità della sintesi tra riflessione teorica ed esperienza. Applica alchimia e astrologia all’arte medica e costruisce un impianto teorico fondato sull’intuizione delle corrispondenze tra uomo e astri, i cui ingredienti fondamentali sono: Zolfo, Sale, Mercurio (tria prima). La malattia è causata dallo squilibrio di questi tre elementi. Contrario alla fitoterapia, è il precursore della iatrochimica , la chimica medica basata sulla distillazione e l’analisi dei minerali, progenitrice della chimica. Ha reintrodotto in terapia l’oppio, ha individuato lo zinco, il nitrato d’argento, il sublimato corrosivo e i sali di antimonio come precursori di farmaci. Per primo ha utilizzato l’etere identificandone l’azione anestetica. Uno dei suoi più grandi successi fu l’utilizzo del mercurio per curare la sifilide. Malattia infettiva a trasmissione sessuale. All'epoca si usavano salassi, lo spurgo, il rigurgito, i lavaggi, ecc. Nulla potevano queste pratiche contro tale malattia che verso la fine del XV secolo colpì l'Europa in forma epidemica. A Bologna Jon Carpus, illustre chirurgo e anatomista, eccelleva nella tecnica della salivazione indotta col mercurio. Paracelso apprese le proprietà del mercurio e riuscì a preparare delle pillole. La cura diveniva meno aggressiva di quella usata da Carpus, in questo modo fu in grado di curare oltre alla sifilide anche la scabbia, la lebbra, le ulcere e persino la gotta. Certo non senza provocare anche notevoli danni ai pazienti. La sua fama aumentò rapidamente, tanto che gli fu offerta la cattedra di medicina all‘Università di Basilea. Al suo discorso pubblico di fronte all'università disse "Sappiate dottori, che la mia barba ha più esperienza di tutte le vostre università, il più sottile capello della mia nuca ne sà più di tutti voi, le fibbie delle mie scarpe sono più sapienti dei vostri sapienti più famosi." Era talmente pieno di sé, d’altra parte fu lui a chiamarsi Paracelso ovvero più grande di Celso (massima autorità medica nel I secolo d.C.), che gli inglesi inventarono il termine bombastic per definire le persone arroganti. E' facile immaginare l'indignazione che provocò, quando alla sua prima lezione (nel 1527) si fece portare un vaso in ottone e dopo averlo riempito di zolfo e salnitro vi appiccò il fuoco bruciando i libri di Galeno e Avicenna. A causa del suo carattere focoso, le sue lezioni pian piano furono disertate dagli studenti, e Paracelso iniziò a bere, tanto che ben presto lo additarono come ubriacone. Dovette lasciare la cattedra per riprendere i suoi vagabondaggi. Morì a Salisburgo, vicino al caminetto dell'osteria il Cavallo Bianco. Cronologia della Scienza - 5 - 1590 Janssen inventa il microscopio 1616 1592 1604 Galilei inventa il termometro 1628 Galilei scopre l’accelerazione 1632 1605 Bacone e il “metodo scientifico” 1637 Harvey e la circola- Macchina a vapore Galilei: Dialogo Cartesio: zione sanguigna di Somerset sopra i due massimi Discorso sul sistemi del mondo Metodo 1656 Huygens costruisce il primo orologio di precisione 1665 R. Hooke e la cellula 1667 1611 1677 Woodall e lo scorbuto 1642 Pascal inventa la prima calcolatrice 1687 La prima trasfusione A. van Leeuwenhoek Newton: Principi di sangue scopre gli spermatozoi matematici della filosofia naturale Nel 1608 esce il De distillatione, opera di G. Battista Della Porta composta da 9 libri in cui l’autore indica gli usi della distillazione nella preparazione dei farmaci. Nel 1618 viene pubblicata la Pharmacopeia londonensis. Primo ricettario per medici e farmacisti a introdurre l’uso di rimedi chimici in medicina, tradizionalmente osteggiati dai difensori di Galeno. La Farmacopea londinese fu curata da Theodore Turquet de Mayerne (1573-1655), medico ugonotto nato a Ginevra. Dopo essere stato medico personale di Enrico IV, a Parigi, si stabilì a Londra dove fu medico di Giacomo I, Carlo I Stuart e Carlo II. Strenuo difensore dell’uso dei rimedi chimici in medicina ebbe memorabili diatribe con la Facoltà Medica di Parigi. Si interessò anche alla chimica dei pigmenti collaborando con diversi pittori suoi amici, tra i quali Rubens e Van Dyck. Nel XVII secolo, pur tra contrasti, si diffonde l’utilizzo di sostanze chimiche come rimedi terapeutici. In particolare l’antimonio, contenuto nel vino emetico e nelle pillole perpetue, viene molto apprezzato alla corte di Francia soprattutto da Madame de Sévigné. Si intensificano anche nuove scoperte di chimica. Nel 1616 Wieker isola, dall’acqua di Epsom, il solfato di magnesio. Nel 1625 Glauber indica per la prima volta come si prepara l’acido cloridrico con il sale e il vetriolo. Il solfato di sodio formato durante l’esperimento viene ancora chiamato sale di Glauber. Altro lassativo scoperto in quel secolo è il tartrato doppio di sodio e potassio, il sale di Seignette dal nome del suo scopritore Cronologia della Scienza - 6 - 1734 1742 C. Linneo e la sistematica delle piante 1772 1751 La scala Celsius della temperatura Prima enciclopedia moderna in Francia 1780 1752 1764 B. Franklin e il parafulmine Cavendish scopre l’idrogeno 1780 1783 1784 Lavoisier dimostra Macchina a vapore Gli esperimenti di La Mongolfiera Cavendish scopre che i diamanti sono di Watt Galvani con le rane la composizione fatti di carbonio dell’acqua 1790 Viene introdotto in Francia il sistema metrico decimale 1800 Volta inventa la pila 1803 1804 1811 Dalton e gli atomi Il treno a vapore di Trevithick La notazione chimica di Berzelius SCHEELE - GREATEST OF THE PHARMACISTS-CHEMISTS Carl Wilhelm Scheele nacque a Stralsund in Pomerania nel 1742. La sua vita si svolse in Svezia, dopo un apprendistato di 8 anni in una farmacia di Göteborg divenne farmacista a Malmö e Stockholm. Infine dopo alcuni anni ad Uppsala comprò una farmacia a Köping, dove morì nel 1786. Nel 1771 o 72 Scheele produsse per primo l’ossigeno. Tuttavia per lungo tempo, a causa di un ritardo nella pubblicazione dei risultati, il merito di questa scoperta venne attribuita a Joseph Priestley (tra l’altro l’inventore dell’acqua gasata) che aveva raggiunto indipendentemente lo stesso risultato nel 1774. Frontespizio della seconda edizione del libro di Scheele, la prima fu pubblicata in Svezia nel 1777. Come il chimico inglese, Scheele sottolineò la capacità di questo gas di mantenere meglio dell'aria la combustione e la respirazione, e, in relazione a questi fenomeni, avanzò significative critiche alla teoria del flogisto, in seguito definitivamente confutata da Lavoisier La teoria del flogisto era stata elaborata dal chimico tedesco Georg Ernst Stahl, intorno al 1690, che aveva ipotizzato che ogni sostanza combustibile possedesse un fattore comune, battezzato con il nome di flogisto (dalla parola greca indicante la fiamma) Il flogisto, secondo Stahl, dava ai composti la capacità di infiammarsi. Quando una di tali sostanze brucia, perde la sua componente flogistica e il fuoco individua il rapido passaggio del flogisto all'esterno della sostanza. La teoria del flogisto appariva così chiara e perfetta che fu catalogata come una delle più grandi scoperte dell'epoca e rimase nella mente dei chimici per quasi un secolo Scheele non ha eguali nella storia per il numero di sostanze chimiche scoperte, nonostante la scarsità di mezzi e l’inadeguatezza del suo laboratorio. La prima sostanza che isolò fu l’acido tartarico, seguirono l’acido arsenico, il molibdeno, l’acido lattico, il tungsteno e l’acido prussico. Isolò e investigò anche gli acidi citrico, mallico, ossalico e gallico. La sua analisi del diossido di manganese lo portò alla scoperta del cloro e dell’ossido di bario. Ulteriori scoperte di Scheele furono la glicerina, il solfuro d’idrogeno, il cianuro d’idrogeno e il fluoruro d’idrogeno. Nel febbraio 1775, Carl Scheele fu eletto membro della Royal Academy of Sciences svedese, onore mai attribuito ad un farmacista. L’esposizione a tante sostanze tossiche minò la sua salute e Carl Scheele morì a 43 anni il 26 maggio 1786.