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Tra Montepulciano e Cortona
PALAZZO
VECCHIO
daniela fabietti
Posizionata su un colle con una vista che spazia dal Monte Amiata, Olimpo del popolo etrusco, al lago Trasimeno, la Fattoria di Palazzo Vecchio, un
tempo Fattoria di Valiano, fu abitata alle sue origini nell’Alto Medioevo dai
monaci contadini, che svolsero qui, come in tutta Europa, l’importante ruolo
di conservazione sia delle attività vitivinicole che agricole, mentre nel Basso Medioevo appartenne ai Marchesi di Valiano del Monte di Santa Maria.
Nata come villa padronale della fattoria di Valiano, all’epoca la più grande proprietà della Valdichiana, che si estendeva lungo i colli della Chiana fino ai monti cortonesi, Palazzo Vecchio svetta su una verdeggiante collina di
arenarie, immersa in un pittoresco paesaggio, circondata
da vigne, in cui si sente ancor oggi l’impronta lasciata dalla civiltà etrusca e romana. Confine e dogana tra il Granducato di Toscana a sud e lo Stato Pontificio a nord, nel
1358, insieme a Valiano, Palazzo Vecchio fu sottoposto al
Comune di Perugia e donato ai Del Pecora, Signori di
Montepulciano, poi, estintasi la famiglia passò ai Marchesi Ridolfi di Firenze. Nel 1552 Agnola Contucci, moglie di
Raffaello Ridolfi, donò la “Villa” allo Spedale degli Innocenti di Firenze insieme a circa un terzo dei terreni della
proprietà. Nelle tavole acquerellate dei Cabrei della fattoria di Valiano (realizzate da Sansone Pieri nel 1696) il podere di Palazzo Vecchio viene indicato come “villa con
vigne intorno, compresa la chiesina, il pozzo, il prato e
l’orto, attraversata dalla strada cantonale Terrarossa”, vi-
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sta appunto la componente ferrosa del terreno. Affacciata
sulla Valdichiana in strategica posizione geografica, la fattoria è stata testimone di grandi eventi storici, tra cui la
sua bonifica, grandiosa opera ingegneristica e idraulica
iniziata nel 1788 su commissione del Granduca Pietro Leopoldo I di Lorena, consapevole che la valle, una volta risanata, sarebbe risultata la zona più fertile e ricca della
Toscana. Proprietà nel Settecento della famiglia Casagli,
storia vuole che proprio qui nasca nel 1789 Luigi Chiarini,
eminente studioso delle lingue arabe ed ebraica, che, ordinato Abate intorno al 1814, verrà inviato all’Università di
Varsavia per l’insegnamento della storia ecclesiastica, al
quale oggi è dedicato il “Rosso dell’Abate Chiarini”, vino
di gran personalità, prodotto in edizione limitata. Nel 1837
la fattoria fu acquistata dal dottor Nicola Vegni, padre di
Angelo, munifico fondatore dell’Istituto Agrario Vegni delle
Capezzine. Nel 1952 fu acquistata dal Conte Riccardo
Zorzi, già proprietario di altri possedimenti nelle vicinanze,
che, con passione, recupera le tradizioni e la cultura vitivi-
nicola locale, preservando le vigne storiche e impiantandone di nuove. Nel 1980 la figlia Maria Alessandra, assieme al marito Marco Sbernadori danno inizio a un
ambizioso progetto di valorizzazione con la ristrutturazione nel 1988 dell’antica cantina sottostante al palazzo, che
nel 1990 li porterà a produrre le prime bottiglie di Vino
Nobile di Montepulciano. Provenienti dalla strada provinciale Lauretana, antica via d’origini etrusche, s’incrocia il
piccolo paese di Valiano e, percorrendo un breve tratto
sterrato, si arriva a Palazzo Vecchio, dove, a 358 metri
d’altezza slm, ci accoglie un paesaggio di decantata bellezza, da dove si può vedere stagliarsi e torreggiare in lontananza Montepulciano, mentre, dalla parte opposta,
Cortona pigramente s’appoggia alla sua montagna. La
fattoria gode di una situazione ambientale unica non solo
per la posizione del suo corollario di vigneti e per i terreni
a composizione tufacea, ma anche per le condizioni climatiche particolarmente favorevoli con leggeri venti che
accarezzano le uve, mantenendole perfettamente sane.
Attualmente l’azienda si compone di 88 ettari complessivi
con una parte di seminativi, boschi, oliveti e 25 ettari tutti
iscritti a Vino Nobile di Montepulciano, producendo un numero limitato di bottiglie nel rispetto del terroir. I suoi vini,
di ottima struttura, sono il frutto di lavorazioni fatte a mano, di un’attenta cura dei vigneti e di una terra particolarmente vocata alla viticultura, così come viene descritto in
tutti gli studi pimentali. Fortemente legato al territorio, Palazzo Vecchio produce vini da vitigni autoctoni come il
Sangiovese Grosso, anche chiamato Prugnolo Gentile, il
Canaiolo Nero e il Mammolo e coniuga vecchie vigne a
nuovi, moderni impianti. E il legame col territorio lo dimostrano anche i nomi dati ai vini, a partire dal Rosso di
Montepulciano “Dogana”, così chiamato perché prodotto
a Valiano, zona di confine tra il Granducato di Toscana e
lo Stato Pontificio, che era, appunto, luogo di dogana. Il
Vino Nobile d’annata, morbido e avvolgente, è chiamato
“Maestro” perché prende il nome dal “Canale Maestro
della Chiana”, opera fondamentale per la bonifica della
Valdichiana, che passa subito sotto la proprietà. Il cru
aziendale, il Vino Nobile “Terrarossa”, speziato e dal gran
corpo, proviene dalle uve della vecchia “vigna del bosco”,
impiantata negli anni Cinquanta, è dedicato alla “strada di
Terrarossa”, ancor oggi esistente e che fin dal Medioevo,
attraversandoli, legava tutti i possedimenti del vecchio
Spedale degli Innocenti. Con un’ottima materia prima di
partenza, che conferisce giusto spessore e polpa, un
buon equilibrio gustativo, accompagnato da intensità e
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persistenza olfattiva, il Nobile Palazzo
Vecchio è un vino aristocratico e austero, potente ed elegante, come ci si
aspetta da un vero Nobile di Montepulciano. Maria Alessandra Zorzi,
d’origine dogale veneziana - vera
‘donna del vino’, nonché pr ed esperta di comunicazione - si occupa del
coordinamento delle diverse e molteplici attività aziendali in collaborazione col marito Marco, interessato in
particolare alla viticultura e con la
partecipazione dei figli Maria Luisa,
scenografa di professione, che, divenuta imprenditrice agricola, organizza
a Palazzo Vecchio le “wine experiences” dell’agriturismo: cene, pranzi,
degustazioni e corsi di cucina e formaggio, che coniugano il vino alla cucina tradizionale toscana. Appassionata alla proprietà, sta inoltre
svolgendo un restauro conservativo
delle antiche stanze destinate a ospitare le diverse attività. Luca, diplomatosi sommelier, si occupa del sito
web, della promozione e delle vendite
sia sul mercato italiano che estero.
Figli presenti e interessati quindi, ai
quali tramandare tradizioni e impegno, affinché le mantengano in vita.
Ma andiamo a conoscere Marco
Sbernadori, grande appassionato di
sport e presidente della Federazione
di Triathlon, designer, pubblicitario,
titolare a Milano di una casa editrice e
uno studio di grafica, nonché, da
sempre, vignaiolo convinto, che si
occupa della parte produttiva e della
commercializzazione: “Quando abbiamo preso il timone dell’azienda,
visto che io nasco architetto, abbiamo iniziato gradualmente a operare
restauri legati a una filosofia che ci ha
visto conservare tutto il vecchio stile:
con questo spirito abbiamo ricostruito la casa patronale e la vecchia cantina quattrocentesca, mantenendo
tutto quello che c’era, infatti anche
dove siamo andati a mettere qualche
mattone, rimane evidente la crosta
antica. L’idea originale che ha dato il
via al nostro progetto era quella di im-
piantare le vigne partendo dal capire
quale fosse la miglior incidenza del
sole sul filare, per cui abbiamo fatto
uno studio, posizionando così i filari
con una resa eccezionale, cercando
pure di mantenere una visione panoramica con sullo sfondo Montepulciano. Le vigne sono divise in quattro
grossi corpi, ognuno col suo nome, la
Vigna del Gatto, la Vigna del Bosco,
la Vigna dei Cipressi e la Vigna del
Sole. A oggi la produzione complessiva è di circa 50mila bottiglie,
15/20mila di ‘Rosso di Montepulciano’ e di ‘Vino ‘Nobile’ e cinquemila di
‘Nobile Riserva’ e di ‘Nobile Cru Terrarossa’. Ma la vocazione al vino va
ricercata nei ricordi degli anni della
mia giovinezza: mio nonno aveva una
vigna in Oltrepò Pavese, dove da ragazzino andavo a far vacanze, ma in
realtà mi annoiavano molto, l’unica
cosa bella era che a fine estate, esattamente il 15 agosto, si faceva una
gran festa e s’iniziava la vendemmia.
Quando sono arrivato a Palazzo Vec-
Marco Sbernadori con la moglie Maria
Alessandra Zorzi e i figli Luca e Marialuisa
chio ho ritrovato lo spirito, la voglia,
gli odori, i profumi, quasi un’aurea,
che mi ha preso. Avere la possibilità
di vivere questi luoghi determina la
mia ragion d’essere, per me toccare il
legno della botte è come, per chi ama
la lettura classica dei giornali e dei libri, sfiorare la carta, sentirla e gustare
il suo odore”. E se l’enoteca è sempre aperta per visite guidate alla cantina, nella locanda, ricavata nella vecchia stalla ristrutturata, si preparano
degustazioni “condite” da bruschette, piatti di salumi, pinzimoni di stagione con l’olio di casa: il modo migliore per apprezzare i vini, che
diventano protagonisti di leggeri
lunch, colazioni o cene dedicate alla
più autentica cucina toscana intorno
a una gran tavolo, mentre un ricercato Vin Santo diventa piacevole compagno per proseguire nel dopo cena
cogli amici attorno al focolare. Nel
panorama futuro l’apertura di una
propria enoteca sulla Via Lauretana,
confinante con Valiano, da cui si vede
Palazzo Vecchio emergere tra le mille
sfumature del panorama, dal giallo
paglierino al verde, dove fa da padrone il silenzio. Vi consigliamo un viaggio attraverso le vigne nel suggestivo
paesaggio che abbraccia la fattoria di
Palazzo Vecchio, un luogo ancora ve-
ro, dove potrete conoscere una famiglia appassionata. Perché la Toscana
non è solo quello che puoi vedere nei
film, è sempre una sorpresa unica, a
ogni angolo: la natura rigogliosa, con
dolci colline che si perdono lungo lo
sguardo, campi fioriti e lunghe distese di vigneti di Sangiovese a perdita
d’occhio, entra nel cuore.
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