Presentazione di PowerPoint - Università degli Studi di Roma Tor
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Diabete Dott.ssa Donatella Pastore Cenni di Anatomia ed Embriologia • Il pancreas è una ghiandola impari situata al di sotto del diaframma in rapporto con duodeno, ilo della milza, e rene sinistro • E’ irrorato dalle arterie pancreatico-duodenale e gastroduodenale - rami dell’arteria epatica - e dall’arteria pancreatica ramo dell’arteria mesenterica superiore • Ha un’innervazione sia simpatica sia parasimpatica • Deriva da tre diverticoli dell’intestino primitivo. All’ottava-nona settimana di vita fetale sono riconoscibili tutti e quattro i tipi principali delle cellule endocrine, non ancora disposte in insule, ma sparse irregolarmente nell’abbozzo pancreatico Cenni di Anatomia ed Embriologia • Il pancreas è suddiviso in due parti funzionali costituite da due tipi di cellule secernenti. 1. La parte esocrina produce gli enzimi digestivi che vengono riversati nel duodeno. Questa porzione rappresenta il 98% della popolazione cellulare 2. La parte endocrina secerne insulina, glucagone, somatostatina e il polipeptide pancreatico che sono immessi nella vena porta. Questa rappresenta circa il 2% della popolazione cellulare pancreatica. Nel neonato la parte endocrina costituisce il 20% del volume pancreatico mentre diventa solamente il 22.5% nell’adulto con un peso di 1-2 g INSULA PANCREATICA • L’unità funzionale della parte endocrina del pancreas è l’insula. Composta da 4 TIPI DI CELLULE: Alpha: glucagone Beta: insulina Delta: somatostatina PP: polipeptide pancreatico Questi ormoni intervengono nella regolazione del metabolismo glicidico INSULINA • E’ UNA PROTEINA DI 51 aa • Formata dall’unione di 2 catene A (21aa) e B (30aa), unite da 2 ponti disolfuro. Nella catena A è presente un terzo ponte disolfuro. • Questi ponti determinano la struttura tridimensionale da cui dipende l’attività biologica dell’ormone. Struttura Chimica dell’Insulina Preproinsulina (110aa) Pro insulina (86aa) Insulina (51aa) SECREZIONE • Avviene per meccanismo di esocitosi da parte delle cellule beta. Glucochinasi-2 Struttura Chimica dell’Insulina L'insulina è secreta dalle beta cellule del pancreas essenzialmente in risposta a variazioni della glicemia Queste cellule colgono con estrema sensibilità le variazioni della concentrazione ematica di glucosio, grazie ad un meccanismo costituito dal trasportatore del glucosio GLUT2 e da una chinasi (glucochinasi). Il trasporto dentro la cellula è rapido solo quando i livelli ematici di glucosio sono elevati, come accade dopo un pasto. All'interno della beta cellula il glucosio viene fosforilato dalla glucochinasi, l'enzima che catalizza la prima tappa della glicolisi. Quindi sia l'ingresso del glucosio nella cellula, che l'avvio della glicolisi sono due processi strettamente dipendenti dai valori glicemici. Questo sistema risponde prontamente all'aumento della glicemia post-prandiale con un rapido ingresso e successivo immediato metabolismo del glucosio. A valori di glicemia più bassi, come quelli tra un pasto e l'altro invece il sistema è più lento. GLUT2 e la glucochinasi costituiscono il cosiddetto “glucose sensor pair” e molto probabilmente costituiscono un sensore cellulare universale della glicemia, essendo presenti anche nelle cellule di fegato e ipotalamo. L'ulteriore metabolismo del glucosio-6-fosfato attraverso la via glicolitica genera ATP, aumentando il rapporto ATP/ADP. Nella beta cellula l'ATP agisce come un secondo messaggero, andando ad inibire l'attività di un canale del potassio ATP-dipendente. Questo canale è un complesso costituito da due proteine separate ,una delle quali, SUR1, è una proteina regolatrice e costituisce il recettore per alcuni ipoglicemizzanti orali ( le sulfaniluree ); l' ATP si lega sulla subunità regolatrice SUR1 e inibisce il flusso di ioni K+ verso l’esterno della cellula. Questo determina un aumento della [K+ ] nella cellula, ne causa la depolarizzazione e l’attivazione di canali del calcio voltaggiodipendenti, determinando un afflusso di calcio nella cellula. Questi canali si aprono quando il potenziale di membrana scende al di sotto di 40 mV. Il rapido aumento del calcio intracellulare stimola l’esocitosi dell’insulina contenuta in granuli che costituiscono il pool di pronto rilascio. Secrezione bifasica dell’insulina La risposta dell’insulina a una stimolazione con il glucosio è di tipo bifasico, con un picco precoce , che si esaurisce rapidamente e un picco più tardivo, che si mantiene per tutto il tempo della stimolazione. La prima fase inizia entro un minuto dalla somministrazione di glucosio , raggiunge un picco entro 3-5 minuti e persiste per 10 minuti. La seconda diviene evidente dopo circa 10 minuti e persiste per tutta la durata dell’iperglicemia. Il profilo secretorio dell’insulina è caratterizzato da una modalità di rilascio dell’ormone di tipo: • pulsatile, in corrispondenza della genesi dei potenziali d’azione. • bifasico: fase rapida: entro pochi minuti dalla somministrazione di glucosio si osserva un primo rapido aumento dell’insulinemia, dovuto all’esocitosi del pool di granuli di pronto rilascio; fase lenta, più lunga, dovuta al rilascio dell’insulina proveniente dei granuli del pool di riserva. La fase veloce consta del 5-10% dell’insulina contenuta nella beta cellula, la fase lenta rappresenta il maggiore rilascio. •continuo: una secrezione basale di insulina è mantenuta durante tutta la giornata, tanto che la metà della secrezione insulinica non è associata ai pasti. Cosa succede quando la glicemia scende al di sotto di 5 mmol/l? Il trasporto di glucosio attraverso GLUT2 si riduce, rallenta l’attività enzimatica della glucochinasi. Ne deriva una ridotta produzione di ATP, cessa quindi l’effetto inibitorio sui canali del potassio ATPdipendenti, il potenziale di membrana ritorna ai valori di – 60 mV, i canali del calcio voltaggio-dipendenti si chiudono e il rilascio di insulina rallenta. Glicina, Alanina e Arginina L’entrata di questi tre aminoacidi nella cellula causa la depolarizzazione, l’ attivazione dei canali del calcio voltaggio-dipendenti e l’esocitosi dei granuli contenenti insulina. I canali del potassio ATP-dipendenti non sono coinvolti in questo processo. Alanina e glicina entrano nella cellula mediante un simporto con il sodio; l’ingresso degli ioni sodio è sufficiente a depolarizzare la cellula. L’ arginina, che a pH fisologico è un catione, entra nella cellula mediante un trasportatore specifico e depolarizza direttamente la cellula. L’ arginina è il più potente insulino-secretore Nel diabete, un ruolo chiave è svolto, ancora, dalla cellula alfa pancreatica, che ha una funzione antitetica a quella beta e che produce il glucagone. Il glucagone promuove il rilascio di glucosio dal fegato nel periodo di digiuno, cioè a 3-4 ore dal pasto, evitando le pericolose crisi ipoglicemiche. Il problema, però, è che nel diabete, quando cioè la glicemia è elevata anche a digiuno, il glucagone è sempre attivo e la neoglucogenesi avviene perfino contro valori di glicemia elevate in circolo. A livello delle cellule bersaglio il glucagone si lega a specifici recettori di membrana e tale evento attiva l’enzima adenilato ciclasi che a sua volta catalizza la reazione dell’ATP in AMP ciclico e che a sua volta attiva delle protein chinasi dette AMP ciclico dipendenti e dunque la fosforilazione di enzimi intracellulari responsabili dell’effetto del glucagone. Nel diabetico l’attività dell’alfa cellula è esagerata e non riconosce lo stimolo inibitorio esercitato dall’elevata glicemia. Il Recettore insulinico è espresso sulla membrana cellulare di tutte o quasi, le cellule dei mammiferi, sia nei classici tessuti target dell’ insulina, quali il fegato, il muscolo scheletrico ed il tessuto adiposo, sia in altri tessuti come l’endotelio, cellule ematiche, cervello, gonadi, ecc. L’insulina esplica i suoi effetti ipoglicemizzanti inibendo la Glicogenolisi e la gluconeogenesi epatica e aumentando l’utilizzazione periferica del glucosio nei tessuti insulino-dipendenti (muscolo scheletrico, cardiaco, tessuto adiposo) Trasporto del glucosio: Una delle azioni primarie dell’insulina è quella di stimolare il trasporto del glucosio nel muscolo scheletrico, nel tessuto adiposo e nel muscolo cardiaco (GLUT4). Effetti metabolici: Fegato Tessuto adiposo Tessuto muscolare L’insulina è in grado attraverso meccanismi di defosforilazione/fosforilazione, di regolare l’attivazione o l’inibizione di enzimi coinvolti nelle diverse vie metaboliche. L’insulina ATTIVA gli enzimi coinvolti nelle vie anaboliche e INATTIVA quelli coinvolti nelle vie cataboliche (fegato, tessuto adiposo, e muscolare). Regola quindi il metabolismo dei carboidrati, dei lipidi e delle proteine. Azioni dell’insulina nel Fegato: Il glucosio penetra nell’epatocita Sintesi di Glicogeno Riduzione della Gluconeogenesi Incremento della Glicolisi Inibizione della chetogenesi Stimolazione della Liposintesi Azioni dell’insulina nel tessuto Adiposo: Il glucosio penetra nell’adipocita (insulino-sensibile) Aumenta la captazione di glucosio Formazione degli acidi grassi Formazione di Trigliceridi Trasformazione del piruvato in acetil-CoA Scissione dei Trigliceridi (azione inibitoria) Inibizione della Lipolisi ( riduzione della formazione dei substrati necessari per la sintesi dei corpi chetonici a livello epatico. Per inibire la lipolisi sono sufficienti scarse quantità di insulina (rara presenza di corpi chetonici nei diabetici di tipo 2, frequente chetonemia nei diabetici di tipo 1). Azioni dell’insulina nel tessuto Muscolare: Il glucosio penetra nel muscolo Aumenta la captazione di glucosio Sintesi di Glicogeno Stimola la via glicolitica (piruvato convertito in acetil-CoA permettendo ai prodotti del metabolismo dei carboidrati di entrare nel ciclo di Krebs. In assenza di insulina l’acetil-CoA è prodotto attraverso il metabolismo degli acidi grassi. Favorisce la sintesi proteica Metabolismo dell’Insulina: L’emivita plasmatica è di circa 10 minuti nel soggetto normale. La degradazione avviene a livello epatico e renale. Diabete Mellito E’ un disordine del metabolismo dei carboidrati, dei lipidi e delle proteine, caratterizzato dalla presenza di iperglicemia dovuta a deficit della secrezione e/o dell’azione dell’insulina. CHE COSA E’ IL DIABETE? • Il Diabete Mellito tipo 1 è una malattia cronica che colpisce prevalentemente, ma non esclusivamente, soggetti in età giovanile. E’ caratterizzata da iperglicemia e da carenza insulinica dovuta a distruzione della cellula beta pancreatica. Clinicamente è caratterizzato da poliuria, glicosuria, perdita di peso ed evoluzione verso la chetoacidosi. • Il Diabete Mellito di Tipo 2 è una sindrome cronica prevalentemente dell’età adulta-anziana, spesso associata ad obesità, caratterizzata da iperglicemia, da gradi diversi di insulino-resistenza e da un deficit relativo beta cellulare con una tendenza inferiore ad evolvere verso la chetoacidosi. I dati ISTAT I dati riportati nell’annuario statistico ISTAT 2010 indicano che è diabetico il 4,9% degli italiani (5,2% delle donne e 4,5 % degli uomini), pari a circa 2.960.000 persone. La prevalenza del diabete aumenta con l’età fino a raggiungere il 19,8% nelle persone con età uguale o superiore ai 75 anni. Per quanto riguarda la distribuzione geografica, la prevalenza è più alta nel Sud e nelle Isole, con un valore del 5,6%, seguita dal Centro con il 4,8% e dal Nord con il 4,4%. La prevalenza risulta più alta nelle persone senza alcun titolo di studio o con la sola licenza elementare (15%), e in quelle con molte difficoltà economiche percepite (9%). Un’analisi multivariata, che considera la presenza di tutte le variabili sociodemografiche indicate, ha confermato l’associazione significativa del diabete con l’età più elevata, il basso livello di istruzione e la presenza di molte difficoltà economiche Dall'ossidazione del glucosio nel ciclo di Krebs, viene prodotta una sostanza l'ossalacetato - che si combina con l'acetil-CoA derivante dalla B-ossidazione degli acidi grassi liberi; da tale unione origina il citrato, che subisce il ciclo di reazioni di Krebs per un'ulteriore ossidazione fino ad anidride carbonica ed acqua. Se la disponibilità di ossalacetato è bassa (ridotta disponibilità intracellulare di glucosio) a fronte di elevate concentrazioni di acetil-CoA (spiccato catabolismo degli acidi grassi), due moli di acetil-CoA si uniscono formando acetoacetil-CoA, precursore dell'acetoacetato (un corpo chetonico), che a sua volta può originare 3-idrossibutirrato e acetone (gli altri due corpi chetonici). CLASSIFICAZIONE DEL DIABETE MELLITO Classificazione I. II. II. Tipo 1A Tipo 1B Tipo 2 III. III. Altre forme specifiche IV. Diabete Gestazionale Caratteristiche Immuno-mediato Insulino deficiente, non autoimmune Insulino resistenza Deficit della secrezione insulinica Autoimmune dell’età adulta Mitocondriale, Diabete a insorgenza precoce del giovane, lipoatrofico, Insulino resistenza tipo A, Endocrinopatie etc. Intolleranza al glucosio con primo riscontro o inizio durante la gravidanza Esiste un ridotto gruppo di pazienti, generalmente di origine africana o asiatica classificato come diabete di tipo 1 e definiti idiopatici, nei quali la distruzione della beta cellula non è apparentemente dovuta a fenomeni autoimmuni ma che va incontro a chetoacidosi e richiede terapia insulinica (tipo 1B) Diabete bronzino. Denominazione corrente dell'emocromatosi, per la caratteristica triade sintomatologica costituita da pigmentazione cutanea grigio-brunastra, diabete mellito e cirrosi epatica. DIABETE INSIPIDO : Sindrome legata a lesioni del sistema diencefalo-ipofisario, caratterizzata da una ridotta produzione di vasopressina od ormone antidiuretico. Si distinguono due forme di d. insipido: 1) primario o idiopatico, non riconosce una causa responsabile della ridotta produzione di ormone antidiuretico; 2) 2) secondario o acquisito, derivante da varie lesioni patologiche. In questo caso l'eziologia è da riferirsi generalmente a tumori encefalici e ipofisari, meningite, tubercolosi, traumi della base cranica. Non rare sono le forme iatrogene, derivanti da ipofisectomia. Mentre nella forma idiopatica i sintomi sono esclusivamente la poliuria e la polidipsia, nelle forme secondarie sono presenti anche i sintomi della patologia associata. A causa del mancato riassorbimento dell'acqua nel tratto distale dei tubuli renali, si ha l'emissione di forti quantità di urina altamente diluita (15-29 l al giorno), con conseguente disidratazione e sete intensa. La terapia consiste nella somministrazione cronica di vasopressina. Diabete di tipo 1: è condizionato da fattori genetici, che conferiscono una predisposizione a sviluppare la malattia, ma che, per provocarla, devono essere associati a fattori esterni al soggetto, chiamati esogeni, e che sono stati visti essere soprattutto alcuni tipi di infezioni virali. Il diabete di tipo 1 è una malattia autoimmunitaria, cioè che comporta la distruzione delle cellule del pancreas deputate alla produzione di insulina, da parte dello stesso sistema immunitario del soggetto (quando normalmente questo non dovrebbe succedere). Il processo distruttivo viene innescato da anticorpi chiamati self, perché propri del soggetto, che si "ribellano" contro le cellule del pancreas (cellule insulari o insulae), e che vengono definiti anticorpi anti-insulae pancreatiche. Questo provoca un’ attivazione di altre cellule del sistema immunitario, che distruggono le insulae pancreatiche stesse. Lo sviluppo dell'autoimmunità è favorito da un fattore scatenante, come può essere un'infezione virale. ETIOPATOGENESI L’INFLUENZA DI FATTORI GENETICI, AMBIENTALI E IMMUNOLOGICI E’ DETERMINANTE NEL CAUSARE LA MALATTIA DIABETICA DI TIPO 1. La diagnosi: Elevati valori glicemici basali o dopo carico orale di glucosio In presenza di positività anticorpale (ICA, IAA, anticorpi anti GAD) Consigliati: Dosaggio del C-peptide Chetonemia Il dosaggio della HbA1c consente di valutare la durata dello scompenso metabolico Diabete di tipo 2: I fattori genetici svolgono un ruolo ancora più importante che nel diabete di tipo 1. Non esiste alcuna relazione tra diabete di tipo 2 e disregolazione del sistema immunitario. Si è visto che in questa malattia la prima alterazione riconoscibile è una resistenza del tessuto muscolare all'azione dell'insulina, che comporta un'iperglicemia e, di conseguenza, uno stimolo ad un'aumentata produzione di insulina (che contrasta l'aumento dei livelli glicemici). Tuttavia, in questo tipo di diabete, la funzione delle insulae pancreatiche non è normale e declina con il tempo. Questo declino inizia circa 10 anni prima che venga diagnosticato il diabete, il che avviene quando la funzione delle cellule è ridotta intorno al 30% del normale. A questo punto la secrezione insulinica non può più compensare la resistenza a tale ormone e la malattia metabolica diviene evidente. Perciò, nell'insorgenza del diabete di tipo 2, entrano due ingredienti: la resistenza del tessuto muscolare all'insulina, che si trova ad essere iperstimolata, ed il declino con il tempo della funzione delle cellule pancreatiche. Hanno grande rilievo anche l'aumento di peso corporeo, che comporta un'aumentata sintesi di trigliceridi, che si accumulano nelle cellule pancreatiche e determinano una loro diminuita funzione. Al contrario, la perdita di peso ostacola questo processo. Così pure l'esercizio fisico ostacola l'insorgenza del diabete di tipo 2. Infine, è dimostrato che l'invecchiamento contribuisce a rendere manifesto il difetto genetico che è alla base del diabete di tipo 2. Il diabete di tipo 2 è la malattia endocrina più frequente e una delle maggiori cause di morbilità nelle popolazioni occidentali. In Italia quasi 3 milioni di persone sono affette da diabete di tipo 2. Nel mondo: Valori minimi: indigeni della Nuova Guinea Valori massimi: Indiani Pima in USA. Si stima che il numero di persone affette da diabete di tipo 2 nel mondo (attualmente150 milioni), diventerà di 300 milioni entro l’anno 2025. ETIOPATOGENESI Il diabete di tipo 2 è una patologia eterogenea alla quale contribuiscono in rapporto variabile fattori genetici ed ambientali. Fattori genetici Elevata concordanza di comparsa della malattia nei gemelli identici o nei consanguinei. Fattori ambientali Stile di vita: ridotta attività fisica, aumento introito calorico, eccesso ponderale ASSOCIAZIONE Diabete di tipo 2 e obesità) Sia per cause genetiche, sia per cause ambientali, sia per il progressivo impatto negativo sulla β-cellula di un controllo metabolico alterato, la funzione beta cellulare progressivamente viene meno. Al ridursi della secrezione insulinica segue prima una fase di ridotta tolleranza ai carboidrati e quindi la comparsa di iperglicemia a digiuno. E’ stato dimostrato che in un elevato numero di pazienti la funzione beta cellulare continua a deteriorarsi nel tempo fino al punto in cui il controllo metabolico ottimale non sarà possibile se non attraverso il ricorso alla terapia insulinica. Diagnosi: riscontro di iperglicemia Per una diagnosi precoce: prova da carico orale di glucosio, dosaggio della HbA1c, corpi chetonici e C peptide. Diabete secondario: in particolare, nelle forme con alterazioni endocrine l'iperglicemia è dipendente dalla eccessiva produzione di ormoni ad attività concontroinsulare: cortisolo (o corticosteroidi di altro tipo somministrati a fini terapeutici), GH, ormoni tiroidei, adrenalina. CRITERI PER LA DIAGNOSI DI DIABETE 1 Sintomi classici quali poliuria, polidipsia, chetonuria e rapida perdita di peso associati ad elevate concentrazioni ematiche di glucosio (valori ematici di glucosio post-prandiale o casuale a 200 mg/dL) 2 Concentrazioni ematiche di glucosio a digiuno a 126 mg/dL 3 Concentrazioni di glucosio a 200mg/dL dopo test di stimolo con glucosio Uno o più criteri diagnostici sopra riportati devono essere confermati nei giorni successivi ALTERATA TOLLERANZA AL GLUCOSIO Valori di glucosio a digiuno a 110(100) mg/dL e a 126 mg/dL Valori a due ore dopo carico orale di glucosio a 140 mg/dL e a 199 mg/dL Glicemia a digiuno Prova di tolleranza al carico orale di glucosio 75 g di glucosio (adulto) in 300/400 ml di acqua in 5 minuti Dopo 2h: Normale se la glicemia <140mg/dl Ridotta tolleranza glicidica se la glicemia è compresa tra 140 e 200mg/dl Diabete conclamato con glicemia >200mg/dl GLICOSURIA: 180 mg /dl è la soglia renale Marcatori immunologici: autoanticorpi, ICA, IAA, GAD (antidecarbossilasi dell’acido glutammico), presenza di elevati titoli anticorpali indica il diabete di tipo 1. • Emoglobina glicosilata HbA1c: è un’indagine di primo livello per la valutazione dello stato glicemico durante i 23 mesi precedenti l’esecuzione dell’esame. Normali: 4-6% Il glucosio penetra nel globulo rosso in maniera direttamente proporzionale alla glicemia e quindi il dosaggio dell’emoglobina glicosilata è un indice dello stato glicemico x tutta la durata della vita del globulo rosso, cioè i 120 giorni precedenti l’esame. Il glucosio all’interno del globulo rosso si lega all’emoglobina . La determinazione dell’emoglobina glicata (HbA1c) rappresenta, da almeno un ventennio ormai, il marker per la valutazione e il monitoraggio del controllo glicemico a medio e lungo-termine (2-3 mesi) del soggetto con diabete mellito. Il valore di HbA1c che configura l’indicatore più appropriato per giudicare l’andamento del controllo glico-metabolico, costituisce la variabile principale sulla quale si basa il giudizio del trattamento. L’attuale uso dell’HbA1c è, come a tutti ben noto, il risultato delle indicazioni emerse dall’analisi di un ampio numero di studi clinici randomizzati, i più significativi dei quali sono il Diabetes Control and Complication Trial (DCCT) e l’UK Prospective Diabetes Study (UKPDS) che hanno provato una stretta correlazione tra entità del controllo glicemico, valutato mediante l’HbA1c appunto, e il rischio di comparsa e progressione delle peculiari complicanze del diabete mellito DIABETE GESTAZIONALE Almeno due delle seguenti concentrazioni di glucosio o a digiuno o dopo carico orale di glucosio di: 100 g 75 g A digiuno a 95 mg/dL (5.3 mmol/L) 95 mg/dL (5.3 mmol/L) 1° ora a 180 mg/dL (10.0 mmol/L) 180 mg/dL (10.0 mmol/L) 2° ora a 155 mg/dL (8.6 mmol/L) 155 mg/dL (8.6mmol/L) 3° ora a 140 mg/dL (7.8 mmol/L) DIABETE DI TIPO 2 • Contribuiscono all’insorgenza di questa patologia fattori ambientali e genetici. • E’ una malattia poligenica e diversi geni candidati potrebbero contribuire al determinismo della malattia in maniera diversa in diversi individui. Lo stile di vita con ridotta attività fisica e maggiore introito calorico con conseguente eccesso ponderale, è considerato un fattore predisponente per lo sviluppo della malattia diabetica ASSOCIAZIONE DI DIABETE E OBESITA’ Il tessuto adiposo rappresenta un vero e proprio organo endocrino con la capacità di interferire con il metabolismo glucidico, con la sensibilità all’insulina e con la secrezione insulinica. Con l’accumulo di trigliceridi negli adipociti (viscerali), si ha un aumentato rilascio di citochine infiammatorie quali il TNFalpha in grado di diminuire la risposta tissutale all’insulina, determinando quindi insulino-resistenza. Un’alterazione dell’attività endocrina del tessuto adiposo è un fattore importante patogenetico dell’insulino-resistenza e del diabete di tipo 2. Forme secondarie di diabete mellito Endocrinopatie Acromegalia Malattia di Cushing Glucagonoma Feocromocitoma Ipertiroidismo Sindrome carcinoide Malattie Pancreatiche Malattie Genetiche Pancreasectomia Pancreatite acuta e/o cronica Emocromatosi Acuta intermittente porfiria Sindrome di Alstrom Fibrosi Cistica Sindrome di Klinefelter • NELL’UOMO (aumento dell’incidenza) • Geni associati del MHC a DR3-e DR4 (DQA1*0501,DQB1*0201; DQA1*0301, DQB1*0302) • Altri alleli DQ ad alto rischio: DQA1*0401, DQB1*0402, DQB1*0502, DQA1*0102, DQB1*0502 e 501 • Alleli protettivi DQA1*0102, DQB1*0602; DQRB1*1401, DQB1*0403, DQA1*0201 • Polimorfismo del gene regolatore dell’insulina • Proposti altri dieci loci genetici, fra questi è da ricordare il CTLA-Ig FISIOPATOLOGIA DEL DIABETE DI TIPO II Fattori genetici Ridotta Secrezione Insulinica Insulino-Resistenza ± Ambiente ± Ambiente IGT IGT Diabete di Tipo II DIABETE DI TIPO 2 Fisiopatologia del Diabete Mellito Tessuti periferici muscolo scheletrico Difetti recettoriali e post-recettoriali Insulino resistenza Glucosio Fegato Aumentata produzione di acidi grassi liberi (FFA) Incrementata produzione di glucosio Pancreas Difetto della secrezione insulinica Tessuto Adiposo RECETTORE INSULINICO/IGF-1 GLUCOSIO PTEN SHIP2 PI(3)K Mek AKT aPKC SGKs TRASPORTO GLUCOSIO MAP chinasi p70rsk PP1 GSK3 Metabolismo del glucosio Sintesi di glicogeno/lipidi/proteine Espressione di geni specifici Differenziazione e crescita cellulare Aumento della espressione genica RECETTORE INSULINICO AMMINOACIDI GLUCOSIO FFA AMMINOACIDI GLUCOSIO PROTEINE FFA TRIGLICERIDI GLICOGENO GLICOLISI/OSSIDAZIONE MUTAZIONI PRINCIPALI NELL’UOMO Nome del Gene Prodotto Genico Fenotipo della malattia •Ins (Bennet et al) •IR (Taylor et al) •IRS-1 (Burks et al) Insulina Recettore Insulinico Substrato del recettore insulinico-1 Substrato del recettore insulinico-2 Fattore di differenziazione neurogenica-1 Peroxisome proliferator activated receptor-g acanthosis nigricans Lamina A/C nucleare Insulino-resistenza, iperproinsulinemia Insulino-resistenza Diabete di Tipo II Alto rischio DR3-DR4 Moderato rischio DR1, DR8,DR9,DR10 Gene dell’insulina Aumento del rischio per l’insorgenza di Diabete Tipo I (Federici et al) •IRS-2 (Mammarella et al) •NEUROD (Malecki et al) •PPARG (Yen et al) •LMNA Diabete di Tipo II Diabete di Tipo II Resistenza insulinica Insulino-resistenza, (Kobberling et al) •Chr 6 MHC (Julier et al) •IDDM2 (Bell et al) Aumento del rischio per l’insorgenza di Diabete Tipo I MODY: MUTAZIONI GENETICHE E FENOTIPI Tipi di MODY Gene Caratteristiche cliniche •MODY 1 HNF-4a Diabete; complicazioni microvascolari, riduzione delle concentrazioni vascolari di trigliceridi, apolipoproteine A II e CIII e lipoproteina Lp(a) •MODY 2 Glucochinasi Aumento delle concentrazioni di glucosio a digiuno, alterata tolleranza al glucosio, diabete, normale rapporto proinsulina/ insulina •MODY 3 HNF-1a Diabete, complicazioni microvascolari, glicosuria renale, aumento della sensibilità alle Sulfaniluree incrementato rapporto proinsulina/insulina •MODY 4 IPF-1 Diabete •MODY 5 HNF-1b Diabete; cisti renali e altre anormalità nello sviluppo renale; insufficienza renale cronica, anormalità congenite del tratto genitale femminile •MODY 6 NeuroD1 BETA2 Diabete Il Maturity onset diabetes of the young, (MODY) è una forma monogenica di diabete mellito dovuto a difetti genetici delle cellule beta. Il MODY è un modello di ridotta secrezione insulinica; la sua frequenza è maggiore nell'infanzia e nell'adolescenza. MODY è causato dal cambiamento di un singolo gene e sei sono i geni identificati. La mutazione o cambiamento di uno di questi 6 geni differenti conducono a diversi tipi di MODY. I geni che causano le varie forme di MODY sono: mutazione del gene che codifica per la glucochinasi che provoca una forma lieve di diabete, la quale non necessita dell'uso dei farmaci (MODY 2). La glucochinasi è presente in maggiori concentrazioni nelle cellule beta del pancreas e nel fegato, catalizza il trasferimento di un gruppo fosfato dall'ATP al glucosio generando glucosio-6-fosfato. Questa reazione è il primo punto di stop nel metabolismo del glucosio (glicolisi). In definitiva la glucochinasi funziona come un sensore di glucosio nelle cellule beta del pancreas. Gli altri 5 geni codificano per fattori di trascrizione e sono situati nel nucleo della cellula beta e regolano la trascrizione del gene dell'insulina e dei geni che codificano per gli enzimi coinvolti nel trasporto e nel metabolismo del glucosio. mutazione del fattore nucleare epatocitico alfa 4 (MODY 1); mutazione del fattore nucleare epatocitico alfa 1 (MODY 3); mutazione del fattore nucleare epatocitico beta (MODY 5); mutazione del fattore 1 promotore insulinico (MODY 4); mutazione del fattore di trascrizione nucleare neuro D1 o beta 2 (MODY 6). I MODY 5-6 sono le forme più gravi. Metabolic Staging of Type 2 Diabetes Peripheral insulin resistance Hyperinsulinemia Impaired glucose tolerance Defective glucorecognition Early diabetes b-cell failure Late diabetes Saltiel AR, Olefsky JM. Diabetes. 1996;45:1661-1669. Curva glicemica: test di tolleranza a carico orale di glucosio Il test di tolleranza a carico orale di glucosio (OGTT Oral Glucose Tolerance Test) viene utilizzato per porre diagnosi di diabete mellito in presenza di valori glicemici dubbi a digiuno. Ricordiamo, a tal proposito, che l'ADA (American Diabetes Association) ha stabilito il valore di 126 mg/dl come soglia limite oltre la quale (a digiuno) si definisce il diabete; quando i valori glicemici si attestano tra i 100 (American Diabetes Association) 110 (Organizzazione mondiale della sanità) ed i 126 mg/dl si parla invece di alterata glicemia a digiuno. somministrazione di 75 grammi di glucosio in 250-300 mL di acqua, entro un arco di tempo che va dai 30 secondi ai 5 minuti (nel bambino, o nel paziente di peso inferiore ai 43 kg, la dose di glucosio sarà pari a 1,75 g per Kg di peso); prelievi ematici prima e due ore dopo l'assunzione, oppure prima e dopo 30', 60', 90' e 120'; nei tre giorni che precedono l'esame il paziente deve assumere almeno 150 grammi di carboidrati al giorno e sospendere l'assunzione di farmaci che possono intervenire con il metabolismo glucidico; al momento dell'esame, che viene generalmente eseguito al mattino, il paziente dev'essere a digiuno da 8-14 ore (l'acqua è consentita, ma non gli alcolici o le bevande zuccherate); non si procede se il valore di glicemia a digiuno è > 126 mg/dl. Possono interferire con i risultati del test la presenza di malattie quali ipertiroidismo, ipercorticosurrenalismo, acromegalia, sindrome da malassorbimento e gastroenteropatie. Livelli Normale glicemici Plasma venoso Digiuno 120' (mg/dl) <110 <140 (mmol/l) <6.1 <7.8 Alterata glicemia a digiuno (IFG) Digiuno 120' > 110 - <126 <140 > 6.1 - <7.0 <7.8 Alterata tolleranza al glucosio (IGT) Digiuno 120' <126 >140 < 200 <7.0 >7.8 Diabete mellito (DM) Digiuno 120' >126 >200 >7.0 >11.1 Il riscontro di glicemia superiore a 200 mg/dL dopo due ore da carico di glucosio indica (se confermato una seconda volta) la presenza di diabete mellito anche se la glicemia a digiuno è inferiore a 126 mg/dL. L'alterata tolleranza al glucosio è una condizione da monitorare costantemente, sia per la possibile evoluzione a diabete mellito, sia per il maggior rischio cardiovascolare rispetto alle persone normoglicemiche. Discorso analogo in presenza di alterata glicemia a digiuno. Visceral Fat Distribution: Normal vs Type 2 Diabetes Normal Type 2 Diabetes Complicanze croniche: Patologie a carico degli apparati CARDIOVASCOLARE (aterosclerosi) VISIVO (retinopatia diabetica, cataratta) URINARIO (nefropatia) Sistema NERVOSO (neuropatia) Gastrointestinale e genitourinario PIEDE DIABETICO INFEZIONI CUTE L’iperglicemia è la causa principale di queste complicanze Quanto migliore è il controllo della glicemia, tanto minore sarà il rischio di comparsa di complicanze croniche Complicanze croniche: Esse si dividono in : complicanze da macroangiopatia che coinvolge i grossi vasi (aterosclerosi coronarica, carotidea e dei vasi periferici) e da microangiopatia che coinvolge i piccoli vasi (retinopatia, nefropatia e neuropatia) Macroangiopatia diabetica E’ la tendenza a sviluppare aterosclerosi più precocemente e più intensamente di quanto non si verifichi nella media della popolazione. Una possibile spiegazione di questo fatto può essere trovata nel processo di glicazione delle lipoproteine (LDL). L’iperglicemia inibisce la replicazione delle cellule endoteliali e favorisce la penetrazione di sostanze aterogeniche negli strati sottoendoteliali La complicanza cardiovascolare costituisce la più frequente causa di morte nei diabetici di tipo 2 e la seconda nel dabetico di tipo 1. Il rischio di infarto miocardico è da 3 a 5 volte maggiore nei diabetici. Altri fattori di rischio sono: Ipertensione Obesità ( associata al diabete di tipo 2 e correlata con fattori di rischio quali diminuzione dell’esercizio fisico, iperlipidemia, ipertensione e insulino resistenza) Dislipidemia ( aumento delle LDL, VLDL e diminuzione delle HDL) La malattia cardiovascolare (CVD o cardiovascular disease) costituisce la maggiore causa di morbilità e mortalità associata al diabete. Numerose evidenze scientifiche dimostrano che i prodotti avanzati della glicazione (AGEs o advanced glycation endproducts) hanno un ruolo cruciale nel processo di aterosclerosi, in particolare nel diabete. Nei pazienti diabetici la glicazione delle proteine tissutali (indotta dalla reazione di queste con zuccheri esosi ridotti) determina una loro alterazione strutturale e funzionale, precipitando lo sviluppo delle complicanze diabetiche. Il processo di glicazione determina la formazione, reversibile, di prodotti precoci della glicosilazione, detti basi di Shiff e prodotti di Amadori (esempio HbA1c). Nel tempo questi prodotti precoci subiscono lenti e complessi riarrangiamenti che determinano la formazione di prodotti avanzati della glicazione (AGEs). Gli AGEs giocano un importante ruolo nello sviluppo e nella progressione della malattia cardiovascolare nelle persone con diabete. Nei pazienti con DM tipo 2 e malattia coronarica (CHD o coronary heart desease), i livelli sierici degli AGEs sono aumentati rispetto ai pazienti diabetici senza CHD, e correlano con la gravità della CHD. Anche dopo correzione per altri fattori di rischio cardiovascolare, resta l’associazione tra livelli sierici di AGE e CHD. Depositi di AGE sono stati dimostrati nelle placche aterosclerotiche. Microangiopatia diabetica E’ un’ alterazione dei vasi capillari che produce le sue più importanti conseguenze a carico del rene (glomerulopatia diabetica), della retina (retinopatia diabetica) e del sistema nervoso periferico (neuropatia diabetica) ed autonomo. La causa di queste alterazioni non è completamente nota. Una possibile spiegazione è che anch'essa dipenda da glicazione di proteine essenziali per l'integrità dei capillari. È tanto più grave e più precoce quanto meno perfetto è il controllo metabolico del diabete. Retinopatia diabetica Si verifica, con il tempo, in circa l'85% dei pazienti e, pur limitandosi per lo più a provocare difetti parziali della visione, può condurre in una percentuale significativa dei casi a perdita completa della capacità visiva, costituendo una delle più comuni cause di cecità tra i soggetti tra i 45 e i 65 anni di età. Le varie tappe della retinopatia diabetica possono essere seguite molto bene con un esame chiamato oftalmoscopia. Può essere semplice, caratterizzata dalla formazioni di piccoli aneurismi (dilatazioni) dei capillari che nutrono la retina, e che si possono rompere provocando delle emorragie retiniche, oppure proliferativa, in cui, alla semplice, si aggiunge anche una nuova formazione di capillari in maniera totalmente anarchica, che facilmente si rompono residuando cicatrici. Il trattamento della retinopatia diabetica ha conseguito notevoli progressi grazie alla fotocoagulazione laser dei vasi neoformati. Neuropatia diabetica Un ruolo lo ha la glicazione di proteine dei nervi. Può interessare il sistema nervoso periferico con distribuzione ad un solo nervo (mononeuropatia), o più spesso a molti nervi (polineuropatia). I disturbi sono più spesso della sensibilità e si manifestano clinicamente con formicolii o dolori con crampi notturni, od anche con disordini della postura e dell'andatura. In conseguenza di questi ultimi disturbi si possono anche avere lesioni delle articolazioni. La neuropatia diabetica colpisce facilmente anche il sistema nervoso vegetativo (autonomo, senza il controllo della volontà) e si manifesta principalmente a carico del sistema cardiovascolare (tachicardia, bassa pressione), gastrointestinale (problemi gastrici e difetti di motilità intestinale che favoriscono la crescita di batteri ed il malassorbimento dei nutrienti). Ulcera diabetica (Piede diabetico) Un problema particolare, che deriva dalla coesistenza della neuropatia e della macroangiopatia è la facilità con la quale i diabetici sviluppano agli arti inferiori ulcere che cicatrizzano con difficoltà. L'evento iniziale è dovuto ad un traumatismo (spesso provocato dallo sfregamento di una scarpa non completamente adatta) che non è percepito a causa delle lesioni sensitive. La coesistenza di scarsa ossigenazione del tessuto a causa della macroangiopatia, e la facilità a presentare infezioni sovrapposte, favorisce l'ulcerazione e rende problematica la sua cicatrizzazione. Per questo motivo le calzature dei diabetici vanno curate in modo particolare, gli eventuali calli debbono essere attentamente controllati (spesso il callo è il primo segno del traumatismo) e va raccomandata l'igiene più scrupolosa. La neuropatia sensitiva è responsabile della progressiva riduzione della sensibilità tattile e di quella del dolore e termica. Ciò comporta il mancato riconoscimento di condizioni potenzialmente patogene. La neuropatia motoria determina invece la progressiva perdita del tono muscolare con atrofia della muscolatura del piede e deformazione del pied con comparsa di dita a martello o ad artiglio. Trattamento: 1. Plantari 2. Gambaletto gessato 3. Scarpe da ginnastica 4. Rimozione dei calli 5. Aspirina 6. Antibiotici Un accurato controllo glicemico riduce la frequenza delle complicanze croniche del diabete. Una riduzione dell’emoglobina glicosilata (HbA1c) si associa ad una riduzione delle complicanze diabetiche Parametri di buon controllo glicemico: 1. Glicemia a digiuno: 80-120 2. Glicemia prima di coricarsi: 100-140 3. HbA1c <7 Rischio Relativo di Retinopatia Diabetica Diabetes Control and Complication Trial (DCCT) Malattia Cardiaca e Ictus nei pazienti diabetici – Evidenze di CHD in 7.5%-20% di pazienti diabetici con una età > a 45 anni – 55% dei decessi nei pazienti diabetici sono causate da malattia cardiaca – L’Ictus si manifesta con una frequenza maggiore di 2- 4 nei pazienti diabetici Complicanze Renali in Pazienti Diabetici – Nefropatia diabetica: proteinuria persistente (escrezione totale >500 mg/die), risulta in patologia renale cronica • 25%-50% di tutti i casi diabetici • mortalità da qualsiasi causa : superiore di 20-40 volte rispetto a pazienti non affetti da insufficienza renale – Progressione della microalbuminuria (secrezione proteica superiore a 30–300 mg/die) • rischio superiore di nefropatia diabetica di 20-30 volte rispetto a pz normoalbuminurico La proteinuria è il principale fattore patogenico responsabile della progressione della nefropatia. Fisiologicamente, l'albumina e le piccole proteine filtrate dal glomerulo vengono ricaptate immediatamente dalle cellule del tubulo prossimale. Nella nefropatia diabetica si ha un aumento della filtrazione proteica che comincia con una proteinuria selettiva per poi terminare in una proteinuria non selettiva. Lo stress subito dal tubulo (che cerca di compensare riassorbendo le proteine) porta ad una fibrosi interstiziale (dovuta alla cascata citochinica) e all'insufficienza renale cronica. Una proteinuria elevata indica uno stato molto grave di malattia e rappresenta anche un notevole fattore di rischio per le malattie cardiovascolari. L'albuminuria deve essere sempre valutata in base alla diluizione (valutata tramite la creatinina urinaria) o mediante la raccolta nelle 24 ore. Quanto migliore è il controllo della glicemia, tanto minore o quantomeno più ritardato è il rischio di comparsa di complicanze croniche TERAPIA DEL DIABETE In comune per entrambi i tipi di Diabete Dieta Esercizio fisico Diabete di tipo 1 Diabete di tipo 2 Insulina Inibitori dell’alpha-Glucosidasi Metformina Tiazolidinedioni Sulfoniluree-Glinidi Insulina TERAPIA DIETETICA Nel Diabete di tipo 1 una corretta alimentazione aiuta a limitare le escursioni glicemiche giornaliere, naturalmente associata ad una adeguata terapia insulinica. Nel Diabete di tipo 2, poiché la maggior parte dei pazienti è in sovrappeso, l’obiettivo è la riduzione del peso. TERAPIA DIETETICA • Carboidrati 55-60%. Cereali e amidi che hanno basso indice glicemico. • Acidi grassi < 27 % • Proteine 10-20% • Percentuale di grassi saturi non deve essere superiore al 17% • L’assunzione di Colesterolo non deve superare i 200-300 mg/die (indice glicemico: aumento della glicemia dopo l’ingestione della sostanza, Paragonato all’aumento dopo l’assunzione di una sostanza di rif, pane bianco) • I grassi omega 3 presenti nel pesce hanno un effetto positivo poiché inibiscono l’aggregazione piastrinica e diminuiscono il contenuto dei trigliceridi • L’assunzione di fibre deve essere fra i 20 e i 35 g/die • • • Limitazione dell’apporto di carboidrati semplici (monosaccaridi e polisaccaridi) ed incremento calorico dei carboidrati complessi Indice glicemico La dieta dovrebbe essere condotta con 20%, 20-25%, 30-35% delle calorie totali richieste rispettivamente a colazione, a pranzo e a cena con un ulteriore 20-30% di calorie prese in due o tre merende Nell’insufficienza renale l’apporto di proteine deve essere ridotto a 0.6g/kg Formula per Calcolare le Calorie Richieste Giornalmente per una persona • 25 cal x sedentario peso ideale (KG) stile di vita • 25 + 10/20 cal attività fisica x peso ideale (KG) con IL FUMO AUMENTA IL RISCHIO DI MORTALITA’ CARDIOVASCOLARE I fumatori presentano un aumento del rischio di ammalarsi di diabete di tipo 2 pari al 44% rispetto ai non fumatori e il rischio aumenta ancora di più se sale anche il numero di sigarette fumate. OBIETTIVO: SMETTERE DI FUMARE Gli effetti deleteri della nicotina sono ben conosciuti dalla maggior parte delle persone (è ormai riconosciuto che il consumo di tabacco si associa ad una aumentata incidenza di tumori polmonari ed è una delle maggiori cause di malattie cardiovascolari come angina, infarto miocardico, ictus, arteriopatia agli arti inferiori). Ma non tutti i diabetici sanno che per loro il rischio di sviluppare tali condizioni è tre-quattro volte maggiore in quanto vengono a sommarsi ad altri fattori di rischio. Il diabete e l'arteriosclerosi condividono molti fattori patogenici in quanto l'iperglicemia di per sè induce molte alterazioni che determinano lo sviluppo di lesioni ai vasi sanguigni. Esercizio fisico • Un’attività non intensa ma moderata (Vo2max del 5060% o < 6.0 MET (Metabolic Equivalents)) per tre cinque volte a settimana è associato ad un miglioramento della sensibilità insulinica. • L’effetto dell’esercizio fisico è transitorio. • L’ esercizio aumenta il rapporto tra tessuto magro, ovvero, muscolare, e tessuto adiposo migliorando l’utilizzazione dell’insulina e riducendo i livelli glicemici. • Migliora l’efficienza del sistema cardiocircolatorio Riposo: il muscolo utilizza acidi grassi liberi (FFA) provenienti dal tessuto adiposo Esercizio moderato: il muscolo passa ad utilizzare sia FFA che glucosio e glicogeno. All’inizio il glucosio deriva soprattutto dai depositi di glicogeno del muscolo in azione. Poi, divengono rilevanti il glucosio circolante e gli FFA, dato che i depositi di glicogeno nel muscolo in azione gradualmente si riducono. Esercizi prolungati: il glucosio di origine epatica non riesce a controbilanciare il consumo periferico, intervengono allora gli FFA, originati dalla lipolisi, provvedendo alla maggior parte del substrato energetico. Durante esercizio fisico, la regolazione dei substrati energetici e il Mantenimento dell’omeostasi glicemica sono attuati dall’azione combinata di insulina e ormoni controinsulari: glucagone, catecolamine, cortisolo e GH. La secrezione endogena di insulina è ridotta durante l’esercizio, mentre si elevano i livelli circolanti di glucagone, catecolamine, cortisolo e ormone somatotropo, in base al carico di lavoro, alla durata dell’esercizio e al grado di allenamento. Durante l’attività fisica, il tessuto muscolare diviene più sensibile all’azione dell’insulina attraverso il seguente meccanismo: 1) Incremento del numero dei recettori per l’insulina 2) Una maggiore sensibilità dei recettori per l’insulina 3) Amplificazione dei meccanismi che determinano il trasporto de glucosio all’interno della cellula. Attività fisica in persone affette da DM1 Nel bambino e adolescente affetti da diabete mellito di tipo 1, la carenza insulinica è compensata dalla somministrazione sottocutanea dell’ormone, che tuttavia non ripristina perfettamente i livelli d’insulina come accade nel soggetto sano. Pertanto in circolo possono essere presenti difetti o eccessi di insulina. Di conseguenza durante l’attività fisica, che richiede una complessa regolazione energetica e ormonale, l’omeostasi glicemica si modificherà in modo differente a seconda dello stato di insulinizzazione del paziente. Se durante l’esercizio fisico il paziente è in condizione di grave carenza insulinica Mancando le minime concentrazioni permissive dell’ormone, si assiste a una esaltata fuoriuscita di glucosio epatico senza un’adeguata utilizzazione del glucosio da parte del muscolo con conseguente IPERGLICEMIA. Incrementano il glucagone , le catecolamine e il cortisolo, i quali determinano una massiva produzione epatica di glucosio, lipolisi e chetogenesi. Se invece il paziente è iperinsulinizzato In questo caso l’esercizio fisico viene praticato in presenza di concentrazioni insulinemiche inappropriatamente elevate, senza il fisiologico decremento indotto dall’attività muscolare. L’eccessiva insulina impedisce un adeguato incremento della produzione epatica di glucosio, ne favorisce però un’aumentata utilizzazione muscolare che è accentuata dall’aumentata sensibilità all’insulina indotta dall’esercizio stesso. Ne consegue IPOGLICEMIA. Il mantenimento dell’omeostasi glicemica durante esercizio fisico è un traguardo non facile da raggiungere in presenza di DM1. Si ottiene solo quando l’attività muscolare viene effettuata in momenti della giornata in cui grazie alla farmacocinetica dell’insulina iniettata le concentrazioni insulinemiche sono basse, meglio ancora se in decremento, simulando la fisiologica riduzione insulino-secretiva del soggetto normale. Un costante e abituale esercizio fisico, di almeno 3-4 volte alla settimana migliora l’efficacia dell’insulina nel paziente con DM1. Adeguatamente istruiti i ragazzi con DM1 possono affrontare l’attività sportiva che, se ben programmata, permette loro di raggiungere risultati sovrapponibili a quelli dei coetanei non diabetici. La massima potenza aerobica è equivalente alla massima quantità di ossigeno che può essere utilizzata nell'unità di tempo da un individuo, nel corso di una attività fisica coinvolgente grandi gruppi muscolari, di intensita' progressivamente crescente e protratta fino all'esaurimento. Viene in genere espressa come Vo2Max : il massimo volume di ossigeno consumato per minuto Il VO2 max è una caratteristica genetica Con l'allenamento il suo valore può essere incrementato dal 10% al 25% Massimo consumo di ossigeno = Frequenza cardiaca x Gittata sistolica x differenza artero-venosa di ossigeno VO2 max = FC x Gs x (Δa-v) Correlazione tra VO2 e FC %VO2max %FCmax Substrato energetico principalmente utilizzato Finalità dell'allenamento 35 50 lipidi dimagrimento 48 60 lipidi dimagrimento 60 70 glucidi lipidi potenza aerobica 73 80 glucidi massima potenza aerobica 86 90 glucidi potenza anaerobica lattacida 100 100 creatina fosfato potenza anaerobica alattacida L'attività fisica, è fondamentale non solo per la prevenzione del diabete, ma anche quando la malattia è già presente, poiché produce molti benefici effetti come il miglioramento della circolazione e la diminuzione del peso. Una adeguata attività fisica a volte consente persino di ridurre il dosaggio dei farmaci ipoglicemizzanti. L’esercizio migliora l’utilizzazione dell’ insulina a livello periferico e riduce quindi la resistenza insulinica. Per un diabetico che comincia a praticare una attività sportiva il primo problema da affrontare con l'aiuto del diabetologo è perciò quello di monitorare con maggiore attenzione la glicemia e valutare eventualmente la necessità di un aggiustamento terapeutico (quantità di insulina iniettata, orario dell'iniezione, quantità di carboidrati assunti con l'alimentazione) in quanto l'attività fisica a seconda del tipo, della durata, dell'intensità è in grado di modificare l'equilibrio insulinico. Nelle ore successive all'attività fisica c'è una aumentata sensibilità all'insulina. Inoltre il calore prodotto dal movimento può favorire un assorbimento più veloce dell'insulina depositata nei tessuti: per un certo lasso di tempo, prima e dopo la pratica sportiva, è bene perciò evitare di iniettare l'insulina nelle zone direttamente coinvolte dallo sforzo muscolare I pazienti diabetici dovranno dare la preferenza a sport di tipo aerobico, cioè che avvengono con uno sforzo costante ma non eccessivo, comportando così meno rischi di ipoglicemia come ad esempio trakking, marcia, ginnastica, nuoto, danza, ecc..., mentre sono da evitare tutti gli sport che comportano sforzi intensi e non costanti come lotta, pugilato, o che possano risultare pericolosi in caso di ipoglicemia come sport subacquei, motociclismo ecc... Quanto più prolungata è l'attività fisica, tanto più accentuata può essere la diminuzione della glicemia; per contro il rischio di ipoglicemia diminuisce più l'attività è aerobica e migliore è l'allenamento. Tutte le persone che praticano sport e che fanno uso di farmaci per il diabete devono: •essere in grado di gestire una eventuale ipoglicemia avendo sempre a disposizione alimenti a base di carboidrati ad azione veloce •portare sempre con sé un documento di riconoscimento e numeri telefonici utili •monitorare la glicemia sia prima che dopo l'attività fisica • munirsi di un abbigliamento appropriato e in particolar modo di scarpe adatte, avendo una cura particolare dei piedi che devono essere frequentemente controllati •assicurarsi un'adeguata idratazione, bevendo anche se non si avverte lo stimolo della sete, soprattutto per allenamenti piuttosto lunghi •non fare una attività fisica se il diabete è scarsamente controllato o se non si è in buone condizioni fisiche. • Praticare sport in compagnia e avvertire gli istruttori Tipi di esercizio fisico e metabolismo Attività aerobiche Jogging Marcia/camminare Pattinaggio Corsa lenta Sci di fondo (lento) Nuoto (lento) Ciclismo (lento in pianura) Danza aerobica Attività anaerobiche Calcio Tennis Pallavolo Basket Sci alpino Body Building Ciclismo su pista Un esercizio di tipo aerobico implica un’attività moderata che utilizza ossigeno per fornire energia necessaria alla contrazione muscolare. Un esercizio di tipo anaerobico invece implica un’attività che richiede sforzi intensi e di breve durata. L’attività aerobica è il metodo ideale per eliminare il grasso corporeo BENEFICI DELL’ATTIVITA’ FISICA AEROBICA Miglioramento della composizione corporea Miglioramento sensibilità insulinica e prevenzione del DM2 Assetto lipidico meno aterogeno (aumento HDL, riduzione VLDL e LDL) Riduzione pressione arteriosa Riduzione mortalità Riduzione mortalità coronarica Riduzione ictus Riduzione cancro colon e mammella Incremento densità ossea e riduzione fratture Riduzione della disfunzione erettile dopo i 50 anni di età Miglioramento della sensazione di benessere fisico e della qualità della vita Nel muscolo scheletrico la pratica regolare dell’esercizio fisico aerobico porta ad una modificazione della composizione in fibre del muscolo striato. E’ stato dimostrato l’aumento delle fibre muscolari lente (rosse), del loro contenuto in mitocondri, lo sviluppo di nuovi capillari muscolari e l’aumento dell’espressione dei GLUT4. L’incremento della massa muscolare associato alla riduzione della massa grassa cambia la composizione corporea. ATTIVITA’ AGONISTICA E DM1 • PERSONE SANE: l’esercizio fisico moderato comporta la riduzione della secrezione endogena di insulina e il concomitante incremento degli ormoni controregolatori. Questo meccanismo serve a prevenire l’ipoglicemia grazie all’incremento della produzione epatica di glucosio che aumenta per sostenere il consumo del glucosio da parte del muscolo scheletrico. L’esercizio fisico massimale induce una risposta adrenergica che stimola il rilascio epatico di glucosio che aumenta 7 volte In questi casi di sforzo massimale la secrezione di insulina aumenta per contenere la tendenza all’incremento della glicemia. PERSONE CON DM1: sono sprovvisti dei meccanismi di regolazione della secrezione insulinica, avendo perso la massa beta cellulare. Esercizio moderato: se praticano la solita dose di insulina sono a rischio di ipoglicemia Esercizio intenso: sono a rischio di iperglicemia Per evitare ciò : controllo frequente della glicemia, prima, durante e dopo l’esercizio per valutare lo schema di somministrazione insulinica in allenamento o gara. CONTROLLO PRIMA DELL’ESERCIZIO • Tendenza all’iperglicemia • Evitare l’esercizio se i livelli glicemici a digiuno sono >250mg/dl ed è presente chetonuria • Cautela con valori >300 senza chetonuria • Tendenza all’ipoglicemia • Ingerire un extra di carboidrati se la glicemia a digiuno è < 100 mg/dl Monitoraggio glicemico prima e dopo l’esercizio • Imparare ad identificare il momento in cui diventa necessario modificare il dosaggio insulinico e di cibo • Imparare a capire come varia la risposta glicemica in rapporto al tipo e all’intensità dell’esercizio Consumo di cibo • Imparare a capire la quantità di carboidrati necessaria per prevenire ipoglicemia • Abituarsi a tenere con se alimenti ricchi di carboidrati facilmente utilizzabili sia durante che dopo l’esercizio Suggerimento: ridurre la dose di insulina regolare prima dell’allenamento del 30% se la durata è inferiore ad 1 ora o del 50% se la durata è superiore all’ora. NB: La stimolazione del trasporto di glucosio permane dopo l’esercizio fisico. E’ necessario ridurre di conseguenza la posologia dell’ insulina anche nelle ore successive ad una seduta di esercizio fisico. Ergometri • Adatti per soggetti in sovrappeso, con scarse capacità motorie e non allenati all’esercizio • Tapis roulant • Cicloergometro • Step • Ellittico • vogatore Miglioramenti indotti dall’esercizio • L’uso degli ergometri nei soggetti in sovrappeso e con alterazioni del metabolismo glucidico permette di ottenere miglioramenti significativi. • Frequenza: 3 volte/sett • La sensibilità all’insulina permane più elevata nelle 72 h successive all’esercizio Miglioramenti Aumento della sensibilità insulinica Riduzione del grasso viscerale Riduzione pressione arteriosa TYPE 2 DIABETES Metabolic Targets Parameter Target Value Fasting glucose whole blood plasma-referenced 80-120 mg/dL 90-130 mg/dL HbA1c optimal goal action level <6% <7% >8% Total cholesterol LDL-C optimal initiate treatment HDL-C Triglycerides <200 mg/dL <100 mg/dL >130 mg/dL >45 mg/dL <200 mg/dL Data from American Diabetes Association. Diabetes Care. 1999;22 (suppl 1):S32-S41; The National Cholesterol Education Program (NCEP) Expert Panel. JAMA. 1993;209:2015-3023. IPOGLICEMIZZANTI ORALI Questi farmai devono essere utiizzati nei pazienti con DM di tipo 2 1- regolatori della secrezione insulinica (Sulfoniluree, Meglitinidi) 2- insulinosensibilizzanti (Metformina, Tiazolidinedioni) 3-modulatori dell’assorbimento del glucosio (inibitori dell’α glucosidasi) Antihyperglycemic Agents for Type 2 Diabetes Ipoglicemizzanti orali: Nel Diabete di tipo 2, in caso di mancato controllo glicemico, viene impiegata, oltre alla dieta e all’esercizio fisico, la terapia farmacologica che include -sulfoniluree (aumentano la secrezione insulinica da parte della beta cellula perché facilitano l’afflusso intrac del calcio determinando il rilascio dei granuli secretori contenenti insulina) -biguanidi (metformina, inibisce la gluconeogenesi epatica e aumenta l’utilizzazione di glucosio a livello periferico) -glinidi (stim la secr insulinica) -inibitori dell’alpha glucosidasi (ritarda l’assorbimento degli zuccheri) -tiazolidinedioni (riducono la sintesi ed il rilascio di citochine infiammatorie e adipochine che aumentano insulino-resistenza ed interferiscono con la secrezione insulinica) MANAGEMENT GUIDELINES Initial Treatment Recommendations FBG >126 mg/dL Diet + exercise FBG 126-140 mg/dL FBG 140-200 mg/dL Sulfonylureas Metformin Metformin Glitazone Glitazone a-Glucosidase Inhibitors Meglitinides a-Glucosidase Inhibitors 200-240 mg/dL Sulfonylureas Metformin If FPG >140 mg/dL or HbA1c >8% Early combination therapy >240 mg/dL No symptoms: Symptoms: Sulfonylureas Insulins TERAPIA INSULINICA L’OBIETTIVO della terapia insulinica è quello di riuscire a mantenere un profilo glicemico il più possibile simile a quello di un individuo non diabetico. Tipi di Insulina disponibili Preparazioni disponibili Lispro/ Aspart/ Glulisina Inizio d’azione 5-15 minuti ultrarapida Picco 1-2 ore Durata D’azione 4-6 ore 30-60 minuti 2-4 ore 6-10 ore 1-2 ore 4-8 ore 10-20 ore Umana Ultralenta 2-4 ore Non prevedibile 16-20 ore Glargina detemir 1-2 ore analogo ultralenta Piatta ~24 ore Umana Regolare Umana NPH/Lenta Tipo di Insulina Azione rapida Regular U500 Azione intermedia NPH Lenta Azione Lunga Ultralenta (Umana) Combinazione NPH/Regular Forma di aggregazione Nella forma quaternaria è un esamero reso stabile dagli ioni di Zinco Protamina, buffer fosfato Sali di zinco, buffer acetato Profilo d’Azione Inizio Picco Durata 0.3-1.0 1-3 1.5 2.4 2-3 6-12 4-12 6-12 6-8 12-18 18-24 18-28 NPH 70%, Regular 30% NPH 50%, Regular 50% 0.5-1.0 0.5-1.0 9-15 3-8 3-8 Per uso intravenoso, intraperitoneale e con l’uso di pompa. Per uso soltanto in casi di estrema insulinoresistenza Il ritardo nel pre-mix prima dell’iniezione può risultare in perdità dell’azione insulinica 22-26 Assorbimento irregolare, non riesce ad imitare una secrezione basale endogena 18-24 18-24 Azione bifasica, non adatta quando sono richiesti frequenti aggiustamenti della dose Amorfa e Cristallina 3-4 Considerazioni Speciali L'insulina aspart è il secondo analogo sintetico dell'insulina umana, dopo l'insulina lispro. Viene preparata col metodo del DNA ricombinante, utilizzando un ceppo modificato di Saccaromyces cerevisiae. Differisce dall'insulina endogena (e da quella umana utilizzata in terapia) per la sostituzione con l'acido aspartico della prolina in posizione 28 sulla catena B. La modificazione nella sequenza degli aminoacidi dà origine ad una insulina assorbita più rapidamente dopo somministrazione sottocutanea, ma con proprietà biologiche simili, dal momento che la posizione B28 non interagisce direttamente col recettore tessutale per l'insulina. L'insulina aspart ha perciò le stesse proprietà fisiologiche dell'insulina umana, stessa potenza e una azione ipoglicemizzante simile, ma con una più rapida comparsa dell'effetto e una più breve durata d'azione. L'insulina umana regolare attualmente in commercio forma nel flacone degli aggregati esamerici. L'insulina aspart ha una minore tendenza a formare esameri e, soprattutto, dopo la somministrazione si scinde rapidamente in dimeri e monomeri a causa della forza repulsiva esercitata dalla carica negativa dell'acido aspartico che sostituisce la prolina (neutra). L'effetto ipoglicemizzante massimo è perciò più precoce rispetto all'insulina umana normale. Infine, le concentrazioni sieriche diminuiscono più rapidamente per tornare ai valori di base in 4-6 ore. Il vantaggio di questo analogo dell'insulina consisterebbe quindi, come per la lispro, in un miglior profilo farmacocinetico: l'insulina aspart può essere somministrata immediatamente prima del pasto, esercitando il suo effetto ipoglicemizzante in concomitanza con l'assunzione di cibo, mentre la sua breve durata d'azione minimizzerebbe il rischio di comparsa di ipoglicemia. L'assorbimento è maggiore quando viene somministrata nella regione addominale rispetto al muscolo deltoide o alla coscia. Al momento, un unico studio comparativo con l'insulina lispro si è limitato a confrontare il profilo cinetico delle due insuline, evidenziando una comparsa d'azione leggermente più rapida per la lispro, una più precoce concentrazione massima di picco e una altrettanto più rapida eliminazione rispetto all'aspart. Numerosi fattori determinano la scelta più adeguata di insulina per ciascun paziente. L'organismo risponde all'insulina secondo modalità che variano da persona a persona. Importanti fattori di cui tenere conto sono la quantità di cibo e bevande assunti, nonché l'entità di esercizio e attività fisica svolti. Il numero di iniezioni che un paziente può praticarsi da solo, la frequenza con cui vengono controllati i livelli glicemici, l'età e gli obiettivi di gestione della Glicemia: tutti questi elementi contribuiscono alla scelta del tipo di insulina e delle modalità di somministrazione. Modalità di assunzione dell'insulina È importante individuare assieme al proprio medico lo schema insulinico ottimale per il tuo organismo e il tuo particolare tipo di malattia. In linea di massima, un paziente con diabete di tipo 1 pratica tre o quattro iniezioni al giorno di una combinazione di insuline. Si ritiene che quattro iniezioni al giorno rappresentino il miglior modo per gestire la glicemia e siano in grado di ritardare o evitare problemi a lungo termine causati dai danni a carico di nervi, occhi e reni dovuti al diabete. Esistono tre modalità di erogazione di insulina: tramite siringhe, penne o microinfusori. Monitoraggio La controparte rispetto all'utilizzo di insulina è il monitoraggio. Gli alimenti assunti, gli orari dei pasti, le modalità e gli orari dell'attività fisica, eventi importanti o forti emozioni, i farmaci e le malattie: sono tutti fattori che influiscono sui livelli glicemici. E le stesse condizioni potrebbero non avere lo stesso risultato in momenti diversi. Ciò significa che i test della glicemia eseguiti con strisce reattive più volte al giorno sono fondamentali. Problemi Associati alla Terapia Insulinica • Variazioni giornaliere nell’assorbimento d’insulina • Il picco d’azione dell’insulina ad azione rapida avviene dopo circa 2-4 h. Questo non consente il precoce e rapido rialzo della secrezione insulinica richiesto per prevenire l’iperglicemia post-prandiale • Rischio di crisi ipoglicemica 3-5 h dopo il pasto specialmente se non viene assunta la merenda • L’insulina ad azione intermedia NPH non può essere rilasciata ad un costante basso livello riproducendo la fisiologica secrezione basale insulinica. Invece ha un picco d’azione dopo circa 4-6 h con un incremento del rischio di ipoglicemia notturna Analogo Dose Picco Durata d’azione (min) Insulina Lispro 10U Insulina Aspart 1U/kg Insulina Glargine 0,3 U/kg 42 vs 101 (ridotto del 58%) ~3 vs ~5 (diminuita del 60%) 52 vs 145 (ridotto del 65%) ~2.75 vs ~3.5 (diminuita del 80%) Senza picco ~22 vs ~ 14 (più lunga del 150%) Diabete: trapianto di cellule beta per dire addio all'insulina Dall''italiano Camillo Ricordi una una soluzione per i diabetici di tipo 1 L'italiano Camillo Ricordi, ha ideato e messo a punto una tecnica che prevede il prelievo di pancreas da donatore cadavere, la preparazione e l'isolamento delle isole di Langherans che contengono le cellule beta le quali producono l'insulina. DIABETE E DENTI Quando si è affetti da diabete, i livelli elevati di glucosio nel sangue possono danneggiare bocca e denti. Il diabete infatti fa aumentare il rischio di malattie delle gengive, carie, perdita dei denti, secchezza della bocca e vari tipi di infezioni orali. E viceversa una cattiva igiene orale può causare maggiori difficoltà nel controllo del diabete. Le infezioni fanno salire la glicemia e si ha bisogno di più insulina per tenerla sotto controllo. Inoltre, il diabete può far diminuire la capacità di gustare il sapore dolce: questo cambiamento può non essere avvertito, ma potrebbe influire sulle scelte di alimenti più dolci, incidendo sulla salute dei denti e sul controllo della malattia stessa. Una patina invisibile formata da batteri, saliva e minuscole particelle di cibo (placca dentaria) ricopre normalmente i denti. I batteri si nutrono di zuccheri e amidi degli alimenti e delle bevande consumati e producono acidi che danneggiano il duro smalto che copre i denti. Le glicemie alte che accompagnano spesso il diabete forniscono ai batteri un maggior approvvigionamento di zuccheri e amidi, causando una più alta produzione di acidi. I danni provocati dall’acido aumentano il rischio di carie. La placca dentaria è causa anche di altri problemi. Se non è rimossa con una pulizia regolare e con l’uso del filo interdentale, si indurisce sotto l’orlo delle gengive trasformandosi in tartaro. Il tartaro, irritando le gengive, causa la gengivite, un’infiammazione che rende le gengive fragili, gonfie e arrossate e le fa sanguinare, quando si puliscono i denti. Per fortuna, il dentista può intervenire a rimuovere il tartaro con una pulizia professionale, in modo da prevenire o curare la gengivite. Se questa infiammazione non è curata, può trasformarsi in una condizione più grave, con infezione batterica delle gengive e dell’osso che circonda il dente (periodontite). Ciò può causare la retrazione della gengiva, che lascia scoperta la radice del dente, e l’allentamento e perfino la caduta dei denti. La gengivite e la periodontite sono le complicanze orali più comuni del diabete. Le persone diabetiche hanno una probabilità tre volte maggiore di quelle non diabetiche di sviluppare una malattia delle gengive. Il diabete inoltre abbassa la resistenza dell’organismo alle infezioni e rallenta la velocità di guarigione. Per cercare di prevenire danni ai denti e alle gengive: •Farsi controllare dal dentista due volte l’anno, avvertendolo di avere il diabete. •Pulirsi i denti almeno due volte al giorno, usando uno spazzolino morbido, e spazzolare anche la superficie superiore della lingua. •Usare il filo interdentale ogni giorno. •Fare attenzione a eventuali segni precoci di malattie delle gengive, come sanguinamento, arrossamenti e gonfiore. In tal caso, consultare il dentista. Il diabete e le altre parti della bocca 1. Secchezza della bocca 2. Infezioni da funghi 3. Il lichen planus della bocca 4. La sindrome del bruciore alla bocca