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Quando il Suono diventa Gesto

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Quando il Suono diventa Gesto
Chiara Sintoni
Quando il Suono
diventa Gesto
Un laboratorio su Pierino e il lupo
di Sergej Prokof’ev
con CD–Rom allegato
Copyright © MMIX
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, 133 A/B
00173 Roma
(06) 93781065
ISBN
978–88–548–2827–8
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: settembre 2009
Ai miei Genitori, con amore e riconoscenza
5
6
Indice
7
Ringraziamenti
Un ringraziamento particolare e affettuoso va a Giuseppina La Face
Bianconi, per il costante interessamento e per i preziosi suggerimenti
che ha voluto elargirmi nell’elaborazione del progetto e nella stesura
dello scritto; a Annadora Scalone, coreografa e danzatrice, per la professionalità, il contributo determinante nell’impiego didattico della
corporeità e la grande umanità dimostrate a me e ai miei allievi; ai
miei piccoli allievi Giulia Azzini, Amanda Bellanti, Arianna Bartolotti, Francesco Sgobbi e ai loro genitori, con affetto e riconoscenza; a
Berta Martini, per i suoi consigli di pedagogista; a Giorgio Pagannone,
per la fiducia e la stima; a Lunara Vago del Dipartimento di Musica e
Spettacolo (Università di Bologna); a mio marito, per la sua discreta e
costante vicinanza e per i preziosi consigli coi quali mi ha accompagnato in quest’impresa.
8
Indice
Indice
11
Presentazione
13
Capitolo I
Musica, gestualità e movimento nella didattica della musica
1.1. A mo’ di premessa, 13 – 1.2. L’esperienza didattica di Émile Jaques–
Dalcroze, 14 – 1.3. L’esperienza didattica dell’Orff–Schulwerk, 19 – 1.4.
La situazione attuale, 24 – 1.5. L’aspetto ludico e motorio nell’educazione
musicale nella scuola dell’infanzia e primaria, 30
39
Capitolo II
L’ascolto musicale
2.1. Premessa. La funzione dell’ascolto consapevole, 39 – 2.2. Scelta del
repertorio, 44
47
Capitolo III
Il laboratorio su Pierino e il lupo… quando il suono
diventa gesto
3.1. Premessa. Questioni di metodo, 47 – 3.2. Fondamenti e obiettivi del
laboratorio, 53 – 3.3. “Pierino e il lupo” di Sergej Prokof’ev, 55 – 3.4. Il
percorso didattico, 59 – 3.5. I brani analizzati, 62 – 3.5.1. Tema di Pierino,
63 – 3.5.2. Tema dell’Uccellino, 65 – 3.5.3. Tema dell’Anatra, 66 – 3.5.4.
Tema del Gatto, 67 – 3.5.5. Tema del Nonno, 69 – 3.5.6. Tema di Pierino –
variazione I, 71 – 3.5.7. Tema del Nonno – ripresa e conclusione, 72 –
3.5.8. Tema del Lupo, 73 – 3.5.9. Balzi del Lupo, 75 – 3.5.10. Tema dei
9
Indice
10
Cacciatori/Spari, 76 – 3.5.11. Parata finale: il duetto del Gatto e del Nonno,
77 – 3.5.12. Il canto dell’Anatra e la conclusione della storia, 78
81
Bibliografia
Presentazione
Questo volume è rivolto ai docenti della scuola dell’infanzia e primaria e propone un itinerario didattico d’ascolto e movimento. Illustra
un laboratorio realizzato in contesti didattici e scolastici bolognesi sulla base di aggiornati e innovativi presupposti teorici e metodologici.
Il lavoro poggia su un’idea di fondo: il movimento corporeo traduce con immediatezza le caratteristiche costruttive della musica che si
ascolta e permette a sua volta d’affinare la comprensione di quella
musica.
L’ascolto guidato dal docente consente ai bambini di cogliere gli
elementi del discorso musicale: il movimento s’origina dall’ascolto attento del brano, dall’individuazione dei suoi elementi costitutivi ed è
dunque funzionale alla comprensione musicale.
L’attività è esposta passo passo. Gli esempi musicali, le foto, il CD
coi temi musicali dei personaggi della fiaba arricchiscono il volume e
consentono al lettore di realizzarlo autonomamente.
L’auspicio, perciò, è che a partire da questa proposta, gli insegnanti
ne realizzino poi molte altre, proprie e personali.
11
12
Indice
Capitolo I
Musica, gestualità e movimento
nella didattica della musica
1.1. A mo’ di premessa
Il legame tra la musica e la corporeità nei suoi aspetti molteplici ricorre con frequenza nella riflessione psico–pedagogica degli ultimi
decenni e talora ne è al centro: l’impiego del movimento e della gestualità in relazione all’ascolto musicale rappresenta infatti una risorsa
irrinunciabile nella didattica rivolta all’età della scuola dell’infanzia e
primaria.
Il panorama formativo odierno, nella scuola d’infanzia e dell’obbligo, prevede percorsi didattici assai diversificati; quasi sempre essi
sono incentrati su un’esperienza della musica essenzialmente pratica e
fisica. Tale esperienza si fonda spesso sul “fare musica”: abbia essa un
carattere di maggiore o minore improvvisazione, impieghi o no strumenti musicali, si fondi o meno sull’uso di partiture o altri supporti,
costituisce spesso un’attività mediata dalla fisicità. Nel nostro percorso cercheremo di superare alcuni dei limiti insiti in tale impostazione e
cercheremo di conferire centralità ad un aspetto sovente trascurato:
l’ascolto. Nella nostra prospettiva, la corporeità costituisce un medium
per l’ascolto. Prima di descriverlo e di indicare i presupposti e gli aspetti innovativi, ci sembra opportuno ricordare come si è configurato
il panorama didattico attuale, all’interno del quale la presente proposta
si inserisce.
13
Capitolo I
14
La situazione odierna si è delineata sulla scia di metodi, tecniche e
procedure che hanno attraversato il Novecento e fanno leva sulla corporeità nell’avviare alla musica; alcune metodologie didattiche, come
ad esempio l’Orff–Schulwerk o anche il Jaques–Dalcroze, sono a
tutt’oggi d’impiego piuttosto frequente. È necessario dunque richiamarle per sommi capi.
1.2. L’esperienza didattica di Émile Jaques–Dalcroze
L’utilità didattica di un’educazione col ritmo e al ritmo, inteso non
soltanto come esperienza musicale primaria essenzialmente corporea,
ma, in senso più ampio, come legame indissolubile tra gesto–gestualità e suono–musica, e dunque come educazione alla musica, è
stata compresa con chiarezza tra lo scadere del XIX secolo e l’inizio
del XX, nell’ambito della Körperkultur tedesca1, proiettata verso una
nuova definizione fisica morale artistica dell’uomo. Nel campo
dell’educazione musicale, il compositore e didatta ginevrino Émile Jaques–Dalcroze (1865–1950)2 fu il primo a concepire il legame musica–movimento non soltanto come interiorizzazione delle componenti
puramente ritmiche del linguaggio musicale e come acquisizione della
1
La riscoperta del corpo rappresenta la base di un vasto e complesso movimento culturale
e ideologico che caratterizzò la Germania tra la fine del secolo XIX e l’inizio del XX. La cosiddetta Jugendbewegung (Movimento giovanile tedesco), nata sulla scia della ribellione dei
giovani borghesi agli stili di vita stereotipati e oppressivi dei loro padri, teorizzò un ritorno alla natura, alla quale veniva riconosciuta una bellezza e una purezza originaria e incontaminata, «adatta a forgiare […] spiriti e corpi forti e vitali». Tale forma mentis portò alla riscoperta
e all’esaltazione della vita all’aria aperta; come conseguenza, anche le attività connesse con
l’uso del corpo e del movimento generarono una vera e propria Körperkultur (Cultura del
corpo) che ebbe ricadute in tutti i campi del sapere, dell’arte in particolare, e nello stile di vita
dei giovani tedeschi (E. CASINI ROPA, “La cultura del corpo in Germania”, in AA.VV., Alle
origini della danza moderna, a cura di E. Casini Ropa, Il Mulino, Bologna 1990, p. 81 ss.).
2
É. JAQUES–DALCROZE espone il proprio pensiero pedagogico e la metodologia didattica
nei tredici saggi raccolti nel volume Le rythme, la musique et l’éducation, Lausanne 1920.
L’opera apparve in trad. it. Il ritmo, la musica e l’educazione per i tipi di Hoepli (Milano,
1925). Nel 1986 fu nuovamente pubblicata dalla ERI Edizioni RAI di Torino nella traduzione
di Ava Loiacono Husain, Introduzione di Louisa Di Segni–Jaffé. L’edizione 2008 (EDT, Torino) include uno scritto introduttivo di Carlo Delfrati dal titolo “Attualità di Jaques–
Dalcroze” (pp. VII–XI) e una nuova Introduzione di Louisa Di Segni–Jaffé (pp. XIII–
XXVIII). Del volume è uscita la mia recensione sul sito del «Saggiatore musicale –SagGEM»
(http://www.saggiatoremusicale.it/saggem/ricerca/letture_critiche/sintoni_dalcroze.php).
Musica, gestualità e movimento nella didattica della musica
15
coordinazione corporea, elementi fondanti l’educazione musicale infantile, ma anche, e soprattutto, come esperienza motoria consapevole,
finalizzata alla comprensione del linguaggio musicale: la pulsazione
ritmica, i parametri musicali fondamentali ― altezza, intensità, timbro, durata ― le pause, gli accenti, i tempi, le misure, il fraseggio, la
struttura formale sono sperimentati fattivamente e assimilati a livello
sensoriale e cognitivo.
Secondo l’autore, la musica, in quanto arte temporale per eccellenza, è costituita da suono e movimento; il movimento è parte costitutiva
sia del ritmo, sia del suono:
Il suono è una forma di movimento di natura secondaria. Il ritmo è una forma
di movimento primaria. Gli studi musicali devono, di conseguenza, iniziare
con esperienze motorie. Tutte le membra ― prima separatamente, poi simultaneamente ed infine il corpo intero ― dovranno essere messe ritmicamente
in movimento, impegnandosi ad osservare ed a regolare le forme del movimento e cioè i rapporti tra energia, spazio e tempo3.
L’esperienza didattica denominata Ritmica (Rythmique)4 prevede
tre livelli progressivi, che hanno lo scopo di educare il corpo,
l’orecchio e la mente: la ritmica propriamente detta, il solfeggio e
l’improvvisazione al pianoforte.
Le premesse pedagogiche e gli esercizi che caratterizzano il percorso
didattico nel primo livello si applicano quindi ai due livelli successivi.
Il livello elementare (ritmica) realizza il connubio mente–corpo attraverso l’impiego consapevole della corporeità in relazione all’ascolto musicale.
Il livello intermedio (solfeggio) crea il collegamento tra gli esercizi
di ritmica e l’impiego della voce. Il solfeggio sviluppa le funzioni auditive e le facoltà analitiche, l’istinto tonale e il senso armonico; esso
insegna
3
Ivi, p. 37.
Si considera il termine nell’accezione latina (rhythmus) e greca (rhytmòs, risalente alla
radice rhéō, “scorrere”).
4
Capitolo I
16
ad ascoltare ed a rappresentarsi mentalmente le melodie ed il loro contrappunto in tutte le tonalità ed in tutte le combinazioni armoniche, a leggerle a
prima vista, ad improvvisarle vocalmente, ad annotarle e a comporle5.
L’improvvisazione pianistica segna il punto di arrivo della metodologia dalcroziana. Essa rappresenta la sintesi delle nozioni di ritmica e
solfeggio applicate allo studio del pianoforte e la loro esteriorizzazione musicale attraverso il tocco6.
L’improvvisazione «risveglia il senso tattilo–motorio ed insegna
agli allievi ad interpretare al pianoforte il pensiero musicale di natura
melodica, armonica e ritmica»7.
Alla base della ritmica vi è uno studio accurato del gesto e del movimento in relazione all’ascolto musicale: il perfezionamento dei mezzi fisici determina la chiarezza della percezione e favorisce la comprensione e l’interiorizzazione di tutti gli elementi che compongono il
linguaggio musicale8. In quest’ottica, il movimento rappresenta
5
Ivi, p. 56. Per una trattazione dettagliata del percorso didattico, si rimanda il lettore a É.
JAQUES–DALCROZE, op. cit., cap. V “La ritmica, il solfeggio e l’improvvisazione”, pp. 52–72.
6
Il percorso didattico dell’improvvisazione pianistica si articola in due fasi. La prima è
caratterizzata dall’applicazione degli esercizi di ritmica allo studio del pianoforte. Tali esercizi hanno lo scopo di creare il “senso muscolare” (in questo caso, si può parlare di vero e proprio “senso della tastiera”) funzionale all’esecuzione pianistica. Come spiega Louisa Di Segni–Jaffé nell’Introduzione agli scritti di Jaques–Dalcroze, la percezione fisica e sensoriale
dello strumento è sviluppata attraverso lo studio degli intervalli; una volta assimilati, gli intervalli diventano oggetto di un impiego consapevole e mirato nelle improvvisazioni al pianoforte. La tecnica pianistica viene esercitata con esercizi mirati, ad esempio l’esecuzione di sequenze melodiche per le cinque dita eseguite da una mano e ripetute dall’altra per moto contrario, poi per moto parallelo (l’impiego del moto contrario consente all’allievo di impiegare
le cinque dita delle due mani nello stesso ordine). Seguono esercizi sulla dissociazione delle
mani (ogni mano adotta ritmi, dinamiche, misure, frasi e tocchi diversi). In seguito si passa allo studio della letteratura pianistica vera a propria: il Mikrokosmos di Béla Bartók costituisce
un ottimo punto di partenza (L. DI SEGNI–JAFFÉ, Introduzione al volume di É. JAQUES–
DALCROZE, op. cit., par. “Metodologia didattica”, ed. 1986, cit., pp. 23–24).
7
Per una trattazione dettagliata del percorso didattico, si rimanda il lettore a É. JAQUES–
DALCROZE, op. cit., cap. V “La ritmica, il solfeggio e l’improvvisazione”, pp. 67–72.
8
Scrive Jaques–Dalcroze: «La coscienza del ritmo è la facoltà di rappresentarci ogni successione ed ogni combinazione delle frazioni del tempo in tutte le loro sfumature di velocità e
di intensità. Questa coscienza si forma mediante la ripetizione di contrazioni e rilassamento
dei muscoli in tutti i gradi di forza e di tempo» (ivi, pp. 30–31). Allo stesso modo, «la coscienza del suono è la facoltà della mente e dell’essere intero di immaginare, anche senza
l’aiuto della voce o di uno strumento, qualsiasi successione e combinazione di suoni e di riconoscere qualsiasi melodia o armonia […] Questa coscienza si forma per mezzo di esperienze
ripetute, al fine di educare sia l’orecchio sia la voce» (ivi, cap. III “L’iniziazione al ritmo”, p.
Musica, gestualità e movimento nella didattica della musica
17
l’intermediario tra i suoni, le strutture e gli elementi fondanti il discorso musicale e il nostro pensiero. La ritmica mira dunque allo sviluppo
del senso ritmico e musicale del bambino non solo tramite il ricorso
alla ripetizione di movimenti regolari e simmetrici9; essa mira da un
lato a creare automatismi e ad assicurare l’equilibrio del funzionamento muscolare, dall’altro a stabilire connessioni rapide tra la mente, che
comprende elabora analizza velocemente, e il corpo, favorendo la capacità di reagire con prontezza a sollecitazioni di vario tipo10. Una delle caratteristiche della metodologia dalcroziana è infatti quella di abituare i bambini ad una rapida reazione a sollecitazioni sonore. Questa
reazione può essere motoria (nella ritmica), vocale (nel solfeggio) o
strumentale (nell’improvvisazione pianistica) e viene indotta da elementi musicali contrastanti (alternarsi di suoni e silenzi, di durate di
diverso valore, di cambiamenti improvvisi di intensità, timbro, altezza), oppure da elementi musicali gradualmente diversi (cambiamenti
progressivi di velocità, intensità, dinamica, ecc.).
Un altro genere di sollecitazione interessa gli esercizi fondati sul
comando vocale dell’insegnante. Nella pratica dalcroziana, tale segnale corrisponde all’esclamazione “hop”. Gli esercizi scanditi dal segnale di comando pronunciato dall’insegnante inducono un cambiamento
nella gestualità e nel modo di eseguire l’esercizio, secondo direttive
30). Il concetto di “coscienza del suono” è stato ripreso da Edwin E. Gordon come punto nodale della Music Learning Theory e sintetizzato nel termine audiation: «L’audiation si realizza quando si sente e si comprende mentalmente una musica il cui suono non è mai stato prodotto o non è più fisicamente presente; al contrario, la percezione uditiva si verifica quando si
ascolta della musica il cui suono è fisicamente presente» (E.E. GORDON, L’apprendimento
musicale del bambino dalla nascita all’età prescolare, Curci, Milano 2003, cap. III “Audiation e music learning theory: Audiation”, p. 29). In sostanza, la audiation è «l’abilità di sentire e
comprendere nella propria mente la musica» (A. Apostoli, E.E. GORDON, Ascolta con lui, canta
per lui. Guida pratica allo sviluppo della musicalità del bambino (da 0 a 5 anni) secondo la
“Music Learning Theory” di E.E. Gordon, Curci, Milano 2005, p. 14).
9
Scrive Jaques–Dalcroze: «La marcia regolare è la scomposizione naturale dei battiti in
parti uguali ed è il modello di ciò che definiamo pulsazione o tempo. L’accentuazione di un
passo su due, di un passo su tre o su quattro crea l’accentuazione metrica; se in una serie di
passi uguali, un movimento della mano accentua ora un passo, ora un altro, ecco che il gesto
crea l’accentuazione ritmico–dinamica» (É. JAQUES–DALCROZE, op. cit., cap. III “Un tentativo
di riforma dell’insegnamento musicale nelle scuole”, p. 26). In ultima analisi, Jaques–
Dalcroze attua una distinzione molto netta tra “ritmo”, che si identifica col fraseggio musicale, il metro, ovvero il “tempo”, e la “pulsazione”.
10
Ivi, cap. V “La ritmica, il solfeggio e l’improvvisazione”, p. 54.
Capitolo I
18
precise; dunque, essi hanno lo scopo di sollecitare l’allievo ad una risposta psico–motoria immediata e creano inoltre i presupposti per un
ascolto riflessivo mediato da un uso consapevole della corporeità. Ecco
un esempio, tratto dagli esercizi di divisione e accentuazione metrica:
Il bambino impara a distinguere le varie misure camminando i tempi e accentuando, con un colpo del piede in terra, il primo tempo di ogni misura. I gesti
delle braccia accompagnano ogni passo e accentuano con forza il primo tempo per mezzo di una contrazione muscolare completa. Sui tempi deboli i passi
e i gesti devono essere eseguiti con il minimo sforzo muscolare. Poi, seguendo dei comandi improvvisi, alla parola hop il bambino deve poter impedire
repentinamente ad un braccio di contrarsi o ad un piede di battere per terra.
Oppure, questo stesso hop lo obbligherà a battere immediatamente il piede
per terra senza anticipare o ritardare il movimento […] o a sostituire ad un
movimento dei piedi quello del braccio. È estremamente difficile isolare i
movimenti delle gambe da quelli delle braccia; solo con la ripetizione di questi esercizi si può arrivare a creare automatismi distinti11.
Alcuni esercizi educano il bambino a fermarsi all’improvviso o in
modo graduale, a cambiare il senso di marcia, a saltare a comando
senza perdere il senso del tempo, a sdraiarsi per terra senza risultare in
anticipo, o in ritardo, rispetto alla musica ascoltata. In sostanza,
l’impiego del comando vocale dell’insegnante caratterizza la fase iniziale del percorso didattico della ritmica, e serve a creare automatismi
e a sviluppare l’azione sincronica mente–corpo. Allorché l’allievo è in
grado di eseguire i movimenti in un certo ordine e di sostituire al segnale vocale certi movimenti ad altri, è pronto a fare a meno dei comandi e a sviluppare le proprie capacità di ascolto vero e proprio, in
relazione alle peculiarità del brano oggetto di indagine. Tramite una
serie di esercizi sempre più complessi, il bambino impara ad utilizzare
con consapevolezza e naturalezza meccanismi muscolari diversi: ad
esempio, a misurare le durate a seconda delle sensazioni di tensione e
di estensione dei muscoli e di apertura e chiusura del corpo nello spazio, a coordinare le varie dinamiche corporee e a servirsi della valutazione dello spazio per controllare la durata e l’intensità delle contrazioni muscolari, in relazione alla musica.
11
Ivi, cap. V “La ritmica, il solfeggio e l’improvvisazione”, p. 57 (mio il corsivo).
Musica, gestualità e movimento nella didattica della musica
19
Il rimando ad un ascolto musicale razionale, critico e consapevole è
dunque continuo e costante. L’impiego controllato della corporeità in
rapporto all’energia, al tempo, allo spazio è finalizzato a cogliere con
la maggiore precisione possibile gli aspetti intrinseci del linguaggio
musicale, anche in relazione a brani nei quali non è preponderante
l’aspetto ritmico. In merito all’importanza dell’ascolto consapevole e
al rapporto circolare tra ascolto e corporeità, Jaques–Dalcroze scrive:
C’è qualcosa di profondamente assurdo nel fatto che, proprio perché l’istinto
musicale è basato sull’esperienza dell’udito, si insegni al bambino soltanto a
suonare o a cantare e non a sentire e ad ascoltare. […] Secondo me,
l’educazione musicale deve basarsi interamente sull’ascolto […] L’orecchio
deve abituarsi gradualmente a discernere il rapporto tra le note, tra le tonalità,
tra gli accordi ed il corpo intero deve iniziare, grazie a esercizi speciali, a
percepire le sfumature ritmiche, dinamiche e agogiche della musica12.
L’uso di palline, elastici e altri materiali che, in virtù delle loro qualità intrinseche, sono idonei a sottolineare elementi di volta in volta
ritmici (pulsazione, battuta, accento forte e accento debole, eccetera) o
fraseologici di un brano musicale, rappresenta un ulteriore segno distintivo della metodologia Jaques–Dalcroze. Nondimeno, l’impiego
didattico di tali materiali non costituisce un banale pretesto per realizzazioni sonore o coreografiche collettive, né un espediente di semplice
sincronizzazione gesto–musica. Mira anzi a sviluppare la comprensione musicale attraverso un ascolto cosciente, riflessivo e critico, mediato da una gestualità consapevole e controllata; a instaurare il sincronismo mente–corpo; a formare il “senso muscolare”, dunque a consolidare la “coscienza musicale” sulla base della “percezione intenzionale”13.
1.3. L’esperienza didattica dell’Orff–Schulwerk14
Anche la variegata esperienza didattica racchiusa nell’Orff–
Schulwerk15 pone l’accento sul valore del movimento quale elemento
12
Ivi, cap. IV “La musica e il bambino”, pp. 49–50.
La terminologia è ripresa dal volume di É. JAQUES–DALCROZE, op. cit., Introduzione,
par. “Metodologia didattica”, ed. 1986, cit., p. 21 ss.
14
Opera didattica o opera scolastica (dal ted. Schule, scuola, e Werk, opera).
13
Capitolo I
20
intrinseco e insopprimibile della prassi musicale elementare. Attraverso il movimento il bambino «scopre e sperimenta il proprio corpo, esplora lo spazio in cui si muove e stabilisce rapporti con le cose e le
persone che lo abitano con lui: in una parola apprende, cioè sviluppa
la propria coscienza e conoscenza dell’esterno»16.
Diversamente dai didatti che l’hanno preceduto ― Jaques–Dalcroze,
Kodály ―, il compositore e didatta bavarese Carl Orff (1895–1982) ha
affidato la stesura scritta della propria concezione didattica a due collaboratori: Fritz Reusch, autore di Grundlagen und Ziele des Orffs–
Schulwerks17, e Wilhelm Keller, autore di Einführung in “Musik für
Kinder”18, pubblicati in un volume unico dalla casa editrice Schott di
Magonza nel 1954.
Carl Orff esordisce come compositore19, direttore d’orchestra e docente di composizione; nel 1924 inizia ad avvicinarsi ai problemi
dell’educazione musicale: assieme alla moglie Dorothea Günther,
fonda la celebre Günther Schule, ispirata ai princìpi di Jaques–
Dalcroze e dedicata all’insegnamento della ginnastica ritmica, della
musica e della danza classica. Alcuni dei princìpi sui quali si regge il
metodo Jaques–Dalcroze ― la ritmica, il movimento, l’improvvisazione ― si ritrovano nell’esperienza didattica che Orff mise a punto
attorno agli anni Quaranta del secolo scorso. Se la metodologia di Ja15
«Un’esperienza globale di fenomeni musicali semplici in sé, praticabili in forme prototipe, e per questo rapidamente accessibili e comprensibili» (G. PIAZZA, Orff–Schulwerk. Musica per bambini. Manuale, ed. it. elaborata sulla base dell’opera didattica di Carl Orff e Gunild Keetman, Suvini Zerboni, Milano 1979, Introduzione, p. X). Per una definizione dell’Orff–Schulwerk si veda in particolare W. Keller, Einführung in “Musik für Kinder”. Methodik, Spieltechnik der Instrumente, Lehrpraxis, Schott’s Söhne, Mainz 1963, p. 5: «Das Orff–
Schulwerk ist ein musikalischer Beitrag zur Grundlegung einer zeitgemässen Allgemeinerziehung, setzt also weder besondere musikalische Begabung noch Vorbildung bei den Schülern
voraus; umgekehrt zwingt es nicht echte Talente zu unangemessener Beschränkung, sondern
lässt durch die Vielfalt seiner Aufgaben auch ihnen Spielraum zur Erprobung und Bewährung
ihrer Fähigkeiten, ohne das allen gemeinsame Fundament eines kindertühmlichen Klang– und
Tonraumes preiszugeben. […] Das Orff–Schulwerk ist keine Methode, sondern ein Wegweiser».
16
Ibidem.
17
Fondamenti e finalità dell’opera didattica di Orff.
18
Introduzione a “Musica per bambini”. Musik für Kinder è il titolo dato ai cinque fascicoli fondamentali dello Schulwerk.
19
Carl Orff ottenne il successo nel 1937 con i celeberrimi Carmina burana, per soli, coro
e orchestra, su testi goliardici latini, francesi e tedeschi tratti dal codice di Beuren (secolo
XIII).
Musica, gestualità e movimento nella didattica della musica
21
ques–Dalcroze trova un logico completamento ed estensione nella
ginnastica ritmica, nella danza, ma anche nel teatro e nell’educazione
strumentale pianistica, l’Orff–Schulwerk applica i fondamenti pedagogici della ritmica all’impiego didattico di strumenti musicali appositamente raccolti o pensati per la formazione musicale infantile.20 A tali
strumenti è stato esteso il principio dell’improvvisazione che Jaques–
Dalcroze aveva riservato al pianoforte. In maniera più marcata rispetto
al metodo Jaques–Dalcroze, l’Orff–Schulwerk pone l’accento sull’importanza del linguaggio, della parola e del canto nella pratica didattica
rivolta all’infanzia. Più in dettaglio, la proposta didattica elaborata da
Orff nel corso dei decenni muove dall’idea che il bambino debba avvicinarsi alla musica attraverso l’esperienza attiva e concreta: le pratiche vocali, ritmiche, motorie si uniscono alla produzione sonora realizzata col corpo (gesti–suono) e con gli strumenti. Tali premesse animano le varie elaborazioni dell’Orff–Schulwerk che si sono avvicendate a livello mondiale.
Alla base delle scelte didattiche espresse da Orff vi è un chiaro orientamento culturale: favole, saghe, canzoni popolari, proverbi contadini, filastrocche e conte rappresentano le radici culturali di un popolo
e la sintesi dell’immaginario infantile, pertanto contribuiscono, secondo Orff, a preservare l’individuo dalle insidie di una società sempre
più tecnologica. Nelle Grundlagen und Ziele des Orff–Schulwerks si
legge a riguardo:
Le vecchie sentenze popolari, le antiche cantilene infantili […] manterranno
dunque sempre la loro importanza, anche per l’adulto, poiché esse, se pur sepolte anonimamente nel fondo della coscienza, sonnecchiando vi costituiscono le forze segrete dell’anima […]. Ma tutto questo è possibile perché il linguaggio viene costruito e interpretato partendo dagli elementi primitivi […]
La musica nello Schulwerk non è neppure primitiva nel senso spregiativo, né
povera di suoni, o scarsa di sentimento, ma solo semplice, ingenua, di chiara
20
Si tratta dello Strumentario Orff, strumenti dal suono determinato e indeterminato, raccolti o ideati da Orff e prodotti da ditte tedesche su indicazione del didatta bavarese. Tra questi, gli strumenti a lamina (strumenti a percussione dal suono determinato) incarnano l’aspetto
più innovativo e originale dell’Orff–Schulwerk da un punto di vista timbrico e rappresentano
il cardine della pratica didattica orffiana. Per una trattazione esaustiva sull’origine, le caratteristiche morfologiche e timbriche e l’impiego didattico dello strumentario, si rimanda il lettore
a W. KELLER, op. cit., p. 7 ss., e al volume di G. Piazza Orff–Schulwerk. Musica per bambini,
cit., pp. 205–224.
Capitolo I
22
struttura e regolata organicamente. […] In questa etica sonora anche
l’apparente “ritorno” si basa sulle forme primitive del melos e della polifonia21.
Punto di partenza della metodologia didattica Orff è la realizzazione di pattern ritmici, desunti da filastrocche infantili o dialettali: all’inizio di ogni esercizio musicale, sia melodico, sia ritmico, c’è sempre
un esercizio linguistico. Dal patrimonio popolare, Orff trae semplici
formule ritmiche e un modello delle prime creazioni melodiche; dalle
frasi parlate nascono sequenze puramente ritmiche, che in seguito
vengono ampliate sino a diventare sequenze ritmico–melodiche. La
scansione verbale viene tradotta dapprima col battito delle mani e dei
piedi e tramite gesti–suono, in seguito con l’ausilio di strumenti musicali non appartenenti alla tradizione colta, dal suono netto, chiaro, privo di armonici, «orientati preferibilmente al ritmo, relativamente facili
d’apprendimento, primitivi, vicini al corpo»22, in accordo con i principi pedagogici ― e ideologici ― dell’autonomia del far musica e della
sperimentazione–creazione autonoma. Da tali premesse si sviluppa la
proposta didattica oggetto dei cinque volumi di Musik für Kinder23. In
sintesi, la proposta orffiana sviluppa l’educazione al ritmo in senso autonomo, attraverso una pratica essenzialmente vocale e strumentale
nello specifico24.
21
Ampi stralci della trad. it. dello scritto di Fritz Reusch, qui riportati, si leggono in R.
ALLORTO, V. D’AGOSTINO SCHNIRLIN, La moderna didattica dell’educazione musicale in Europa, Ricordi, Milano 1967, rist. 1995, pp. 74–77.
22
G. PIAZZA, Orff–Schulwerk, cit., par. “Lo strumentario e la sua funzione”, p. XII.
23
C. ORFF, Das Schulwerk. Rückblick und Ausblick, in Orff–Institut Jahrbuch 1963, B.
Schott’s Söhne, Mainz 1964, p. 14. Assieme a Gunild Keetman, Orff ha riunito nei cinque volumi l’intero corpus di composizioni prodotte a scopo didattico, senza tuttavia procedere
all’enunciazione dei principi teorici e pedagogici. Più in dettaglio, i cinque volumi di Musik
für Kinder contengono alcuni esercizi e, in numero maggiore, pezzi (Stücke) e danze, raramente per strumento solo. Nei primi quattro volumi, gli strumenti a percussione e a lamina
sono impiegati a partire da una scansione ritmica desunta da un testo. Gli strumenti servono
alla realizzazione di disegni ritmici di base, piccoli canoni ritmici, improvvisazioni (ad esempio, data una proposta, si improvvisa una risposta), accompagnamenti ritmici ai canti. Il quinto volume segna il punto più alto della metodologia didattica Orff e raccoglie esercizi ritmici
complessi, composizioni per diversi esecutori e brani destinati ad ensemble di voci e strumenti a percussione.
24
In merito ai brani contenuti nei cinque volumi, Orff precisa: «Purtroppo gli Esercizi
ritmico–melodici, che vogliono solo offrire materia prima, vennero spesso malintesi e utilizzati come libro di testo, da cui prendere un pezzo dopo l’altro per studiarlo ed eseguirlo. Ciò
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