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Diapositiva 1
LA CESSIONE
D’AZIENDA:
TRATTAMENTO
FISCALE
Arianna Di Salvatore
Dottore Commercialista Revisore dei Conti
15.12.2009
LA CESSIONE D’AZIENDA
INTRODUZIONE
 IMPOSIZIONE DIRETTA

IRPEF/IRES
- DISCIPLINA GENERALE
- CASI PARTICOLARI

IMPOSIZIONE INDIRETTA
IVA
IMPOSTA DI REGISTRO (CENNI)
IVA E IMPOSTA DI REGISTRO
IMPOSTE IPOTECARIA E CATASTALE
IMPOSTE E TASSE LOCALI
INTRODUZIONE
Per meglio comprendere gli aspetti fiscali
che riguardano la cessione d’azienda è
doveroso definire, innanzitutto, due
concetti:

Il concetto giuridico di AZIENDA

Il concetto giuridico di NEGOZIO DI
CESSIONE
Quanto alla nozione di azienda l’art. 2555
c.c. la definisce come
“IL COMPLESSO DI BENI ORGANIZZATO
DALL’IMPRENDITORE PER
L’ESERCIZIO DELL’IMPRESA”
quanto al concetto vi sono due teorie
distinte:
LA TEORIA UNITARIA, secondo la quale
l’azienda è l’insieme dei beni accomunati
da un’unitaria destinazione ( rappresenta
la teoria piu’ seguita dalla giurisprudenza)
 LA TEORIA ATOMISTICA, secondo la
quale l’azienda è costituita da una pluralità
di oggetti distinti

Tornando ora alla definizione del codice
civile, è chiaro che fra azienda ed impresa
esiste uno stretto legame di mezzo a fine,
nel senso che l’azienda è l’apparato
strumentale materiale di cui l’imprenditore
si serve per svolgere la sua attività di
impresa.
Essendoci, pertanto, un simile rapporto
strumentale si può ben comprendere
l’importanza e la necessità della
circolazione dei beni che costituiscono
l’azienda.
Circolazione che può avvenire in via
principale con il CONTRATTO DI
CESSIONE, di cui parleremo in seguito,
soprattutto con particolare attenzione agli
aspetti fiscali conseguenti al trasferimento
d’azienda.
E’ doveroso precisare che la nozione di
azienda contenuta nel codice civile non
richiede che l’imprenditore sia proprietario
dei beni che utilizza per lo svolgimento
dell’impresa.
A tal riguardo, la dottrina piu’ autorevole
parla di irrilevanza del titolo giuridico che
legittima l’imprenditore ad utilizzare i beni
che costituiscono l’azienda.
L’operazione di cessione d’azienda si
caratterizza per :
1. Onerosità della transazione, ossia
pattuizione di un corrispettivo dovuto dal
cessionario al cedente;
2. Trasferimento a titolo definitivo della
proprietà dell’azienda;
3. Non comporta la successione
nell’impresa: il cessionario acquista la
qualità di imprenditore a titolo originario e
non derivato.
Considerato che alla cessione di azienda
si applica un regime giuridico e fiscale
particolare, bisogna distinguere il
TRASFERIMENTO DI AZIENDA dal
TRASFERIMENTO DEI SINGOLI BENI.
Nel caso di cessione di azienda si trasferisce un
insieme di beni di per sé potenzialmente idoneo
ad essere utilizzato per l’esercizio di una
determinata attività (come sostiene la
giurisprudenza piu’ recente).
La cessione può essere totale o parziale( ramo
di azienda)e può riguardare anche pacchetti
azionari.
Il corrispettivo della cessione, secondo una
teoria restrittiva deve essere costituito da
denaro, mentre per la teoria estensiva, può
essere rappresentato dal capitale (azioni,
conferimento in società, scorporazioni o fusioni)
L’azienda, infatti, quale complesso di
elementi materiali ed immateriali,
organizzato in una individualità oggettiva
per la funzione imprenditoriale, può essere
oggetto di conferimento sociale con
l’effetto dell’automatica cessione dei crediti
relativi all’azienda trasferita. (Cassazione
22 gennaio 1999, sentenza n. 577).
Il conferimento d’azienda è ammissibile
anche in relazione a società di persone.
(Cassazione 28 settembre 2004, sentenza
n. 19454).
Secondo la giurisprudenza prevalente le
autorizzazioni amministrative sono
insuscettibili di trasferimento, in virtu’ del
loro carattere personale (per tutte
Cassazione 30 dicembre 2004, sentenza
n. 24184).
In caso di cessione della gestione della
titolarità di un esercizio commerciale si
attribuisce solo un diritto del cessionario
ad ottenere da parte dell’autorità
amministrativa il rilascio di una licenza a
lui intestata, nella ricorrenza dei
presupposti di legge.
art. 2556 c.c.IL CONTRATTO DI
CESSIONE D’AZIENDA
“per le imprese soggette a registrazione i
contratti che hanno per oggetto il
trasferimento della proprietà o il godimento
dell’azienda devono essere provati per
iscritto, salva l’osservanza delle forme
stabilite dalla legge per il trasferimento dei
singoli beni che compongono l’azienda o
per la particolare natura del contratto.
I contratti di cui al primo comma, in forma
pubblica o per scrittura privata autenticata,
devono essere depositati per l’iscrizione
nel registro delle imprese, nel termine di
30 gg, a cura del notaio rogante o
autenticante”
OSSERVAZIONI:
1. la forma scritta è necessaria solo ai fini
della prova dell’avvenuta transazione (ad
probationem) e non ai fini della validità
delle cessione (ad substantiam), il che
significa che il contratto di cessione, anche
non scritto, è valido e vincolante tra le
parti, ma per essere opponibile ai terzi
deve essere depositato nel registro delle
imprese. Di fatto non è pensabile che,
anche nelle realtà di piu’ modeste
dimensioni, il contratto di cessione
d’azienda,
data la complessità del patrimonio e dei
rapporti giuridici che lo caratterizzano, si
perfezioni verbalmente, se non altro per
poter provare in sede di contenzioso, per
entrambi i contraenti, le rispettive ragioni.
2. per il trasferimento di determinati beni
compresi nel patrimonio aziendale (art.
1350 c.c., ad es. beni immobili e mobili
registrati) o per la particolare natura del
contratto è necessario rispettare le
formalità tipiche prescritte dalla legge.
3. dal punto di vista giuridico, in sede di
contratto non è necessario individuare
esattamente i beni oggetto della cessione:
essi sono identificabile mediante la loro
inerenza all’organizzazione apprestata
dall’imprenditore per l’esercizio della
propria attività economica, secondo
quanto stabilito dall’art. 1346 del c.c. (per
la validità del contratto è sufficiente che
l’oggetto sia determinato o determinabile).
Al contrario bisogna individuare
esattamente i beni che si intende
escludere. Va da sé che tale pratica nella
prassi è inammissibile, per cui è
necessario identificare i beni appartenenti
al complesso aziendale per mezzo della
redazione di inventari.
art. 2558 c.c. SUCCESSIONE NEI
CONTRATTI
L’acquirente subentra in tutti i contratti
stipulati per l’esercizio dell’azienda, ad
eccezione dei contratti aventi natura
personale e dei contratti che i contraenti
decidono di escludere, tranne i contratti di
lavoro. Non è ammessa l’esclusione dei
contratti “indispensabili” per l’esercizio
dell’impresa.
Generalmente quando si parla di cessione
di contratto (art. 1406 c.c.) la legge
richiede il consenso del terzo contraente:
in questo caso, invece, il trasferimento non
comporta alcun consenso, avvenendo in
maniera automatica, tenendo presente,
però, che il secondo comma dell’art. 2558
c.c., prevede che il terzo contraente possa
recedere, entro tre mesi dalla notizia del
trasferimento, purché in presenza di giusta
causa.
Il disposto dell’art. 2558 c.c. è
inequivocabile: l’insieme dei beni trasferiti
avrebbe ben poca rilevanza se al
contempo non fossero stati trasferiti tutti
quei rapporti contrattuali (forza lavoro,
licenze, contratti di somministrazione, etc.)
sui quali si fonda la redditività aziendale.
ADEMPIMENTO IN BUONA FEDE : se il
contraente ceduto è in buona fede ed
adempie la sua prestazione nei confronti
di chi ha venduto l’azienda (creditore
apparente) è liberato dalla sua
prestazione se la vendita non è stata
ancora iscritta nel registro delle imprese o
è stata omessa. Nel caso contrario
dovrebbe provare l’incolpevole ignoranza
riguardo al proprio rapporto contrattuale
all’azienda ceduta.
CONTRATTI DILOCAZIONE: quando
l’azienda è esercitata in un immobile
condotto dall’imprenditore cedente a titolo
di locazione commerciale, la legge
prevede che il conduttore che cede
l’azienda possa cedere anche il contratto
di locazione senza il consenso del
locatore, purché ne dia comunicazione al
locatore, il quale, per gravi motivi, può
opporsi nel termine di 30 gg dalla
comunicazione.
Il locatore può agire contro il cedente
qualora il cessionario non adempia le
proprie obbligazioni.
Il cessionario conserva il diritto
all’indennità di avviamento, già del
cedente, in caso di mancato rinnovo del
contratto.
Il cessionario conserva il diritto di
prelazione sull’immobile, già del cedente,
in caso di alienazione da parte del
locatore.
DITTA: l’art.2565 c.c., impone che il
trasferimento della ditta deve avvenire
insieme all’azienda, ciò non toglie tuttavia
che l’azienda possa essere ceduta senza
il trasferimento della ditta, salvo il caso di
successione mortis causa nel quale, salvo
diversa pattuizione testamentaria, la ditta
si trasmette sempre al successore.
Con riguardo al trasferimento di azienda
per atto tra vivi, il contestuale
trasferimento della ditta, ai sensi del
comma 2 dell’art. 2565 c.c., deve essere
oggetto di una distinta manifestazione di
volontà negoziale.
MARCHIO: è cedibile indipendentemente
dall’azienda (art. 2573 comma 1, c.c.).
Tuttavia, quando, esso è costituito da un
segno figurativo, da una denominazione di
fantasia o da una ditta derivata, si
presume che il diritto al suo uso esclusivo
si trasferisca insieme con l’azienda (art.
2573, comma 2, c.c.).
LICENZE ED AUTORIZZAZIONI: di
regola non sono trasmissibili, in quanto
presentano un carattere personale,
tuttavia è possibile che nel contratto di
cessione d’azienda il cedente, titolare
della licenza, possa rinunciare alle stesse
o impegnarsi a favorire la nuova
intestazione in capo al cessionario.
art. 2559 c.c. CREDITI RELATIVI
ALL’AZIENDA CEDUTA:
“La cessione dei crediti relativi all’azienda
ceduta, anche in mancanza di notifica al
debitore o di sua accettazione, ha effetto,
nei confronti dei terzi, dal momento
dell’iscrizione del trasferimento nel registro
delle imprese”.
Si tratta dunque di una deroga alla
disciplina generale (artt. 1260, 1264, 1265
c.c.) in forza della quale la cessione del
credito ha effetto nei confronti del
debitore se questi l’ha accettata o gli è
stata notificata.
continua l’art. 2559 c.c.: “ …tuttavia il
debitore ceduto è liberato se paga in
buona fede all’alienanate”.
E’ buona regola per l’acquirente mettere a
conoscenza i debitori dell’avvenuto
trasferimento dell’azienda.
I crediti possono essere ceduti PRO
SOLUTO o PRO SOLVENDO.
I crediti fiscali non si trasferiscono
automaticamente:
 CREDITI PER IMPOSTE DIRETTE (art.
43 bis DPR 602/73 e DM n.394 del
30.09.97): per il trasferimento è
necessario che il credito risulti dalla
dichiarazione dei redditi e sia stato chiesto
a rimborso; la cessione deve avvenire con
atto pubblico o scrittura privata autenticata
da notificare all’Agenzia delle Entrate ed al
concessionario per la riscossione;

CREDITO IVA: non è richiesta alcuna
procedura particolare, ma è opportuno
inserirlo nell’atto di cessione tra i crediti da
trasferire.
art. 2560 c.c. DEBITI RELATIVI
ALL’AZIENDA CEDUTA:
“ L’alienante non è liberato dai debiti,
inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta,
anteriori al trasferimento, se non risulta
che i creditori vi hanno acconsentito. Nel
trasferimento di un’azienda commerciale
risponde dei debiti suddetti anche
l’acquirente dell’azienda, se essi risultano
dai libri contabili obbligatori”.
OSSERVAZIONI:
1. I debiti dell’azienda possono essere
ceduti a seguito di accettazione da parte
del cessionario;
2. Il creditore ceduto deve dare la propria
adesione, di conseguenza è necessaria
la notifica al creditore;
3. L’adesione libera il cedente dall’obbligo
del pagamento, che viene trasferito al
cessionario; il rifiuto opera nel senso
contrario.
DEBITI TRIBUTARI: LA RESPONSABILITA’
SOLIDALE DEL CESSIONARIO PER I
DEBITI TRIBUTARI
L’art. 14 del D.lgs 472/1997 prescrive la
responsabilità solidale del cessionario per i debiti
tributari. Il legislatore ha voluto tutelare
l’Amministrazione Finanziaria, prevedendo due figure
distinte di debitore responsabili per il pagamento,
ognuno per l’intero. Il cessionario che abbia fatto
richiesta all’A.F. di un certificato di esistenza di
contestazioni in corso, risulta liberato da ogni
responsabilità se entro 40 gg il suddetto certificato
non viene rilasciato o se lo stesso non riporta
contestazioni.
art. 2557 c.c DIVIETO DI
CONCORRENZA
La ratio dell’articolo è quella di tutelare il
cessionario dall’attività concorrenziale del
cedente.
In ogni caso il riferimento dell’articolo è
una nuova impresa, di conseguenza
l’alienante potrà continuare l’esercizio di
impresa se questa esisteva al momento
del trasferimento e se è stato ceduto solo
un ramo di azienda.
Il divieto di concorrenza non si applica nei
seguenti casi:
 A chi vende un’azienda subito dopo averla
acquistata a sua volta per scopo di
speculazione;
 A che vende l’azienda ricevuta in eredità o
il legato prima di averla gestita;
 Al fallito la cui azienda sia stata venduta
nell’ambito di una procedura concorsuale;
 Al coniuge dell’alienante, quando l’azienda
ceduta sia stata di proprietà esclusiva di
quest’ultimo.
ASPETTI FISCALI
La cessione di un’azienda o di un singolo ramo
di essa, determina l’insorgere di componenti
positivi e negativi di reddito che influenzano il
risultato di esercizio, sia in ordine alla sua
determinazione che riguardo alla tassabilità
delle imposte IRPEF, IRES. Allo stesso tempo,
il passaggio dell’azienda da un soggetto all’altro
obbliga gli interessati ad ottemperare ad una
serie di adempimenti in tema di imposte
indirette.
IMPOSIZIONE
DIRETTA
IRPEF/ IRES
DISCIPLINA GENERALE
Nel corso degli ultimi anni sono stati
molteplici gli interventi del legislatore
tributario in tema di tassazione del reddito
derivante da cessione d’azienda, al fine di
raggiungere i seguenti obiettivi:



RIDURRE IL GRAVAME TRIBUTARIO PER LE
AZIENDE CON ATTIVITA’ SUPERIORE A PIU’
ESERCIZI;
INTRODURRE LE NORME ANTIELUSIVE,
SCONGIURANDO INGIUSTIFICATI VANTAGGI
FISCALI, IN ASSENZA DI VALIDE RAGIONI
ECONOMICHE;
UNIFORMARE LA TASSAZIONE DELLE
OPERAZIONI
STRAORDINARIE,
CON
L’INTRODUZIONE DI UN’ALIQUOTA UNICA.
L’attività sopradescritta ha comportato la
nascita dei nuovi principi che regolano la
materia:
ABOLIZIONE DELL’IMPOSTA SOSTITUTIVA
(Decreto Visco n. 358 del 1997, che ha
introdotto nel nostro ordinamento la tassazione
uniforme dei redditi derivanti da operazioni
straordinarie con l’applicazione di un’aliquota
unica pari al 19%);
2. RIDETERMINAZIONE DEI REGIMI DI
NEUTRALITA’ FISCALE E REDDITO
IMPONIBILE IN MATERIA DI OPERAZIONI
STRAORDINARIE;
3. SPOSTAMENTO DELL’ATTENZIONE
DALL’AZIENDA ALLE PARTECIPAZIONI.
1.
DETREMINAZIONE DELLA
PLUSVALENZA
Ai
fini
delle
imposte
dirette
la
determinazione della plusvalenza si
ottiene confrontando il PREZZO DI
VENDITA PATTUITO con il VALORE DEI
BENI CEDUTI CHE RAPPRESENTANO
L’AZIENDA. Il valore di quest’ultimi non è
quello contabile, bensì quello fiscale, di
conseguenza valgono le seguenti regole:


il valore dei beni strumentali ceduti sarà
rappresentato dal costo di acquisto, maggiorato
delle rivalutazioni monetarie e di quelle
economiche che hanno concorso a formare il
reddito, al netto degli ammortamenti effettuati
negli anni precedenti e dedotti fiscalmente in
sede di determinazione del reddito;
Il magazzino sarà determinato in ragione delle
quantità effettivamente esistenti alla data di
cessione dell’azienda, secondo i criteri indicati
dagli artt. 92, 93 e 94 del nuovo Testo Unico
delle Imposte sui Redditi;



i crediti ed i debiti saranno considerati al valore
di iscrizione in bilancio, al netto di eventuali fondi
rettificativi;
i valori numerari saranno valutati in base alla
loro effettiva consistenza;
eventuali oneri pluriennali, f.di per rischi
futuri, costi capitali ed altri oneri non cedibili
concorreranno alla formazione del reddito in
base alle regole ordinarie e, nell’ipotesi di
cessione
dell’unica
azienda
da
parte
dell’imprenditore individuale, concorreranno
immediatamente alla formazione del reddito.
La somma dei valori fiscali così
determinati ed il prezzo di cessione
dell’azienda, al netto degli oneri finanziari
concordati a fronte di possibili pagamenti
rateali,
rappresentano
la
PLUS/MINUSVALENZA rilevante ai fini
del calcolo delle imposte sui redditi. E’
assai probabile l’ipotesi in cui la
plusvalenza iscritta in bilancio non
coincida con quella fiscale, se il valore
contabile e quello fiscale del bene non è il
medesimo.
DETERMINAZIONE DELLA
PLUSVALENZA NELL’IPOTESI DI
AZIENDA AFFITTATA
Secondo quanto stabilito dal Ministero
delle Finanze nella Circolare n. 72/14552
del 4 novembre 1986, l’imprenditore
individuale che affitta l’unica azienda
perde la qualifica di imprenditore
commerciale.
Nessun problema si pone se lo stesso, al
termine del contratto di locazione,
riacquista la disponibiltà dell’azienda, la
qualifica di imprenditore commerciale e
successivamente cede a terzi l’azienda.
L’ipotesi è piu’ complessa se il proprietario
allo scadere del contratto cede
direttamente l’azienda al conduttore. In tal
caso la cessione viene effettuata da un
soggetto che realizza un reddito diverso ai
sensi dell’art. 67 del Tuir.
In ogni caso, la plusvalenza realizzata,
così come sostiene l’appena citato art.67,
deve essere determinata secondo il
dettame dell’art. 58, ovvero in base alla
differenza tra valore fiscale dell’azienda e
corrispettivo.
-
-
-
-
Piu’ in dettaglio, il valore dell’azienda sarà
rappresentato da:
Valore fiscale dei beni alla data di inizio della
locazione;
Valore fiscale dei beni acquistati dal conduttore
durante la locazione, se espressamente previsto
dal contratto;
Differenze di inventario tra le consistenze iniziali
e finali rispetto alla data del contratto di
locazione, aumentate o diminuite di eventuali
conguagli in denaro;
Ammortamenti dedotti dal conduttore,
nell’ipotesi di opzione ex art. 102, comma 8 Tuir.
TASSAZIONE DELLE
PLUSVALENZE
Secondo il disposto del comma 2, art. 86 Tuir:
“nelle ipotesi di cui alle lettere a) e b) del comma
1 la plusvalenza è costituita dalla differenza fra il
corrispettivo pattuito o l’indennizzo conseguito,
al netto degli oneri accessori di diretta
imputazione, e il costo non ammortizzato.
Concorrono alla formazione del reddito anche le
plusvalenze delle aziende, compreso il valore di
avviamento, realizzate unitariamente mediante
cessione a titolo oneroso.
Se il corrispettivo della cessione è costituito
esclusivamente da beni ammortizzabili, anche
se costituenti un complesso o ramo aziendale, e
questi vengono complessivamente iscritti in
bilancio allo stesso valore al quale vi erano
iscritti i beni ceduti, si considera plusvalenza
soltanto il conguaglio in denaro eventualmente
pattuito.”
Prosegue il comma 4: “Le plusvalenze
realizzate, diverse da quelle di cui al successivo
articolo 87, determinate a norma del comma 2,
concorrono a formare il reddito, per l’intero
ammontare nell’esercizio in cui sono state
realizzate ovvero, se i beni sono stati posseduti
per un periodo
Non inferiore a tre anni, o a un anno per le
società sportive professionistiche, a scelta del
contribuente, in quote costanti nell’esercizio
stesso e nei successivi, ma non oltre il quarto.
La predetta scelta deve risultare dalla
dichiarazione dei redditi; se questa non è
presentata la plusvalenza concorre a formare il
reddito per l’intero ammontare nell’esercizio in
cui è stata realizzata”.
Dalla lettura del comma 2 e del comma 4, si
evince con chiarezza l’intento del legislatore di
ricomprendere le aziende, intese come
universitas rerum, nel concetto di beni. Il che
conferma la tesi del Ministero delle Finanze,
sostenuta in via interpretativa, nella Risoluzione
n.9/199 dell’8 febbraio 1979.
La previsione della tassazione rateale,
ovviamente, ha il solo scopo di ridurre il carico
finanziario in un determinato anno, ma non
opera alcuna riduzione della tassazione: si tratta
di un semplice rinvio.
Sotto il profilo pratico il rinvio della
tassazione si manifesta con l’apporto di
VARIAZIONI IN DIMINUZIONE, il primo
anno, e VARIAZIONI IN AUMENTO, negli
anni successivi, in sede di dichiarazione
dei redditi (MODELLO UNICO).
Es. realizzo una plusvalenza pari a 2000, il
primo anno effettuo una variazione in
diminuzione di 1800, gli anni seguenti, fino
al 4° successivo, una variazione in
aumento di 200.
E’ opportuno ricordare che alla scelta della
tassazione rateale deve seguire un
preciso piano (vedi esempio successivo),
che non può essere modificato nel tempo
e che deve essere effettuato in sede di
dichiarazione dei redditi relativa all’anno
d’imposta in cui è stata realizzata la
plusvalenza.
1°anno
1 rata
100%
2 rata
50%
2°anno
3°anno
4°anno
5°anno
50%
3 rata 33,33% 33,33% 33,33%
4 rata
25%
25%
25%
25%
5 rata
20%
20%
20%
20%
20%
TASSAZIONE DELLE PLUSVALENZE PER
LE PERSONE FISICHE
Secondo quanto stabilito dall’art. 17,
comma 1, lettera g) del Tuir il contribuente
può optare per la tassazione separata in
luogo di quella ordinaria nei seguenti casi:
Qualora le plusvalenze, compreso il
valore di avviamento, siano state
realizzate per mezzo di cessione a titolo
oneroso di aziende possedute da un
periodo superiore a 5 anni;
 Qualora i redditi siano stati conseguiti a
seguito di liquidazione, anche
concorsuale, di imprese commerciali, con
attività superiore a 5 esercizi.

Va da sé che la scelta per la tassazione
separata deve essere operata sempre in
sede di dichiarazione dei redditi (UNICO
PF).
E’ inoltre importante notare come il
legislatore abbia voluto introdurre il
riferimento temporale, ovvero il possesso
ininterrotto per 5 anni, per evitare che il
contribuente possa avere benefici fiscali
derivanti dalla tassazione separata per la
cessione di aziende costituite da poco.
Riepilogando in base al periodo di possesso
dell’azienda avremo:
Tassazione
ordinaria
Tassazione
ordinaria con
rateazione fino
a 5 esercizi
Tassazione
separata
Possesso per
almeno 5 anni
SI
SI
SI
Possesso per
almeno 3 anni
SI
SI
NO
Possesso
inferiore a 3
anni
SI
NO
NO
TASSAZIONE DELLE PLUSVALENZE PER
LE SOCIETA’
Alle società, sia di persone che di capitali,
non si estende l’opzione per la tassazione
agevolata, quella separata, prevista per le
persone fisiche. L’unico regime applicabile
è quello ordinario, in ragione di una
precisa scelta operata, di recente, dal
legislatore nell’intento di operare una netta
distinzione tra le società ed i soci.
La disciplina precedente (Decreto n. 597
del 1973), al contrario prevedeva la
possibilità di applicare il regime agevolato
di tassazione anche alle società di
persone.
Attualmente per le società commerciali,
l’unica agevolazione ammessa è quella
della rateazione della plusvalenza, se il
possesso dell’azienda supera il periodo di
3 anni (art. 86, comma 4, Tuir).
Schematizzando avremo:
Tassazione
ordinaria
Tassazione
ordinaria con
rateazione fino
a 5 esercizi
Tassazione
separata
Possesso per
almeno 5 anni
SI
SI
NO (?)
Possesso per
almeno 3 anni
SI
SI
NO
Possesso
inferiore a 3
anni
SI
NO
NO
TASSAZIONE AGEVOLATA PER I
SOCI
Fermo restando quanto sostenuto fin’ora,
vi è un’ipotesi in cui, stante alcune precise
condizioni, il legislatore riconosce la
tassazione separata:
Art.17, comma 1, lettera l, possono essere
tassati separatamente:” redditi compresi nelle
somme attribuite o nel valore normale dei beni
assegnati ai soci delle società indicate
nell’articolo 5 (*) nei casi di recesso, esclusione
e riduzione del capitale o agli eredi in caso di
morte del socio, e redditi imputati ai soci in
dipendenza di liquidazione, anche concorsuale,
delle società stesse, se il periodo di tempo
intercorso tra la costituzione della società e la
comunicazione del recesso o dell’esclusione, la
delibera di riduzione del capitale sociale, la
morte del socio o l’inizio della liquidazione è
superiore a cinque anni”.
(*) Società semplici, in nome collettivo, in accomandita semplice
In questo caso il legislatore pone
l’attenzione, oltre che sul possesso
protratto per almeno 5 anni, sulla
circostanza che la società si trovi in una
particolare situazione, come ad esempio,
la liquidazione ordinaria.
CONSOLIDATO FISCALE NAZIONALE
Il D.Lgs 344/2003 relativo al consolidato fiscale
nazionale (artt. 117-119 Tuir) ammetteva la
possibilità di effettuare cessioni di aziende o di
rami aziendali tra società rientranti nello stesso
gruppo,
senza che venissero
realizzate
plus/minusvalenze fiscalmente rilevanti. Tuttavia
tale disciplina non ha mai trovato riscontro nella
circolare n.53/E del 2004, ma solamente in un
articolo apparso sulla rivista telematica, fiscooggi
del 20.10.2004, firmato da A. Mastroberti, dal
titolo “Effetti del consolidato. Il regime di neutralità
per i trasferimenti infragruppo”.
La finanziaria 2008, è intervenuta
disponendo l’assoggettamento ad imposta
sostitutiva della differenza tra valori civili e
valori fiscali delle società aderenti al
consolidato fiscale al netto delle rettifiche
già operate.
ADEMPIMENTI

DICHIARAZIONE DEI REDDITI: i termini di
presentazione sia per il cessionario che per il
cedente restano quelli normalmente in vigore;

DICHIARAZIONE DEI SOSTITUTI DI IMPOSTA:
nell’ipotesi in cui alla cessione d’azienda o di un
ramo di essa, consegua il trasferimento del
personale dipendente, senza interruzione del
rapporto di lavoro, l’acquirente dovrà operare le
ritenute sulla base di quanto fatto dal cedente,
effettuare il conguaglio di fine anno, rilasciare il
CUD, indicare nel mod. 770, tutti i dati relativi ad
ogni singolo dipendente, compresi quelli di
competenza del cedente;

Il cedente deve compilare il modello 770 con i
dati relativi al personale ceduto.
ACCONTI DI IMPOSTA: l’acquirente determina gli
acconti in relazione al reddito conseguito
nell’anno precedente, non tenendo conto del
maggior reddito, mentre il cedente può ridurre gli
acconti in ragione del fatto che conseguirà un
reddito minore a seguito della cessione.
CASI PARTICOLARI
REDDITO DA LIQUIDAZIONE D’IMPRESA
L’art.17, comma 1, lettera g) Tuir stabilisce
che i redditi derivanti dalla liquidazione di
un’impresa individuale sono assoggettabili
a tassazione separata, allorquando
l’impresa commerciale è esercitata di piu’
di 5 anni.
E’ questo il caso di un soggetto che esercita
un’attività di commercio al dettaglio a Firenze
dal 1998; nel 2003 decidere di cedere la sua
attività e di acquistarne un’altra a Genova, dove,
nel frattempo, si è trasferito. Nel 2005 cede
anche l’attività di Genova. La plusvalenza
conseguita da quest’ultima cessione non può
essere assoggettata all’imposta sostitutiva. Il
contribuente potrà, però, scegliere di passare
attraverso la fase di liquidazione dell’impresa,
esercitata fin dal 1998, ed assoggettare, dopo
aver provveduto a tutti gli adempimenti del caso
(lettera a.r. all’Agenzia delle Entrate) il reddito
conseguito a tassazione separata.
Un’ultima differenza tra reddito derivante
da cessione d’azienda e reddito derivante
da liquidazione dell’impresa è
rappresentata dal fatto che nel secondo
caso è possibile assoggettare a
tassazione separata tutto il reddito
conseguito, non soltanto le eventuali
plusvalenze realizzate.
DETERMINAZIONE DELL’ALIQUOTA
Abbiamo visto che i redditi, in caso di
cessione d’azienda e di liquidazione
dell’impresa, possono essere assoggettati
a tassazione separata.
L’imposta viene determinata applicando
all’ammontare conseguito, l’aliquota
prevista per la metà del reddito
complessivo netto dichiarato dal
contribuente nel biennio anteriore.
Per fare un esempio:
2005 REALIZZO LA PLUSVALENZA
REDDITO DI RIFERIMENTO REDDITO 2003 + REDDITO
2004/ 2
ALIQUOTA DI RIFERIMENTO quella in vigore nel 2005
N.B. Vale il principio di competenza ed inoltre non sono
dovute imposte addizionali in quanto calcolate sul
reddito complessivo.
Sui redditi soggetti a tassazione separata
è dovuto un ACCONTO DI IMPOSTA pari
al 20% (art. 1, comma 3, Dl 31 dicembre
1996 n. 669), da versare con le stesse
modalità e scadenze previste per le
imposte sui redditi dovute a saldo.
Rispetto agli altri acconti, questo
rappresenta un’anticipazione di imposte
vera e propria che, secondo quanto è
stabilito dall’Amministrazione Finanziaria
nella circolare n. 25/E del 1997, è dovuto
in ogni caso. Qualora il versamento a
saldo dovesse risultare inferiore, l’ufficio è
tenuto alla restituzione dell’eccedenza.
PAGAMENTO DILAZIONATO DEL PREZZO
Gli interessi percepiti non concorrono alla
formazione della plusvalenza, ma devono
essere tassati separatamente, secondo il
dettato dall’art. 6 del Tuir che recita: “gli
interessi moratori e gli interessi per
dilazione di pagamento costituiscono
redditi della stessa categoria di quelli da
cui derivano i crediti su cui tali interessi
sono maturati”.
COSTITUZIONE DI RENDITA VITALIZIA
Numerose sono le problematiche che si
presentano quando si verifica una
cessione d’azienda con la contestuale
costituzione di una RENDITA VITALIZA, in
luogo del pagamento del prezzo.
La normativa fiscale non dà luogo a dubbi:
i presupposti per la tassazione di una
plusvalenza conseguente alla cessione
d’azienda sono: CESSIONE A TITOLO
ONEROSO e REALIZZO DELLA
PLUSVALENZA.
La mancanza di un introito a fronte della
cessione ha scatenato la giurisprudenza che si è
pronunciata in diverse occasioni ( Commissione
Tributaria Centrale, sez. XXII, decisione n. 1206
del 15.02.1990; Commissione Tributaria
Provinciale di Modena, sentenza n. 417 del
2.04.2002; Commissione Tributaria Centrale,
sez. XXI, sentenza n.3384 del 26.05.1999;
Commissione Tributaria Regionale di Bari, sez.
XXVI, Sezione Staccata di Foggia, sentenza n.
101 del 26.10.2004; Commissione Tributaria
Regionale di Bologna , sez. VIII, sentenza n.63
del 17.05.2005) tutte orientate a far emergere
l’assenza del presupposto e, soprattutto,
l’aleatorietà e l’indeterminatezza della rendita
vitalizia, correlata all’esistenza in vita del
beneficiario.
CESSIONE DELL’IMPRESA FAMILIARE
Dalla lettura combinata degli art. 230-bis
c.c. (i soggetti partecipanti all’impresa
familiare hanno il diritto ad ottenere una
quota degli incrementi dell’azienda, anche
in riferimento all’avviamento) e 5 Tuir ( i
redditi dell’impresa familiare, limitatamente
al 49% del loro ammontare desumibile
dalla dichiarazione dei redditi, devono
essere imputati a ciascun familiare che
abbia prestato in modo continuativo e
prevalente la sua attività nell’impresa)
si evince che la plusvalenza derivante
dalla cessione dell’impresa familiare deve
essere imputata a tutti i partecipanti,
secondo quelli che sono i diritti civilistici
agli stessi spettanti. Tale affermazione
comporta notevoli problemi pratici relativi
alla determinazione degli incrementi
verificatisi ed attribuibili ai singoli
componenti l’impresa. A tal proposito è
intervenuto il Ministero delle Finanze che,
con la Circolare n. 320 del 19 dicembre
1997, ha stabilito che l’operazione di
liquidazione dei diritti dei collaboratori non
ha rilevanza tributaria, stante la natura
personale degli stessi.
Meno problematico è il caso di cessione di
azienda coniugale. In tal caso, infatti, la
plusvalenza realizzata viene attribuita

al 50 % fra i due coniugi quando l’azienda è stata
costituita da entrambi;

in misura direttamente proporzionale alla quota
spettante ed agli incrementi di valore avvenuti a
partire dalla data di cogestione.
SUCCESSIONE E DONAZIONE
D’AZIENDA
Particolare attenzione è stata rivolta dal
legislatore alla materia, nell’intento di
azzerare definitivamente il problema della
tassazione. Finché si è giunti alla stesura
del nuovo art.58, comma 1, Tuir: “…il
trasferimento di azienda per causa di
morte o per atto gratuito non costituisce
realizzo di plusvalenze dell’azienda
stessa; l’azienda è assunta ai medesimi
valori fiscalmente riconosciuti del dante
causa.
I criteri di cui al periodo precedente si
applicano anche qualora, a seguito dello
scioglimento, entro 5 anni dall’apertura
della successione, della società esistente
tra gli eredi, la predetta azienda resti
acquisita da uno solo di essi….”.
La ratio della norma è chiara: vi è una
sospensione della tassazione, rinviata al
momento della eventuale successiva
cessione.
La neutralità fiscale persiste anche
nell’ipotesi di scioglimento della società,
entro 5 anni dall’apertura della
successione, costituita tra gli eredi, con
assegnazione dell’azienda ad uno solo di
essi. Ciò non vale per le donazioni.
Infine se l’erede/ donatario affitta
l’azienda, il reddito ottenuto rientra tra i
redditi diversi previsto dall’art. 67, comma
1, lettera h)-bis del Tuir. (Corte di
Cassazione, sentenza n. 353 del 23
gennaio 1990).
NUOVI SCENARI
Con la riscrittura del Tuir, per poter
sfruttare le opportunità previste dal
legislatore in materia di cessione di
aziende o di rami di esse, è necessario
procedere ad una riformulazione
dell’impianto costruttivo dell’operazione. In
particolare ci si può focalizzare sulla
cessione delle partecipazioni, piuttosto
che sulla cessione delle aziende.
Nella pratica, ad esempio, è assai comune
l’operazione di conferire l’azienda in una
società esistente, anche se creata per
l’occasione, e cedere in un momento
successivo le partecipazioni ricevute a
fronte del conferimento. Utilizzando la
disciplina della PEX (Partecipation
Examption), ex art. 87 DPR n. 917 del 22
dicembre 1986, prevista per le società e
gli enti commerciali indicati all’art. 73 del
Tuir, si potrà usufruire della detassazione
del 95% della plusvalenza realizzata.
La legge Finanziaria del 2008 ha introdotto
novità in tema di cessione d’azienda o
vendita di partecipazioni, che devono
essere prese in considerazione per il
calcolo della convenienza economica e
fiscale di tali operazioni:
 Soggetti IRES, con partecipazioni in
regime di PEX, esenzione pari al 95%;
 Soggetti IRPEF, con partecipazioni in
regime di PEX, tassazione della
plusvalenza pari al 40%,che sale al
49,72%, se realizzata successivamente al
31.12.2008.
In realtà dalla lettura dell’art. 107 del Tuir,
che disciplina il conferimento neutrale, si
determina l’innescarsi di un meccanismo
assai complicato che tuttavia si traduce in
un rinvio al futuro dell’imposizione fiscale,
e non, come si sperava, in una riduzione
della stessa.
IMPOSIZIONE INDIRETTA
IVA
IMPOSTA DI REGISTRO (CENNI)
IVA E IMPOSTA DI REGISTRO
IMPOSTE IPOTECARIA E CATASTALE
IMPOSTE E TASSE LOCALI
IMPOSTA SUL VALORE
AGGIUNTO
Ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, la
cessione d’azienda non è considerata una
cessione e, pertanto, è un’operazione che
esula dalla base imponibile, con la
conseguenza che non vi sono obblighi di
fatturazione, registrazione e dichiarazione.
L’art. 2, comma 3, lettera B) del DRP
633/1972 dispone: “ non sono considerate
cessioni di beni le cessioni che hanno per
oggetto aziende, compresi i complessi
aziendali relativi a singoli rami
dell’impresa”.
Del resto l’IVA assoggetta a tassazione
definitiva la circolazione di beni, quando gli
stessi giungono al consumatore finale.
Tuttavia, sebbene il dettato della norma è
così chiaro, la sua concreta applicazione è
abbastanza controversa.
-
-
Può accadere, per esempio, che il
contribuente qualifichi una cessione come
cessione di beni, mentre l’Amministrazione
Finanziaria vi ravveda una cessione
d’azienda.
Il contribuente che, nel frattempo, avrà
applicato l’Iva, in luogo dell’imposta di
registro dovrà:
chiedere il rimborso dell’Iva indebitamente
versata all’erario;
pagare l’imposta di registro, con
l’applicazione delle dovute sanzioni;
Dal canto suo, il cessionario, avendo detratto
l’imposta, dovrà riversarla all’erario ed attendere
che il cedente gli restituisca l’importo addebitato
in precedenza.
Sarà il caso, pertanto di valutare bene di volta in
volta, l’operazione che vogliamo realizzare, in tal
caso potrebbe esserci di sicuro aiuto una
sentenza della Corte di Cassazione (n. 24913
del 2008) che ravvede la cessione d’azienda
allorquando LA CAUSA DEL CONTRATTO IN
OGGETTO E’ IL TRASFERIMENTO DI UN
COMPLESSO DI BENI STRUMENTALI CHE
“ANCHE SOLO IN VIA POTENZIALE SIANO ATTI, NEL
LORO COMPLESSO O NELLA LORO
INTERDIPENDENZA, ALL’ESERCIZIO DI
UN’IMPRESA”.
ADEMPIMENTI
CEDENTE IMPRENDITORE INDIVIDUALE: entro 30 gg
deve provvedere a chiudere la partita IVA (art.35 DPR
633/72);
CESSIONARIO SENZA PARTITA IVA: entro 30 gg deve
provvedere ad aprire la partita IVA (art.35 DPR 633/72);
Salvo diversa pattuizione tra le parti, il contratto di
cessione d’azienda prevede il passaggio del diritto ad
acquistare beni e servizi senza applicazione dell’imposta
(cosiddetto PLAFOND IVA);
DICHIARAZIONI:
Circolare 188/E, 16 luglio 1998
Subentro dell’acquirente
nel credito/debito IVA
espressamente previsto
nell’atto di cessione
UNICA
DICHIARAZIONE
presentata dal
cessionario
Subentro dell’acquirente
nel credito/debito IVA
non previsto nell’atto di
cessione
DUE DICHIARAZIONI
presentate dal
cessionario e dal
cedente ognuno per il
periodo di propria
competenza
Infine, il cessionario che inizia la propria
attività a seguito dell’operazione di
cessione non è tenuto al versamento di
alcun ACCONTO. In caso contrario dovrà
versarlo ma solo per l’attività svolta
precedentemente.
IMPOSTA DI REGISTRO
Poiché tra IVA ed Imposta di registro vale
il principio dell’alternatività (art.40 Testo
Unico sull’imposta di registro DPR
131/86), le cessioni di azienda sono
soggette ad Imposta di registro nella
misura del 3% del valore netto di
cessione, ossia quello dichiarato nell’atto
dalle parti, ad esclusione degli immobili ai
quali si applica l’aliquota ordinaria (8 o
7%).
IVA E IMPOSTA DI REGISTRO
Il principio appena ricordato dell’alternatività tra
Iva ed Imposta di registro, attribuisce a
quest’ultima la caratteristica di tributo residuale
rispetto all’Iva, di conseguenza:
-
ATTI NON ASSOGGETTABILI AD IVA:
IMPOSTA DI REGISTRO PROPORZIONALE;
-
ATTI ASSOGGETTABILI AD IVA: IMPOSTA DI
REGISTRO FISSA;
Torna la considerazione che abbiamo fatto
in precedenza circa l’attenta valutazione
dell’operazione che stiamo realizzando. E’
opportuno verificare se stiamo ponendo in
essere un’operazione che ha ad oggetto la
cessione frazionata dell’azienda e,quindi,
vendiamo i singoli beni che la
compongono, anche a diversi soggetti,
oppure vendiamo il complesso aziendale
nel suo insieme. Nel primo caso
applichiamo l’Iva e l’imposta di registro in
misura fissa, nell’altro solo l’imposta di
registro in misura proporzionale.
Una volta stabilito, dunque, che si tratta di
una cessione di azienda o di un ramo della
stessa, è necessario individuare la base
imponibile per il calcolo dell’imposta di
registro.
L’art. 51, ultimo comma, DPR 131/86
afferma che la base imponibile è data dal
valore complessivo dei beni che
compongono l’azienda, compreso
l’avviamento, al netto delle passività
riscontrabili dai libri obbligatori o da atti
aventi data certa, ai sensi del c.c.
E’ opportuno ricordare che l’azienda è composta
da diversi beni, seppure legati fra loro da un
vincolo unitario. Per ognuno dei suddetti beni vi
è una differente aliquota ai fini dell’imposta di
registro. Riepilogando bisogna individuare
nell’ordine: i beni, il loro valore, l’aliquota
applicabile.
Nella pratica sono assai frequenti i casi di
dissimulazione di contratti di cessione d’azienda:
la vendita frazionata non comporta costi
aggiuntivi per le parti, visto che l’Iva rappresenta
una partita di giro per entrambe. E’ ovvio che il
Fisco ponga particolare attenzione a suddette
operazioni, per verificarne la corretta
applicazione dell’imposta.
A tal riguardo è bene ricordare che esiste
una consolidata giurisprudenza che piu’
che far emergere la volontà delle parti,
tende a valutare il reale risultato ottenuto
con il contratto di cessione, andando oltre
la loro natura. Di seguito le principali
decisioni della Commissione tributaria
centrale e le sentenze della Corte di
Cassazione:
Decisione n. 404 del 16.1.1983 Sez. XV
Ctc;
 Decisione n. 652 del 7.5.1983 Sez. XXIV
Ctc;
 Decisione n. 3270 del 5.4.1985 Sez. XIV
Ctc;
 Decisione n. 7610 del 14.11.1988 Sez.
XIV Ctc;
 Decisione n. 6353 del 17.12.1996 Sez.
XXVII Ctc;
 Decisione n. 485 del 5.2.1998 Sez. XXVI
Ctc;




Sentenza n. 4319 del 28.4.1998 Sez. I Corte di
Cassazione;
Decisione n. 6875 dell’1.10.2002 Sez. I Ctc;
Sentenza n. 11457 del 30.5.2005 Corte di
Cassazione;
Tale interpretazione ha indotto gli Uffici
Finanziari ad agire con un indiscriminato e
sistematico disconoscimento della libera volontà
contrattuale delle parti, ravvisando
un’operazione di cessione d’azienda anche
allorquando risulta chiara l’intenzione delle parti
di alienare solo una serie di beni materiali.
Il che sotto il profilo dell’Iva genera una
situazione neutra tra erario, acquirente e
alienante, creditori e debitori reciproci di una
somma pari all’Iva in contestazione.
Ai fini dell’imposta di registro, in rispetto del
principio di alternatività di cui sopra, gli effetti
sono limitati alla differenza tra importo dovuto in
misura proporzionale ed importo versato in
misura fissa.
Effetti devastanti si registrano per l’acquirente
dei singoli beni che, vedendosi attribuire la
qualifica di cessionario d’azienda, ai sensi
dell’art. 2560 c.c. diventa debitore in solido con il
cedente per tutti i debiti dell’azienda ceduta.
IMPOSTA IPOTECARIA E
CATASTALE
Quando l’azienda ceduta comprende beni
immobili, sono dovute anche le imposte
ipotecaria e catastale (D.lgs n. 347 del 31
ottobre 1990), in misura proporzionale.
IMPOSTA IPOTECARIA 2%
 IMPOSTA CATASTALE 1%

Se nell’atto il valore degli immobili non è
espressamente indicato, la base
imponibile è data dal loro valore corrente,
diminuito solo del valore dell’avviamento.
IMPOSTE E TASSE LOCALI
Un suggerimento riguardo l’IMPOSTA
COMUNALE SUGLI IMMOBILI: è
opportuno che nell’atto di cessione sia
indicato che tale imposta, per l’anno in cui
è avvenuta l’operazione, è a carico delle
parti proporzionalmente al periodo di
possesso.
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