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Cos`è l`Introversione

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Cos`è l`Introversione
Cos’è l’Introversione
Dal pregiudizio alla conoscenza
La conoscenza dell’uomo
Da sempre l’uomo è impegnato a riflettere
sulla sua condizione
 Per molti secoli la filosofia si è fatta carico di
tale impegno
 Oggi, senza trascurare il sapere filosofico,
occorre tentare l’integrazione tra varie scienze
(genetica, neurobiologia, psicologia,
psicoanalisi, sociologia, ecc.)
 La conferenza è l’espressione di questo sforzo
interdisciplinare

Scienza e senso comune
Coniati da C. G. Jung, in un libro che si può ritenere il suo
capolavoro (Tipi psicologici), i termini estroversione e
introversione hanno avuto uno straordinario successo,
diventando di uso corrente
 Il senso comune, appropriandosene, ha dato però ad essi un
significato diverso da quello originario: li ha qualificati
associando all’introversione una connotazione negativa,
pregiudiziale
 Il pregiudizio incide sullo sviluppo della personalità e sulla
vita dei soggetti introversi, inducendo in essi una percezione
di anormalità, inferiorità e inadeguatezza rispetto agli altri
 E’ possibile sormontare tale pregiudizio in nome della
conoscenza?

Definizioni
Per il senso comune l’introverso è un soggetto
tendenzialmente solitario e asociale
 Anche nei dizionari più recenti, la definizione dei termini
introversione ed estroversione implica un giudizio di valore
 L’estroverso è aperto, sicuro, comunicativo, cordiale,
affettuoso, espansivo, esuberante; l’introverso, viceversa, è
chiuso, timido, silenzioso, riservato, freddo, distaccato
 Quanto c’è di vero in queste attribuzioni?
 Molto stando alle apparenze, poco per quanto riguarda
l’esperienza interiore, che è fervida e intensa
 Lo scarto tra un comportamento sociale mediamente “inibito” e
un mondo interiore passionale è l’essenza dell’introversione.


Come si può spiegare questo scarto?
L’uomo come prodotto
L’uomo viene al mondo come ente naturale, dotato di attributi
specie-specifici (comuni a tutta le specie e maturati nel corso di
una lunga evoluzione) e di potenzialità di sviluppo che, per
realizzarsi, richiedono l’interazione con un ambiente umano
(affettivo e culturale).
 La personalità è un prodotto dell’interazione tra la “natura
umana”, le opportunità di sviluppo offerte dall’ambiente sociale
e il modo in cui il soggetto le utilizza
 Il termine “prodotto” va preso alla lettera: esso implica la
trasformazione di una “materia prima” per effetto di un “lavoro”
 Ogni società, per assicurare la sua continuità nel tempo, ha
bisogno di investire una quota di risorse nella produzione di
uomini

La “materia” prima
La “materia prima” è null’altro che il corredo genetico
individuale (il genotipo), che è una combinazione
unica e irripetibile del pool genetico umano
 Il corredo genetico individuale contiene potenzialità
comuni a tutta la specie (come la capacità di acquisire
il linguaggio) e potenzialità o attitudini particolari
(come l’orecchio musicale, la predisposizione per la
matematica, l’abilità manuale, ecc.) il cui sviluppo
differenzia gli individui.
 Ogni corredo genetico implica una “norma di
reazione”, vale a dire un spettro definito di possibilità
di sviluppo diverse (i fenotipi) la cui realizzazione
dipende dall’ambiente.

Educazione

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


Il corredo genetico non è una tabula o una creta, non
può essere modellato a piacere perché ha i suoi vincoli
Per sviluppare le sue potenzialità – generiche e
particolari – l’uomo va educato
Educare (ex-ducere) significa permettere a qualcosa di
venire fuori: in termini scientifici, l’educazione
promuove la fenotipizzazione del genotipo
Per produrre un uomo occorre investire risorse –
affettive, economiche, culturali – e applicare
“tecniche” finalizzate a realizzare un progetto
Il progetto, comune a tutte le culture esistenti, è la
produzione di un soggetto “normale” in rapporto al
contesto in cui vive, capace cioè di adattarsi ad esso.
Istituzioni pedagogiche
La Famiglia e la Scuola sono le “agenzie sociali” alle
quali è affidato il compito di produrre l’uomo o meglio
il “cittadino”, vale a dire un essere capace di inserirsi
nella società e di ricoprire i ruoli assegnati o scelti: in
breve, di adattarsi ad un determinato sistema
 La finalità adattiva implica l’adozione di un modello
normativo che, nella nostra società, è estroverso
 Esso valorizza l’adesione e la partecipazione alla
realtà, la capacità di comunicare e di stare con gli altri,
un certo grado di competitività, lo spirito pratico, il
non porsi troppi problemi, il darsi da fare, il prendere
la vita come viene, ecc.

Il modello normativo
Il modello normativo dominante, che, negli ultimi anni,
si è accentuato al punto che si può definire
estrovertito, rappresenta un handicap per gli
introversi, poiché forza i tempi e i modi di sviluppo
programmati nel loro corredo genetico
 L’omologazione normativa induce negli introversi uno
sviluppo della personalità solitamente negativo.
 Il modello normativo vigente (estrovertito) si può
ritenere globalmente disfunzionale perché, per
promuovere l’adattamento al mondo esterno e il darsi
da fare, riduce al minimo la conoscenza e la
familiarità con il mondo interno.

Mondo esterno e mondo interno
In quanto autoconsapevole, ogni uomo vive
nell’interfaccia tra due mondi: quello esterno, al
quale lo vincolano le percezioni e sul quale è
letteralmente affacciato, e quello interno, che non può
essere visto o toccato, ma è esperito
 Questi due mondi, perpetuamente comunicanti tra
loro ma irriducibili, rappresentano la totalità
dell’esperienza soggettiva umana
 Un certo grado di estroversione, di affacciamento, di
contatto e di interesse per il mondo esterno, e un
certo grado di introversione, di vita interiore, di
introspezione e di riflessione sono costitutive di ogni
esperienza umana

Estroversione e Introversione
In conseguenza della loro costituzione genetica, gli
estroversi sono portati a privilegiare il rapporto con il
mondo esterno, hanno bisogno di mantenere con esso
un contatto assiduo e tendono all’adattamento
 Gli introversi hanno una particolare propensione per il
mondo interno, tendono al raccoglimento e alla
riflessione e hanno tempi più lunghi di adattamento
riuspetto alla media
 Estroversione e introversione definiscono, dunque, in
sé e per sé, solo modi diversi di rapportarsi dell’essere
umano ai due mondi nella cui interfaccia egli vive.

Lo spettro tipologico
In ogni individuo l’orientamento estroverso e quello
introverso si combinano nelle formule più varie,
secondo uno spettro che esclude gli estremi. Non
esiste un introverso o un estroverso puro.
 Lo spettro tipologico non è continuo. La prevalenza
dell’introversione riguarda il 5-7% della popolazione: 1
cittadino su 20.
 Tale distribuzione è misteriosa, ma di sicuro ha un
grande significato evoluzionistico, essendosi
mantenuta costante nel corso del tempo.
 Estroversione e introversione svolgono entrambe una
funzione importante.

La funzione dell’estroversione
L’estroversione favorisce l’adattamento al mondo
esterno e, in conseguenza dello spirito pratico che la
connota, promuove anche l’intraprendenza, il darsi da
fare per trasformarlo
 Senza la spinta motivazionale dell’estroversione,
l’umanità sarebbe presumibilmente rimasta ferma al
modo di essere originario, incentrato sulla caccia e
sulla raccolta
 All’estroversione si può ricondurre, in misura rilevante,
l’esplorazione del mondo fisico, la produzione della
cultura materiale, lo sviluppo della tecnologia, del
commercio, dell’industria, ecc.

La funzione dell’estroversione (2)
L’estroversione facilita l’adattamento al modello
normativo vigente in un determinato contesto
sociale e culturale
 L’adattamento estroverso concorre a
stabilizzare la società, ad assicurare ad essa
un’identità culturale, una certa coesione e la
continuità nel tempo
 Il limite dell’introversione sta nella sua
tendenza al conformismo, nella naturalizzazione
della cultura e nell’assolutizzazione dei valori
normativi

La funzione dell’introversione
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

L’introversione comporta l’esplorazione dei mondi e dei
modi di essere possibili
Il patrimonio della Cultura non materiale – religione,
filosofia, letteratura, arte, scienza, ecc. -, è stato prodotto,
in una misura assolutamente rilevante (intorno al 60%),
da soggetti introversi
Un elenco dei Grandi Introversi che hanno contribuito alla
civilizzazione della specie umana occuperebbe
un’enciclopedia. Basterà citare, per il passato remoto,
Gesù, Budda, Socrate, e, per l’età moderna, Rousseau,
Darwin, Nietzsche, Freud, Kafka, Einstein
Pochi introversi sono geni, ma molti geni sono introversi.
Sopravvissuta alla selezione naturale, oggi si sta profilando
il rischio che l’introversione venga selezionata
culturalmente
L’Introversione oggi
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Il pregiudizio che vige nel nostro mondo nei confronti
dell’Introversione ha un fondamento empirico
Incontrare un introverso sereno ed equilibrato, autentico e
appagato del suo modo di essere, è un evento eccezionale.
Più spesso, gli introversi hanno dei tratti di comportamento che
sembrano attestare un qualche disagio psicologico: sono
riservati (sino alla chiusura), poco loquaci e comunicativi,
spesso visibilmente impacciati, talora addirittura cupi e ombrosi
Per quanto inoffensivi, gli introversi, in genere, determinano un
campo d’interazione sgradevole. Se non è vero che sono
scostanti e altezzosi – per cui evocano un moto di antipatia -, si
intuisce facilmente che non sono spontanei, nutrono diffidenza,
sembrano impegnati a celare qualcosa
Se si giunge a conoscerli da vicino, si rimane sorpresi della loro
sensibilità umana, delle doti intuitive e della ricchezza del loro
mondo interiore. Al tempo stesso, si recepisce in genere un
atteggiamento rigido e ipercritico nei confronti del mondo
L’introversione fenotipica
L’Introversione nel nostro mondo è una condizione
fenotipica: essa manifesta tratti che sono sviluppi
negativi del genotipo (per esempio la timidezza che è
uno sviluppo della riservatezza)
 Lo sviluppo psicologico degli introversi e il loro modo
di essere da adulti è fortemente e negativamente
influenzato dal modello normativo dominante,
estroverso e estrovertito
 Tale modello richiede un adattamento che mortifica
le potenzialità di sviluppo dell’introversione e obbliga
a simulare un comportamento “normale”

Il problema della socializzazione
La normalizzazione investe le fasi precoci dello
sviluppo, a partire dalla socializzazione
 Per molti genitori e insegnanti il bambino introverso è
un essere che va normalizzato, aiutato a diventare
come gli altri
 Il tratto comportamentale più allarmante per gli
educatori è la tendenza del bambino o dell’adolescente
a non legare con gli altri, ad isolarsi e a fantasticare
(distrarsi)
 Le cause di questo tratto sono: la predilezione per gli
adulti, il rifiuto dell’istituzionalizzazione (affollamento,
rumorosità, iperattività motoria), l’attrazione esercitata
dal mondo interiore (emozioni, fantasia)

Le caratteristiche genotipiche dell’Introversione
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
un corredo di emozioni superiore alla media, associato,
talora, ad un'intelligenza vivace
un senso di pari dignità e di giustizia precoce, persistente e
d'intensità drammatica, che fa capo ad un'intuizione viscerale
dei diritti individuali, attribuiti a sé non meno che agli altri
un orientamento innato di tipo idealistico, che si esprime nel
"sogno" di un mondo caratterizzato da rapporti interpersonali
"corretti" e "delicati", tali da ridurre al minimo la possibilità
reciproca di farsi del male
una tendenza a stabilire con le persone, gli animali e le cose
legami affettivi intensi, profondi e tenacemente
conservatori
un orientamento incline alla riflessione, all'introspezione e
alla fantasia più che all'azione
una predilezione per interessi intellettuali e per
attività creative, alimentata dal piacere del funzionamento
della mente, sempre spiccato.
L’emozionalità introversa

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Il corredo emozionale particolarmente ricco è l’aspetto
più specifico del modo di essere introverso, quello che
si riflette in tutte le altre caratteristiche (anche nella
vivacità intellettiva)
Nel nostro mondo, che privilegia la razionalità, le
emozioni godono una cattiva fama
Il sentire è il continuum dell’esperienza umana, il mare
sul quale galleggiamo e nel quale scorriamo
L’emozionalità è uno spettro le cui polarità estreme
sono intimamente correlate
Le persone più ricche di emozionalità sono capaci di
sperimentare in maniera più intensa rispetto alla
media l’intero spettro delle emozioni
Emozioni di base e emozioni specificamente umane
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
L’uomo ha ereditato dagli animali la capacità di sperimentare le
emozioni. La tavolozza di base delle emozioni (piacere, dolore,
paura, rabbia, tristezza, gioia, ecc.) è comune a tutti gli animali
superiori.
L’emozionalità umana, però, ha caratteristiche sue proprie. Le
emozioni di base si sono ristrutturate in rapporto ad una
dimensione previsionale (il futuro) che non esiste in alcun altro
animale (per esempio l’allarme animale fa riferimento ad un
pericolo immediato, l’ansia umana ad uno remoto)
La tavolozza delle emozioni umane è, però, anche molto più
ricca rispetto a quella di qualunque altro animale.
Si danno, infatti, nel patrimonio umano, almeno tre emozioni
specie-specifiche: l’empatia, il senso di dignità e di giustizia e
l’infinito.
L’empatia
L’empatia è la capacità di un soggetto di
identificarsi con l’altro, di mettersi nei suoi
panni e di ricostruire la sua esperienza dentro
di sé
 Si tratta di una capacità intuitiva complessa che
permette di sentire ciò che l’altro sente: il suo
stato d’animo, le aspettative, i desideri, le
paure
 Questa capacità di identificarsi con l’altro
sembra spiccata soprattutto in rapporto a stati
di sofferenza. Essa produce una disponibilità
spontanea all’aiuto

Senso di dignità e di giustizia
Il senso di dignità e il senso di giustizia sono
profondamente radicati nel corredo genetico umano
 Rappresentano il fondamento della percezione innata
che l’individuo ha di sé come essere dotato di diritti
naturali
 E’ dubbio che tali diritti siano effettivamente naturali,
se è vero che la civiltà è giunta a riconoscerli e a
sancirli giuridicamente solo da poco, e ciò nonostante
essi continuano ad essere violati in molteplici
circostanze
 E’ certo che essi sono rappresentati nel corredo
genetico umano sotto forma di un sentire preriflessivo
e precognitivo

L’infinito emozionale
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
L’intuizione emozionale dell’infinito, misconosciuta dalla
psicologia, affiora lentamente nel corso dello sviluppo, ma
giunge ad influenzare tutta l’esperienza soggettiva umana
Essa riverbera su tutta la sfera emozionale infinitizzandola
E’ una medaglia a due facce
Per un verso, genera la consapevolezza della realtà esistenziale
dell’uomo: il suo essere finito, vulnerabile, precario e destinato
a finire
Per un altro, apre la soggettività umana al mondo del possibile,
dell’immaginario, del simbolico, vale a dire sull’universo della
cultura
La categoria del possibile è la matrice dell’utopia, dell’arte, della
letteratura e della scienza
Emozionalità e ritardo nello sviluppo (1)
Rispetto agli altri animali, l’uomo è un essere
drammaticamente ritardato nello sviluppo: prematuro
alla nascita, impiega venti anni ad evolvere e conserva
da adulto caratteristiche anatomiche fetali (neotenia)
 Come riesce chiaro dall’addomesticamento degli
animali (il cane), la neotenia comporta anche
modificazioni del carattere e del comportamento. Gli
animali neotenici mantengono caratteristiche da
cuccioli, espressive di un’emozionalità più viva e più
plastica
 Nella storia della specie umana, la neotenia ha
contribuito potentemente a produrre l’organizzazione
sociale, sulla base della solidarietà e dell’allevamento
dei piccoli

Emozionalità e ritardo nello sviluppo (2)
Il ritardo nello sviluppo evita che la mente umana
venga catturata e irretita dal mondo esterno (come
accade negli altri animali).
 Esso mantiene per un certo tempo il primato del
mondo interno su quello esterno e, in conseguenza di
questo, apre l’uomo all’intuizione dei mondi possibili,
vale a dire sull’infinito.
 La lunghezza della fase evolutiva della personalità è
dovuta in gran parte alla ricchezza delle emozioni e
alla necessità di una loro lenta maturazione, che si
può realizzare solo via via che il soggetto acquisisce
strumenti cognitivi che ne permettono la
canalizzazione

I bambini introversi
In quanto dotati di un’emozionalità di intensità
superiore alla media, i bambini introversi sono esseri
delicati, squilibrati (in quanto sentono intensamente
prima di poter capire), che maturano lentamente
(anche se appaiono, spesso, sorprendentemente
precoci)
 La lentezza della maturazione è dovuta a due aspetti
 Il primo è che l’integrazione delle strutture emozionali
e di quelle cognitive è particolarmente complessa
 Il secondo è che, senza saperlo, essi devono
raggiungere un livello di individuazione, di
differenziazione della personalità superiore alla media:
devono, in breve, raggiungere una soglia minima di
autorealizzazione che, se tutto va bene, non può
essere raggiunta prima di 25-30 anni

Le due carriere introverse
I comportamenti globali tipici sono quello del bambino
d’oro (che concerne la maggioranza) e quello del
bambino oppositivo, difficile (una quota minoritaria).
 Se ci si chiede com’è possibile che, dato un corredo
genetico introverso, si definiscano due orientamenti
apparentemente antitetici, la risposta è semplice.
 L’empatia definisce l’intensità del bisogno di
appartenenza che, nel bambino, si traduce nel
desiderio di essere quello che gli altri vogliono che egli
sia.
 Il senso di dignità e di giustizia, viceversa, definisce il
bisogno di individuazione, vale a dire l’esigenza di
affermare la propria vocazione ad essere, la volontà
propria anche in contrasto con l’ambiente.

Il bambino d’oro




Il figlio d’oro, in nome di un’empatia spiccata, registra le
aspettative e i desideri consci e inconsci degli adulti e si obbliga
ad essere quello che gli altri vogliono che sia al fine di ricevere
conferme, di non deludere e non dispiacere.
Il perfezionismo infantile, che talvolta si perpetua
nell’adolescenza, è una “patologia” perché esso implica che il
bambino non dà spazio ad alcuno dei suoi bisogni naturali,
eccezion fatta per la sua disperata volontà di fare contenti gli
adulti e di esserne confermato.
Apprezzato dai grandi, il bambino d’oro risulta spesso antipatico
ai coetanei, che lo avversano e lo invidiano. Sulla base di
quest’antipatia, si realizzano con una frequenza inquietante
vere e proprie “persecuzioni”, fatte di prese in giro, derisioni,
attacchi verbali e fisici che inducono ferite non facilmente
rimediabili.
La tendenza degli adulti, e soprattutto degli insegnanti, a
proporre agli alunni il bambino d’oro come modello concorre ad
attizzare l’avversione dei coetanei.
Il bambino “difficile”
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

Alcuni bambini vengono al mondo apparentemente predisposti ad
interagire negativamente con l’ambiente: hanno difficoltà a dormire, a
mangiare, sono irrequieti, capricciosi, lamentosi
Alcune volte, con lo sviluppo, tali difficoltà si appianano. Altre volte si
perpetuano, cronicizzano e progressivamente si esasperano.
L’introverso difficile entra in guerra con l’ambiente, si attesta su di un
registro di opposizionismo e di negativismo perché registra precocemente
tutte le contraddizioni che si danno in famiglia, a scuola e nel mondo. Egli
non riesce a rispettare nessuna regola se non viene persuaso della sua
giustezza e se non se ne appropria. Non tollera di essere iperprotetto né di
essere comandato né, tanto meno, di essere abusato in nome del suo
essere piccolo.
Pur trattandosi di bambini particolarmente vivaci e intelligenti, i quali, in
alcuni momenti, manifestano anche una straordinaria sensibilità (per
esempio prendendo le difese dei più deboli), la loro carriera scolare spesso
è contrassegnata da una cattiva condotta, da un mediocre rendimento, da
un progressivo isolamento, ecc.
Al fondo di queste esperienze, si dà un potenziale d’individuazione enorme
e precocemente attivo: un azzardo della natura nella sua incoercibile
tendenza alla sperimentazione, che riesce chiaro quando l’introverso
difficile trova la sua strada
Introversione e disagio psichico
Il paradosso dell’introversione nel nostro mondo è che
una condizione di potenziale ricchezza si traduce
troppo spesso in un’esistenza soggettivamente penosa
e oggettivamente contrassegnata da disturbi psichici
 I bambini d’oro talora si cristallizzano in un
perfezionismo ossessivo sotteso dalla paura di crollare,
altre volte si insabbiano, vanno in rottura come i
cavalli da trotto, si disordinano e si perdono
 I bambini difficili spesso rimangono emarginati, non
riescono a mettere a frutto le loro potenzialità, e
finiscono sul terreno della devianza

Gli introversi adulti
Tranne rare eccezioni, gli introversi adulti, quando non
convivono con un disagio psicologico franco
manifestatosi nell’adolescenza, sperimentano un
sotterraneo malessere
 Tale malessere è dovuto a persistenti vissuti di
radicale inadeguatezza (sentirsi piccoli in un mondo di
grandi), al sentirsi diversi dagli altri (difettosi e
“sbagliati”), al covare rabbie più o meno intense nei
confronti del mondo così com’è, sottese spesso da
un’invidia patologica nei confronti di chi prende la vita
come viene

Il significato ultimo dell’introversione
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
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Per evitare che la cultura si cristallizzi, trasformandosi in
senso comune, vale a dire in un’alienazione scambiata per
normalità, c’è bisogno che qualcuno continui ad esplorare i
mondi e i modi di essere possibili per l’umano.
In quanto esploratori del mondo interiore e delle sue
dimensioni aperte all’infinito, gli introversi hanno svolto e
svolgono questa funzione indispensabile: mettere in
discussione il reale in nome del possibile.
Essi sono i depositari di un “sogno” (quello di un mondo
umano e nobile) che, valutato razionalmente, si può
considerare espressione di un ingenuo idealismo che non
cede alla constatazione del mondo così com’è.
Si può anche pensare che essi siano i precursori di un
cambiamento, di un ulteriore ingentilimento della specie
umana, destinato un giorno o l’altro a prodursi.
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