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Il colpo di fuoco batterico da Erwinia amylovora

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Il colpo di fuoco batterico da Erwinia amylovora
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a cura di
11/12/2002
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1
I. Clabassi - Osservatorio per le Malattie delle Piante - Trieste
G. Petris - Osservatorio per le Malattie delle Piante - Udine
Introduzione
Il Colpo di fuoco è una delle più gravi malattie batteriche distruttive delle Rosacee e soprattutto delle
piante della sottofamiglia
delle Pomoidee. Le specie
di maggior importanza colpite dall’agente della malattia sono pero, melo, cotogno
(fig. 3), sorbo, biancospino
(fig. 2), cotognastro (fig. 4)
e agazzino. Ai fini epidemiologici sono importanti
anche altre specie Rosacee,
coltivate come piante ornamentali o spontanee dei boschi e delle siepi (tab. 1).
Cenni storici e
diffusione nel mondo
Il Colpo di fuoco è una malattia di origine americana:
la sua presenza era stata
riscontrata nello Stato di
New York fino dal 1780. In
seguito la malattia si diffuse in tutti gli Stati Uniti
d’America, in Canada, in
Nuova Zelanda ed in Messico. In Europa i primi caGenere
Pagina
frutticoltura
Il colpo di
fuoco
batterico
da Erwinia
amylovora
Fig. 1 - Grave infezione sui
rami apicali di piante
di pero (Foto: OMP-Trieste)
si di colpo di fuoco vennero riscontrati in Gran Bretagna nel 1957. A partire
dal 1966 la malattia comparve progressivamente in
buona parte dei Paesi europei al di qua del Canale
della Manica e nel 1986 anche in Irlanda.
Per quanto concerne l’Ita-
Specie
Amelanchier ovalis
Chaenomeles japonica
Crataegus
azarolus
crus-galli
laciniata
monogyna
oxyacantha
pentagna
Cotoneaster
integerrimus
nebrodensis
Cydonia
vulgaris
Eriobotrya
japonica
Malus
(numerose)
Mespilus
germanica
Potentilla
(numerose)
Pyracantha
coccinea
Pyrus
(numerose)
Rubus
idaeus
Sorbus
aria
aucuparia
torminalis
Stranvaesia
davidiana
Nome comune
Pero corvino
Cotogno giapponese
Azzeruolo
Zampa di gallo
Biancospino orientale
Azaruolo comune
Biancospino selvatico
Biancospino nero
Cotognastro minore
Cotognastro bianco
Cotogno
Nespolo del giappone
Meli
Nespolo
Cinquefoglia
Agazzino
Peri
Lampone
Farinaccio
Sorbo degli uccellatori
Baccarello
Stranvesia
Fig. 2 - Grave infezione su
Crataegus (biancospino)
(Foto: Serv. Fitosanitario
Regione Emilia-Romagna)
Fig. 3 - Infezione su pianta
di Cydonia (cotogno) (Foto:
OMP-Trieste)
lia i primi focolai vennero
diagnosticati nel 1990, in
alcuni pereti della Puglia,
ove è stata tentata, e pare
con successo, l’eradicazione. Nel 1991 vennero riscontrate infezioni su peri
cvv. Bella di Giugno e Faccia di Donna, di 4 anni
d’età, in provincia di Messina, nonché un caso su
Crataegus in un vivaio in
provincia di Ravenna (su
piante importate illegalmente dall’Olanda). Per
ambedue i focolai pare che
l’eradicazione abbia avuto
successo.
Cinque focolai (tre su Crataegus e due su pero) vennero riscontrati nel 1995
in provincia di Bologna e
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frutticoltura
Fig. 4 - Pianta di Cotoneaster (cotognastro) con foglie
ed infiorescenze annerite,
accartocciate e pendule
(Foto: Serv. Fitosanitario
Regione Emilia-Romagna)
l’anno successivo nella
stessa provincia, sei nuovi
su pero. Nel 1996 si evidenziarono circa trenta
nuovi focolai di Colpo di
fuoco su pero nella provincia di Bologna e di Ferrara.
Nel 1997, probabilmente
anche a causa di un andamento climatico favorevole
alla malattia (grandinate e
piogge frequenti) in Emilia–Romagna si è avuta
una vera e propria epidemia ed alla fine dell’anno
sono stati accertati 721 focolai e circa il 95% ha riguardato piante di pero.
Nel 1998 i focolai accertati
sono stati più di mille e la
situazione ha evidenziato
una minore gravità rispetto all’anno precedente, in
conseguenza
dell’andamento climatico meno favorevole e di una maggior
attenzione da parte di Enti
Pubblici e dei produttori.
In Lombardia è stato individuato il primo caso nella
primavera del 1997 in un
vivaio nella provincia di
Bergamo e successivamen-
te la malattia è comparsa
nella provincia di Mantova. Alla fine dell’anno si
contavano 11 casi, 2 nel
bergamasco e 9 nel mantovano, riguardanti, quasi
esclusivamente, piante di
pero. Nel 1998 sono stati
accertati 5 nuovi casi, 3
nel bergamasco e 2 nel
mantovano.
Pure nel Veneto le prime
segnalazioni della batteriosi risalgono al 1997 nella provincia di Rovigo
(11), Verona (2) e Padova
(1) e riguardavano esclusivamente piante di pero.
Nel 1998 i focolai sono saliti a circa una trentina.
In tutte queste Regioni i
casi sono sensibilmente ed
ulteriormente aumentati
in questi anni.
Nell’anno 1999 sono stati
riscontrati i primi focolai
anche in Alto Adige e precisamente nei comuni di
Brennero, Vipiteno, Campo Tures e in Valle Aurina.
Nell’anno 2000 ci furono i
primi casi nel comune di
Renon. In tutti questi casi
la specie maggiormente
colpita era il pero e le zone erano situate, per lo
più, al di sopra dei 1000 m
slm.
Nel 2002 sono state riscontrate le prime massicce infezioni in impianti frutticoli. Il primo caso è stato
rilevato in un giovane impianto di Gala nel comune
di Rablà, successivamente
sono state trovate infette,
in vari casi, giovani piante
di melo cv Pinova, varietà
a fioritura secondaria, e di
Cotoneaster in molti comuni della Val Venosta, del
Burgraviato e dell’Oltradige.
La delibera della Giunta
Provinciale n. 3252 dd 26
luglio 1999 ha recepito e si
è adeguata alla normativa
nazionale, inoltre con ordinanza d’urgenza del Presidente della Provincia è stato previsto l’obbligo di
estirpo delle piante di cotognastro ed agazzino ed il
divieto di messa a dimora
del biancospino.
La batteriosi non era mai
stata riscontrata finora in
Friuli Venezia Giulia. Un
sopralluogo effettuato in
data 5 giugno, su specifica
richiesta in un’azienda di
Terzo d’Aquileia, in un appezzamento di circa 0,30
ettari coltivato a pero, cvv
William e Conference, ha
evidenziato sintomi caratteristici riferibili a questa
batteriosi (fig. 5). Lo stesso dicasi per una pianta di
cotogno messa a dimora,
come ornamentale, vicino
ai fabbricati aziendali. Le
analisi su due campioni di
pero e uno di cotogno hanno confermato la presenza
del batterio.
Con decreto 849/15 dd 26
luglio 2002 del Direttore
dell’Osservatorio per le
Malattie delle Piante di
Udine, in recepimento del
DM 10 settembre 1999 n.
356, viene individuato il
focolaio e istituita la zona
di sicurezza nell’area di
Terzo d’Aquileia ad ovest
della S.S. 352 Udine-Grado. Con specifica ordinanza vengono previsti l’estirpo e la bruciatura delle
piante fino all’incenerimento. Viene vietato inoltre lo spostamento di alveari dall’area contaminata verso zone indenni.
Agente causale
Il Colpo di fuoco è causato
dal batterio Erwinia amylovora (Burrill) Winslow
et al; Gram negativo, mobile (dotato di molti flagelli peritrichi), avente dimensione di 0,5-1 x 1-3 micron. In coltura su agar
nutritivo al 5% di saccarosio, E. amylovora forma
colonie biancastre, mucose, elevate a cupola (levaniformi).
La crescita del batterio è
ottimale a 25-27 °C, quasi
nulla a 6 °C ed inibita a 3334 °C. Le condizioni climatiche predisponenti la moltiplicazione del batterio e
la comparsa dei sintomi
della malattia sono: umidità relativa dell’aria superiore al 60% e temperature comprese fra 13 e 32 °C,
associate a nebbie, forti
rugiade o piogge.
Sintomatologia
E’ la malattia più distruttiva del pero, ma causa
danni analoghi, sebbene
meno gravi, anche in molte altre specie di Rosacee.
Le perdite variano dall’avvizzimento dei fiori alla distruzione di rami di intere
branche, fino alla morte
Fig. 5 - Disseccamento
caratteristico di un ramo di
pero (Foto: OMP-Trieste)
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Fig. 6 - Avvizzimento,
annerimento e disseccamento su mazzetto fiorale
di pero (Foto: Serv. Fitosanitario Regione Emilia-Romagna)
della pianta. La gravità dei
danni dipende da vari fattori: suscettibiltà varietale, condizioni meteorologiche, pratiche colturali e
misure di controllo adottate.
I sintomi della malattia sono sostanzialmente simili
nelle varie specie di Rosacee pur con le variazioni
legate alle diversità morfologiche e fisiologiche specifiche.
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ricettacolo dei fiori si hanno aree idropiche (di
aspetto acquoso), di colore
verde scuro, seguite da imbrunimenti, che si estendono progressivamente lungo
il peduncolo sino a raggiungere l’asse del corimbo. Il fiore imbrunito si
secca e normalmente rimane attaccato al ramo.
Oltre ai corimbi fiorali avvizziscono anche le foglie
del rametto a frutto (fig. 7).
Con tempo caldo-umido
sui ricettacoli e sui peduncoli fiorali si possono ri-
Fig. 7 - Stadio iniziale di
infezione su foglie e frutti di
pero (Foto: OMP-Trieste)
Sintomi sui fiori
Di norma la malattia compare inizialmente in forma
di avvizzimento degli organi fiorali: possono essere
colpiti singoli fiori o tutta
l’infiorescenza (fig. 6). Sul
Fig. 8 - Presenza di tacche
nerastre con goggioline di
essudato batterico su frutti
(Foto: Serv. Fitosanitario
Regione Emilia-Romagna)
Fig. 9 - Marciume diffuso
con presenza di essudato
su frutto (Foto: Serv.
Fitosanitario Regione
Emilia-Romagna)
frutticoltura
scontrare goccioline lucenti di aspetto mucoso.
Sintomi sui frutti
Le infezioni sui frutti possono essere dirette (esogene) o di origine endogena.
I sintomi possono comparire da poco dopo l’allegagione fino all’invaiatura e,
occasionalmente, dopo la
raccolta o durante il tra-
sporto. Le infezioni esogene sono concentrate su lenticelle o ferite e si manifestano dapprima con macchie idropiche e di aspetto
untuoso, poi brune e nerastre (fig. 8). Sulle aree infette possono formarsi goccioline mucose, dense (fig.
9). I frutti vanno soggetti
ad un diffuso marciume,
seguito da mummificazione. Le infezioni tardive si
risolvono in macchie isolate, imbrunite e molli. Nelle
infezioni endogene compare un’area idropica all’inserzione del peduncolo che
tende ad estendersi verso
l’estremità calicina. Segue
l’imbrunimento e l’avvizzimento del frutto che può
cadere o mummificarsi.
Aree imbrunite con abbondante materiale mucoso
possono essere presenti
anche all’interno della polpa.
Fig. 6
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frutticoltura
Fig. 10 - Germoglio di pero
annerito e ripiegato
ad uncino o a pastorale
(Foto: OMP-Trieste)
Fig. 11 - Grave attacco su
pianta di pero
(Foto: OMP-Trieste)
Sintomi sulle foglie
e sui germogli
Nei casi di infezioni dirette si notano sulle foglie
aree annerite, umide, centrate per lo più su ferite, in
cui i tessuti disseccano e
possono rompersi. Spesso
l’area annerita si allunga
centripetamente sotto forma di strisce lungo le nervature secondarie sino a
quella principale oppure
può interessare i lati della
nervatura mediana e scendere lungo il picciolo, causando spesso un tipico annerimento a forma di isola
triangolare, avente l’apice
rivolto verso l’alto e la base in prossimità dell’inserzione del peduncolo. Le
aree annerite si presenta-
no umide e lucenti e sono
spesso ricoperte da goccioline di liquido chiaro, lattiginoso o di colore ambra.
Talvolta in particolari condizioni meteorologiche, l’evasione avviene in forma di
sottili filamenti biancastri,
secchi e aggrovigliati.
Quando i sintomi fogliari
sono causati indirettamente da infezioni avvenute sul
germoglio o sulla branca
portante si ha un rapido
imbrunimento, con accar-
Fig. 12 - Depressioni e
fessurazioni su tronco
di pero (Foto: Serv.
Fitosanitario Regione
Emilia-Romagna)
Fig. 13 - Striatura a isole di
colore bruno-rossastro
presenti nelle zone
sottocorticali
(Foto: OMP-Trieste)
tocciamento, avvizzimento
e disseccamento dell’intero
organo.
La malattia può interessare i giovani germogli ancora erbacei, che assumono
un colore scuro e diventano idropici, quindi bruni e
poi neri e con apice incurvato ad uncino (fig. 10).
Sintomi su rami,
branche e tronco
L’infezione fiorale, se non
si interviene e se le condizioni sono favorevoli, continua ad avanzare basipetamente interessando progressivamente tutto il rametto a frutto, i rami poliennali, le grosse branche,
il tronco e fino alle radici
(fig. 11).
In estate e durante il riposo invernale si formano
sulle parti lignificate caratteristiche lesioni cancerose. L’area del cancro appare depressa, di colore poco
più scuro di quello dei tessuti circostanti, cuneiforme in basso e circoscritta
e/o percorsa da fessurazioni della corteccia (fig. 12).
I cancri tardivi invece conseguenti a infezioni di piena estate o autunnali appaiono come una semplice
depressione o scollamento
della corteccia. Asportando la parte superficiale
della corteccia si notano
aree o striature arrossate
in corrispondenza del cancro e anche oltre i margini
dello stesso (fig. 13). Quando il cancro giunge ad interessare a guisa di manicotto tutta la circonferenza dell’organo assile infet-
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Fig. 14 - Disseccamento sulla chioma
di una pianta di melo (Foto: Serv.
Fitosanitario Regione Emilia-Romagna)
to (cinturazione) si ha il
disseccamento della parte
distale del ramo o anche
dell’intera pianta se il fenomeno interessa il tronco
o il colletto. Il disseccamento di rami o di tutto un
settore della chioma, come
se fossero bruciati dal fuoco, è il sintomo più appariscente della malattia e dal
quale essa ha preso il nome (fig. 14).
Alla ripresa vegetativa si
può avere un ulteriore avvizzimento dei rami che si
erano infettati durante la
precedente annata ed i
cancri tendono ad estendersi. I batteri in fase di
attiva moltiplicazione, evadono dai tessuti infetti in
forma di essudati (goccioline), prontamente disseminati sui tessuti suscettibili dagli insetti o da altri
agenti di diffusione.
Penetrazione
del patogeno
La penetrazione di E.
amylovora nelle piante è
passiva e può avvenire attraverso: fiori (stigmi e
nettarii), idatodi, lenticelle, tricomi ghiandolari e ferite (da animali, vento,
grandine freddo e pratiche
colturali). Nelle infezioni
primarie attraverso gli
stigmi è necessaria un’elevata umidità affinché il
batterio si moltiplichi e
passi a colonizzare i nettarii sottostanti.
Durante la stagione vegetativa la penetrazione avviene praticamente solo attraverso ferite; importanza
modesta hanno infatti le altre aperture naturali. Le
infezioni secondarie possono aver luogo per tutta la
stagione vegetativa. I frutti
infatti possono costituire la
principale sorgente d’inoculo. Gravi epidemie sono
state osservate dopo forti
grandinate.
La fioritura è il periodo
più critico, non solo per la
ricettività della pianta ma
frutticoltura
anche per la diffusione dell’inoculo.
L’epoca di fioritura, la sua
durata ed entità ed eventuali fioriture secondarie
influiscono maggiormente
sull’incidenza e gravità
della malattia. Importante
è anche lo stato vegetativo
della pianta: più la crescita è vigorosa e rapida, più
veloce è la progressione del
batterio nell’ospite. La malattia è favorita da giornate umide con temperature
massime di 21-24 °C e minime non inferiore a 12 °C.
Le piogge estive (anche di
soli 2,5 mm) possono creare condizioni favorevoli
per lo sviluppo di infezioni
secondarie.
Disseminazione
del patogeno
Nelle infezioni di Colpo di
fuoco si ha di norma l’emissione di goccioline di
essudati, costituite da ammassi di cellule batteriche
immerse in un mezzo mu-
cillaginoso. L’essudato viene poi raccolto dai vari
vettori e trasferito su altre
parti della pianta o su
piante diverse. Anche dopo l’evasione il batterio
continua a diffondersi sulla pianta infetta estendendo i sintomi della malattia.
La disseminazione è una
fase essenziale del ciclo del
batterio patogeno. A breve
e a media distanza (0-1005.000 m) essa è operata
prevalentemente da: insetti impollinatori o casuali;
aerosol liquidi o solidi, generati dall’acqua piovana
e/o di irrigazione battente
sulle gocce degli essudati e
trasportati dal vento; attrezzi di lavoro, specie
quelli di potatura su piante non in piena fase di riposo invernale. La disseminazione a grande distanza avviene a mezzo: trasporto aereo e deposizione
pluviale di aerosol solidi;
uccelli migratori; uomo;
con il trasporto di materiale vivaistico e di frutti.
Sopravvivenza
del patogeno
Lo svernamento del patogeno avviene prevalentemente, sebbene in modesta
percentuale, nei cancri perennanti presenti sui rami
di due o più anni, per lo
più conseguenti alle infezioni secondarie tardive. Si
è anche visto che il batterio può divenire endofita
nello xilema e nel floema
della pianta infetta e traslocare a distanze relativamente grandi alla ripresa
vegetativa.
Metodi diagnostici
Nel caso di piante con sintomi visibili della malattia
l’isolamento diretto del
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Tab. 1, fig. 15 - Rappresentazione sintetica
e punti di monitoraggio della rete del
Friuli Venezia Giulia suddivisi per specie
di pianta ospite di Erwinia amylovora
frutticoltura
Provincia
Pero
Melo
Vivai
Sorbo
Biancospino
Agazzino
Cotognastro
Totale
Gorizia
Pordenone
Trieste
Udine
18
7
1
35
14
15
4
51
8
19
0
7
0
15
0
1
25
30
21
4
9
14
4
3
8
9
0
2
82
109
30
103
Totale
61
84
34
16
80
30
19
324
Fig. 15
batterio su substrato artificiale (MS o NSA) o l’identificazione attraverso pochi caratteri fenotipici differenziali (morfologici, fisiologici e biologici) può
essere sufficiente per una
diagnosi definitiva.
I saggi di patogenicità su
giovani piante di pero e di
melo o su fettine o germogli di pero richiedono molto tempo e disponibilità di
materiale idoneo. Nel caso
di materiale asintomatico
sono necessari test più rigorosi, quali saggi sierologici (ELISA e immunofluorescenza) con anticorpi
monoclonali; le caratteristiche immunologiche del
batterio sono molto omogenee e non si conoscono patovar (sono possibili infezioni incrociate con batteri provenienti da piante di
specie diversa). Sono state
anche messe a punto sonde
clonate specifiche, risulta-
te molto sensibili, sebbene
tale metodologia diagnostica sia molto laboriosa e
debba essere riservata ad
una fase preselettiva e per
i casi ambigui.
Modalità d’intervento
A. Misure tendenti a
prevenire l introduzione
della malattia in
nuove aree frutticole
Il controllo del territorio
ai fini dell’introduzione
del colpo di fuoco in Italia
è stato ribadito con DM 10
settembre 1999 n. 356
“Regolamento recante misure per la lotta obbligatoria contro il colpo di fuoco
batterico (Erwinia amylovora), nel territorio della
Repubblica”. Esso prevede un’ampia verifica in
tutto il Paese sulle varie
specie di Rosacee. Già da
tempo sono state istituite
in diverse regioni, com-
preso il Friuli Venezia
Giulia, reti di monitoraggio specifiche (Tab. 1, fig.
15). Esse prevedono controlli da parte dei Servizi
Fitosanitari Regionali, da
effettuare in primavera ed
in autunno, in punti specifici individuati tenendo
conto della presenza di
piante ospiti di E. amylovora, di vie di comunicazione importanti e delle
rotte percorse da uccelli
migratori.
Per facilitare il riconoscimento di eventuali infezioni sono stati istituiti anche
vari centri diagnostici per
le reti di monitoraggio dell’Italia settentrionale.
Il Decreto prevede inoltre
una normativa precisa
qualora si dovessero riscontrare casi sospetti o
eventuali focolai primari,
al fine di una immediata
eradicazione del patogeno.
Con direttiva 2002/29/CE
dd. 19 marzo 2002, che
modifica la direttiva
2001/32/CE sono state modificate le “zone protette”
per quanto riguarda questa batteriosi.
Per prevenire l’introduzione della malattia in una
nuova area è necessaria
peraltro, oltre che l’opera
degli ispettori fitosanitari
che hanno compiti di sorveglianza e di intervento,
la fattiva collaborazione di
vivaisti, frutticoltori, tecnici e amministratori delle
aree verdi (pubbliche e
private) che, sulla base di
frequenti visite alle piante
potenziali ospiti, devono
segnalare al Servizio Fitosanitario eventuali casi sospetti.
Dato il pericolo incombente è bene effettuare per i
nuovi impianti scelte appropriate delle cultivar di
pero e di melo, escludendo
quelle più suscettibili. E’
da ricordare che il pero è
in genere più suscettibile
del melo. Allo stato attuale
una graduatoria della suscettibilità al colpo di fuoco delle principali cultivar
di pero è riportata nella tabella 2.
Anche nel caso delle piante ornamentali alcune varietà di cotognastro, agaz-
Tabella 2 - Suscettibilità varietale
Suscettibilità
Cultivar molto suscettibili,
specialmente alle infezioni
dei fiori e dei germogli
Cultivar mediamente
suscettibili
Cultivar meno suscettibili
Cultivar
Colorata di Luglio
Highland,
Passa Crassana,
Packham’s Triumph;
Dr. Guyot,
General Leclerc,
Santa Maria M.,
Abate Fetel,
William;
Conference,
Kaiser,
Bella di Giugno,
Butirra Hardy
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Fig. 16 - Asportazione e bruciatura di
materiale infetto (Foto: Serv. Fitosanitario
Regione Emilia-Romagna)
zino e biancospino sono
più sensibili alla malattia
rispetto ad altre.
Importante è anche seguire tecniche colturali ottimali per prevenire uno
sviluppo vegetativo troppo rigoglioso delle piante,
limitando apporti eccessivi di concimi azotati e di
sostanza organica, eliminando i polloni ed i robusti succhioni che possono
sviluppare sulle branche,
organi facili da infettare e
che possono portare la
batteriosi nel corpo della
pianta. Per i nuovi impianti è bene inoltre scegliere terreni a giacitura
ed esposizione ottimali ed
assicurare in essi un buon
drenaggio.
B. Modalit di lotta
da adottare ove
la batteriosi Ł ormai
insediata
La difesa nei confronti del
fuoco batterico è molto difficile e per avere un certo
successo è necessario adottare i sistemi di lotta integrata, intervenendo con
tempestività e in tutta l’area frutticola della zona.
Le misure consigliate tendono solamente a ridurre
la carica di inoculo ed a
proteggere i tessuti suscettibili.
L’intervento più immediato consiste nella rimozione
di tutti i rametti a frutto e
dei germogli infetti, non
appena i sintomi sono percettibili. Si devono anche
asportare i rami principali, branche tronchi e radici
che risultino infette, indipendentemente dalle loro
dimensioni. I tagli relativi
devono essere praticati
ben al di sotto (almeno 40
cm) delle aree che risultano infette, per avere la certezza di non lasciare ancora tessuti contaminati. Gli
attrezzi usati per tali interventi devono essere disinfettati dopo ogni taglio, impiegando la comune “varechina” (ipoclorito di sodio
al 5%, diluita 1 a 10 con acqua, che è peraltro corrosiva per i metalli ed ha
azione irritante sull’uomo)
o benzalconio cloruro (un
sale d’ammonio quaternario) o alcool denaturato.
Anche gli attrezzi di pota-
frutticoltura
tura devono essere immersi nel disinfettante o puliti
con una spugna bagnata
con l’antibatterico e così
pure gli effetti personali
venuti a contatto con le
parti infette (guanti, stivali, scarpe o altro).
Negli intervalli di lavoro è
necessario sciacquare accuratamente ed asciugare
tutti gli attrezzi usati.
Le parti di pianta tagliate
devono essere subito rimosse dal frutteto e bruciate (fig. 16). I frutti possono essere interrati o ricoperti con calce.
Si devono anche applicare
tecniche colturali tendenti
a limitare lo sviluppo vegetativo delle piante (come
indicato nel precedente
punto A) ed inoltre non
eseguire potature a verde,
eliminare le fioriture secondarie, evitare l’irrigazione sovrachioma ed usare per i nuovi impianti materiale di propagazione sano e prodotto in aree esenti da E. amylovora o dove
la batteriosi è sotto stretto
controllo. Sono in corso
anche in Italia ricerche
tendenti ad ottenete varietà o selezioni di pero resistenti o poco suscettibili
al colpo di fuoco.
Il rischio nei confronti della malattia può essere ridotto con una difesa insetticida adeguata, specialmente nei confronti di fitofagi ad apparato boccale
pungente-succhiante (afidi, psille, ecc) ed avendo
cura di falciare frequentemente i frutteti inerbiti.
E’ obbligatorio non spostare durante il periodo vegetativo (da metà marzo a fine ottobre) gli alveari presenti nelle zone contaminate. E’ bene effettuare la potatura delle piante durante il riposo vegetativo invernale e farla seguire da
un trattamento con sali di
rame. Un valido aiuto nella prevenzione della diffusione della malattia potrebbe derivare dall’impiego di piante ornamentali
non appartenenti alle Rosacee.
La difesa con composti chimici è alquanto problematica; mancando degli anticrittogamici specifici con
azione battericida. Essa
può solo costituire uno dei
fattori da prendere in considerazione nella lotta integrata.
I sali di rame possono ridurre la carica d’inoculo
presente sulle superfici dei
diversi organi della pianta.
Essi possono essere impiegati durante il periodo vegetativo a dosaggi ridotti
(50-100 g/hl di rame metallico), onde evitare fenomeni di fitotossicità, entro 2436 ore da grandinate o violenti temporali, che possono causare pericolose ferite. Si consigliano inoltre:
un trattamento delle piante dopo la raccolta dei
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frutticoltura
Fig. 17 - A sinistra, grave
infezione con disseccamento totale del ramo causata
da Pseudomonas syngae
pv syringae.
A destra infezione causata
da Nectria galligena;il
processo di disseccamento
avviene piø lentamente
rispetto alle infezioni causate da E. amylovora
(Foto: Serv. Fitosanitario
Regione Emilia-Romagna)
frutti; 2-3 interventi nel
periodo di caduta delle foglie e uno alla fase delle
gemme ingrossate (150-200
g/hl di rame metallico). Per
il pero ha dato buoni risultati la poltiglia bordolese
(da escluderne peraltro
l’impiego nel caso delle
cultivar sensibili al rame).
Da questa annata è stato
messo in commercio un
nuovo prodotto, attivatore
delle difese naturali della
pianta, a base di acibenzolar–S–methyl, che agisce in
modo preventivo contro
questa batteriosi.
Le sperimentazioni specifiche hanno evidenziato risultati incoraggianti iniziando la difesa con due interventi a cavallo della fioritura e proseguendo con
ulteriori due trattamenti
durante la fase di accrescimento del frutto, in concomitanza con le eventuali
fioriture secondarie, a un
intervallo di 3-4 settimane
l’uno dall’altro. La dose
d’impiego è di 200 g/ha.
Nei trattamenti alla chioma, in Francia viene anche
consigliato il fosetil-alluminio, prodotto sistemico
acropeto e basipeto, già
noto per l’azione stimolante per la produzione di sostanze naturali di difesa
(fitoalessine) da parte del-
la pianta contro i funghi
Oomiceti. Questo anticrittogamico è registrato per
E. amylovora anche in Italia. In Francia ed in altri
Paesi viene inoltre impiegata la flumechina un antibiotico di sintesi (gruppo
chinoline) con azione di
copertura. Una specifica
norma di legge vieta però
in Italia l’uso di antibiotici
in agricoltura.
Quanto esposto sottolinea
la gravità del Colpo di fuoco batterico e l’onerosità e
l’incertezza degli esiti della lotta, qualora la malattia si insediasse in forma
endemica in Italia.
Raccomandazioni
E’ importante sottolineare
che alcuni sintomi ritenuti
tipici del Colpo di fuoco
batterico sono simili a
quelli causati da Pseudomonas syringae pv. syringae (fig. 17), batterio fitopatogeno comune su numerose piante coltivate e
spontanee, responsabile in
genere di danni contenuti,
e a cancri dovuti a Nectria
galligena (fig. 17). Inoltre
non bisogna dimenticare
che numerosi sono i casi di
disseccamenti la cui causa
spesso è di altra natura
patologica o parassitaria e
talvolta di origine abiotica; è pertanto necessario
sottoporre ad analisi batteriologica il campione di
materiale vegetale con sintomi sospetti di attacco
batterico per accertarne
l’esatta eziologia.
A tutti i frutticoltori ed
agli operatori del verde in
genere, e ognuno per la
propria competenza, in
considerazione dell’elevato
danno economico, ambientale culturale derivante
dalla diffusione del Colpo
di fuoco batterico, è rivolto un invito a collaborare
con quanti sul territorio
stanno operando per il
controllo della batteriosi.
La bibliografia verrà pubblicata negli estratti.
La segnalazione di ogni caso sospettp è obbligatoria ai sensi del DM 10/09/99.
L’individuazione precoce dei focolai di infezione è fondamentale per limitare
la diffusione di E. amylovora e per la realizzazione di interventi tempestivi
da parte degli Osservatori per le Malattie delle Piante di:
• GORIZIA Via Roma, 9 - 34170 Gorizia
Tel 0481 386241, fax 0481 386248
E-mail [email protected] .it
• PORDENONE Via Beato Odorico,13 - 33170 Pordenone
Tel 0434 529330/1 fax 0434 520570
E-mail [email protected]
• TRIESTE Via G. Murat,1 - 34123 Trieste
Tel 040 304019 fax 040 304100
E-mail [email protected]
• UDINE Via A Caccia, 17 - 33100 Udine
Tel 0432 555162 fax 0432 555163
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