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Presentazione di PowerPoint - Università degli Studi di Roma Tor

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Presentazione di PowerPoint - Università degli Studi di Roma Tor
Diabete
Dott.ssa Donatella Pastore
Cenni di Anatomia ed Embriologia
•
Il pancreas è una ghiandola impari situata al di sotto del
diaframma in rapporto con duodeno, ilo della milza, e rene
sinistro
•
E’
irrorato
dalle
arterie
pancreatico-duodenale
e
gastroduodenale - rami dell’arteria epatica - e dall’arteria
pancreatica ramo dell’arteria mesenterica superiore
•
Ha un’innervazione sia simpatica sia parasimpatica
•
Deriva da tre diverticoli dell’intestino primitivo. All’ottava-nona
settimana di vita fetale sono riconoscibili tutti e quattro i tipi
principali delle cellule endocrine, non ancora disposte in insule,
ma sparse irregolarmente nell’abbozzo pancreatico
Cenni di Anatomia ed Embriologia
•
Il pancreas è suddiviso in due parti funzionali costituite da due
tipi di cellule secernenti.
1. La parte esocrina produce gli enzimi digestivi che vengono
riversati nel duodeno. Questa porzione rappresenta il 98% della
popolazione cellulare
2. La parte endocrina secerne insulina, glucagone,
somatostatina e il polipeptide pancreatico che sono immessi nella
vena porta. Questa rappresenta circa il 2% della popolazione
cellulare pancreatica. Nel neonato la parte endocrina costituisce
il 20% del volume pancreatico mentre diventa solamente il 22.5% nell’adulto con un peso di 1-2 g
INSULA PANCREATICA
• L’unità funzionale della parte endocrina del pancreas è
l’insula.
Composta da 4 TIPI DI CELLULE:
Alpha: glucagone
Beta: insulina
Delta: somatostatina
PP: polipeptide pancreatico
Questi ormoni intervengono nella regolazione del metabolismo glicidico
INSULINA
• E’ UNA PROTEINA DI 51 aa
• Formata dall’unione di 2 catene A (21aa) e B (30aa), unite
da 2 ponti disolfuro. Nella catena A è presente un terzo
ponte disolfuro.
• Questi ponti determinano la struttura tridimensionale da
cui dipende l’attività biologica dell’ormone.
Struttura Chimica dell’Insulina
Preproinsulina (110aa)
Pro insulina (86aa)
Insulina (51aa)
SECREZIONE
• Avviene per meccanismo di esocitosi da parte delle cellule
beta.
Glucochinasi-2
Struttura Chimica dell’Insulina
L'insulina è secreta dalle beta cellule del pancreas essenzialmente
in risposta a variazioni della glicemia
Queste cellule colgono con estrema sensibilità le variazioni della
concentrazione ematica di glucosio, grazie ad un meccanismo
costituito dal trasportatore del glucosio GLUT2 e da una chinasi
(glucochinasi).
Il trasporto dentro la cellula è rapido solo quando i livelli
ematici di glucosio sono elevati, come accade dopo un pasto.
All'interno della beta cellula il glucosio viene fosforilato dalla
glucochinasi, l'enzima che catalizza la prima tappa della glicolisi.
Quindi sia l'ingresso del glucosio nella cellula, che l'avvio della
glicolisi sono due processi strettamente dipendenti dai valori
glicemici. Questo sistema risponde prontamente all'aumento della
glicemia post-prandiale con un rapido ingresso e successivo
immediato metabolismo del glucosio. A valori di glicemia più
bassi, come quelli tra un pasto e l'altro invece il sistema è più lento.
GLUT2 e la glucochinasi costituiscono il cosiddetto “glucose
sensor pair” e molto probabilmente costituiscono un sensore
cellulare universale della glicemia, essendo presenti anche nelle
cellule di fegato e ipotalamo.
L'ulteriore metabolismo del glucosio-6-fosfato attraverso la via
glicolitica genera ATP, aumentando il rapporto ATP/ADP. Nella beta
cellula l'ATP agisce come un secondo messaggero, andando ad
inibire l'attività di un canale del potassio ATP-dipendente. Questo
canale è un complesso costituito da due proteine separate ,una delle
quali, SUR1, è una proteina regolatrice e costituisce il recettore per
alcuni ipoglicemizzanti orali ( le sulfaniluree ); l' ATP si lega sulla
subunità regolatrice SUR1 e inibisce il flusso di ioni K+ verso
l’esterno
della
cellula.
Questo determina un aumento della [K+ ] nella cellula, ne causa la
depolarizzazione e l’attivazione di canali del calcio voltaggiodipendenti, determinando un afflusso di calcio nella cellula. Questi
canali si aprono quando il potenziale di membrana scende al di sotto
di
40
mV.
Il rapido aumento del calcio intracellulare stimola l’esocitosi
dell’insulina contenuta in granuli che costituiscono il pool di
pronto rilascio.
Secrezione bifasica dell’insulina
La risposta dell’insulina a una stimolazione
con il glucosio è di tipo bifasico, con un
picco precoce , che si esaurisce rapidamente
e un picco più tardivo, che si mantiene per
tutto il tempo della stimolazione.
La prima fase inizia entro un minuto dalla
somministrazione di glucosio , raggiunge un
picco entro 3-5 minuti e persiste per 10
minuti. La seconda diviene evidente dopo
circa 10 minuti e persiste per tutta la durata
dell’iperglicemia.
Il profilo secretorio dell’insulina è caratterizzato da una modalità di
rilascio
dell’ormone
di
tipo:
• pulsatile, in corrispondenza della genesi dei potenziali d’azione.
• bifasico: fase rapida: entro pochi minuti dalla somministrazione di
glucosio si osserva un primo rapido aumento dell’insulinemia,
dovuto all’esocitosi del pool di granuli di pronto rilascio; fase lenta,
più lunga, dovuta al rilascio dell’insulina proveniente dei granuli del
pool di riserva. La fase veloce consta del 5-10% dell’insulina
contenuta nella beta cellula, la fase lenta rappresenta il maggiore
rilascio.
•continuo: una secrezione basale di insulina è mantenuta durante
tutta la giornata, tanto che la metà della secrezione insulinica non è
associata ai pasti.
Cosa succede quando la glicemia scende al di sotto di 5 mmol/l?
Il trasporto di glucosio attraverso GLUT2 si riduce, rallenta l’attività
enzimatica della glucochinasi. Ne deriva una ridotta produzione di
ATP, cessa quindi l’effetto inibitorio sui canali del potassio ATPdipendenti, il potenziale di membrana ritorna ai valori di – 60 mV, i
canali del calcio voltaggio-dipendenti si chiudono e il rilascio di
insulina rallenta.
Glicina, Alanina e Arginina
L’entrata di questi tre aminoacidi nella cellula causa la depolarizzazione, l’ attivazione
dei canali del calcio voltaggio-dipendenti e l’esocitosi dei granuli contenenti insulina.
I canali del potassio ATP-dipendenti non sono coinvolti in questo processo.
Alanina e glicina entrano nella cellula mediante un simporto con il sodio; l’ingresso
degli
ioni
sodio
è
sufficiente
a
depolarizzare
la
cellula.
L’ arginina, che a pH fisologico è un catione, entra nella cellula mediante un
trasportatore specifico e depolarizza direttamente la cellula. L’ arginina è il più
potente insulino-secretore
Nel diabete, un ruolo chiave è svolto, ancora, dalla cellula alfa
pancreatica, che ha una funzione antitetica a quella beta e che
produce il glucagone. Il glucagone promuove il rilascio di
glucosio dal fegato nel periodo di digiuno, cioè a 3-4 ore dal
pasto, evitando le pericolose crisi ipoglicemiche. Il problema,
però, è che nel diabete, quando cioè la glicemia è elevata anche
a digiuno, il glucagone è sempre attivo e la neoglucogenesi
avviene perfino contro valori di glicemia elevate in circolo.
A livello delle cellule bersaglio il glucagone si lega a specifici
recettori di membrana e tale evento attiva l’enzima adenilato
ciclasi che a sua volta catalizza la reazione dell’ATP in AMP
ciclico e che a sua volta attiva delle protein chinasi dette AMP
ciclico dipendenti e dunque la fosforilazione di enzimi
intracellulari responsabili dell’effetto del glucagone. Nel
diabetico l’attività dell’alfa cellula è esagerata e non riconosce lo
stimolo inibitorio esercitato dall’elevata glicemia.
Il Recettore insulinico è espresso sulla membrana cellulare di
tutte o quasi, le cellule dei mammiferi, sia nei classici tessuti
target dell’ insulina, quali il fegato, il muscolo scheletrico ed il
tessuto adiposo, sia in altri tessuti come l’endotelio, cellule
ematiche, cervello, gonadi, ecc.
L’insulina esplica i suoi effetti ipoglicemizzanti inibendo la
Glicogenolisi e la gluconeogenesi epatica e aumentando
l’utilizzazione periferica del glucosio nei tessuti insulino-dipendenti
(muscolo scheletrico, cardiaco, tessuto adiposo)
Trasporto del glucosio: Una delle azioni primarie
dell’insulina è quella di stimolare il trasporto del
glucosio nel muscolo scheletrico, nel tessuto adiposo e
nel muscolo cardiaco (GLUT4).
Effetti metabolici:
Fegato
Tessuto adiposo
Tessuto muscolare
L’insulina è in grado attraverso meccanismi di
defosforilazione/fosforilazione, di regolare l’attivazione o
l’inibizione di enzimi coinvolti nelle diverse vie
metaboliche. L’insulina ATTIVA gli enzimi coinvolti nelle
vie anaboliche e INATTIVA quelli coinvolti nelle vie
cataboliche (fegato, tessuto adiposo, e muscolare). Regola
quindi il metabolismo dei carboidrati, dei lipidi e delle
proteine.
Azioni dell’insulina nel Fegato:
Il glucosio penetra nell’epatocita
Sintesi di Glicogeno
Riduzione della Gluconeogenesi
Incremento della Glicolisi
Inibizione della chetogenesi
Stimolazione della Liposintesi
Azioni dell’insulina nel tessuto Adiposo:
Il glucosio penetra nell’adipocita (insulino-sensibile)
Aumenta la captazione di glucosio
Formazione degli acidi grassi
Formazione di Trigliceridi
Trasformazione del piruvato in acetil-CoA
Scissione dei Trigliceridi (azione inibitoria)
Inibizione della Lipolisi ( riduzione della formazione dei substrati
necessari per la sintesi dei corpi chetonici a livello epatico.
Per inibire la lipolisi sono sufficienti scarse quantità di insulina
(rara presenza di corpi chetonici nei diabetici di tipo 2, frequente
chetonemia nei diabetici di tipo 1).
Azioni dell’insulina nel tessuto Muscolare:
Il glucosio penetra nel muscolo
Aumenta la captazione di glucosio
Sintesi di Glicogeno
Stimola la via glicolitica (piruvato convertito in acetil-CoA
permettendo ai prodotti del metabolismo dei carboidrati di entrare nel
ciclo di Krebs. In assenza di insulina l’acetil-CoA è prodotto attraverso
il metabolismo degli acidi grassi.
Favorisce la sintesi proteica
Metabolismo dell’Insulina: L’emivita plasmatica è di circa 10
minuti nel soggetto normale.
La degradazione avviene a livello epatico e renale.
Diabete Mellito
E’ un disordine del metabolismo dei carboidrati, dei lipidi
e delle proteine, caratterizzato dalla presenza di
iperglicemia dovuta a deficit della secrezione e/o
dell’azione dell’insulina.
CHE COSA E’ IL DIABETE?
• Il Diabete Mellito tipo 1 è una malattia cronica che colpisce
prevalentemente, ma non esclusivamente, soggetti in età
giovanile. E’ caratterizzata da iperglicemia e da carenza
insulinica dovuta a distruzione della cellula beta pancreatica.
Clinicamente è caratterizzato da poliuria, glicosuria, perdita di
peso ed evoluzione verso la chetoacidosi.
• Il Diabete Mellito di Tipo 2 è una sindrome cronica
prevalentemente dell’età adulta-anziana, spesso associata ad
obesità, caratterizzata da iperglicemia, da gradi diversi di
insulino-resistenza e da un deficit relativo beta cellulare con
una tendenza inferiore ad evolvere verso la chetoacidosi.
I dati ISTAT
I dati riportati nell’annuario statistico ISTAT 2010 indicano che è
diabetico il 4,9% degli italiani (5,2% delle donne e 4,5 % degli
uomini), pari a circa 2.960.000 persone.
La prevalenza del diabete aumenta con l’età fino a raggiungere il
19,8% nelle persone con età uguale o superiore ai 75 anni.
Per quanto riguarda la distribuzione geografica, la prevalenza è più
alta nel Sud e nelle Isole, con un valore del 5,6%, seguita dal Centro
con il 4,8% e dal Nord con il 4,4%.
La prevalenza risulta più alta nelle persone senza alcun
titolo di studio o con la sola licenza elementare (15%), e
in quelle con molte difficoltà economiche percepite (9%).
Un’analisi multivariata, che considera la presenza di tutte
le variabili sociodemografiche indicate, ha confermato
l’associazione significativa del diabete con l’età più
elevata, il basso livello di istruzione e la presenza di
molte difficoltà economiche
Dall'ossidazione del glucosio nel ciclo di Krebs, viene prodotta una sostanza l'ossalacetato - che si combina con l'acetil-CoA derivante dalla B-ossidazione degli
acidi grassi liberi; da tale unione origina il citrato, che subisce il ciclo di reazioni di
Krebs per un'ulteriore ossidazione fino ad anidride carbonica ed acqua. Se la
disponibilità di ossalacetato è bassa (ridotta disponibilità intracellulare di glucosio) a
fronte di elevate concentrazioni di acetil-CoA (spiccato catabolismo degli acidi
grassi), due moli di acetil-CoA si uniscono formando acetoacetil-CoA, precursore
dell'acetoacetato (un corpo chetonico), che a sua volta può originare 3-idrossibutirrato
e acetone (gli altri due corpi chetonici).
CLASSIFICAZIONE DEL DIABETE MELLITO
Classificazione
I.
II.
II.
Tipo 1A
Tipo 1B
Tipo 2
III.
III. Altre forme specifiche
IV.
Diabete Gestazionale
Caratteristiche
Immuno-mediato
Insulino deficiente, non autoimmune
Insulino resistenza  Deficit della
secrezione insulinica
Autoimmune dell’età adulta
Mitocondriale, Diabete a insorgenza precoce
del giovane, lipoatrofico, Insulino resistenza
tipo A, Endocrinopatie etc.
Intolleranza al glucosio con primo riscontro o
inizio durante la gravidanza
Esiste un ridotto gruppo di pazienti, generalmente di
origine africana o asiatica classificato come diabete di
tipo 1 e definiti idiopatici, nei quali la distruzione della
beta cellula non è apparentemente dovuta a fenomeni
autoimmuni ma che va incontro a chetoacidosi e richiede
terapia insulinica (tipo 1B)
Diabete bronzino. Denominazione corrente dell'emocromatosi,
per la caratteristica triade sintomatologica costituita da
pigmentazione cutanea grigio-brunastra, diabete mellito e cirrosi
epatica.
DIABETE INSIPIDO : Sindrome legata a lesioni del sistema diencefalo-ipofisario,
caratterizzata da una ridotta produzione di vasopressina od ormone antidiuretico. Si
distinguono due forme di d. insipido:
1) primario o idiopatico, non riconosce una causa responsabile della ridotta
produzione di ormone antidiuretico;
2) 2) secondario o acquisito, derivante da varie lesioni patologiche. In questo caso
l'eziologia è da riferirsi generalmente a tumori encefalici e ipofisari, meningite,
tubercolosi, traumi della base cranica. Non rare sono le forme iatrogene,
derivanti da ipofisectomia.
Mentre nella forma idiopatica i sintomi sono esclusivamente la poliuria e la
polidipsia, nelle forme secondarie sono presenti anche i sintomi della patologia
associata. A causa del mancato riassorbimento dell'acqua nel tratto distale dei tubuli
renali, si ha l'emissione di forti quantità di urina altamente diluita (15-29 l al giorno),
con conseguente disidratazione e sete intensa. La terapia consiste nella
somministrazione cronica di vasopressina.
Diabete di tipo 1:
è condizionato da fattori genetici, che conferiscono una predisposizione
a sviluppare la malattia, ma che, per provocarla, devono essere associati
a fattori esterni al soggetto, chiamati esogeni, e che sono stati visti
essere soprattutto alcuni tipi di infezioni virali. Il diabete di tipo 1 è una
malattia autoimmunitaria, cioè che comporta la distruzione delle cellule
del pancreas deputate alla produzione di insulina, da parte dello stesso
sistema immunitario del soggetto (quando normalmente questo non
dovrebbe succedere). Il processo distruttivo viene innescato da anticorpi
chiamati self, perché propri del soggetto, che si "ribellano" contro le
cellule del pancreas (cellule insulari o insulae), e che vengono definiti
anticorpi anti-insulae pancreatiche. Questo provoca un’ attivazione di
altre cellule del sistema immunitario, che distruggono le insulae
pancreatiche stesse. Lo sviluppo dell'autoimmunità è favorito
da un fattore scatenante, come può essere un'infezione virale.
ETIOPATOGENESI
L’INFLUENZA DI FATTORI GENETICI, AMBIENTALI
E IMMUNOLOGICI E’ DETERMINANTE NEL CAUSARE
LA MALATTIA DIABETICA DI TIPO 1.
La diagnosi:
Elevati valori glicemici basali o dopo carico orale di glucosio
In presenza di positività anticorpale (ICA, IAA, anticorpi anti GAD)
Consigliati:
Dosaggio del C-peptide
Chetonemia
Il dosaggio della HbA1c consente di valutare la durata dello scompenso
metabolico
Diabete di tipo 2:
I fattori genetici svolgono un ruolo ancora più importante che nel diabete di tipo
1. Non esiste alcuna relazione tra diabete di tipo 2 e disregolazione del sistema
immunitario. Si è visto che in questa malattia la prima alterazione riconoscibile è una
resistenza del tessuto muscolare all'azione dell'insulina, che comporta un'iperglicemia
e, di conseguenza, uno stimolo ad un'aumentata produzione di insulina (che
contrasta l'aumento dei livelli glicemici). Tuttavia, in questo tipo di diabete, la funzione
delle insulae pancreatiche non è normale e declina con il tempo. Questo declino inizia
circa 10 anni prima che venga diagnosticato il diabete, il che avviene quando la
funzione delle cellule è ridotta intorno al 30% del normale. A questo punto la
secrezione insulinica non può più compensare la resistenza a tale ormone e la malattia
metabolica diviene evidente. Perciò, nell'insorgenza del diabete di tipo 2, entrano
due ingredienti: la resistenza del tessuto muscolare all'insulina, che si trova ad
essere iperstimolata, ed il declino con il tempo della funzione delle
cellule pancreatiche. Hanno grande rilievo anche l'aumento di peso corporeo, che
comporta un'aumentata sintesi di trigliceridi, che si accumulano nelle cellule
pancreatiche e determinano una loro diminuita funzione. Al contrario, la perdita di peso
ostacola questo processo. Così pure l'esercizio fisico ostacola l'insorgenza del diabete
di tipo 2. Infine, è dimostrato che l'invecchiamento contribuisce a rendere manifesto il
difetto genetico che è alla base del diabete di tipo 2.
Il diabete di tipo 2 è la malattia endocrina più frequente e una
delle maggiori cause di morbilità nelle popolazioni occidentali.
In Italia quasi 3 milioni di persone sono affette da diabete di tipo 2.
Nel mondo:
Valori minimi: indigeni della Nuova Guinea
Valori massimi: Indiani Pima in USA.
Si stima che il numero di persone affette da diabete di tipo 2 nel
mondo (attualmente150 milioni), diventerà di 300 milioni entro
l’anno 2025.
ETIOPATOGENESI
Il diabete di tipo 2 è una patologia eterogenea alla quale contribuiscono
in rapporto variabile fattori genetici ed ambientali.
Fattori genetici
Elevata concordanza di comparsa della malattia
nei gemelli identici o
nei consanguinei.
Fattori ambientali Stile di vita: ridotta attività fisica, aumento
introito calorico, eccesso ponderale
ASSOCIAZIONE Diabete di tipo 2 e obesità)
Sia per cause genetiche, sia per cause ambientali, sia per il progressivo
impatto negativo sulla β-cellula di un controllo metabolico alterato, la
funzione beta cellulare progressivamente viene meno. Al ridursi della
secrezione insulinica segue prima una fase di ridotta tolleranza ai
carboidrati e quindi la comparsa di iperglicemia a digiuno. E’ stato
dimostrato che in un elevato numero di pazienti la funzione beta
cellulare continua a deteriorarsi nel tempo fino al punto in cui il
controllo metabolico ottimale non sarà possibile se non attraverso il
ricorso alla terapia insulinica.
Diagnosi: riscontro di iperglicemia
Per una diagnosi precoce: prova da carico orale di glucosio,
dosaggio della HbA1c, corpi chetonici e C peptide.
Diabete secondario: in particolare, nelle forme con
alterazioni endocrine l'iperglicemia è dipendente dalla
eccessiva produzione di ormoni ad attività
concontroinsulare: cortisolo (o corticosteroidi di altro tipo
somministrati a fini terapeutici), GH, ormoni tiroidei,
adrenalina.
CRITERI PER LA DIAGNOSI DI DIABETE
1
Sintomi classici quali poliuria, polidipsia, chetonuria e rapida perdita
di peso associati ad elevate concentrazioni ematiche di glucosio (valori
ematici di glucosio post-prandiale o casuale a  200 mg/dL)
2
Concentrazioni ematiche di glucosio a digiuno  a 126 mg/dL
3
Concentrazioni di glucosio  a 200mg/dL dopo test di stimolo con
glucosio
Uno o più criteri diagnostici sopra riportati devono essere confermati nei
giorni successivi
ALTERATA TOLLERANZA AL GLUCOSIO
Valori di glucosio a digiuno  a 110(100) mg/dL e  a 126 mg/dL
Valori a due ore dopo carico orale di glucosio  a 140 mg/dL e  a 199 mg/dL
Glicemia a digiuno
Prova di tolleranza al carico orale di glucosio
75 g di glucosio (adulto) in 300/400 ml di acqua in 5 minuti
Dopo 2h:
Normale se la glicemia <140mg/dl
Ridotta tolleranza glicidica se la glicemia è compresa tra 140 e
200mg/dl
Diabete conclamato con glicemia >200mg/dl
GLICOSURIA: 180 mg /dl è la soglia renale
Marcatori immunologici: autoanticorpi, ICA, IAA, GAD
(antidecarbossilasi dell’acido glutammico), presenza di elevati
titoli anticorpali indica il diabete di tipo 1.
• Emoglobina glicosilata HbA1c: è un’indagine di primo
livello per la valutazione dello stato glicemico durante i 23 mesi precedenti l’esecuzione dell’esame.
Normali: 4-6%
Il glucosio penetra nel globulo rosso in maniera
direttamente proporzionale alla glicemia e quindi il
dosaggio dell’emoglobina glicosilata è un indice dello stato
glicemico x tutta la durata della vita del globulo rosso, cioè
i 120 giorni precedenti l’esame.
Il glucosio all’interno del globulo rosso si lega
all’emoglobina .
La determinazione dell’emoglobina glicata (HbA1c) rappresenta,
da almeno un ventennio ormai, il marker per la valutazione e il
monitoraggio del controllo glicemico a medio e lungo-termine
(2-3 mesi) del soggetto con diabete mellito. Il valore di HbA1c che
configura l’indicatore più appropriato per giudicare l’andamento del
controllo glico-metabolico, costituisce la variabile principale sulla
quale si basa il giudizio del trattamento.
L’attuale uso dell’HbA1c è, come a tutti ben noto, il risultato delle
indicazioni emerse dall’analisi di un ampio numero di studi clinici
randomizzati, i più significativi dei quali sono il Diabetes Control
and Complication Trial (DCCT) e l’UK Prospective Diabetes Study
(UKPDS) che hanno provato una stretta correlazione tra entità del
controllo glicemico, valutato mediante l’HbA1c appunto, e il rischio
di comparsa e progressione delle peculiari complicanze del diabete
mellito
DIABETE GESTAZIONALE
Almeno due delle seguenti concentrazioni di glucosio o a digiuno
o dopo carico orale di glucosio di:
100 g
75 g
A digiuno  a 95 mg/dL (5.3 mmol/L)
95 mg/dL (5.3 mmol/L)
1° ora  a 180 mg/dL (10.0 mmol/L)
180 mg/dL (10.0 mmol/L)
2° ora  a 155 mg/dL (8.6 mmol/L)
155 mg/dL (8.6mmol/L)
3° ora  a 140 mg/dL (7.8 mmol/L)
DIABETE DI TIPO 2
• Contribuiscono all’insorgenza di questa patologia
fattori ambientali e genetici.
• E’ una malattia poligenica e diversi geni candidati
potrebbero contribuire al determinismo della malattia
in maniera diversa in diversi individui.
Lo stile di vita con ridotta attività fisica e maggiore
introito calorico con conseguente eccesso ponderale,
è considerato un fattore predisponente per lo sviluppo
della malattia diabetica
ASSOCIAZIONE DI DIABETE E OBESITA’
Il tessuto adiposo rappresenta un vero e proprio organo
endocrino con la capacità di interferire con il metabolismo
glucidico, con la sensibilità all’insulina e con la secrezione
insulinica.
Con l’accumulo di trigliceridi negli adipociti (viscerali), si ha
un aumentato rilascio di citochine infiammatorie quali il
TNFalpha in grado di diminuire la risposta tissutale
all’insulina, determinando quindi insulino-resistenza.
Un’alterazione dell’attività endocrina del tessuto adiposo è
un fattore importante patogenetico dell’insulino-resistenza e
del diabete di tipo 2.
Forme secondarie di diabete mellito
Endocrinopatie
Acromegalia
Malattia di Cushing
Glucagonoma
Feocromocitoma
Ipertiroidismo
Sindrome carcinoide
Malattie Pancreatiche
Malattie Genetiche
Pancreasectomia
Pancreatite  acuta e/o cronica
Emocromatosi
Acuta intermittente porfiria
Sindrome di Alstrom
Fibrosi Cistica
Sindrome di Klinefelter
•
NELL’UOMO (aumento dell’incidenza)
• Geni associati del MHC a DR3-e DR4 (DQA1*0501,DQB1*0201;
DQA1*0301, DQB1*0302)
• Altri alleli DQ ad alto rischio: DQA1*0401, DQB1*0402, DQB1*0502,
DQA1*0102, DQB1*0502 e 501
• Alleli protettivi DQA1*0102, DQB1*0602; DQRB1*1401, DQB1*0403,
DQA1*0201
• Polimorfismo del gene regolatore dell’insulina
• Proposti altri dieci loci genetici, fra questi è da ricordare il CTLA-Ig
FISIOPATOLOGIA DEL DIABETE DI TIPO II
Fattori genetici
Ridotta Secrezione
Insulinica
Insulino-Resistenza
± Ambiente
± Ambiente
IGT
IGT
Diabete di Tipo II
DIABETE DI TIPO 2
Fisiopatologia del Diabete Mellito
Tessuti periferici
muscolo scheletrico
Difetti recettoriali e
post-recettoriali
Insulino
resistenza
Glucosio
Fegato
Aumentata
produzione di acidi
grassi liberi (FFA)
Incrementata
produzione di glucosio
Pancreas
Difetto della
secrezione insulinica
Tessuto
Adiposo
RECETTORE
INSULINICO/IGF-1
GLUCOSIO
PTEN
SHIP2
PI(3)K
Mek
AKT aPKC SGKs
TRASPORTO
GLUCOSIO
MAP chinasi
p70rsk PP1
GSK3
Metabolismo del glucosio
Sintesi di glicogeno/lipidi/proteine
Espressione di geni specifici
Differenziazione
e crescita cellulare
Aumento della
espressione genica
RECETTORE
INSULINICO
AMMINOACIDI
GLUCOSIO
FFA
AMMINOACIDI
GLUCOSIO
PROTEINE
FFA
TRIGLICERIDI
GLICOGENO
GLICOLISI/OSSIDAZIONE
MUTAZIONI PRINCIPALI NELL’UOMO
Nome del Gene
Prodotto Genico
Fenotipo della malattia
•Ins (Bennet et al)
•IR (Taylor et al)
•IRS-1 (Burks et al)
Insulina
Recettore Insulinico
Substrato del recettore
insulinico-1
Substrato del recettore
insulinico-2
Fattore di differenziazione
neurogenica-1
Peroxisome proliferator
activated receptor-g
acanthosis nigricans
Lamina A/C nucleare
Insulino-resistenza, iperproinsulinemia
Insulino-resistenza
Diabete di Tipo II
Alto rischio DR3-DR4
Moderato rischio DR1,
DR8,DR9,DR10
Gene dell’insulina
Aumento del rischio per l’insorgenza
di Diabete Tipo I
(Federici et al)
•IRS-2
(Mammarella et al)
•NEUROD
(Malecki et al)
•PPARG
(Yen et al)
•LMNA
Diabete di Tipo II
Diabete di Tipo II
Resistenza insulinica
Insulino-resistenza,
(Kobberling et al)
•Chr 6 MHC
(Julier et al)
•IDDM2
(Bell et al)
Aumento del rischio per l’insorgenza
di Diabete Tipo I
MODY: MUTAZIONI GENETICHE E FENOTIPI
Tipi di MODY
Gene
Caratteristiche cliniche
•MODY 1
HNF-4a
Diabete; complicazioni microvascolari, riduzione delle
concentrazioni vascolari di trigliceridi, apolipoproteine A II
e CIII e lipoproteina Lp(a)
•MODY 2
Glucochinasi
Aumento delle concentrazioni di glucosio a digiuno, alterata
tolleranza al glucosio, diabete, normale rapporto proinsulina/
insulina
•MODY 3
HNF-1a
Diabete, complicazioni microvascolari, glicosuria renale,
aumento della sensibilità alle Sulfaniluree incrementato
rapporto proinsulina/insulina
•MODY 4
IPF-1
Diabete
•MODY 5
HNF-1b
Diabete; cisti renali e altre anormalità nello sviluppo renale;
insufficienza renale cronica, anormalità congenite del tratto
genitale femminile
•MODY 6
NeuroD1
BETA2
Diabete
Il Maturity onset diabetes of the young, (MODY) è una forma monogenica di diabete
mellito dovuto a difetti genetici delle cellule beta.
Il MODY è un modello di ridotta secrezione insulinica; la sua frequenza è maggiore
nell'infanzia e nell'adolescenza. MODY è causato dal cambiamento di un singolo gene e sei
sono i geni identificati. La mutazione o cambiamento di uno di questi 6 geni differenti
conducono a diversi tipi di MODY. I geni che causano le varie forme di MODY sono:
mutazione del gene che codifica per la glucochinasi che provoca una forma lieve di diabete, la
quale non necessita dell'uso dei farmaci (MODY 2). La glucochinasi è presente in maggiori
concentrazioni nelle cellule beta del pancreas e nel fegato, catalizza il trasferimento di un
gruppo fosfato dall'ATP al glucosio generando glucosio-6-fosfato. Questa reazione è il primo
punto di stop nel metabolismo del glucosio (glicolisi). In definitiva la glucochinasi funziona
come un sensore di glucosio nelle cellule beta del pancreas. Gli altri 5 geni codificano per
fattori di trascrizione e sono situati nel nucleo della cellula beta e regolano la trascrizione del
gene dell'insulina e dei geni che codificano per gli enzimi coinvolti nel trasporto e nel
metabolismo del glucosio.
mutazione del fattore nucleare epatocitico alfa 4 (MODY 1);
mutazione del fattore nucleare epatocitico alfa 1 (MODY 3);
mutazione del fattore nucleare epatocitico beta (MODY 5);
mutazione del fattore 1 promotore insulinico (MODY 4);
mutazione del fattore di trascrizione nucleare neuro D1 o beta 2 (MODY 6).
I MODY 5-6 sono le forme più gravi.
Metabolic Staging of
Type 2 Diabetes
Peripheral
insulin
resistance
Hyperinsulinemia
Impaired
glucose
tolerance
Defective glucorecognition
Early diabetes
b-cell failure
Late diabetes
Saltiel AR, Olefsky JM. Diabetes. 1996;45:1661-1669.
Curva glicemica: test di tolleranza a carico orale di glucosio
Il test di tolleranza a carico orale di
glucosio (OGTT Oral Glucose
Tolerance Test) viene utilizzato per
porre diagnosi di diabete mellito in
presenza di valori glicemici dubbi a
digiuno. Ricordiamo, a tal proposito,
che l'ADA (American Diabetes
Association) ha stabilito il valore di
126 mg/dl come soglia limite oltre la
quale (a digiuno) si definisce il
diabete; quando i valori glicemici si
attestano tra i 100 (American
Diabetes
Association)
110
(Organizzazione
mondiale
della
sanità) ed i 126 mg/dl si parla invece
di alterata glicemia a digiuno.
somministrazione di 75 grammi di glucosio in 250-300 mL di
acqua, entro un arco di tempo che va dai 30 secondi ai 5 minuti
(nel bambino, o nel paziente di peso inferiore ai 43 kg, la dose di
glucosio sarà pari a 1,75 g per Kg di peso);
prelievi ematici prima e due ore dopo l'assunzione, oppure prima
e dopo 30', 60', 90' e 120';
nei tre giorni che precedono l'esame il paziente deve assumere
almeno 150 grammi di carboidrati al giorno e sospendere
l'assunzione di farmaci che possono intervenire con il
metabolismo
glucidico;
al momento dell'esame, che viene generalmente eseguito al
mattino, il paziente dev'essere a digiuno da 8-14 ore (l'acqua è
consentita, ma non gli alcolici o le bevande zuccherate); non si
procede se il valore di glicemia a digiuno è > 126 mg/dl.
Possono interferire con i risultati del test la presenza di
malattie quali ipertiroidismo, ipercorticosurrenalismo,
acromegalia,
sindrome
da
malassorbimento
e
gastroenteropatie.
Livelli
Normale
glicemici
Plasma venoso Digiuno 120'
(mg/dl)
<110
<140
(mmol/l)
<6.1
<7.8
Alterata glicemia a
digiuno (IFG)
Digiuno
120'
> 110 - <126 <140
> 6.1 - <7.0 <7.8
Alterata tolleranza
al glucosio (IGT)
Digiuno 120'
<126
>140 < 200
<7.0
>7.8
Diabete mellito
(DM)
Digiuno 120'
>126
>200
>7.0
>11.1
Il riscontro di glicemia superiore a 200 mg/dL dopo due ore
da carico di glucosio indica (se confermato una seconda volta)
la presenza di diabete mellito anche se la glicemia a digiuno è
inferiore a 126 mg/dL.
L'alterata tolleranza al glucosio è una condizione da
monitorare costantemente, sia per la possibile evoluzione a
diabete mellito, sia per il maggior rischio cardiovascolare
rispetto alle persone normoglicemiche. Discorso analogo in
presenza di alterata glicemia a digiuno.
Visceral Fat Distribution:
Normal vs Type 2 Diabetes
Normal
Type 2 Diabetes
Complicanze croniche: Patologie a carico degli apparati
CARDIOVASCOLARE (aterosclerosi)
VISIVO (retinopatia diabetica, cataratta)
URINARIO (nefropatia)
Sistema NERVOSO (neuropatia)
Gastrointestinale e genitourinario
PIEDE DIABETICO
INFEZIONI
CUTE
L’iperglicemia è la causa principale di queste complicanze
Quanto migliore è il controllo della glicemia, tanto minore sarà il
rischio di comparsa di complicanze croniche
Complicanze croniche:
Esse si dividono in : complicanze da macroangiopatia
che coinvolge i grossi vasi (aterosclerosi coronarica,
carotidea e dei vasi periferici) e da microangiopatia
che coinvolge i piccoli vasi (retinopatia, nefropatia e
neuropatia)
Macroangiopatia diabetica
E’ la tendenza a sviluppare
aterosclerosi più precocemente e più intensamente di
quanto non si verifichi nella media della popolazione.
Una possibile spiegazione di questo fatto può essere
trovata nel processo di glicazione delle lipoproteine (LDL).
L’iperglicemia inibisce la replicazione delle cellule
endoteliali e favorisce la penetrazione di sostanze
aterogeniche negli strati sottoendoteliali
La complicanza cardiovascolare costituisce la più frequente causa di
morte nei diabetici di tipo 2 e la seconda nel dabetico di tipo 1.
Il rischio di infarto miocardico è da 3 a 5 volte maggiore nei diabetici.
Altri fattori di rischio sono:
Ipertensione
Obesità ( associata al diabete di tipo 2 e correlata con fattori di
rischio quali diminuzione dell’esercizio fisico, iperlipidemia,
ipertensione e insulino resistenza)
Dislipidemia ( aumento delle LDL, VLDL e diminuzione delle HDL)
La malattia cardiovascolare (CVD o cardiovascular disease)
costituisce la maggiore causa di morbilità e mortalità associata
al diabete. Numerose evidenze scientifiche dimostrano che i
prodotti avanzati della glicazione (AGEs o advanced glycation
endproducts) hanno un ruolo cruciale nel processo di
aterosclerosi, in particolare nel diabete.
Nei pazienti diabetici la glicazione delle proteine tissutali (indotta dalla
reazione di queste con zuccheri esosi ridotti) determina una loro
alterazione strutturale e funzionale, precipitando lo sviluppo delle
complicanze diabetiche.
Il processo di glicazione determina la formazione, reversibile, di prodotti
precoci della glicosilazione, detti basi di Shiff e prodotti di Amadori
(esempio HbA1c). Nel tempo questi prodotti precoci subiscono lenti e
complessi riarrangiamenti che determinano la formazione di prodotti
avanzati della glicazione (AGEs).
Gli AGEs giocano un importante ruolo nello sviluppo e nella
progressione della malattia cardiovascolare nelle persone con diabete.
Nei pazienti con DM tipo 2 e malattia coronarica (CHD o coronary heart
desease), i livelli sierici degli AGEs sono aumentati rispetto ai
pazienti diabetici senza CHD, e correlano con la gravità della CHD.
Anche dopo correzione per altri fattori di rischio cardiovascolare, resta
l’associazione tra livelli sierici di AGE e CHD. Depositi di AGE sono
stati dimostrati nelle placche aterosclerotiche.
Microangiopatia diabetica
E’ un’ alterazione dei vasi capillari che produce le sue più
importanti conseguenze a carico del rene (glomerulopatia
diabetica), della retina (retinopatia diabetica) e del sistema
nervoso periferico (neuropatia diabetica) ed autonomo. La
causa di queste alterazioni non è completamente nota. Una
possibile spiegazione è che anch'essa dipenda da glicazione di
proteine essenziali per l'integrità dei capillari. È tanto più grave e
più precoce quanto meno perfetto è il controllo metabolico del
diabete.
Retinopatia diabetica
Si verifica, con il tempo, in circa l'85% dei pazienti e, pur
limitandosi per lo più a provocare difetti parziali della visione,
può condurre in una percentuale significativa dei casi a perdita
completa della capacità visiva, costituendo una delle più comuni
cause di cecità tra i soggetti tra i 45 e i 65 anni di età. Le varie
tappe della retinopatia diabetica
possono essere seguite molto bene con un esame chiamato
oftalmoscopia. Può essere semplice, caratterizzata dalla
formazioni di piccoli aneurismi (dilatazioni) dei capillari che
nutrono la retina, e che si possono rompere provocando delle
emorragie retiniche, oppure proliferativa, in cui, alla semplice, si
aggiunge anche una nuova formazione di capillari in maniera
totalmente anarchica, che facilmente si rompono residuando
cicatrici. Il trattamento della retinopatia diabetica ha conseguito
notevoli progressi grazie alla fotocoagulazione laser dei vasi
neoformati.
Neuropatia diabetica
Un ruolo lo ha la glicazione di proteine dei nervi. Può interessare il
sistema nervoso periferico con distribuzione ad un solo nervo
(mononeuropatia), o più spesso a molti nervi (polineuropatia). I
disturbi sono più spesso della
sensibilità e si manifestano clinicamente con formicolii o dolori
con crampi notturni, od anche con disordini della postura e
dell'andatura. In conseguenza di questi ultimi disturbi si possono
anche avere lesioni delle articolazioni. La neuropatia diabetica
colpisce facilmente anche il sistema nervoso vegetativo (autonomo,
senza il controllo della volontà) e si manifesta principalmente a
carico del sistema cardiovascolare (tachicardia, bassa pressione),
gastrointestinale (problemi gastrici e difetti di motilità intestinale
che favoriscono la crescita di batteri ed il malassorbimento dei
nutrienti).
Ulcera diabetica (Piede diabetico)
Un problema particolare, che
deriva dalla coesistenza della neuropatia e della macroangiopatia
è la facilità con la quale i diabetici
sviluppano agli arti inferiori ulcere che cicatrizzano con
difficoltà. L'evento iniziale è dovuto ad un traumatismo (spesso
provocato dallo sfregamento di una scarpa non completamente
adatta) che non è percepito a causa delle lesioni sensitive. La
coesistenza di scarsa ossigenazione del tessuto a causa della
macroangiopatia, e la facilità a presentare infezioni sovrapposte,
favorisce l'ulcerazione e rende problematica la sua
cicatrizzazione. Per questo motivo le calzature dei diabetici vanno
curate in modo
particolare, gli eventuali calli debbono essere attentamente
controllati (spesso il callo è il primo segno del traumatismo) e va
raccomandata l'igiene più scrupolosa.
La neuropatia sensitiva è responsabile della progressiva riduzione
della sensibilità tattile e di quella del dolore e termica.
Ciò comporta il mancato riconoscimento di condizioni potenzialmente
patogene.
La neuropatia motoria determina invece la progressiva perdita del tono
muscolare con atrofia della muscolatura del piede e deformazione del pied
con comparsa di dita a martello o ad artiglio.
Trattamento:
1. Plantari
2. Gambaletto gessato
3. Scarpe da ginnastica
4. Rimozione dei calli
5. Aspirina
6. Antibiotici
Un accurato controllo glicemico riduce la frequenza
delle complicanze croniche del diabete.
Una riduzione dell’emoglobina glicosilata (HbA1c) si associa ad una
riduzione delle complicanze diabetiche
Parametri di buon controllo glicemico:
1. Glicemia a digiuno: 80-120
2. Glicemia prima di coricarsi: 100-140
3. HbA1c <7
Rischio Relativo di Retinopatia Diabetica
Diabetes Control and Complication Trial (DCCT)
Malattia Cardiaca e Ictus nei pazienti
diabetici
–
Evidenze di CHD in 7.5%-20% di pazienti diabetici
con una età > a 45 anni
–
55% dei decessi nei pazienti diabetici sono causate da malattia
cardiaca
–
L’Ictus si manifesta con una frequenza maggiore di 2- 4 nei
pazienti diabetici
Complicanze Renali in Pazienti Diabetici
– Nefropatia diabetica: proteinuria persistente (escrezione totale
>500 mg/die), risulta in patologia renale cronica
• 25%-50% di tutti i casi diabetici
• mortalità da qualsiasi causa : superiore di 20-40 volte rispetto a pazienti non
affetti da insufficienza renale
– Progressione della microalbuminuria (secrezione proteica
superiore a 30–300 mg/die)
• rischio superiore di nefropatia diabetica di 20-30 volte rispetto a pz
normoalbuminurico
La proteinuria è il principale fattore patogenico responsabile della
progressione della nefropatia. Fisiologicamente, l'albumina e le
piccole proteine filtrate dal glomerulo vengono ricaptate
immediatamente dalle cellule del tubulo prossimale. Nella nefropatia
diabetica si ha un aumento della filtrazione proteica che comincia
con una proteinuria selettiva per poi terminare in una
proteinuria non selettiva. Lo stress subito dal tubulo (che cerca di
compensare
riassorbendo
le
proteine)
porta
ad
una fibrosi interstiziale (dovuta alla cascata citochinica) e
all'insufficienza renale cronica. Una proteinuria elevata indica uno
stato molto grave di malattia e rappresenta anche un notevole fattore
di rischio per le malattie cardiovascolari. L'albuminuria deve essere
sempre valutata in base alla diluizione (valutata tramite
la creatinina urinaria) o mediante la raccolta nelle 24 ore.
Quanto migliore è il controllo della glicemia, tanto
minore o quantomeno più ritardato è il rischio di
comparsa di complicanze croniche
TERAPIA DEL DIABETE
In comune per entrambi i tipi di Diabete
Dieta
Esercizio fisico
Diabete di tipo 1
Diabete di tipo 2
Insulina
Inibitori dell’alpha-Glucosidasi
Metformina
Tiazolidinedioni
Sulfoniluree-Glinidi
Insulina
TERAPIA DIETETICA
Nel Diabete di tipo 1 una corretta alimentazione aiuta a
limitare le escursioni glicemiche giornaliere, naturalmente
associata ad una adeguata terapia insulinica.
Nel Diabete di tipo 2, poiché la maggior parte dei pazienti è in
sovrappeso, l’obiettivo è la riduzione del peso.
TERAPIA DIETETICA
•
Carboidrati 55-60%. Cereali e amidi che hanno basso indice glicemico.
•
Acidi grassi < 27 %
•
Proteine 10-20%
•
Percentuale di grassi saturi non deve essere superiore al 17%
•
L’assunzione di Colesterolo non deve superare i 200-300 mg/die
(indice glicemico: aumento della glicemia dopo l’ingestione della sostanza,
Paragonato all’aumento dopo l’assunzione di una sostanza di rif, pane bianco)
•
I grassi omega 3 presenti nel pesce hanno un effetto positivo
poiché inibiscono l’aggregazione piastrinica e diminuiscono
il contenuto dei trigliceridi
•
L’assunzione di fibre deve essere fra i 20 e i 35 g/die
•
•
•
Limitazione dell’apporto di carboidrati semplici
(monosaccaridi e polisaccaridi) ed incremento calorico dei
carboidrati complessi
Indice glicemico
La dieta dovrebbe essere condotta con 20%, 20-25%,
30-35% delle calorie totali richieste rispettivamente a
colazione, a pranzo e a cena con un ulteriore 20-30% di
calorie prese in due o tre merende
Nell’insufficienza renale l’apporto di proteine deve
essere ridotto a 0.6g/kg
Formula per Calcolare le Calorie Richieste
Giornalmente per una persona
• 25 cal
x
sedentario
peso ideale (KG) stile di vita
• 25 + 10/20 cal
attività fisica
x
peso ideale (KG) con
IL FUMO AUMENTA IL RISCHIO DI MORTALITA’
CARDIOVASCOLARE
I fumatori presentano un aumento del rischio di ammalarsi
di diabete di tipo 2 pari al 44% rispetto ai non fumatori e il
rischio aumenta ancora di più se sale anche il numero di sigarette
fumate.
OBIETTIVO: SMETTERE DI FUMARE
Gli effetti deleteri della nicotina sono ben conosciuti dalla
maggior parte delle persone (è ormai riconosciuto che il
consumo di tabacco si associa ad una aumentata incidenza di
tumori polmonari ed è una delle maggiori cause di malattie
cardiovascolari come angina, infarto miocardico, ictus,
arteriopatia agli arti inferiori). Ma non tutti i diabetici sanno
che per loro il rischio di sviluppare tali condizioni è tre-quattro
volte maggiore in quanto vengono a sommarsi ad altri fattori di
rischio.
Il diabete e l'arteriosclerosi condividono molti fattori patogenici
in quanto l'iperglicemia di per sè induce molte alterazioni che
determinano lo sviluppo di lesioni ai vasi sanguigni.
Esercizio fisico
• Un’attività non intensa ma moderata (Vo2max del 5060% o < 6.0 MET (Metabolic Equivalents)) per tre
cinque volte a settimana è associato ad un
miglioramento della sensibilità insulinica.
• L’effetto dell’esercizio fisico è transitorio.
• L’ esercizio aumenta il rapporto tra tessuto magro,
ovvero, muscolare, e tessuto adiposo migliorando
l’utilizzazione dell’insulina e riducendo i livelli
glicemici.
• Migliora l’efficienza del sistema cardiocircolatorio
Riposo: il muscolo utilizza acidi grassi liberi (FFA) provenienti dal
tessuto adiposo
Esercizio moderato: il muscolo passa ad utilizzare sia FFA che
glucosio e glicogeno.
All’inizio il glucosio deriva soprattutto dai depositi di glicogeno del
muscolo in azione. Poi, divengono rilevanti il glucosio circolante e
gli FFA, dato che i depositi di glicogeno nel muscolo in azione
gradualmente si riducono.
Esercizi prolungati: il glucosio di origine epatica non riesce a
controbilanciare il consumo periferico, intervengono allora gli FFA,
originati dalla lipolisi, provvedendo alla maggior parte del
substrato energetico.
Durante esercizio fisico, la regolazione dei substrati energetici e il
Mantenimento dell’omeostasi glicemica sono attuati dall’azione
combinata di insulina e ormoni controinsulari: glucagone,
catecolamine, cortisolo e GH.
La secrezione endogena di insulina è ridotta durante l’esercizio,
mentre si elevano i livelli circolanti di glucagone, catecolamine,
cortisolo e ormone somatotropo, in base al carico di lavoro, alla
durata dell’esercizio e al grado di allenamento.
Durante l’attività fisica, il tessuto muscolare diviene più sensibile
all’azione dell’insulina attraverso il seguente meccanismo:
1) Incremento del numero dei recettori per l’insulina
2) Una maggiore sensibilità dei recettori per l’insulina
3) Amplificazione dei meccanismi che determinano il trasporto de
glucosio all’interno della cellula.
Attività fisica in persone affette
da DM1
Nel bambino e adolescente affetti da diabete mellito di tipo 1,
la carenza insulinica è compensata dalla somministrazione
sottocutanea dell’ormone, che tuttavia non ripristina
perfettamente i livelli d’insulina come accade nel soggetto
sano.
Pertanto in circolo possono essere presenti difetti o eccessi di
insulina.
Di conseguenza durante l’attività fisica, che richiede una
complessa regolazione energetica e ormonale, l’omeostasi
glicemica si modificherà in modo differente a seconda
dello stato di insulinizzazione del paziente.
Se durante l’esercizio fisico il paziente è in
condizione di grave carenza insulinica
Mancando le minime concentrazioni permissive dell’ormone,
si assiste a una esaltata fuoriuscita di glucosio epatico
senza un’adeguata utilizzazione del glucosio da parte del
muscolo con conseguente IPERGLICEMIA.
Incrementano il glucagone , le catecolamine e il cortisolo, i
quali determinano una massiva produzione epatica di
glucosio, lipolisi e chetogenesi.
Se invece il paziente è iperinsulinizzato
In questo caso l’esercizio fisico viene praticato in presenza di
concentrazioni insulinemiche inappropriatamente elevate,
senza il fisiologico decremento indotto dall’attività
muscolare.
L’eccessiva insulina impedisce un adeguato incremento della
produzione epatica di glucosio, ne favorisce però
un’aumentata utilizzazione muscolare che è accentuata
dall’aumentata sensibilità all’insulina indotta
dall’esercizio stesso. Ne consegue IPOGLICEMIA.
Il mantenimento dell’omeostasi glicemica durante esercizio
fisico è un traguardo non facile da raggiungere in presenza
di DM1. Si ottiene solo quando l’attività muscolare viene
effettuata in momenti della giornata in cui grazie alla
farmacocinetica dell’insulina iniettata le concentrazioni
insulinemiche sono basse, meglio ancora se in decremento,
simulando la fisiologica riduzione insulino-secretiva del
soggetto normale.
Un costante e abituale esercizio fisico, di almeno 3-4 volte
alla settimana migliora l’efficacia dell’insulina nel paziente
con DM1.
Adeguatamente istruiti i ragazzi con DM1 possono affrontare
l’attività sportiva che, se ben programmata, permette loro di
raggiungere risultati sovrapponibili a quelli dei coetanei non
diabetici.
La massima potenza aerobica è equivalente alla massima quantità
di ossigeno che può essere utilizzata nell'unità di tempo da un
individuo, nel corso di una attività fisica coinvolgente grandi gruppi
muscolari, di intensita' progressivamente crescente e protratta fino
all'esaurimento.
Viene in genere espressa come Vo2Max : il massimo volume di
ossigeno consumato per minuto
Il VO2 max è una caratteristica genetica
Con l'allenamento il suo valore può essere incrementato dal 10%
al 25%
Massimo consumo di ossigeno = Frequenza cardiaca x Gittata
sistolica x differenza artero-venosa di ossigeno
VO2 max = FC x Gs x (Δa-v)
Correlazione tra VO2 e FC
%VO2max
%FCmax
Substrato energetico principalmente
utilizzato
Finalità dell'allenamento
35
50
lipidi
dimagrimento
48
60
lipidi
dimagrimento
60
70
glucidi lipidi
potenza aerobica
73
80
glucidi
massima potenza aerobica
86
90
glucidi
potenza anaerobica lattacida
100
100
creatina fosfato
potenza anaerobica alattacida
L'attività fisica, è fondamentale non solo per la prevenzione del
diabete, ma anche quando la malattia è già presente, poiché
produce molti benefici effetti come il miglioramento della
circolazione e la diminuzione del peso. Una adeguata attività
fisica a volte consente persino di ridurre il dosaggio dei
farmaci ipoglicemizzanti. L’esercizio migliora l’utilizzazione
dell’ insulina a livello periferico e riduce quindi la resistenza
insulinica.
Per un diabetico che comincia a praticare una attività sportiva il
primo problema da affrontare con l'aiuto del diabetologo è perciò
quello di monitorare con maggiore attenzione la glicemia e
valutare eventualmente la necessità di un aggiustamento
terapeutico (quantità di insulina iniettata, orario dell'iniezione,
quantità di carboidrati assunti con l'alimentazione) in quanto
l'attività fisica a seconda del tipo, della durata, dell'intensità è
in grado di modificare l'equilibrio insulinico.
Nelle ore successive all'attività fisica c'è una aumentata
sensibilità all'insulina.
Inoltre il calore prodotto dal movimento può favorire un assorbimento più
veloce dell'insulina depositata nei tessuti: per un certo lasso di tempo,
prima e dopo la pratica sportiva, è bene perciò evitare di iniettare l'insulina
nelle zone direttamente coinvolte dallo sforzo muscolare
I pazienti diabetici dovranno dare la preferenza a sport di
tipo aerobico, cioè che avvengono con uno sforzo costante
ma non eccessivo, comportando così meno rischi di
ipoglicemia come ad esempio trakking, marcia, ginnastica,
nuoto, danza, ecc..., mentre sono da evitare tutti gli sport
che comportano sforzi intensi e non costanti come lotta,
pugilato, o che possano risultare pericolosi in caso di
ipoglicemia come sport subacquei, motociclismo ecc...
Quanto più prolungata è l'attività fisica, tanto più accentuata può essere la
diminuzione della glicemia; per contro il rischio di ipoglicemia diminuisce
più l'attività è aerobica e migliore è l'allenamento.
Tutte le persone che praticano sport e che fanno uso di farmaci per il diabete
devono:
•essere in grado di gestire una eventuale ipoglicemia avendo sempre a
disposizione alimenti a base di carboidrati ad azione veloce
•portare sempre con sé un documento di riconoscimento e numeri telefonici
utili
•monitorare la glicemia sia prima che dopo l'attività fisica
• munirsi di un abbigliamento appropriato e in particolar modo di scarpe
adatte, avendo una cura particolare dei piedi che devono essere
frequentemente controllati
•assicurarsi un'adeguata idratazione, bevendo anche se non si avverte lo
stimolo della sete, soprattutto per allenamenti piuttosto lunghi
•non fare una attività fisica se il diabete è scarsamente controllato o se non si è
in buone condizioni fisiche.
• Praticare
sport
in
compagnia
e
avvertire
gli
istruttori
Tipi di esercizio fisico e
metabolismo
Attività aerobiche
Jogging
Marcia/camminare
Pattinaggio
Corsa lenta
Sci di fondo (lento)
Nuoto (lento)
Ciclismo (lento in pianura)
Danza aerobica
Attività anaerobiche
Calcio
Tennis
Pallavolo
Basket
Sci alpino
Body Building
Ciclismo su pista
Un esercizio di tipo aerobico implica un’attività moderata che
utilizza ossigeno per fornire energia necessaria alla contrazione
muscolare.
Un esercizio di tipo anaerobico invece implica un’attività che richiede
sforzi intensi e di breve durata.
L’attività aerobica è il metodo ideale per eliminare il grasso corporeo
BENEFICI DELL’ATTIVITA’ FISICA AEROBICA
Miglioramento della composizione corporea
Miglioramento sensibilità insulinica e prevenzione del DM2
Assetto lipidico meno aterogeno (aumento HDL, riduzione VLDL e
LDL)
Riduzione pressione arteriosa
Riduzione mortalità
Riduzione mortalità coronarica
Riduzione ictus
Riduzione cancro colon e mammella
Incremento densità ossea e riduzione fratture
Riduzione della disfunzione erettile dopo i 50 anni di età
Miglioramento della sensazione di benessere fisico e della qualità
della vita
Nel muscolo scheletrico la pratica regolare dell’esercizio fisico aerobico
porta ad una modificazione della composizione in fibre del muscolo
striato.
E’ stato dimostrato l’aumento delle fibre muscolari lente (rosse), del loro
contenuto in mitocondri, lo sviluppo di nuovi capillari muscolari e
l’aumento dell’espressione dei GLUT4. L’incremento della massa
muscolare associato alla riduzione della massa grassa cambia la
composizione corporea.
ATTIVITA’ AGONISTICA E
DM1
• PERSONE SANE: l’esercizio fisico
moderato comporta la riduzione della
secrezione endogena di insulina e il
concomitante incremento degli ormoni
controregolatori. Questo meccanismo serve
a prevenire l’ipoglicemia grazie
all’incremento della produzione epatica di
glucosio che aumenta per sostenere il
consumo del glucosio da parte del muscolo
scheletrico.
L’esercizio fisico massimale induce una risposta adrenergica
che stimola il rilascio epatico di glucosio che aumenta 7 volte
In questi casi di sforzo massimale la secrezione di insulina
aumenta per contenere la tendenza all’incremento della
glicemia.
PERSONE CON DM1: sono sprovvisti dei meccanismi di
regolazione della secrezione insulinica, avendo perso la massa
beta cellulare.
Esercizio moderato: se praticano la solita dose di insulina sono
a rischio di ipoglicemia
Esercizio intenso: sono a rischio di iperglicemia
Per evitare ciò : controllo frequente della glicemia, prima,
durante e dopo l’esercizio per valutare lo schema di
somministrazione insulinica in allenamento o gara.
CONTROLLO PRIMA
DELL’ESERCIZIO
• Tendenza
all’iperglicemia
• Evitare l’esercizio se i
livelli glicemici a
digiuno sono
>250mg/dl ed è
presente chetonuria
• Cautela con valori
>300 senza chetonuria
• Tendenza
all’ipoglicemia
• Ingerire un extra di
carboidrati se la
glicemia a digiuno è <
100 mg/dl
Monitoraggio glicemico prima e
dopo l’esercizio
• Imparare ad identificare il
momento in cui diventa
necessario modificare il
dosaggio insulinico e di cibo
• Imparare a capire come
varia la risposta glicemica in
rapporto al tipo e
all’intensità dell’esercizio
Consumo di cibo
• Imparare a capire la quantità
di carboidrati necessaria per
prevenire ipoglicemia
• Abituarsi a tenere con se
alimenti ricchi di carboidrati
facilmente utilizzabili sia
durante che dopo l’esercizio
Suggerimento: ridurre la dose di insulina regolare prima
dell’allenamento del 30% se la durata è inferiore ad 1 ora o del 50% se
la durata è superiore all’ora.
NB: La stimolazione del trasporto di glucosio permane dopo
l’esercizio fisico. E’ necessario ridurre di conseguenza la posologia
dell’ insulina anche nelle ore successive ad una seduta di esercizio
fisico.
Ergometri
• Adatti per soggetti in sovrappeso, con
scarse capacità motorie e non allenati
all’esercizio
• Tapis roulant
• Cicloergometro
• Step
• Ellittico
• vogatore
Miglioramenti indotti
dall’esercizio
• L’uso degli ergometri nei soggetti in
sovrappeso e con alterazioni del
metabolismo glucidico permette di ottenere
miglioramenti significativi.
• Frequenza: 3 volte/sett
• La sensibilità all’insulina permane più
elevata nelle 72 h successive all’esercizio
Miglioramenti
Aumento della sensibilità insulinica
Riduzione del grasso viscerale
Riduzione pressione arteriosa
TYPE 2 DIABETES
Metabolic Targets
Parameter
Target Value
Fasting glucose
whole blood
plasma-referenced
80-120 mg/dL
90-130 mg/dL
HbA1c
optimal
goal
action level
<6%
<7%
>8%
Total cholesterol
LDL-C
optimal
initiate treatment
HDL-C
Triglycerides
<200 mg/dL
<100 mg/dL
>130 mg/dL
>45 mg/dL
<200 mg/dL
Data from American Diabetes Association. Diabetes Care. 1999;22 (suppl 1):S32-S41; The National Cholesterol Education
Program (NCEP) Expert Panel. JAMA. 1993;209:2015-3023.
IPOGLICEMIZZANTI ORALI
Questi farmai devono essere utiizzati nei pazienti con DM di tipo 2
1- regolatori della secrezione insulinica (Sulfoniluree, Meglitinidi)
2- insulinosensibilizzanti (Metformina, Tiazolidinedioni)
3-modulatori dell’assorbimento del glucosio (inibitori dell’α glucosidasi)
Antihyperglycemic Agents for Type 2 Diabetes
Ipoglicemizzanti orali:
Nel Diabete di tipo 2, in caso di mancato controllo glicemico,
viene impiegata, oltre alla dieta e all’esercizio fisico, la terapia
farmacologica che include
-sulfoniluree (aumentano la secrezione insulinica da parte della
beta cellula perché facilitano l’afflusso intrac del calcio
determinando il rilascio dei granuli secretori contenenti insulina)
-biguanidi (metformina, inibisce la gluconeogenesi epatica e
aumenta l’utilizzazione di glucosio a livello periferico)
-glinidi (stim la secr insulinica)
-inibitori dell’alpha glucosidasi (ritarda l’assorbimento degli
zuccheri)
-tiazolidinedioni (riducono la sintesi ed il rilascio di citochine
infiammatorie e adipochine che aumentano insulino-resistenza ed
interferiscono con la secrezione insulinica)
MANAGEMENT GUIDELINES
Initial Treatment Recommendations
FBG >126 mg/dL
Diet + exercise
FBG 126-140 mg/dL
FBG 140-200 mg/dL
Sulfonylureas
Metformin
Metformin
Glitazone
Glitazone
a-Glucosidase Inhibitors
Meglitinides
a-Glucosidase Inhibitors
200-240 mg/dL
Sulfonylureas
Metformin
If FPG >140 mg/dL or HbA1c >8%
Early combination therapy
>240 mg/dL
No symptoms:
Symptoms:
Sulfonylureas
Insulins
TERAPIA INSULINICA
L’OBIETTIVO della terapia insulinica è quello di riuscire a mantenere
un profilo glicemico il più possibile simile a quello di un individuo non
diabetico.
Tipi di Insulina disponibili
Preparazioni
disponibili
Lispro/ Aspart/
Glulisina
Inizio
d’azione
5-15 minuti
ultrarapida
Picco
1-2 ore
Durata
D’azione
4-6 ore
30-60 minuti
2-4 ore
6-10 ore
1-2 ore
4-8 ore
10-20 ore
Umana
Ultralenta
2-4 ore
Non prevedibile
16-20 ore
Glargina
detemir
1-2 ore
analogo ultralenta
Piatta
~24 ore
Umana
Regolare
Umana
NPH/Lenta
Tipo
di Insulina
Azione rapida
Regular
U500
Azione intermedia
NPH
Lenta
Azione Lunga
Ultralenta (Umana)
Combinazione
NPH/Regular
Forma
di aggregazione
Nella forma quaternaria è
un esamero reso stabile
dagli ioni di Zinco
Protamina, buffer fosfato
Sali di zinco, buffer acetato
Profilo d’Azione
Inizio Picco Durata
0.3-1.0
1-3
1.5
2.4
2-3
6-12
4-12
6-12
6-8
12-18
18-24
18-28
NPH 70%, Regular 30%
NPH 50%, Regular 50%
0.5-1.0
0.5-1.0
9-15
3-8
3-8
Per uso intravenoso,
intraperitoneale e con
l’uso di pompa.
Per uso soltanto in casi di
estrema insulinoresistenza
Il ritardo nel pre-mix
prima dell’iniezione può
risultare in perdità
dell’azione insulinica
22-26
Assorbimento irregolare,
non riesce ad imitare una
secrezione basale
endogena
18-24
18-24
Azione bifasica, non
adatta quando sono
richiesti frequenti
aggiustamenti della dose
Amorfa e Cristallina
3-4
Considerazioni
Speciali
L'insulina aspart è il secondo analogo sintetico dell'insulina
umana, dopo l'insulina lispro. Viene preparata col metodo del DNA
ricombinante, utilizzando un ceppo modificato di Saccaromyces
cerevisiae. Differisce dall'insulina endogena (e da quella umana
utilizzata in terapia) per la sostituzione con l'acido aspartico della
prolina in posizione 28 sulla catena B. La modificazione nella
sequenza degli aminoacidi dà origine ad una insulina assorbita più
rapidamente dopo somministrazione sottocutanea, ma con proprietà
biologiche simili, dal momento che la posizione B28 non interagisce
direttamente col recettore tessutale per l'insulina. L'insulina aspart
ha perciò le stesse proprietà fisiologiche dell'insulina umana, stessa
potenza e una azione ipoglicemizzante simile, ma con una più
rapida comparsa dell'effetto e una più breve durata d'azione.
L'insulina umana regolare attualmente in commercio forma nel flacone
degli aggregati esamerici. L'insulina aspart ha una minore tendenza a
formare esameri e, soprattutto, dopo la somministrazione si scinde
rapidamente in dimeri e monomeri a causa della forza repulsiva
esercitata dalla carica negativa dell'acido aspartico che sostituisce la
prolina
(neutra).
L'effetto ipoglicemizzante massimo è perciò più precoce rispetto
all'insulina umana normale. Infine, le concentrazioni sieriche
diminuiscono più rapidamente per tornare ai valori di base in 4-6 ore.
Il vantaggio di questo analogo dell'insulina consisterebbe quindi,
come per la lispro, in un miglior profilo farmacocinetico:
l'insulina aspart può essere somministrata immediatamente prima
del pasto, esercitando il suo effetto ipoglicemizzante in
concomitanza con l'assunzione di cibo, mentre la sua breve
durata d'azione minimizzerebbe il rischio di comparsa di
ipoglicemia.
L'assorbimento è maggiore quando viene
somministrata nella regione addominale rispetto al muscolo
deltoide
o
alla
coscia.
Al momento, un unico studio comparativo con l'insulina lispro si
è limitato a confrontare il profilo cinetico delle due insuline,
evidenziando una comparsa d'azione leggermente più rapida per
la lispro, una più precoce concentrazione massima di picco e una
altrettanto più rapida eliminazione rispetto all'aspart.
Numerosi fattori determinano la scelta più adeguata di insulina
per ciascun paziente.
L'organismo risponde all'insulina secondo modalità che variano da
persona a persona.
Importanti fattori di cui tenere conto sono la quantità di cibo e
bevande assunti, nonché l'entità di esercizio e attività fisica svolti.
Il numero di iniezioni che un paziente può praticarsi da solo, la
frequenza con cui vengono controllati i livelli glicemici, l'età e gli
obiettivi di gestione della Glicemia: tutti questi elementi
contribuiscono alla scelta del tipo di insulina e delle modalità di
somministrazione.
Modalità di assunzione dell'insulina
È importante individuare assieme al proprio medico lo schema
insulinico ottimale per il tuo organismo e il tuo particolare tipo di
malattia. In linea di massima, un paziente con diabete di tipo 1 pratica tre
o quattro iniezioni al giorno di una combinazione di insuline. Si ritiene
che quattro iniezioni al giorno rappresentino il miglior modo per gestire
la glicemia e siano in grado di ritardare o evitare problemi a lungo
termine causati dai danni a carico di nervi, occhi e reni dovuti al diabete.
Esistono tre modalità di erogazione di insulina: tramite siringhe,
penne o microinfusori.
Monitoraggio
La controparte rispetto all'utilizzo di insulina è il monitoraggio. Gli
alimenti assunti, gli orari dei pasti, le modalità e gli orari
dell'attività fisica, eventi importanti o forti emozioni, i farmaci e le
malattie: sono tutti fattori che influiscono sui livelli glicemici. E le
stesse condizioni potrebbero non avere lo stesso risultato in
momenti diversi. Ciò significa che i test della glicemia eseguiti con
strisce reattive più volte al giorno sono fondamentali.
Problemi Associati alla Terapia Insulinica
• Variazioni giornaliere nell’assorbimento d’insulina
• Il picco d’azione dell’insulina ad azione rapida avviene dopo
circa 2-4 h. Questo non consente il precoce e rapido rialzo della
secrezione insulinica richiesto per prevenire l’iperglicemia
post-prandiale
• Rischio di crisi ipoglicemica 3-5 h dopo il pasto specialmente
se non viene assunta la merenda
•
L’insulina ad azione intermedia NPH non può essere
rilasciata ad un costante basso livello riproducendo la
fisiologica secrezione basale insulinica. Invece ha un picco
d’azione dopo circa 4-6 h con un incremento del rischio di
ipoglicemia notturna
Analogo
Dose
Picco
Durata d’azione
(min)
Insulina Lispro
10U
Insulina Aspart
1U/kg
Insulina Glargine 0,3 U/kg
42 vs 101
(ridotto del 58%)
~3 vs ~5
(diminuita del 60%)
52 vs 145
(ridotto del 65%)
~2.75 vs ~3.5
(diminuita del 80%)
Senza picco
~22 vs ~ 14
(più lunga del 150%)
Diabete: trapianto di cellule beta per dire addio all'insulina
Dall''italiano Camillo Ricordi una una soluzione per i diabetici di tipo 1
L'italiano Camillo Ricordi, ha ideato e messo a punto una tecnica
che prevede il prelievo di pancreas da donatore cadavere,
la preparazione e l'isolamento delle isole di Langherans che
contengono le cellule beta le quali producono l'insulina.
DIABETE E DENTI
Quando si è affetti da diabete, i livelli elevati di glucosio nel sangue
possono danneggiare bocca e denti. Il diabete infatti fa aumentare il
rischio di malattie delle gengive, carie, perdita dei denti, secchezza
della bocca e vari tipi di infezioni orali. E viceversa una cattiva igiene
orale può causare maggiori difficoltà nel controllo del diabete. Le
infezioni fanno salire la glicemia e si ha bisogno di più insulina per
tenerla sotto controllo. Inoltre, il diabete può far diminuire la capacità
di gustare il sapore dolce: questo cambiamento può non essere
avvertito, ma potrebbe influire sulle scelte di alimenti più dolci,
incidendo sulla salute dei denti e sul controllo della malattia stessa.
Una patina invisibile formata da batteri, saliva e minuscole particelle di
cibo (placca dentaria) ricopre normalmente i denti. I batteri si nutrono
di zuccheri e amidi degli alimenti e delle bevande consumati e
producono acidi che danneggiano il duro smalto che copre i denti.
Le glicemie alte che accompagnano spesso il diabete forniscono ai
batteri un maggior approvvigionamento di zuccheri e amidi,
causando una più alta produzione di acidi. I danni provocati
dall’acido aumentano il rischio di carie.
La placca dentaria è causa anche di altri problemi. Se non è rimossa con
una pulizia regolare e con l’uso del filo interdentale, si indurisce sotto
l’orlo delle gengive trasformandosi in tartaro.
Il tartaro, irritando le gengive, causa la gengivite, un’infiammazione
che rende le gengive fragili, gonfie e arrossate e le fa sanguinare,
quando si puliscono i denti. Per fortuna, il dentista può intervenire a
rimuovere il tartaro con una pulizia professionale, in modo da
prevenire o curare la gengivite.
Se questa infiammazione non è curata, può trasformarsi in una
condizione più grave, con infezione batterica delle gengive e
dell’osso che circonda il dente (periodontite). Ciò può causare la
retrazione della gengiva, che lascia scoperta la radice del dente, e
l’allentamento e perfino la caduta dei denti.
La gengivite e la periodontite sono le complicanze orali più
comuni del diabete. Le persone diabetiche hanno una probabilità tre
volte maggiore di quelle non diabetiche di sviluppare una malattia
delle gengive. Il diabete inoltre abbassa la resistenza dell’organismo
alle infezioni e rallenta la velocità di guarigione.
Per cercare di prevenire danni ai denti e alle gengive:
•Farsi controllare dal dentista due volte l’anno, avvertendolo di
avere il diabete.
•Pulirsi i denti almeno due volte al giorno, usando uno
spazzolino morbido, e spazzolare anche la superficie superiore
della lingua.
•Usare il filo interdentale ogni giorno.
•Fare attenzione a eventuali segni precoci di malattie delle
gengive, come sanguinamento, arrossamenti e gonfiore. In tal
caso, consultare il dentista.
Il diabete e le altre parti della bocca
1. Secchezza della bocca
2. Infezioni da funghi
3. Il lichen planus della bocca
4. La sindrome del bruciore alla bocca
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