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FORME SOCIETARIE E GOVERNANCE AZIENDALE

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FORME SOCIETARIE E GOVERNANCE AZIENDALE
FORME SOCIETARIE E
GOVERNANCE AZIENDALE
A.A. 2015-2016
1
Informazioni generali

II anno del Corso di Laurea Magistrale in “Economia, Management ed
Amministrazione d’Azienda”

Corso di 80 ore per 12 Cfu
Orario lezioni:


I semestre ( 14 ottobre 2015– 23 dicembre 2015)
Mercoledì 13:30-15:00 – senza intervallo (aula mezzanino)
Giovedì 11:30-13:00 – senza intervallo (aula mezzanino)

II semestre (2 marzo 2016- 12 maggio 2016)
Mercoledì 14:00-16:00 (aula A2)
Giovedì 9:00-11:00 (aula A3)
2
Informazioni generali
Ricevimento studenti:


Giovedì, ore 13:00 in Sala Professori
Testo di riferimento:
1)
Alessandro Zattoni, Assetti proprietari e Corporate Governance, Egea,
Milano
2)
Ercole P. Pellicanò, Il minimario del bravo manager. Bibliotheka edizioni
(testo disponibile presso: Libreria Coletti - Via della Conciliazione 3°)
3)
Materiale trattato durante il corso e pubblicato sulla web cattedra dei docenti

Docente:
Ercole P. Pellicanò – [email protected]
Mariana D’Ovidio – [email protected]

3
Struttura del corso
Il corso si sviluppa in tre macro sezioni:
Parte I)
Introduzione alla Governance aziendale (Corporate Governance) e panoramica sulle tipologie
aziendali (v. libro di testo adottato)
Parte II)
Organizzazione del lavoro in azienda (v. slides aggiuntive su web cattedra):

interna (Lean Management);

esterna: accesso al credito (rapporti con sistema bancario e finanza alternativa)
Parte III)
cattedra):
La governance nelle piccole-medie imprese e nelle imprese familiari (v. slides aggiuntive su web
1)
Il ruolo delle PMI e dei POE nell’economia italiana
2)
I meccanismi di governo nelle piccole-medie imprese e nelle imprese familiari
3)
Corporate Governance ed impresa familiare, il ricambio generazionale
4)
Il ruolo della famiglia proprietaria nei processi di crescita aziendale
Durante lo svolgimento delle lezioni, sono previsti interventi esterni ed esercitazioni in aula (ad esempio:
lettura e creazione di un bilancio, sviluppo di un Business Plan, etc.)
4
Parte I : Introduzione alla Governance aziendale e
panoramica sulle tipologie aziendali
5
Parte II: Organizzazione del lavoro in azienda
Organizzazione interna:
1.
Introduzione al lean management: il lean thinking
2.
I principi del pensiero snello: i MUDA e l’obiettivo 0
3.
Implementazione della lean production
I vantaggi della lean production
Un esempio di programma di Lean Trasformation
4.
5.
---------------------------------Organizzazione esterna:
1.
Rapporti con le banche
2.
La finanza alternativa a supporto delle imprese
3.
Il venture capital e il private equity
4.
Finanza straordinaria: concetto di Merger & Acquisition
5.
Le fasi del processo di investimento
6
Parte III: La governance nelle piccole-medie
imprese e nelle imprese familiari
1.
Il ruolo delle PMI e dei POE nell’economia italiana
2.
I meccanismi di governo nelle piccole-medie imprese e nelle
imprese familiari
3.
Corporate Governance ed impresa familiare, il ricambio
generazionale
4.
Il ruolo della famiglia proprietaria nei processi di crescita
aziendale
7
Introduzione alla Corporate
Governance
Cap 1: Il Governo delle imprese
Che cos’è la Corporate Governance

Il termine governance deriva dalla radice latina
“gubernare” che significa guidare, governare.

La parole corporate governance è più recente. Si ritiene
che sia stato utilizzata per la prima volta da Richard Eells
per indicare “la struttura e il funzionamento della politica
aziendale” e quindi il governo delle imprese.
9
Quindi….
Corporate Governance = Governo d’impresa
Gestire la struttura e il funzionamento della politica
aziendale.
10
Perché è importante la Corporate
Governance

Questo tema assume rilevanza a partire dalla costituzione delle società a
responsabilità limitata e si è ulteriormente amplificato quando la quotazione
di talune imprese ha comportato la separazione tra la proprietà delle azioni
e il controllo della gestione aziendale (proprietari vs manager/agenti).

Definire la modalità del governo aziendale è quindi importante perché
consente:


11
di stabilire delle regole chiare sul funzionamento dell’impresa ;
di progettare degli assetti di governo che incentivino i manager ad
operare nell’interesse dei proprietari dell’azienda.
Le possibili definizioni di Corporate
Governance

Il dibattito sulla Corporate Governance si è focalizzato, dagli
anni ‘30 in poi, prevalentemente sul tema della composizione,
della struttura e del funzionamento del Consiglio di
Amministrazione.

In realtà, pur riconoscendo la centralità del CDA nel processo
di governo delle imprese, non si può ignorare l’importanza che
assumono altri elementi interni ( sistemi di controllo interni e
sistemi retributivi) ed esterni alle imprese (normativa
economica, situazione del mercato in cui l’impresa opera,
cultura delle persone che operano internamente ed
esternamente all’impresa)
12
Le possibili definizioni di Corporate
Governance
13
Le possibili definizioni di Corporate
Governance

Nel primo quadrante troviamo gli studi che considerano rilevante e meritevole di tutela
solo l’interesse degli azionisti e che vedono nel consiglio di amministrazione l’organo
preposto a svolgere la funzione di governo economico.
Secondo questa impostazione, gli stakeholder dell’impresa diversi dagli azionisti non hanno
alcun diritto di governo economico, poiché la relazione che intrattengono con l’azienda è
governata dalle forze di mercato. Gli azionisti, invece, conferiscono stabilmente all’impresa
delle risorse finanziarie. Questa impostazione attribuisce al CdA il compito di regolare il
conflitto di interessi tra azionisti e manager che cosi viene a creare in presenza della
separazione tra la proprietà e il controllo.

Nel secondo quadrante, troviamo quelle definizioni di corporate governance che
considerano meritevole di tutela l’interesse di varie categorie di stakeholder e che
attribuiscono al CdA la responsabilità di svolgere la funzione di governo economico.
Questa impostazione riconosce come rilevante non solo l’interesse degli azionisti, ma
anche quello di altre categorie di skateholder.
14
Le possibili definizioni di Corporate
Governance

Nel terzo quadrante si posizionano quelle definizioni di corporate governance
che considerano come meritevole di tutela l’interesse degli azionisti e che
ritengono che il processo di governo delle imprese sia il risultato dell’operare
di numerosi elementi interni ed esterni a esse.
Per quanto concerne il processo di governo economico, tuttavia, questa
impostazione ritiene che il CdA, pur svolgendo un ruolo importante nella
risoluzione del conflitto di interessi tra azionisti e management, non sia l’unico
organo rilevante. Altri meccanismi e strumenti possono, infatti, contribuire a
disciplinare il comportamento dei manager (es: mercato per il controllo
societario, mercati in cu l’impresa acquista le proprie risorse o cede i propri
prodotti, mercato del lavoro manageriale, diritto societario).
15
Le possibili definizioni di Corporate
Governance
Nel quarto quadrante si collocano quelle definizione di corporate governance che ritengono che
l’impresa debba essere governata al fine di soddisfare l’interesse di numerosi stakeholder, e che il
processo di governo economico veda l’operare di numerosi elementi interni ed esterni all’impresa.
Questa impostazione concepisce le imprese come istituti economico-sociali che, oltre a perseguire
l’interesse degli azionisti, devono soddisfare le istanze che provengono da numerose categorie di
skateholders.
In merito agli organi e alle persone coinvolte nel processo di governo economico, ritengo che il CdA
non esaurisca il contenuto di tale attività .
In una visione allargata, i meccanismi di corporate governance sono rappresentati dalle strutture e
dalle istituzioni che condizionano il comportamento delle imprese e comprendono tra gli altri:
1.
La normativa
2.
La struttura e il funzionamento del CdA e degli altri organi di governo economico
3.
I sistemi di controllo interno
4.
I sistemi di ricompensa
16
Le possibili definizioni di Corporate
Governance
Sintetizzando le quattro definizioni appena presentate, possiamo suddividere gli studi sulle
modalità di governo delle imprese in due grandi classi, a seconda che si adotti una
concezione “ristretta” o “allargata” della corporate governance:
1.
Concezione ristretta: considera rilevanti solo gli interessi degli azionisti e
concepisce il CdA come l’organo preposto alla soluzione dei potenziali contrasti tra
azionisti e manager;
2.
Concezione allargata: concepisce la corporate governance come un insieme di
regole, istituzioni, consuetudini e organi formali che presiedono al contemperamento
degli interessi dei differenti stakeholder dell’impresa.
17
La concezione ristretta: la teoria
dell’agenzia

La concezione ristretta tende a focalizzarsi sulle regole di funzionamento
degli organi di governo delle grandi imprese con molti azionisti, dove la
proprietà (azionisti) delega la gestione ai manager.

In questo caso vi è il rischio che i manager non perseguano gli interessi dei
proprietari .

I proprietari sono tanti piccoli azionisti che non hanno gli strumenti e le
informazioni per controllare realmente l’operato dei manager.

Qui la corporate governance è vista come lo strumento attraverso il quale
i manager sono incentivati a perseguire gli interessi degli azionisti (obiettivo
di creazione del valore azionario).
18
Teoria dell’agenzia

Con questa teoria si riconosce la sussistenza di un mandato fiduciario conferito
dagli azionisti al manager per la gestione dell’impresa.

In base a tale mandato si afferma il dovere del manager (agent) di agire
nell’interesse della proprietà (principal)

Poiché lo scopo dell’investimento è la massimizzazione del ritorno economico, il
manager dovrebbe assumere tutti quei comportamenti che possano condurre
all’ottenimento di tale risultato.
------------------------------------------
Presuppone che:
1.
Esiste l’ Homo Economicus: individualista e opportunista
2.
Gli attori economici sono razionali e cercano di massimizzare la propria utilità
individuale
L’obiettivo è la massimizzazione delle utilità per gli shareholder (azionisti)
3.
19
Il rischio: divergenza di interesse
 Se
gli interessi del principale e dell’agente coincidono, non
sussistono problemi di agenzia perché per entrambi i
soggetti accresce il tornaconto personale.

I costi di agenzia si verificano se gli interessi del
principale e dell’agente divergono
20
Costi dell’agenzia

Per il principale è molto difficile conoscere ex ante quali
agenti saranno particolarmente individualisti,
conseguentemente sarebbe opportuno limitare potenziali
perdite

Sostenere perdite derivanti da interesse divergenti
impone un sistema di controllo da implementare nei
confronti dell’agente

L’obiettivo è ridurre i costi di agenzia che possono
gravare sul principale, attraverso la creazione di un
sistema interno di controllo sull’operato dell’agente
21
I limiti della struttura di controllo

Per proteggere gli interessi degli shareholder (possessori di quote societarie),
minimizzare i costi di agenzia e assicurare un allineamento tra gli interessi del
principale e dell’agente, gli studiosi hanno individuato diversi meccanismi di
governance

Tuttavia, il modello dell’agente rimane di tipo opportunistico e il meccanismo di
controllo non potrà mai essere perfetto

Coloro che sposano questa teoria sottolineano che, benché il controllo non
possa mai essere totale, esistono forme di intermedie dello stesso, che
consistono nella delega e nel successivo controllo dell’operato, con l’obiettivo di
minimizzare i potenziali abusi della delega.
22
I limiti della teoria dell’agenzia
1) La teoria si concentra sul fatto
che il management si occupa solo
degli interessi degli azionisti
2) Si presuppone il riconoscimento
di una motivazione esclusivamente
economica al vertice dell’impresa
che, se non allineata, potrebbe far
divergere gli interessi dell’agente da
quelli del principale
Questo non è corrispondente alla realtà
in quanto intorno all’impresa ruotano
molte altre persone, i cui diritti e
interessi devono essere ugualmente
tutelati
Esistono altre motivazioni che rientrano
nella razionalità di una persona: altruismo,
gratificazioni morali, etc.
23
La concezione allargata: la teoria dei
Stakeholder


La concezione allargata tiene conto del fatto che la separazione tra
proprietà e controllo avviene solo nei casi di imprese quotate e di grandi
dimensioni.
Nella realtà, moltissime imprese non hanno questi “problemi” perché hanno
una proprietà concentrata.
È necessario considerare che le imprese non possono avere come unica
preoccupazione l’obiettivo di creazione di valore azionario: esse devono anche
soddisfare le attese di vari stakeholder.
Dunque, i processi di corporate governance comprendono,, oltre agli organi interni,
anche quelli esterni (insieme di norme applicabili alle imprese, organismi e
istituzioni di controllo ecc.)
24
Le teorie a confronto
Teoria dell’agenzia
Teoria degli stakeholder
Management titolare di un
rapporto fiduciario esclusivo
con la proprietà
Management titolare di un
rapporto multifiduciario
esclusivo con tutti gli
stakeholder
25
Gli stakeholder
È realistico un trattamento egualitario con i diversi stakeholder?
No, perché:
1. Non tutti gli stakelhoder hanno lo stesso potere d’influenza.
La distribuzione del potere d’influenza tende a variare in base alle contingenze
2. La rilevanza degli stakeholder si basa su:
- legittimazione
- potere
- urgenza
26
Gli stakeholder
La teoria degli stakeholder deve essere interpretata in modo dinamico:
- possono mutare i rapporti di importanza tra i vari partecipanti
- possono sorgere nuovi stakeholder
I rapporti tra gli stakeholder non sono sempre bilaterali, ovvero indipendenti
gli uni dagli altri (es. decisione outsourcing manutenzione)
27
La teoria degli stakeholder
Come dovrà essere esercitata l’azione di governo?
1)
2)
3)
individuare gli st.
valutarne il peso rispetto allo sviluppo futuro della gestione
adottare la strategia idonea a creare comunanza di interessi
Azione restrittiva
Azione estensiva
Stakeholder è chi intrattiene
Stakeholder sono tutti i gruppi
rapporti contrattuali con l’impresa che possono influenzare o essere
influenzati
28
Stakeholder primari e secondari
29
Criticità della teoria

Sul piano normativo: impossibilità di trattare in modo
equo tutti gli stakeholder

La molteplicità degli obiettivi che essa sostiene, ovvero
curare gli interessi di tutti gli stakeholder , finisce per non
dare nessuna guida sul come ottenere questo risultato.
30
In conclusione
È importante, quando si parla di governance aziendale, adottare un approccio
multidisciplinare nel senso che.

da un lato, si considera come rilevare l’interesse di numerosi stakeholder, diversi
dagli azionisti;

dall’altro, si sostiene che i processi di corporale governance comprendono, oltre
alle strutture e ai meccanismi interni all’impresa (come l’assemblea degli azionisti, il
consiglio di amministrazioni ecc.):
1)
il comportamento di istituti esterni (come l’autorità di controllo sulla borsa, le
società di revisione ecc.);
2)
il funzionamento dei mercati in cui essa opera (come il mercato dei prodotti
finiti e dei fattori produttivi, il mercato finanziario ecc.);
3) i valori e le consuetudini che caratterizzano la cultura nazionale;
4)
la normativa relativa ai diritti e ai doveri delle diverse categorie di soggetti che
partecipano all’impresa.
31
Per chi deve creare valore
un’impresa?
Parte Prima- cap.2
La creazione del valore
Un’impresa è un insieme di attività articolate in
processi che, mediante l’impiego di risorse, crea valore
per tutti i suoi stakeholder.
Per chi crea valore l’impresa
Le dimensioni del valore
PER
VALORE È….
I Clienti
ottenere “esperienze” di acquisto e di consumo di beni e servizi
soddisfacenti
I Dipendenti
ricevere una ricompensa economica e non (affermazione
personale, sociale, prestigio, ecc.) dal lavoro svolto
Gli Shareholder
ricavare una remunerazione soddisfacente dall’investimento
effettuato
L’impresa
conseguire un incremento soddisfacente delle risorse (materiali
ed immateriali) impegnate nello svolgimento delle
performance
Gli Altri Stakeholder
acquisire risorse (monetarie, di conoscenza e di fiducia) dalle
interazioni con l’impresa e i dipendenti, in misura
soddisfacente
La Società
(Collettività)
ottenere un miglioramento in termini di sviluppo sostenibile e di
risorse a disposizione della comunità
L’impresa e il valore

L’impresa produce ricchezza e la distribuisce ai vari
soggetti che contribuiscono al suo sviluppo

La performance di impresa è condizionata dal sistema di
diritti e di obblighi che la lega ad ogni stakeholder. Tali
obblighi sono stabiliti ex-ante ma influenzano l’efficienza
ed i risultati ex post
Le imprese che ottengono performance soddisfacenti nel lungo
periodo sono quelle che riescono a creare un sistema di
diritti e di obblighi che consente loro non solo di attrarre gli
stakeholder ma anche di garantire un equilibrio dinamico tra
contributi e ricompense.
Tale equilibrio dipende da:
a)
incentivi ex ante a investire in alcune attività o a ricercare
potere per alterare le ricompense ex post
b) l’efficienza che caratterizza il processo di contrattazione ex
post (presenza di asimmetria informative)
c)
il livello e la distribuzione del rischio tra i partecipanti.
Come valutare il valore di diversi stakeholder?

L’integrazione tra i soggetti presenta alcuni ostacoli. Essi sono:
 Difficoltà a stimare il contributo fornito dal singolo
stakeholder alla produzione complessiva dell’impresa (rischi di
quasi rendita)
 Tensione verso comportamenti opportunistici ed egoistici
(rispetto al superiore bene aziendale) da parte di alcuni
soggetti presenti in azienda

Per rispondere a questi “ostacoli” sono state proposte diverse
impostazioni basate su schemi teorici, in particolare
 Teoria della creazione di valore per gli azionisti
 Teoria degli stakehoder
La creazione di valore per gli azionisti

I diritti di governo economico ( controllo dell’impresa) devono essere
attribuiti ai conferenti di capitale di rischio e l’impresa deve porsi l’obiettivo
di massimizzare il ritorno economico dell’investimento degli azionisti

Ciò si motiva per due ragioni:



I conferenti di capitale di rischio sono l’unica categoria di stakeholder che, a
differenza delle altre. È remunerata in via residuale (facendosi carico del rischio
imprenditoriale)
Gli investitori sono più facilmente soggetti a espropriazione da parte del
management
In sintesi gli azionisti sono l’unica categoria di stakeholder che non può fare
ricorso a nessuna protezione contrattuale e che, di conseguenza, per
entrare in relazione con l’impresa, è costretta a richiedere un premio per il
rischio di esproprio molto elevato.
Ipotesi implicite nella teoria della
creazione di valore per gli azionisti







Il principio della creazione di valore per gli azionisti si fonda su una serie di assunti, così
riassumibili:
La massimizzazione del valore per gli azionisti conduce alla massimizzazione del valore
complessivamente creato dall’impresa e, di conseguenza, rappresenta un obiettivo valido anche
dal punto di vista della società nel suo complesso;
I mercati finanziari sono efficienti, cioè attribuiscono alle azioni il loro reale valore e, di
conseguenza, la performance azionaria di un’impresa è la migliore misura possibile del valore
creato per gli azionisti;
L’obiettivo di massimizzazione del valore azionario consente di disciplinare il management,
perché lo incentiva a perseguire una sola misura di performance orientata al futuro;
I manager e gli amministratori tendono a massimizzare il valore azionario dell’impresa se la
loro retribuzione è fortemente collegata al valore delle azioni sul mercato;
Il mercato per il controllo societario disciplina il comportamento dei manager perché, in caso
di performance aziendali non soddisfacenti, gli investitori esterni possono acquisire il controllo
dell’impresa attraverso il meccanismo della scalata ostile;
Il diritto societario statunitense, a eccezione di un limitato numero di norme, richiede la
supremazia degli azionisti sugli altri stakeholder.
La separazione tra proprietà e controllo:
problemi creati….
La dispersione della struttura azionaria (tanti, piccoli azionisti), genera due macrocategorie di problemi:
 La separazione tra proprietà e controllo, che si verifica quando i conferenti di capitale
di rischio, sono molto numerosi e possiedono quote di capitali troppo ridotte per
poter esercitare un controllo quotidiano sull’operato del management;
 Le dimensioni ridotte delle quote di capitale di rischio possedute dagli azionisti
disincentivano tali soggetti a controllare il management dell’impresa.
Il verificarsi delle due condizioni può determinare la possibilità che il management
persegua il la propria utilità personale a danno degli interessi degli azionisti
(massimizzazione dell’interesse azionario) e dar vita a comportamenti opportunistici.




Opportunismo manageriale
Investimenti per incrementare la dimensione aziendale
Acquisizioni non sinergiche
Investimenti non profittevoli
…e possibili rimedi
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Consiglio di amministrazione in grado di controllare il top management
Un mercato per il controllo societario che possa rimuovere il
management quando non è in grado di promuovere l’efficienza aziendale
Il controllo attivo e costante esercitato da una azionista di riferimento
Piani di incentivazione azionaria volti ad allineare l’interesse del top
management a quello degli azionisti
La definizione di chiari doveri fiduciari dell’amministratore delegato nei
confronti degli azionisti, insieme alla possibilità dei conferenti di capitale di
intraprendere delle azioni legali collettive votle a sanzionare eventuali
decisioni del management contrarie al loro interesse
Una struttura finanziaria molto indebitata per incentivare i top manager a
impiegare in modo efficiente il flusso di casa prodotto dalla gestione
aziendale
Corporate Governance: CdA e Sistema di
controllo
CORPORATE
GOVERNANCE
CONSIGLIO DI
AMMINISTRAZIONE
SISTEMA DI
CONTROLLO
43
CG e Consiglio d’Amministrazione
La funzione di governo delle imprese è suddivisa tra una serie di
organi rappresentativi dei diversi portatori di interesse:
ASSEMBLEA
DEGLI AZIONISTI (nomina degli amministratori,
approvazione bilancio, attribuzione deleghe al CdA);
COLLEGIO SINDACALE (funzione di controllo sul CdA per la
tutela degli azionisti)
CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE (gestione dell’impresa e
attuazione dell’oggetto sociale)
44
Consiglio d’Amministrazione

E’ l’organo esecutivo della società a cui è affidato il compito
di realizzare le decisioni prese dall’assemblea nel corso
delle sue deliberazioni e lo svolgimento dell’attività di
impresa.

Gioca un ruolo fondamentale nella corporate governance,
ha infatti la responsabilità primaria determinare e
perseguire gli obiettivi strategici della società o del gruppo
a cui fa capo, nonché di sviluppare una politica direzionale,
di assumere, supervisionare e remunerare i manager e
assicurare la responsabilità giuridica dell'organizzazione di
fronte alle autorità.
45
Composizione del CdA
•
AMMINISTRATORI ESECUTIVI
•
AMMINISTRATORI NON ESECUTIVI
•
PRESIDENTE
•
AMMINISTRATORE INDIPENDENTE
•
AMMINISTRATORE DELEGATO
46
Ruolo e responsabilità del Consiglio
d’Amministrazione e dei consiglieri

È l’organo di alta direzione aziendale.

Formula le strategie, monitora l’esecuzione e nomina il management.

È composto da Presidente, Vicepresidente, Amministratore
Delegato, Consiglieri, Consiglieri indipendenti

Può istituire al suo interno dei comitati con speciali ambiti di
operatività (es. Strategico, Nomine, Direttivo/Esecutivo,
Pianificazione, Remunerazione ecc.).
.
Il Consiglio d’Amministrazione: ruolo e funzioni
a)
esamina e approva i piani strategici, industriali e finanziari dell’emittente e del gruppo di cui
esso sia a capo, il sistema di governo societario dell’emittente stesso e la struttura del gruppo
medesimo;
b)
valuta l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile generale
dell’emittente e delle controllate aventi rilevanza strategica predisposto dagli amministratori
delegati, con particolare riferimento al sistema di controllo interno e alla gestione dei conflitti
di interesse;
c)
attribuisce e revoca le deleghe agli amministratori delegati ed al comitato esecutivo
definendone i limiti e le modalità di esercizio; stabilisce altresì la periodicità, comunque non
superiore al trimestre, con la quale gli organi delegati devono riferire al consiglio circa
l’attività svolta nell’esercizio delle deleghe loro conferite;
d)
determina, esaminate le proposte dell’apposito comitato e sentito il collegio sindacale, la
remunerazione degli amministratori delegati e degli altri amministratori che ricoprono
particolari cariche, nonché, qualora non vi abbia già provveduto l’assemblea, la suddivisione del
compenso globale spettante ai membri del consiglio;
Il Consiglio d’Amministrazione: ruolo e funzioni
e)
valuta il generale andamento della gestione, tenendo in considerazione, in particolare, le
informazioni ricevute dagli organi delegati, nonché confrontando, periodicamente, i risultati
conseguiti con quelli programmati;
f)
esamina e approva preventivamente le operazioni dell’emittente e delle sue controllate, quando
tali operazioni abbiano un significativo rilievo strategico, economico, patrimoniale o finanziario per
l’emittente stesso, prestando particolare attenzione alle situazioni in cui uno o più amministratori
siano portatori di un interesse per conto proprio o di terzi e, più in generale, alle operazioni con
parti correlate; a tal fine stabilisce criteri generali per individuare le operazioni di significativo
rilievo;
g)
effettua, almeno una volta all’anno, una valutazione sulla dimensione, sulla composizione e sul
funzionamento del consiglio stesso e dei suoi comitati, eventualmente esprimendo orientamenti
sulle figure professionali la cui presenza in consiglio sia ritenuta opportuna;
h)
fornisce informativa, nella relazione sul governo societario, sulle modalità di applicazione del
presente art. 1 e, in particolare, sul numero delle riunioni del consiglio e del comitato esecutivo,
ove presente, tenutesi nel corso dell’esercizio e sulla relativa percentuale di partecipazione di
ciascun amministratore.
Problematiche nello svolgimento del lavoro
del CdA

Consiglieri esterni
 Non partecipano al rischio d’impresa
 Hanno altri interessi
 Sono spesso eletti su indicazione dell’ad
 Hanno poche informazioni filtrate dai consiglieri interni
(executives)
Occorre incrementare l’accoutability manageriale e l’autonomia
del cda (più consiglieri esterni, comitati specifici, separare
presidente ed AD, selezioni formali per i consiglieri, comitati
audit autonomi, valutazione periodica, ecc. ecc.)
Mercato e controllo societario

Ha il compito di assegnare la proprietà dell’impresa a coloro che le
attribuiscono un maggiore valore perché ritengono di poterla
gestire in modo più efficiente.

Si attiva quando l’impresa non riesce a realizzare una performance
azionaria soddisfacente, e un soggetto, interno o esterno a essa,
ritiene sia opportuno cambiare gli alti vertici aziendali.

La riallocazione del controllo dell’impresa può avvenire attraverso
tre meccanismi:
1.
2.
3.
La battaglia per le deleghe degli azionisti;
Le fusioni amichevoli;
Le scalate ostili.
La battaglia delle deleghe
Battaglia delle deleghe è una tecnica.
Con battaglia delle deleghe una società tenta di acquisire il controllo di
un’altra azienda operandosi nella raccolta delle deleghe, al fine di conseguire in
assemblea la maggioranza dei diritti di voto.
Al riguardo ricordiamo che se un unico soggetto possiede la metà più una
delle azioni in circolazione rappresentative di una società, allora l'azionista si
dirà che è in possesso della maggioranza assoluta del capitale sociale.
Le azioni più diffuse in Italia sono quelle ordinarie, ma ci sono anche le azioni
di risparmio e le azioni privilegiate. I titolari di azioni ordinarie di una società
hanno diritto a partecipare alle Assemblee degli Azionisti ed a votare anche
per delega.
In base alla capitalizzazione di Borsa ed al settore economico di appartenenza,
le azioni di norma fanno parte di specifici indici. Se la capitalizzazione è molto
alta allora di norma l'azione viene definita come una Blue Chips.
Azionista di riferimento :Large blokholder

Un azionista che possiede un elevato numero di azioni ha un forte incentivo a
controllare il comportamento del management e ha il potere di sostituirlo in
caso di performance azionarie insoddisfacenti.

Gli azionisti possono condizionare il comportamento del management della
società attraverso due strumenti:



nominando loro rappresentanti all’inizio del consiglio di amministrazione;
intervenendo in assemblea per influenzare la volontà sociale.
Nonostante la presenza di un azionista di riferimento nella compagine sociale
potrebbe ridurre i problemi di agenzia tra azionisti e manager, questo non è
sufficiente alla sua totale eliminazione, in primis a causa di:


L’azionista potrebbe non dedicare sufficiente attenzione all’attività di controllo;
L’azionista potrebbe utilizzare il suo potere per migliorare il proprio benessere
personale;
Allineamento

L’allineamento degli interessi tra management ed azionisti si attiva, anche, attraverso
sistemi premianti di tipo monetario, vale a dire collegando la retribuzione del
management alle performance di mercato dell’azienda.

Si tratta di uno degli strumenti utilizzati per risolvere i problemi di moral hazard,
divergenza di interessi e asimmetrie informative nelle relazioni tra principale ed agente;



Collegano la retribuzione dell’agente al risultato delle sue azioni;
Comportano una suddivisione del rischio tra le parti
Tali strumenti possono essere riconducibili a due tipologie:


I piani di stock option, che attribuiscono al top manager un certo numero di opzioni per
acquistare o sottoscrivere entro una certa data titoli azionari della società ad un prezzo
prefissato;
I piani di stock granting, che assegnano ai manager, a titolo gratuito o a condizioni vantaggiose, un
certo numero di azioni dell’impresa.
Entrambi i piani collegano la retribuzione del top manager al valore dei titoli della società.
Definizione dei doveri fiduciari degli
amministratori nei confronti degli azionisti
I principali doveri fiduciari sono rappresentati dal dovere di
lealtà e dal dovere di comportarsi in modo diligente.
Si crea una specifica protezione giuridica
Definizione dei doveri fiduciari degli
amministratori nei confronti degli azionisti

Amministratori e top manager hanno dei doveri fiduciari
nei confronti degli azionisti e devono, quindi, agire
lealmente nei confronti:


Duty of loyalty: si riferisce al dovere di comportarsi in maniera
leale;
Duty of care: si riferisce al dovere di comportarsi in maniera
diligente.
Essi costituiscono uno strumento importante che
contribuisce ad allineare gli interessi dei manager a quella
degli azionisti.
Struttura finanziaria indebitata

Una struttura finanziaria indebitata costringe i manager a fare
fronte ad un costante ed elevato flusso di cassa in uscita e, di
conseguenza, limita la presenza di risorse finanziarie in eccesso
(free cash flow) e, con essa, la possibilità di intraprendere
comportamenti inefficienti.

Tale logica è rinforzata laddove vi sia una legge fallimentare che
penalizzi il management in caso di insolvenza
Struttura finanziaria indebitata

La struttura indebitata può creare un conflitto di interessi tra
azionisti e creditori generando i seguenti problemi:
Asset substitution (gli azionisti accettano maggiori rischi)
Si verifica quando il peso dell’indebitamento diventa proporzionalmente
molto più grande rispetto a quello del capitale sociale.
1.
Morsa debitoria
Si verifica quando l’impresa, a causa dell’eccessivo livello
dell’indebitamento rispetto al valore totale delle attività aziendali, non è
in grado di finanziare investimenti profittevoli.
2.
La creazione di valore per gli stakeholder
La definizione classica è quella di Freeman:
“gli stakeholder sono tutti quegli individui e gruppi ben
identificabili da cui l’impresa dipende per la sua sopravvivenza:
azionisti, dipendenti, clienti , fornitori, e agenzie governative
chiare. In senso più ampio, tuttavia, stakeholder è ogni individuo
ben identificabile che può influenzare o essere influenzato
dall’attività dell’organizzazione in termini di prodotti, politiche e
processi lavorativi. In questo più ampio significato, gruppi di
interesse pubblico, movimenti di protesta, comunità locali, enti di
governo, associazioni imprenditoriali, concorrenti, sindacati e la
stampa, sono tutti da considerare stakeholder”.
La mappa degli stakeholder
La rilevanza e il peso degli interlocutori variano fortemente da impresa a impresa,
da settore a settore e da un contesto socioculturale ad un altro.
Per facilitare la creazione di una “mappa degli stakeholder” a cui l’impresa deve
fare riferimento, si possono distinguere in:
– stakeholder primari;
– stakeholder secondari.
I primi sono quelli legati da rapporti giuridicamente rilevanti, senza la cui continua
partecipazione l’impresa non può sopravvivere come complesso funzionante,
tipicamente gli azionisti, gli investitori, i dipendenti, i clienti e i fornitori, insieme
a quello che può essere definito il gruppo degli stakeholder pubblici, e cioè
governi e comunità che forniscono le infrastrutture, i mercati, le leggi e i
regolamenti.
Gli stakeholder secondari, invece, sono tutti coloro che esercitano un’influenza
sull’impresa, ma che non sono impegnati in transazioni con essa e che non sono
essenziali per la sua sopravvivenza.
Assunzioni di fondo
1.
La massimizzazione di valore per gli azioni non conduce alla
massimizzazione del valore complessivamente creato dall’impresa
2.
L’efficienza dei mercati finanziari non è supportata da evidenza
empirica (si privilegia il breve periodo e le informazioni pubbliche)
3.
Massimizzare il valore azionario non permette di disciplinare il
management in modo efficace
4.
La proliferazione dei piani di incentivazione azionaria non conduce
necessariamente alla massimizzazione del valore economico nel
medio lungo periodo
5.
Il contributo delle scalate ostili al processo di creazione di valore è
incerto
Stakeholder management: la
gestione degli equilibri

Il management deve gestire i rapporti con gli stakeholder
su tre livelli

Livello razionale, in cui si deve comprendere quali aspettative
hanno gli interlocutori nei confronti dell’impresa

Livello di processo, in cui di devono analizzare i processi aziendali
utilizzati per interagire esplicitamente o implicitamente con i
diversi stakeholder e deve valutare la loro coerenza con le attese
dei portatori di interessi

Livello transazionale, in cui si deve analizzare sia le modalità di
interazione sia la loro coerenza con quanto emerso nei
precedenti livelli di analisi
I metodi di valutazione degli stakeholder
Criteri per l’identificazione degli stakeholder
I metodi di individuazione degli stakeholder
Gli stakeholder latenti (1-3)
Gli stakeholder in attesa (4-6)
Gli stakeholder chiave (7)
Chi deve controllare
un’impresa?
Parte Prima- cap.3
IL PROBLEMA DEL GOVERNO ECONOMICO DELLE IMPRESE:
L’EQUILIBRIO TRA CONTRIBUTI E RICOMPENSE


Al fine di svolgere in maniera efficace la propria attività, l’impresa coinvolge
una pluralità di stakeholder;
Essi offrono una pluralità di contribuiti all’azienda e ricevono delle
ricompense in cambio del proprio contributo.
Come creare il giusto equilibrio tra contributi e ricompense?
IL PROBLEMA DEL GOVERNO ECONOMICO DELLE IMPRESE:
L’EQUILIBRIO TRA CONTRIBUTI E RICOMPENSE

La centralità del problema del governo economico e del contemperamento degli
interessi è riconducibile alle seguenti considerazioni:
1.
Ogni stakeholder contribuisce al processo di produzione attraverso il proprio
contributo e, dall’altra, riceve dall’impresa una remunerazione che rappresenta
una parziale distribuzione della ricchezza prodotta;
2.
Il meccanismo di governo utilizzato e le modalità di distribuzione della
remunerazioni e delle quasi-rendite determinano il valore totale prodotto
dall’impresa attraverso l’influenza che esso esercita su:
 Gli incentivi ex ante a investire in alcune attività o a ricercare potere per
alterare la distribuzione delle ricompense ex post
 L’efficienza che caratterizza il processo di contrattazione ex post
 Il livello e la distribuzione del rischio tra i partecipanti.
IL PROBLEMA DEL GOVERNO ECONOMICO DELLE IMPRESE:
L’EQUILIBRIO TRA CONTRIBUTI E RICOMPENSE
Il perseguimento del miglior risultato possibile, contemporaneamente per tutti gli
stakeholder è ostacolato da un insieme di condizioni riconducibili a due macro-categorie:
1.
La difficoltà di stimare il contributo fornito dal singolo stakeholder dell’impresa;
2.
La tensione verso comportamenti opportunistici ed egoistici da parte di alcuni soggetti
presenti nell’azienda.
Una prima soluzione al problema è quella di redigere dei contratti in cui vengono
specificati diritti e doveri di ciascun soggetto in ogni possibile situazione: in questo modo
non sarebbe necessaria la creazione di organi di governo che sovrintendono le dispute che
potrebbero sorgere nel corso della relazione. Ciò, tuttavia comporta:
a)
La previsione di tutte le contingenze che possono emergere nel corso della relazione
contrattuale;
b)
La descrizione accurata di tali contingenze in modo da determinare in anticipo le
conseguenze per i contraenti;
c)
Riconoscere ex post quali delle circostanze previste si sono verificate.
LA RAZIONALITÀ LIMITATA

La razionalità limitata degli individui comporta l’impossibilità di
prevedere e valutare tutte le possibili contingenze future.

Il verificarsi di situazioni non previste, quindi, comporta la
necessità di adeguarsi ad esse e, al contempo, la possibilità di
porre in essere comportamenti opportunistici, come
l’inadempienza contrattuale.

Altresì, possono verificarsi problemi di:


Moral hazard (comportamenti di tipo egoistico)
Adverseselection (avere informazioni sull’operazione prima della chiusura
del contratto nel ne pregiudicano il buon esito)
I CONTRATTI ‘A PRONTI’ E ‘RELAZIONALI’

L’alternativa ai contratti ‘completi’ è la redazione di contratti
‘apronti’, ossia contratti inflessibili con clausole illimitate che si
applicano molto generalmente

Tuttavia, è possibile utilizzare tali tipologie di contratto solo quando
lo scambio di beni è immediato.

I contratti ‘relazionali’, invece, definiscono un accordo tra le parti
in cui vengono definite, tra le altre cose, gli obiettivi di fondo, regole
applicabili in via generale, meccanismi di risoluzione delle dispute,
etc.

Anche tali contratti, però, non sono adatti a tutte le situazioni: non
permettono, ad esempio, di risolvere in modo efficiente le situazioni
di inadempimento contrattuale di un contraente.
I LIMITI

La razionalità limitata ha due importanti implicazioni:

l’impossibilità di concludere ‘contratti completi’;

esclude la possibilità di verificare il Teorema di Coase, secondo
cui la distribuzione dei diritti di proprietà tra i vari stakeholder
non influenza il livello di efficienza complesso, ma determina
esclusivamente le modalità di ripartizione dei costi e dei
benefici tra gli stessi.
I COSTI DI TRANSAZIONE

I problemi di corporate governancesi verificano quando:



Vi è un potenziale conflitto di interessi tra alcuni soggetti che
partecipano all’impresa;
Si è in presenza di costi di transazione così elevati da impedire la
stipula di contratti ‘completi’
In relazione ai costi di transazione, essi si riferiscono a:



Costi per anticipare le eventualità che possono verificarsi nel corso
della relazione contrattuale;
Costi per negoziare con le controparti le modalità di gestione delle
contingenze future.
Costi per scrivere piani che possano essere resi operativi da una terza
parte al fine di risolvere eventuali dispute che possono sorgere nel
corso della relazione contrattuale.
I MECCANISMI DI GOVERNO DELLE IMPRESE
Data l’impossibilità di stipulare contratti ‘completi’, è indispensabile
creare dei meccanismi che creino il giusto equilibrio tra contributi e
ricompense.
I principali meccanismi efficaci di governo sono:




La disponibilità di offerte di mercato alternative: in tal senso, la
minaccia di abbandonare l’impresa può scoraggiare il verificarsi di
comportamenti opportunistici;
L’efficacia dell’ambiente istituzionale: specie in relazione
all’influenza che il sistema legale e al magistratura hanno, o possono
avere, sull’insorgere di comportamenti opportunistici;
L’allocazione dei diritti di controllo: consiste nell’assegnare ad alcuni
stakeholder dei diritti di proprietà (residuali) dell’impresa. L’allocazione
dei diritti di controllo è fondamentale poiché condiziona le modalità di
distribuzione del valore creato dall’impresa.
L’ALLOCAZIONE DEI DIRITTI DI CONTROLLO: TEORIA DELLA
CREAZIONE DEL VALORE PER GLI AZIONISTI E PER GLI
STAKEHOLDER A CONFRONTO
Creazione del valore per gli azionisti
I diritti residuali di controllo devono essere assegnati ai
conferenti di capitale di rischio poiché tali soggetti sono
l’unica categoria di stakeholder che è remunerata in via
residuale e perché essi sono più a rischio di espropriazione
da parte del management.

Creazione del valore per gli stakeholder
Le imprese non possono privilegiare una categoria di
stakeholder a danno delle altre, ma devono contemperare i
diverso interessi che in esse convergono.

L’ALLOCAZIONE DEI DIRITTI DI CONTROLLO: UNA
TEORIA ‘CONTINGENCY’

Gli stakeholder di un’azienda forniscono il proprio contributo
all’impresa e, nel tempo, valutano l’equità del contributo
apportato alla ricompensa che ottengo. In tal senso:



Se tale ricompensa è considerata equa rispetto al contributo fornito,
essi saranno incentivati a fornire in maniera efficiente il proprio
contributo;
Al contrario, se ritengono il proprio contributo ben al di sopra della
ricompensa che ricevono, saranno incentivati a rimodulare il proprio
contributo per allinearlo alla ricompensa e, in casi estremi, ad
abbandonare l’azienda.
Ciò significa che il criterio guida per l’attribuzione di
diritti/doveri di governo economico dell’impresa è dato dal
livello di ‘criticità’ del contributo
L’ALLOCAZIONE DEI DIRITTI DI CONTROLLO:
L’INCOMPLETEZZA CONTRATTUALE
Quando il contributo apportato dagli individui è definito
‘ad alta complessità’, risulta ancora più difficile stabilire ex
anteo anche aggiustare ex post, la giusta remunerazione.
Si possono verificare, in particolar modo, problemi legati ad
asimmetrie informative o comportamenti opportunistici:



selezione avversa, a causa della diversità delle informazioni in
possesso dall’impresa e dall’individuo a cui si chiede di
apportare il proprio contributo;
azzardo morale, a causa dell’impossibilità di verificare il
comportamento degli stakeholder.
L’ALLOCAZIONE DEI DIRITTI DI CONTROLLO: L’ASSUNZIONE
DI INCERTEZZA E L’APPORTO DI RISORSE E COMPETENZE
SCARSE

L’attività imprenditoriale è, per definizione, ad alto rischio; al
contrario, le persone sono avverse al rischio e sono disposte a
pagare una somma di denaro per assicurarsi contro il rischio.

Tra tutte le categorie di stakeholder, gli azionisti sono quelli
che assumono il rischio d’impresa: forniscono il capitale di
rischio e ricevono una remunerazione solo se il valore creato
dall’impresa in un dato periodo supera i costi che essa
sostiene.

Alcuni stakeholder, inoltre, apportano dei contributi
difficilmente sostituibili. Ciò può causare una improvvisa
compromissione dell’equilibrio economico-finanziario nel
momento in cui tale contributo viene a mancare.
UN APPROCCIO DINAMICO DI TIPO ‘CONTINGENCY’

Date le criticità affrontate finora, il problema
dell’efficiente attribuzione dei diritti di governo
economico deve essere affrontato e risolto con un
approccio di tipo contingency, che consideri:


Le caratteristiche del contributo fornito dai vari stakeholder a
una specifica impresa, poiché lo stesso tipo di contributo può
assumere un differente grado di criticità in aziende differenti;
La dinamicità che caratterizza i contributi e le attività
economiche di ogni impresa, poiché coloro che dovrebbero
governare una specifica azienda in un dato momento
potrebbero non essere altrettanto adeguati a governare la
stessa una volta che questa si trovi in una situazione
completamente differente da quella originaria.
ASSETTO ISTITUZIONALE:
LA LEGISLAZIONE VIGENTE

Le norme di diritto commerciale in vigore nella maggior parte dei paesi capitalistici
hanno consolidato un modello di assetto istituzionale secondo cui solo i possessori
di quote del capitale di rischio hanno il diritto/dovere di nominare i propri
rappresentanti nel consiglio d’amministrazione dell’impresa.
Ciò comporta:
 dei vantaggi pratici, dovuti a:
 il fatto che evita la definizione, di volta in volta, degli stakeholder ‘critici’ (ed i
problemi di comportamenti opportunisticiannessi),
 il fatto che l’assegnazione dei diritti proprietari agli azionisti comporti bassi costi di
esercizio di tali diritti;
 il fatto che il diritto di governare comporti anche il diritto di ricevere il rendimento
residuale in tioli al portatore scambiabili sul mercato.
 dei limiti, dovuti prevalentemente al fatto che, oltre agli azionisti, altre categorie di
stakeholder ricevono implicitamente il rendimento residuale e partecipano al
rischio d’impresa, sia in caso di fallimento che durante la gestione ordinaria.
IL CONTEMPERAMENTO DEGLI INTERESSI

Quando gli stakeholder ‘critici’ non desiderano acquisire
quote di capitale di rischio dell’impresa, una soluzione ai
limiti precedentemente esposti può consistere in un
cosiddetto contratto ‘implicito’, secondo cui la risoluzione
dei problemi che si presentano di volta in volta, deve
ispirarsi ad un principio di equa suddivisione dei costi e dei
benefici.

L’applicazione costante di tale criterio, influisce
positivamente sull’azienda che, così, ha l’opportunità di
crearsi una reputazione di equità ed una forte solidità
culturale dell’azienda stessa.
LE STRATEGIE ISTITUZIONALI

Un’altra soluzione, ancora, consiste nell’attribuire parte dei
diritti proprietari degli azionisti agli stakeholder e forniscono
un contributo ‘critico’

In questo modo, tali soggetti, possono partecipare alle
decisioni di governo e ricevere una parte del risultato
aziendale

Tali strategie vengono definite ‘istituzionali’ e:


possono consentire ad alcuni soggetti di espropriare delle
ricompense altri stakeholder in virtù dei contributi che essi
forniscono all’impresa;
possono contribuire a creare un equilibrio dinamico ed efficiente tra
i contributi forniti e le ricompense ricevute dai vari stakeholder.
LE STRATEGIE ISTITUZIONALI
Le strategie istituzionali possono essere di 5 tipi e far
riferimento a:





La scelta della forma giuridica ottimale;
L’attribuzione delle quote di capitale di rischio;
La cooptazione all’interno degli organi di governo
economico;
La creazione di organi di governo supplementari;
La partecipazione al rendimento ottimale.
LA SCELTA DELLA FORMA GIURIDICA
OTTIMALE

Ogni forma giuridica (società di persone, società di
capitali, cooperativa, partnership, etc.) configura differenti
insiemi di diritti e di responsabilità in capo ai conferenti di
capitale di rischio e agli altri stakeholder che partecipano
all’impresa

Il primo tipo di strategia istituzionale che le imprese
possono adottare consiste quindi nella scelta di quella
forma societaria che meglio consente di soddisfare gli
interessi degli stakeholder che forniscono un contributo
“critico” all'impresa.
L’ATTRIBUZIONE DELLE QUOTE DI
CAPITALE DI RISCHIO
Un secondo tipo di strategia istituzionale consiste nell’assegnare agli
stakeholder che forniscono contributi “critici” quote rappresentative
del capitale di rischio dell’impresa, al fine di farli partecipare al
rendimento residuale e alla determinazione delle principali decisioni di
governo economico.
I principali vantaggi:
 attribuisce agli stakeholder pieno diritto di governo economico
I principali limiti:
 implica l’assunzione di una parte del rischio economico che grava
sull’impresa;
 occorre limitare il numero delle categorie di stakeholder a cui
attribuire i diritti proprietari per non amplificare i problemi legati
all’assunzione di decisioni collettive.
LA COOPTAZIONE ALL’INTERNO DEGLI
ORGANI DI GOVERNO ECONOMICO
Chi governa l'impresa può nominare all’interno di un organo di
governo economico, solitamente il consiglio di amministrazione,
gli stakeholder che forniscono un contributo “critico” o loro
rappresentanti, se questi sono molto numerosi.
Vantaggi:
 flessibilità, perché assegna agli stakeholder cooptati diritti e
responsabilità per un periodo di tempo limitato.
Limiti:
 il reale potere di influenza dei soggetti cooptati sulle principali
decisioni aziendali è fortemente limitato.
LA PARTECIPAZIONE AL RENDIMENTO
Un’ultima strategia istituzionale consiste nel fare partecipare gli
stakeholder che forniscono un contributo “critico” alla distribuzione del
rendimento residuale.
La distribuzione del rendimento residuale in corso di formazione agli
stakeholder che forniscono contributi “critici” incentiva una maggiore
collaborazione ed efficienza, poiché permette ad essi di beneficiare
direttamente dei vantaggi derivanti dalla creazione di un cultura aziendale
basata su tali valori.
Vantaggi:
 Limitare il numero di stakeholder coinvolti nel governo
Limiti:
 il rendimento residuale può essere espropriato prima che si realizzi.
La coerenza tra strategia,
proprietà e governance
Parte Prima- cap.4
La relazione tra strategia, proprietà
e governance
L’ambiente competitivo
L'ambiente competitivo è il settore o l'insieme dei
settori in cui l'impresa compete.
L'ambiente competitivo può essere analizzato
utilizzando un insieme di variabili:
- la rilevanza delle economie di scala;
- la rilevanza delle economie di scopo;
- il grado di internazionalizzazione;
- il grado di integrazione verticale;
- il grado di competitività;
- il grado di regolamentazione.
L’ambiente istituzionale
L'ambiente istituzionale comprende un insieme di
variabili come ad esempio il sistema legale o la cultura
di un paese.
L'ambiente istituzionale può essere analizzato
utilizzando un insieme di variabili come ad esempio:
- i diritti legali degli stakeholders (azionisti, creditori,
dipendenti, fornitori di beni e servizi, ecc.);
- l'efficienza del sistema giudiziario;
- i valori prevalenti delle persone in merito alla lealtà o
all'opportunismo, l'avversione o la propensione verso il
rischio, l'individualismo verso il senso di collettività,
ecc..
La strategia
La strategia è l'insieme delle attività svolte da
un'impresa, in seguito alle decisioni prese a livello
corporate e business.
La strategia di un'impresa può essere analizzata
utilizzando un insieme di variabili come ad esempio:
- la dimensione;
- il grado di diversificazione;
- il grado di internazionalizzazione;
- il grado di integrazione verticale;
- l'intensità della relazione con altre imprese.
L’assetto proprietario
L'assetto proprietario è la allocazione dei diritti proprietari
(diritti residuali di controllo e diritti di rendimento residuale)
tra gli stakeholders dell'impresa.
L'assetto proprietario può essere analizzato utilizzando un
insieme di variabili come ad esempio:
- le classi di stakeholders con diritti proprietari;
- il numero di stakeholders con diritti proprietari;
- il grado di concentrazione dei diritti proprietari;
- il grado di separazione tra i diritti residuali di controllo
e i diritti al rendimento residuale;
- le relazioni azionarie con altre imprese.
Le strutture e i meccanismi di governance
Le strutture e i meccanismi di governance sono i processi
attraverso cui i diritti proprietari (diritti residuali di controllo e
diritti al rendimento residuale) sono esercitati.
Le strutture e i meccanismi di governance possono essere
analizzati utilizzando un insieme di variabili:
- il numero di organi di governance;
- la composizione, la struttura e il funzionamento degli organi di
governance;
- i principi che guidano la gestione della relazione con i vari
stakeholders;
- le regole e i processi attraverso cui l'impresa distribuisce il
rendimento residuale ai propri stakeholders.
Esempi di configurazione di assetti
proprietari
Le strutture e i meccanismi di governance
Le strutture e i meccanismi di governance
I principali filoni di studio della relazione
S-P-G
I principali filoni di studio della relazione
S-P-G
Gli archetipi di imprese
Gli archetipi di imprese
Gli archetipi di imprese
Gli archetipi di imprese
La public company
Le grandi imprese quotate con azionisti di
riferimento
Le imprese non quotate
Le cooperative di produzione e lavoro
Le partnership professionali
Istituti no profit
Imprese a controllo statale
Gruppi piramidali
I modelli di capitalismo
Parte Seconda- cap.5
Gli studi sui diversi capitalismi
Alla fine degli anni '80 la crisi del sistema economico statunitense
ha spinto accademici, politici e uomini di affari ad analizzare le
caratteristiche e l'efficacia delle istituzioni economiche sviluppate
a livello paese.
Questi studi hanno mostrato che ogni sistema economico ha
caratteristiche uniche a causa dello sviluppo di istituzioni sociali e
culturali a livello di sistema paese.
Ciò nonostante, due sistemi economici sembrano
contrapporsi:
- il modello anglosassone;
- il modello tedesco - giapponese.
Gli studi sui diversi capitalismi
I sistemi economici o i vari capitalismi differiscono tra loro
sotto diverse dimensioni:
a) struttura proprietaria (grado di concentrazione e soggetti
che detengono le azioni);
b) relazioni tra le imprese (competitive vs. collaborative);
c) consiglio di amministrazione (composizione e interessi
considerati nei processi di governance);
d) ruolo dei mercati dei capitali (nella allocazione delle
risorse finanziarie e di controllo);
e) metodo di risoluzione delle crisi (dall'interno o
dall'esterno).
Il modello anglosassone
Il modello anglosassone è definito "market oriented" o
"outsider system" per il ruolo del mercato dei capitali
nel disciplinare i manager.
La tipica impresa è la public company, un'impresa:
- le cui azioni sono detenute da numerosi azionisti;
- in cui nessun azionista detiene il controllo;
- in cui c'è la concreta possibilità che uno scalatore
possa acquisirne il controllo sul mercato.
La struttura azionaria della grandi imprese
quotate
La capitalizzazione in borsa in % sul PIL
Il modello tedesco giapponese
Il modello tedesco / giapponese è definito "network
oriented" o "insider system" per la stretta relazione fra
le imprese e l'alto livello di concentrazione azionaria.
La tipica impresa è il gruppo finanziario - industriale,
che presenta partecipazioni reciproche tra:
- imprese industriali;
- banche;
- compagnie assicurative.
La struttura azionaria delle imprese quotate
La % dei diritti di voto del primo azionista
I diritti degli azionisti in diversi Paesi
I principali investimenti dei fondi pensione
Le principali differenze tra i due modelli
Le principali differenze tra i due modelli
Le principali imprese italiane
Ad un livello di prima approssimazione, le imprese italiane possono essere classificate
all’interno di uno dei seguenti tipi di impresa:
1. le piccole e medie imprese famigliari indipendenti;
2. le piccole e medie imprese aggregate nella forma di costellazioni e localizzate
prevalentemente all’interno dei distretti;
3. i grandi gruppi piramidali controllati da singole famiglie o da coalizioni di azionisti;
4. le grandi imprese e i grandi gruppi controllati dallo Stato e dagli enti locali;
5. le cooperative e i consorzi;
6. le filiali delle multinazionali estere;
7 . gli istituti no profit
Sono assenti o particolarmente rare le public companies e i gruppi misti industriali e
finanziari.
Le principali imprese italiane
Le principali imprese italiane
Organi di governance nei tre sistemi
SISTEMA TRADIZIONALE
SISTEMA DUALISTICO
SISTEMA MONISTICO
Modello tradizionale

Art. 2380 C.C. “Se lo Statuto non dispone diversamente, l’amministrazione e il
controllo della società sono regolati” come segue:
Assemblea dei soci
Consiglio di amministrazione
Collegio Sindacale
Revisore legale o Società di
revisione/Collegio Sindacale*
Organo amministrativo
Organo di controllo
Funzione di controllo contabile
*Nel solo caso di società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e che non sono tenute alla redazione del bilancio consolidato
Modello tradizionale
Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il controllo contabile
è obbligatoriamente effettuato da una società di revisione.
Le società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e non sono
obbligate alla redazione del bilancio consolidato possono prevedere nello statuto che il
controllo contabile sia effettuato dal collegio sindacale che, in tal caso, deve essere
integralmente formato da revisori iscritti nel registro citato.
Modello tradizionale
Comporta la presenza di un organo di gestione (amministratore unico o consiglio di
amministrazione), di un organo di controllo (collegio sindacale) e di un revisore
(persona fisica o società di revisione), iscritto nel registro istituito presso il Ministero
dell’Economia e delle Finanze, a cui sia affidato il controllo contabile.
Modello tradizionale
L’organo amministrativo: nomina
L'organo amministrativo delle società per azioni può avere sia una struttura
individuale, amministratore unico, sia una struttura collegiale, consiglio di
amministrazione.
Il numero degli amministratori è fissato dallo statuto che può anche limitarsi a
indicare un numero minimo e massimo; in tal caso sarà l'assemblea che procede alla
nomina a fissare di volta in volta il numero degli amministratori.
Gli amministratori possono essere soci o non soci. Lo statuto può prevedere dei
requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza, anche con riferimento a quanto
prevedono le leggi speciali per gli amministratori che svolgono determinate attività
(bancaria, assicurativa, ecc.).
Modello tradizionale
L’organo amministrativo: nomina
Sono previste le seguenti cause di ineleggibilità e incompatibilità:
Soggetti
Interdetto giudiziale
Inabilitato
Cause di ineleggibilità
Fallito
Interdetto legale (interdizione, anche temporanea, dai
pubblici uffici o incapacità ad esercitare uffici direttivi)
Impiegati civili dello Stato
Agenti di cambio
Professori universitari di ruolo
Cause di incompatibilità assoluta
Notai
Avvocati
Parlamentari
Componenti del CSM eletti dal Parlamento
Presidente e membri della Consob
Sindaco della medesima società
Cause di incompatibilità relativa
(riferita al rapporto fra soggetto e
società)
Socio illimitatamente responsabile in società concorrenti
Chi esercita, per conto proprio o di terzi, attività concorrente
Amministratori o direttori generali in società concorrenti
Modello tradizionale
La durata in carica:
gli amministratori possono restare in carica per un periodo massimo di tre esercizi.
Sono però rieleggibili se l'atto costitutivo non prevede diversamente.
Modello tradizionale
L’organo amministrativo: cause di cessazione e sostituzione
degli amministratori

Revoca da parte dell'assemblea, che può essere deliberata liberamente in ogni tempo, salvo il
diritto degli amministratori al risarcimento dei danni se non sussiste una giusta causa

Rinuncia (dimissioni) da parte degli amministratori stessi

Decadenza dall'ufficio, ove sopravvenga una delle cause di ineleggibilità

Morte
138
Modello tradizionale
Il ruolo:
L'organo amministrativo ha il compito di gestire la società nei limiti dell'oggetto sociale e
di rappresentarla nei rapporti con i terzi con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico
e dalle loro specifiche competenze.
La gestione dell’impresa spetta esclusivamente agli amministratori che possono compiere
tutte le azioni necessarie al perseguimento dell’oggetto sociale. Essi possono compiere,
quindi, tutti gli atti strumentali all'attività economica della società, necessari o utili al
soddisfacimento delle esigenze che possono sorgere nel corso dell'attività sociale, oppure
utili anche solo in via mediata e indiretta alla società.
Gli amministratori che pongano in essere atti estranei all'oggetto sociale possono essere
revocati per giusta causa oppure possono essere soggetti a una azione di responsabilità o a
una denuncia al collegio sindacale o al tribunale.
Modello tradizionale
La realizzazione dell'oggetto sociale presuppone che l'organo amministrativo ponga in
essere una serie di attività che permettano sia il regolare funzionamento interno della
società , sia di raggiungere gli obiettivi economici che la società si pone.
A tal fine la legge, da un lato conferisce all'organo amministrativo una competenza
generale a compiere tutti gli atti che la legge e lo statuto non attribuiscono ad altri organi
sociali, e dall'altro pone a carico degli amministratori una serie di obblighi e divieti:
Modello tradizionale: dettaglio delle attività
del ruolo amministrativo
Obblighi
Divieti
Tenere i libri obbligatori della società
Esercitare un'attività concorrente per conto proprio o di terzi o
assumere la qualità di soci illimitatamente responsabili in società di
persone concorrenti
Redigere il bilancio d'esercizio e la relazione sulla gestione
Emettere nuove azioni prima che siano liberate quelle sottoscritte
Convocare l'assemblea nelle ipotesi previste dalla legge
Acquistare azioni della società amministrata in violazione alla legge o
sottoscrivere per la società azioni proprie al di fuori dell'esercizio del
diritto di opzione
Sostituire gli amministratori cessati
Concedere prestiti o fornire garanzie per l'acquisto e la sottoscrizione
di azioni della società amministrata
Comunicare la rinuncia all'ufficio di amministratore
Sottoscrivere per la società azioni o quote della società controllante
Permettere al collegio sindacale di svolgere l'attività di
controllo
Rappresentare i soci in assemblea
Rispettare gli adempimenti pubblicitari (registro delle
impresa e REA)
Esercitare il voto nelle deliberazioni assembleari riguardanti la propria
responsabilità
Controllare la stima dei conferimenti in natura
Influenzare illecitamente la formazione della maggioranza assembleare
Agire contro il socio inadempiente
Compiere operazioni per le quali abbia un proprio interesse al di fuori
della delibera consiliare
Rispettare i termini legali nell'esecuzione di riduzioni di
capitale e operazioni straordinarie
Compiere atti di gestione che non siano espressamente diretti alla
conservazione del patrimonio sociale, dopo il verificarsi di una causa di
scioglimento.
Richiedere il fallimento quando la società sia in stato di
insolvenza per non aggravare il dissesto
Utilizzare a vantaggio proprio o di terzi dati, notizie o opportunità di
affari appresi nell'esercizio dell'incarico
Consegnare i beni e i documenti sociali ai liquidatori ed
effettuare gli adempimenti di legge al verificarsi di una causa di
scioglimento della società
Ripartire utili o acconti sui dividendi:
· non realmente conseguiti o non risultanti da un bilancio
approvatoregolarmente;
· se, dopo una perdita del capitale, questo non sia reintegrato o ridotto
Compiere atti che, in base alla legge, costituiscono reati societari
Modello tradizionale
Il collegio sindacale: composizione e ruolo
E’ composto da 3 o 5 membri effettivi, soci o non soci.
Devono essere nominati 2 sindaci supplenti.
Almeno un membro effettivo e uno supplente devono essere iscritti nel registro dei
revisori legali istituito presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze. I restanti
membri devono essere scelti fra gli iscritti negli albi individuati con decreto del ministero
o fra i professori universitari di ruolo in materie economiche giuridiche.
Restano in carica per 3 esercizi.
Modello tradizionale
Il collegio sindacale: composizione e ruolo
Vigila sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta
amministrazione e, in particolare, sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo,
amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento.
Nel caso in cui la società non faccia ricorso al mercato del capitale di rischio e non sia
tenuta al bilancio consolidato e lo statuto preveda che il controllo contabile sia svolto dal
collegio sindacale, tutti i membri devono essere iscritti al registro dei revisori.
Modelli di amministrazione e controllo:
il Sistema Monistico

Art. 2409 - sexiesdecies C.C. “Lo Statuto può prevedere che l’amministrazione e il
controllo”della società siano regolati come segue:
Assemblea dei soci
Consiglio di amministrazione
Organo amministrativo
Comitato per il controllo sulla
gestione
Organo di controllo
Revisore legale o Società di
revisione
Funzione di controllo contabile
Il Sistema Monistico
Consiglio di Amministrazione

Al consiglio si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste per gli
amministratori nel sistema tradizionale.

Nel sistema monistico al consiglio è attribuita l’ulteriore competenza della
determinazione del numero e della nomina dei componenti del comitato per il
controllo della gestione .

Le attività del consiglio sono equivalenti a quelle previste per lo stesso organo
nel modello tradizionale .

Non è prevista la figura dell’Amministratore Unico.
Comitato per il controllo sulla gestione
Le funzioni di controllo della società sono affidate al comitato per il controllo sulla
gestione a cui si applicano le norme previste per il collegio sindacale
Il comitato:

vigila sull’adeguatezza della struttura organizzativa della società, del sistema di
controllo interno e del sistema amministrativo e contabile

svolge i compiti ulteriori che gli possono venir assegnati dal consiglio di
amministrazione (in particolare i rapporti con i soggetti incaricati del controllo
contabile)
Comitato per il controllo sulla gestione
Il comitato per il controllo della gestione è nominato dal consiglio di
amministrazione.
Nelle società che ricorrono al mercato del capitale di rischio non può essere
inferiore a tre.
Il comitato è composto da amministratori in possesso dei requisiti di onorabilità e
professionalità stabiliti dallo statuto e dei requisiti di indipendenza previsti per i
sindaci nel modello tradizionale. Almeno uno dei suoi componenti deve essere
scelto fra gli iscritti nel registro dei revisori legali.
I suoi componenti non devono essere membri del comitato esecutivo né avere
deleghe o rivestire cariche in società controllanti o controllate.
Al suo interno il comitato elegge il presidente a maggioranza assoluta.
Modelli di amministrazione e controllo:
il Sistema Dualistico

Art. 2409 - octies C.C. “Lo Statuto può prevedere che l’amministrazione e il
controllo”della società siano regolati come segue:
Assemblea dei soci
Consiglio di gestione
Consiglio di sorveglianza
Revisore legale o Società di
revisione
Organo amministrativo
Organo di controllo
Funzione di controllo contabile
Modello dualistico
SISTEMA
DUALISTICO
Consiglio di Gestione
Si occupa in via esclusiva della gestione dell’impresa e del compimento degli atti
necessari all’attuazione dell’oggetto sociale.
E’ composto da almeno due membri anche non soci .
I primi componenti sono nominati nell'atto costitutivo; durante la vita societaria
sono invece nominati dal consiglio di sorveglianza. Lo statuto può prevedere che
alcuni membri vengano nominati dallo Stato o da un ente pubblico o anche dai
possessori di strumenti finanziari partecipativi.
Non può essere consigliere di gestione chi è membro del consiglio di sorveglianza.
I componenti restano in carica per un periodo non superiore a tre esercizi (scadono
alla data della riunione del consiglio di sorveglianza convocato per l’approvazione
del bilancio relativo all’ultimo esercizio della loro carica). Possono essere rieletti,
sempre che lo statuto non preveda diversamente.
Consiglio di Sorveglianza
Il consiglio di sorveglianza assomma i poteri dell’organo di controllo e, per certi
versi, dell’assemblea ordinaria.
Nomina e revoca i componenti del consiglio di gestione: approva il bilancio
d'esercizio redatto dal consiglio di gestione e, ove previsto, il bilancio consolidato.
Vigila sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta
amministrazione e in particolare sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo,
amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento.
Presenta la denuncia al tribunale di cui all'art. 2409 codice civile.
Riferisce per iscritto almeno una volta all'anno all'assemblea sull'attività di
vigilanza svolta, sulle omissioni e sui fatti censurabili.
Se previsto dallo statuto, delibera in ordine ai piani strategici, industriali e
finanziari predisposti dal consiglio di gestione.
Controllo contabile e di revisione
Il controllo legale dei conti è esercitato da un revisore legale o da una società di
revisione iscritti nel registro istituito presso il Ministero dell’Economia e delle
Finanze.
Lo statuto delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e
che non siano tenute alla redazione del bilancio consolidato può prevedere che il
controllo contabile sia esercitato dal Collegio sindacale (costituito da revisori legali
iscritti nel registro istituito presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze)
Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il controllo
contabile è esercitato da una società di revisione iscritta nel registro dei revisori
legali, la quale, limitatamente a tali incarichi, è soggetta alla disciplina dell’attività
di revisione prevista per le società con azioni quotate in mercati regolamentati e
alla vigilanza della Consob.
Nelle società a responsabilità limitata il controllo legale dei conti è esercitato dal
Collegio sindacale, a meno che lo statuto non stabilisca la nomina di un revisore
legale o di una società di revisione.
Controllo contabile e di revisione
Nel modello tradizionale il controllo contabile era svolto dal Collegio sindacale applicando alla
lettera le disposizioni del Codice civile e, solo negli anni più recenti, integrando il codice con i
principi di comportamento del Collegio sindacale approvati dai Consigli nazionali dei dottori
commercialisti e dei ragionieri.
Dopo la riforma del diritto societario è diventato sempre più chiaro che il controllo contabile deve
comprendere una revisione effettuata applicando gli statuiti principi di revisione.
A eccezione del controllo esercitato dal Collegio sindacale, l’incarico di controllo contabile non
può essere conferito (art. 2409-quinquies c.c.) ai sindaci delle società, della controllante, delle
controllate o di quelle soggette a comune controllo. Inoltre vi è incompatibilità di incarico di
controllo contabile per chi è legato agli amministratori della società, delle controllanti, controllate
e soggette a comune controllo, da vincoli di parentela o affinità entro il 4° grado e per chi è legato
alla società o alle società da questa controllate, alle controllanti o a quelle sottoposte a comune
controllo da un rapporto continuativo di prestazione d’opera retribuita.
Quando il sistema di governance adottato dalla società non è quello tradizionale, ma monistico o
dualistico, è sempre obbligatorio nominare un revisore legale o una società di revisione perché in
questi casi l’organo di controllo non può essere incaricato del controllo contabile.
Modelli di Governance a confronto:
Outsider System e insider System
Una prima distinzione tra i modelli di corporate governance dipende dal ruolo svolto
dal mercato dei capitali. Esistono infatti modelli orientati al mercato e modelli orientati
agli intermediari, che rispettivamente vengono indicati con le espressioni: outsider
system e insider system.
Nel primo caso il sistema di finanziamento delle imprese è incentrato sul mercato del
capitale di rischio, si ha generalmente un’ampia frammentazione della proprietà
azionaria e forti conflitti di interesse tra managers e azionisti.
Nel secondo caso, il sistema di finanziamento si basa sulle risorse degli azionisti stessi
o sul ricorso al capitale di debito, prevalgono stabili azionisti di riferimento (nella
compagine azionaria figurano spesso finanziatori quali banche o assicurazioni).
Una seconda distinzione tra modelli di corporate governance dipende da come le
relazioni strutturali e le logiche di funzionamento del complesso aziendale si
manifestano nei ruoli e nelle responsabilità funzionali degli organi sociali d’impresa.
Modelli di Governance a confronto:
One Tier E Two Tier
Relativamente ai ruoli e responsabilità funzionali degli organi sociali d’impresa si distingue
perciò tra modelli ad uno o a due livelli, rispettivamente detti: one-tier system e two-tier system,
distinzione quest’ultima equivalente a quella tra modello monistico e dualistico.
Nello one-tier system, la gestione e il controllo sulla gestione si realizzano all’interno del
consiglio di amministrazione; i membri esecutivi gestiscono la società, i non-esecutivi e gli
indipendenti svolgono la funzione di controllo sulla gestione.
Nel two-tier system, invece, gestione e controllo sulla gestione sono affidati a due organi
distinti.
In entrambi i casi c’è una distinzione tra gestori e controllori, nel primo tale distinzione è tra
membri dello stesso organo, nel secondo tra due organi.
Le due distinzioni sopra riportate si basano su due diversi punti di osservazione. La prima si basa
sul differente ruolo svolto dal mercato, la seconda sulle differenze di organizzazione interna delle
società. Si sottolinea come, tipicamente, ad un sistema orientato al mercato (outsider system)
corrisponda una organizzazione interna delle società ad un solo livello (one-tier system). Allo
stesso modo, ad un sistema non orientato al mercato (insider system) corrisponde generalmente
una organizzazione interna a due livelli (two-tier system).
Modelli di Governance a confronto
Sistema tradizionale
Sistema monistico
Sistema dualistico
Organo amministrativo
Consiglio di amministrazione o
amministratore unico
Consiglio di amministrazione
(non è previsto l'amministratore
unico)
Consiglio di gestione
Composizione dell'organo amministrativo
· Cause di incompatibilità e
ineleggibilità previste dalla
legge.
· Lo statuto può prevedere
ulteriori requisiti di
onorabilità, professionalità e
indipendenza.
· Almeno un terzo dei suoi
componenti deve possedere i
requisiti di indipendenza
richiesti per i sindaci.
· Lo statuto può stabilire
particolari requisiti previsti da
codici di comportamento
redatti da associazioni di
categoria o da società di
gestione di mercati
regolamentati.
· Composto da almeno due
membri.
· Non può essere consigliere di
gestione chi è membro del
consiglio di sorveglianza.
· Cause di incompatibilità e
ineleggibilità previste dalla
legge.
· Lo statuto può prevedere
ulteriori requisiti di
onorabilità, professionalità e
indipendenza
Modelli di Governance a confronto
Sistema tradizionale
Sistema monistico
Sistema dualistico
Organo amministrativo
Consiglio di amministrazione o
amministratore unico
Consiglio di amministrazione
(non è previsto l'amministratore
unico)
Consiglio di gestione
Ruolo dell'organo amministrativo
· Valuta l'adeguatezza
dell'assetto organizzativo,
amministrativo e contabile.
· Esamina i piani strategici,
industriali e finanziari e valuta,
sulla base della relazione degli
organi delegati, il generale
andamento della gestione.
· Valuta l'adeguatezza
dell'assetto organizzativo,
amministrativo e contabile.
· Esamina i piani strategici,
industriali e finanziari e valuta,
sulla base della relazione degli
organi delegati, il generale
andamento della gestione.
· Nomina i componenti del
comitato per il controllo sulla
gestione.
· Valuta l'adeguatezza
dell'assetto organizzativo,
amministrativo e contabile.
· Esamina i piani strategici,
industriali e finanziari e
valuta, sulla base della
relazione degli organi
delegati, il generale
andamento della gestione.
Modelli di Governance a confronto
Sistema tradizionale
Sistema monistico
Sistema dualistico
Organo di controllo sulla gestione
Collegio sindacale
Comitato per il controllo sulla
gestione
Consiglio di sorveglianza
Composizione e ruolo dell'organo di controllo
· Vigila sull'osservanza della
legge e dello statuto, sul
rispetto dei principi di corretta
amministrazione e, in
particolare, sull'adeguatezza
dell'assetto organizzativo,
amministrativo e contabile
adottato dalla società e sul
suo concreto funzionamento.
· Vigila sull'osservanza della
legge e dello statuto, sul
rispetto dei principi di corretta
amministrazione e, in
particolare, sull'adeguatezza
dell'assetto organizzativo,
amministrativo e contabile
adottato dalla società e sul
suo concreto funzionamento.
· Vigila sull'osservanza della
legge e dello statuto, sul
rispetto dei principi di
corretta amministrazione e,
in particolare,
sull'adeguatezza dell'assetto
organizzativo, amministrativo
e contabile adottato dalla
società e sul suo concreto
funzionamento.
Modelli di Governance a confronto
Sistema tradizionale
Sistema monistico
Sistema dualistico
Organo di controllo sulla gestione
Collegio sindacale
Comitato per il controllo sulla
gestione
Consiglio di sorveglianza
Composizione e ruolo dell'organo di controllo
· Almeno un membro effettivo
e uno supplente devono
essere iscritti nel registro dei
revisori contabili istituito
presso il Ministero della
Giustizia. I restanti membri
devono essere scelti fra gli
iscritti negli albi individuati
con decreto del ministero o fra
i professori universitari di
ruolo in materie economiche
giuridiche.
· Composto da amministratori
non esecutivi in possesso di
requisiti di onorabilità e
professionalità previsti dallo
statuto e dei requisiti di
indipendenza previsti per i
sindaci.
· Almeno uno dei suoi
componenti deve essere
iscritto al registro dei revisori
contabili istituito presso il
Ministero della Giustizia.
· Nomina e revoca i
componenti del Consiglio di
gestione.
· Approva il bilancio
d'esercizio.
· Promuove l'azione di
responsabilità nei confronti
dei consiglieri di gestione.
· Presenta la denuncia al
Tribunale.
· Riferisce per iscritto almeno
una volta all'anno
all'assemblea sull'attività di
vigilanza.
Modelli di Governance a confronto
Sistema tradizionale
Sistema monistico
Sistema dualistico
Organo di controllo sulla gestione
Collegio sindacale
Comitato per il controllo sulla
gestione
Consiglio di sorveglianza
Composizione e ruolo dell'organo di controllo
· Nel caso in cui la società non
faccia ricorso al mercato del
capitale di rischio e non sia
tenuta al bilancio consolidato e
lo statuto preveda che il
controllo contabile sia svolto
dal collegio sindacale, tutti i
membri devono essere iscritti
al registro dei revisori.
· Nelle società che fanno ricorso
al capitale di rischio il numero
dei suoi componenti non può
essere inferiore a tre.
· Composto da almeno tre
membri.
· Almeno un componente deve
essere iscritto nel registro dei
revisori contabili istituito
presso il Ministero della
Giustizia.
· Nel consiglio di sorveglianza
non possono essere eletti
componenti del consiglio di
gestione. Per altre cause di
ineleggibilità valgono le
disposizioni previste per gli
amministratori nel modello
tradizionale.
Modelli di Governance a confronto
Sistema tradizionale
Sistema monistico
Sistema dualistico
Controllo contabile
· Collegio sindacale nel caso in
cui la società non faccia
ricorso al mercato del capitale
di rischio e non sia tenuta al
bilancio consolidato e lo
statuto lo preveda
espressamente.
· Società di revisione o revisore
iscritti nel registro dei revisori
contabili istituito presso il
Ministero della giustizia.
· Società di revisione iscritta in
un apposito albo tenuto
presso la Consob, nel caso in
cui la società faccia ricorso al
mercato del capitale di rischio.
· Società di revisione o revisore
iscritti nel registro dei revisori
contabili istituito presso il
Ministero della giustizia.
· Società di revisione iscritta in
un apposito albo tenuto
presso la Consob, in caso di
società che faccia ricorso al
mercato del capitale di rischio.
· Società di revisione o
revisore iscritti nel registro
dei revisori contabili istituito
presso il Ministero della
giustizia.
· Società di revisione iscritta in
un apposito albo tenuto
presso la Consob, in caso di
società che faccia ricorso al
mercato del capitale di
rischio.
Modelli di Governance a confronto
Gli ordinamenti giuridici nazionali e i codici di best practice offrono risposte
differenti alla separazione tra funzioni amministrative e di controllo.
In effetti, è possibile distinguere tra:
1. sistemi di governance in cui i poteri di amministrazione e di controllo sono
conferiti a persone diverse ma appartenenti ad uno stesso organo eletto
dall’assemblea, tanto da poter parlare di modello monistico o onetier system;
2. sistemi di governance nei quali due organi distinti esercitano l’uno le prerogative
di governo e l’altro quelle di controllo. Si viene così a determinare una struttura
verticale a due livelli (two-tier system o modello dualistico). I due organi sono
formalmente separati ma si trovano ad interagire nel momento in cui l’organo di
vigilanza esercita il potere di supervisione – e talvolta di indirizzo – sull’attività
dell’organo amministrativo.
Punti di forza e di debolezza del modello
monistico
Nel sistema monistico non c’è indipendenza del Comitato per il controllo sulla gestione rispetto
agli organi delegati del Consiglio di amministrazione che partecipano alla loro nomina e alla loro
revoca.
Il Comitato per il controllo sulla gestione non ha l’obbligo di vigilanza sul rispetto della legge e
dello statuto e sul rispetto dei principi di corretta gestione, obblighi invece previsti per il Collegio
sindacale nel modello di governance tradizionale.
La facoltà concessa dall’art.2409 octiesdecies, c.1, di disporre diversamente può essere utilizzata
con la previsione statutaria di attribuire all’assemblea il compito non solo della nomina, ma
anche della revoca e della sostituzione durante l’incarico dei componenti il Comitato per il
controllo, attuando così l’indipendenza dei componenti il Comitato per il controllo dai consiglieri
delegati.
Ai sensi dell’art.2409 octiesdecies, quinto comma, lett.c), il Consiglio di amministrazione può
affidare altri compiti al Comitato per il controllo della gestione.
Tale facoltà non rientra nei compiti gestionali che sono di esclusiva competenza del Consiglio di
amministrazione ex art.2380 bis, primo comma.
Questi ulteriori compiti del Comitato per il controllo sulla gestione possono quindi essere previsti
nei patti sociali ed in particolare è possibile attribuire al Comitato per il controllo il compito di
vigilanza sull’osservanza della legge e dello statuto e sul rispetto dei principi di corretta
amministrazione da parte degli organi delegati.
Punti di forza e di debolezza del modello
monistico
I seguenti poteri/doveri, sia individuali che collegiali, del Comitato per il controllo
evidenziano le potenzialità del modello di governance monistico.
I componenti il Comitato hanno i seguenti poteri/doveri individuali da esercitare
congiuntamente ai consiglieri deleganti:
 Hanno il dovere di agire informato ed il diritto di chiedere agli organi delegati
che vengano fornite al Consiglio informazioni sulla gestione, ai sensi dell’art.2381,
sesto comma.
 Hanno l’obbligo di motivazione delle decisioni influenzate da chi esercita attività
di direzione e coordinamento, ai sensi dell’art.2497 ter.
 Hanno l’obbligo dello scambio di informazioni con il revisore, ai sensi
dell’art.2409 septies.
 Nella loro qualità di consiglieri di amministrazione deleganti, devono valutare
l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società
sulle base delle informazioni ricevute dagli organi delegati, hanno il potere-dovere
di chiedere informazioni agli organi delegati della società, di esaminare, quando
elaborati, i piani strategici, industriali e finanziari della società, di valutare sulla
base della relazione degli organi delegati il generale andamento della gestione, ai
sensi dell’art.2381, terzo comma.
Punti di forza e di debolezza del modello
monistico
I componenti il Comitato di controllo sulla gestione possono impugnare le deliberazioni del
Consiglio che non sono prese in conformità alla legge ed allo statuto o che sono lesive degli
interessi dei soci o che sono assunte in presenza di interesse di uno degli amministratori e che
arrechino danno alla società, ai sensi dell’art.2388, c.4 e c.5.
Siedono nel Consiglio di amministrazione e votano nelle deliberazioni consiliari. La verifica
della legalità e dell’efficienza della gestione risulta efficace perché viene fatta ex ante
contemporaneamente alle adozioni delle deliberazioni e non ex post come negli altri modelli di
governance.
Se, per gli atti importanti di gestione, i patti sociali prevedono delibere consiliari rafforzate, in
modo che sia determinante il voto di uno dei componenti il Comitato per il controllo, essi di fatto
esercitano il diritto di veto sulle decisioni che ritengano illegali o non conformi ai principi di
corretta gestione.
I componenti il Comitato per il controllo sulla gestione hanno i seguenti poteri/doveri da
esercitare in modo collegiale o autonomo.
Devono vigilare sull’adeguatezza della struttura organizzativa della società, del sistema di
controllo interno e del sistema amministrativo e contabile, nonché sulla sua idoneità a
rappresentare correttamente i fatti di gestione, ai sensi dell’art.2409 octiesdecies, c.5, lett.b).
Punti di forza e di debolezza del modello
monistico
Per le deliberazioni collegiali del Comitato sono richieste le stesse formalità del
Collegio sindacale al fine di dare certezza alle decisioni.
Se si utilizzano nei patti sociali le opzioni concesse dal diritto societario e se i
poteri/doveri dei componenti il Comitato sono esercitati con diligenza, il modello di
governance monistico non risulta certamente meno garante dei modelli alternativi.
Punti di forza e di debolezza del modello
dualistico
Nel sistema dualistico relativamente alla nomina dei componenti il Consiglio di
sorveglianza e la disciplina delle competenze in materia di controllo sulla gestione c’è
un minor rigore rispetto al Collegio sindacale per quanto riguarda l’incompatibilità in
quanto manca nell’art.2409 duodecies il richiamo della lettera b) dell’art.2399, cioè
l’incompatibilità per rapporti familiari che secondo i critici metterebbe in dubbio
l’indipendenza dei consiglieri di sorveglianza rispetto ai familiari soci che li hanno
nominati.
C’è anche un minor rigore rispetto al Collegio sindacale per quanto riguarda i requisiti
di professionalità richiesti in quanto solo un componente il Consiglio di sorveglianza
deve essere iscritto nel Registro dei revisori contabili.
Il Consiglio di sorveglianza non ha poi poteri di ispezione sul Consiglio di gestione in
quanto gli equivalenti poteri del Collegio sindacale non sono richiamati dall’art.2409
quaterdecies.
Queste critiche possono in concreto trasformarsi in opportunità per l’impresa a
controllo familiare se nei patti sociali si prevede che il Consiglio di sorveglianza abbia
il compito di valutare ed esaminare le operazioni strategiche e i piani industriali e
finanziari della società predisposti dal Consiglio di gestione ex art.2409 terdecies, c.1,
lett.g), svolgendo così un potere di indirizzo e di controllo sulla gestione.
Punti di forza e di debolezza del modello
dualistico
Il Consiglio di sorveglianza esercita funzioni:
 Di controllo gestionale dovendo vigilare ex art.2409 terdecies, c.1, lett.c), Codice
civile sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta
amministrazione ed in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo,
amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento,
compiti considerati prodromici per un corretto esame gestionale.
 Di tutela dei soci dovendo promuovere l’esercizio dell’azione di responsabilità nei
confronti dei componenti il Consiglio di gestione e presentare la denuncia al
Tribunale per gravi irregolarità nella gestione ex art.2409 terdecies, c.1, lett. d) e
e).
 Assembleari dovendo nominare e revocare icomponenti il Consiglio di gestione e
approvare il bilancio d’esercizio e quello consolidato ex art.2409 terdecies, c.1 lett.
 a) e b), salva la deroga statutaria prevista dall’art.2409 terdecies, c.2, per
l’approvazione del bilancio.
 Di indirizzo della gestione perché, se lo statuto lo prevede, deve valutare ed
esaminare le operazioni strategiche e i piani industriali e finanziari della società, ex
art.2409 terdecies, c.1, lett.g), ferma in ogni caso la responsabilità del Consiglio di
gestione per gli atti compiuti.
Punti di forza e di debolezza del modello
dualistico
Per esercitare questi compiti il Consiglio di sorveglianza ha diritto all’informazione
periodica sul generale andamento della gestione da parte del Consiglio di gestione
ex art.2409 undecies che richiama l’art.2381 c.6.
Il Consiglio di sorveglianza non ha però i poteri di ispezione previsti dall’art.2403 bis,
c.1, Codice civile per il Collegio sindacale.
I patti sociali possono colmare le lacune legislative e disciplinare in modo più puntuale
i rapporti con il Consiglio di gestione.
Si può prevedere nello statuto che il Consiglio di gestione non solo debba informare il
Consiglio di sorveglianza con periodicità trimestrale sull’andamento degli affari della
società e sulla loro probabile evoluzione, ma anche che il Consiglio di gestione debba
comunicare in tempo utile al Consiglio di sorveglianza le informazioni sui fatti che
possono avere ripercussioni sensibili sulla situazione della società; che il Consiglio di
sorveglianza debba verificare se le iniziative assunte dal Consiglio di gestione siano
coerenti con le operazioni strategiche e i piani industriali e finanziari approvati; che il
Presidente o il Consiglio di sorveglianza possano chiedere al Consiglio di gestione
ragguagli di qualsiasi genere attinenti al controllo della gestione;
Punti di forza e di debolezza del modello
dualistico
….che il Presidente o il Consiglio di sorveglianza possano procedere o far procedere
alle verifiche necessarie all’espletamento delle mansioni di controllo; che il Consiglio
di sorveglianza abbia anche compiti di supporto al Consiglio di gestione quali ad
esempio l’assistenza al Consiglio di gestione nella determinazione dei criteri per la
remunerazione dell’alta direzione della società; che il Consiglio di sorveglianza vigili
sull’attività svolta dalla società di revisione.
Il minor potere di controllo gestionale del Consiglio di sorveglianza rispetto a quello
del Collegio sindacale può quindi con le previsioni statutarie non solo essere colmato,
ma anche ampliato, con compiti non solo di controllo.
Nel modello di governance dualistico l’organo amministrativo è il Consiglio di
gestione, disciplinato ex art.2380 bis, c.3, dalle norme relative al Consiglio di
amministrazione, salvo che sia diversamente stabilito.
Punti di forza e di debolezza del modello
dualistico
L’art.2409 undecies elenca le norme del Consiglio di amministrazione che si applicano
al Consiglio di gestione in quanto compatibili.
La disciplina per derivazione adottata dal legislatore comporta la verifica del grado di
compatibilità delle norme richiamate sul Consiglio di amministrazione.
La nomina del Presidente del Consiglio di gestione spetta al Consiglio di sorveglianza
e non è prevista la competenza secondaria del Consiglio di gestione, a norma
dell’art.2409 novies, c.3.
Il compito di convocare l’assemblea per gli opportuni provvedimenti imposti dalla
riduzione del capitale sociale, a norma dell’art.2446, c.1, spetta al Consiglio
di gestione.
Il modello di governance dualistico, se correttamente utilizzato offre delle opportunità
che possono essere sfruttate nei specifici settori imprenditoriali.
Il controllo contabile è sempre di competenza del revisore.
Il modello monistico
Il modello dualistico
Controllo
esterno
SOCIETA’
DI
REVISIONE
Analogie tra i due modelli
Si possono notare alcune analogie che rendono meno evidenti le differenze tra i
modelli di governance perseguibili dalle società italiane post riforma del diritto
societario. Ad esempio:
•
•
L’adozione di un sistema di deleghe e la spaccatura tra organo amministrativo ed
esecutivo rende meno evidente la differenza tra modello tradizionale e dualistico.
Ed in effetti il tradizionale è anche definito modello dualistico orizzontale in
contrapposizione al modello dualistico verticale di derivazione tedesca;
L’introduzione del revisore contabile come organo di controllo esterno
obbligatorio è in sostanza presente in tutti e tre i modelli, pur considerando
l’opzione nel modello tradizionale per le società che non fanno ricorso al mercato
dei capitali di rischio.
Modello monistico e dualistico?
La riforma del diritto societario, attraverso un maggiore grado di flessibilità e di
autonomia statutaria all’interno delle società per azioni, sottopone ad una radicale
revisione delle regole di corporate governance conferendo alla volontà dei soci la
possibilità di scegliere tra tre diverse opzioni di carattere generale in merito alla
suddivisone delle competenze fra l’organo amministrativo o di gestione e l’organo di
controllo o di sorveglianza.
La scelta del modello di governance da adottare implica un processo di analisi da
svolgersi con specifico riferimento alla singola realtà aziendale. Occorre infatti
valutare le diverse alternative di governance alla luce di:



assetti proprietari;
obiettivi di medio/lungo periodo;
struttura societaria, organizzativa ed amministrativa.
Modello monistico e dualistico: la
diffusione dei modelli
Nell’ambito di un’indagine relativamente alla percezione degli attori del mercato in
Italia relativamente al tema della corporate governance (Osservatorio Legislazione &
Mercati, ottobre 2009) è stato considerato un campione di 150 società italiane del
settore industriale.
Il campione considerato include 150 aziende suddivise per classi di fatturato, con una
prevalenza di piccolo medie imprese (fatturati sino a 50 milioni, pari al 72% del
campione) e una presenza di medio grandi e grandi imprese (con fatturati,
rispettivamente, sino a 250 milioni e oltre tale soglia). Tale composizione rappresenta
in misura sufficientemente fedele lo spaccato dell’industria italiana.
Nella scelta dei modelli di governance si conferma l’assoluta predominanza del
modello tradizionale (consiglio di amministrazione e collegio sindacale): lo adottano il
92% delle imprese intervistate. Il monistico e il dualistico sono invece diffusi, in esatta
eguale misura, fra il restante 8%.
Il 34 % delle imprese pur rimanendo nel sistema tradizionale, si sono avvalse delle
opportunità derivanti dalla riforma del 2005.
Modello monistico e dualistico: la
diffusione dei modelli
Relativamente ai dettagli dei sistemi di controllo, escludendo il 34,7% del campione
soggetto a revisione obbligatoria, si rileva come la revisione su base volontaria sia pari
al 16,5%, espressione questa di una crescente coscienza della centralità di un efficiente
e indispensabile sistema di controllo contabile.
Il 3,3% affida il controllo a un revisore esterno, mentre il 32% si informa al modello
classico (controllo affidato al Collegio Sindacale).
Altrettanto rilevante la percentuale di imprese che dichiara di aver adottato e attuato un
modello ex L. 231 (45%), per quanto il fenomeno registri un buon 28% di scelte
contrarie e un preoccupante 27% fatto da imprese che addirittura ignorano l’assenza
stessa della legge in questione.
Il giudizio complessivo che il mondo dell’impresa esprime sull’utilità della governance
è positivo. Un netto 70% la ritiene utile in qualsiasi situazione aziendale, il 23% la
reputa valida solo se l’azienda sia in stato di benessere, solo il 6% la considera uno
strumento di appesantimento burocratico, e resta un 1% di imprese che reputano la
governance qualcosa di completamente inutile.
L’assetto proprietario
Parte Seconda- cap.6
La relazione tra assetto proprietario e
performance aziendale
La separazione tra la proprietà e il controllo si verifica quando la struttura azionaria
dell’impresa è molto frazionata pertanto la gran parte o la totalità degli azionisti
non ha il
controllo dell’impresa.
In questo caso gli azionisti, mantenendo il rendimento residuale cedono parte del
loro diritto di controllo ai manager che hanno il controllo effettivo dell’azienda.
Tale scissione può provocare effettivi negativi sull’efficienza aziendale in quanto il
management è incentivato a perseguire i propri interessi non necessariamente in
linea con gli interessi degli azionisti e quindi a danno degli stessi.
Qui di seguito evidenzieremo i tre casi alternativi di separazione fra proprietà e
controllo per ottenere una visione d’insieme ottimale.
PRIMO CASO: L’IMPRESA POSSEDUTA TOTALMENTE DA UN AZIONISTA
L’impresa è posseduta totalmente dalla stessa persona che la gestisce.
Il diritto al rendimento residuale e il diritto di controllo fanno capo al solo azionista
imprenditore e ciò garantisce all’impresa di essere governata nella maniera più
efficiente. Solo l’azionista potrà prendere decisioni che porteranno alla ricerca di
beneficio personale superiore ai costi supportati.
SECONDO CASO: L’IMPRESA CONTROLLATA DA UN AZIONISTA DI
RIFERIMENTO
L’azionista governa l’impresa e ne influenza le massime decisioni, ma riceve solo una
frazione pro quota del rendimento residuale. Tale separazione parziale tra proprietà e
controllo può portare a conflitto di interessi tra azionista di controllo e azionisti di
minoranza.
TERZO CASO: LA PUBLIC COMPANY
La struttura azionaria è frazionata tra un elevato numero di azionisti che possiedono
piccole partecipazioni al capitale di rischio e la gestione è affidata a manager
professionisti. In questo caso gli amministratori e il management esercitano i diritti
di controllo sull’impresa senza diritto al rendimento residuale.
La separazione tra proprietà e controllo porta a conflitti di interesse tra i manager e
gli azionisti riduce il valore dell’impresa per la presenza di costi di agenzia.
I COSTI DI AGENZIA
I costi di controllo hanno tre componenti:
1.Costo di controllo sostenuto dagli azionisti per limitare l’operato dei manager.
2.Costi di rassicurazione sostenuti dal manager nei confronti degli azionisti per
garantire che il proprio operato non sarà attuato contro il loro interesse.
3.Perdita residuale ovvero la perdita di benessere degli azionisti in seguito alla
divergenza di interessi propria della relazione.
Conclusioni
Il valore creato da un’azienda controllata totalmente dall’imprenditore è superiore a
quello creato da una società controllata da un’azionista e, ancor meno rispetto a
quello prodotto in una
società ad azionariato diffuso.
L’evidenza empirica condotta attraverso diversi studi sulla relazione tra il grado di
concentrazione della struttura azionaria e la performance dell’impresa sottolinea
come:



numerose ricerche indicano che le imprese controllate da un azionista hanno
performance migliori delle imprese controllate dai manager;
diverse ricerche, in numero equivalente rispetto alla prima ipotesi, non
evidenziano alcun differenziale di performance tra le due classi di imprese;
solo pochi lavorano dimostrano invece performance superiori delle imprese
governate dai manager rispetto a quelle controllate dagli azionisti.
Gli assetti proprietari
Una serie di ricerche realizzate nel periodo ‘92-’94 sull’assetto proprietario delle
imprese operanti in Italia ha condotto a diverse considerazioni:

Esistenza di una forte concentrazione della proprietà e del controllo, moltissime
aziende controllate da un unico soggetto con il 50% del capitale.

Limitata separazione fra proprietà e controllo e la sostanziale sovrapposizione fra
proprietà e gestione nelle imprese medio piccole.

La notevole diffusione della forma Gruppo, tutte le medie e grandi imprese
industriali sono organizzate in forma di gruppo industriale o fanno parte di un più
ampio gruppo industriale o finanziario.
Gli assetti proprietari
Nelle tabelle qui di seguito vengono forniti alcuni dati per meglio capire la
dimensione e la struttura delle imprese o dei gruppi di imprese operanti in Italia
(indagine condotta dall’Osservatorio sulla competitività Assolombarda-Bocconi).
Le forme di controllo
Le grandi imprese del nostro paese si caratterizzano per avere assetti proprietari diversi
fra loro, le forme di controllo di maggior rilevanza sono elencate di seguito:

Familiare: il controllo è nelle mani di una singola persona o in quelle di più membri di
una famiglia o di rami della stessa famiglia.

Multinazionale estera: imprese in cui i controllori ultimi possono avere natura differente:
singole famiglie, fondi pensione, stati esteri o migliaia di piccoli azionisti.

Stato o enti locali: imprese controllate direttamente o indirettamente dallo stato e dagli
enti locali.

Consorzio o cooperativa: forma proprietaria consortile in cui il capitale risulta ripartito
fra decine, centinaia o migliaia di piccoli azionisti, i quali hanno solitamente relazioni di
clientela o fornitura con l’impresa.

Coalizione di istituti di credito o di investitori istituzionali: La proprietà del capitale è, in
maggioranza o nella sua totalità, ripartita fra più istituti di credito o è posseduta da
alcuni investitori istituzionali (a seguito dell’emanazione della nuova legge bancaria).

Joint venture: il capitale è ripartito equamente fra due imprese o gruppi industriali.
Le forme di controllo

Coalizione mista: il controllo è esercitato da una coalizione di soggetti eterogenei tra
loro, nessuno dei quali controlla da solo la maggioranza del capitale. Caso più tipico
è costituito dalla ripartizione dell’intero capitale, o rilevante parte di esso, nelle mani
di investitori istituzionali e di manager dell’azienda.

Public company: contemporanea presenza di:
a) una proprietà del capitale frazionata fra un elevato numero di azionisti;
b) assenza di un azionista che detiene una quota significativa del capitale, ha quindi
il controllo dell’impresa;
c) possibilità che uno scalatore acquisti sul mercato una quota del capitale che gli
consenta di influenzare la volontà sociale.

Altre forme di controllo: categoria residuale che raccoglie forme proprietarie quali la
fondazione o la partnership, che costituiscono casi isolati nel panorama italiano.
Le forme di controllo
La tabella seguente presenta il numero di gruppi, il fatturato totale e medio, il numero
totale e medio di dipendenti per ciascuna forma di controllo individuata.
Tabella 6.3 Suddivisione delle principali imprese italiane per forma di controllo (valori in migliaia di euro)
A
= D/A
B
C = B/A
D
E
Strumenti di separazione tra proprieta’ e
controllo
Gli strumenti che consentono di separare la proprietà, ovvero il possesso delle
quote azionarie, dal controllo, inteso come possibilità di esercitare il potere di
governo economico, di un’impresa sono:

Creazione di società controllate a cascata

Quotazione delle azioni di numerose società sul mercato di borsa

Emissione di azioni prive o con un limitato diritto di voto

Elevato ricorso all’indebitamento

Creazione di legami azionari con altri gruppi
Creazione di società controllate a cascate
I gruppi italiani di grandi dimensioni sono caratterizzati da una struttura piramidale
di società controllate a cascata al vertice delle quali si trova una Holding, che fa da
centro direttivo di tutte le attività economiche governate dal gruppo.
Nei gruppi di dimensioni maggiori fra la capogruppo e le società operative si
frappongono una serie di sub-holding e di finanziarie di partecipazione create per
coordinare le attività del gruppo e, qualora queste siano quotate, per coinvolgere
altri azionisti nel finanziamento delle attività controllate.
La quotazione delle imprese appartenenti al medesimo gruppo
I grandi gruppi privati italiani sono caratterizzati dal fatto di costituire delle società
finanziarie di partecipazione con titoli quotati che hanno l’obiettivo di far partecipare
altri soci al finanziamento delle attività economiche governate dal gruppo.
Vantaggi ottenibili con la quotazione
1.
2.
Attraverso la quotazione delle aziende appartenenti al gruppo, la famiglia proprietaria
ottiene due effetti finanziari:
Un flusso immediato di risorse finanziarie conseguente alla cessione di un consistente
pacchetto di azioni.
La possibilità di raccogliere fondi negli anni successivi, sia tramite la cessazione di
azioni della società quotata non necessarie ai fini del mantenimento del controllo, sia
mediante incrementi di capitale dell’azienda stessa
Emissione di azioni prive del diritto di
voto o con diritti di voto limitati
Un altro strumento legale utilizzato dalle famiglie proprietarie per raccogliere
risorse finanziarie senza perdere il controllo dell’impresa è rappresentato
dall’emissione di azioni prive o con diritto di voto limitato.
Tale strumento è utilizzato quasi esclusivamente da imprese con titoli quotati sul
mercato di borsa, sia perché la maggiore liquidità che caratterizza tali titoli li rende
maggiormente appetibili per i risparmiatori, sia perché fino alla recente riforma
societaria solo le società quotate potevano emettere azioni prive del diritto di voto
Il livello di indebitamento
I grandi gruppi privati italiani hanno fatto largamente ricorso all’indebitamento,
soprattutto nei periodi di maggior crescita per mantenere la competitività non potendo
evidentemente il soggetto controllante disporre di risorse finanziarie necessarie a coprire
pro quota tali investimenti.
Il debito è principalmente fornito da banche di deposito e da altri istituti finanziari che
ricoprono un ruolo rilevante nel finanziamento dei grandi gruppi, pubblici e privati.
Svantaggi del ricorso all’indebitamento
I gruppi privati che hanno fatto ricorso allo strumento dell’indebitamento in più di una
circostanza negli anni passati hanno dovuto affrontare gravi problemi circa la liquidità e
solidità dell’azienda risolti ricorrendo alla vendita di rami di azienda mantenendo il
controllo di altri business.
Le partecipazioni azionarie reciproche
tra i principali gruppi
I maggiori gruppi che compongono il sistema economico italiano sono fra loro collegati
da una ragnatela di partecipazioni azionarie.
Tali legami sono costituiti sia da partecipazioni azionarie monodirezionali, cioè da parte
di
un’impresa nei confronti di un’altra, sia da partecipazioni reciproche.
I gruppi italiani non creano molto spesso partecipazioni reciproche tra due aziende,
appartenenti allo stesso gruppo o a gruppi differenti perché la legge pone diversi limiti
alla
realizzazione di tali operazioni. Molto spesso essi ricorrono alla creazione di anelli
azionari
che comportano l’annacquamento del capitale sociale ma non sono soggetti a vincoli
normativi.
Tali partecipazioni sono possedute allo scopo di perseguire diverse finalità, in alcuni casi
rappresentano investimenti di portafoglio, ma maggiormente contribuiscono a
stabilizzare il controllo delle società al vertice del gruppo.
Separazione tra proprietà e controllo:
il gruppo piramidale
I gruppi di imprese possono consentire al possessore del capitale di comando della
capogruppo di massimizzare l’ammontare di risorse sottoposte al proprio governo.
Il meccanismo della leva azionaria, meglio noto come moltiplicatore sociale o stock
pyramiding, chiarisce come il gruppo sia una tecnica finanziaria il cui scopo consiste
nell’assicurare con il più piccolo capitale possibile il controllo sul più grande
possibile capitale altrui.
Lo stock pyramiding funziona in maniera correlata al numero dei livelli societari
creati fra la
capogruppo e le società operative, ovvero, all’aumentare dei livelli societari
l’azionista di
controllo riduce gradualmente il proprio impegno monetario coinvolgendo nel
finanziamento
delle attività reali delle società operative maggiori risorse finanziarie da parte degli
azionisti di minoranza e di conferenti di capitale di prestito.
Separazione tra proprietà e controllo:
il gruppo piramidale
I gruppi piramidali svolgono quindi la funzione fondamentale di consentire all’azionista di
controllo della capogruppo di controllare con la minor quota possibile del proprio capitale
la
maggiore quota del capitale altrui, anche utilizzando oltre allo stock pyramiding l’effetto
leverage multiplo, o leva finanziaria con i medesimi meccanismi.
Tale condizione può essere ottenuta ovviamente solo se l’azionista di controllo riesce a
coinvolgere altri azionisti nel finanziamento delle varie imprese del gruppo e se tale
gruppo
aziendale riesce ad ottenere dalle attività economiche controllate una redditività
importante tale da consentire la soddisfazione economica anche degli azionisti di
minoranza coinvolti.
La governance delle strutture
piramidali
Il modello capitalistico italiano è caratterizzato da un’elevata concentrazione del capitale sociale
nelle mani dei principali azionisti; in Italia alcune famiglie proprietarie continuano a mantenere il
controllo di attività economiche di vaste dimensioni mediante la creazione di gruppi piramidali.
Il fatto di creare simili strutture societarie rende la posizione di controllo stabile, il che è un
elemento positivo di corporate governance e la presenza di azionisti forti all’interno del Cda
scongiura la possibilità che alcuni manager possano cercare benefici personali e non l’efficienza e
l’efficacia aziendale.
I grandi gruppi piramidali del nostro paese hanno raggiunto dimensioni sufficienti per poter
competere sul mercato con i grandi gruppi esteri.
Le famiglie proprietarie che sono a capo dei grandi gruppi italiani privati hanno fatto ricorso in
passato a diversi strumenti legali che gli hanno consentito di minimizzare le risorse finanziarie
necessarie per avere il controllo del gruppo.
Si tratta di strumenti quali la creazione di società controllate a cascata, dalla quotazione di
società sul mercato di borsa, dall’emissione di azioni prive o con diritto di voto limitato,
dall’elevato ricorso all’indebitamento e dalla creazione di legami azionari con altri gruppi.
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