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Diapositiva 1 - Dipartimento di Farmacia
Facoltà di Farmacia LEZIONI DI BIOLOGIA ANIMALE E MICROBIOLOGIA VIROLOGIA AA 2006 2007 1 Generalità sui virus I virus sono agenti patogeni entità acellulari formati da una o più molecole di DNA o RNA racchiuse in un involucro proteico in grado di infettare cellule animali e vegetali e batteri. Le particelle virali complete sono contraddistinte da dimensioni molto modeste (da 10 a 300 nm). Si possono replicare all’interno di cellule viventi e quindi sono dei parassiti intracellulari obbligati La morfologia dei i virus può essere studiata attraverso l’uso del microscopio elettronico La replicazione dei virus avviene nell’organismo di animali suscettibili all’infezione, e sperimentalmente, per inoculazione in animali da laboratorio in uova embrionate di pollo o in colture cellulari I costituenti essenziali sono ac. nucleici e proteine. 2 In tutti i virus è presente un nucleocapside costituito da un ac. Nucleico avvolto da un capside proteico con struttura elicoidale, complessa, icosaedrica. 4 5 6 7 Terminologia core : ac. nucleico + molecola di natura proteica che determina la stabilità dell’acido. capside : struttura proteica che racchiude l’ac. nucleico o il core. capsomero: unità proteica che ripetuta forma il capside non sono legati da legami covalenti. nucleocapside: ac. nucleico + capside. envelope: involucro lipoglicoproteico esterno (ortho- e paramyxo- virus) peplomeri: (neuroamminidasi ed emoagglutinina): proiezioni superficiali che protrudono dall’envelope. le emoagglutinine sono strutture a bastoncino con attività emoagglutinante mentre le neuroamminidasi hanno attività enzimatica. virione: particella virale completa come si può osservare fuori dalla cellula. 8 I genomi virali sono più differenziati ed eterogenei di quelli procariotici ed eucariotici e possono consistere in uno o due filamenti di DNA o RNA, i filamenti di ac. Nucleico sono lineari, circolari o tali da assumere entrambe le forme. I virus sono classificati in base alle caratteristiche degli ac. Nucleici alla simmetria del capside, all’eventuale presenza di un involucro, al tipo di ospite infettato, alle patologie provocate, in caso di virus animali e vegetali. 9 Composizione chimica Acidi nucleici e proteine sono i componenti principali della struttura virale. La tecnica che permette la purificazione dei virus è la ultracentrifugazione in gradiente di densità, questa tecnica permette la separazione di particelle fagiche che sono differenti anche per percentuali dell’ 1% di DNA. Le proteine virali possono essere suddivise in tre classi: proteine che permettono all’ Acido Nucleico di replicarsi, proteine strutturali, che sono costituenti del capside o sono emoagglutinine, proteine che alterano alcune funzioni e strutture della cellula ospite, bloccano ad esempio la trascrizione del DNA cellulare e lasciando così i ribosomi a disposizione dell’ RNA virale. 10 Replicazione e caratteristiche virali Il capside è formato da subunità proteiche che in alcuni virus si aggregano a formare i capsomeri, con peso molecolare tra 10 e 80 KDA (1 Dalton= 1/6 della massa atomica dell’ossigeno 1,66x1024g ). Non sempre tutte le proteine che si trovano nel virus entrano nella formazione del capside a volte esse sono devolute a funzioni di stabilizzazione dell’acido nucleico si tratta delle cosiddette proteine interne in stretta relazione con l’acido nucleico. I virus posseggono una molecola di DNA il cui peso molecolare è 1,5 a 240 x 106 daltons (poxvirus), di solito si tratta di un doppio filamento in genere lineare. Per l’RNA virale quasi sempre si tratta di un filamento a catena singola con peso molecolare da 2,4 a 10-12 x 106 daltons. Non sempre è presente in un’ unica molecola ma viene spesso estratto in frammenti. Nei virioni sono presenti altri costituenti che contengono elevate quantità di lipidi. Questi lipidi sono identici a quelli della cellula dove il virus si è replicato. La quantità di materiale genetico presente è in diretta relazione con il grado di complessità della particella virale. In alcune specie sono presenti rame, biotina, Fad (ruolo funzionale sconosciuto). 11 COSTRUZIONE VIRALE La struttura virale è formata da subunità uguali che vengono ripetute (nei virus a forma icosaedrica) infatti è più efficiente costruire strutture complesse e più grandi a partire da subunità tutte uguali e più piccole. vengono codificati solo pochi peptidi o anche uno solo. non viene richiesta informazione supplementare per l’assemblaggio delle subunità virali. un meccanismo di rigetto è attivo per le subunità non funzionanti. 12 13 CRONOLOGIA DELLE SCOPERTE IN VIROLOGIA 1888-1892 studi sull’afta epizootica e sul mosaico del tabacco (Ivanovsky e Beijerink) dimostrano che queste malattie erano causate da subunità microscopiche che non potevano essere osservate e coltivate come batteri e funghi. Risolutivo fu lo studio sul mosaico del tabacco, si dimostrò che esistevano subunità microscopiche che attraversavano i filtri per batteriologia è quindi presenti in una soluzione capce di infettare un0’altra pianta di tabacco. 1911 ROUS SCOPRE IL VIRUS DEL TUMORE DEI POLLI. 1915 SCOPERTA DEI BATTERIOFAGI E RAPPORTI TRA CELLULA OSPITE E BATTERIOFAGO. 1920 COLTURE CELLULARI VIVENTI IMPIEGATE NELLO STUDIO DELLE INFEZIONI VIRALI DELL’UOMO. 1939 IMPIEGO DELLA MICROSCOPIA ELETTRONICA. 1952 AC. NUCLEICI E INFEZIONE VIRALE(HERSHEY E CHASE). 1970 DIMOSTRAZIONE DELL’ESISTENZA DI UN ENZIMA VIRALE CHE IMPIEGA STAMPI DI RNA PER SINTETIZZARE DNA, LA TRASCRITTASI INVERSA. NEGLI ULTIMI 30 ANNI MESSA A PUNTO DI VACCINI ANTIVIRALI E IMPIEGO DEI VIRUS NELLE BIOTECNOLOGIE E NELLA CURA DELLE MALATTIE. 14 Interazione del virus con la cellula ospite Adsorbimento: interazione tra strutture superficiali del virione e le strutture della cellula. Penetrazione (periodo di eclissi) e svestimento. Replicazione (diversi tipi di replicazione). Maturazione (aggregazione spontanea del materiale genetico con le componenti). Liberazione (periodo di latenza) 15 16 17 GEMMAZIONE PROTEINE DELLA MATRICE E PEPLOMERI GEMMAZIONE ATTRAVERSO APPARATO DEL GOLGI E IL RER 18 ADSORBIMENTO E PENETRAZIONE Il meccanismo di adsorbimento è interamente devoluto al riconoscimento di siti specifici, da parte delle fibre che si distendono ed ancorano il fago al batterio, in un secondo momento gli aculei portano a contatto la piastra basale con la parete batterica, la guaina si contrae e forza la coda a penetrare, l’azione della coda è facilitata dalla presenza di un enzima (lisozima) infine il DNA fagico penetra attraverso il canale. 19 20 Rappresentazione schematica del ciclo replicativo di un virus a DNA doppio filamento. RAPPRESENTAZIONE SCHEMATICA DEI CICLI REPLICATIVI (assenza di integrazione nel DNA della cellula ospite) Rappresentazione schematica del ciclo replicativo di un virus a RNA singolo filamento. (Il filamento viene replicato per intervento di un filamento complementare e dà così origine ai genomi della progenie virale e nel contempo funge anche da RNA messaggero per la sintesi del capside virale. Le proteine dell’envelope si localizzano sulla membrana citoplasmatica della cellula infetta nei siti da cui usciranno le particelle virali che utilizzeranno la membrana modificata come envelope). 21 Integrazione nel DNA della cellula ospite 22 Coltivazione dei virus I virus non possono essere coltivati all’esterno di cellule viventi, per molto tempo la loro coltivazione è stata fatta su uova embrionate di pollo o in animale. Attualmente i virus vengono coltivati su monostrati cellulari associati con antibiotici che ne evitano la contaminazione. Nelle colture su monostrato cellulare compaiono aree di lisi definite placche che possono essere anche colorate. A volte non si ottengono regioni di lisi ma zone dove compaiono effetti citopatici ( a volte non accompagnati da placche). I batteriofagi vengono coltivati impiegando i batteri come coltura. Una coltura batterica torbida a contatto con il fago diventa limpida in conseguenza dell’attività litica 23 Purificazione dei virus e metodi di saggio Centrifugazione differenziale e in gradiente di densità (basata sull’impiego di un gradiente di saccarosio con raccolta delle particelle virali) Precipitazione dei virus con solfato d’ammonio concentrato e raccolta mediante centrifugazione. Denaturazione dei contaminanti con calore o pH. (tollerato dai virus). Digestione enzimatica delle componenti cellulari che non agiscono nei confronti delle particelle virali. 24 Diagnostica virologica Saggio di emoagglutinazione. Basato sulla possibilità che i virus siano in grado di agglutinare i globuli rossi, fornendo un reticolo visibile in relazione alla loro diluizione, la diluizione virale più alta rappresenta il titolo virale. Conta delle placche, ogni placcasi origina dalla moltiplicazione virale. Conta delle particelle virali direttamente al microscopio elettronico Tecniche istopatologiche, sono le più antiche tra quelle usate nel laboratorio di virologia, si usa per questo un microscopio ottico (rabbia, corpi del Negri). Ricerca di antigeni virali: si utilizzano sieri policlonali o anticorpi monoclonali. Specifici per proteine costitutive o non costitutive del virus. Il limite sta nel fatto che non sempre si può disporre dell’anticorpo voluto e che non sempre si ha chiaro il quadro eziologico della malattia. Microscopia elettronica: è una tecnica per individuare virus non noti o per ritrovare le particelle virali in colture di tessuto. Rimane comunque un metodo poco specifico e in parte anche poco sensibile. Metodi quantitativi e qualitativi per la ricerca di Ac. Nucleici virali : PCR, ibridizzazione, 25 L’uso delle uova embrionate di pollo ha rappresentato un metodo adottato grandemente in passato per lo studio dei virus attualmente il mezzo fondamentale per l’isolamento e la propagazione e l’identificazione dei virus animali, è il monostrato cellulare . 26 Nelle colture cellulari infette i segni della moltiplicazione virale possono essere svelati con le procedure più diverse. Per molti agenti virali, si procede all’esame microscopico diretto delle colture infette. La replicazione virale può indurre dei cambiamenti morfologici evidenti delle colture cellulari. Si parla di effetti citopatici, il tipo e la rapidità dello sviluppo sono di grande aiuto per identificare i virus. Le colture cellulari rappresentano attualmente il mezzo fondamentale per l’isolamento e la propagazione e l’identificazione dei virus animali, con l’uso di metodi appropriati hanno consentito di condurre indagini sul ciclo replicativo e sulle caratteristiche genetiche dei diversi virus. L’effetto citopatico più imponente è senza dubbio al lisi cellulare: un esempio è dato dagli enterovirus che producono dopo poche ore dall’infezione i cambiamenti morfologici della coltura. Dopo 12 24 ore le colture cellulari vengono distrutte completamente. 27 28 Epatiti virali Sono flogosi di natura infettiva che colpiscono il fegato. Sintomatologia soggettiva e oggettiva sfumata con forme fulminanti acute e croniche che possono esitare in cirrosi e carcinoma epatocellulare. I virus che possono determinare le epatiti virali si distinguono in minori e maggiori . I virus maggiori sono diversi tra loro non correlati geneticamente, e responsabili dell’epatite infettiva e alimentare. 29 VIRUS EPATITE VIRALE Virus A a RNA (HAV) Virus B a DNA (HBV) Virus C a RNA (HCV) utilizza il capside del Virus δ a RNA (HDV) HBV per la sua replicazione Virus E a RNA (HEV) 30 Epatite virale L’epatite A si trasmette per via oro fecale può contaminare acque e alimenti. Il virus dell’epatite B è un hepadnavirus contiene tre antigeni di superficie, si trasmette per via parenterale, i 10% degli ammalati diventa portatore cronico, la diagnosi dimostra la presenza di precisi marcatori serici. I virus dell’epatite delta, dell’ epatite c, sono virus a trasmissione parenterale. Il virus dell’epatite in genere è un RNA virus che si trasmette in prevalenza con l’ingestione di acque infette, presente principalmente in Asia e Africa. E’ una malattia autolimitante. 31 CARATTERISTICHE EPATITE A EPATITE B 27 nm; involucro assente;RNA; rassomiglia agli enterovirus 42 nm; involucro presente; DNA;unico Trasmissione Fecale - orale Iniezione parenterale ed altre Periodi di incubazione 15-40 giorni 50-180 giorni Autunno e inverno Tutto l’anno Si No Più frequente nei bambini e nei giovani adulti Tutte l’età Insorgenza acuta; comune la febbre > 38°; ittero, etc. Insorgenza insidiosa; la febbre > 38° è poco comune; ittero; immunocomplessi, etc.; più grave della forma A. Epatite fulminante Si no Epatite cronica attiva e cirrosi No Si Virus nelle feci Dal periodo di incubazione fino a 1-2 settimane dopo la guarigione Assente Virus nel sangue Dal periodo di incubazione fino a 1-2 settimane dopo la guarigione Virione Periodo Epidemie Età di incidenza Caratteristiche della malattia Dal periodo di incubazione fino a mesi o anni dopo la guarigione Assente Nel sangue 30-50 giorni dopo l’infezione; persiste da 60 giorni ad anni Validità della profilassi con γ globuline Buona Inefficace a meno che non siano presenti alti titoli di HbS Possibile causa di cancro al fegato no si HBsAg 32 EPATITE A 4 6 SETTIMANE ITTERO, URINE SCURE, ETC. (O ASINTOMATICA) PERIODO DI INCUBAZIONE 15-40 GIORNI INGESTIONE DEL VIRUS MOLTIPLICAZIONE NELL’EPITELIO INTESTINALE VIREMIA PARENCHIMA EPATICO bile Virus nelle feci GUARIGIONE Trasmissione ORO FECALE 33 Antigeni di superficie: HBsAg HBcAg (core) HBeAg Iniezione del virus nel sangue o nei tessuti VIREMIA MOLTIPLICAZIONE EXTRA EPATICA PARENCHIMA EPATICO Infezione cronica del fegato MESI O ANNI 4 6 SETTIMANE PERIODO DI INCUBAZIONE 50-180 GIORNI EPATITE B Guarigione Stato di portatore viremia persistente HBsAg nel sangue Trasmissione (Trasfusione, etc.) Epatite o inf. asintomatica Infezione asintomatica, o epatite cronica, Cancro del fegato, cirrosi epatica Rischi a lungo termine 34 Quadro sinottico degli aspetti clinici, epidemiologici e di decorso delle diverse epatiti virali A B C D E 15-45 30-120 21-90 30-150 21-42 Inizio DI SOLITO ACUTO DI SOLITO INSIDIOSO DI SOLITO ACUTO SINTOMATOLOGIA NON SPECIFICA E ITTERO DI SOLITO ACUTO Ittero 10% DA 15% A 20% VARIABILE 25% IGNOTO Incubazione in giorni Via di trasmissione orofecale CONSUETA ASSENTE Via di trasmissione parenterale RARA CONSUETA Altre vie di trasmissione Portatore cronico Epatite cronica Mortalità ACQUA E CIBO (contaminazione fecale) ALTRI SECRETI(MUCOSITA’) TRASMISSIONE PERINATALE RAPPORTI SESSUALI TRASMISSIONE MENO EFFICIENTE DI HBV IL RISCHIO AUMENTA CON L’AUMENTO DEI RAPPORTI ACQUA E CIBO ASSENTE 5-10% DEI CASI PRESENTE CIRCA IL 50% DEI CASI IGNOTO NESSUN CASO NOTO ++++ ++ ++++ NESSUN CASO NOTO 0,1 – 2% 0,5 – 2% ANCHE MAGGIORE PIU’ DEL 30% NELLE FORME CRONICHE DA 1 A 2% ANCHE MAGGIORE 20% NELLE GRAVIDE, DA 1 A 2% NELLA POPOLAZIONE GENERALE 35 36 Complicanze da epatiti croniche Cirrosi epatica (lett. dal greco : kirr = giallastro + -osi = condizione). Malattia cronica del fegato, a varia etiologia (microrganismi, farmaci, alcol) con flogosi e necrosi del tessuto interstiziale, fibrosi e neoformazione di noduli di rigenerazione parenchimale; i noduli, esercitando compressione ostacolano il flusso venoso epatico ai lobuli con ipertensione portale come complicazione. Seguono nel tempo altre complicanze (ascite, splenomegalia). Epatocarcinoma (lett. dal greco : epar = fegato; karkin= granchio + oma). Tumore maligno del fegato originato dal tessuto epatico, può invadere ed ostruire la vena portale e vene sovraepatiche, causa nche metastasi al polmone ed ai linfonodi regionali. > frequenza in adulti con cirrosi epatica e epatite cronica b e c . 37 Ittero: condizione patologica caratterizzata da colorazione giallastra di cute, mucose e sclere che si verifica con bilirubinemia sup. a 2,5 mg/dl (v.n. fino a 1). L’ittero epatocellulare origina per lesione tossica o infettiva degli epatociti con insufficiente captazione e coniugazione di bilirubina che si accumula nel sangue, si ritrova nelle urine (mobilina) che si presentano color ‘marsala’. Epidemiologia : disciplina che studia la distribuzione degli eventi legati alle malattie in gruppi di persone. Fornisce un utile contributo per la comprensione della etologia delle malattie e quindi per la loro prevenzione. Endemia : indica la presenza costante di una malattia o di un microrganismo in una particolare area o regione. Epidemia : manifestazione a carattere episodico di una malattia , che si diffonde con frequenza più elevata rispetto ai casi attesi (indice di incidenza); in un certo tempo e area valutata per una data popolazione (es. epidemia influenzale). L’importanza dell’ epatite B non risiede tanto nella sua fase acuta quanto nei suoi effetti a lungo termine. Si può instaurare una viremia persistente con uno stato di portatore cronico che può durare anni. In alcuni individui ciò può portare ad epatite cronica ed infine a cirrosi: c’è anche un collegamento tra virus dell’ epatite B ed il carcinoma del fegato. 38 Epatite virale B 39 Rosolia Malattia acuta tipica dell’infanzia ad andamento quasi sempre benigno, incubazione media di 18 giorni con esantema e linfoadenomegalia e con decorso subclinico Virus che si trasmette per via aerea viene eliminato durante gli ultimi giorni della incubazione e i primi giorni della malattia, dopo la replicazione nel tratto respiratorio il virus passa nel sangue e quindi agli organi bersaglio. Il rischio nella donna gravida è che il virus sia trasmesso al feto con danni di varia incidenza a carico degli organi ed anche aborto, rischio grave durante le prime 12 settimane di gravidanza, in questo caso la trasmissione al feto è molto frequente e nel 20% si ha aborto spontaneo. Presenza di IgG a causa di un’ infezione pregressa mentre nel caso di IgM l’infezione è acuta e recente, l’infezione fornisce un’ immunità permanente. Vaccinazione per tutti i bambini dopo i 15 mesi e per le donne in età fertile che non abbiano IgG specifiche contro la rosolia. Il vaccino essendo costituito da un virus attenuato non va somministrato a donne gravide in quanto potrebbe attaccare il feto. 40 In questo caso non vi è trascrizione inversa l’ RNA virale serve per la sintesi di un RNAm direttamente che viene impiegato per la sintesi di nuove proteine. ROSOLIA CICLO DI REPLICAZIONE 41 HIV (human immunodeficiency virus) 1. Malattia del sistema immunocompetente causata da due distinti retrovirus umani HIV 1 e 2 2. La fase asintomatica è notevolmente lunga in cui non si hanno manifestazioni patologiche ma in cui si realizza un forte calo del numero di CD4. 3. La sintomatologia inizia quando il n° di CD4 scende sotto le 300 unità per mm3 4. Antigeni: si tratta di proteine strutturali denominate p24, gp41, gpl, gpl60, queste glicoproteine sono strutturali e in grado di legarsi ai recettori CD4 delle cellule linfocitarie t4 (helper suppressor). Il loro legame determina l’ingresso del virus all’interno del linfocita. 5. Gravi infezioni opportunistiche ed anche micosi esofagee e/o manifestazioni neoplastiche (sarcoma di Kaposi o linfoma del sistema nervoso centrale). 6. Nei soggetti non trattati con antvirali l’evoluzione è in media di 10 anni dal momento dell’infezione. 7. Periodo di incubazione tra 4 e 8 anni, si manifesta con poliadenopatia e linfoadenopatia cronica, il paziente può rimanere asintomatico per un lungo periodo. 8. La terapia è basata su sostanze farmaceutiche in grado di inibire la trascrittasi inversa, o le proteine di legame presenti sulla superficie del virus, o sostanze in grado di inibire i cofattori recettoriali. 42 HIV (human immunodeficiency virus) CICLO DI REPLICAZIONE 43 44 Ingresso dell‘ HIV nella cellula, il legame tra gp120 e CD4 è seguito dalla modificazione della conformazione di gp120 che formano legami , l agp41 completa l’opera favorendo la fusione dell’envelope 45