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Seymour Papert
Seymour Papert Intervista simulata all’inventore del programma Logo Seymour Papert, nato a Pretoria il 1º marzo 1928, è un matematico sudafricano. Intervistiamolo per capire meglio i suoi studi e soprattutto l’utilità del suo programma Logo per l’insegnamento della matematica e della geometria! INTERVISTA - Buongiorno dottor Seymour Papert, la mia intervista mira a conoscere meglio i suoi studi e soprattutto vorrei capire cos’è il programma Logo e come può essere utilizzato nella scuola per insegnare la matematica e la geometria. Partiamo però dalla sua formazione, quali sono stati i suoi studi? Mi sono formato nella mia terra fino al 1954, successivamente mi sono trasferito all’università di Cambridge per svolgere delle ricerche nell’ambito della matematica fino al 1958 per poi proseguire i miei studi di ricerca presso l’università di Ginevra collaborando con Jean Piaget fino al ’63. Qui ho compreso come la matematica potesse aiutarmi a capire in che modo i bambini apprendono. All’inizio degli anni ’60 sono entrato al MIT (Massachusetts Institute of Tecnology), dove ho fondato con Marvin Minsk,informatico e scienziato statunitense, il laboratorio di Intelligenza artificiale. - Lei dice dunque di aver compreso attraverso la matematica come ragionano i bambini, mi può dire a quali conclusioni è giunto? Il processo di apprendimento avviene attraverso la costruzione di rappresentazioni del mondo che ci circonda, che sono utili per capire e gestire gli eventi che si verificano nella quotidianità. E’ proprio da qui che nasce la mia idea di costruttivismo, da cui deriva un’immagine di uomo costruttore. La conoscenza che un uomo può acquisire nel tempo deve essere ancorata alla realtà, per non vivere e pensare come se fosse in un altro pianeta, quindi ha bisogno di restare in contatto con materiali concreti. Questo discorso generale vale per tutti gli uomini a qualunque età e quindi anche per i più piccoli. - In base a ciò che lei sta dicendo, quindi, la matematica e la geometria dovrebbero essere insegnate in modo più pratico partendo dall’esperienza come ci suggerisce la nuova corrente pedagogica basata sulla didattica attiva? Dovremmo insegnare una matematica diversa. La matematica che insegniamo a scuola è completamente inutile, mentre essa costituisce un modo di pensiero attivo. E' quindi inutile cambiare solo il modo di insegnare la stessa materia. Dobbiamo creare, viceversa, un nuovo contesto. Penso, per esempio, che i bambini possano apprendere un modo per realizzare dei meravigliosi progetti con i computer, come costruire dei robot, o fare dell'arte computerizzata con la realizzazione di spettacoli multimediali. La lentezza dello sviluppo di un particolare concetto da parte del bambino non è dovuta alla maggiore complessità o formalità, ma alla povertà della cultura di quei materiali che renderebbero il concetto semplice e concreto. Il bambino apprende così con l'aiuto di artefatti cognitivi. Quindi io sostengo l’uso del computer come supporto all’istruzione e che aiuti a costruire nuove idee. - Parlando dell’importanza del computer, so che lei ha inventato un programma di computer chiamato Logo, mi può spiegare meglio cos’è? Logo è un linguaggio di programmazione orientato alla grafica e alla geometria di base che io ho inventato nel 1967 al MIT ed è pensato per agevolare e migliorare l’apprendimento. Nel corso degli anni '70 il Logo ha cominciato a diffondersi e sono state sviluppate diverse esperienze soprattutto negli Stati Uniti; nel 1980 è nata la LCSI (Logo Computer Systems Inc.), che ancora oggi crea, implementa e produce le varie versioni di Logo che conosciamo anche in Italia. Potrei sintetizzare le sue caratteristiche in questi aggettivi: modularità, estensibilità, interattività e flessibilità, da cui si può facilmente dedurre le grandi potenzialità che questo programma offre per la didattica. - Questo programma è conosciuto anche in Italia? Sì, infatti tra gli ambienti di apprendimento più conosciuti e usati in Italia è la Geometria della Tartaruga. Inizialmente la tartaruga era un robot che eseguiva delgi ordini dati da un computer poi è stata inserita nel computer e si può presentare come un triangolino rivolto verso l’alto che è in grado seguendo delle indicazioni impartite dal soggetto di fare dei disegni e di realizzare forma e immagini. - Perché è così importante per lei questo programma o meglio perché il Logo è legato alla didattica attiva? In genere quando a scuola o in altri ambienti si usa il computer è come se la persona (il bambino nel nostro caso) fosse “affidato” a questo strumento, ovvero è il computer che gli dice cosa deve fare, quindi è come se l’alunno si debba piegare e farsi programmare da lui, arrivando, se si riflette su ciò, a dover sottostare alle sue regole come se il computer ci dicesse cosa fare. Questo a mio parere non è il modo più corretto di utilizzarlo. Per trent’anni ho cercato di capire come sia possibile invertire il processo; dovrebbe essere il ragazzo a programmare il computer, e programmandolo l’alunno impara attraverso l'insegnamento e l'azione. Inoltre, penso che succeda la stessa cosa che accade quando si legge o si scrive. Non ci aspettiamo che i bambini imparino a leggere le storie scritte dagli altri senza mai scrivere, ma si deve saper scrivere per poter imparare a leggere bene, si deve disegnare per poter apprezzare l'arte. Quindi penso che si debba programmare il computer e sapere come si programma se si vuole veramente apprezzarne la potenza. Si tratta di mettere la potenza del computer nelle mani dei ragazzi, in modo che possano capire il potere di questo amplificatore dell'intelletto. Dando ai ragazzi il senso del potere delle idee, della capacità di realizzare progetti molto più difficili di prima, facciamo per i ragazzi la cosa più importante per il loro sviluppo di una coscienza di sé, di ciò che si può fare, di ciò che si può intraprendere nella vita. - Quali risvolti può avere quindi l’uso di questo programma sulla matematica? Quando si parla della matematica mi piace pensare ad un’isola chiamata Matelandia in cui la matematica è la lingua ufficiale. Troppo spesso quando si pensa a questa disciplina ci si sente sempre fortemente limitati, come se in pochi abbiamo la possibilità di coglierne l’essenza. Bisogna uscire dal modo tradizionale di insegnare questa materia, perché viene presentata come se fosse una lingua morta e quindi da imparare in quanto non è dentro di noi ed è conosciuta solo dai maestri che l’hanno studiata per anni. Il vero problema pedagogico quindi non è “come insegnare la matematica”, ma come “ricreare la matematica” , costruire nuovi argomenti a partire da concetti matematici e logici di base che ognuno di noi possiede. Ecco allora che questo approccio si può applicare anche ad altre discipline arrivando a collegare gli ambiti umanistici con quelli scientifici che vengono invece visti sempre come due antipodi che non hanno nulla in comune. - E’ possibile allora arrivare a riassumere i principi di questa nuova matematica? Sì, a mio parere, la matematica dovrebbe basarsi su questi principi: Il primo è il principio della continuità: la matematica deve presentare una continuità con le conoscenze personali ben consolidate Il secondo è il principio di potenza: deve permettere a chi apprende di concepire progetti personali carichi di significato, che non avrebbe mai potuto pensare prima. Il terzo è il principio di risonanza culturale: la materia deve avere senso in un più ampio contesto sociale. • • • - A proposito della geometria, invece, come questo nuovo linguaggio può sviluppare negli alunni le conoscenze relative al mondo delle figure e dello spazio? Ritengo che la tartaruga sia un importante simbolo che permetta ai bambini di identificarsi, infatti i comandi che si devono dare a questo Logo (chiamato anche Tarta) sono indicazioni spaziali di movimento ( avanti, indietro, destra, sinistra), dunque si ricorre alle conoscenze che l’alunno ha già acquisito sulla “geometriacorporea” per approcciarsi così alla geometria formale. Inizialmente infatti l’uso del linguaggio della Tarta è funzionale non all’acquisizione di regole formali, ma nel sviluppare la consapevolezza e la comprensione di come ci si muove nello spazio. - Qual è il ruolo dell’insegnante in questo tipo di didattica? Come in ogni impostazione didattica che si basa sul protagonismo degli allievi, l’insegnante ha un a funzione marginale, in quanto lancia delle proposte che gli alunni devono poi realizzare personalizzandole senza troppo guidarli nella risoluzione dei problemi che deve avvenire per tentativi ed errori ( questi ultimi hanno un’importanza fondamentale per la crescita educativa e didattica), inoltre le consegne devono essere piuttosto generiche lasciando spazio alla creatività del singolo. In classe , dunque , si respira un clima che è tipicamente laboratoriale, ovvero basato sul confronto, l’aiuto reciproco, l’autonomia e la creatività. - A conclusione di questa intervista potrebbe quindi sintetizzare le finalità del programma Logo? Questo linguaggio di programmazione si presta a un utilizzo nella scuola primaria e si basa su questi punti di fondo: 1. favorire la distinzione intuitiva tra chi programma (pensa e costruisce), il programma e chi lo esegue (la tartaruga). 2. la possibilità di avere un immediato feedback tra pensiero e azione rappresentata, e quindi un’attività fortemente caratterizzata dalla presenza di reversibilità e perciò di controllo sull’errore; errore che è esso stesso fonte potenziale di auto correzione. 3. non è di per sé significativo per le abilità prettamente informatiche che comunque sviluppa, ma in ambito matematico e geometrico promuove i seguenti obiettivi: • affrontare in maniera dinamica una serie di concetti e di abilità geometriche (dal concetto di angolo come rotazione, alla costruzione dei poligoni, di tassellature,…); • abituare a scomporre e ricomporre un problema (in questo senso finalizzando il lavoro alla costruzione del programma); • ad utilizzare strutture grafiche e logiche coerenti; • ad abituarsi ad un uso rigoroso del linguaggio artificiale (che tra l’altro assomiglia notevolmente a quello naturale).