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PROCESSO IN ABSENTIA E IMPUTATO LATITANTE di Guido

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PROCESSO IN ABSENTIA E IMPUTATO LATITANTE di Guido
Approfondimenti
G. Colaiacovo
PROCESSO IN ABSENTIA E IMPUTATO LATITANTE
di Guido Colaiacovo
(Dottore di ricerca in diritto e procedura penale nell’ Università Sapienza Roma)
SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. La latitanza quale presupposto per la celebrazione del giudizio in
absentia. – 3. Profili problematici alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei
diritti dell'uomo. – 4. La sospensione del processo nei confronti dell'imputato latitante. –
5. L'accesso del latitante ai rimedi restitutori.
1. La recente ristrutturazione del processo in absentia 1 e la modifica dei
presupposti che ne legittimano l’instaurazione suggeriscono di rivolgere l'attenzione
ai rapporti tra il nuovo rito e la latitanza. Quest'ultima, infatti, insieme
all'irreperibilità e all'assenza, e all’interno del più ampio tema della partecipazione
dell'imputato al processo, presentava significativi punti di contatto con l’istituto della
contumacia2, che la l. 28.4.2014 n. 67 ha espunto definitivamente dall'ordinamento
processuale penale italiano 3 . Se attualmente assenza e irreperibilità sembrano
assorbite nel meccanismo disciplinato dagli artt. 420-bis Cpp e seguenti, nel cui
ambito si trovano ad operare4, la latitanza continua a presentare dei tratti peculiari
che fanno sorgere il dubbio sulla possibilità di instaurare il processo in assenza nei
confronti di colui che si sia dato alla fuga.
1
Sull'argomento, anche per rilievi particolarmente critici, ex plurimis: AA.VV., Il giudizio in assenza
dell'imputato, a cura di D. Vigoni, Torino 2014, passim; AA.VV., Le nuove norme sulla giustizia penale,
a cura di C. Conti, A. Marandola e G. Varraso, Padova 2014, passim; D. Chinnici, Sospensione del
processo nei confronti degli irreperibili, in Il libro dell'anno del diritto 2015, Roma 2015, 573; C. Conti,
Processo in absentia a un anno dalla riforma: praesumptum de praesumpto e spunti ricostruttivi, in
DPP 2015, 461; A. Mangiaracina, Il “tramonto” della contumacia e l'affermazione di un'assenza
multiforme, in LP 2014, 556; P. Tonini – C. Conti, Il tramonto della contumacia, l'alba radiosa della
sospensione e le nubi dell'assenza “consapevole”, in DPP 2014, 509. Per una panoramica sulle
problematiche del giudizio contumaciale e sulle prospettive di riforma, AA.VV., Vecchie e nuove
problematiche in tema di contumacia, in LP 2004, 585.
2
Sul punto, S. Quattrocolo, Contumacia (dir. pen. proc.), ED, Annali II (t. I) 2008, 140.
3
In senso contrario, tuttavia, G. Ubertis, “Truffa delle etichette” nel processo penale: la “contumacia” è
diventata “assenza”, in CP 2015, 931, secondo il quale, in realtà, le modifiche legislative sarebbero solo
apparenti.
4
In effetti, lo snodo procedurale disciplinato dagli articoli appena citati esita o in una ordinanza con
la quale si dispone di procedere nei confronti dell'assente o in un'ordinanza con la quale si sospende
il processo nei confronti dell'irreperibile. In questa ottica, secondo P. Tonini - M. Ingenito, La
sospensione del processo contro l'irreperibile e la frattura legislativa tra vecchia contumacia e nuova
assenza, in AA.VV., Le nuove norme, cit., 183, le ipotesi che prima davano luogo alla contumacia si
sono scisse in due istituti completamente differenti: l'irreperibilità con sospensione e l'assenza.
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G. Colaiacovo
2. Latitante, secondo la nozione dell'art. 296 Cpp e per quanto di interesse in
questa sede, è colui che si sottrae volontariamente all'esecuzione di una misura
cautelare coercitiva 5 : affinché sia emesso il decreto che dichiara tale qualità, è
necessario che il fallimento del tentativo di eseguire il provvedimento restrittivo della
libertà sia determinato da una scelta in tal senso di colui che ne è destinatario 6.
L'elemento soggettivo, quindi, è il tratto caratterizzante dell'istituto e pertanto deve
essere oggetto di un rigoroso accertamento da parte dell'autorità giudiziaria,
chiamata a valutare, ai sensi dell'art. 295 Cpp, le informazioni che gli organi incaricati
dell'esecuzione hanno riversato nel verbale di vane ricerche7. Dunque, la prova deve
essere raggiunta oltre il ragionevole dubbio 8 e il giudice deve esaustivamente
motivare sul punto, indicando i dati che sostengono il suo convincimento9. In altre
parole, non potrà dichiararsi la latitanza qualora le indagini non siano complete
ovvero qualora, nonostante siano stati percorsi tutti i sentieri investigativi, residuino
dubbi sulle ragioni per le quali non è stato possibile rintracciare il ricercato 10.
La possibilità di procedere in assenza, come prescrive l’art. 420-bis Cpp, al fine
di evitare la celebrazione del giudizio nei confronti di imputati che non siano a
5
La latitanza è un istituto non esclusivo della fase processuale, potendo trovare applicazione anche
nelle indagini o durante l’esecuzione; così, secondo l'art. 296 Cpp, si può distinguere una latitanza
esecutiva (la volontaria sottrazione a un ordine con il quale si dispone la carcerazione), da una
latitanza processuale (sottrazione a un'ordinanza che dispone la custodia cautelare in carcere, gli
arresti domiciliari, l'obbligo di dimora, il divieto di espatrio); sul punto, volendo G. Colaiacovo, Il
latitante, Padova 2015, 44. Qui rileva solo la seconda, poiché l'altra non interferisce con
l'instaurazione del rito in absentia.
6
Suggestivamente, si potrebbe descrivere questo profilo dell'istituto attraverso un parallelo con i
criteri di imputazione dell'illecito penale, in particolare con il dolo: la volontarietà della sottrazione
richiede che il soggetto sia in grado di rappresentarsi l'esistenza di tutti gli elementi del fatto – che,
essenzialmente, si risolvono nella avvenuta emissione del provvedimento cautelare e nella sua
prossima esecuzione – e, quindi, voglia tanto la condotta che il suo evento finale, ossia l'elusione
della cattura. Sul punto, anche per ulteriori richiami di dottrina e giurisprudenza, sia consentito il
rinvio a G. Colaiacovo, Il latitante, cit., 59 ss.
7
Sul tema delle ricerche necessarie per addivenire alla declaratoria di latitanza, recentemente: Cass.
S.U. 27.3.2014 n. 18822, in CP 2015, 3973, con osservazioni di G. Colaiacovo.
8
Sulla prova oltre il ragionevole dubbio di temi differenti dalla colpevolezza, P. Ferrua, La prova nel
processo penale, I, Torino 2015, 89.
9
La dottrina maggioritaria ritiene che il decreto che dichiara la latitanza non deve essere motivato,
ma deve contenere un semplice riferimento alla completezza delle indagini svolte, la cui mancanza,
peraltro, non è sanzionata da nullità, ma costituisce una mera irregolarità (sul punto, per i richiami
di dottrina e per una differente soluzione: G. Colaiacovo, Il latitante, cit., 124).
10
In questo caso, le ricerche dovrebbero proseguire, finché non si riesca a pervenire alla cattura del
ricercato ovvero all’acquisizione di elementi utili per la declaratoria di latitanza. Questa situazione di
fatto potrebbe protrarsi anche per un periodo di tempo consistente, al punto tale da far sorgere il
quesito sulle conseguenze che riverbera sulla instaurazione della fase processuale. Si ritiene che, in
assenza di una formale declaratoria di latitanza, il soggetto debba essere trattato alla stregua di un
qualsiasi altro imputato e, pertanto, si potrà procedere in absentia qualora siano stati compiuti atti
rilevanti ai sensi dell’art. 420-bis Cpp, ovvero si dovrà ordinare la sospensione, qualora l’imputato si
trovi nella condizione indicata dall’art. 420-quater Cpp.
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conoscenza dell'attivazione del meccanismo giudiziario, è subordinata alla verifica di
taluni elementi, in mancanza dei quali non potrà darsi inizio al processo11.
Si evince che il legislatore ha regolato la materia secondo disposizioni che
soltanto in apparenza contengono criteri tassativi: a fronte dell'indicazione di
specifici atti, le clausole residuali della volontaria sottrazione e della certezza del
giudicante circa il fatto che l'imputato sia a conoscenza del procedimento, per la loro
indeterminatezza, rischiano di dilatare oltremodo il campo di applicazione. Pertanto,
è opportuno elaborarne una interpretazione restrittiva 12, orientata dalla necessità di
evitare che, in concreto, siano depotenziati i profili di innovazione della riforma 13,
dando luogo a nuovi contrasti con i principi di rango sovranazionale.
Delineati sommariamente i punti focali, si può collocare il latitante nelle nuove
scansioni procedimentali.
Due sono le prospettive di indagine: poiché la fuga del destinatario di una
misura cautelare è evento che può verificarsi in ogni momento del procedimento o
del processo14, si deve distinguere il caso di colui che si sia dato alla fuga dopo il
compimento di uno degli atti indicati nella prima parte dell'art. 420-bis Cpp, che
corrisponde alla latitanza qualificata, da quello di colui che, invece, lo abbia fatto in
un momento antecedente, che corrisponde alla latitanza semplice. Di queste ipotesi
soltanto la seconda è rilevante poiché il latitante qualificato verserà nella condizione
di un qualsiasi altro imputato15.
Dunque, si deve concentrare l'attenzione sulla latitanza semplice poiché, in
questo caso, la sottrazione all'esecuzione di una misura cautelare rappresenta l'unico
o il fondamentale dato dal quale il giudice può trarre argomenti per motivare la
decisione sull'instaurazione del rito in absentia. Si tratta, quindi, di verificare come e
11
Precisamente, si potrà procedere in assenza qualora l'imputato: abbia ricevuto personalmente la
notifica dell'avviso dell'udienza, ovvero, anche se impedito, abbia acconsentito alla celebrazione del
processo; nel corso del procedimento abbia compiuto determinati atti (elezione di domicilio o
nomina del difensore di fiducia) o li abbia subiti (misure precautelari o cautelari); si sia sottratto
volontariamente alla conoscenza del procedimento ovvero di atti del medesimo o, infine, qualora il
giudice ritenga che sia certamente a conoscenza del procedimento. Su tali presupposti, anche per
l'individuazione delle criticità, D. Negri, Il processo nei confronti dell'imputato “assente” al tortuoso
crocevia tra svolgimento e sospensione, in AA.VV., Strategie di deflazione penale e rimodulazione del
giudizio in absentia, Torino 2015, 206 ss.
12
Come nota A. Mangiaracina, Il “tramonto” della contumacia e l'affermazione di un'assenza
multiforme, cit., 568, la scorretta applicazione di queste formule di chiusura rischierebbe di
vanificare l'intento perseguito dalla novella.
13
In questa ottica, è stata manifestata la preoccupazione che la formulazione della disposizione possa
consentire interpretazioni sostanzialmente analoghe a quelle che, in molti casi, hanno trasformato il
processo in contumacia in un mero simulacro sotto il profilo dell'effettiva garanzia dei diritti
dell'imputato (R. Bricchetti - L. Pistorelli, Ipotesi tipizzate per la celebrazione del rito, in GD 2014, 21,
97).
14
A titolo esemplificativo, il soggetto può fuggire da una misura cautelare disposta ai sensi dell'art.
275 co. 2-ter Cpp, in un momento, quindi, nel quale è stata già risolta ogni questione relativa alla
procedibilità in assenza.
15
In questo caso, comunque, la declaratoria di latitanza potrà essere utile a rafforzare la capacità
dimostrativa degli altri indici di conoscenza del procedimento.
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se possono interagire il tratto peculiare della latitanza e le clausole che chiudono
l'art. 420-bis Cpp.
Prima facie, una forte suggestione deriva dalla assonanza dei termini utilizzati
dal legislatore, che indurrebbe a elaborare un'equazione secondo la quale chi si
sottrae volontariamente all'esecuzione di una misura cautelare realizza una condotta
rilevante anche ai fini della procedibilità in assenza. L'assunto, tuttavia, merita di
essere approfondito per evitare che si trasformi in una semplificazione troppo
pericolosa per la salvaguardia del diritto dell'imputato a partecipare al processo.
Si deve allora individuare il significato da attribuire alla fuga dell'imputato.
Tenendo a mente quanto si è detto a proposito degli elementi costitutivi della
latitanza, si può affermare che il fuggitivo è consapevole di essere oggetto delle
attenzioni dell’autorità giudiziaria, non potendo altrimenti concepirsi la formazione
di una volontà tesa a frustrare l'esecuzione del provvedimento coercitivo. Nella stessa
ottica, poi, si può aggiungere che il catturando è anche consapevole del fatto che
l’addebito penale formulato nei suoi confronti ha raggiunto notevole consistenza se
sono stati acquisiti elementi che hanno consentito di emettere un provvedimento
limitativo della libertà personale. Si perviene, allora, a una prima conclusione, ossia
che il giudice chiamato a compiere la valutazione ex art. 420-bis Cpp sulla scorta
della motivazione del decreto che dichiara la latitanza 16, possiede dati sufficienti per
affermare che l'imputato è a conoscenza del procedimento17.
Lo stesso elemento, poi, consente di raggiungere un altro approdo, questa
volta relativo alla volontà dell'imputato di sottrarsi alla conoscenza degli atti del
procedimento18: colui che decide di darsi alla fuga facendo perdere le proprie tracce,
infatti, è perfettamente consapevole che questa condotta porterà con sé l'ulteriore
conseguenza che l'autorità giudiziaria sarà impossibilitata a raggiungerlo per
notificargli gli atti del procedimento19.
Questa lettura degli artt. 296 e 420-bis Cpp, da un lato, sembra conciliare le
singole previsioni codicistiche, e, dall'altro lato, appare anche rispettosa della
necessità di fare un uso scrupoloso delle clausole di chiusura dell'art. 420-bis Cpp,
che vengono applicate soltanto a fronte dell'acclarata consapevolezza dell'imputato
di essere coinvolto, quale protagonista, in un processo penale.
16
Secondo A. Mangiaracina, Il “tramonto” della contumacia e l'affermazione di un'assenza multiforme,
cit., 57, in tale frangente è necessaria una verifica ad ampio raggio, che tenga conto dello specifico
patrimonio di conoscenze del soggetto in relazione all'indagine a suo carico.
17
Così anche S. Chimici, Art. 625-ter: la rescissione del giudicato, in AA.VV., Le nuove norme, cit., 327
nt. 18.
18
Si ritiene che non si possa parlare di sottrazione alla conoscenza del procedimento poiché colui che
si dà alla fuga non può non essere a conoscenza del procedimento del quale la misura cautelare
costituisce un atto. Sulla distinzione tra la volontaria sottrazione al procedimento o ai suoi atti: D.
Potetti, La conoscenza del procedimento e il rifiuto di conoscenza nel nuovo giudizio in assenza, in CP
2014, 4187 ss.
19
In questo senso, G. Pavich, Prime questioni applicative sulla sospensione dei processi in absentia, in
CP 2015, 948.
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3. A questo punto, si può collaudare la conclusione appena raggiunta
attraverso una “prova di resistenza” con i principi enunciati nella Convenzione
europea dei diritti dell'uomo e nelle decisioni dei giudici di Strasburgo, che più volte
hanno reso manifesta l'iniquità del processo contumaciale italiano 20, costringendo il
legislatore a intervenire 21 . Parte della dottrina ha basato proprio su questo
compendio la convinzione che la latitanza semplice non possa di per sé supportare
l'instaurazione del processo in absentia22.
Si deve verificare, allora, la compatibilità dell'interpretazione del dato
legislativo proposta con l'impianto dei diritti fondamentali, alla luce del rilievo che
assumono in virtù della loro trasposizione nell'ordinamento nazionale 23. In estrema
sintesi, secondo la Corte europea dei diritti dell'uomo, la celebrazione del processo
reo absente non è contraria allo spirito della Convenzione qualora siano rispettate
alcune condizioni. In primo luogo, l'imputato deve essere posto a conoscenza
dell'instaurazione del processo a suo carico e, perciò, assume particolare rilievo
l'accuratezza delle ricerche condotte al fine di eseguire correttamente le notifiche
20
Alla luce delle sentenze di condanna pronunciate dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, si
ritiene che tale iniquità non sia stata determinata dalla disciplina del rito contumaciale, ma,
piuttosto, dalla sua applicazione pratica. In questo senso, come nota H. Belluta, Le impugnazioni
come rimedi ripristinatori: verso il giusto processo in assenza dell'imputato, in AA.VV., Strategie di
deflazione penale, cit., 250, «il difetto originario della pregressa disciplina della contumacia non
risiedeva tanto nel considerare in modo negativo quell'imputato che, conscio del processo a suo
carico, se ne disinteressasse; quanto, invece, nel non riuscire davvero a distinguere tra imputato
contumace perché decisosi in tal senso e imputato contumace perché ignaro dell'esistenza del
processo penale. Una linea di demarcazione troppo sfumata tra conoscenza legale e conoscenza reale
del processo ha generato una sostanziale confusione tra il contumace e l'irreperibile, tra mancanza di
volontà e impossibilità (per ignoranza) di prendere parte alla dinamica rituale».
21
Cfr. G. Lattanzi, Costretti dalla Corte di Strasburgo, CP 2005, 1125. Sul punto, anche M. Chiavario,
Diritto processuale penale6, Torino 2015, 170 ss.
22
In questo senso, D. Negri, Il processo nei confronti dell'imputato “assente” al tortuoso crocevia tra
svolgimento e sospensione, in AA.VV., Strategie di deflazione penale, cit., 206 ss. p. 222; S. Marcolini, I
presupposti del giudizio in assenza, in AA.VV., Il giudizio in assenza, cit., 159 ss.
23
Particolarmente complessa è la tematica concernente l’interpretazione e l’applicazione dei principi
della Convenzione e delle statuizioni della Corte nell’ordinamento interno. Si tratta di combinare le
regole legislative del nostro ordinamento con quelle giurisprudenziali della Corte europea, il che
richiede un non facile adattamento di apparati concettuali e strumenti giuridici (G. Lattanzi, Aspetti
problematici dell'esecuzione delle sentenze della Corte edu in materia penale, CP 2014, 3203).
Sull’incidenza della Convenzione e delle sentenze della Corte nell’ordinamento italiano cfr., ex
plurimis: M. Chiavario, La Convenzione europea dei diritti dell’uomo nel sistema delle fonti normative
in materia penale, Milano 1969, passim; G. De Amicis, Gli effetti processuali delle sentenze della Corte
Edu, in AA.VV., L’evoluzione giurisprudenziale nelle decisioni della Corte di cassazione, Milano 2013,
469 ss; G. Ubertis, Ancora sull’efficacia della giurisprudenza di Strasburgo, in Argomenti di procedura
penale, IV, Milano 2016, 117; R. Aprati, Il “protocollo” dell'interpretazione convenzionalmente
orientata, in CP 2015, 3902. L’armonizzazione tra gli ordinamenti, peraltro, è ancor più difficoltosa in
materia di contumacia, laddove le sentenze dei giudici dei diritti fondamentali risentono delle
specificità di ciascuna disciplina nazionale (così, D. Negri, L'imputato presente al processo – Una
ricostruzione sistematica, Torino 2014, 157). Del resto, la stessa nozione di diritto a partecipare al
processo, non essendo espressamente contemplata nella Convenzione, è il risultato dell'attività
interpretativa della Corte di Strasburgo; rilievi particolarmente critici sul valore delle decisioni della
Corte europea in P. Ferrua, Giustizia del processo e giustizia della decisione, in DPP 2015, 1204.
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degli atti e di procurare la conoscenza dell'accusa in capo all'interessato. In secondo
luogo, si dovrà accertare che la mancata comparizione sia una scelta consapevole
dell'imputato, che, una volta a conoscenza dell'accusa, ha rinunciato a esercitare il
diritto di partecipare al processo. Infine, devono essere predisposti adeguati rimedi di
carattere restitutorio che consentano al soggetto nei cui confronti si sia proceduto
ingiustamente in assenza di ottenere un nuovo giudizio e di essere in tal modo
reintegrato nell'esercizio dei diritti che discendono dalla partecipazione personale al
processo24.
Compiuta la “mappatura” dei precedenti, si deve procedere alla comparazione
tra norme interne e sovranazionali per armonizzare l'interpretazione delle prime ai
precetti delle seconde.
Il punto cruciale della questione si colloca nella fase genetica della latitanza,
ossia nel delicato passaggio procedimentale nel quale il giudice valuta la sussistenza
degli elementi costitutivi della latitanza attribuendo tale qualità all'imputato25.
In effetti, il corretto svolgimento delle ricerche da parte degli organi incaricati
dell'esecuzione della misura cautelare consente di acquisire elementi utili per
escludere che l'impossibilità di reperire il soggetto sia determinata da fattori diversi
dalla sua volontà di sfuggire alla cattura. Il raggiungimento di questo primo risultato
apre la strada all'applicazione delle previsioni contenute nella Risoluzione n. 75/11 del
21 maggio 1975 adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa e
contenente le regole minime per il processo contumaciale. Secondo la prima e la
sesta regola, infatti, i diritti partecipativi dell'imputato possono essere limitati
qualora si sia accertato che questi ha deliberatamente cercato di sottrarsi alla
giustizia26. Benché l'applicabilità di queste regole sia stata esclusa da parte della
dottrina 27 , l'accertamento della volontaria sottrazione all'esecuzione di un
provvedimento cautelare costituisce estrinsecazione dell'intenzione di sottrarsi alla
giustizia e come tale va trattata sotto il profilo processuale. Del resto, se tali clausole
operassero nel solo caso in cui il fuggitivo abbia già avuto conoscenza ufficiale del
procedimento a suo carico, l'instaurazione del rito in assenza finirebbe per poggiare
su altri presupposti, e la latitanza costituirebbe un dato giuridicamente utile solo a
fini argomentativi.
In questa ottica, poi, il ricorso alla clausola “anti-abusiva”28 contenuta nella
Risoluzione citata consente anche di escludere violazioni del diritto dell'imputato a
24
Sul punto, diffusamente, D. Negri, L'imputato presente, cit., 127 ss; nonché E. Dei-Cas, Il
procedimento penale nei confronti di imputati irreperibili tra giurisprudenza della Corte europea e
normativa interna, in AA.VV., Le nuove norme, cit, 198 ss., e P. Moscarini, Una riforma da tempo
necessaria: l'abolizione della contumacia penale e la sospensione del processo contro l'imputato
irreperibile, in AA.VV., Le nuove norme, cit., 239 ss.
25
Sul punto, G. Colaiacovo, Il latitante, cit., 107 ss. Tale accertamento, nella dinamica del
procedimento in absentia, assume capitale rilievo in ragione del fatto che, come si vedrà, il decreto
segnerà il destino processuale dell'imputato, seguendolo fino alla fase delle impugnazioni
straordinarie.
26
Sul punto, G. Ubertis, Dibattimento senza imputato e tutela del diritto di difesa, Milano 1984, 129.
27
S. Marcolini, I presupposti del giudizio in assenza, in AA.VV., Il giudizio in assenza, cit., 159.
28
La definizione è di S. Marcolini, I presupposti del giudizio in assenza, in AA.VV., Il giudizio in
assenza, cit., 159.
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conoscere l'accusa. In primo luogo, infatti, l'aver percepito, in termini concreti,
l'attivazione del meccanismo cautelare nei propri confronti consente anche di
ritenere che l'imputato è consapevole dei motivi di fatto che sostengono l'accusa29; in
secondo luogo, come detto, l'impossibilità di fornire ulteriori specificazioni deve
essere addebitata alla condotta che l'imputato ha deciso di porre in essere 30.
Affinché, tuttavia, la statuizione sulla procedibilità in assenza sia davvero
rispettosa delle prescrizioni sovranazionali non possono trovare cittadinanza
nell'ordinamento processuale declaratorie di latitanza fondate su ricerche
incomplete, presunzioni o altre applicazioni superficiali delle disposizioni normative
in materia 31 che rischiano di relegare in una posizione defilata il connotato
fondamentale dell'istituto, ossia l'elemento psicologico32. Anche perché, a ben vedere,
proprio la scorretta applicazione di tali disposizioni più volte ha costituito la ragione
fondamentale della condanna riportata dall'Italia a Strasburgo33.
4. La convinzione che la procedibilità in assenza del latitante costituisce la
regola è confortata anche dalla speculare analisi sulla possibilità di sospendere il
processo nei suoi confronti, che dovrebbe essere la conclusione alla quale si
perverrebbe nel caso in cui non si ritenesse che la latitanza semplice sia inquadrabile
nelle clausole finali dell'art. 420-bis Cpp.
Tale alternativa, tuttavia, non appare percorribile.
Si è detto che il giudice, nel momento in cui si accinge a compiere la verifica ex
art. 420-bis Cpp, potrà rivalutare gli elementi che hanno condotto all'emissione della
declaratoria di latitanza, non costituendo il decreto ex art. 295 Cpp un elemento
idoneo a radicare una presunzione assoluta di conoscenza del processo in capo
all'imputato34. Tuttavia, qualora dovesse giungere alla differente conclusione che le
29
Nel senso che la latitanza, ove correttamente dichiarata, equivale alla conoscenza del processo e
alla “sostanza” dell'accusa (Cass. S.U. 27.3.2014, cit.).
30
Beninteso: dietro questa affermazione non si celano intenti persecutori nei confronti del latitante,
che pure hanno caratterizzato la storia dell'istituto. Su quest'ultimo aspetto, Foschini, La latitanza,
Milano 1943, passim.
31
Paventa questo rischio S. Marcolini, I presupposti del giudizio in assenza, in AA.VV., Il giudizio in
assenza, cit., 159.
32
La volontarietà della sottrazione, in questa ottica, rappresenta il tratto che distingue la latitanza
dall'irreperibilità: è ricorrente, in giurisprudenza e in dottrina, l'affermazione secondo la quale
mentre la prima è determinata da una scelta volontaria dell'imputato, la seconda è una situazione di
fatto che può essere anche involontaria e incolpevole (Cass. 18.12.1997 n. 5807, in CEDCass, m.
210752; per ulteriori richiami, G. Colaiacovo, Il latitante, cit., 89)
33
Tanto nel caso Colozza (C. eur., 12.2.1984, Colozza c. Italia, in CP 1985, 1247) quanto nel caso
Somogyi (C. eur., 18.5.2004, Somogyi c. Italia, in CP 2004, 3797) le statuizioni di condanna trovano la
loro origine in una gestione negligente della fase investigativa: nel primo, infatti, l'imputato, prima di
essere dichiarato latitante e poi contumace, non fu accuratamente ricercato; nel secondo, invece,
l'avviso di fissazione dell'udienza preliminare fu notificato all'estero tramite lettera raccomandata e
non fu dato ascolto all'imputato che disconosceva la firma apposta sulla cartolina attestante la
ricezione dell'atto.
34
Questo accertamento, peraltro, deve essere compiuto ogniqualvolta si proceda alla verifica in
ordine alla costituzione delle parti, sia in udienza preliminare, sia negli atti introduttivi del
dibattimento, sia in appello.
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ricerche effettuate dalla polizia giudiziaria non siano state esaustive o non
consentano di ritenere con certezza che l'impossibilità di eseguire la misura cautelare
sia stata determinata dalla volontà del ricercato, dovrà emettere un provvedimento
diverso da quello previsto dall'art. 420-quater Cpp, dichiarando la nullità del decreto
di latitanza e di tutti gli atti, in particolare delle notificazioni, che sulla base di questo
siano stati compiuti35.
Quindi, il processo sarà sospeso nelle ipotesi, invero difficilmente
configurabili, nelle quali il giudice ritenga che l'imputato si sia volontariamente
sottratto all'esecuzione di una misura cautelare, ma non sia a conoscenza del
procedimento a suo carico ovvero non abbia avuto intenzione di sottrarsi alla
conoscenza del procedimento o dei suoi atti.
5. Prima di concludere, uno sguardo al tema dei rimedi restitutori che, come
accennato, costituiscono uno dei pilastri del “giusto processo” nei confronti
dell'assente. La l. 67/2014, al fine di reintegrare nel pieno dei diritti e delle facoltà
processuali gli imputati nei cui confronti si sia ingiustamente proceduto in assenza,
ha incisivamente modificato il codice di rito in materia.
Vengono in rilievo, in particolare, gli artt. 420-bis co. 4, 489 co. 2, 604 co. 5-bis
(seconda parte), 623 lett. b e 625-ter Cpp, che reintegrano nell'esercizio di
determinati diritti l'imputato che compaia dinanzi all'autorità giudiziaria
lamentando la mancata conoscenza del processo celebrato a suo carico. L'effetto
restitutorio appare soddisfacente, poiché si può estendere dalla richiesta di
acquisizione di atti e documenti o di riti alternativi fino alla rescissione del giudicato,
a seconda del momento nel quale avviene la comparizione.
Sennonché, la scelta del legislatore è stata criticata nella parte in cui pone a
carico dell'istante l'onere di provare che l'assenza è derivata da una incolpevole
mancata conoscenza della celebrazione del processo36. Tale impostazione, tuttavia,
potrebbe essere giustificata dal rilievo che la ridefinizione dei presupposti per
l'instaurazione del rito, con il rafforzamento dei rimedi di carattere preventivo,
consente un differente riparto dell'onere probatorio37 e che, comunque, al fine di
evitare la deflagrazione di nuovi contenziosi dinanzi alla Corte europea dei diritti
dell'uomo, tali disposizioni dovrebbero essere interpretate con criteri non
particolarmente severi38.
35
In questo caso, il provvedimento assumerà un duplice significato: in prima battuta, sancirà la
nullità della declaratoria di latitanza; in seconda battuta, potrà essere utilizzato per sostenere che
l'imputato non aveva conoscenza del procedimento a suo carico. Come si vedrà a breve, questa
specificazione è utile soprattutto nella dinamica dei meccanismi restitutori.
36
M. Chiavario, Diritto processuale penale6, cit., 176; P. Tonini - M. Ingenito, La sospensione del
processo contro l'irreperibile e la frattura legislativa tra vecchia contumacia e nuova assenza, in
AA.VV., Le nuove norme, cit., 185.
37
In questo senso, Cass. S.U. 17.7.2014 n. 36848, in DPP 2015, 291 con commento critico di F. Alonzi,
nonché C. Carvelli, Rescissione del giudicato e reformatio in peius, in DPP 2014, 1041 ss.
38
Nel senso che la tenuta della riforma legislativa poggia sull'interpretazione che la giurisprudenza
elaborerà di questo onere, P. Spagnolo, Un istituto nuovo ed uno vecchio: la rescissione del giudicato e
la restituzione in termini, in LP 2014, 645. In questa ottica, le stesse Sezioni unite hanno ipotizzato
una concorrente attività di acquisizione di documentazione integrativa da parte della Suprema
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Osservando le previsioni dall'angolo visuale della latitanza, emerge ancora una
volta l'importanza che assume il provvedimento dichiarativo di tale qualità. In
astratto, tale declaratoria non precluderà la presentazione di un'istanza volta ad
ottenere la reintegrazione nei diritti partecipativi perduti; anzi, la circostanza che il
processo, o una sua parte, si sia svolto in absentia sulla base di una presunzione di
conoscenza legittimerà il latitante a valersi degli strumenti restitutori per censurare
eventuali errori nei quali sia incorsa l'autorità giudiziaria. Nonostante ciò, in
concreto, un decreto di latitanza basato su ricerche esaustive e congruamente
argomentato costituirà un ostacolo difficilmente superabile, tanto da porre in
secondo piano anche la questione del riparto dell'onere della prova, poiché l'autorità
giudiziaria disporrebbe di elementi sufficienti per replicare alle deduzioni
dell'interessato.
In relazione al caso in cui, invece, l'interessato vedrà accolta la propria istanza
si impone un ultimo rilievo.
L'effetto più radicale che deriva, ad esempio, dalla declaratoria di nullità della
sentenza nei gradi di impugnazione o dalla rescissione del giudicato, è la restituzione
degli atti al giudice di primo grado. Tale soluzione, si è osservato, comprime
sensibilmente l'effetto demolitorio della declaratoria di nullità in tutti quei casi nei
quali il giudice investito della regiudicanda non sia lo stesso che procedeva nel
momento in cui è sorta la patologia39. Questa impostazione, conseguentemente,
potrebbe non offrire al latitante una tutela completa: la regressione fino al primo
grado, infatti, può soddisfare colui che si sia dato alla fuga in un momento
immediatamente prossimo all'introduzione del giudizio40, ma a identica conclusione
non si potrebbe giungere qualora il decreto che dichiara la latitanza si dovesse
collocare nella fase iniziale del procedimento41.
La posizione del latitante – rectius: di colui nei cui confronti si sia proceduto
erroneamente in assenza sulla base di un decreto di latitanza nullo – può essere
Corte, finalizzata a chiarire aspetti ambigui o colmare possibili lacune o verificare la rispondenza
della documentazione acquisita alla realtà processuale (Cass. S.U. 17.7.2014, cit.).
39
Sul punto, A. Diddi, Novità in materia di impugnazioni e di restitutio in integrum, in AA.VV. Il
giudizio in assenza, cit., 220, H. Belluta, Le impugnazioni come rimedi ripristinatori: verso il giusto
processo in assenza dell'imputato, in AA.VV., Strategie di deflazione penale, cit., 261.
40
Poiché la formula legislativa escluderebbe una nuova celebrazione dell'udienza preliminare (così
G. Lozzi, Lezioni di procedura penale10, Torino 2015, 778), si potrebbe ipotizzare il caso di colui che si
sia dato alla fuga soltanto in prossimità del giudizio. Ma tale ipotesi appare difficilmente
configurabile poiché in uno stato così avanzato l'imputato dovrebbe aver avuto altri contatti con il
procedimento idonei a giustificare la celebrazione del processo in sua assenza. Esemplificando: la
stessa notifica dell'avviso ex art. 415-bis a mani dell'indagato, pur non rientrando nel catalogo degli
atti tipici contenuto nell'art. 420-bis, appare atto idoneo a procurare la conoscenza del
procedimento.
41
Il caso potrebbe essere quello, ben più frequente nella prassi, di colui che sia dichiarato latitante
nella fase iniziale delle indagini preliminari o, comunque, prima che gli sia stato notificato qualsiasi
atto. In simile situazione, dall'annullamento del decreto deriverà la necessità di ripetere la notifica,
effettuata ai sensi dell'art. 165 Cpp, di tutti gli atti. Esemplificando: qualora sia stato notificato con
queste modalità, come primo atto del procedimento, l'avviso ex art. 415-bis, la regressione dovrebbe
giungere fino a tale momento.
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salvaguardata coordinando le previsioni specifiche in materia di rimedi restitutori
con quelle generali in materia di nullità, dando preferenza alle seconde.
In questa ottica, ad esempio, il giudice d'appello che riterrà viziato il decreto di
latitanza reputando, quindi, che il processo si sia ingiustamente svolto in assenza,
dovrà dichiarare la corrispondente nullità e restituire gli atti al giudice che procedeva
nel momento in cui l'atto fu adottato, non potendo limitare gli effetti demolitori,
contenendoli solo al primo grado. Questa esegesi può essere applicata a tutte le
previsioni “restitutorie” che agiscono nel segmento processuale, ma non alla
rescissione del giudicato, che presenta differenti profili problematici. Se, infatti, nel
contesto processuale il giudice può dosare gli effetti demolitori adattandoli al caso di
specie, la disciplina dell'impugnazione straordinaria non consente tale
interpretazione. La rescissione del giudicato, infatti, non potrà mai determinare
effetti più ampi di quelli previsti dal legislatore, con la conseguenza che l'interessato,
che non possiede alternativa una volta iniziato questo percorso 42 , dovrebbe
accontentarsi di una tutela meno efficace, rinunciando ad essere reintegrato
nell'esercizio di tutti i diritti che si collocano nella fase che precede il giudizio di
primo grado. L’unico correttivo potrebbe essere quello di interpretare la disposizione
in modo tale da renderla idonea a salvaguardare i diritti dell'imputato. Ciò
avverrebbe qualora gli si consentisse, nel nuovo giudizio, di sollevare le questioni di
nullità verificatesi nel corso delle indagini preliminari o dell'udienza preliminare 43.
42
La giurisprudenza di legittimità esclude che il condannato possa utilizzare il rimedio disciplinato
dall’art. 670 Cpp per ottenere la declaratoria di nullità del provvedimento dichiarativo della latitanza
(Cass. 8.7.2015 n. 37329, in CEDCass, m. 265017).
43
Così H. Belluta, Le impugnazioni come rimedi ripristinatori: verso il giusto processo in assenza
dell'imputato, in AA.VV., Strategie di deflazione penale, cit., 272.
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