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Introduzione alle parabole di Gesù e alla parabola del Buon

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Introduzione alle parabole di Gesù e alla parabola del Buon
BREVE INTRODUZIONE ALLE PARABOLE DI GESU’
In tutto il mondo, si sia cristiani o meno, sono di norma note oltre ogni
dubbio storico due realtà di Gesù di Nazaret: che fu crocifisso nel primo
secolo dell’era volgare e che insegnò per parabole.
Altre notizie sono connesse alla sua figura (la risurrezione, i miracoli, il
discorso della montagna pronunciato in un’unica circostanza, la derivazione,
più o meno diretta, della chiesa cristiana dal suo ministero), ma si tratta di
questioni controverse o di affermazioni di fede.
Non vi può essere alcun dubbio, invece, che fu crocifisso e che parlò per
parabole.
Per la teologia e l’esperienza cristiane queste due asserzioni di certezza storica
sono nodali. Dal punto di vista della fede, Gesù, in veste di Cristo, è colui che rivela
Dio e che redime l’umanità, le parabole sono lo strumento precipuo della rivelazione
e la croce è il mezzo principale della redenzione.
Individuazione e classificazione delle parabole di Gesù
Il termine parabola è un prestito dal greco (parabolē) e al pari del suo antecedente
greco ha il significato fondamentale e primario di «paragone».
Gesù – come altri prima e dopo di lui – insegnava per mezzo di parabole,
paragonando realtà eterne e trascendenti a ciò che fosse familiare alla comune
esperienza umana dei suoi tempi.
Entrando di più nello specifico, la situazione si complica: i commentatori hanno
formulato definizioni differenti delle parabole e dunque discordano nel rispondere alla
domanda sul loro numero nei vangeli e se un passo debba essere classificato come
parabola o meno.
A.J. Hultgren propone questa definizione di parabola: una parabola è una figura
retorica (Si indica col termine figura retorica qualsiasi artificio nel discorso volto a creare
un particolare effetto) in cui si paragonano il regno, le azioni o le aspettative di
Dio a qualcosa, reale o immaginario, di questo mondo.
Vi sono due tipi di parabole:
• parabole narrative: i paragoni ricorrono all’interno del racconto; queste parabole
hanno un carattere tipicamente favolistico («c’era una volta») e le storie hanno la
peculiarità di essere collocate nel passato;
• similitudini: i paragoni non si trovano nell’ambito di narrazioni, ma sono formulati
per mezzo di espressioni quali «è simile» o «è come se»; le analogie sono tra gli
argomenti trattati e le considerazioni di carattere generale e atemporale.
È evidente che alcuni tratti delle parabole di Gesù sono distintivi e caratteristici e
dovrebbero essere evidenziati. Quando si combinano insieme gli elementi che
seguono, le parabole di Gesù si rivelano peculiari, anche originali e uniche.
Vediamo alcune delle caratteristiche principali delle parabole di Gesù
• Una delle caratteristiche più sorprendenti delle parabole di Gesù è il loro
rivolgersi direttamente all’uditorio: una particolarità che è attestata in diverse
tradizioni e ha quindi il suggello dell’autenticità.
Sebbene questa caratteristica sia presente in tutte le parabole di Gesù, essa è
particolarmente evidente (e confermata) laddove si rivolge all’uditorio ponendo
domande penetranti quali: «Chi di voi?» (Lc 11,5; 14,28; 17,7; 15,4 / Mt 12,11),
«Quale donna?» (Lc 15,8), «Quale padre tra voi?» (Mt 7,9 / Lc 11,11), «Quale re?»
(Lc 14,31), «Qualcuno di voi?» (Lc 17,7)…
Queste espressioni poste all’inizio della parabola coinvolgono immediatamente
l’uditorio, mettendolo in difficoltà e sollecitandone una risposta.
• Il contenuto delle parabole è tipicamente costituito dalla comune vita quotidiana:
uomini e donne che lavorano, perdono e ritrovano; padri e figli che hanno rapporti
tesi e gioiosi; re, ricchi e schiavi nei ruoli tradizionali; animali domestici, sementi,
piante, vigne, lievito e così via.
Questi invero divengono simboli che rievocano quelli giudaici delle generazioni
precedenti. Ancora, questi sarebbero stati familiari a chiunque avesse una
conoscenza anche approssimativa della tradizione giudaica, conoscenza che
all’epoca, in quel luogo, chiunque avrebbe tratto dall’esperienza di vita.
• Ciò che sorprende di più delle parabole di Gesù è il modo in cui viene descritto
Dio.
Certo, sono compiutamente teologiche, ma non implicano analisi teoriche su Dio o
descrizioni dei suoi attributi.
Peculiare invece il senso di familiarità e di intimità con Dio, reso per mezzo di
metafore incisive, ma usuali: padre, re, pastore, padrone della vigna o donna che
spazza la casa. La concretezza delle metafore evita l’astrazione. Le immagini
verbali e il comportamento dei personaggi metaforici raffigurati presentano
maggiore efficacia comunicativa rispetto a un discorso su Dio.
• Caratteristico di molte parabole di Gesù, non di tutte, è l’elemento inatteso nel
finale.
A differenza di quanto solitamente si pensa, non sempre vi si presenta un
comportamento umano tipico per illustrare quello di Dio. Sovente si descrive una
condotta inusitata e ciò risulta decisivo per l’insegnamento immediato su Dio.
Venendo alla parabola del buon samaritano (Lc 10,25-37), essa è normalmente
catalogata dagli studiosi come «racconto esemplare», assieme alla parabola dello
stolto ricco (Lc 12,16-21), del ricco e di Lazzaro (16,19-31) e del fariseo e del
pubblicano (Lc 18,9-14).
Le cosiddette parabole esemplari sono dunque narrazioni creative e attraenti cui è
conferito un carattere «favolistico» e la cui peculiarità consiste nel descrivere
modelli di condotta che i discepoli di Gesù devono imitare o evitare.
Più esattamente, non si presentano all’uditorio paragoni tra il contenuto narrativo
e un’altra realtà (ad esempio il Regno di Dio), bensì scene di condotta esemplare,
anzi, esempi che i seguaci di Gesù devono emulare nelle proprie vite.
Non è dunque un caso, pertanto, che la parabola si trovi nell’ambito del racconto
di viaggio (9,51-19,27), in quella sezione, cioè, particolarmente connotata dal
tema del cammino come metafora della vita cristiana (il discepolo è colui che
cammina dietro a Gesù).
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