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Berlino una nessuna centomila - Università degli studi di Pavia

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Berlino una nessuna centomila - Università degli studi di Pavia
Amministrare L’Urbanistica
Prof. Pier Benedetto Mezzapelle
Berlino: una, nessuna,
centomila…
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PAVIA
Amministrare l’Urbanistica
Prof. Pier Benedetto Mezzapelle
Berlino: una, nessuna, centomila...
Nello sviluppo di Berlino la caratteristica dominante dell’urbanismo è
che ogni fase storica ha lasciato segni profondi in vista di una
migliore rappresentazione celebrativa di volta in volta del nuovo
momento storico e delle decisive rimozioni del passato (come ad
esempio di scomodi simboli politici)
La vicende che si sono svolte nella città contrassegnano una
rappresentazione del pluralismo di urbanismi che si sono succeduti
nei secoli nello sforzo di trovare in qualche caso la congruenza in
altri la dissonanza tra queste espressioni e il disegno complessivo, e
non da ultimo, la compatibilità di questo disegno con le esigenze
politiche, amministrative, sociali e di immagine della città.
In ogni processo di sviluppo urbano infatti esistono sempre fasi
contraddittorie, la cui articolazione, affinché la loro soluzione sia
possibile, deve essere prevista in termini ragionevoli.
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Prof. Pier Benedetto Mezzapelle
Berlino: una, nessuna, centomila...
L'idea di un grande piano si può solo verificare a partire dalla sua
articolazione in fasi operative, ma queste si confrontano con le
mediazioni che gli interventi politici, sociali e tecnologici sono capaci
di muovere: non è possibile pensare a uno sviluppo non sottomesso
a contaminazioni, né dal punto di vista urbano si può pensare che la
forma con cui si esegue il piano sia indipendente dal risultato.
Con la caduta del muro e la riunificazione della città, la capitale
tedesca è stata interessata da una serie di interventi urbanistici e
architettonici, unica per dimensioni nella storia del Novecento, che
ha comportato una nuova visione e percezione della città sviluppata
a volte secondo regole legate alla restituzione di un paesaggio
urbano e culturale consolidato, altre seguendo un marketing effect in
cui gli insediamenti sono diventati prodotti di mercato, oggetti di
commercio.
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Prof. Pier Benedetto Mezzapelle
Berlino: una, nessuna, centomila...
Di Berlino ce ne sono una, nessuna, centomila.
Analizzando l’urbanismo di Berlino in base alle indicazioni fornite da Ungers per le
sue isole urbane, solo all’interno della Mitte (il centro) si riconoscono secondo
referenti legati sia alla forma dell’insediamento che al loro significato:
-
la Spreeinsel;
-
le urbanizzazioni sulla rete fitta di canali;
-
le urbanizzazioni legate al rapporto
romantico con il paesaggio culturale;
-
Friedrichstadt;
-
Leipziger Platz;
-
Unter den Linden;
-
Tempelhof;
-
Olympiafeld;
-
Stalin Alee;
-
Alexander Platz;
-
le due Berlino
divise dal muro;
-
Pariser Platz;
-
Hansa Viertel;
-
Kulturforum;
-
Potsdamer Platz.
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Berlino sorge sul fiume Sprea,
situata al centro di una fitta rete
di canali che la collegano con
l'Oder e l'Elba.
All'inizio del I secolo d.C. la
regione fu colonizzata da tribù
germaniche. Nell'VIII secolo
Carlo Magno occupò il territorio
che venne tuttavia ripreso dalle
tribù sassoni verso la fine del
millennio.
I germani, intorno al 1230,
fondarono la parte più
occidentale di Berlino e Cölln,
l'insediamento gemello su
un'isola della Sprea.
Nel 1415 Berlino-Cölln passò alla
dinastia degli Hohenzollern.
Entrambe le città divennero
congiuntamente la capitale del
Brandeburgo.
Federico Guglielmo, elettore del Brandeburgo dal 1640 al 1688, determinò la rinascita della città,
provata da un susseguirsi di carestie, peste, incendi.
“L’Atene sulla Sprea”, sospesa tra un passato “di splendida miseria e miserabile splendore” (Goethe)
e un destino di capitale del Reich e metropoli mondiale, resta, fra le tante città che Berlino incorpora,
il frammento più vivo.
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La prima netta
trasformazione a Berlino
si ha con la progressiva
espansione da centro di
natura commerciale del
Medioevo fino alla
assunzione del ruolo di
residenza regale nel
corso del XVII secolo con
Federico II.
Il 1700 vede un tentativo
di miglioramento
dell'assetto urbano con
un'architettura tendente
all'abbellimento e una
pianificazione urbanistica
basata su modelli tardo
barocchi italiani e
francesi.
Nel 1800, poi, Berlino
diviene la capitale di un
regno comunque povero,
che comincia appena ad
uscire da un ruolo di città
guarnigione e di
residenza regia.
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Berlino ha sempre avuto
un doppio meraviglioso,
formato da boschi e da
corsi d’acqua: qui le
residenze estive dei reali
sono occasione per
istituire un diverso
laboratorio, in cui il culto
religioso della natura
evolve in pratica civile e
l’estensione del principio
del parco paesistico opera
nella precoce intuizione di
una complementarietà
metropolitana
all’addensarsi dell’abitato
urbano.
La città viene
caratterizzata da interventi
che si incentrano
soprattutto sull'asse
rappresentativo costituito
dall'Unter den Linden, si
ha inoltre un'espansione
del nucleo urbano di cui la
Friedrichstadt è l'esempio
più significativo.
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Gli obblighi di
adeguamento
funzionale e
rappresentativo,
maturati con la
vittoria su Napoleone
e l’estensione
dell’amministrazione
a più ampi territori
sono l’occasione, la
leva su cui forzare
verso una
ricomposizione
“formativa” del
paesaggio urbano.
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La Berlino di Schinkel
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Berlino è
contesto e
destinazione dei
progetti di
Schinkel: da
una forma urbis
scomposta,
dove un
castello
caserma
emerge a fatica
dall’intrico
medievale e
reticoli senza
storia, si
liberano solo
pochi punti
saldi cui
imperniare
un’idea di piano
(la Sprea,
l’Unter den
Linden, le
piazze).
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Il piano di Berlino di Schinkel prevede degli interventi che non si applicano tanto alle zone di
espansione quanto a ricucire e razionalizzare una città cresciuta per episodi contrapposti e parti mal
connesse.
Nel 1817, dopo aver avviato i progetti per la Neue Wache ed il Duomo, Schinkel sente la necessità di
annotare in modo più sistematico alcuni temi relativi al centro, coordinando l’identificazione di aree
per nuovi edifici pubblici a provvedimenti per la facilitazione viaria e al riordino delle vie d’acqua
destinate a crescere di importanza con l’auspicato incremento dei traffici.
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L’urbanistica di Schinkel risiede in una nuova qualità formativa degli interventi
architettonici: il principio dell’autonomia e dell’individualità introduce una
triangolazione a distanza di emergenze, una unità concettuale della città nella
discontinuità fisica.
Ogni edificio rappresenta un’idea e identifica un tema della città, creandosi un
proprio intorno, fisico e virtuale.
Il disegno dell’ambiente è la cornice che sottolinea ed estende l’effetto
dell’immagine architettonica.
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Neue Wache (1816/1818)
Il nuovo corpo di guardia salda il foro
federiciano e la piazza dell’Arsenale,
dando continuità all’asse dell’Unter den
Linden su cui si allineano gli edifici più
rappresentativi della città.
“Ogni architettura deve essere pura,
perfetta ed autonoma. Se si rapporta ad
un’altra di diversa natura, essa deve
essere in sé conclusa e trovare solo il
sito, la collocazione e l’angolo più
opportuno per accostarsi alla prima.”
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Ponte del Castello (1819/1824)
Il rifacimento del vecchio Hundebruecke, il ponte
in legno tra piazza dell’Arsenale e il Lustgarten era
all’ordine del giorno fin dai primi anni del regno di
Federico Guglielmo III.
Friedrich Gilly intorno al 1800 ne aveva dato un
interpretazione come tema civile, contrapponendo
con programmatica chiarezza massicci piloni in
pietra e leggere campate in ferro.
Nel 1818 Schinkel riprende quasi testualmente il
progetto, ma per la continuità della via triumphalis
dell’Unter den Linden aveva proposto che la
collocazione di statue su alti basamenti fosse il
tema unitario fino al Lustgarden.
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Altes Museum (1822/1830)
Il museo trova la sua collocazione in una strategia per la
città e una soluzione tipologica e formale tanto organica per
sé quanto puntuale circa la destinazione. Il sito prescelto è il
Lustgarden, già oggetto delle attenzioni di Schinkel prima la
Neue Wache, poi per la ristrutturazione del Duomo e il
rifacimento del Ponte sulla Sprea. L’intento estetico di
chiudere il lato settentrionale con un edificio che si confronti
con i grandi impianti squadrati dell’Arsenale e del Castello
diventa persuasivo per il re grazie al programma di migliorie
urbane che lo integra e lo sostiene. Riprendendo l’idea di
piano del 1817, vengono razionalizzate le vie d’acqua,
interrando il Pomeranzengraben per ricavarvi il sedime per il
museo, e vengono concentrati gli scali doganali lungo il
Kupfergraben a nord, liberando l’intorno del Castello dalla
promiscuità dei traffici fluviali.
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Scalo Doganale (1829/1831)
demolito
L’idea di razionalizzare gli scali
doganali, unificandoli in un nuovo
complesso, era stata decisiva per la
vicenda dell’Altes Museum.
Nel 1829 il progetto viene definito per
uno “scopo più elevato non banale”:
la costruzione di un paesaggio sulla
Sprea, rappresentativo del lavoro,
degli scambi delle relazioni col
territorio, che integra l’immagine della
Berlino aulica delle istituzioni e
dell’arte.
I corpi squadrati autonomi dialogano
con
i
grandi
blocchi
storici
dell’Arsenale e del Castello, in una
triangolazione di emergenze che
mettono in secondo piano cortine e
tessuti edilizi. Sul sito dello scalo
doganale, demolito nel 1896, sorgono
oggi il Bode Museum e il Pergamon
Museum.
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Bauakademie (1831/1836) demolito
Nel 1831 il completamento del nuovo scalo permette a Shinkel di
collocare la “pietra angolare” delle operazioni di rinnovo del centro
città; l’edificio affacciato sulla Sprea darà l’allineamento al nuovo
asse borghese e commerciale di collegamento est ovest tra
Schloss Platz e Gendarmenmarkt.
L’intervento comporta alla città una serie di vantaggi quali la
formazione di una nuova piazza ed una via, la rimozione dei mulini
e delle chiuse fatiscenti siti dietro il castello, la riqualificazione
dell’edificato lungo la Sprea.
Un impianto quadrato, grazie al sito libero su tutti i lati, risolve nella
massima unitarietà un programma funzionale composito.
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Centro Commerciale (1827) progetto
Il progetto si colloca sull’area occupata dall’Accademia ed apre trasversalmente all’Unter den Linden un giardino
intorno al quale si apre l’edifico. Questo progetto è stato interpretato dall’avanguardia funzionalista degli anni venti.
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Schauspielhaus (1818/21)
Gendarmenmarkt è la piazza di mercato della Friedrichstadt, il quartiere pianificato da Federico I in seguito
all'immigrazione ugonotta.
Dal 1701 vi sorgono due chiese, la francese e la tedesca. Fra queste, sul sito Langhans edifica nel 1800-02 il
Teatro Nazionale, ma già nel 1817 un incendio lo distrugge ponendo il problema della sua ricostruzione.
La missione di Schinkel fu quella di ricostruire il teatro ma allo stesso tempo di renderlo urbano.
L'architettura del teatro garantisce che il Gendarmenmarkt, terminale della riconnessione fra città antica ed
espansione settecentesca lungo la Franzoesische Strasse, si riqualifichi come uno dei luoghi deputati della
nuova Berlino delle muse.
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Per Schinkel il valore del progetto sta nel ricondurre i
molteplici condizionamenti a semplicità e chiarezza tali
da
"creare
un
fatto
architettonico
unitario,
corrispondente in carattere alla destinazione e
all'ambiente del luogo".
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Duomo della Liberazione
(1814/15) progetto
La visione schinkelina della
cattedrale gotica si fa concreto
progetto nel giugno 1814,
quando il re esprime l'intenzione
di erigere un Duomo come
monumento nazionale
celebrativo della liberazione dai
Francesi.
Lo slancio del gotico si associa
all'idea di un cantiere capace di
formare un'intera nuova
generazione, segnando insieme
la rinascita della Prussia e
l'elevazione del popolo.
Se il re propone come sito lo
slargo medievale dello
Spittelmarkt, Schinkel replica
ipotizzando di ampliare
l'ottagono di Leipziger Platz, già
legato alla solenne immagine del
monumento a Federico II di Gilly.
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Lo sviluppo industriale
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Nel XIX secolo la nuova
funzione industriale
della città, che ne fa il
centro più importante
della Germania e una
capitale internazionale,
provocò uno
straordinario
incremento demografico
e un'espansione
tumultuosa e
incontrollata, di cui
sono tipica espressione
alcuni malinconici
blocchi di case d'affitto
(Mietskesernen).
La città si espanse
secondo un tracciato
stellare, inglobando
sobborghi e villaggi
rurali, lungo direttrici di
varia lunghezza
corrispondenti ai vecchi
canali navigabili e alle
linee ferroviarie che si
irraggiano in tutte le
direzioni.
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Esplosa la rivoluzione
industriale, si manifestò il
conseguente sviluppo
urbano: nuove infrastrutture,
nuovi complessi industriali,
nuovi centri commerciali
decretano l’aumento della
popolazione e sull'onda della
speculazione avvenne la
creazione di quartieridormitorio con condizioni
abitative ed igieniche
insostenibili.
Berlino diventa la città delle
"Mietskasernen“.
La forsennata crescita
industriale ha fatto sì che la
città venga di fatto
circondata da un anello di
quartieri di case d’affitto a
cinque, sei o sette piani.
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Pianta e sezione di una
tipica casa berlinese
(con affaccio su strada di
20 metri e tre cortili di
5,34 x 5,34 metri),
costruita secondo il
Regolamento Edilizio
imposto dallo stato
prussiano in vigore dal
1853 al 1887.
In sette piani abitabili
(con indice di
affollamento da 1,5 a 3
persone per stanza, e
stanze con superficie da
15 ad un massimo di 30
mq), vivevano
ammucchiate da 325 a
650 persone.
I due muri laterali, lunghi
56 m, erano ovviamente
senza finestre.
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Nel 1871 si arriva alla
fondazione dell'Impero
tedesco caratterizzato dal
suo rappresentativo e
monumentale stile
"guglielmino"
(dall'Imperatore Guglielmo I).
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Il concetto dei satelliti
prevedeva che la città
potesse essere circondata,
ad una certa distanza dal
centro, da una serie di
comunità di grandezza
limitata.
Anche in questo caso sono
presenti sia la nozione di
centro dominante che la
forma radiale ma
l’espressione urbana è fatta
convergere in agglomerati
ben distinti dal nucleo
centrale, invece di avvenire
lungo le direttrici radiali.
I satelliti nella concezione del
tempo dovevano essere
separate dalla città madre da
grandi aree di verde.
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Meyer’s Hof,
una delle più
famose
Mietkaserne
della città,
costruita in
Ackerstrass
e nel 1873-74
dall'architett
o Adolf Erich
Witty: veduta
dell'infilata
delle corti e
pianta del
piano terra.
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Veduta e pianta di due
isolati costruiti secondo il
Regolamento Edilizio di
Polizia dei 1887.
Essi rappresentano un
indubbio miglioramento
rispetto al Regolamento
del 1853; gli isolati erano
in genere più grandi ed
avevano cortili interni di
maggiore dimensione.
Di sotto si evidenziano i
tipici isolati di 3 e 5 piani
costruiti in base al
Regolamento Edilizio del
1925.
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Costruita nel 1906
Hackesche Hoefe
ha una struttura a
8 corti molto più
organica e
salutare delle
precedenti.
Nel 1997 è stata
ristrutturata per
divenire un
complesso
urbano in cui
convivono
residenza, negozi,
ristoranti, gallerie
d'arte e un teatro.
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Grazie alla crescita continua,
negli
anni
Venti
Berlino
raggiunge lo status di metropoli
europea.
Mentre
nel
1871
venivano
registrati
appena
800.000
abitanti, nel 1910 la cifra si
aggira già intorno ai 2 milioni.
Durante la Repubblica di Weimar,
a partire dal 1918, vengono
unificate tutte le 93 comunità
disposte intorno al nucleo
centrale fino ad allora separate
formando la "Groß-Berlin", che
diventa, con quasi 4 milioni di
abitanti
(se
si
contano
Charlottenburg, Schoeneberg e
Neukoelln, cittadine integrate nel
territorio comunale solo nel
1920), la seconda città europea
dopo Londra.
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Lo sviluppo urbanistico sostenuto dai
razionalisti, almeno per quanto riguarda
l'aspetto residenziale di quegli anni, può
essere riunito in sintesi dalla Siedlung; la
quale è probabilmente un modello
sociologico ancor prima che un modello
spaziale.
Osservando la morfologia di Berlino sia
per la sua ricchezza e particolarità di
situazioni urbane e paesaggistiche sia per
l'importanza delle ville, è lecito pensare
che la Siedlung abbia qui una sua
coerenza particolare.
Le costruzioni a corpi liberi caratterizzano
le Siedlungen: la loro disposizione
richiede una divisione del terreno del
tutto libera, dettata da condizioni
eliotermiche più che dalla forma generale
del quartiere.
La costruzione di questi corpi è
completamente svincolata dalla strada e,
soprattutto per questo fatto, altera
completamente il tipo di sviluppo urbano
ottocentesco. In questi esempi ha una
particolare importanza il verde pubblico.
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La Hufeisensiedlung
(siedlung a ferro di cavallo),
ufficialmente Großsiedlung
Britz, viene realizzata nel
1925-31 su progetto degli
architetti Bruno Taut e
Martin Wagner.
L'insediamento comprende
1.000 appartamenti,
organizzati in edifici a
stecca di 3 piani d'altezza.
Centro dell'insediamento è
l'edificio a ferro di cavallo,
che racchiude un'area a
verde pubblico ornata da
uno stagno centrale.
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Nelle Siedlungen è fondamentale lo studio
dell'unità d'abitazione: la cellula.
Tutti gli architetti che lavorano alla
conformazione di questi quartieri e si
cimentano intorno alla formulazione di tipi
edilizi economici, cercano di trovare la forma
esatta
dell'Existenzminimum,
dell'unità
dimensionale ottima dal punto di vista
distributivo ed economico.
È questo uno degli clementi preminenti nei
lavoro
dei
razionalisti
sul
problema
dell'abitare.
Si può solo accennare qui che l'impostazione
dell'Existenzminimum
presuppone
un
rapporto di tipo statico tra un certo modo di
vita, ipotetica anche se accertabile, e un
certo tipo di alloggio, con la conseguenza di
un rapido invecchiamento della Siedlung.
Questa si rivela cioè una concezione spaziale
troppo
particolare,
troppo
legata
a
determinate soluzioni, per rappresentare un
elemento generale universalmente fruibile,
dei problema dell'alloggio.
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Il piano di Berlino degli anni
20 si pone come momento
fondamentale la creazione
di un sistema urbano che ha
il suo fulcro nel
potenziamento del sistema
di trasporti, il quale
rappresenta il fluire della
vita della città.
La forma radiale
e l’espressione
urbana sono
fatte convergere
in agglomerati
ben distinti dal
nucleo centrale.
In questa
concezione
assume grande
significato il
contenimento
della
dimensione
dell’insediament
o satellite: una
volte superata
una soglia
prestabilita si
creerà un nuovo
satellite.
Mentre il centro, intorno alla
Friedrichstadt, si trasforma
in un quartiere
prevalentemente
commerciale e
amministrativo e l'Unter den
Linden con la Pariser Platz
sono ormai definiti il
"salone di ricevimento
rappresentativo", si
rimandano al territorio i
centri del tempo libero e le
attrezzature sportive, ecc.
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Già per il concorso del
1909-10 per la grande
Berlino si formulava il tema
di un nuovo centro
monumentale a confronto
della città storica, tra la
Potsdamer Platz e le Lehrter
Bahnhof.
I pianificatori hanno
privilegiato la direttrice est –
ovest: una sorta di
autostrada urbana tra
l’Alexanderplatz e
Potsdamer Platz che
avrebbe dovuto collegare,
attraversando il vecchio
centro, le due piazze
monumentali e al contempo
nodi importanti di traffico.
La demolizione del tessuto
urbano preesistente ne era
l’indubbia premessa.
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La Berlino del Reich
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Il piano di Hitler e di Adolf Speer prospettava la costruzione ex
novo di una città-simbolo del Reich millenario.
Nella propaganda del tempo veniva
sottolineato l’asse Roma – Berlino.
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contraddistinto
e
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II concetto morfologico
di base del piano è
quello di ordinare lo
sviluppo edilizio di
Berlino assumendo
come confine
l’Autobahnring e
tracciando un sistema di
assi nelle direzioni estovest e nord-sud,
raccordato al Ring.
L’asse nord-sud di Albert
Speer era un tentativo di
fare traboccare il centro
di Berlino: la grande
cupola che ne costituiva
il culmine occupava con
le sue dimensioni
gigantesche il simbolo
del Reich e rendevano la
città vecchia un
sedimento del passato.
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A differenza di Norimberga, dove il nuovo centro rappresentativo viene
edificato all'esterno della città storica, il piano di Berlino prevede la
radicale ristrutturazione del cuore della metropoli.
Le dimensioni degli interventi costituiscono l’aspetto essenziale dei
piani e si spiegano sulla base della loro funzionalità a un progetto di
mobilitazione politica di massa. Sull'asse nord-sud è situata la Grosse
Strasse, ovvero il centro monumentale rappresentativo, ottenuto
arretrando le due stazioni Potsdamer e Anhalter e riorganizzando sia la
circolazione ferroviaria con due stazioni di lunga percorrenza, a loro
volta collegate con stazioni specializzate per il trasporto merci, sia il
sistema dei trasporti urbani.
"La parte interna dell'asse nord-sud avrebbe raccolto con i suoi sette
chilometri di lunghezza e un'ampiezza media di circa un chilometro i
grandi edifici pubblici rappresentativi del Reich.”
La Grosse Strasse avrebbe dovuto esautorare l'Unter den Linden quale
centro gravitazionale della città.
II corpo della stazione è quello a nord, proteso su una piazza di 200
metri di lunghezza e 530 metri di larghezza, che con il Triumphbogen
costituisce una "unità urbanistica". Il Triumphbogen, progettato da
Speer, ha un'altezza di 120 metri ed è posizionato in modo da
incorniciare, con il suo intradosso, la Grosse Halle. In modo che ogni
osservatore, uscendo dalla stazione, percepisca il simbolo della
Germania hitleriana nella cornice del monumento eretto in memoria
della Guerra.
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La letteratura e la storiografia
hanno molto insistito sulla
"megalomania" di questi
immensi progetti.
E’ stata sempre sottolineata la
sproporzione tra l'impianto
urbanistico della via triumphalis
rispetto alla morfologia della
città; da qui si colgono le
implicazioni politiche che
evidenziano la violenza che si
accompagnava alla realizzazione
del piano.
La forma dell'asse nord-sud
come complesso unitario aveva
le sue debolezze urbanistiche: il
rigido tracciato viario,
nonostante la sua concezione di
fondo, risultava incapace di
stabilire un rapporto urbanistico
vivo con il contesto - il centro di
origine ottocentesca che
comunque manteneva una sua
stabile immagine.
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Dal nuovo centro
del sistema
assiale, che ricorda
lontanamente il
cardo-decumano,
si dipartono in
maniera stellare
altre direttrici di
sviluppo
raccordate alla
struttura viaria
radiocentrica
storica e di nuova
costruzione.
Gli interventi edilizi
lungo gli assi viari,
quello cruciforme e
quello stellare,
seguono il modello
della Bandstadt,
della città lineare,
codificato a Berlino
dall'urbanistica
degli anni venti .
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La realizzazione di alcune opere progettate
viene compiuta impiegando anche prigionieri
di guerra sia nelle cave per l'estrazione dei
materiali lapidei, sia nei nuovi cantieri.
Per sistemare i residenti in costruzioni da
abbattere per fare posto al nuovo centro
monumentale, si fa conto sullo svuotamento
di 14.000 persone.
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Il centro del piano urbanistico per Berlino e il punto
focale dell'asse monumentale sono rappresentati
dalla Grosse Halle: su una superficie quadrata di
circa trecentottanta metri di lato si leva un
imponente cubo di centoventi metri di altezza.
L'avancorpo principale antistante la piazza è risolto
con un colonnato formato da elementi di 45 metri di
altezza, che danno l'idea delle dimensioni del
complesso.
Sul volume principale della costruzione si leva la
gigantesca cupola di 250 metri di luce, un'opera
architettonica che non avrebbe avuto uguali nella
storia per quanto si voglia andare indietro nel
tempo.
La cupola si innalza su un tamburo terminante a
gradoni di 40 metri di altezza. L’edificio converge in
un oculo di 40 metri di diametro, sul quale si eleva
la lanterna con l'aquila del Reich a coronamento,
fino a raggiungere un'altezza complessiva che
supera i 300 metri dal suolo.
A sud della Grosse Halle, la Aufmarschplatz misura
430 metri di lunghezza e 470 metri di larghezza ed è
fiancheggiata
dalla
Reichskanzlei
e
dall’Oberkommando der Wehrmacht.
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Il progetto per rende manifesto come
la mescolanza di intenti ideologici e
di esaltazione tecnologica sia
distintiva dell'architettura speeriana,
che non può comunque essere intesa
unicamente come espressione di
megalomania.
Con quest'opera Speer mira infatti a
fondere un linguaggio formale ad una
scelta tipologica derivata dalla
tradizione classica, dopo aver
sottoposto a una smisurata
dilatazione, con una trionfalistica
esaltazione di capacità costruttive,
alcune cupole di riferimento.
In questo senso i raffronti proposti
tra cupola berlinese e Santa Sofia, il
Pantheon, Santa Maria del Fiore e
San Pietro non vanno intesi tanto in
termini formali, quanto strutturali.
Ed è dagli studi tecnologici effettuati
che deriva la forma della cupola e
quindi dell'immagine complessiva
della Grosse Halle.
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Il dopoguerra
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I dati delle distruzioni subite dalla
città furono terribili, basti pensare
che la sola rimozione delle macerie e
il colmo delle fosse create dai
bombardamenti
richiesero
oltre
cinque anni di strenuo lavoro.
Il 34% delle strutture architettoniche
fu raso al suolo, il 54% gravemente
danneggiato e solo il 12% più o meno
preservato; la popolazione scese da
oltre 4 a circa 3 milioni di abitanti.
Ai
disastrosi
danni
fisici
si
aggiunsero
quelli
culturali:
innumerevoli opere d'arte e beni
ambientali vennero distrutti.
La città sconfitta fu divisa tra i
vincitori, 450 kmq con oltre un
milione di abitanti nel settore
sovietico, 150 kmq agli inglesi, 210
kmq agli americani, 90 kmq ai
francesi, per un totale sempre di 450
kmq ma di quasi 2 milioni di abitanti
nei tre settori alleati.
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Nei quattro anni del dopoguerra,
1945-1949, Berlino e la Germania
furono governate congiuntamente.
L'impossibilità di trovare accordi e
la palese e crescente ostilità tra i
due
blocchi
finirono
per
determinare
i
sovietici
nella
chiusura del territorio da loro
occupato, creando la Deutsche
Demokratische
Republik
e
staccando il settore Est di Berlino
dal governo locale.
Poco noti sono i progetti che
apposite
Commissioni
approntarono
per
un
primo
schema di ricostruzione: questi
non furono mai eseguiti, ma
restarono
alla
base
delle
successive proposte.
Ne fu artefice tra gli altri, Hans
Scharoun, nominato nel 1946
Stadtbaurat
(assessore
a
l'urbanistica), carica dalla quale si
dimise entro pochi mesi.
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Die Fluchtlinienplëne
I piani successivi, negli anni
Cinquanta e Sessanta, tendono da
un lato a ripristinare i grandi assi
viari, come la celebre Unter den
Linden, allargandoli e in qualche
modo
omogeneizzandone
l'aspetto,
dall'altro
lato
a
modificare le tipologie funzionali
legate alla tradizione borghese. Il
concorso del 1959 per il centro
storico
affronta
anche
le
emergenze politiche, commerciali
e di rappresentanza, ma le risolve
in gran parte con un'edilizia
uniforme
e
razionalista
nell'accezione negativa di priva
d'anima.
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Ad Est la ricostruzione segue percorsi e
ideologie del tutto diversi da quelle
occidentali, e nei primi anni tende addirittura
a
seguire
stilemi
neoclassici,
come
testimoniano gli edifici, poi totalmente rifatti,
della Stalin Allee.
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La Stalin Allee – secondo Kollhoff –
“è l’unica prestazione urbanistica del
dopoguerra che da molti punti di
vista si può dire rivolta al futuro. Qui
si è realizzato uno sforzo per
ricostruire la capitale dalle rovine
con un impianto degno di una
capitale mondiale; una professione
di fede per la città, nel tentativo di
raggiungere una commistione di
funzioni, senza allontanare l’abitare
in centro; una professione di fede nei
riguardi del traffico, che tiene in vita
la metropoli. Non mi si venga a dire
che è monumentale e vuota. E’
comprensibile che la Stalin Allee
venisse usata come arma di
propaganda durante il periodo della
guerra
fredda,
ma
questa
monumentalità documenta la volontà
di ricostruzione di una città distrutta
dalla bombe, una monumentalità che
esprime un interesse collettivo.”
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Durante il periodo socialista il territorio di
Berlino est era dichiarato pubblico; e
dove tutto è pubblico le responsabilità
individuali tendono a diminuire. Berlino
Est diviene una città fatta di superfici
pubbliche senza spazio pubblico.
Ma la differenza politico-economica tra
Berlino Est e Ovest fu minore di quanto si
creda: se a Berlino Est il mercato venne
eliminato, a Berlino Ovest venne messo
tra parentesi, o soltanto simulato
attraverso sovvenzioni e contributi
esterni.
Il culmine dell'avventura architettonica di
Berlino Est, al di là della sbrigativa
demolizione del grande Stadtschloss alla
fine della guerra (parzialmente sostituito
nel 1976 con il Palast der Republik in puro
International
Style)
è
comunque
rappresentato dalla gigantesca torre per
la televisione, la Fernsehturm alta 365
metri, che dal 1969 si erge nel mezzo
dell'Alexanderplatz.
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I nuovi interventi del dopoguerra nella
Berlino Ovest rivelarono da un lato
una
ricerca
di
nuovi
modelli
insediativi, spinti da un’esigenze di
rappresentazione e di comunicazione
legate alle vicende della guerra fredda
e del movimento moderno, dall’altro
una mancanza di una pianificazione
razionale.
Ne è tipico esempio l'Hansa-Viertel
(1957), nuovo quartiere in cui l'idea di
affidare l'esecuzione di singoli edifici
ai maggiori esponenti dell'architettura
contemporanea si risolve in una
esposizione di architetture-oggetto, in
sé pregevoli ma concepite al di fuori di
una visione globale della città.
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Affacciato sul lato settentrionale del
Tiergarten, l’Hansa Viertel è un
quartiere sperimentale sorto nel 1957:
si tratta di una esposizione di edifici di
tipologie diverse (torri, stecche, ville a
patio), disposti liberamente nel verde,
basati sul tema dell'unità residenziale.
Carlo Aymonino scrisse nel 1964:
"l'Hansaviertel è lo squallido cimitero
dei migliori nomi dell'architettura
moderna, ignari dei drammi e delle
occasioni che una metropoli moderna
può
oggi
offrire
all'espressione
architettonica.“
Dal punto di vista architettonico sono
comunque da ricordare: il monoblocco
di otto piani progettato da Niemeyer, la
casa insolitamente curva di Gropius, il
palazzo articolato di Aalto, la torre a
sedici piani di Schwippert.
Anche
Le
Corbusier
partecipa
lateralmente all'esposizione e progetta
la sua terza unità d'abitazione, dopo
quelle di Marsiglia e Nancy, in un'area
vicina all'Olympia Stadion.
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Gropiusstadt:
enorme
città-satellite
progettata da Gropius nel 1959. Con i suoi
50.000 abitanti e 19.000 alloggi inseriti in
grattacieli e blocchi plurifamiliari è il più
grande insediamento residenziale mai
creato a Berlino. La sua creazione ha
documentato gli errori e le utopie dei
principi urbanistici del puro funzionalismo.
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Il muro
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Inizialmente ai cittadini di Berlino era permesso di
circolare liberamente tra tutti i settori, ma con lo
sviluppo della guerra fredda i movimenti vennero
limitati; il confine tra Germania Est e Ovest venne
chiuso nel 1952 e con ciò l'attrazione dei settori
occidentali di Berlino per i cittadini della Germania
Est aumentò. Circa 2,5 milioni di tedeschi dell'est
passarono ad ovest tra il 1949 e il 1961. Per fermare
la migrazione, la costruzione di un muro,
inizialmente consistente di filo spinato, iniziò nel
1961 a Berlino Est; quando il muro circondò
completamente Berlino Ovest, trasformò in pratica i
settori occidentali in un isola all'interno dei territori
orientali.
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Il muro era lungo più di 155 km.
Dopo tre iniziali ricostruzioni, il "muro di
quarta generazione", iniziato nel 1975, era in
cemento armato rinforzato, alto 3,6 metri e 1,5
metri di larghezza, per un costo di oltre 16
milioni di Marchi.
Il confine era anche protetto nella "striscia
della morte" da recinzioni, trincee anticarro,
oltre 300 torri di guardia, trenta bunker e una
strada illuminata per il pattugliamento lunga
177 Km. Inizialmente, c'era solo un punto di
attraversamento per gli stranieri e i turisti, in
Friedrichstrasse.
Per i berlinesi erano inizialmente disponibili 13
punti di attraversamento, 9 tra le due parti
della città e 4 tra Berlino Ovest e la DDR, in
seguito in un atto simbolico l'attraversamento
della porta di Brandenburgo fu chiuso.
Durante il corso dell'esistenza del muro ci
furono circa 5.000 fughe riuscite a Berlino
Ovest; 192 persone vennero uccise mentre
cercavano di attraversare e circa 200 vennero
ferite gravemente.
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La costruzione del
muro causa la
negazione, l’omissione
e molto spesso la
distruzione di tessuti
urbani, viari ed edilizi
preesistenti.
Ad ovest si costruisce
o si restaura in
funzione dei bisogni
diretti dei residenti, e
quindi si trasferiscono
ad esempio centinaia di
famiglie in case
popolari; nel settore est
ci invece si perseguono
modelli urbanistici
ordinati, schematici,
che giungono
purtroppo a stravolgere
la morfologia esistente.
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OSSIMORO
La porta di Brandeburgo ed il Muro
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Der Tempelhof
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Tempelhof non fu solo un aeroporto: Albert Speer volle un tempio per
mettere in scena il regime, la sua modernità tecnica.
Nel 1934 Tempelhof era il complesso di edifici all'epoca più grande del
mondo, raccordato da una struttura a semicerchio lunga 1.234 metri. Come
in un vero anfiteatro sul tetto fu prevista una tribuna smontabile, capace di
accogliere 100 mila spettatori in occasione di grandi manifestazioni.
I lavori furono interrotti nel 1942, quando la guerra imponeva al regime
altre priorità. La storia nazista di Tempelhof finì nell'aprile 1945, con l'arrivo
dell'Armata Rossa.
Una città nella città: questo fu l'aeroporto per mezzo secolo.
Terminal della Pan Am, centrale d'ascolto della Cia, ma anche centro
amministrativo e sociale della Berlin Brigade, il contingente militare
statunitense, con uffici, asili nido, officine, teatro, palestre, jazz club e
spacci.
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Nel luglio 1945, l'aeroporto si ritrovò
nel settore americano di Berlino,
divisa ormai fra le potenze vincitrici.
Il 24 giugno 1948, Stalin ordinò di
chiudere tutti gli accessi via terra a
Berlino Ovest, tagliando anche le
forniture elettriche, per spingere le
forze alleate ad abbandonarla,
ridurre alla fame i suoi abitanti e
costringerli a capitolare.
La risposta al blocco fu «die
Luftbruecke», il ponte aereo. Dal 26
giugno 1948 al 30 settembre 1949,
americani e inglesi volarono oltre
277 mila volte verso Berlino,
consegnando
2,34
milioni
di
tonnellate tra materie prime, prodotti
alimentari e medicine.
Tempelhof fu il teatro di quell'epoca:
ogni 90 secondi un aereo alleato
toccava terra, allineandosi in fila
lungo il percorso dell'anfiteatro, per
scaricare in pochi minuti e ripartire.
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Dopo la caduta del Muro e la
partenza
degli
americani,
il
Tempelhof ha vissuto del traffico
aereo di breve distanza, senza mai
fare il salto verso una vera
redditività. Non a molto sono serviti
i tentativi di diversificarne gli usi,
che hanno visto i suoi hangar teatro
di concerti, premi cinematografici e
musical.
Il 30 ottobre 2008 il Senato cittadino
decise di chiudere per sempre
l’aeroporto, lo scalo dove si
annodavano tutti i fili della storia
berlinese e di quella tedesca.
La discussione verte adesso su
cosa dovrà accadere a quei trenta
ettari di superficie vuota e su come
utilizzare il complesso di edifici
sotto tutela monumentale.
Alcune proposte vorrebbero farne
un altro Central Park, anche se a
Berlino di cuori verdi, sul modello di
quello newyorkese, ce ne sono già.
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La U- e la S-Bahn
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Tracciati della U-Bahn del 1932
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Il muro divideva 192 strade (97 tra le due parti della città
e 95 tra Berlino Ovest e la DDR), 32 linee di tram, 8 linee
di metropolitana di superficie (S-Bahn), 3 linee di
metropolitana sotterranea (U-Bahn), 3 autostrade e
numerosi fiumi e laghi.
La caduta del muro cambiò considerevolmente i flussi
di traffico della città, e la M-Bahn, un sistema a
levitazione magnetica che connetteva 3 fermate della
metropolitana lungo 1,6 chilometri, venne smantellata
solo pochi mesi dopo la sua apertura ufficiale nel luglio
1991.
La metropolitana collegava molte parti interne dei due
settori e si fermava di qui e di là nei pressi del Muro,
con le eccezioni ben sorvegliate di poche fermate in
comune, usate spesso dai cittadini occidentali come
accesso temporaneo al settore sovietico.
Nulla rendeva in effetti più evidente l'assurdità di una
città divisa, che il lento transito dei treni occidentali
attraverso fermate interdette, semibuie, guardate a vista
da poliziotti armati.
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Le infrastrutture
e il tessuto
esistente:
nessuna
esitazione in
nome di una
chiarezza di
intenti e di una
denuncia dello
sviluppo urbano
e della mobilità.
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IBA
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Negli anni Ottanta, quando nessuno si sarebbe ragionevolmente aspettato che le due Berlino e le
due Germanie si sarebbero potute riunificare entro pochi anni, la separazione della politica
urbanistica dei due schieramenti si accentuò, forse esacerbata dalle sempre maggiori disparità
economiche tra i due blocchi. La parte occidentale, insistendo nella sua politica avveniristica in
campo architettonico, aveva lanciato nel 1979 l'Internationale Bau Ausstellung (IBA), un concorso di
riedificazione e ricucitura di tessuti urbani localizzato in particolare a Tegel, al Tiergarten, alla
Pragerplatz e a Kreuzberg.
Gli oltre 150 progetti, finanziati dalla BRD, dal comune di Berlino e da privati restituirono ad aree di
bassa qualità morfologico-architettonica la dignità e la forma di un impianto concluso dove situare
case eleganti, giardini urbani attrezzati, strutture commerciali.
L'IBA si pose come una specie di Ente di controllo, a garanzia tanto della qualità dei progetti quanto
della loro esecuzione.
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Il programma dell’IBA si basò sul concetto di
"recupero urbano prudente" (Behutsame
Stadterneuerung - Careful Urban Renewal):
come
testimoniano
gli
esempi
di
riqualificazione urbana compiuti nel quartiere
di Kreuzberg, negli isolati residenziali a ridosso
della Sprea, lungo l’asse di Koepenicker Straße
- Schlesischer Straße.
L'intero programma non era ancora concluso
nel 1990, anno dell'abbattimento del Muro e
della riunificazione della città.
L’IBA viene quindi riorganizzata, con i nuovi
intenti di riqualificazione del tessuto urbano di
Berlino Est e di riconversione delle vecchie
aree industriali.
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Appare un nuovo concetto, quello di costruire nello spazio, "tra le cose", negli spazi interstiziali, tra
manufatti esistenti. Anche lo spazio di risulta assume importanza divenendo nodo funzionale e
simbolico.
Eisenman stesso darà nome a questo processo con IN-BETWEEN.
Il lotto dove sorge il complesso in
esame sulla Friedrichstrasse, presenta
una serie di edifici preesistenti che
Eisenman
ricuce
attraverso
una
sovrapposizione di maglie traslate tra
loro.
La complessità è resa dall'intreccio di
queste maglie.
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Il programma per Berlino
Capitale
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Berlino: una, nessuna, centomila...
Nell’Agosto del 1989, l‘Ungheria rimosse le sue restrizioni al confine con l‘Austria
e nel settembre 1989 più di 13 mila tedeschi dell'est scapparono attraverso
l'Ungheria. Le dimostrazioni di massa contro il governo della Germania Est
iniziarono nell'autunno del 1989. Le limitazioni sugli spostamenti per i tedeschi
dell'est vennero in qualche modo rimosse dal governo nel novembre 1989. Il tutto
accadde a causa di un fraintendimento: il governo annunciò in una conferenza
stampa che tutte le limitazioni erano state tolte, e decine di migliaia di persone si
riversarono sul muro, dove le guardie di confine aprirono i punti di accesso e
permisero loro di passare.
Il 9 novembre viene quindi considerata la data in cui il muro crollò. La caduta del
muro fu il primo passo della riunificazione tedesca, che si concluse formalmente
il 3 Ottobre 1990.
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Cronologia dello sviluppo territoriale
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Progetti urbani di sviluppo e trasformazione secondo funzioni
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Raffronto tra piano urbano di sviluppo della residenza ed effettiva realizzazione
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Raffronto tra le attività commerciali di nuovo impianto e di trasformazione
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La rete infrastrutturale a scala territoriale
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La rete infrastrutturale a scala urbana
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Analisi degli impianti urbani e delle aree pubbliche verdi
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Analisi dei tessuti urbani
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Parchi territoriali, parchi urbani, giardini.
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Verde pubblico e verde privato.
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Progetti urbani di trasformazione sviluppati nelle zone centrali della città - cronologia
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Aree urbane destinate a servizi nelle zone centrali della città – cronologia
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La gestione della ricostruzione
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Per comprendere appieno le trasformazioni urbane occorre risalire al processo di
riunificazione, che ha riaperto il tema della proprietà dei suoli, parte dei quali era stata
statalizzata dalla DDR.
L'obiettivo era duplice: restituire i terreni ai privati e ricostituire le comunità.
L'effetto fu diverso.
Le proprietà restituite, pari al 90%, provocarono una massiccia immissione di immobili nel
mercato e un ingente trasferimento di proprietà immobiliari, con due conseguenze decisive in
termini di sviluppo urbano.
La prima fu il cambiamento della struttura sociale della proprietà, in origine costituita da piccoli
proprietari privati, caratterizzata da una eterogeneità funzionale e sociale.
I nuovi proprietari sono investitori e compagnie internazionali, interessati ai risparmi fiscali e
all'investimento.
La seconda conseguenza fu il varo della legge Investitionsvorranggesetz, in base alla quale la
restituzione dei terreni non avviene se un grande investitore privato non propone un piano di
investimenti.
I proprietari originari vengono solo indennizzati. Si parla quindi di secondo esproprio.
Si sono create così vaste proprietà acquistate da società nazionali e multinazionali, capaci di
investimenti importanti nelle aree centrali e più pregiate di Berlino.
Investitori e utenti non coincidono più.
La proprietà diventa anonima, orientata al profitto, distante dal territorio.
L'aumento degli affitti innesca un processo di gentrificazione ed espulsione delle classi deboli.
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“Berlino è una città condannata per sempre a diventare e mai ad essere.”
Karl Scheffler
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15 gennaio 2014
Berlino raccoglie 233mila firme per “salvare” Tempelhof:
ora il referendum
Ora la città dovrà istituire un referendum che, se andasse come spera l’associazione, vieterà
la costruzione di 4.700 appartamenti (molti di housing sociale), numerosi spazi commerciali
e una nuova biblioteca centrale nella zona periferica del campo dove una volta c’era il
vecchio aeroporto cittadino.
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30 settembre 2014
A Tempelhof un nuovo esperimento di democrazia
liquida: i cittadini decideranno online
A quattro mesi dal referendum che ha sancito lo stop allo sviluppo immobiliare di
Tempelhof fortemente voluto dall’amministrazione, il processo di partecipazione dei
cittadini alla riprogettazione dell’area è in procinto di cominciare.
Nelle prossime settimane toccherà alla comunità urbana decidere del futuro dell’ex
aeroporto.
Verranno progettate delle piattaforme interattive che consentano ai berlinesi di
proporre e supportare idee che riguardino lo sviluppo della grande superficie del
Feld.
Un esperimento che poggerà sui cardini della “democrazia liquida” e che
vorrà rendere il più possibile orizzontale e trasparente il processo decisionale, come
previsto dal referendum di maggio.
A partire dal mese di novembre, la piattaforma di partecipazione sarà on-line. I piani
per Tempelhof saranno disponibili entro il primo semestre del 2015.
Poi si passerà ai processi decisionali, con una possibilità: che prevalga ancora una
volta il partito del “tutto resti com’è”.
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aree autogestite
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“I luoghi … assumono un’estetica cosmopolita dal linguaggio internazionale, la cui
riduzione dei luoghi a merci ne annulla i valori tradizionali.”
Massimo Muciaccia
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9 luglio 2014
Berlino, la guerra contro i turisti
dei crociati antigentrification
«Attenzione però a pensare che della gentrification sia tutto negativo – spiega Andrej
Holm, docente di sociologia della Humboldt Universität e autore di Riprendersi
Berlino. Per capire perché basta pensare a Prenzlauer Berg: vent’anni fa alcune
strade del quartiere non avevano luci, alcuni appartamenti erano dotati soltanto di
bagni esterni e numerose case erano ancora riscaldate a carbone».
Non a caso tra la classe politica berlinese vige il mantra che più investimenti portano
ricchezza … Se questo da un lato è innegabile, il fatto che la ricchezza complessiva di
Berlino aumenti non significa necessariamente che la distribuzione di quella nuova
sia fatta in maniera equa.
Alcune delle proteste a Berlino contro la gentrification sono molto più radicali di
quella di Tempelhof …
Sarah Brenner, attivista anti-gentrification: «I proprietari di casa a Berlino sono
soltanto il 15 per cento della popolazione. Tutti gli altri sono in affitto. La città si è
dunque schierata con una minoranza, la minoranza più ricca, quella che possiede
case».
D’altra parte la chiusura al cambiamento non è mai un atteggiamento positivo. La
città cambia e non si può (forse deve) resistere. L’importante è garantire che il
cambiamento sia a vantaggio dei più e non dei pochi come sembra invece stia
accadendo.
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La ricostruzione (critica)
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Costruire nel costruito
Con l’esperienza dell’IBA, il concetto della ricostruzione critica è rimasto come parola
d’ordine per tutti i nuovi interventi di rinnovamento ed in particolare per la Unter den
Linden e la Friedrichstrasse.
Il programma determinato da Kleihues prevedeva che:
- i tracciati stradali storici e le linee di fuga dovessero essere rispettati o ricostruiti;
- le altezze massime consentite fossero quelle storiche di 22 metri alla gronda, o di 30
metri al colmo del tetto (per cui sono realizzabili due piani di attico arretrato);
- il venti per cento della superficie lorda dovesse essere destinato a residenza;
- la densità insediativa non venisse calcolata solo in base a parametri quantitativi, ma
considerando anche le destinazioni d’uso ed il regolamento edilizio;
- il modello dell’edificazione fosse il comparto urbano che insiste su un lotto la cui
massima dimensione è l’isolato;
- la parcella fosse determinata come strumento reale d’intervento.
Secondo Kleihues: “la ricostruzione critica presuppone non la ricostruzione
conservativa del tessuto urbano, ma la sovrapposizione di più strategie, la
ricostruzione di spazi urbani - dove possibile - e di strutture storiche a blocco che
realizzino nuove situazioni urbane con l’aggiunta di nuovi elementi che si
contrappongano in modo cosciente al passato.”
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Ancora Kleiheus sulla ricostruzione critica: ”una via che apra il dialogo tra
tradizione e moderno, che cerchi la contraddizione del moderno non nel senso di
una rottura, ma di uno sviluppo che rimanga visibile attraverso tappe spazio
temporali.”
Tentativo architettonico che è però riuscito a Gehry non a Kleihues, nella Pariser
Platz.
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Con la ricostruzione critica si riesce in parte a ricreare la
morfologia della griglia degli ampliamenti barocchi, pur
rinunciando alle qualità urbanistiche tipiche di quella griglia
stessa, la struttura parcellare e la commistione funzionale.
Secondo Kollhoff “si sono riempiti i vuoti, orgogliosi di aver
rispettato le linee di gronda, senza riuscire a far altro che
miniature della case degli anni settanta del secolo scorso,
ottimizzate e ridotte nella decorazione.”
Secondo Dieter Hoffmann-Axthelm, la ricostruzione critica con
“il rispetto della linea di gronda (per cui sono realizzabili due
piani di attico arretrato) limita solo relativamente la densità,
mentre porta inevitabilmente alla creazione di volumi che
appaiono come usciti da uno stampo.”
Per Hans Stimmann, “il punto di partenza della ricostruzione
critica e della ripresa della struttura a blocco è la
consapevolezza che la distribuzione della città storica non è
stata la semplice conseguenza della guerra, ma di una politica
di piano interpretata come abbattimento e sostituzione del
tessuto esistente… il parallelismo con l’epoca dei
Fluchtlinienplaene a cavallo del secolo non è casuale. Ma la
ricostruzione delle linee di fuga, cioè dell’andamento storico
delle strade, è stato spesso difficile da realizzare a causa della
distruzione avvenuta durante la guerra e delle conseguenti
ricostruzioni.”
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La Berlino di Ungers
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“La riunificazione della città ci ha colti di sorpresa e ci ha profondamente colpiti. A questo
evento non eravamo affatto preparati, dal momento che ciascuna delle due parti aveva trovato
per conto proprio una formula facile e comprensibile, che si dimostrava adeguata alle rispettive
condizioni di spirito.
Gli uni credevano nella rinascita marxista della città, una città egualitaria che avrebbe livellato
qualsiasi differenza grazie ad una adeguata separazione funzionale ed alla possibilità di godere
di visuali libere in ogni direzione.
Campagna e città dovevano trovare un equilibrio armonico: non più gerarchie, non più centro
città, non più periferie.
Gli altri volevano creare luoghi consacrati alla cultura: la nuova arcadia; si auspicavano e si
creavano spazi verdi, ecosistemi, anticittà e utopie.
Le esposizioni di architettura sembravano più importanti della città stessa e delle sua tradizione:
i riferimenti alla realtà rimanevano del tutto estranei.
La città si sviluppava in concorrenza a se stessa, tutta presa da ambiziose utopie, dalle diverse
ideologie e da reciproche e vanagloriose rivalità ed emulazioni.
La conseguenza e i risultati di tutto ciò sono stati un vuoto eterogeneo, un caos, un ammasso
insensato di monumenti: un guazzabuglio di relitti con i quali difficilmente gli abitanti potrebbero
identificarsi.
Con i nuovi piani si continua a demolire e progettare, la pianificazione urbana sembra seguire
esclusivamente la legge della tabula rasa.
La storia, la tradizione, la continuità sono concetti che, evidentemente non sono stati assunti
all’interno degli ultimi piani.
Ognuno afferma in primo luogo se stesso e non vuole avere niente a che fare con quanto c’era
prima. Tutto viene liquidato come antieconomico, inservibile, inadeguato e obsoleto.“
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Ungers tra il 1965 ed il 1968 all’interno del suo corso ha elaborato un’idea di piano per Berlino:
questo si fondava sul tentativo di attivare e di tipizzare i potenziali insiti in diverse strutture
urbane.
“Perché andare in cerca di strumenti a Berlino quando Siena o il Rockefeller Center sono più
facili da realizzare e si prestano ad essere resi rapidamente appetibili nei confronti di
un’eventuale approvazione e di qualsiasi investimento?
Siena a Colonia, Siena a Dortmund, Siena a Potsdamer Platz!
Chi si dedica al bricolage si accontenta delle sedimentazioni della storia, che si limita a
raccogliere e che, quasi fosse un trafficante, svende là dove questa operazione si dimostra
necessaria e fruttuosa in base a motivi di opportunità.
Le questioni riguardanti le altezze degli edifici e le loro sistemazioni urbanistiche fanno sì che la
città spettacolo si estenui nel formalismo.
I contenuti reali restano estranei, nel senso che o non se ne prende assolutamente atto, oppure,
semplicemente vengono stralciati.
La pianificazione e l’architettura non devono diventare prodotti di mercato, oggetti di commercio
ma scelte consapevoli.
Se nessuno si dà più pena di elaborare una struttura generale e di individuare dei piani che si
occupino della città vista come struttura complessa, allora il risultato può soltanto essere un
lavoro frammentario e un generale smarrimento.”
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Ungers affronta il tema di quali strutture
fossero significative:
- strutture che sono determinate dalla
topografia, come ad esempio il corso della
Sprea, e settori territoriali privilegiati dal
punto di vista del paesaggio, che sono in
gran parte utilizzati come parchi;
- strutture che emergono in base a una
specifica tendenza di sviluppo quale, per
esempio, la posizione, il corso e l’estensione
delle Magistralen;
- strutture che sono determinate da decisioni
di piano, come le autostrade urbane e i
diversi sistemi di linee metropolitane di
superficie e sotterranee;
- strutture che sono sorte come conseguenza
di motivazioni economiche, funzionali e
politiche
quali,
ad
esempio,
la
concentrazione di insediamenti industriali, la
costruzione di quartieri residenziali satelliti
posti alla periferia, la Stalinallee;
- strutture che presentano una dimensione
storica, quali la Spreeinsel, l’Olympiafeld,
oppure importanti nuclei urbani consolidati.
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Su queste premesse Ungers elabora cinque sezioni strutturali relative a tutto il territorio
comunale di Berlino:
-
superstrade ed edifici annessi;
-
piazze ed assi stradali;
-
costruzioni nei parchi pubblici;
-
costruzioni lungo i corsi d’acqua;
-
rete delle metropolitane ed edifici annessi.
Accanto a questa analisi sistematica, Ungers decise di ricorrere parallelamente a un
altro approccio che faccia riferimento alle tracce storicamente consolidate della città.
In nessuno stadio dell’esistenza di Berlino è mai esistito un vero e proprio territorio
comunale unitario, mentre c’è sempre stato un agglomerato di frammenti urbani
estremamente differenziati.
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”Il rapido sviluppo di una città che si sdoppiava … e la sua quasi totale distruzione, hanno
profondamente segnato una struttura urbana frammentaria, ma, nel contempo,
straordinariamente complessa.
Gli spazi di identità dovrebbero essere definiti dalla capacità di comprensione delle idee e
dei concetti espressi da questi stessi, grazie ai quali la storia della città può di nuovo
corrispondere alla sua storia ideale.
Chi pensa che le aree centrali della città possano essere risanate ricorrendo esclusivamente
a un incremento dell’attività edilizia, al fine di ricreare la situazione originaria, prende le
mosse da presupposti assolutamente sbagliati.
La parola d’ordine generalmente adottata – ricostruzione critica – maschera il fatto che la
maggior parte delle aree urbane sono cadute nel disordine, perché non c’era più bisogno di
un ulteriore sviluppo: l’esigenza per la quale si pretende di costruire si rileva, nella maggior
parte dei casi, artificiale quanto i prodotti che da essa derivano.”
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“Un passo importante verso una nuova organizzazione della città
consiste invece nel complemento dei frammenti da conservare che,
durante questo processo, assumeranno la loro forma architettonica e
urbana definitiva.
In primo luogo si dovrebbero identificare le esigenze oggettive di
queste isole urbane frammentarie e in un secondo momento … le si
dovrebbe completare una per una, ricorrendo all’introduzione di una
serie di attrezzature sociali.
La futura tensione architettonica e progettuale dovrebbe consistere
esclusivamente nella capacità di enucleare ed evidenziare la
conformazione tipica di ogni singola isola urbana.
Da qui ne deriva l’importanza di definire in modo adeguato la
fisionomia di ogni parte della città e di caratterizzarla in modo tale
che essa mantenga il proprio carattere specifico.
L’arcipelago urbano che ne nasce, fatto di ben individuate isole
urbane, differenziate nella loro forma, nella struttura urbanistica e
sociale, corrisponde allora all’immagine della città nella città.
Ogni parte della città presa di per sé contiene una propria identità
conforme soltanto a se stessa, la quale si differenzia notevolmente
da quella di un’altra parte.
Non si tratta di contrapposizioni che si escludono reciprocamente,
bensì di aspetti che si integrano in modo complementare.
E’ questa una concezione urbanistica dialettica, nel senso che
corrisponde alla struttura attuale della società.”
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Ungers si pone in contrasto con l’antica
visione della città unitaria e, di
conseguenza, di una corrispondente
società unitaria a essa legata nella quale
qualsiasi
manifestazione
individuale
verrebbe sistematicamente repressa.
“Mentre in una metropoli anonima,
costruita secondo un modello unitario, si
verifica inevitabilmente una perdita di
identità e di conseguenza un processo di
spersonalizzazione, colui che vive in un
sistema aperto, basato su una struttura
dialettica, può scegliersi un suo spazio di
identità in grado di rispondere alle sue
aspirazioni ed alle sue idee.
Il concetto di città nella città viene
completato dai settori interposti fra le
isole urbane: queste dovrebbero essere
separate le une dalla altre da fasce
naturali di verde (metafora dell’arcipelago
verde).
Gli spazi intermedi trattati a verde
vengono a formare un sistema di natura
artificiale...”
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“La polarità fra natura e cultura, o anche fra natura e metropoli appare oggi compromessa,
indistinta e confusa, risulta carente.
Questa polarità dovrebbe ricevere un nuovo impulso: una natura assolutamente artificiale
dovrebbe contribuire a rendere più intensa – piuttosto che ad impoverire – l’esperienza della
metropoli.
La rete delle aree naturali dovrebbe anche accogliere le opere di infrastruttura tipiche dell’epoca
tecnologica attuale: oltre a un vasto sistema di autostrade, una serie di supermercati, di
stabilimenti industriali e di attrezzature affini legate al traffico delle automobili e dalla mobilità.
Nelle aree libere interposte fra le isole urbane si dovrebbe sviluppare l’inserimento di una maglia
suburbana secondo il modello proposto dal progetto di case unifamiliari per Chicago, elaborato da
Ludwig Hilberseimer, oppure l’inserimento di una maglia regionale secondo la proposta di
Broadacre City di Frank Lloyd Wright. “
In conclusione il modello di Ungers si deve fondare su:
- la creazione di un sistema complesso, basato sui contrasti, che si contrappone ad un sistema
orientato in senso unitario;
- lo stretto collegamento fra città e campagna, vale a dire l’istituzione di rinnovati rapporti tra
cultura e natura;
- la valorizzazione del luogo, la conservazione della memoria e della coscienza storica, nel senso
della continuità nello spazio e nel tempo.
Il problema non riguarda il progetto di un contesto urbano del tutto nuovo, bensì il progetto per il
completamento e la trasformazione di ciò che già esiste; non si tratta perciò della scoperta di un
nuovo sistema urbano, ma del perfezionamento di quello esistente.
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Friedrichstadt
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L’obbiettivo della riqualificazione della Friedrichstadt è quello di sviluppare il tema dell’isolato; l’idea
del lotto come strumento di intervento ha prodotto una serie di soluzioni molto diverse tra loro, in
base al tipo di operatore ma anche alla strategia seguita dal progettista.
La simulazione della complessità urbana è ottenuta, ad esempio, sia attraverso l’intervento di diversi
progettisti nel medesimo isolato (Kleihues, Dudler, Sawade, Kollhoff ripropongono in un isolato la
vecchia strategia IBA), sia attraverso l’articolazione e la frammentazione di un unico progetto per un
solo isolato in parti diverse, come nel caso di Aldo Rossi (tramite la riproposizione dell’antica
parcellizzazione catastale attraverso il gioco delle facciate).
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La ricostruzione critica è la parola d’ordine per tutti i nuovi interventi nella Friedrichstadt.
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Il sistema Friedrichstrasse, Leipzigerstrasse, Unter den Linden
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La simulazione della
complessità urbana è
ottenuta attraverso
l’articolazione e la
frammentazione del
progetto per l’isolato
riproponendo l’antica
divisione catastale
attraverso il gioco
delle facciate.
Il progetto di Rossi
coglie l’occasione
presentata dalla
figura del blocco, dai
lotti storici e dai due
edifici preesistenti
per creare un collage
di strutture urbane.
“Un insieme di
frammenti del
passato e del futuro”.
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La ricostruzione critica, edificio progettato e coordinato
da Kleihues
L’intervento
di
diversi
progettisti
nel
medesimo
isolato (Kleihues, Dudler,
Sawade, Kollhoff) ripropone
in un isolato la vecchia
strategia dell’IBA.
Il modello dell’edificazione è il
sempre il comparto urbano
che insiste su un lotto la cui
massima
dimensione
è
l’isolato: la parcella come
strumento reale d’intervento.
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Altezze massime consentite come quelle storiche di 22 metri
alla gronda, e di 30 metri al colmo del tetto.
Il venti per cento della superficie lorda deve essere destinato a
residenza.
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La ricostruzione critica, porzione di blocco progettata da Kollhoff
La densità insediativa non viene calcolata solo in base a parametri
quantitativi, ma considerando anche le destinazioni d’uso ed il
regolamento edilizio.
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Jüdisches Museum Berlin, Daniel Libeskind, 1999
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Friedrichstadt Passage
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Accanto ad alcuni interventi di ricucitura di isolati esistenti troviamo anche alcuni esempi in
cui un intervento unitario si estende su un insieme di isolati.
E’ il caso di Friedrichstadtpassage.
I tre blocchi del cosiddetto Friedrichstadtpassage costituiscono un esempio tipico di come la
ricostruzione critica si debba confrontare con lo sviluppo economico e le esigenze
commerciali.
A ogni architetto è affidato un isolato diverso, che risulta però collegato con gli altri sotto la
quota della strada, al livello di una galleria commerciale.
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Il progetto di Ungers sviluppa il
tema del grande isolato (a lui
caro) cercando di ricondurlo
alla
scala
del
tessuto
circostante,
sia
attraverso
l’articolazione volumetrica delle
facciate, sia attraverso la
creazione di due corti interne.
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Il blocco “americano” di Pei & Cobb
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Il progetto di Nouvel per la galleria Lafayette dichiara invece la sua estraneità con una facciata
in vetro serigrafato e uno spazio interno che trasforma l’idea della corte aperta e coperta, in
un elemento luminoso a forma conica.
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Bahnhof Friedrichstrasse
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Nel suo sviluppo verso la
Sprea
la
Friedrichstrasse
incontra la linea ferroviaria e
la stazione: il fiume e questa
infrastruttura
ritagliano
all’interno del tessuto urbano
una specie di isola.
Attorno ad essa la struttura
urbana è chiaramente definita,
o ridefinita riprendendo gli
elementi esistenti, l’isola si
presenta
invece
con
caratteristiche
del
tutto
diverse.
Dall’eccezionalità
ne
scaturisce l’eccezionalità delle
proposte
progettuali
che
sviluppano
ricerche
di
approccio differente a quelle
di ricostruzione critica, sul
tema dell’isolato e del tessuto
urbano.
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L’idea della costruzione perimetrale del
blocco viene abbandonata; la nuova maglia
stradale, pur attenta alle tracce storiche,
propone un’alternanza di volumi edificati e di
vuoti urbani; gli spazi aperti non sono
identificabili soltanto con le piazze, ma con
spazi verdi, corti ad U, spazi semipubblici.
Nella sua proposta Eisenman presenta
un’analogia con la figura dei cristalli liquidi, in
cui la struttura rigida si modifica quando
viene
sottoposta
a
cambiamenti
di
temperatura o all’influsso di forze esterne.
Per analogia la struttura urbana degli isolati
subisce una particolare deformazione grazie
alle forze della ferrovia e della Sprea.
Nella zona a sud della ferrovia viene ripresa
da Eisenman la struttura degli isolati
preesistenti, sovrapponendo a essa tracce
degli edifici distrutti nel 1945; nella zona a
nord
questa
struttura
subisce
delle
trasformazioni sia nella disposizione che nella
forma
degli
edifici,
che
assumono
configurazioni, simili al progetto per il Max
Reinhardt Haus, poco distante.
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Anche nella proposta di Langhof
vengono utilizzate due diverse
strategie: a sud della ferrovia viene
proposto
il
completamento
dell’isolato.
A nord della ferrovia viene invece
proposta l’introduzione tra gli edifici
esistenti di nuovi edifici con
l’obbiettivo di creare una diversa
struttura urbana basata sull’idea di
mescolanza e dell’accostamento di
elementi diversi, dove spazi aperti e
verde penetrano tra gli edifici e si
estendono anche sui tetti.
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Pariserplatz
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Un tempo simbolo
dell’accesso alla Mitte,
poi un ossimoro
simbolo della divisione,
adesso di nuovo centro
e nodo della
ricostruzione.
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Si potrebbe pensare che Ghery, disegnando
il prospetto sulla piazza, si sia attenuto alle
prescrizioni (ma forse si dovrebbe parlare,
in questo caso, al clima) imposte agli
architetti incaricati di progettare i diversi
episodi che hanno scandito gli impegnativi
interventi edilizi realizzati o in via di
realizzazione a Berlino per la ricostruzione
crititca.
Il fronte su Pariser Platz dell’edificio non ha
nulla di affettato o compiaciuto e, tanto
meno, giocoso e accattivante.
Esso si offre come un frammento, una
presenza contrastante rispetto a ciò che la
circonda, le apparentemente colte cortine
edilizie prospicienti la piazza alla Porta di
Brandeburgo.
Questa costruzione rivela un linguaggio
espressione
di
una
interpretazione
personale che rappresenta una storia
diversa da quella che lì, nel cuore della città,
viene celebrata.
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Nel corpo di fabbrica della DG Bank, seppure le geometrie seguano le indicazioni di piano per la
ricostruzione critica, si nota la diversità: una successione di pieni e vuoti, di alti pilastri rivestiti in
pietra, che salgono a gradoni.
La mancanza di limiti e conclusioni è il tratto caratteristico di questa facciata, in realtà una pura
scansione ritmica.
Tra i pilastri che configurano un ordine gigante piatto, le aperture si susseguono come scavati
parallelepipedi scuri, protetti da vetri inclinati.
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Dietro lo schermo che si sovrappone al corpo di
fabbrica su Pariser Platz si dispiega un
organismo, di cui nulla traspare all’esterno.
Sul retro, su Beherenstrasse, la costruzione ha un
aspetto che non ha nulla in comune con quello del
fronte principale: una successione di finestre in
leggero aggetto, ritagliate da una superficie
variamente incurvata.
Nulla da spartire anche con i modi educati dello
stile della architettura berlinese della ricostruzione
critica e, soprattutto, con il mimetismo che ne ha
contraddistinto alcuni episodi.
All’interno della corte, la socialità degli Höfe
berlinesi viene sottolineata dalla tecnologia della
copertura in ferro e vetro e dal segno zoomorfo a
testa di cavallo.
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Leipzigerplatz
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La Leipziger Platz rappresenta uno dei frammenti urbani di bordo a ridosso dell’impronta del muro.
Nel sistema Potsdamer Platz - Kulturforum rappresenta quella collisione tra frammenti urbanistici,
che sottolinea Ungers.
La Leipziger Platz è un ottagono, costruita nel 1734 come estremità della città barocca.
Piano del 1804
Progetto Lennè
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Schinkel progetto 1814/15: Duomo della Liberazione
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Leipziger Platz
era circondata da
una serie di
palazzi
rappresentativi.
La Potsdamer e la
Leipzigerplatz
erano le due
piazze
maggiormente
trafficate
all’iniziao del XX
secolo.
La Leipziger Platz
è il culmine ovest
della Leipziger
Strasse, strada
barocca larga 22
metri.
Da qui partiva poi
la strada che
arrivava fino alla
città di Potsdam.
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Il progetto di Erich
Mendelsohn
prevedeva una serie di
edifici sulla Potsdamer
Platz
che
si
relazionassero con lo
spazio urbano della
Leipziger Platz.
Inizialmente
viene
abbandonata la forma
ottagonale e costruita
una nuova stazione
ferroviaria.
Gli
intenti
di
Mendelsohn erano di
velocizzare
l’architettura
rendendola
più
dinamica in analogia
col dinamismo del
traffico.
Erich Mendelsohn, schizzi per Potsdamer e Leipziger Platz, 1928-1930
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Leipzigerplatz & Potsdamerplatz dopo i bombardamenti
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Il progetto di Le Corbusier non prende in
considerazione il tessuto esistente ma
inserisce i suoi modelli urbani cancellando
sia la Leipziger Platz che la Pariser Platz.
Nelle proposte di Giorgio Grassi la forma
della piazza rimane intatta, ma tutto
attorno il verde prende posto al costruito.
Grassi seguiva quel pensiero radicale
secondo cui la distruzione di tutto dopo la
guerra e il muro, doveva in qualche modo
essere ricordata.
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Nelle immagini il
progetto urbanistico
di Aldo Rossi e
dello studio Hilmer
& Sattler.
Tra la Leipziger
Platz e la Pariser
Platz sono sorti
degli edifici che
ospitano le
rappresentanze di
diversi Länder.
Nella fascia che
collega Leipziger
Platz alla Pariser
Platz è stato
realizzato il
“Memoriale per gli
Ebrei assassinati
d’Europa” su
progetto Eisenman.
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Denkmal für die ermordeten Juden Europas, Peter Eisenman, 2004
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Potsdamerplatz
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Con Potsdamer Platz si identifica oggi una
vasta area di Berlino, che dalla Philharmonie e
dalla Staatsbibliothek di Scharoun si estende fin
oltre il vecchio confine del Muro.
Punto nevralgico della Berlino del Novecento e
nodo di traffico, questa area si presentava alla
caduta del Muro come un vuoto disseminato da
alcuni resti.
Con la riunificazione della città, questo luogo è
ritornato ad essere un punto nevralgico, un’area
di importanza strategica per il disegno della
nuova città, carica di significanti i cui significati
non sempre sono leggibili se non nel senso
economico.
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Nella terra allora desolata della
Potsdamerstrasse e dintorni,
eternata dal film Der Himmel über
Berlin di Wim Wenders, la
costruzione di un nuovo immenso
centro commerciale, isola
architettonica destinata allo
shopping, allo spettacolo, al ristoro
e agli uffici, ha definito uno spazio
urbano nuovo ed invitante, non
certo segnato da un recupero della
tradizione ma da un urban
marketing legato alle attività
commerciali più che urbane.
Nella Potsdamer Platz alla fine di
una lunga serie di progetti e
proposte si realizza una edificazione
contenuta in altezza, tranne che per
gli edifici di testa, che tenta di
riproporre l’idea di isolato storico di
Berlino.
Le torri, i portici, le arcate, le piazze
coperte progettate nell'area tentano
di ricongiungere fisicamente e
simbolicamente Est e Ovest.
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Potsdamerplatz – La morfologia nel tempo
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Su Potsdamer Platz vari concorsi si sono susseguiti a partire dagli anni ’90: tutti con l’intento di
garantire la desiderata ripresa della parte nuova di città, proponendo una commistione di abitazioni
ed uffici, la costruzione di cinema, teatri e un grande centro commerciale.
La città di Berlino, attraverso il progetto di Potsdamer Platz, ha cercato di costruire un nuovo centro,
non solo della vita economica, ma un quartiere che rappresentasse l’immagine dinamica della nuova
capitale tedesca: un tentativo per certi versi riuscito per altri meno.
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Ungers prima ipotesi di progetto – Il grande Isolato e la Tipologia a Torre
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Ungers raffronto tra prima e seconda ipotesi di progetto
Ungers tende a combinare, all’interno
della maglia stradale, gli isolati tra loro,
in modo di arrivare a una varietà di
dimensioni, dal piccolo isolato, a quello
di dimensioni intermedie, al grande
isolato, inserendo due edifici a torre
sulla piazza.
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Kollhoff: prima ipotesi di progetto
Il Rapporto Duale con Alexanderplatz
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Nella seconda
Ipotesi di progetto di
Kollhoff prevale lo
studio per la
variazione tipologica
all’interno di in un
insediamento
morfologicamente
legato alle parcelle
edificabili ed al
concetto di isolato.
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La proposta di Rafael
Moneo vuole creare
un’alternativa al
paesaggio urbano basato
sulla non uniformità, ma
sul contrasto: alcuni
edifici di grandi
dimensioni e di altezza
contenuta formano dei
veri e propri grattacieli
orizzontali, memori
dell’esperienza
dell’edifico Diagonal a
Barcellona.
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Hilmer & Sattler, nella relazione di progetto per il
piano urbanistico affermano che “le basi del
progetto non si trovano nel modello di città
americana come agglomerazione di edifici alti, bensì
nell’idea spaziale della città europea compatta”.
Lo studio prevede l’accostarsi di linguaggi hi-tech e
di memoria storica nell’intento di scatenare
l’evocazione di un nuovo mondo europeo,
comunque, molto vicino a quello americano.
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Il progetto di Renzo Piano, risultato vincitore
del concorso di una parte dell’area (1992), è il
più vicino allo schema iniziale di Hilmer e
Sattler, che viene però corretto per quanto
riguarda il rapporto con la Staatsbibliothek di
Scharoun.
Da elemento dissonante essa diviene, integrata
da un nuovo edifico e circondata da uno
specchio d’acqua, il centro e componente
pubblica del progetto. Piano inizialmente
prevedeva inoltre una torre verso il canale.
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Tesi – Antitesi – Sintesi
Il rapporto con la Staatsbibliothek di Scharoun
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Nella realizzazione della Hoch Haus Kollhoff propone una
sovrapposizione del concetto del piccolo isolato con quello
dell’edifico a torre. Egli declina il master plan attraverso un
percorso linguistico-sementico molto diverso da quello delle
architetture circostanti. La sua ricerca potrebbe sintetizzarsi in
un brano della sua relazione di progetto: “torri rivolte alla città e
al parco, che si sviluppano dal sito e dal programma per
diventare corposità figurativa”. Morfologia, tipologia, genius
loci, funzione si integrano in un unicum grazie ad uno studio di
centinaia di modelli in scala fino alle minime variazioni, nella
certezza ”che l’edificio alla fine assumerà una forma”.
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La nuova Hoch Haus berlinese denuncia un innesto
tipologico fra un isolato con una corte interna chiusa ed
un esplicito tipo a torre.
Verso la piazza si pone con il massimo elevato,
riservando alla parte a sud un articolarsi complesso dei
volumi e delle altezze che dai ventiquattro piani della
torre scendono alternativamente a tredici e sette piani.
L’attacco a terra è esemplare: i portici, anche nei loro
elementi illuminanti, ci riportano ad una Berlino che non
c’è più, mentre il rapporto con la piazza è indiretto,
mirato alla prevalenza del volume nella sua totalità,
tenendo sottotono il basamento vero e proprio.
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Il programma di
progetto
scegliendo il
restringimento
delle sedi
stradali
secondarie crea
degli spazi fra i
volumi con un
calibro minuto e
delega alle tre
torri di testa e
alla grande
cupola del Sony
Center di
Jahn&Murphy il
rapporto a nord
con la piazza e a
sud con le
preesistenze
monumentali del
Kulturforum.
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Per questa fascia, che
costituisce il nuovo fronte
urbano orientale lungo il
grande vuoto destinato
prima a specchio d’acqua
e poi a parco, gli architetti
inviati per il concorso, si
rifanno alle indicazioni del
piano di Hilmer e Sattler.
L'obiettivo era la
ricomposizione della
storica frattura fra la
Leipziger-Potsdamer Platz
e le aree urbane adiacenti;
all'area ABB era collegata
la risoluzione dell’affaccio
sulla parte meridionale
della Potsdamer Platz
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Ricollegandosi al tipo del palazzo berlinese
barocco, Giorgio Grassi propone un’edificazione
ad H, che gli permette di ricreare due spazi
tradizionali, una corte pubblica poco profonda
verso la strada, e un giardino sul lato opposto.
La presenza del parco, largo cento metri,
suggerisce infatti la condizione di margine e di
confine simile a quella storica.
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Il programma sull’area prevede a sud la nuova stazione della metropolitana,
di seguito, una scuola, una palestra, diversi edifici di abitazione e infine,
man mano che si giunge in prossimità della Potsdamer Platz, edifici per
attività direzionali e terziarie.
La composizione raggiunge il punto di massima accumulazione nell'edificio
di testata sulla piazza, che ospita anch'esso uffici aggregati su un atrio
comune, e che si eleva su undici livelli, anziché otto.
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In questo caso la presenza della rete di trasporti sotterranea –
linea ferroviaria e linea metropolitana – costituiscono un forte
vincolo progettuale.
Nelle ipotesi del concorso, Juergen Sawade aveva proposto
una edificazione a U rivolta verso il parco, introducendo nelle
corti uno zoccolo di due piani che permettesse di creare un
sistema di terrazze verso il parco.
Diener & Diener avevano invece proposto una varietà tipologica
sia per la residenza che gli uffici, attraverso la rinuncia all’idea
di isolato e la riscoperta della linea ferroviaria/metropolitana
esistente.
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Gli edifici sembrano
concatenarsi tra loro,
con scatti improvvisi dei
corpi di fabbrica.
Questi scatti
racchiudono e
comprimono lo spazio
contenuto tra le
costruzioni, fino ad
annullarlo
completamente, quando
gli edifici si fondono nel
corpo di testata.
Il progetto, nella sua
asciutta eleganza,
propone un impianto
fondato sulla ripetizione
del tipo del palazzo
tardo-barocco e
neoclassico, che tanta
parte ha avuto nella
configurazione
architettonica della città
di Berlino.
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Alexanderplatz
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Prima dei bombardamenti
Alexanderplatz indicava un
luogo definito da un crocevia
di strade importanti ed un
centro famoso per la sua
socialità diurna e notturna.
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Negli anni sessanta la piazza viene ricostruita dal regime socialista, e di quel regime diviene
la vetrina, centro simbolico e reale: lo slancio verticale della torre della televisione e
l’estensione della spianata aspiravano ad una dimensione superumana.
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La distesa piazza
socialista viene posta al
centro dell’attenzione di
un concorso per la
riumanizzazione del cuore
della ex capitale
socialista, come aspirante
nuova downtown di
Berlino.
Hans Kollhoff, vincitore
del concorso, propone
un’urbanizzazione di
blocchi compatti dai quali
si elevi una serie di torri
che costeggi il tratto
finale della Karl Marx
Allee (Stalin Allee).
Le dimensioni della piazza
vengono ridotte, gli edifici
gemelli di Peter Behrens
vengono presi a modello e
ripetuti con l’intento di
mantenere uno spazio di
dimensioni europee.
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L’area viene ridefinita grazie
a tredici grattacieli di circa
150 metri di altezza, mediati
da edifici alti trenta metri,
come i palazzi di Behrens e
posti in modo da mettere in
crisi la predominanze nello
skyline cittadino la torre
della televisione.
La vista della torre della
televisione viene impedita
nei punti principali per la
comprensione della città.
Il simbolo di Berlino est
viene eliminato, almeno dal
punto di vista visivo, dal
momento che materialmente
farlo sarebbe molto difficile.
La cancellazione avviene
quindi attraverso un
processo di mimetizzazione
del simbolo della RDT.
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All’interno del concorso
per la riumanizzazione della
Alexanderplatz è stata
anche molto apprezzata la
proposta di Liebeskind:
questa si fonda, a
differenza della vincitrice,
su una serie di edifici
eccezionali che, rompendo
gli allineamenti e i traguardi
delle geometrie circostanti,
riescono ad entrare in
rapporto con il
monumentalismo
dell’architettura socialista
esistente: la città cresce
per contraddizioni, le
discontinuità della storia
non cancellano le
testimonianze del passato.
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Kulturforum
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Il Kulturforum è stato uno degli interventi urbanistici
più importanti del dopo guerra: fu realizzato a partire
dagli anni cinquanta, allo scopo di creare un centro
culturale per l'allora Berlino Ovest, analogamente alla
Museumsinsel per Berlino Est. Nella Berlino divisa, si
trovava ad ovest a ridosso del muro.
Oggi, dopo il completamento del complesso di edifici
della Potsdamer Platz, tra questi e il Kulturforum viene
ricucito il tessuto urbano che era stato interrotto dal
muro.
Tra gli anni ’60 e ’80 erano sorti, su progetto
dell’architetto Hans Scharoun e, dopo la sua morte, dei
suoi allievi e collaboratori, la Sala grande e la
Kammermusiksaal della Philharmonie (1963), la
Staatsbibliothek (1976), il Museo degli strumenti
musicali (1984) e il Kunstgewerbemuseum (1985).
A questi edifici si aggiunse la Neue Nationalgalerie
(1968) di Mies van der Rohe la quale raccoglie la pittura
del Novecento.
Ultimo tassello di questo insieme di costruzioni per le
istituzioni culturali è la nuova Gemäldegalerie (1998),
Progettata dagli architetti H. Hilmer & Ch. Sattler: la
nuova pinacoteca che, nella Berlino riunificata,
raccoglie le collezioni del Bodenmuseum (Berlino est) e
dei musei di Dahlem (Berlino ovest).
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Spreebogen
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Il progetto urbanistico complessivo
degli architetti A. Schultes e C. Frank,
prevede un gruppo di edifici per il
governo
e
per
il
parlamento
(cancelleria, Bundestag, sedi delle
frazioni parlamentari) che assumano
uno sviluppo lineare che si estenda
ben oltre i confini della Sprea e che
rompano l’impianto radiale storico
consolidato dei vecchi giardini.
Il
concetto
urbanistico
vuole
tematizzare la riunificazione est-ovest
con la realizzazione di una "fascia
federale" contenente le principali
funzioni governative, che tenti di
fornire
le
nuove
linee
per
l'autorappresentazione
dell'apparato
statale democratico.
Questi concetti vengono espressi con
espressioni
architettoniche
prevalentemente
geometriche
ed
opportune aperture verso l'esterno.
Per la sua morfologia e le destinazioni
d’uso la striscia di costruito è stata
definita “ Das Band des Bundes”.
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Il Bundeskanzleramt presenta una forma singolare - una sorta di ellisse – che scavalca la
Sprea con un ponte al di là del quale vi è il “Kanzlergarten “ (Il Giardino della Cancelleria).
Paul-Löbe-Haus e Maria-E.-Lüders-Haus (S. Braunfels) sono i due edifici principali che
continuano architettonicamente la prospettiva del palazzo della cancelleria e ospitano gli
uffici dei parlamentari, delle commissioni e dei gruppi parlamentari, la biblioteca e l’archivio
del parlamento.
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Architekten Bumiller, die "Schlange“, 1999
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Lehrter Bahnhof
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Il progetto per la
Lehrter Bahnhof, la
stazione centrale di
Berlino al centro del
quartiere
governativo, prevede
un atrio di ampiezza
170x50 m che si
interseca con la
copertura vetrata
delle banchine di
attesa di 450 m di
lunghezza.
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Tiergarten-Dreieck
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Nordische Botschaf
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Wohnanlage an der Rauchstraße
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