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Dimensione sovranazionale dell’elusione
Le problematiche relative all’elusione e all’evasione
fiscale, solitamente ricondotte all’interno dei singoli
ordinamenti interni, hanno assunto, nel tempo, una
dimensione sempre più sovranazionale.
Questo ampliamento si spiega in ragione :
- della
globalizzazione delle economie e dei
mercati. Negli ultimi anni, l’estrema mobilità di
capitali, persone, merci e lavoro dovuta alla
globalizzazione economica ha dato vita ad un nuovo
scenario internazionale in cui sono aumentate in
maniera esponenziale le possibilità di delocalizzare il
reddito da parte dei soggetti passivi di imposta (tax
payers).
- del crescente ruolo giocato dalla variabile
fiscale
Dimensione sovranazionale dell’elusione
Globalizzazione, liberalizzazione economica e
caduta delle barriere valutarie:
- eliminano gli ostacoli alla circolazione
internazionale della ricchezza,
- condizionano le scelte di politica tributaria
degli Stati nazionali, soprattutto riguardo alle
attività economiche o forme di ricchezza più
sensibili
alle
modifiche
dello
scenario
internazionale (si pensi ai capitali finanziari o ai
cespiti immateriali, quali brevetti, licenze, ecc…,
trasferibili con facilità, o alle multinazionali, che
possono facilmente collocare all’estero parte della
produzione per sfruttare, per esempio, il basso costo
della manodopera).
Conseguenze sul piano fiscale della
delocalizzazione delle fonti di reddito
 lo sviluppo di complesse strategie di
Pianificazione Fiscale Internazionale
(PFI);
 la reazione degli Stati, costretti ad
adeguare la legislazione fiscale e l’azione delle
proprie Amministrazioni finanziarie alle mutate
esigenze della nuova economia
Pianificazione
Fiscale Internazionale
Uno schema di PFI:
 può dirsi lecito quando prevede il ricorso a
strutture societarie situate fuori dai confini nazionali
(es. società multinazionali), solo nel caso in cui sia
necessario (e spesso lo è) espandere la propria
capacità produttiva (per esempio da parte delle
PMI), o conquistare nuovi mercati per migliorare la
propria competitività sul fronte internazionale.
 diventa illecito nei casi in cui la PFI sia utilizzata
esclusivamente
(o
prevalentemente)
come
strumento per ottenere un illecito risparmio
fiscale grazie all’utilizzo di meccanismi elusivi o
evasivi, talvolta molto sofisticati e, come tali, difficili
da individuare.
Modalità di reazione degli Stati
In assenza di un espresso principio di cooperazione
tra gli Stati, soprattutto in materia di accertamento e
di riscossione, le autorità fiscali dei Paesi più sviluppati
hanno cercato altri strumenti per contrastare i
meccanismi di elusione/evasione fiscale internazionale:
 sul versante internazionale, hanno proceduto alla
stipula di specifici accordi bilaterali o multilaterali che
prevedono, per esempio, lo scambio di informazioni tra
Amministrazioni fiscali dei diversi Paesi;
 sul versante interno, integrando la propria
legislazione tributaria con una serie di norme di
contrasto
dell’elusione
e
dell’evasione
fiscale
internazionale quali, per esempio, quelle introdotte dal
legislatore italiano nel TUIR in materia di Transfer
Pricing e di Paradisi Fiscali
Norme del Tuir di contrasto
all’elusione/evasione internazionale
NORME SUI PREZZI DI TRASFERIMENTO (TRANSFER
PRICING):
 Art. 110, comma 7 (Operazioni infragruppo);
 Art. 110, comma 2, e art. 9, comma 3 (Valore normale)
NORME ANTI-PARADISI FISCALI:
 Art. 2, comma 2-bis (presunzione di residenza delle persone
fisiche);
 Art. 73, comma 3 (presunzione di residenza dei trust);
 Art. 73, comma 5-bis (Esterovestizione se la società estera si trova
in un paradiso fiscale);
 Art. 110, commi 10 e 12-bis (Indeducibilità dei black costs);
 Artt. 47, comma 4, 59 e 89, comma 3 (Tassazione integrale dei
dividendi provenienti da paradisi fiscali);
 Artt. 68, comma 4, 58 e 87, commi 1, lett. c, e 5 (Tassazione
integrale delle plusvalenze da partecipazioni in società residenti in
paradisi fiscali);
 Artt. 167 e 168 (società estere controllate e collegate “CFC”);
 Art. 168-bis (Paesi che consentono lo scambio di informazioni –
WHITE LIST)
Norme del Tuir di contrasto
all’elusione/evasione internazionale
Ratio: contrastare i fenomeni elusivi/evasivi originati
da rapporti internazionali
Problemi interpretativi ed applicativi, dovuti alla
complessità e alla scarsa uniformità terminologica
delle norme interne (così come introdotte nel Tuir):
 per il contribuente, penalizzato dalla difficoltà di
reperire le prove adeguate per dimostrare (quando la
norma lo prevede) la eventuale liceità delle operazioni
poste in essere;
 per gli organi di controllo, che devono effettuare
le verifiche e raccogliere gli elementi sostanziali per il
recupero di eventuali imposte evase
LA DISCIPLINA DEI
PREZZI DI TRASFERIMENTO
(TRANSFER PRICING)
Art. 110, co. 7 e 2, e Art. 9, co. 3,
del T.U.I.R.
DEFINIZIONE
Per «transfer pricing» si intende il complesso
di tecniche e procedimenti adottati dalle
imprese multinazionali nella formazione dei
prezzi relativi alle cessioni di beni ed alle
prestazioni di servizi che intervengono tra le
diverse società del gruppo operanti in Stati
diversi, al fine di determinare una distribuzione
degli imponibili generati a favore dei Paesi con
fiscalità più leggere.
Schema esemplificativo
Ipotesi:
A = Impresa residente in un Paese ad alta
fiscalità (es. Italia);
B = Società residente in un Paese a bassa
fiscalità (es. Irlanda);
A e B appartengono al medesimo gruppo
multinazionale;
X = bene/servizio scambiato;
VNx = Valore Normale di X = 30;
Manipolazione dei prezzi relativi alle
cessioni o agli acquisti
1) A cede a B il bene/servizio X ad un prezzo di
trasferimento (infragruppo) di 20 < VNx (quindi: B
paga ad A un corrispettivo più basso rispetto al
VNx); in questo modo una quota di reddito pari a 10
resta nel Paese a bassa fiscalità.
2) A acquista da B il bene/servizio X ad un prezzo di
trasferimento (infragruppo) di 40 > VNx (quindi A
paga a B un corrispettivo più alto rispetto al
VNx; in questo modo una quota di reddito pari a 10
viene trasferita nel Paese a Bassa fiscalità.
N.b. nel caso 2) il vantaggio complessivo è maggiore,
perché si ha anche un abbattimento del reddito
imponibile in Italia per effetto della sovraffatturazione
Stato a fiscalità
elevata (Italia)
Stato a fiscalità bassa
(Irlanda)
B cede X = € 40
A
Flussi monetari
B
A cede X = € 20
A e B appartengono allo stesso gruppo societario
DISCIPLINA VIGENTE IN ITALIA
Legislazione:
 Art. 110, commi 7 e 2, Tuir;
 Art. 9, comma 3, Tuir.
Prassi ministeriale:
 C.M. n. 32, prot. n. 9/2267, del 22.09.1980;
 C.M. n. 42, prot. n. 12/1587, del 12.12.1981;
 C.M. n. 271, prot. n. 10/1059, del 21 ottobre
1997.
ART. 110, co. 7, del Tuir
Commento
(costi, ricavi, minusvalenze,
plusvalenze, sopravvenienze, ammortamenti, ecc…) derivanti da
«I
componenti
del
reddito
operazioni con società (società di persone e società di capitali)
non residenti nel territorio dello Stato (residenti anche in
paradisi fiscali), che direttamente o indirettamente (cioè anche
tramite un terzo soggetto) controllano (esercitano un’influenza
economica dominante) l’impresa (cioè tutti quei soggetti ex art.
2082 c.c. che producono reddito d’impresa ai sensi dell’art. 55
Tuir, come imprese individuali, società di persone, società di
capitali, enti commerciali, stabili organizzazioni di imprese
estere, ecc…), ne sono controllate o sono controllate dalla stessa
società che controlla l’impresa (anche qui il controllo deve
intendersi come influenza economica dominante), sono valutati
in base al valore normale dei beni ceduti, dei servizi prestati e
dei beni e servizi ricevuti, determinato a norma del comma 2 (il
quale ci rimanda all’art. 9, comma 3, Tuir), se ne deriva un
aumento del reddito
SECONDA PARTE DELLA DISPOSIZIONE
La stessa disposizione si applica anche se ne deriva
una diminuzione del reddito, ma soltanto in
esecuzione degli accordi conclusi con le autorità
competenti degli Stati esteri a seguito delle
speciali “procedure amichevoli” previste dalle
convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni
sui redditi (Art. 25 del Modello di convenzione OCSE).
La presente disposizione si applica anche per i beni
ceduti e i servizi prestati da società (di persone o
di capitali) non residenti nel territorio dello Stato
(anche in paradisi fiscali) per conto delle quali
l’impresa esplica attività di vendita e collocamento di
materie prime o merci o di fabbricazione o lavorazione
di prodotti (in questo caso il controllo deriva da vincoli
contrattuali e, quindi, risulta più ampio rispetto a
quello previsto dall’art. 2359 c.c.).
RATIO DELLA DISPOSIZIONE
Quale è la finalità?
Evitare la delocalizzazione del reddito, ovvero
il trasferimento di materia imponibile dall’Italia
verso l’estero attraverso l’artificiosa fissazione,
nelle operazioni “intragruppo”, di corrispettivi
diversi da quelli di mercato.
Come persegue tale obiettivo?
Imponendo
l’applicazione
del
valore
normale
Applicazione del valore normale
In sede di dichiarazione dei redditi, l’impresa
italiana deve sostituire il prezzo pattuito per
l’operazione con il valore normale dei beni / servizi
scambiati:
1. Se ne deriva un aumento di reddito
(costo>v.n.;
ricavo<v.n.),
si
computa
automaticamente il componente di reddito
valutandolo secondo il suo v.n.
2. Se ne deriva una diminuzione di reddito
imponibile in Italia (costo<v.n.; ricavo>v.n.) si
applica il v.n. se esistono specifici accordi fra
l’Italia e lo Stato di residenza della società estera
PROFILO SOGGETTIVO
Variabili
caratterizzanti
il
profilo
soggettivo:
1) tipologia di soggetti coinvolti negli
scambi infragruppo;
2) localizzazione delle società non
residenti;
3)
modalità
e
tipo
di
controllo
(diretto/indiretto) tra le parti correlate.
1. Soggetti: forma giuridica
“IMPRESA” (residente): è un concetto più
ampio di società, che comprende tutti i soggetti
che producono reddito di impresa ai sensi
dell’art. 55 del Tuir e, quindi, imprese ind.li,
società di persone, società di capitali enti comm.li,
stabili org.ni.
“SOCIETA’” (non residente): è un concetto più
restrittivo e fa riferimento a tutti quei soggetti
esteri che rivestono forma societaria (società di
persone o società di capitali).
Da una prima lettura della norma sembra, dunque,
che le operazioni infragruppo realizzate con
imprese estere non aventi forma societaria non
debbano rientrare nel campo di applicazione del
Transfer Pricing
2. Localizzazione delle societa’ non
residenti
La norma fa riferimento, da un lato ad
un’impresa residente e, dall’altro, a società
non residenti.
Queste ultime potranno essere residenti:
- in un paese a regime fiscale ordinario;
- poiché la norma non lo esclude, in un
paese a regime fiscale privilegiato (cd.
paradiso fiscale).
3. Modalità e tipo di controllo (diretto/indiretto)
tra le parti correlate
Chi controlla chi?
La società estera B può essere (direttamente o
indirettamente) controllante o controllata ovvero
essere “consorella” dell’impresa italiana A (tramite
l’impresa C che controlla entrambe).
Tipo di controllo
ART. 2359 C.C.?
 L’art. 110, c. 7, Tuir non fa alcun riferimento
esplicito all’art. 2359 c.c., per cui l’A.f. ritiene che
tale concetto vada ampliato rispetto alla norma
civilistica, includendo anche la forma di influenza
economica dominante, ossia un’influenza va oltre
le ipotesi di controllo di cui all’art. 2359 c.c. (sulle
decisioni imprenditoriali)
 secondo
i
canoni
dell’interpretazione
sistematica, che tenga conto dell’uniformità
terminologica e assicuri la certezza nei rapporti tra
Fisco e contribuenti, il controllo va inteso ai
sensi dell’art. 2359 c.c. (Cfr. CT I grado di
Alessandria, 11.12.1995)
Nozione di controllo secondo l’A.f.
Il concetto di controllo “deve trovare collocazione in un
contesto economico dinamico, e comprende ogni forma di
influenza economica potenziale e attuale desumibile
dalle singole circostanze … (C.M. 32/9/2267 del 1980)”
Esso, inoltre, “include ogni forma di influenza economica
potenziale o attuale anche al di fuori dei casi
contemplati dall’art. 2359 c.c.” (Istruzioni della
dichiarazione dei redditi).
Include anche i seguenti casi concreti:
A vende esclusivamente beni fabbricati da B (o viceversa); A ha
il diritto di nominare alcuni membri del CdA o degli organi
direttivi di B (o viceversa); A e B hanno in comune alcuni
membri dei rispettivi CdA; esistono relazioni di famiglia tra le
parti (soci, amministratori, ecc…) riconducibili ad A e B; A ha
concesso ingenti crediti a B ovvero esiste una prevalente
dipendenza finanziaria di A da B (o viceversa); A e B partecipano
a cartelli o consorzi finalizzati, in particolare, alla fissazione dei
prezzi (Circolare n. 32 del 1980)
PROFILO OGGETTIVO
Variabili
1. tipologie di beni e servizi scambiati
nelle transazioni infragruppo;
2. riferimento ai “componenti
reddito”
di
Tipologie di beni e servizi
Il
Transfer Pricing può riguardare le
seguenti operazioni:
- Cessioni di beni materiali;
- Cessioni di beni immateriali;
- Prestazioni di servizi;
- Addebito di interessi infragruppo.
Componenti di reddito
Tipologia: costi, ricavi, minusvalenze,
plusvalenze,
sopravvenienze,
ammortamenti, ecc ...
Solo quelle a titolo oneroso?
Elemento della gratuità
RIFERIMENTO AL “VALORE NORMALE”
L’art. 110, comma 7, del Tuir, laddove fa riferimento
alla determinazione del valore normale, richiama il
comma 2 del medesimo articolo, il quale recita come
segue:
Art. 110, co. 2 - “Per la determinazione del
valore normale dei beni e dei servizi e, con
riferimento alla data in cui si considerano conseguiti o
sostenuti, per la valutazione dei corrispettivi, proventi,
spese e oneri in natura o in valuta estera, si
applicano, quando non è diversamente
disposto, le disposizioni dell’articolo 9; …”
Il concetto di valore normale
Art. 9, co. 3 - “Per valore normale si
intende
il
prezzo
o
corrispettivo
mediamente praticato per i beni e i servizi
della stessa specie o similari, in
condizioni di libera concorrenza e al
medesimo stadio di commercializzazione,
nel tempo e nel luogo in cui i beni e i
servizi sono stati acquisiti o prestati e, in
mancanza, nel tempo e nel luogo più
prossimi...”
Principio di libera concorrenza
L’art. 9, c. 3, del Tuir recepisce il “principio di
libera concorrenza” consigliato dall’OCSE (c.d.
Arm’s lenght principle), codificato all’art. 9
del Modello di convenzione OCSE, secondo
cui trattasi del “prezzo che sarebbe stato
concordato tra imprese indipendenti per
operazioni identiche o similari a condizioni
similari o identiche nel libero mercato”.
METODO DEL CONFRONTO DEL PREZZO
(Comparable Uncontrolled Price Method)
E’ il metodo privilegiato dal legislatore che
consente di applicare il prezzo di libera
concorrenza (Arm’s lenght price) consigliato
dall’OCSE.
Consiste nel confronto fra il prezzo pattuito
per quella transazione e:
1. quello rilevabile dai listini e dalle tariffe del
fornitore (controllo interno)
2. quello basato sulle mercuriali e sui listini delle
camere di commercio, sulle tariffe professionali,
praticato tra imprese indipendenti (controllo
esterno)
METODO DEL CONFRONTO DEL PREZZO
(Comparable Uncontrolled Price Method)
Secondo la C.M. n. 32/1980, questo metodo si basa
sul confronto fra il corrispettivo effettivamente
pattuito per le operazioni infragruppo e quello che
sarebbe stato pagato per analoghe transazioni
intercorse tra imprese esterne al gruppo,
indipendenti tra loro (confronto esterno) o tra
un’impresa del gruppo ed un’impresa indipendente
(confronto interno).
Un’eventuale differenza riscontrata tra il prezzo
effettivamente praticato e l’arm’s lenght price può
essere il segnale dell’esistenza di elementi
distorsivi nei rapporti intercorsi tra le imprese del
gruppo.
ALTRI METODI (TRADIZIONALI)
Nell’ipotesi in cui non sia possibile applicare
il metodo del confronto (prodotto “unico”
realizzato una tantum; beni immateriali ,
marchi, brevetti, …) si può ricorrere al:
1. Metodo del prezzo di rivendita
(Resale Price Method)
2. Metodo del costo maggiorato
(Cost-plus Method)
METODO DEL PREZZO DI RIVENDITA
(Resale Price Method)
Questo metodo è incentrato sul prezzo al quale
il bene, che è stato acquistato da un’impresa
associata, è rivenduto da quest’ultima ad
un’impresa indipendente.
Il prezzo di rivendita deve essere ridotto di un
appropriato margine lordo (cd. Resale price
margin).
Quello che rimane può essere considerato,
dopo gli opportuni aggiustamenti relativi agli altri
costi connessi all’acquisto del prodotto (es. dazi
doganali, spese di commercializzazione, ecc…),
come arm’s lenght price (prezzo di libera
concorrenza).
segue
Questo metodo si applica quando non è
possibile una comparazione in base al
metodo precedente (confronto del prezzo).
E’ un metodo utile nel caso di soggetti che
provvedono alla sola commercializzazione
dei beni.
Al contrario, è sconsigliabile nel caso in cui i beni
subiscano trasformazioni o vengano incorporati in
prodotto più complessi.
METODO DEL COSTO MAGGIORATO
(Cost-plus Method)
Si applica quando non è applicabile il
precedente metodo del prezzo di rivendita.
Consiste nell’aggiungere al costo di
produzione del bene, comprensivo di
tutti i costi diretti e indiretti, un’adeguata
percentuale a titolo di margine di
profitto.
METODI PER DETERMINARE IL VALORE
NORMALE
Nella prassi esistono diversi metodi per la determinazione
del valore normale, i quali si dividono in due
macrocategorie:
1. METODI TRADIZIONALI: basati sulla individuazione
del prezzo congruo di ogni operazione di cessione di beni
o prestazione di servizi infragruppo (Metodo del
confronto del prezzo, quello consigliato dall’OCSE;
Metodo del prezzo di rivendita; Metodo del costo
maggiorato)
2. METODI REDDITUALI: basati sull’utile conseguito
con la transazione infragruppo (questi ultimi sono stati
introdotti sotto la spinta del legislatore americano)
I METODI REDDITUALI
1. Metodo della comparazione dell’utile
(Comparabile Profit Method)
2. Metodo del rendimento del capitale
investito
(Return on Investment Method)
3. Metodo della ripartizione dell’utile
(Profit Split Method)
4. Metodo dei margini lordi di settore
(Gross Margin Method)
METODO DELLA COMPARAZIONE DELL’UTILE
(Comparabile Profit Method)
I profitti netti generati da un’operazione
infragruppo vengono messi a confronto con
quelli
realizzati
da
imprese
indipendenti che svolgono attività
analoghe.
Questo metodo ha il vantaggio di non
essere influenzato dalle differenze funzionali
intercorrenti fra le diverse società in quanto
si incentra sull’esame dei singoli fattori della
catena produttiva.
METODO DEL RENDIMENTO DEL CAPITALE
INVESTITO
(Return on Investment Method)
Il rendimento del capitale investito
generato da un’operazione infragruppo
viene messo a confronto con quelli
realizzati da imprese indipendenti che
svolgono attività analoghe.
METODO DELLA RIPARTIZIONE DELL’UTILE
(Profit Split Method)
Questo metodo si basa sulla ripartizione
dell’utile
derivante
da
un’operazione
infragruppo, sulla base dei fattori produttivi
e dei costi sostenuti dalle imprese del gruppo
coinvolte nell’operazione stessa.
Si tratta di un metodo caratterizzato da un
elevato grado di incertezza.
METODO DEI MARGINI LORDI DI SETTORE
(Gross Margin Method)
Questo metodo si esplica attraverso la
comparazione dei margini lordi di profitto
dello specifico settore economico in cui
operano le imprese che effettuano operazioni
infragruppo.
PROBLEMATICHE
Esistono DUE PROBLEMI fondamentali legati
all’applicazione della disciplina del Transfer Pricing:
1.
l’onere
della
prova
(che
grava
sull’amministrazione finanziaria);
2. il rischio di doppia imposizione (che si
verifica se, a fronte di una rettifica operata dall’A.F.
italiana sul reddito dell’impresa A residente, il Paese
estero non applica la corrispondente rettifica di
segno contrario sul reddito della società estera B).
ONERE DELLA PROVA
In che modo è possibile fornire la prova
dell’elusione da Transfer Pricing?
Non è facile dimostrare che una transazione
internazionale infragruppo sia stata posta in essere con un
fine elusivo. Occorre, innanzitutto, risalire al valore
normale del bene o servizio scambiato.
Nel caso più semplice, gli elementi da cui dedurre il valore
normale possono essere rilevati da listini, tariffe o, qualora
questi non siano disponibili, dai dati contabili.
La situazione si complica nel caso in cui:
- Il prodotto non abbia termini di raffronto perché realizzato su
commissione (una tantum);
- l’oggetto dello scambio sia immateriale (servizi, consulenze, marchi,
brevetti, ecc…).
Nei casi più complessi, come quelli appena citati, in cui non si possa
applicare il met. del confronto del prezzo, è utile ricorrere (come
suggerisce l’OCSE) agli altri due metodi tradizionali (met. del prezzo di
rivendita e met. del costo maggiorato).
RULING INTERNAZIONALE
Una prima risposta del legislatore italiano ai due problemi
citati (onere della prova e rischio di doppia imposizione) è
stata fornita con l’art. 8 del D.Lgs. n. 269 del 2003, entrato
in vigore dal 1°gennaio 2004, che ha introdotto il cd.
Ruling internazionale
Nella prassi si sono sviluppati due tipi di ruling:
1. Public ruling: riguarda le fattispecie più diffuse, che
talvolta assumono la veste di circolari esplicative con
efficacia vincolante sia per i contribuenti che per
l’Amministrazione finanziaria stessa.
2. Private ruling: tipologia diffusa soprattutto nei Paesi a
fiscalità privilegiata; consiste in un accordo finalizzato ad
informare ed indirizzare il singolo contribuente
sull'applicazione delle norme tributarie nell'ambito di
situazioni specifiche e transazioni particolari; è sempre
vincolante per il contribuente che lo ha chiesto e/o, di solito,
anche per l’A.F. che lo ha emesso.
segue
Il R.I. concede la possibilità all’impresa italiana di
stipulare un “accordo” con l’A.f., in base al quale si
fissano preventivamente i criteri di determinazione
del valore normale.
L’accordo ha validità per il periodo d’imposta in corso
al momento della stipula e per i due anni successivi.
E’ vincolante per l’A.f., salvo che non intervengano
modifiche nelle circostanze di fatto e di diritto che
hanno avuto rilevanza all’atto della stipula dell’accordo.
Non elimina totalmente i rischi di doppia imposizione:
l’art. 8 del D.Lgs. 269/2003 si limita a stabilire che “in
base alla normativa comunitaria, l’A.f. invia copia
dell’accordo all’autorità fiscale competente degli
Stati di residenza o di stabilimento delle imprese
con le quali i contribuenti pongono in essere le relative
operazioni”.
Art. 8 del D.Lgs. 269/2003
L’impresa italiana stipula un “accordo” (contratto) con
l’A.f. in cui vengono pattuiti e predeterminati i criteri di
determinazione del valore normale.
L’accordo è valido per il periodo di imposta in corso
al momento della stipula e per i successivi due.
E’ vincolante per l’A.f., salvo che non si verifichino
mutamenti nelle circostanze di fatto o di diritto esistenti al
momento della stipula del “contratto”.
segue
Quanto alla procedura di attivazione del RULING
INTERNAZIONALE : competente a ricevere l’istanza è
l’Ufficio Ruling Internazionale della Direzione Centrale
Accertamento:
 di Milano (per i contribuenti con domicilio fiscale nelle
regioni del Nord);
 di Roma (per i contribuenti con domicilio fiscale nelle
regioni del Centro e del Sud)
 Non elimina i problemi di doppia imposizione: ex
art. 8 cit. “in base alla normativa comunitaria, l’A.f. invia
copia dell’accordo all’autorità fiscale competente
degli Stati di residenza o di stabilimento delle imprese con i
quali i contribuenti pongono in essere le relative
operazioni”
DOPPIA IMPOSIZIONE E
CONTROVERSIE TRA STATI
Qualora l’A.F. di uno Stato proceda alla rettifica del
reddito imponibile di un’impresa A in relazione alle
operazioni realizzate con una consociata B di un
altro Stato, se il reddito di quest’ultima impresa
non subisce un adeguamento di segno opposto, si
verifica un fenomeno di doppia imposizione e,
quindi:
PUO’ SORGERE UNA CONTROVERSIA
Come si risolve???
segue
In linea di principio, per risolvere eventuali
controversie tra Stati in materia di transfer
pricing è possibile:
1. ricorrere alla giurisdizione nazionale;
2. utilizzare la “procedura amichevole” prevista
dalle convenzioni contro le doppie imposizioni (cfr.
art. 25 modello OCSE);
3. affidarsi alla convenzione arbitrale dell’UE
(si tratta della convenzione multilaterale europea
relativa all’eliminazione della doppia imposizione in
caso di rettifica degli utili di imprese associate
introdotta dalla direttiva 90/436/CE).
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