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un`americana alla corte sabauda
IL SOPRINTENDENTE PER I BENI ARCHITETTONICI E PAESAGGISTICI
PER LE PROVINCE DI TORINO,ASTI, CUNEO, BIELLA E VERCELLI
Luca Rinaldi
IL DIRETTORE DEL PALAZZO REALE DI TORINO
Maria Carla Visconti
presentano
UN'AMERICANA
ALLA CORTE SABAUDA
CAPOLAVORI DI PALAZZO REALE
a cura della Direzione dei Servizi educativi
Un'americana alla corte Sabauda
Palazzo Reale di Torino
PRESENTAZIONE
Come già annunciato nella presentazione del primo dei percorsi didattici “speciali” – Dei ed Eroi,
pubblicato sul sito di Palazzo Reale pochi mesi fa – l’iniziativa di rendere disponibile il materiale scientifico
elaborato nel corso dell’attività didattica curata da Jennifer Celani nell’anno scolastico 2012/2013 ora prosegue
con questo secondo percorso tematico, ancora realizzato con la collaborazione degli Assistenti dello staff di
Palazzo specificatamente dedicati al servizio didattico-educativo.
La chiave di lettura che il percorso fornisce è decisamente accattivante e inusuale in quanto evidenzia un
punto di vista “esterno” rispetto al consueto racconto delle sale dell’Appartamento di Rappresentanza del
primo piano nobile del Palazzo, mettendo in risalto non solo le innegabili presenze artistico-decorative che le
sale racchiudono, o la loro storia architettonica, ma il “vissuto” di questi ambienti e un vissuto molto
particolare perché mirato ad un periodo storico cruciale per la genesi della nostra Nazione, agli albori del
processo di unificazione. Infatti, l’arrivo a Torino dell’ambasciatore americano George Perkins Marsh con la
giovane moglie Caroline Crane, coincide con il giorno del funerale di Camillo Cavour a soli tre mesi dalla
proclamazione del Regno d’Italia unito. E’ quindi attraverso il diario della giovane donna americana che si
dipana il racconto delle Sale sulla scia dei suoi sagaci commenti dettati da una intelligente anima moderna e
liberale.
Il racconto spazia da commenti sulla vita cittadina di metà Ottocento al clima artistico che vi imperava, da
curiosi particolari del cerimoniale di corte a interpretazioni di episodi storici che stavano avvenendo, in una
caleidoscopica narrazione capace di coinvolgere appieno non solo il lettore del Diario ma anche il visitatore
del Palazzo quando condotto lungo il percorso di visita sulla base delle osservazioni dell’americana Caroline.
Ecco quindi il secondo dei diversi percorsi tematici ideati da Jennifer Celani nella sua qualità di Referente
dei servizi educativi di Palazzo, ruolo che ha lasciato nel settembre del 2014 per ritornare al suo originario
incarico ministeriale presso il Polo Museale fiorentino. Un “passaggio” breve quello presso la Residenza
torinese che ha lasciato comunque tracce consistenti nell’ottica di fornire sempre più strumenti – e, il più
possibile, accattivanti – all’attività che forma le giovani menti per sensibilizzare ogni giorno di più all’amore
verso il nostro incommensurabile patrimonio culturale.
Maria Carla Visconti
Direttore di Palazzo Reale
Gennaio 2015
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Palazzo Reale di Torino
Un'americana alla corte Sabauda
INTRODUZIONE
Quando iniziarono i Servizi educativi di Palazzo Reale nel 2012, chi scrive portava con sé il ricordo vivo
della lettura di “Un’americana alla corte dei Savoia”, il diario della moglie del primo ambasciatore americano in
Italia, Caroline Marsh, tradotto e curato da David Lowenthal e Luisa Quartermaine per i tipi di Umberto
Allemandi. Il valore della autobiografia della Marsh non poteva essere colto del tutto senza conoscere i luoghi
costantemente evocati nelle sue pagine vivaci e riflessive, quelli della Torino capitale, primo palcoscenico del
processo unitario. Quale spunto per far rivivere al meglio le testimonianze risorgimentali conservate nelle sale
di Rappresentanza di Palazzo Reale se non i brani del diario? I riferimenti sono tanti: qui l’ambasciatore e
l’ambasciatrice hanno avuto i loro incontri ufficiali, hanno partecipato a cerimonie e balli di corte; il Palazzo
era l’edificio maestoso che vedevano dalle finestre della loro prima residenza in città; e dal Palazzo uscivano le
tante notizie legate agli eventi convulsi di quegli anni. Le pagine del diario costituiscono per noi una fonte
estremamente importante perché resoconti di una donna perspicace, capace di cogliere e portare alla luce
aspetti di personaggi, eventi, legami politici e vita vissuta che nessun libro di storia può restituirci. Ed ecco
l’idea di ricostruirne le tracce, con la collaborazione degli Assistenti alla didattica del museo, per poter offrire
così alle scuole un percorso di visita di grande suggestione, confermato anche dalle successive scelte delle
scuole che hanno messo questo percorso tematico al primo posto fra quelli fruiti negli ultimi due anni.
Le pagine che seguono, dunque, intendono guidare chi segue Un’americana alla corte sabauda nel passare
dalla lettura dei brani all’osservazione degli ambienti ad essi legati, seguendo la normale successione delle sale
al Primo piano nobile. Questo continuo riscontro fra il ricordo biografico e la realtà di luoghi e oggetti
sopravvissuti intende stimolare, attraverso la meraviglia della scoperta, le conoscenze dell’alunno o del giovane visitatore, consolidando le nozioni di storia già apprese o creando le basi per ampliarle e apprenderle
meglio. La recente letteratura nel campo della didattica museale e delle neuroscienze, infatti, dimostra come
l’emozione estetica migliori lo sviluppo cognitivo non solo nel periodo della crescita ma anche lungo l’arco
dell’intera vita di un individuo.
Con l’augurio di poter continuare a stimolare processi creativi e migliorare altresì l’integrazione sociale, i
Servizi educativi di Palazzo Reale propongono questo percorso, aperti a forme e modalità anche nuove per
essere sempre più parte nell’attenzione al patrimonio storico e culturale del Paese.
Jennifer Celani
Responsabile per i Servizi educativi di Palazzo Reale
Gennaio 2015
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Un'americana alla corte Sabauda
Palazzo Reale di Torino
GUIDA AL PERCORSO
PREMESSE
Per comprendere le pagine del diario di Caroline Marsh occorre focalizzare la sua figura storica e quella
del marito, George Perkins Marsh, diplomatico e filologo americano. Considerato uno dei più illustri
intellettuali statunitensi della sua epoca, uomo politico dai molteplici interessi scientifici, il primo ambasciatore
americano presso il Regno d'Italia nacque a Woodstock nel Vermont nel 1801; rimasto vedovo di Harriet Buell
nel 1833 (anno in cui morì anche il loro figlio maggiore), nel 1839 sposò in seconde nozze Caroline Crane.
Diplomato in legge, intraprese una carriera politica che lo portò ad essere membro del Congresso dal 1843
fino al 1849, quando fu nominato ambasciatore degli Stati Uniti in Turchia. Nel 1852 fu inviato in missione
diplomatica in Grecia; tornato nel Vermont nel 1854, divenne membro della commissione per le ferrovie
nazionali. Nel 1861 fu nominato dal presidente Lincoln primo ambasciatore degli Stati Uniti presso il neoproclamato Regno d'Italia, e in Italia morì nel 1882. E' sepolto nel cimitero protestante di Roma.
Fine conoscitore di lingue europee e scandinave, approfondì le scienze militari e la fisica, confrontandosi
con svariate discipline ed eccellendo nell'ambito della geografia. Collaborò con lo Smithsonian Institute e con
la Biblioteca del Congresso. La sua opera del 1864, Man and Nature, è considerata il primo trattato a mettere
in luce le conseguenze dell'azione umana sull'ambiente naturale. Fu infatti discussa in Italia presso l'Accademia
dei Georgofili di Firenze negli anni successivi alla pubblicazione.
L'istituto a lui dedicato presso la Clark University di Worcester (Massachusetts) si occupa di ricerca
intorno a “cosa è e cosa dovrebbe essere” il rapporto tra uomo e natura.A lui deve il suo nome anche il Parco
Nazionale Storico Marsh-Billings-Rockefeller in Vermont.
Caroline Crane, insegnante, scrittrice e cultrice delle lingue, sposò George Perkins Marsh nel 1839. Di
quindici anni più giovane del marito condivise profondamente con lui la passione intellettuale e politica,
influenzandolo con le sue idee liberali specialmente riguardo ai diritti e all'educazione delle donne.
Curò pubblicazioni di poesia e il compendio delle lettere di George Perkins Marsh, edito in tre volumi
da Charles Scribner's Sons di New York, nel 1888. Donò alla biblioteca dell'Università del Vermont gran parte
degli scritti del marito che compongono la George Perkins Marsh Collection.
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Un'americana alla corte Sabauda
PARTE 1
1. SCALONE D’ONORE
Lo Scalone, ridecorato nell'Ottocento per volere di Vittorio Emanuele II, è il luogo adatto per fare la
conoscenza dei “padroni di casa” e delle vicende che li videro protagonisti: il Risorgimento e Carlo Alberto
(che nella grande statua in marmo del 1865 circa, collocata proprio “al centro della scena”, è raffigurato dallo
scultore Vincenzo Vela nell'atto di concedere lo Statuto); l'Unità d'Italia, Vittorio Emanuele II e lo Scalone
d’Onore, una grande scenografia da lui voluta, a cui molti artisti lavorarono con l'obiettivo di celebrare il neonato Regno d'Italia.
Percorrendo i gradini d’ingresso i signori Marsh avrebbero attraversato un cantiere aperto: è infatti del
1857 il conferimento d’incarico all’architetto Domenico Ferri per il rifacimento dello scalone seicentesco. I
lavori procedono a partire dal 1862 e sono ancora in corso al trasferimento della capitale a Firenze.
Il monumentale Scalone d'Onore fornisce dunque molteplici spunti per immergersi nel clima storico e
artistico dell'epoca: si osservino i forti effetti di verticalismo dello spettacolare spazio che il Ferri, noto
scenografo teatrale, allestisce per gli occhi di chi si appresta ad accedere alla reggia del primo re d'Italia: la
mirabile integrazione di architettura, scultura e pittura, il sapiente accostamento dei materiali più svariati (il
marmo imponente ed elegante di gradini, zoccoli, balaustre e statue; le leggere cornici in legno e stucchi;
l'illusoria cartapesta dei grandi telamoni, le figure che con le loro braccia sembrano sorreggere la grande volta
affrescata dal Morgari con l'apoteosi di Carlo Alberto).
 Scalone d'Onore di Palazzo Reale, Paolo Emilio Morgari, Apoteosi di Carlo Alberto, 1863.
2 . SALA DELLE GUARDIE SVIZZERE
Osserviamo la piazza dalle grandi finestre: ci troviamo nel cuore della città antica e il Palazzo sorge sulle
fondazioni della Torino romana e medioevale. A partire dall'antico Quadrilatero dell'insediamento romano, i
Savoia intervennero con i loro progetti per trasformare Torino in moderna città-capitale.
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Un'americana alla corte Sabauda
Palazzo Reale di Torino
Spunti per la riflessione:
1. Che cosa avrebbero visto i signori Marsh affacciandosi alle medesime finestre? Sicuramente la grande piazza (oggi piazza
Castello), attraversata da persone a piedi o da carrozze.Avrebbero visto l'Hotel d'Europe, in cui alloggiavano i signori
Marsh, ospitato nell'edificio sull'angolo sinistro dell'attuale via Roma
2. Cosa non avrebbero visto di ciò che c’è oggi? Sicuramente non potevano vedere la piazza pavimentata in maniera così
moderna, e nemmeno il via-vai di autoveicoli sullo sfondo. Non avrebbero inoltre potuto osservare il “grattacielo” della
Società Reale Mutua Assicurazioni sull'angolo destro rispetto a via Roma, in quanto si tratta di un'opera razionalista
dell'architetto Armando Melis de Villa realizzata tra il 1933 e il 1935.
Torino nell'Ottocento
Le collezioni di musei, biblioteche e archivi offrono
numerosi occasioni di ‘leggere’ un oggetto d’arte come
documento storico. Nessuna espressione artistica, però, è
capace di restituire immagini tanto complete dei diversi aspetti
che hanno interessato la vita nel secolo XIX quanto la pittura e
la stampa. E’ una modalità immediata per documentarci sulla
nostra città nel secolo dei grandi cambiamenti.
Se la ritrattistica di corte delinea in modo chiaro ruoli e
gerarchie dei vari membri fondati sul principio della immobilità
dell’aristocrazia e delle sue regole di etichetta, quella che si
rivolge invece alla popolazione valorizza tutte le novità sociali,
economiche e politiche: l’emancipazione femminile, gli effetti
dell’industrializzazione, l’istruzione per tutti i bambini, per
citarne solo alcune. Su questa ondata innovativa, si concretizza
per la prima volta in Italia la pittura di vita quotidiana come
genere artistico.
 ANONIMO, Ritratto di Carlotta Pollone, sec.
XIX, acquerello su carta, provincia di Torino,
Biblioteca di Storia e Cultura del Piemonte, da
Protagoniste dimenticate. Le donne nel
Risorgimento piemontese, catalogo mostra,
Torino 2011
 ENRICO REYCEND,
Tristezza invernale, olio su
tela, 1899,Torino, Galleria
d’Arte Moderna, da F.
Caresio, L’arte in Piemonte
L’Ottocento,Torino 2006
 DEMETRIO COSOLA, Il
dettato, 1890, olio su tela,
Torino, coll. privata da
Protagoniste, 2011 cit.
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Palazzo Reale di Torino
Un'americana alla corte Sabauda
Oltre all’elemento veristico/documentaristico nel ‘ritratto’
umano, il pittore è anche attratto da un altro tipo di soggetto:
la città. Ecco allora che le strade torinesi prendono vita nei
dipinti di Carlo Bossoli e nelle incisioni di Enrico Gonin,
fratello del più noto Francesco, intento a focalizzare la nostra
attenzione anche sugli eleganti mezzi di trasporto. Il processo
urbanistico, tuttavia, non tralascia i suoi legami con il contado e
così cresce, quasi in parallelo, il genere paesaggistico in
contrapposizione
alla
rappresentazione
della
vita
metropolitana.
Torino è patriottica: non solo per il ruolo da protagonista
nelle vicende risorgimentali ma anche perché proprio
dall’Accademia Albertina torinese fuoriescono i maggiori
esponenti della pittura di Storia a livello locale e nazionale,
come risulterà proseguendo con questa guida al percorso.
 CARLO BOSSOLI, Processione del Corpus
Domini in via Garibaldi, 1847, olio su tela,
Torino, Galleria d’Arte Moderna, da F.
Caresio, 2006 cit.
 CARLO PITTARA, Le imposte
anticipate (Buoi al carro),1865, olio su
tela,Torino, Galleria d’Arte Moderna,
da Caresio 2006, cit.
 ENRICO GONIN, Veduta del Palazzo e Teatro Carignano, 1830 ca.,
incisione,Torino, coll. privata
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Un'americana alla corte Sabauda
Palazzo Reale di Torino
Non bisogna dimenticare il grande apporto storico dato
anche dalle arti decorative, che tendono a legare i ceti sociali in
un processo emulativo: paragonando i tessuti e i mobili nelle sale
del Palazzo Reale con le ambientazioni usate nelle riviste di moda,
troviamo arredi simili nel gusto anticheggiante o ispirato alle
grandi stagioni del Barocco e Rococò, come nel caso
dell’incisione Margherita, dedicata all’abbigliamento per giovani
grandi e piccoli.
La caratteristica più evidente dell’arte nell’Ottocento
rimane la varietà stilistica - indice di una emancipazione dell’atto
creativo da dettami precostituiti. Ci restituisce una Torino dove
sono amplificati ora componenti sentimentali o patetiche, ora
elegiache o aspre. Emerge così una realtà dalle molteplici
sfaccettature grazie al diverso impiego di tinte e pennellate:
vedasi ad esempio, le vivaci macchie di colore nella scena In
sartoria di Giacomo Faretto o gli effetti drammatici di luce nella
Donna sulla tomba del colonnello Manara di Giuseppe Molteni oggi
al Castello ducale di Agliè.
 Il Giornale delle Signore - Milano 1882.
Margherita, stampa acquerellata,Torino,
coll. privata
 GIUSEPPE MOLTENI, Donna svenuta
sulla tomba del marito Colonnello Manara,
1850, olio su tela, provincia di Torino,
Castello di Agliè, da P. Dragone, Pittori
dell’ottocento in Piemonte,Torino 2001
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 GIACOMO FAVRETTO, In sartoria, 1878, olio su tela,Torino,
Galleria d’Arte Moderna, da Protagoniste, 2011 cit.
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Un'americana alla corte Sabauda
Nei passi iniziali del suo diario Caroline Marsh racconta l’arrivo nella capitale sabauda nel giugno del 1861,
la città che scopre, l’alloggio all'Hotel d’Europe in piazza Castello. Questo era un albergo lussuoso, frequentato
all'epoca da scrittori famosi quali John Ruskin, Gustave Flaubert, Honoré de Balzac: oggi non è più esistente e
l'edificio ospita negozi ed uffici, ma fra il 1848 e il 1861 fu destinato ad alloggio per le ambasciate che
giungevano a Torino a portare voti per l'Unità d'Italia.
Proviamo a riconoscere luoghi e cose, e ad immaginare quello che non c'è più, come ad esempio le
eleganti stanze dell'albergo. I racconti del diario ci aiutano...
Sabato 8 giugno 1861 (D. Lowental, L. Quartermaine, p. 7)
Una splendida mattina e, se non fosse per la calamità che con la morte di Cavour ha colpito noi,Torino, l’Italia e il
resto del mondo, potremmo guardare con grande piacere al nostro soggiorno qui. L’appartamento che abitiamo
all’Hôtel d’Europe è spazioso, con tre ampie stanze che si affacciano sulla piazza più importante della città e
stanno proprio dirimpetto al Palazzo Reale [...].
Mercoledì 24 luglio 1861 (p. 16)
Oggi non mi sento bene e non ho fatto un granché a parte restare sdraiata sul sofà, sognare e sperare che gli amici
lontani potessero vedere dove siamo.Tutto può sembrare molto strano a chi non è stato in Europa, come, ad
esempio, questo salottino[...]. Ha un pavimento a quadri di diversi tipi di legno lucidato a cera; soffitto ad arco con
ricchi affreschi e una splendida Flora al centro; le pareti sono rivestite da un bel damasco di seta verde con tende
dello stesso colore, ma di tessuto più pesante, e lo stesso si trova sulle porte, sulle finestre e perfino nel camino. […]
Sulla mensola del camino, oltre ai candelabri, contro un grande specchio sono allineati un bell'orologio, due lampade
astrali francesi di porcellana (con un fez turco in miniatura in cima al tubo di vetro), due bellissimi vasi francesi blu e
oro.
Nella stanza ci sono altri due grandi specchi e sopra le porte dei dipinti su tela fanno da prolungamento alla cornice
fino alla base dell'arco del soffitto. L'altezza della stanza misura quattordici piedi alla base dell'arco. Poltrone e sofà
sono per lo più in mogano e pelouche cremisi, ma c'è anche un sofà rivestito in satin giallo con attraenti ricami. Il
tavolino vicino al quale scrivo è di legno algerino lavorato, con curiosi blocchi esagonali bordati d'ebano e avorio.
Lungo tutta la lunghezza delle tre stanze da noi occupate si estende una piacevole balconata che dà su piazza
Castello […].
Martedì 11 giugno 1861 (p. 8)
[...] Questa sera per la prima volta siamo usciti in carrozza per i viali e lungo il famoso Corso. La gente sembra voler
riprendersi d’animo ma, nonostante le splendide carrozze, i cavalli bardati e i ricchi abbigliamenti, la scena non era
allegra.
La catena di montagne che circonda in un vasto semicerchio questa bella città è estremamente imponente e, vista
da qui, sembra molto più vicina e grandiosa di quanto mi aspettassi.
Le carrozze dell'alta società compivano tragitti ben definiti all'interno del centro cittadino. Il corso oggi
dedicato a Vittorio Emanuele II, denominato in passato “allée de la Course” nel tratto dalla Porta Nuova al Po
e “viale del Re” nel tratto superiore era, come anche via Po, luogo privilegiato delle sfilate in carrozza in
occasione di celebrazioni, feste e mondanità...
Venerdì, 14 giugno (P. 8)
Questa sera siamo usciti un'altra volta in carrozza […] ma oh ,le stranezze del mondo! Non si addice andare oltre i
limiti del Corso senza allo stesso tempo vedersi esclusi dal meglio della società.Alla fine di un breve mezzo
chilometro ognuno fa dietrofront e continua così, su e giù, avanti e indietro, fino al tramonto.A noi stranieri questo
sembra ridicolo, ma immagino che per chi lo fa regolarmente ogni giorno debba essere incredibilmente noioso.A ogni
giro ricompaiono la stessa carrozza, la stessa toilette, la stessa faccia […].
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Un'americana alla corte Sabauda
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 Il Grand Hôtel d'Europe in Piazza Castello. Immagine tratta da: L.Artusio, M. Bocca, M. Governato, M. Ramello, Mille
saluti da Torino, Edizioni del Capricorno,Torino 2002. Ricerca iconografica di Lorenza Santa
I busti in marmo bianco di Carlo Alberto e Vittorio Emanuele II, presenti nel Salone fra le finestre verso la
piazza, consentono di raccontare i due re, il modo in cui venivano ritratti, le tracce che hanno lasciato in questi
spazi. Si osservi come gli scultori rappresentano i sovrani: Carlo Alberto (verso lo Scalone) e Vittorio
Emanuele II (verso l'accesso agli appartamenti), padre e figlio che si avvicendarono sul trono durante i fatti del
Risorgimento italiano, sono raffigurati - come da prassi - in divisa, con le mostrine e le onorificenze
caratterizzanti il casato sabaudo, fra cui spicca il collare dell'Ordine della Santissima Annunziata, onorificenza
distintiva della famiglia reale e conferita dai sovrani ai loro fedelissimi. Si osservi la precisione dei dettagli
scolpiti nel marmo bianco.
 Busto di Carlo Alberto, riporta inciso: G.ALBERTONI,
1850.
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 Busto di Vittorio Emanuele II, riporta inciso:
Santo Varni, 1862.
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3 . PRIMA ANTICAMERA: SALA DEI CORAZZIERI
Le anticamere erano spazi destinati all'attesa di coloro che sarebbero stati ricevuti in udienza da Sua
Maestà, o di coloro ai quali era concesso anche solo un breve incontro con lui.
La frequentazione, la sosta e il passaggio nelle anticamere era regolamentato dalla rigida etichetta, nonché
dalle prassi adottate per la sicurezza del sovrano e della corte. Non a tutti era concesso di oltrepassare tali
sale e non molti avevano facoltà di recarsi nelle stanze più private dell'appartamento, poste alle spalle di quelle
pubbliche, verso la corte interna e i giardini: poteva essere il sovrano ad uscire incontro al richiedente.
Il Signor Marsh si recò spesso in udienza a corte: entrando nella sala in cui ci troviamo vi avrebbe trovato
molte persone che attendevano di essere ricevute da re Vittorio Emanuele II, appena divenuto il primo
sovrano dell'Italia unita. Nel diario di sua moglie Caroline è narrato un giorno di udienza e l’attesa in
anticamera.
In realtà la scena si svolse con tutta probabilità al secondo piano nobile del palazzo, negli appartamenti dei
principi ereditari dove Vittorio Emanuele II riceveva di preferenza, avendovi mantenuto la residenza propria,
della moglie Maria Adelaide d'Asburgo e dei figli anche dopo essere divenuto sovrano. Ciò non impedì
comunque alle sale di rappresentanza del primo piano nobile di essere teatro dei fondamentali eventi che
portarono alla proclamazione dell'Unità d'Italia.
Certamente la descrizione dei fatti è molto efficace per immaginare le sale così come si presentavano
nelle loro funzioni di anticamere. Gli appartamenti infatti erano strutturati secondo i dettami consolidati della
rigida etichetta di corte, che prevedeva all'ingresso di essi una serie di tre ambienti con funzione di filtro per la
sicurezza dei sovrani (erano presidiati da differenti corpi di guardia e personale di servizio, dai quali traggono
ancora denominazione) e di sale d'attesa per chi avrebbe dovuto essere ricevuto.
Dopo le tre anticamere erano collocate le sale di cerimonia e rappresentanza, in cui avevano luogo le
funzioni pubbliche e politiche, e solo alle spalle di queste le parti più private e abitative dell'appartamento.
Giovedì 7 maggio 1863 (p. 179)
[...] Il signor Marsh era già in viaggio per andare da Sua Maestà prima che io fossi alzata. L’udienza era alle dieci e
mezza e gli dava il tempo di ritornare per l’una. Il Re l’ha ricevuto nel suo ufficio personale dove c’erano parecchi
tavoli con pile di libri e carte. Sua Maestà era vestito nel modo più semplice, una casacca e un gilè di panno caldo, e
si è mostrato franco e cordiale come sempre. Ha discusso apertamente degli affari sia americani che italiani [...].E’
passato poi ad argomenti più personali e ha espresso il desiderio che il signor Marsh potesse presto risiedere in
città in modo permanente; si è informato sulla residenza che occupavamo per l’estate. Il signor Marsh gli ha
spiegato che avevamo affittato il castello del conte Brassier a Piobesi.“Ah!”, ha esclamato con il suo tipico roteare
degli occhi,“Je connais ça!” (“lo conosco!”) […].
Nella prima sala d’attesa il signor Marsh ha notato almeno centocinquanta persone, sia uomini sia donne, di
tutte le classi e le età, che aspettavano di vedere il re; anche nella seconda sala [...], un’altra ventina di persone di
rango più elevato aspettava il suo turno.Al termine dell’udienza con queste persone il re sarebbe andato di persona
nella prima sala e avrebbe chiesto a ciascuno individualmente quale fosse la sua richiesta.
Il signor Marsh avrebbe anche avuto modo di ammirare il grande dipinto di Francesco Hayez collocato
nella prima anticamera (parete verso la Sala delle Guardie Svizzere): una lettura di quest'opera ci introduce alla
politica risorgimentale di Carlo Alberto e agli ideali dell’epoca; tale lettura può altresì essere finalizzata a
comprendere l’uso della metafora e l'idea del popolo come collettivo protagonista degli eventi, determinato a
decidere del proprio destino [M. C. Gozzoli, F. Mazzocca (a cura di), Hayez, Catalogo della mostra, Milano
1983).
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Lettura dell’opera: Francesco Hayez (Venezia,
1791 – Milano, 1882), La sete patita dai primi
Crociati sotto Gerusalemme, 1833-1850, olio su
tela, altezza cm 363, larghezza cm 589
Il pittore veneto Francesco Hayez realizzò questa tela
a partire dal 1833; essa riscosse il favore di Carlo
Alberto, che nel 1838 la commissionò appositamente
perché fosse collocata nella prima anticamera del suo
appartamento di rappresentanza a Palazzo Reale. La
grande tela di Hayez non arrivò però a destinazione
che nel 1849, con sovrano Vittorio Emanuele II, per
essere collocata ove previsto solo l'anno dopo.
Il soggetto riprende un tema storico ampiamente
trattato nell'Ottocento, ossia le imprese dei crociati
per la liberazione di Gerusalemme. In particolare,
l'episodio raffigurato nel dipinto trae spunto dalla
Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso (Canto XIII),
da alcune cronache storiche (fra cui quella di
Guglielmo di Tiro), e dal poema del Grossi I Lombardi
alla prima crociata, che fu pubblicato nel 1826 e ispirò
anche l'omonimo dramma di Verdi.
Hayez è considerato uno dei maggiori interpreti degli
ideali risorgimentali in pittura: questa tela incontrò il
favore di Carlo Alberto sia per il gusto artistico che
incarnava nella sua concezione romantica, sia perché
 Francesco Hayez, La sete patita dai primi crociati
sotto Gerusalemme, 1833-1850, particolare.
si prestò ad interpretazioni ideali, essendosi
identificata nella sete patita dai crociati per la libertà della Città Santa la sofferenza dei popoli italici sotto
la dominazione straniera. In particolare, al centro dell'opera vi è l'idea del popolo come eroe collettivo che
si ribella all'oppressore e nel cui patimento è già prefigurata la gloria (per approfondimenti si veda anche il
percorso didattico a cura di J. Celani, F. Speranza, F. Uliana, Dei ed Eroi, MiBACT - Soprintendenza per i beni
architettonici e paesaggistici per le province di Torino,Asti, Cuneo, Biella e Vercelli, Servizi educativi di
Palazzo Reale, 2014, www.ilpalazzorealeditorino.it).
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4. SECONDA ANTICAMERA: SALA DEGLI STAFFIERI
Ci guardiamo intorno per ammirare il ricco allestimento di questa sala, e cercare di immaginare come la
rigida etichetta ne regolamentasse la presenza all’interno, e il comportamento delle persone che vi avevano
accesso.
Cosa racconta Caroline Marsh della sua esperienza presso i palazzi del potere sabaudo? Come giudica
l’etichetta che trova qui? Dalla lettura di alcuni passaggi del suo diario si deducono le differenze tra la cultura
repubblicana americana da cui i signori Marsh provengono e quella aristocratica torinese, tra il ruolo maschile
e quello femminile nella società dell'Ottocento.
Dai due passi del diario in cui vengono narrate le udienze presso la duchessa di Genova si evincono molti
aspetti riguardanti la vita di corte e la Torino dell'Ottocento. Le scene ebbero verosimilmente luogo
nell'adiacente Palazzo Chiablese, residenza del duca di Genova Ferdinando - fratello di Vittorio Emanuele II - e
di sua moglie, la duchessa Elisabetta di Sassonia.
Dopo il 1855, anno in cui muoiono lo stesso Ferdinando, la madre di Vittorio Emanuele - Maria Teresa
d'Asburgo-Lorena di Toscana - e la moglie - la sovrana Maria Adelaide d'Asburgo - la cognata di Vittorio
Emanuele II è di fatto la figura femminile più importante a Palazzo, e da ciò deriva il suo ruolo di
rappresentanza e di “custode” dell’etichetta di corte, ben messo in luce nel diario. Non a caso, la duchessa non
si presenta con il suo titolo nobiliare, ma usa quello di “Sua Altezza Reale”, e così la indica Caroline Marsh.
Lunedì 16 dicembre 1861 (p. 55)
Oggi, alle tre e mezza, il signor Marsh è stato ricevuto dalla duchessa di Genova. Ha incontrato per primo il conte
Sartirana de Brême, poi sono stati presentati il conte di Castiglione e il conte di Gattinara. Poco dopo è entrata
l’incantevole contessa di Castiglione che, dopo aver scambiato qualche parola, ha raggiunto la duchessa di Genova.
Quasi subito si è aperta la porta dell’appartamento della duchessa e il signor Marsh vi è entrato da solo. Mentre
avanzava la duchessa ha mosso qualche passo verso di lui e tutti e due sono rimasti in piedi durante il colloquio,
durato circa dieci minuti, in cui Sua Altezza Reale si è dimostrata affabile e alla mano. Dietro la duchessa erano la
contessa di Castiglione e la contessa di Gattinara, in abito nero con coda lunga più di un metro.Anche la duchessa
era vestita di nero dal momento che la Corte era in lutto per la morte del re del Portogallo [...].
Certamente una corte dall'etichetta tradizionalista e rigida come Caroline descrive essere quella torinese,
anche l'abbigliamento era considerato aspetto fondamentale del codice di comportamento: ecco allora che un
contesto di lutto richiede un repentino cambio d'abito.
La descrizione di Caroline riguardo ad alcune modifiche richieste al suo abito per un altro incontro con la
duchessa fa invece supporre una necessità di sobrietà. Il suo abito non ha la coda e deve avere un corpetto
accollato (una “robe montante”).
Martedì 17 dicembre 1861 (p. 55)
Un messaggio da parte della contessa di Castiglione fissa per domani alle tre e mezza la mia udienza privata con
la duchessa, e mi indica di indossare une robe montante di lutto o mezzo lutto. Questo significa che ho la notte e
la mattina seguente per un corsage montant in velluto nero al posto del décolleté richiesto in precedenza e solo la
parte inferiore dell’abito è pronta, ma sono sicura che sia stata la contessa a chiedere alla duchessa di ricevermi in
questo modo pensando che fosse più comodo per me, ed è vero.
Mercoledì 18 dicembre 1861 (p. 55)
Il signor Marsh mi ha accompagnata al palazzo dove sono stata accolta prima dalla contessa di Castiglione, poi da
Sua Altezza Reale. Sebbene la contessa mi avesse accompagnata alla presenza della duchessa non mi ha
annunciata in nessun modo perché, data la mia posizione, è più cortese nei miei confronti che sia io stessa a
presentarmi. Sua Altezza, vestita di nero e con un grazioso copricapo da mattina ornato di nastri viola, si è alzata in
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Un'americana alla corte Sabauda
Palazzo Reale di Torino
piedi per accogliermi e mi è venuta incontro, facendomi poi sedere sul divano accanto a lei.Abbiamo chiacchierato
per dieci o quindici minuti come due donne qualsiasi durante una visita mattutina, poi la duchessa si è alzata e io
naturalmente ho subito preso congedo da lei. L’unica differenza in questa visita rispetto ad altre è stata, nell’uscire,
la necessità di camminare all’indietro lungo tutto il salone, senza mai volgere le spalle alla duchessa. Questo ha
richiesto non pochi inchini acrobatici per coprire la difficile manovra, ma grazie alla mancanza della coda la cosa si
è dimostrata più semplice di quanto avrebbe potuto esserlo.
Dopo molte frasi gentili di simpatia sulla mia salute delicata e così via, la duchessa mi ha rivolto molte domande
intelligenti sulle nostre esperienze di viaggi e di vita in Oriente; poi ha discusso degli Stati Uniti, della guerra [...]. Mi
ha sorpreso constatare come si fosse preoccupata di informarsi sulle nostre abitudini [...].
Fra le molteplici sedute che possiamo osservare nelle sale, riccamente intagliate, dorate, rivestite di
preziosi tessuti, senz'altro il personaggio più importante avrebbe utilizzato una sedia con braccioli o un divano:
far accomodare la propria ospite a fianco a lei sul divano è quindi un segno di privilegio da parte della
duchessa nei confronti della signora Marsh.
Gli spazi di corte che Caroline descrive, difficilmente individuabili con esattezza, presentano per altro
molti elementi che ritroviamo ancora qui nelle stanze di rappresentanza del primo piano nobile. I saloni di
ricevimento esibivano ricchezza e decori, mobilio, tessuti, oggetti realizzati da preziose manifatture italiane ed
estere.
La Sala degli Staffieri, ad esempio, mostra ancora lo straordinario apparato decorativo conferitole dal
trascorrere dei secoli: si osservi il ricco lavoro d'intaglio nel legno e le dorature del soffitto seicentesco, delle
porte e del lambriggio - lo zoccolo ligneo che corre alla base delle pareti - ottocenteschi e la preziosità degli
arazzi, realizzati dalla regia manifattura di Torino fra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento
appositamente per questa sala, le cui pareti dovevano rivestire interamente. Ispirati alle vicende dell'Eneide di
Virgilio, gli arazzi raffigurano episodi della storia di Enea stesso e della regina Didone, sono stati recentemente
restaurati e oggi li ammiriamo nella loro posizione originale.
Proprio qui nella Sala degli Staffieri si ha l'occasione di osservare, sulle consolles, alcuni dei numerosi oggetti
orientali presenti nelle collezioni di Palazzo Reale: se ne incontrano moltissimi lungo il nostro percorso, ed essi
testimoniano la passione per la cultura e l'arte orientale che fra Seicento e Settecento contagiò gli ambienti
reali e nobiliari d'Europa, dando il via ad un florido commercio con l'Asia. Anche in passato, come oggi, vi era
la frenesia di collezionare oggetti all'ultima moda...
Lunedì 30 dicembre 1861 (p. 58)
Il signor Marsh sta meglio e, con altri membri del Corpo Diplomatico, siamo andati in visita alla duchessa di Genova.
I ministri erano tutti in uniforme, ma senza i loro segretari [...].
La duchessa è uscita da un appartamento interno ed è entrata nella stanza dove l’attendevano i ministri disposti in
semicerchio e con alla testa il conte Brassier de St. Simon. Dopo i soliti convenevoli, lei ha subito rivolto la parola al
ministro prussiano, senza aspettare che lui pronunciasse un discorso ufficiale e, dopo qualche minuto, è passata al
signor Marsh: gli ha chiesto di me, gli ha spiegato di avermi vista a teatro e così via e ha concluso la conversazione
parlando in tono serio e critico sul conflitto tra l’Inghilterra e l’America. Nel frattempo il ministro prussiano era
passato al lato opposto della stanza per parlare con la contessa di Castiglione e la contessa di Gattinara. Il signor
Marsh li ha seguiti dopo che la duchessa si era avviata verso il ministro svizzero. Questa procedura aveva
semplificato l’udienza e l’aveva resa simile ad una qualsiasi altra visita mattutina.
Spunti per la riflessione:
1. Il signor Marsh viene ricevuto subito dalla duchessa? Rimane solo con lei? Chi resta con lui? Vi è un'attesa, e il signor
Marsh ovviamente non rimane solo con la duchessa, ma con lui restano sempre altre figure, in particolare due contesse.
2. Cosa c’è di differente fra il modo in cui viene accolto e quello in cui è ricevuta sua moglie Caroline? Caroline è una
donna e inoltre non ha incarichi ufficiali: è ricevuta dunque in modo molto più informale, e il tutto pare quasi un normale
colloquio tra dame.
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Palazzo Reale di Torino
Un'americana alla corte Sabauda
Alcuni altri brani costituiscono invece un racconto significativo della rigida etichetta che regolava la vita
dei piccoli principi a corte: la severa regolamentazione delle frequentazioni, degli atteggiamenti in pubblico,
l'educazione religiosa. Vengono narrati episodi della vita della principessa Margherita (che sposerà il cugino
Umberto divenendo la prima regina d'Italia) e della cugina Maria Pia. Si tratta di brani molto suggestivi, specie
se letti con i ragazzi, che oggi si trovano a vivere in un contesto ben differente dal punto di vista delle
convenzioni sociali, il che fa sembrare anche più incredibile la serie di condizionamenti cui dovevano
sottoporsi i loro coetanei due secoli fa, specialmente se di estrazione nobile...
Giovedì 27 febbraio 1862 (p. 79)
Ho appena ricevuto una lunga visita da parte della signorina Arbesser, la governante della principessa Margherita di
Genova. Ha parlato con molta libertà della sua posizione qui; è molto contenta della duchessa, di cui apprezza le
qualità morali e mentali, e si è espressa favorevolmente anche sulla sua scolaretta ora di nove o dieci anni, ma si
lamenta molto delle regole di etichetta. […] La principessa Maria Pia (e lo stesso era vero per la principessa
Margherita quando aveva iniziato a occuparsene) non può mai restare sola per un secondo, nemmeno quando
recita le preghiere. Quando si veste, insieme alla cameriera deve essere presente una delle governanti e la
principessa non deve assolutamente rivolgere la parola alla cameriera. Se desidera comunicare con lei deve farlo
tramite la governante e questa, se per caso è chiamata altrove, non deve assolutamente lasciare la principessa fino a
che non ne sia arrivata un'altra. La principessa non può essere accompagnata da persone della stessa età
(nemmeno in presenza di tutti quegli occhi attenti), per il semplice fatto che non c'è nessuno del suo stesso rango
[…].
La signorina Arbesser dice di essersi lamentata con la duchessa e questa le ha risposto di aver voluto apportare dei
cambiamenti, per questo aveva richiesto una governante che non fosse stata educata al Sacré Coeur. Ha anche
permesso che la principessa restasse da sola qualche volta, che venisse vestita dalla cameriera senza che ci fosse
una terza persona e che potesse parlarle direttamente di argomenti legati all'abbigliamento. E' per di più riuscita a
ottenere per lei il privilegio di avere due o tre ragazzine della sua età con cui giocare e la piccola è entusiasta per
questa novità che le viene concessa una volta alla settimana […].
Negli appartamenti del Palazzo vi sono molti angoli ad uso religioso: pregadio, cioè piccoli spazi per la
preghiera personale adiacenti alle sale principali, o vere e proprie piccole cappelle, che potevano ospitare
messe e funzioni.Vedremo un piccolo vano con altare voluto da Carlo Alberto in adiacenza alla propria Sala
delle Udienze Private, ma ve ne sono diversi, molto preziosi, decorati nei secoli da importanti artisti di corte:
la religione era un aspetto fondamentale dell'educazione di sovrani e principi, i quali si presentavano al popolo
come governanti cattolici, e l'etichetta di corte regolamentava la loro preghiera quotidiana, momento ufficiale
di giornate rigidamente scandite.
Giovedì 17 marzo 1864 (p. 247)
[...] Con tutto il suo buonsenso, e il disprezzo per molte delle regole di etichetta, la duchessa mantiene tuttora
tenacemente la tradizione sassone.Ad esempio, avendo sentito per caso che la governante dei figli della contessa
Della Rocca accompagnava la figlia nell'appartamento della principessa quando la madre non poteva farlo, e
restava a parlare con la signorina Arbesser mentre le bambine giocavano insieme, aveva fatto sapere alla signorina
Arbesser che questo era contrario alle regole di corte, che non si poteva permettere a una governante di una casa
non reale di sedersi in presenza della principessa e che in Sassonia una governante, quando accompagnava i
bambini a visitare i figli di una famiglia reale, doveva essere vestita in alta uniforme,“décollétée”, con guanti bianchi,
ma anche così non poteva andare oltre la soglia dell'appartamento reale dove avrebbe lasciato la custodia dei
bambini ai responsabili dei figli reali.
La signorina Arbesser aveva risposto che tutto questo era una novità per lei, tanto più che la governante della
contessa Della Rocca era di famiglia molto rispettabile. Non aveva però ottenuto alcun risultato, anzi le era stato
chiesto di spiegare alla governante come stavano le cose […].Alla povera signorina Arbesser non rimase altro da
fare che scrivere personalmente, e il più delicatamente possibile, alla contessa Della Rocca. Questa aveva risposto
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che quanto dichiarato non era mai stato parte delle regole di corte a Torino, ma che, se non si permetteva alla
governante dei suoi figli di accompagnarli e di restare con loro dalla principessa, era obbligata a privarli dell'onore e
del piacere di quella visita! Al che la duchessa, dando prova un'altra volta del suo buonsenso, aveva dichiarato:
“Molto bene, se queste sono le abitudini qui, non obietterò oltre”, ma certo era rimasta molto male […].
Caroline Marsh non perde occasione di rilevare quanto incredibile e spesso assurda appaia la rigidità di
comportamento in vigore a Palazzo e presso l'ambiente della nobiltà torinese ai suoi occhi di cittadina
americana, non avvezza alla monarchia e all'antica società aristocratica europea, e nemmeno a così rigide
distinzioni sociali.
A tutto ciò vanno aggiunte le sue idee liberali e molto nette nel campo dei diritti delle donne, ma anche il
clima che in quegli anni anima la vita repubblicana americana: nel Nuovo Continente maturano le idee
abolizioniste della schiavitù e gli eventi legati alla Guerra di Indipendenza, che vedono in Caroline
un'appassionata sostenitrice del presidente Lincoln.
5. TERZA ANTICAMERA: SALA DEI PAGGI
Dirigendosi verso la Sala del Trono in una giornata d'udienza, il signor Marsh si sarà imbattuto via via in
personaggi sempre più importanti, a cui era concesso stare al cospetto di Sua Maestà: frequentarono queste
sale molti protagonisti dei fatti del Risorgimento.
Era fra l'altro prassi introdurre a corte i giovanissimi figli delle famiglie più importanti proprio facendo
prestar loro servizio come paggi: ciò consentiva di stare presso il sovrano, apprendere i meccanismi del
governo e della corte e conoscere le personalità di rilievo, in prospettiva di una futura carriera politica,
diplomatica o militare. Del resto, i paggi presidiavano proprio questa sala, che da loro prende il nome, e
stavano quindi a pochi passi dal re,“sulla soglia” della Sala del Trono, cui seguono quella delle Udienze Private e
quella del Consiglio dei Ministri: immaginiamo quali importanti incontri avvenissero in questi pochi metri, alla
vigilia della proclamazione dell'Unità d'Italia...
Attraverso i dipinti presenti nella terza anticamera si approfondiscono il tema della ribellione
all’occupazione straniera e la figura dell’eroe così come venne delineata dalla narrazione degli ideali
risorgimentali. E' infatti questo il clima culturale che Caroline trova sopraggiungendo in Italia e stabilendosi a
Torino, e nel suo diario ha modo di narrare il fermento nella società civile e nei circoli intellettuali in cui
maturano le spinte a combattere per l'indipendenza italiana.
Si osservino in particolare le due tele dai titoli lunghi e articolati: sulla parete verso la Seconda
Anticamera, L’Imperatore Federico Barbarossa, durante il lungo assedio di Alessandria, avendo tentato d’impadronirsi
per sorpresa della città, ne viene cacciato dal popolo di Carlo Arienti e, fra le finestre, Gli abitanti di Aisone in Val di
Stura assalgono valorosamente i Francesi capitanati dal Principe di Conti, e ne incendiano le tende (1746) di
Francesco Gonin.
Lettura delle opere:
Carlo Arienti (Arcore, 1801 – Bologna, 1873), L’Imperatore Federico Barbarossa, durante il lungo
assedio di Alessandria, avendo tentato d’impadronirsi per sorpresa della città, ne viene cacciato dal
popolo, 1845-1851, olio su tela, altezza cm 310, larghezza cm 510
Clemente Rovere, nella sua descrizione di Palazzo Reale pubblicata nel 1858, definisce questo dipinto “uno
dei più notevoli capolavori della moderna pittura che adornano la Reggia”.
Realizzata a partire dal 1845 su commissione di Carlo Alberto, ma anch’essa collocata a Palazzo solo nel
1851, regnante Vittorio Emanuele II, la tela illustra un episodio avvenuto nel Medio Evo (secondo il gusto
prevalente dell'epoca) per rivestirlo di allusioni ai fatti contemporanei. In questo caso, un popolo
piemontese scaccia un invasore straniero, nello specifico l’Imperatore Barbarossa, durante la lotta fra
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questo e i Comuni.
Ancora una volta il popolo si fa “collettivo eroico”; inoltre, nella folla ribelle si ritrae il pittore stesso,
nell’atto di passare pietre al capo rivolta, a testimoniare il proprio coinvolgimento nei sentimenti che l’opera
vuole trasmettere.Tale autoritratto con berretto frigio rosso in capo rese Arienti sospetto di vicinanza alle
idee mazziniane, ragion per cui Vittorio Emanuele II non lo ricevette in occasione della collocazione della
sua tela a Palazzo.
Al centro della scena, in mezzo alla folla in rivolta, vi è il nemico colto nel momento della sconfitta:“nello
sguardo del Barbarossa trapela la paura insieme all’incredulità di vedersi aggredito e sconfitto dal semplice
popolo, mentre nell’occhio del cavallo, a stento trattenuto, brilla il terrore […]” (P. Dragone, Pittori
dell’Ottocento in Piemonte. Arte e cultura figurativa 1830-1865,Torino 2001, p. 168).
Francesco Gonin (Torino, 1808 - 1889), Gli abitanti di Aisone in Val di Stura assalgono
valorosamente i Francesi capitanati dal Principe di Conti, e ne incendiano le tende (1746), 1856,
olio su tela, altezza cm 300, larghezza cm 219
Ancora una volta, una popolazione piemontese si ribella ad un occupante straniero, in questo caso nel
contesto della guerra di successione austriaca, che vide Carlo Emanuele III schierato contro il blocco
franco-ispanico: nel 1746 gli abitanti di Aisone dettero fuoco al quartier generale del principe di Conti, nella
tela rappresentato a sinistra nell’atto di lasciare la scena soccorso da un soldato.Al centro dell’azione, fra il
nemico messo in fuga e il popolo, è posto il condottiero della rivolta, che con l’atteggiamento e il
movimento di tutta la sua figura incita la folla all’azione.
Realizzata nel 1846, nel pieno delle pulsioni in favore di un'azione politica e militare per l'unificazione dei
territori italiani, la tela ha come soggetto la rivolta dei popoli contro l’usurpatore.
(Per approfondimenti riguardo alla lettura simbolica delle opere si veda anche il percorso didattico a cura di
J. Celani, F. Speranza, F. Uliana, Dei ed Eroi, MiBACT - Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici
per le province di Torino, Asti, Cuneo, Biella e Vercelli, Servizi educativi di Palazzo Reale, 2014,
www.ilpalazzorealeditorino.it).
Nel diario di Caroline Marsh alcuni personaggi contemporanei legati ai fatti dell'Unità d'Italia sono
raccontati in termini entusiastici, come autentici eroi amati e riconosciuti anche dal popolo, al di fuori delle
cerchie di intellettuali. Garibaldi ad esempio è, nelle cronache dell'epoca, figura ispiratrice dello spirito
patriottico risorgimentale, tanto da essere definito abitualmente “l'eroe”: è particolarmente significativo il
modo in cui Caroline Marsh narra i fatti legati alle spedizioni garibaldine per liberare il sud - attuate anche in
contrasto con le politiche diplomatiche e attendiste di Vittorio Emanuele e del governo - e il modo in cui
delinea la personalità di Garibaldi, soprattutto se si considera il fatto che non lo incontrò di persona....
Sabato 23 agosto 1862 (p. 121)
Abbiamo discusso a lungo con il barone P... sull'attuale posizione del governo e di Garibaldi. E' preoccupato per la
linea d'azione che l'eroe sta seguendo perché la crede dettata dalla disperazione, ma non crede che l'imperatore dei
francesi intenda rinunciare a Roma e nel profondo del suo cuore spera che Garibaldi possa riuscire nell'impresa
[…].
Martedì 26 agosto 1862 (p. 122)
Garibaldi è sbarcato a Melito in Calabria. Dio volesse che potessimo avere un uomo di questa tempra dall'altra
parte dell'oceano. Niente lo ferma anche se ci sono due nazioni in armi che lo inseguono e tutta l'Europa che
grida:”Fermate il pazzo, fermate il pazzo!” Eppure lui continua, il popolo si solleva in massa e i funzionari del
governo si dileguano di fronte a lui […]. Garibaldi, certo, non ce la farà perché la lotta è ineguale, ma ha dimostrato
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quanto si può realizzare da soli con il coraggio e una buona conoscenza animata da nobili intenti. Non si può fare a
meno di sentire il cuore che palpita ad ogni telegramma che annuncia una sua vittoria. Il governo tiene tutto
nascosto, ma è molto evidente che l'Italia intera è ansiosa di unirsi all'eroe.
Mercoledì 18 novembre 1863 (p. 218)
Il signor C... si è presentato stamattina dopo un'assenza di più di dieci giorni e abbiamo saputo con sorpresa che
era stato a Caprera per vedere Garibaldi […]. Ci fa dell'uomo, nella sua isola pietrosa, lo stesso resoconto di altri
visitatori. Il modo di fare brusco, i rozzi compagni, la grande ospitalità e il voler offrire tutto quello che possiede, la
sua meravigliosa affabilità, il buon umore unito alla dignità che non lo abbandona mai, ma soprattutto quella rara
mancanza di interesse verso se stesso che colpisce tutti, anche i suoi nemici.
I vecchi compagni d'armi indossano camicie rosse (Garibaldi, invece, quando il signor C... l'ha visto, ne indossava uno
grigia, con una specie di poncho sulla spalla), cucinano a turno, ed è una cucina molto semplice, i cui piatti prelibati
consistono in un enorme vassoio di pesce salato e in una grande ciotola di fagioli neri. Mentre il signor C... era da lui,
Garibaldi aveva ricevuto alcune scatole di frutta secca che aveva immediatamente messo nel ripostiglio comune
[…].
In alcuni passi del diario si parla invece di Cavour: è curioso che anche il celebre Primo Ministro fosse
stato introdotto a corte giovanissimo dal 1824 al 1826 come paggio di Carlo Alberto (allora ancora principe
di Carignano)...
Particolarmente significativo è il brano che narra l’arrivo dei signori Marsh a Torino proprio il giorno del
suo funerale.
Venerdì 7 giugno 1861 (p. 7)
Siamo arrivati proprio quando la folla incominciava a disperdersi dopo i funerali dell’ex ministro, conte Camillo di
Cavour. Una scena indimenticabile, con tutti i balconi addobbati di nero e non tanto un profondo dolore, quanto vera
costernazione visibile sui visi dei cittadini […]. La gente andava verso casa a passi lenti come dopo aver
accompagnato alla tomba un proprio caro e i soldati marciavano in assoluto silenzio […].“Vous êtes arrivés dans
un triste moment” (“Siete arrivati in un triste momento”) è stato il solo nostro benvenuto. [...] Il conte Camillo di
Cavour è morto la mattina del 6 giugno 1861 ed è stato sepolto il giorno dopo alle sette di sera [...].
Domenica 9 giugno 1861 (p. 7)
La città ha un aspetto luminoso sotto questo splendido sole anche se la bandiera nazionale, avvolta in crêpe nero
sulla Camera del Senato, ci ricorda continuamente che “il grande non è più”.
Prima di entrare nella stanza successiva è importante predisporsi a cogliere l'importanza del luogo in cui si
sta per accedere: soffermatevi e guardatevi intorno una volta affacciati sulla soglia della Sala del Trono che fu di
Vittorio Emanuele II, primo re d'Italia.
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6. SALA DEL TRONO
Osserviamo la sala, così allestita proprio per volere di Carlo Alberto e utilizzata dal figlio Vittorio
Emanuele II nei momenti più solenni: qui si svolgevano infatti gli eventi di incoronazione, le proclamazioni, le
promulgazioni di atti e leggi e lo spazio, la “scena” sono allestiti di conseguenza. Il trono, circondato dalla ricca
balaustra intagliata e dorata risalente al Settecento ed evidenziato dal baldacchino ottocentesco è il fulcro di
tutto, e la balaustra delimita lo spazio cerimoniale in cui il re si collocava per gli eventi e gli atti ufficiali.
Osserviamo i decori e proviamo a coglierne il significato: le teste di leone che ornano i braccioli del trono
sono simbolo di forza e di regalità; la grande tela allegorica, opera del pittore Jan Miel, incastonata al centro del
prezioso soffitto seicentesco rappresenta il trionfo della pace, raffigurata nella forma di una donna vestita di
bianco recante un ramoscello d'ulivo (ancora oggi simbolo di pace) nell'atto di sottomettere il dio della guerra
mentre Ercole, provato dalle molte fatiche, giace addormentato. Tale opera allegorica incarnava l'augurio che,
dopo tante battaglie cui il sovrano aveva dovuto prender parte, il tanto sospirato regno di pace fosse
finalmente raggiunto.
 Jan Miel, Allegoria della pace, 1662.
 Sala del Trono, Pelagio Palagi
ed équipe, il baldacchino e il
trono allestiti per Carlo Alberto,
anni Trenta dell’Ottocento.
Le iniziali di Carlo Alberto decorano il tessuto da parati insieme con lo scudo sabaudo: esse ricorrono
ovunque in queste sale, ed è divertente misurarsi nello scoprirle fra i disegni dei tessuti o gli intagli dorati degli
arredi. E' quindi evidente la centralità della figura di questo re, colui che fa rimodernare in stile neoclassico
nella prima metà dell'Ottocento le antiche sale che stiamo percorrendo, affidando al pittore e disegnatore di
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Un'americana alla corte Sabauda
Palazzo Reale di Torino
fiducia, il bolognese Pelagio Palagi, la sua “rivoluzione decorativa”: essa aveva anche un forte senso politico, in
quanto Carlo Alberto, primo sovrano del ramo cadetto dei Savoia Carignano a salire al trono, si propose come
sovrano rinnovatore e riformatore, nell'instabile contesto europeo che portò ai moti rivoluzionari del 1848.
La politica riformatrice di Carlo Alberto ebbe il suo apice proprio con la concessione dello Statuto, che
trasformò il potere monarchico in senso costituzionale, e anche l'arte figurativa e decorativa doveva
manifestare questa forte rottura con la tradizione settecentesca e con le modalità di esercizio del potere dei
re suoi antenati.
Possiamo ammirare in particolare in questa sala i capolavori di ebanisteria che Gabriele Capello e la sua
équipe realizzavano a partire dai disegni di Pelagio Palagi: il trono, il baldacchino e lo spettacolare parquet ad
intarsio di legni differenti.
Dal diario di Caroline Marsh si deducono invece alcuni aspetti curiosi e significativi del carattere del figlio
di Carlo Alberto, il re Vittorio Emanuele II, in evidente contrasto con la maestosità della sala del Trono che
aveva ereditato da suo padre, e che utilizzava per i momenti più solenni:Vittorio Emanuele è infatti noto alle
cronache per il suo carattere diretto e poco incline all'etichetta di corte...
Domenica 23 giugno 1861 (p. 11)
[...] Il signor Marsh pensa che le fotografie del re che circolano all’estero esagerino molto i tratti volgari della sua
persona. L’impressione generale che ne ha avuto è quella di un uomo amabile, d’animo generoso, di buon senso e
grande vitalità. Questo è confermato dall’opinione generale della gente del posto che stima molto anche il suo
coraggio personale. Difatti non è per niente effeminato nei modi e anzi preferisce impegnarsi in attività ardue e
faticose [...].
Domenica 22 settembre 1861 (p. 28)
L’abate Baruffi [...] dice che il medico del re gli ha comunicato di aver esaminato i conti quadrimestrali e di poter
testimoniare che il fatturato annuale per i sigari del sovrano è di cinquantamila franchi.Anche tenendo conto dei
costi della rappresentanza e di quanto può essere condiviso con gli amici prediletti, rimane ugualmente una
rispettabile provvista per un singolo individuo. Pare anche che il re abbia soggezione del suo Esculapio, tanto è vero
che una volta, mentre era a letto febbricitante e cercava di consolarsi con un sigaro avana di prima qualità, alla vista
del medico entrato nella stanza all’improvviso, il re aveva avuto solo il tempo di nascondere il tubo fumante tra le
pieghe del sipario del letto. Il sotterfugio era però stato scoperto, il che non è affatto strano.
7. SALA DELLE UDIENZE
Le cronache raccontano importanti episodi storici avvenuti in questa stanza. Si possono ricordare in
particolare momenti riportati da Massimo d’Azeglio, da lui vissuti presso la corte di Carlo Alberto.
Domandai un’udienza e l’ebbi presto, ciò che mi parve di buon augurio. L’ebbi, come usava Carlo Alberto, alle sei
della mattina, che in quella stagione voleva dire prima di giorno; ed all’ora stabilita entrai in quel palazzo tutto desto
e illuminato, mentre la città ancora dormiva; e ci entrai col cuore che mi batteva. Dopo un minuto d’anticamera, lo
scudiere di servizio m’aprì la porta; entrai in quella sala che è dopo l’anticamera di parata, e mi trovai alla
presenza di Carlo Alberto, che stava ritto presso la finestra e che, risposto con un cenno del capo cortese alla mia
riverenza, m’accennò uno sgabello nel vano del finestrone, mi vi fece sedere, ed egli mi si pose in faccia […].
(M. D'Azeglio, I miei ricordi, a cura di A. Ghisalberti,Torino 1971, p. 425).
Probabilmente l’incontro avvenne nell’aprile del 1846: per dovere di cronaca filologica, si precisa che
D'Azeglio inizia la compilazione dei Miei ricordi nel 1863. L’opera viene pubblicata nel 1866, incompleta e
postuma, presso l’editore Barbèra di Firenze per le cure dell’amico Giuseppe Torelli. Gli eventi narrati
vanno dalla primissima infanzia sino al 1846; gli ultimi quattro capitoli (occupano il periodo 1837-1846: è
compreso il passo riportato sopra) vengono compilati dal Torelli, che rimaneggia appunti e scritti di
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D’Azeglio la cui stesura risale all’incirca all’epoca dei fatti narrati (nota a cura di F. Uliana).
Con il termine anticamera di parata Massimo d'Azeglio indica proprio la Sala del Trono (“anticamera”
perché precede le parti più private,“di parata” perché destinata alle cerimonie ufficiali).
 Sala delle Udienze Private, particolare dell’allestimento palagiano, 1837-38 ca. .
 Sala delle Udienze Private,Angelo
Capisani, Carlo Alberto, 1849 ca. Il dipinto
ritrae il sovrano proprio in questa sala,
seduto su uno dei tronetti ancora presenti
come l'intero allestimento originale,
realizzato per lui dall'équipe di Pelagio
Palagi fra il 1837 e il 1838.
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Significativi anche i passi del diario di Caroline Marsh in cui sono raccontate le udienze del marito
ambasciatore presso Vittorio Emanuele II. Si presti attenzione ai toni delle conversazioni e agli argomenti
trattati con il re...
Domenica, 23 giugno 1861 (p. 11)
Il signor Marsh è stato introdotto ufficialmente al re d’Italia alle undici di stamattina. Nel salone del ricevimento
si trovavano molti ufficiali in uniforme, ma il signor Marsh è entrato senza di loro nella stanza dove anche il re
era solo [...]. Passate le prime formalità, il re si è rivolto al signor Marsh in modo semplice e franco, e come
risposta alle congratulazioni sull’Unità d’Italia e sulle sue prospettive future, ha commentato sorridendo:“Mais cela
n’amuse pas tout le monde” (“Ma questo non diverte mica tutti”).
E' possibile identificare il “salone di ricevimento” citato con una delle anticamere (sale di attesa o “di
ricevimento” appunto). Va infatti ricordato che gli ospiti in attesa di incontrare il sovrano erano tenuti a
rimanere nelle anticamere, e che non a tutti era concesso di oltrepassarle.
Martedì 31 dicembre 1861 (p. 58)
Oggi il re ha ricevuto ufficialmente i ministri stranieri, ognuno separatamente, anche se a Palazzo Reale erano
arrivati tutti insieme. Il colloquio con il signor Marsh ha toccato la possibile guerra tra l’Inghilterra e l’America. Il re è
convinto (come lo è il signor Marsh) che il Canada, con le sue duemila miglia di frontiera, non sarà in grado di
difendersi contro di noi e, con la sagacia di un sicuro soldato, ha discusso i probabili risultati militari di una tale
guerra. Ha parlato con entusiasmo del nostro Far West e ha confessato di aver sempre desiderato di poter cacciare i
bufali nelle nostre terre selvagge. Il signor Marsh lo ha rassicurato che sarebbe stato accolto in America nel modo
più cordiale, ma Sua Maestà ha ribattuto:“Ah, dovrò aspettare fino all’anno del mio giubileo!”.
Altro aspetto noto della personalità di re Vittorio Emanuele è l'amore per la caccia e per le cavalcate
all'aria aperta, e tale caratteristica traspare quindi anche dai racconti di Caroline Marsh. A testimonianza della
passione del re per gli animali da cacciare e per le specie esotiche, vi è ad esempio il fatto che nei giardini reali
vi fosse all'epoca un serraglio, la cui attività è testimoniata dalla presenza di numerosi documenti di acquisto di
animali e manutenzione conservati in Archivio di Stato (Casa di Sua Maestà, Azienda generale d'artiglieria,
fabbriche e fortificazioni e Libri mastri categorici).
Si osservino gli oggetti nella sala e alle pareti: raccontano la
tradizione presso i capi di Stato in visita ufficiale di scambiarsi
doni, usanza in parte ancora viva ai giorni nostri. Possiamo
ammirare al centro della sala la grande coppa rivestita in malachite
regalo dello Zar di Russia a Vittorio Emanuele II; sulle consolles
sono invece visibili due vasi Cordelier, provenienti dalla
manifattura di Sèvres e dono di Napoleone III allo stesso Vittorio
Emanuele.
Anche questa coppia di vasi testimonia quanto fosse nota la
passione per la caccia del primo re d'Italia: se infatti ne osserviamo
con attenzione il decoro possiamo apprezzare la particolarità dei
manici in foggia di teste di capriolo, e la preziosa raffigurazione dei
trofei di caccia sulla ceramica.
 Coppa rivestita in malachite, provenienza russa, anni
Cinquanta dell'Ottocento.
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 Charles Barriat,Vaso Cordelier, manifattura di
Sèvres, 1853
Spesso dipinti e ritratti celebravano altri capi di stato allora
in carica, oppure eventi come le visite di stato, le alleanze e le
parentele: nella Sala delle Udienze Private ve ne sono alcuni che
celebrano illustri personaggi degli anni di cui stiamo parlando.
Sulla parete verso la Sala del Trono, si può osservare un
ritratto di Napoleone III (1808-1873), allora imperatore dei
Francesi, realizzato da Adolphe Yvon intorno al 1861, anno della
proclamazione del Regno d'Italia.
Sulla parete centrale, è esposto un ritratto di Vittorio
Emanuele II realizzato da Costantino Sereno.
Sulla parete verso la sala successiva vi è invece un ritratto
del principe Oscar di Svezia (1829-1907) realizzato da E. Val
Baryson: nel 1872, alla morte del fratello maggiore, egli diventerà
re del suo paese con il nome di Oscar II di Svezia. Esattamente
dieci anni prima, nel 1862, questo principe si era recato a Torino
in visita ufficiale; in quell'occasione,Vittorio Emanuele II lo aveva
insignito degli Ordini della Santissima Annunziata e dei Santi
Maurizio e Lazzaro. Caroline Marsh racconta nel diario alcuni
episodi delle sue giornate torinesi.
 Adolphe Yvon, Napoleone III, 1861.
 E.Val Baryson, Oscar di Svezia, datazione incerta, entro il 1862.
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Venerdì 10 gennaio 1862 (p. 63)
Il principe Oscar di Svezia stasera ha onorato con la sua presenza il teatro D’Angennes. Non sapevamo che
sarebbe venuto, ma noi eravamo lì [...]. Poco dopo essere entrati avevamo notato dei gentiluomini nel palco di fronte
al nostro e uno di loro, in particolare, aveva attirato la nostra attenzione. Non era bello, ma era distinto e con una
testa tizianesca tipica delle razze meridionali. Ma è stato solo nell’osservare le persone al suo seguito che abbiamo
intuito si trattasse del principe arrivato di recente […].
Costruito nel 1786 all'interno della residenza nobiliare dell'omonimo marchese, il teatro D'Angennes
presentava quattro ordini di palchi, poteva ospitare 1300 persone, e faceva parte di una serie di sale teatrali
nate a Torino per gli spettacoli musicali, popolari e leggeri. Fu costruito nel 1821 su progetto di Giacomo
Pregliasco, e nello stesso anno da esso partirono i primi moti che culmineranno nel 1848 e porteranno alla
concessione dello Statuto da parte di re Carlo Alberto.
Dal 1884, considerato non più idoneo per spettacoli di rilievo, ospitò la compagnia di marionette Lupi e
nel 1891 fu rinominato teatro Gianduja, dal nome della maschera tradizionale carnascialesca e della commedia
dell'arte torinese. Il teatro D'Angennes subì quindi un lento declino, fino a venire dismesso dalla sua funzione
ed essere convertito a residenza dopo la Seconda Guerra Mondiale.Ancora oggi è possibile vederne la facciata
in via Principe Amedeo 26.
Mercoledì 15 gennaio 1862 (p. 65)
Un’altra serata di gala al Teatro Regio. Il re ha fatto il suo ingresso alle nove circa, accompagnato dal principe Oscar
di Svezia, dal principe Umberto, dal principe di Carignano e dalla duchessa, con molte altre persone del seguito
[…]. Molti appartenenti all’ordine dell’Annunziata erano quasi letteralmente coperti di stelle e nastri. Grida
assordanti hanno accolto l’arrivo dei reali e Sua Maestà si è sporto dal palco con il principe Oscar a fianco,
rispondendo tutti e due con inchini al saluto del pubblico. Il re, quindi, si è seduto mentre il principe Oscar è rimasto
per qualche attimo in piedi a salutare […].
Nel corso dell’opera e del balletto il re si è intrattenuto liberamente con i gentiluomini che gli stavano attorno e
specialmente con Ricasoli e Rattazzi; il principe Oscar è apparso molto elegante e affabile [...].
Le signore nei palchi erano vestite con gusto ed eleganza e sono convinta che non si troverebbe facilmente una
selezione di gente più aristocratica in altre parti d’Europa […].
L'antico Teatro Regio costituiva invece la sala più importante della città. Realizzato dall'architetto
Benedetto Alfieri rielaborando i progetti che Filippo Juvarra aveva intrapreso per l'organizzazione di tutta
l'area di pertinenza di Palazzo Reale, faceva parte del comprensorio di edifici pubblici e di governo costituito
dalla reggia con i giardini posti sulle mura della città, dal Palazzo Chiablese, dal palazzo delle Segreterie di Stato
(manica oggi ospitante gli uffici della Prefettura), dai regi archivi (oggi Archivio di Stato), dalle scuderie reali
(area dall'attuale denominazione di Cavallerizza), dalla regia università (lungo via Po) e, appunto, dal regio
teatro.
Le varie parti del complesso erano tutte collegate internamente, e il sovrano poteva raggiungere senza
uscire all'esterno ogni spazio di quella che è stata definita “area di comando” della capitale sabauda. Questo
concatenarsi unitario di spazi, oggi difficilmente percepibile a causa dei mutamenti d'uso, costituiva il fulcro
governativo e di rappresentanza dell'intero regno e della città.
La sera del 15 gennaio 1862, quindi, il sovrano avrebbe potuto raggiungere il palco regio a teatro
direttamente dall'interno di Palazzo Reale, percorrendo le nostre sale del primo piano, la galleria dell'Armeria
Reale e il corridoio delle Segreterie di Stato, mentre i coniugi Marsh sarebbero entrati dalla piazza.
Il teatro di Benedetto Alfieri, inaugurato nel 1740, fu distrutto da un incendio nel 1936 e ricostruito
nell'aspetto attuale su innovativo progetto di Carlo Mollino tra il 1965 e il 1973.
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Un'americana alla corte Sabauda
Se si osservano ora le figure che sorreggono i ripiani delle consolles e del camino si può notare che si tratta
di personaggi femminili dall’espressione mesta con una corona turrita sul capo: questa raffigurazione ebbe un
tale successo da divenire durante il Risorgimento immagine dell'Italia divisa e oppressa dalla dominazione
straniera. Nella sala delle Udienze Private di re Carlo Alberto questa figura di donna che “regge” sulle spalle il
peso soprastante vuole forse alludere all’Italia schiacciata dai tiranni stranieri...(per approfondimenti si veda
anche il percorso didattico a cura di J. Celani, F. Speranza, F. Uliana, Dei ed Eroi, MiBACT - Soprintendenza per i
beni architettonici e paesaggistici per le province di Torino, Asti, Cuneo, Biella e Vercelli, Servizi educativi di
Palazzo Reale, 2014, www.ilpalazzorealeditorino.it).
8. SALA DEL CONSIGLIO
La sala in cui Carlo Alberto e Vittorio Emanuele II
riunirono i propri ministri costituisce uno degli spazi
più significativi del Risorgimento.Vi si rievocano fatti
storici e clima politico messi in rilievo anche racconto
di Caroline Marsh.
Martedì 15 aprile 1862 (P. 89)
La signorina Arbesser ha passato la serata
da noi e non è stata taciturna. Ha parlato
della caduta di Ricasoli come di un indubbio
intrigo di Corte [...]. Dice di aver osato una
volta esprimere un po’ dell’ammirazione che
provava per il suo carattere, quando il conte
di Gattinara l’aveva interrotta ribattendo:
“Per quanto mi riguarda, Signorina, io non
stimo per nulla un uomo che mette il suo
cappello in presenza di Sua Maestà!”.
Secondo quanto dice il conte sembra che
una volta, mentre il re attraversava la sala
del consiglio proprio quando la seduta
stava per concludersi, Ricasoli si fosse messo
in testa il cappello prima che il re avesse
oltrepassato la porta di fronte.A quanto
pare questa gaffe è costata a Ricasoli la
stima del giovane cortigiano, perdita che
molto probabilmente non lo rattrista troppo
[…].
 Sala del Consiglio, particolare dell'allestimento
palagiano, 1838-1840.
Spunti per la riflessione:
Quale spazio hanno nel diario gli argomenti politici? Caroline Marsh è sempre presente agli eventi e agli incontri che narra
o qualcuno le racconta qualcosa? Le donne partecipavano alla vita politica ai tempi di Caroline? Gli eventi politici sono
decisamente centrali nel racconto del diario: Caroline Marsh è un'osservatrice molto coinvolta. E' però spesso il marito a
narrarle gli incontri a cui partecipa. La moglie non ha incarichi politici, e del resto in quegli anni le donne non ricoprivano
ruoli ufficiali. Benché spesso personaggi femminili di rilievo si trovassero a svolgere ruoli diplomatici o di intercessione,
raramente erano “ufficialmente” coinvolte, poiché il contesto sociale era estremamente limitante per quanto riguarda il
ruolo femminile.
Nella sala, in cui nel 1848 fu firmato lo Statuto Albertino, si può fare riferimento al significato di questo
importante atto che cambiò il rapporto tra monarchia, nobiltà e popolo con l'introduzione dei primi diritti
costituzionali.
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Domenica 14 giugno 1863 (P. 189)
Per dimostrarmi i progressi compiuti dall’Italia in questi pochi anni di libertà, il signor A... mi ha raccontato un
aneddoto che lo riguarda. Ha detto di essere stato convocato in tribunale per prestare giuramento su vicende
relative alla signora D... e, prima di giurare, il giudice gli aveva chiesto se fosse cattolico.“No, signor giudice”, aveva
risposto,“io sono protestantissimo!” e la risposta era stata accompagnata da una risata generale da parte dei
presenti. La morale di questo aneddoto è che, prima del 1848, una risposta di questo genere sarebbe stata seguita
da una denuncia al re e dall’arresto entro la sera stessa, ma ora la sua pronta franchezza aveva divertito chi
l’ascoltava e aveva incontrato approvazione.
 S. M.Victor-Emmanuel recevant la couronne offerte par la ville de Turin. - D'Apres le croquis de M.Tetar Van Elven.
Litografia da L'Illustration, Journal Universel, 9 marzo 1861. ©Collezione privata
L’Illustration, il primo settimanale francese ad utilizzare in maniera sistematica le immagini, il 9 marzo 1861
- pochi giorni prima della proclamazione dell’Unità d’Italia - dedicò la sua prima pagina alla pubblicazione di
una litografia raffigurante S. M.Victor-Emmanuel recevant la couronne offerte par la ville de Turin. - D'Apres le croquis
de M.Tetar Van Elven (Sua Maestà Vittorio Emanuele mentre riceve la corona offerta dalla città di Torino – Da
un’incisione di M. Tetar Van Elven): l’incisione ci riporta un’immagine di quegli anni della Sala del Consiglio di
Palazzo Reale. Appare significativo come la prima pagina di questa edizione dell’Illustration sia dedicata alla
seduta del senato francese avvenuta giovedì 28 febbraio, durante la quale si è discusso “quasi esclusivamente
degli affari d’Italia e della situazione intorno al papato a seguito degli avvenimenti di cui la Penisola è stata
teatro negli ultimi diciotto mesi […].” Durante il suo discorso in questa sede, Napoleone III annuncia il suo
appoggio al processo di unificazione d’Italia: egli infatti “si dichiara partigiano dell’Unità d’Italia che è, ai suoi
occhi, la condizione essenziale di un’emancipazione seria e definitiva. Egli ha difeso la condotta del re Vittorio
Emanuele e del suo primo ministro contro gli attacchi di cui era stata fatta oggetto anche nell’assemblea del
Senato, e mostrato, attraverso qualche esempio famoso, che ci sono casi in cui il regole del diritto nazionale e
internazionale devono annullarsi davanti all’azione del tempo, alla volontà dei popoli e alle necessità di un
ordine superiore. Il Principe ha anche voluto precisare che l’unità dell’Italia, lontano dal poter essere motivo di
inquietudine per la Francia, è soprattutto favorevole agli interessi francesi […]”.
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I luoghi invitano a ripercorrere le orme di Carlo Alberto e Vittorio Emanuele II: i re e il loro seguito si
recavano dalla Sala del Consiglio, lungo la Galleria del Beaumont, fino alla loggia affacciata su piazza Castello, da
cui furono proclamati al popolo gli eventi più importanti (la promulgazione dello Statuto, le dichiarazioni delle
guerre d'Indipendenza,...). Percorrendo oggi questo spettacolare tragitto si osservano ancora le preziosissime
collezioni di armi che proprio Carlo Alberto fece raccogliere e allestire nella Galleria del Beaumont e nelle
sale confinanti, istituendo la sua famosa Armeria Reale.
9.ARMERIA REALE
La visita alle collezioni di armi consente di comprendere il valore del collezionismo nell'Ottocento nei
suoi aspetti più simbolici e rappresentativi, focalizzando in particolare gli oggetti raccolti da Vittorio Emanuele
II: si possono osservare numerosi doni che raccontano lo spirito del Risorgimento (come i vessilli provenienti
dai territori d'Italia e la sciabola regalata a Vittorio Emanuele II dagli italiani di California).
Anche Caroline Marsh ebbe modo di raccontare una visita in Armeria.
Giovedì 29 agosto 1861 (p. 22)
Oggi siamo andati a vedere l’Armeria e Regaldi ci ha fatto da cicerone. Dal momento che è il poeta ufficiale
dell’Armeria, ottiene dai guardiani dei privilegi speciali. La raccolta, di per sé molto bella, è ben collocata e curata nel
miglior modo possibile. Oltre alla vasta collezione di armi di interesse storico e di raffinata lavorazione, molti altri
oggetti di grande valore e di eccezionale bellezza sono per lo più regali preziosi fatti a Carlo Alberto e a Vittorio
Emanuele da parte dei loro beneamati sudditi.
 C. Bossoli, L'Armeria nel 1853 (litografia).Torino, Biblioteca Civica. Immagine tratta da: F. Mazzini (a cura di),
L'Armeria Reale riordinata. Rapporto dei lavori -1969-1977. Ricerche storiche, Ministero per i beni culturali e ambientali,
Soprintendenza per i beni artistici e storici del Piemonte,Torino 1977.
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PARTE 2
SALA DA BALLO
L'ultima parte dell'attività si svolge nella grande sala da ballo voluta da Carlo Alberto, secondo modalità
interattive finalizzate a verificare la comprensione degli spazi monumentali in cui il percorso si è sviluppato: i
ragazzi sono stimolati a riconoscere il tipo di ambiente in cui ci si trova e a indovinare i personaggi che
potevano frequentare questa sala.
Un passo del diario di Caroline Marsh racconta una tipica festa alla corte di Vittorio Emanuele II.
Lunedì 13 gennaio 1862 (p. 64)
Il ballo di gala a Corte stasera è stato brillante. [...] Non credo che ci sia in Europa una Corte che esibisce tanto
protocollo antico e tanta imponente aristocrazia quanto quella di Torino e c’è che dice che, al confronto, le Corti
europee sono più parvenues. Il re non è certo un maniaco di cerimoniali, ma la duchessa li adora ed è assecondata
in questo dalle regali dame piemontesi. [...]
Il re si è intrattenuto con familiarità per un quarto d’ora con il signor Marsh, ponendogli domande intelligenti
sull’America ed esprimendo il desiderio sincero di ottenere alcuni degli animali caratteristici del paese che non
immagina di poter mai vedere nelle sue tenute. Il signor Marsh gli ha assicurato che la cosa è fattibile, basta
mettere un agente efficiente in contatto con l’Istituto Smithsonian di Washington, e gli ha promesso di occuparsene.
Spunti per la riflessione:
Com'è organizzato lo spazio? Quali aspetti colpiscono di più? Quali sarebbero stati gli argomenti di conversazione
durante le feste alla corte di Vittorio Emanuele, come quelle a cui i signori Marsh si trovarono a partecipare? La sala è
allestita con pochi arredi, collocati lungo le pareti così da lasciare libero lo spazio per il ballo e per una conversazione in
piedi, per gruppi.Al fondo vi è una “balconata”: è la loggia su cui trovava posto l'orchestra, come dimostrano anche i
leggii per spartiti che ne ornano la balaustra. Balzano immediatamente agli occhi i grandi lampadari, le cui luci si
riflettono nelle monumentali specchiere apposte alle pareti; colpiscono anche le grandi colonne bianche monolitiche.
Notevoli agli occhi dell'osservatore sono la ricchezza del decoro, ma anche la grandezza dello spazio. Immaginiamo che
Vittorio Emanuele, essendo un re così poco formale, avrebbe intrattenuto gli ospiti chiacchierando dei propri interessi,
e sarebbe stato interpellato in merito ai fatti di attualità: l'Unità d'Italia, le alleanze europee...
Lo spettacolare allestimento approntato da Pelagio Palagi per la Sala da Ballo è un significativo esempio di
stile decorativo neoclassico, secondo il gusto ottocentesco di recupero dell'antico. Pelagio Palagi reinterpreta
questi elementi secondo le inclinazioni e le preferenze della corte piemontese, e secondo spunti tratti dai
nuovi ritrovamenti archeologici negli scavi pompeiani (le danzatrici dipinte lungo il fregio) ed etruschi (le
preziose tarsie bronzee delle specchiere). Il gusto e lo sfarzo riservato agli ambienti dello svago è qui ben
esemplificato, e ogni richiamo decorativo fa sembrare di essere entrati in un tempio realizzato per celebrare
musica e danza...
Si invitano i ragazzi, attraverso una “caccia al tesoro”, ad individuare gli elementi ispirati al mondo classico
e all'arte greco-romana: le monumentali colonne, le danzatrici in vesti antiche, le rappresentazioni di dei e miti
raffigurati dal Palagi, fanno emergere come ogni decoro riporti al filo conduttore dell'arte, della musica e della
danza, qui rappresentate dalle muse, che i ragazzi possono giocare a riconoscere in base agli attributi con cui
sono raffigurate: Calliope, musa dell’epica, che reca tavoletta e stilo; Urania, musa dell’astronomia, con il globo;
Clio, musa della storia, con la tromba; Euterpe, musa della lirica, con il flauto aulos;Talia, musa della commedia e
Malpòmene, musa della tragedia, con le maschere; Erato, musa della poesia amorosa, che regge la cetra e ha
vicino Cupido;Tersicore, musa della danza, con la lira; Polimnia, musa dell’orchestica, con il bastone della danza.
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 Grand bal à la cour de Sardaigne, le 24 janvier 1859 d’après le dessin de M. Riou. Stampa da incisione su legno, 22.2 x
31.7 cm, Incisore Linton. ©Brown Digital Repository, Brown University Library
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Referenze fotografiche:
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In copertina:
George Perkins Marsh e sua moglie Caroline. Immagini tratte da: Un'americana alla corte dei Savoia. Il diario
dell'ambasciatrice degli stati Uniti in Italia dal 1861 al 1865, traduzione a cura di D. Lowenthal, L. Quartermaine,Torino
2004
Ideazione del percorso e redazione:
Testi e ricerche scientifiche:
Scheda Torino nell'Ottocento:
Impaginazione e grafica:
Jennifer Celani, responsabile per i Servizi educativi di Palazzo Reale
Silvia Blanchietti, Palazzo Reale
Jennifer Celani
Walter Ragnini
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