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La Rivoluzione americana
LA NASCITA DEGLI STATI UNITI
La Rivoluzione Americana
A cura di Aldo Brambilla, Marco Ferrari e Valentina Bartoli.
A.S. 2015/2016
IV B
PREMESSA
La rivoluzione americana: il primo esempio di lotta di
liberazione condotta in modo vittorioso all’infuori del
contesto europeo contro la dominazione di una
popolazione del vecchio continente, che aprì una
stagione di grandi rivolgimenti politici.
 Il pensiero illuminista ha influenzato gli ideali che
hanno mosso la guerra d’indipendenza, che avranno il
loro apice con la rivoluzione francese.

LA SITUAZIONE PRIMA DELLA
RIVOLUZIONE
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
La Gran Bretagna nel Nuovo Mondo controllava una vasta fascia
di costa atlantica che va dalla regione dei Grandi Laghi alla
Florida e a ovest alla catena montuosa degli Appalachi.
I coloni erano poco più di 1,5 milioni, compresi 300.000 schiavi
neri, e per affermare la propria autonomia avevano dovuto
fronteggiare le tribù indiane, poco numerose ma combattive.
La colonizzazione inglese fu svolta molto lentamente in quanto
non era previsto un piano di conquista preordinato e fu diretta da
una serie di compagnie commerciali differenti, singoli grandi
proprietari speculatori e una consistente emigrazione dalla Gran
Bretagna. Tutti questi fenomeni vennero favoriti dalla corona per
contrastare la presenza straniera sul territorio (Francia e
Spagna).
PRIME COLONIE
La fondazione della Virginia, prima colonia
britannica su suolo americano, è stata promossa
dalla Virginia Company nel 1607, poi passò
all’amministrazione regia e accolse i realisti che
sfuggivano al controllo di Cromwell.
 I puritani perseguitati dalla corona e dalla
Chiesa anglicana si insediarono più a nord,
nell’attuale Massachusetts: il primo
insediamento fu quello di New Plymouth, fondato
dai padri pellegrini sbarcati con la Mayflower.

ALTRE COLONIE DELLA NUOVA INGHILTERRA
Oltre al Massachusetts e alla Virginia già analizzate,
si aggiungono:
• Il Connecticut che fu la prima colonia americana ad
avere una costituzione scritta (gli Ordinamenti
fondamentali), di stampo democratico.
• Il
New Hampshire, che separandosi dal
Massachusetts divenne una provincia indipendente
sotto controllo regio.
Queste quattro colonie hanno mantenuto anche in
seguito l’impronta della loro origine puritana.
LE

COLONIE DEL
SUD
Si formarono diversamente le colonie situate a
sud della Virginia, tra cui ci sono il Maryland, la
Carolina del Nord e la Carolina del Sud. Il
Maryland fu concesso da Carlo I in proprietà
all’aristocratico Lord Baltimore, mentre le due
“Caroline” nacquero sempre da un’analoga
concessione di Carlo II a otto proprietari terrieri.
IL NEW YORK
I territori attorno al fiume Hudson erano
occupati da coloni olandesi, ma nel 1664 furono
conquistati dalle truppe del duca, rinominando la
città con “New York”.
 Fu concessa sempre da Carlo II a suo fratello,
futuro Giacomo II, duca di York.
 Alcuni territori a sud del fiume Hudson
formarono invece il New Jersey.

LE CONDIZIONI SOCIO-ECONOMICHE
Le 13 colonie formatesi non costituivano
assolutamente un complesso unitario tra di loro;
erano sempre in lotta o per questioni di confine o
per rivalità economiche.
 Le colonie erano abitate da popolazioni non
omogenee né per religione né per etnia, anche
perché si formarono in tempi e circostanze
diverse.
 Nel Nord America quindi si distinguevano aree
differenti fra loro per economia e organizzazione
sociale: il Nord, il Sud e il Centro da questo punto
di vista erano tre zone distinte.

IL NORD
Nelle quattro colonie della Nuova Inghilterra, il
clima simile a quello europeo aveva favorito
un’agricoltura fondata sulla coltivazione di
cereali organizzata in piccole o medie aziende
familiari costruite presso villaggi rurali.
 Anche se poco dinamica questa agricoltura si
integrava bene con l’economia dei centri urbani
(esempio di Boston), dove fiorivano commerci,
pesca e cantieri.

IL CENTRO
New York, New Jersey, Pennsylvania e Delaware
erano le quattro colonie del Centro, che
fungevano da cerniera fra Nord e Sud.
Economicamente erano molto simili alla Nuova
Inghilterra: però con un clima più temperato il
commercio aveva maggior sviluppo e le colture
erano più differenziate.
 Erano più diffusi fenomeni di squilibrio sociale
(soprattutto a New York), dove i possedimenti
terrieri erano per la maggior parte di grandi
latifondisti.

IL SUD
L’economia di Virginia, Maryland, Georgia,
Carolina del Nord e del Sud l’economia era
incentrata sulle piantagioni di tabacco e di riso,
prodotti destinati poi all’esportazione.
 Il Sud si fondava principalmente sulla grande
proprietà e contava sul lavoro degli schiavi (circa
500.000 schiavi neri nel 1775).

LA MADREPATRIA
L’economia delle colonie era dipendente da quella
della madrepatria, che aveva il monopolio sui
commerci da e per le province d’oltre mare.
Inoltre quasi tutte le produzioni coloniali erano
destinate ai mercati britannici.
 Se economicamente le colonie erano dipendenti,
sul piano politico disponevano di ampia
autonomia locale. A partire dal ‘700 tutte le
colonie furono poste sotto il controllo di un
governatore regio, affiancato da Consigli
nominati dalle autorità inglesi.

L’AUTOGOVERNO COLONIALE
Ai Consigli si aggiungevano assemblee legislative
elette dai cittadini: se nel Sud avevano diritto di
voto solo i proprietari terrieri, nel Nord più del
70% dei maschi adulti aveva accesso alle urne.
 Nel corso del tempo le assemblee assunsero
sempre più potere, diventando una sorta di
governo rappresentativo di ciascuna colonia.

I VALORI
L’intera società coloniale condivideva gli stessi
valori, quali pluralismo, tolleranza e difesa delle
autonomie locali, anche se tali diritti erano estesi
solo a uomini bianchi e cristiani.
 Erano valori basati non solo su convinzioni
razionali ma anche e soprattutto su un
fondamento religioso: i coloni inglesi si
consideravano infatti un popolo eletto e protetto
da Dio tramite un patto originario.

RAPPORTI COLONIALI
La stabilità politica, fino agli anni ‘60 del 1700, tra
l’Inghilterra e le sue colonie fu permessa da:
- Coloni molto interessati e coinvolti dalle
vicende politiche della madrepatria.
- Stretti rapporti con la comunità d’origine.
- Contrasti col governo resi meno drammatici
dalle larghe autonomie di cui i coloni godevano e
dalla facilità con cui potevano eludere i controlli
sul commercio.
- Appoggio militare della madrepatria
indispensabile per proteggere e mantenere la
sicurezza delle colonie contro Francia, Spagna e
indiani.
L’INIZIO DEI CONTRASTI CON LA MADREPATRIA
Fino agli anni ‘60 del XVIII secolo l’indipendenza era
un problema sostanzialmente estraneo agli orizzonti
politici coloniali.
 I coloni inglesi pur essendo protagonisti di eventi nuovi
e opposti alla realtà da cui provenivano rimasero
costantemente attaccati alle idee e ai vecchi
schieramenti politici.
 Inoltre le colonie godevano di grandi libertà sia fiscali
sia commerciali.
 Il culmine delle interazioni tra colonie e madrepatria
fu raggiunto nella guerra dei Sette anni.

LA GUERRA DEI SETTE ANNI

Il conflitto che vide come maggiore potenza
vincitrice l’Inghilterra segnò l’apice dell’unione
tra colonie e madrepatria. In realtà fu proprio la
guerra a porre le premesse di un conflitto che si
sarebbe presto rivelato insanabile.
LE RADICI DEL CONTRASTO
Dopo la pace di Parigi (1763), l’Inghilterra si ritrovò
padrona di un vasto impero coloniale, esteso dal
Canada alla Florida. Un territorio così vasto necessitò
di un controllo molto più rigido. Tutto questo portò a
una maggiore presenza militare inglese, molto sgradita
sia ai coloni sia ai commercianti stranieri.
Inoltre Giorgio III nel 1763 emanò un “proclama”
limitando ulteriormente le libertà dei coloni, vietando
loro di spingersi al di là della catena degli Appalachi.
Da quello stesso anno i rapporti tra l’amministrazione
militare britannica e le tribù indiane si fecero sempre
più tesi, sfociando in numerose rivolte sanguinarie.
NUOVE TASSE E IMPOSIZIONI
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Sugar act: nuova tassa sul commercio degli zuccheri, che
imponeva un forte dazio sulle importazioni di questo prodotto,
indispensabile per la produzione del rhum, il relativo distillato.
Stamp act: tassa di bollo sugli atti ufficiali e le pubblicazioni.
Queste misure portarono a un brusco deterioramento nei rapporti
fra la Corona e i suoi possedimenti oltre l’Atlantico, caratterizzato
da continui tentativi di compromesso impediti da una pesante
intransigenza da entrambe le parti.
Nel 1766 alcune critiche mosse dalla stessa opposizione liberale
inglese portarono alla revoca dello Stamp act.
Townshend Acts: impose dazi d’entrata su numerose merci
della madrepatria, rendendo più efficaci i controlli doganali.
L’INIZIO DELLE RIVOLTE


Le prime conseguenze alla tassazione furono l’intensificarsi
delle rivolte, la fondazione di associazioni segrete (Sons of
Liberty) e il boicottaggio delle merci. Questi fenomeni
vennero poi appoggiati e sostenuti anche dagli organi
amministrativi locali.
Numerosi intellettuali, scrittori e giornalisti come Benjamin
Franklin e Thomas Jefferson, presero parte alla rivolta con
la stesura di alcuni opuscoli pro-rivoluzionari. Spinsero i
coloni a battersi per la rappresentazione nel parlamento
inglese. Con il motto “No taxation without
representation” si vietava al parlamento di imporre nuove
tasse senza consultarsi prima con un’assemblea coloniale.
Nemmeno il ritiro dei Townshed Acts placò i ribelli. Non
era più sufficiente la revoca delle nuove imposizioni. Venne
richiesto di ritenere le assemblee legislative locali al pari
del parlamento.
La madrepatria impose il monopolio sul commercio del
the e lo affidò alla Compagnia delle Indie Orientali.
La goccia che fece traboccare il vaso fu il Boston tea
party, una rivolta promossa da “Figli delle libertà”. I
ribelli gettarono un carico di the inglese in mare. Il
governo inglese rispose con le leggi intollerabili
che prevedevano:
La chiusura del porto di Boston .
Il Massachusetts fu privato delle autonomie
amministrative.
I giudici americani furono sostituiti da funzionari
inglesi.
Si tentò di limitare la penetrazione dei pionieri
americani nella valle dell’Ohio annettendo quel
territorio al Quebec.
CONGRESSO CONTINENTALE
Da questo momento in poi la ribellione divenne aperta
e generalizzata e nel 1774 si svolse il Primo
Congresso Continentale a Filadelfia e vi
parteciparono tutte le colonie. Si accordarono per
portare avanti tutte le azioni di boicottaggio. Il governo
inglese propose alcune iniziative conciliative, ma
contemporaneamente intensificò la repressione
militare. Nel 1775 avvennero i primi scontri armati,
nei pressi di Boston, tra ribelli e governo.
 In un secondo Congresso Continentale venne
fondato un esercito indipendentista guidato da George
Washington. Da questo momento non ci furono più
sporadiche ribellioni ma una vera e propria guerra.

ESERCITO E SCHIERAMENTI
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Sin dall’inizio dello scontro la superiorità britannica era
evidente. Lo schieramento americano composto
principalmente da volontari era nettamente inferiore a
quello organizzato e addestrato inglese.
Il concretizzarsi del conflitto fece dividere lo schieramento
rivoluzionario. A causa dei traumi e degli ingenti costi
economici molti esponenti delle classi più agiate assunsero
un atteggiamento lealista schierandosi sul fronte inglese.
Gli intellettuali e i ceti inferiori assunsero una posizione
indipendentista, caratterizzata da un pensiero
democratico.
Alcuni americani credevano ancora in una soluzione di
compromesso, questa corrente venne detta moderata.
L’atteggiamento intollerante del re Giorgio III, che dichiarò
ribelli tutti gli americani fece fallire ogni possibile soluzione
diplomatica.
LA DICHIARAZIONE D’INDIPENDENZA

Il 4 Luglio 1776 venne promulgata la Dichiarazione
d’indipendenza, redatta da Thomas Jefferson.
Questo fatto segnò la nascita degli Stati Uniti
d’America. La Dichiarazione americana rappresentò
la piena affermazione del pensiero illuminista,
ponendo le basi per un reale progetto politico.
PRIME FASI DELLA GUERRA
Inizialmente la situazione fu molto sfavorevole per gli
americani, collezionarono numerose sconfitte tra il
1775-76. La disfatta totale fu evitata principalmente
dalla tenacia di Washington, uomo con ottime capacità
organizzative, ma con scarse abilità strategiche. La
prima pesante sconfitta inglese avvenne a Saratoga
nel 1777. La situazione finanziaria degli insorti
rimaneva tragica a causa della chiusura dei commerci
con la madrepatria, che fece crollare l’economia e causò
una pesante inflazione.
 La guerra d’indipendenza americana si guadagnò la
solidarietà dell’opinione pubblica europea, in
particolare intellettuali illuministi. I ribelli americani
furono appoggiati anche dal filosofo democratico
inglese Thomas Paine.

L’INTERVENTO STRANIERO
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Per la prima volta nella storia si unirono a un esercito di
coloni inglesi anche volontari stranieri come polacchi
(Tadeusz Kosciusko) e francesi (La Fayette).
L’aiuto decisivo venne dato da Francia, Spagna e Olanda,
che videro nella guerra un modo per sminuire la potenza
navale e commerciale inglese. I tre stati concessero onerosi
prestiti ai rivoluzionari e rimpiazzarono nei rapporti
commerciali l’Inghilterra. Nel 1778 gli Stati Uniti vennero
riconosciuti dalla corona francese come stato indipendente.
Gli inglesi riuscirono comunque a collezionare alcune
vittorie nei territori del Sud senza trarne però vantaggi
decisivi.
Nel 1781 giunse negli Stati Uniti la flotta francese e gli
americani poterono passare al contrattacco con l’assedio di
Yorktown, in Virginia. Durante quello stesso anno la città
occupata dagli inglesi si arrese. La guerra poteva ritenersi
virtualmente conclusa.
IL TRATTATO DI VERSAILLES
Nel 1782 iniziarono le trattative di pace e nel
settembre dell’83 venne concluso il trattato di
Versailles. L’Inghilterra concesse l’indipendenza
ai tredici stati americani, ma rimaneva
comunque inalterato il suo dominio sul Canada e
sul resto delle colonie caraibiche, africane e
asiatiche.
 La Francia riuscì a ottenere il Tobago e la costa
del Senegal.
 La Spagna riuscì a riappropriarsi della Florida.

LA COSTITUZIONE DEGLI STATI UNITI
Dopo l’indipendenza le ex colonie dovevano delineare
un’organizzazione statale.
 Durante la guerra i diversi stati si erano autogovernati
e avevano redatto proprie carte costituzionali basate
sul governo rappresentativo, la tutela delle
libertà fondamentali e il diritto di proprietà.
 Nel Sud però era ancora in vigore la schiavitù.
 Nel 1777 si riunì il secondo Congresso continentale:
furono redatti gli Articoli di confederazione come
costituzione provvisoria entrata in vigore nel 1781.

Con la mancanza di un potere centrale:
- erano nati contrasti territoriali per i confini e
competizioni di tipo commerciale;
- la moneta era distrutta dall’inflazione e nacquero
movimenti di protesta.
• Convenzione costituzionale (nel maggio 1787 a
Filadelfia): doveva emanare gli Articoli di
confederazione operando in segreto. Presieduta da
Washington delineò una nuova architettura
costituzionale basata su: divisione ed equilibrio
dei poteri e nuovi organi federali con autorità su
ogni cittadino.
• Così gli Stati confederati diventarono Unione
federale e assunsero la fisionomia di una nazione.

LA DIVISIONE DEI POTERI



Legislativo: costituito da Camera dei rappresentanti
(questioni finanziarie ed elezione in proporzione agli
abitanti) e Senato (politica estera e includeva 2
rappresentanti per stato).
Giudiziario: affidato alla Corte suprema federale, i cui
giudici vitalizi erano eletti dal Presidente in accordo col
Senato.
Esecutivo: era nelle mani del Presidente della repubblica
(novità), eletto ogni 4 anni con voto indiretto (assemblea),
che comandava le forze armate, nominava i giudici della
Corte suprema e i molti titolari di uffici pubblici e poteva
porre il veto sulle leggi approvate dal Congresso.
Quest’ultimo poteva a sua volta accusare e destituire il
presidente per violazioni della legge.
IL DIBATTITO COSTITUZIONALE
Anche se la Costituzione venne accolta dalla
maggioranza, doveva essere approvata dai singoli Stati
ed è in questo momento che nasce il dibattito che vede
contrapposti Federalisti e Antifederalisti.
 Federalisti: a favore della Costituzione e di un forte
governo centrale, rappresentavano commercianti e
industriali (vedevano nella stabilità politica la base
per lo sviluppo economico), ma anche i ceti
conservatori e i grandi proprietari (volevano ordine).
 Antifederalisti: di stampo democratico e ruralista,
rappresentavano i ceti medio-bassi, costituiti
prevalentemente da piccoli coltivatori indebitati che
vedevano il governo centrale come fonte di
arricchimento per un’oligarchia e non pensavano che
tale forma di governo potesse ben rappresentarli.

Prevalsero i federalisti con l’approvazione della
Costituzione (1787-88) da parte di 11 stati su 13, negli
anni successivi anche gli ultimi due stati
l’approvarono.
 Gli antifederalisti però ottennero l’inserimento dei
Dieci Emendamenti, che ribadivano e tutelavano i
diritti individuali e le prerogative di ogni stato di
fronte al potere federale.
 Nel 1789 ci furono le prime elezioni legislative e
George Washington fu nominato il primo
Presidente degli Stati Uniti d’America.

CONSOLIDAMENTO E SVILUPPO DELL’UNIONE
Dopo la promulgazione della Costituzione iniziò la fase
di collaudo e consolidamento istituzionale: il governo
aveva sede a Filadelfia e si organizzò in
dipartimenti (ministeri).
 Dipartimento del Tesoro: affidato al leader
federalista Alexander Hamilton (insieme a John
Adams) che risanò le finanze dell’Unione con nuove
imposte federali e riorganizzò il sistema creditizio
attorno alla Banca degli Stati Uniti. Tale manovra creò
proteste tra gli agricoltori del Sud e i coloni dell’Ovest.
 Il Dipartimento di Stato si occupava della politica
estera e venne affidato al leader antifederalista
Thomas Jefferson (insieme a James Madison).

In questo periodo cominciò l’espansione territoriale
che nel secolo successivo porterà gli Stati Uniti ad
occupare tutto il territorio tra i due oceani.
 Nel 1787 il Congresso continentale pose le norme per
consentire tale espansione risolvendo molte
controversie tra i diversi stati.
 Ordinanza del Nord-Ovest: le regioni da colonizzare
avevano lo status di territori sotto la tutela del
Congresso, che inviava giudici e governatori. Furono
incoraggiate all’autogoverno e nel momento i cui
raggiungevano i 60.000 abitanti diventavano Stati
dell’Unione.
 Questo sistema rimarrà valido anche per l’800 e
porterà ad avere un modello di stato aperto,
conciliando le spinte espansionistiche con la tutela
delle autonomie e la crescita democratica.

RIVOLUZIONE E RELIGIONE


È opinione comune che la rivoluzione americana si sia basata
su principi laici e illuministi. Questa affermazione non è
propriamente corretta, numerosi filosofi e studiosi come
Perry Miller (1905-1963) sostengono le radici religiose che
furono alla base della rivoluzione e assicurarono alla causa
indipendentista un vasto sostegno popolare.
Si ha conferma di questa tesi, se si analizzano le origini
storiche della “Nuova Inghilterra”, composta
prevalentemente da puritani, perseguitati in madrepatria e
costretti a scappare. Un esempio lampante è la Mayflower. I
“Padri pellegrini” interpretarono il loro arrivo e la loro
sopravvivenza nel Nuovo Mondo come un segno della
provvidenza divina e il pensiero di questa gente si fondava su
un patto tra Dio e i Veri Cristiani. Questa convinzione
rimase viva durante tutto il resto della storia americana e
tutt’ora possiamo ancora trovarne i segni. Per esempio
all’interno delle aule di tribunale o incisa sulle monete
possiamo trovare la famosa e sicuramente non atea frase: «In
God we trust».
LA “RIVOLUZIONE ATLANTICA”
• Palmer in “L’era delle rivoluzioni democratiche” espone la
teoria secondo la quale nel XVIII secolo, era delle
rivoluzioni, queste ultime siano state promosse e
combattute da un’unica grande civiltà: la “civiltà atlantica”
che comprende europei e americani.
• L’autore sostiene infatti che nel 1700 vi fu un unico
movimento rivoluzionario manifestatosi in luoghi diversi e
in modi diversi ma con caratteristiche simili, quali la
democrazia, l’uguaglianza e il disprezzo per l’esercizio
esclusivo del potere.
• Le più importanti rivoluzioni di questo periodo sono quella
Americana e Francese, ma ce ne sono molte altre meno
conosciute e secondo lo scrittore è come se questa corrente
di cambiamento continuasse a rimbalzare da una sponda
all’altra dell’Atlantico.
I DIRITTI DELL’UOMO NELLA
COSTITUZIONE AMERICANA E IN QUELLA
FRANCESE
Per capire oggi il significato di “diritto” è necessario
voltarsi indietro.
Francia e USA hanno posto le basi dei nostri
diritti attuali e per cogliere le analogie e le
differenze fra le due Costituzioni dobbiamo
“immergerci” nel periodo storico delle Rivoluzioni.
 Le due rivoluzioni furono entrambe borghesi, con
la differenza che la prima fu anche una guerra di
liberazione nazionale contro gli inglesi
colonialisti, mentre la seconda fu una guerra
civile tra borghesia (appoggiata da contadini e
operai) e aristocrazia (appoggiata dalla
monarchia).

Gli americani rivendicano, in un certo senso, gli stessi
diritti che un secolo prima erano stati rivendicati dai
puritani inglesi, ampliandoli però ed estendendoli a
tutti i coloni europei, essendo l'America un territorio di
forte immigrazione.
 L’importante documento portava l’impronta
dell’entusiasmo rivoluzionario che l’aveva generato e si
differenziò sostanzialmente da tutti i successivi, più
moderati, documenti della rivoluzione americana. Era
in sostanza un manifesto antifeudale e antimonarchico,
che proclamava le libertà repubblicane e democraticoborghesi: diritti inalienabili di natura, eguaglianza di
fronte alla legge, sovranità del popolo e suo diritto di
cambiare forma di governo.

LA PROPRIETÀ IN AMERICA
Nell’elencare i diritti naturali dell’uomo la
Dichiarazione non menzionava la proprietà.
 I rappresentanti della corrente di sinistra della
teoria borghese del diritto naturale, collegavano il
concetto di “proprietà” a quello di “lavoro” e quindi
alla categoria dei diritti civili, non naturali.
 Viceversa Locke e i suoi seguaci avevano proclamato
la proprietà un diritto naturale, eterno e inviolabile.
Per questo motivo nella formula borghese
comunemente accettata “vita, libertà e proprietà”,
Jefferson cambiò la parola “proprietà” con le parole
“aspirazione alla felicità” e condannava la schiavitù
e il commercio di schiavi.

IN FRANCIA



La borghesia francese nel 1789 era una classe
rivoluzionaria che lottava contro il regime assolutisticofeudale. Gli ideologi della borghesia, che capeggiavano il
Paese, identificavano gli ideali sociali della loro classe con
gli interessi di tutta la nazione francese e addirittura di
tutta l’umanità.
Il 26 agosto 1789 l’Assemblea costituente approvò la
Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino,
importantissimo documento della rivoluzione francese,
che ebbe una portata storica universale.
“Gli uomini nascono e restano liberi e uguali nei
diritti”, era detto nella Dichiarazione. Questo principio
fu proclamato in un’epoca in cui quasi ovunque nel mondo
l’uomo era ancora considerato uno schiavo.

Bisognerà attendere anche la fine della II guerra
mondiale prima di vedere nelle Costituzioni di
tutto il mondo il rispetto dei diritti sociali
riguardanti le condizioni materiali dell'individuo,
che le Dichiarazioni borghesi avevano trascurato.
Nel 1948, con la Dichiarazione dei diritti
universali dell'uomo, l'Onu volle far capire che la
garanzia della dignità umana non può essere
demandata esclusivamente ai singoli Stati, ma va
affidata, se necessario, anche a organismi
internazionali.
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