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FORME SOCIETARIE E GOVERNANCE AZIENDALE
FORME SOCIETARIE E GOVERNANCE AZIENDALE A.A. 2015-2016 1 Informazioni generali II anno del Corso di Laurea Magistrale in “Economia, Management ed Amministrazione d’Azienda” Corso di 80 ore per 12 Cfu Orario lezioni: I semestre ( 14 ottobre 2015– 23 dicembre 2015) Mercoledì 13:30-15:00 – senza intervallo (aula mezzanino) Giovedì 11:30-13:00 – senza intervallo (aula mezzanino) II semestre (2 marzo 2016- 12 maggio 2016) Mercoledì 14:00-16:00 (aula A2) Giovedì 9:00-11:00 (aula A3) 2 Informazioni generali Ricevimento studenti: Giovedì, ore 13:00 in Sala Professori Testo di riferimento: 1) Alessandro Zattoni, Assetti proprietari e Corporate Governance, Egea, Milano 2) Ercole P. Pellicanò, Il minimario del bravo manager. Bibliotheka edizioni (testo disponibile presso: Libreria Coletti - Via della Conciliazione 3°) 3) Materiale trattato durante il corso e pubblicato sulla web cattedra dei docenti Docente: Ercole P. Pellicanò – [email protected] Mariana D’Ovidio – [email protected] 3 Struttura del corso Il corso si sviluppa in tre macro sezioni: Parte I) Introduzione alla Governance aziendale (Corporate Governance) e panoramica sulle tipologie aziendali (v. libro di testo adottato) Parte II) Organizzazione del lavoro in azienda (v. slides aggiuntive su web cattedra): interna (Lean Management); esterna: accesso al credito (rapporti con sistema bancario e finanza alternativa) Parte III) cattedra): La governance nelle piccole-medie imprese e nelle imprese familiari (v. slides aggiuntive su web 1) Il ruolo delle PMI e dei POE nell’economia italiana 2) I meccanismi di governo nelle piccole-medie imprese e nelle imprese familiari 3) Corporate Governance ed impresa familiare, il ricambio generazionale 4) Il ruolo della famiglia proprietaria nei processi di crescita aziendale Durante lo svolgimento delle lezioni, sono previsti interventi esterni ed esercitazioni in aula (ad esempio: lettura e creazione di un bilancio, sviluppo di un Business Plan, etc.) 4 Parte I : Introduzione alla Governance aziendale e panoramica sulle tipologie aziendali 5 Parte II: Organizzazione del lavoro in azienda Organizzazione interna: 1. Introduzione al lean management: il lean thinking 2. I principi del pensiero snello: i MUDA e l’obiettivo 0 3. Implementazione della lean production I vantaggi della lean production Un esempio di programma di Lean Trasformation 4. 5. ---------------------------------Organizzazione esterna: 1. Rapporti con le banche 2. La finanza alternativa a supporto delle imprese 3. Il venture capital e il private equity 4. Finanza straordinaria: concetto di Merger & Acquisition 5. Le fasi del processo di investimento 6 Parte III: La governance nelle piccole-medie imprese e nelle imprese familiari 1. Il ruolo delle PMI e dei POE nell’economia italiana 2. I meccanismi di governo nelle piccole-medie imprese e nelle imprese familiari 3. Corporate Governance ed impresa familiare, il ricambio generazionale 4. Il ruolo della famiglia proprietaria nei processi di crescita aziendale 7 Introduzione alla Corporate Governance Cap 1: Il Governo delle imprese Che cos’è la Corporate Governance Il termine governance deriva dalla radice latina “gubernare” che significa guidare, governare. La parole corporate governance è più recente. Si ritiene che sia stato utilizzata per la prima volta da Richard Eells per indicare “la struttura e il funzionamento della politica aziendale” e quindi il governo delle imprese. 9 Quindi…. Corporate Governance = Governo d’impresa Gestire la struttura e il funzionamento della politica aziendale. 10 Perché è importante la Corporate Governance Questo tema assume rilevanza a partire dalla costituzione delle società a responsabilità limitata e si è ulteriormente amplificato quando la quotazione di talune imprese ha comportato la separazione tra la proprietà delle azioni e il controllo della gestione aziendale (proprietari vs manager/agenti). Definire la modalità del governo aziendale è quindi importante perché consente: 11 di stabilire delle regole chiare sul funzionamento dell’impresa ; di progettare degli assetti di governo che incentivino i manager ad operare nell’interesse dei proprietari dell’azienda. Le possibili definizioni di Corporate Governance Il dibattito sulla Corporate Governance si è focalizzato, dagli anni ‘30 in poi, prevalentemente sul tema della composizione, della struttura e del funzionamento del Consiglio di Amministrazione. In realtà, pur riconoscendo la centralità del CDA nel processo di governo delle imprese, non si può ignorare l’importanza che assumono altri elementi interni ( sistemi di controllo interni e sistemi retributivi) ed esterni alle imprese (normativa economica, situazione del mercato in cui l’impresa opera, cultura delle persone che operano internamente ed esternamente all’impresa) 12 Le possibili definizioni di Corporate Governance 13 Le possibili definizioni di Corporate Governance Nel primo quadrante troviamo gli studi che considerano rilevante e meritevole di tutela solo l’interesse degli azionisti e che vedono nel consiglio di amministrazione l’organo preposto a svolgere la funzione di governo economico. Secondo questa impostazione, gli stakeholder dell’impresa diversi dagli azionisti non hanno alcun diritto di governo economico, poiché la relazione che intrattengono con l’azienda è governata dalle forze di mercato. Gli azionisti, invece, conferiscono stabilmente all’impresa delle risorse finanziarie. Questa impostazione attribuisce al CdA il compito di regolare il conflitto di interessi tra azionisti e manager che cosi viene a creare in presenza della separazione tra la proprietà e il controllo. Nel secondo quadrante, troviamo quelle definizioni di corporate governance che considerano meritevole di tutela l’interesse di varie categorie di stakeholder e che attribuiscono al CdA la responsabilità di svolgere la funzione di governo economico. Questa impostazione riconosce come rilevante non solo l’interesse degli azionisti, ma anche quello di altre categorie di skateholder. 14 Le possibili definizioni di Corporate Governance Nel terzo quadrante si posizionano quelle definizioni di corporate governance che considerano come meritevole di tutela l’interesse degli azionisti e che ritengono che il processo di governo delle imprese sia il risultato dell’operare di numerosi elementi interni ed esterni a esse. Per quanto concerne il processo di governo economico, tuttavia, questa impostazione ritiene che il CdA, pur svolgendo un ruolo importante nella risoluzione del conflitto di interessi tra azionisti e management, non sia l’unico organo rilevante. Altri meccanismi e strumenti possono, infatti, contribuire a disciplinare il comportamento dei manager (es: mercato per il controllo societario, mercati in cu l’impresa acquista le proprie risorse o cede i propri prodotti, mercato del lavoro manageriale, diritto societario). 15 Le possibili definizioni di Corporate Governance Nel quarto quadrante si collocano quelle definizione di corporate governance che ritengono che l’impresa debba essere governata al fine di soddisfare l’interesse di numerosi stakeholder, e che il processo di governo economico veda l’operare di numerosi elementi interni ed esterni all’impresa. Questa impostazione concepisce le imprese come istituti economico-sociali che, oltre a perseguire l’interesse degli azionisti, devono soddisfare le istanze che provengono da numerose categorie di skateholders. In merito agli organi e alle persone coinvolte nel processo di governo economico, ritengo che il CdA non esaurisca il contenuto di tale attività . In una visione allargata, i meccanismi di corporate governance sono rappresentati dalle strutture e dalle istituzioni che condizionano il comportamento delle imprese e comprendono tra gli altri: 1. La normativa 2. La struttura e il funzionamento del CdA e degli altri organi di governo economico 3. I sistemi di controllo interno 4. I sistemi di ricompensa 16 Le possibili definizioni di Corporate Governance Sintetizzando le quattro definizioni appena presentate, possiamo suddividere gli studi sulle modalità di governo delle imprese in due grandi classi, a seconda che si adotti una concezione “ristretta” o “allargata” della corporate governance: 1. Concezione ristretta: considera rilevanti solo gli interessi degli azionisti e concepisce il CdA come l’organo preposto alla soluzione dei potenziali contrasti tra azionisti e manager; 2. Concezione allargata: concepisce la corporate governance come un insieme di regole, istituzioni, consuetudini e organi formali che presiedono al contemperamento degli interessi dei differenti stakeholder dell’impresa. 17 La concezione ristretta: la teoria dell’agenzia La concezione ristretta tende a focalizzarsi sulle regole di funzionamento degli organi di governo delle grandi imprese con molti azionisti, dove la proprietà (azionisti) delega la gestione ai manager. In questo caso vi è il rischio che i manager non perseguano gli interessi dei proprietari . I proprietari sono tanti piccoli azionisti che non hanno gli strumenti e le informazioni per controllare realmente l’operato dei manager. Qui la corporate governance è vista come lo strumento attraverso il quale i manager sono incentivati a perseguire gli interessi degli azionisti (obiettivo di creazione del valore azionario). 18 Teoria dell’agenzia Con questa teoria si riconosce la sussistenza di un mandato fiduciario conferito dagli azionisti al manager per la gestione dell’impresa. In base a tale mandato si afferma il dovere del manager (agent) di agire nell’interesse della proprietà (principal) Poiché lo scopo dell’investimento è la massimizzazione del ritorno economico, il manager dovrebbe assumere tutti quei comportamenti che possano condurre all’ottenimento di tale risultato. ------------------------------------------ Presuppone che: 1. Esiste l’ Homo Economicus: individualista e opportunista 2. Gli attori economici sono razionali e cercano di massimizzare la propria utilità individuale L’obiettivo è la massimizzazione delle utilità per gli shareholder (azionisti) 3. 19 Il rischio: divergenza di interesse Se gli interessi del principale e dell’agente coincidono, non sussistono problemi di agenzia perché per entrambi i soggetti accresce il tornaconto personale. I costi di agenzia si verificano se gli interessi del principale e dell’agente divergono 20 Costi dell’agenzia Per il principale è molto difficile conoscere ex ante quali agenti saranno particolarmente individualisti, conseguentemente sarebbe opportuno limitare potenziali perdite Sostenere perdite derivanti da interesse divergenti impone un sistema di controllo da implementare nei confronti dell’agente L’obiettivo è ridurre i costi di agenzia che possono gravare sul principale, attraverso la creazione di un sistema interno di controllo sull’operato dell’agente 21 I limiti della struttura di controllo Per proteggere gli interessi degli shareholder (possessori di quote societarie), minimizzare i costi di agenzia e assicurare un allineamento tra gli interessi del principale e dell’agente, gli studiosi hanno individuato diversi meccanismi di governance Tuttavia, il modello dell’agente rimane di tipo opportunistico e il meccanismo di controllo non potrà mai essere perfetto Coloro che sposano questa teoria sottolineano che, benché il controllo non possa mai essere totale, esistono forme di intermedie dello stesso, che consistono nella delega e nel successivo controllo dell’operato, con l’obiettivo di minimizzare i potenziali abusi della delega. 22 I limiti della teoria dell’agenzia 1) La teoria si concentra sul fatto che il management si occupa solo degli interessi degli azionisti 2) Si presuppone il riconoscimento di una motivazione esclusivamente economica al vertice dell’impresa che, se non allineata, potrebbe far divergere gli interessi dell’agente da quelli del principale Questo non è corrispondente alla realtà in quanto intorno all’impresa ruotano molte altre persone, i cui diritti e interessi devono essere ugualmente tutelati Esistono altre motivazioni che rientrano nella razionalità di una persona: altruismo, gratificazioni morali, etc. 23 La concezione allargata: la teoria dei Stakeholder La concezione allargata tiene conto del fatto che la separazione tra proprietà e controllo avviene solo nei casi di imprese quotate e di grandi dimensioni. Nella realtà, moltissime imprese non hanno questi “problemi” perché hanno una proprietà concentrata. È necessario considerare che le imprese non possono avere come unica preoccupazione l’obiettivo di creazione di valore azionario: esse devono anche soddisfare le attese di vari stakeholder. Dunque, i processi di corporate governance comprendono,, oltre agli organi interni, anche quelli esterni (insieme di norme applicabili alle imprese, organismi e istituzioni di controllo ecc.) 24 Le teorie a confronto Teoria dell’agenzia Teoria degli stakeholder Management titolare di un rapporto fiduciario esclusivo con la proprietà Management titolare di un rapporto multifiduciario esclusivo con tutti gli stakeholder 25 Gli stakeholder È realistico un trattamento egualitario con i diversi stakeholder? No, perché: 1. Non tutti gli stakelhoder hanno lo stesso potere d’influenza. La distribuzione del potere d’influenza tende a variare in base alle contingenze 2. La rilevanza degli stakeholder si basa su: - legittimazione - potere - urgenza 26 Gli stakeholder La teoria degli stakeholder deve essere interpretata in modo dinamico: - possono mutare i rapporti di importanza tra i vari partecipanti - possono sorgere nuovi stakeholder I rapporti tra gli stakeholder non sono sempre bilaterali, ovvero indipendenti gli uni dagli altri (es. decisione outsourcing manutenzione) 27 La teoria degli stakeholder Come dovrà essere esercitata l’azione di governo? 1) 2) 3) individuare gli st. valutarne il peso rispetto allo sviluppo futuro della gestione adottare la strategia idonea a creare comunanza di interessi Azione restrittiva Azione estensiva Stakeholder è chi intrattiene Stakeholder sono tutti i gruppi rapporti contrattuali con l’impresa che possono influenzare o essere influenzati 28 Stakeholder primari e secondari 29 Criticità della teoria Sul piano normativo: impossibilità di trattare in modo equo tutti gli stakeholder La molteplicità degli obiettivi che essa sostiene, ovvero curare gli interessi di tutti gli stakeholder , finisce per non dare nessuna guida sul come ottenere questo risultato. 30 In conclusione È importante, quando si parla di governance aziendale, adottare un approccio multidisciplinare nel senso che. da un lato, si considera come rilevare l’interesse di numerosi stakeholder, diversi dagli azionisti; dall’altro, si sostiene che i processi di corporale governance comprendono, oltre alle strutture e ai meccanismi interni all’impresa (come l’assemblea degli azionisti, il consiglio di amministrazioni ecc.): 1) il comportamento di istituti esterni (come l’autorità di controllo sulla borsa, le società di revisione ecc.); 2) il funzionamento dei mercati in cui essa opera (come il mercato dei prodotti finiti e dei fattori produttivi, il mercato finanziario ecc.); 3) i valori e le consuetudini che caratterizzano la cultura nazionale; 4) la normativa relativa ai diritti e ai doveri delle diverse categorie di soggetti che partecipano all’impresa. 31 Per chi deve creare valore un’impresa? Parte Prima- cap.2 La creazione del valore Un’impresa è un insieme di attività articolate in processi che, mediante l’impiego di risorse, crea valore per tutti i suoi stakeholder. Per chi crea valore l’impresa Le dimensioni del valore PER VALORE È…. I Clienti ottenere “esperienze” di acquisto e di consumo di beni e servizi soddisfacenti I Dipendenti ricevere una ricompensa economica e non (affermazione personale, sociale, prestigio, ecc.) dal lavoro svolto Gli Shareholder ricavare una remunerazione soddisfacente dall’investimento effettuato L’impresa conseguire un incremento soddisfacente delle risorse (materiali ed immateriali) impegnate nello svolgimento delle performance Gli Altri Stakeholder acquisire risorse (monetarie, di conoscenza e di fiducia) dalle interazioni con l’impresa e i dipendenti, in misura soddisfacente La Società (Collettività) ottenere un miglioramento in termini di sviluppo sostenibile e di risorse a disposizione della comunità L’impresa e il valore L’impresa produce ricchezza e la distribuisce ai vari soggetti che contribuiscono al suo sviluppo La performance di impresa è condizionata dal sistema di diritti e di obblighi che la lega ad ogni stakeholder. Tali obblighi sono stabiliti ex-ante ma influenzano l’efficienza ed i risultati ex post Le imprese che ottengono performance soddisfacenti nel lungo periodo sono quelle che riescono a creare un sistema di diritti e di obblighi che consente loro non solo di attrarre gli stakeholder ma anche di garantire un equilibrio dinamico tra contributi e ricompense. Tale equilibrio dipende da: a) incentivi ex ante a investire in alcune attività o a ricercare potere per alterare le ricompense ex post b) l’efficienza che caratterizza il processo di contrattazione ex post (presenza di asimmetria informative) c) il livello e la distribuzione del rischio tra i partecipanti. Come valutare il valore di diversi stakeholder? L’integrazione tra i soggetti presenta alcuni ostacoli. Essi sono: Difficoltà a stimare il contributo fornito dal singolo stakeholder alla produzione complessiva dell’impresa (rischi di quasi rendita) Tensione verso comportamenti opportunistici ed egoistici (rispetto al superiore bene aziendale) da parte di alcuni soggetti presenti in azienda Per rispondere a questi “ostacoli” sono state proposte diverse impostazioni basate su schemi teorici, in particolare Teoria della creazione di valore per gli azionisti Teoria degli stakehoder La creazione di valore per gli azionisti I diritti di governo economico ( controllo dell’impresa) devono essere attribuiti ai conferenti di capitale di rischio e l’impresa deve porsi l’obiettivo di massimizzare il ritorno economico dell’investimento degli azionisti Ciò si motiva per due ragioni: I conferenti di capitale di rischio sono l’unica categoria di stakeholder che, a differenza delle altre. È remunerata in via residuale (facendosi carico del rischio imprenditoriale) Gli investitori sono più facilmente soggetti a espropriazione da parte del management In sintesi gli azionisti sono l’unica categoria di stakeholder che non può fare ricorso a nessuna protezione contrattuale e che, di conseguenza, per entrare in relazione con l’impresa, è costretta a richiedere un premio per il rischio di esproprio molto elevato. Ipotesi implicite nella teoria della creazione di valore per gli azionisti Il principio della creazione di valore per gli azionisti si fonda su una serie di assunti, così riassumibili: La massimizzazione del valore per gli azionisti conduce alla massimizzazione del valore complessivamente creato dall’impresa e, di conseguenza, rappresenta un obiettivo valido anche dal punto di vista della società nel suo complesso; I mercati finanziari sono efficienti, cioè attribuiscono alle azioni il loro reale valore e, di conseguenza, la performance azionaria di un’impresa è la migliore misura possibile del valore creato per gli azionisti; L’obiettivo di massimizzazione del valore azionario consente di disciplinare il management, perché lo incentiva a perseguire una sola misura di performance orientata al futuro; I manager e gli amministratori tendono a massimizzare il valore azionario dell’impresa se la loro retribuzione è fortemente collegata al valore delle azioni sul mercato; Il mercato per il controllo societario disciplina il comportamento dei manager perché, in caso di performance aziendali non soddisfacenti, gli investitori esterni possono acquisire il controllo dell’impresa attraverso il meccanismo della scalata ostile; Il diritto societario statunitense, a eccezione di un limitato numero di norme, richiede la supremazia degli azionisti sugli altri stakeholder. La separazione tra proprietà e controllo: problemi creati…. La dispersione della struttura azionaria (tanti, piccoli azionisti), genera due macrocategorie di problemi: La separazione tra proprietà e controllo, che si verifica quando i conferenti di capitale di rischio, sono molto numerosi e possiedono quote di capitali troppo ridotte per poter esercitare un controllo quotidiano sull’operato del management; Le dimensioni ridotte delle quote di capitale di rischio possedute dagli azionisti disincentivano tali soggetti a controllare il management dell’impresa. Il verificarsi delle due condizioni può determinare la possibilità che il management persegua il la propria utilità personale a danno degli interessi degli azionisti (massimizzazione dell’interesse azionario) e dar vita a comportamenti opportunistici. Opportunismo manageriale Investimenti per incrementare la dimensione aziendale Acquisizioni non sinergiche Investimenti non profittevoli …e possibili rimedi 1. 2. 3. 4. 5. 6. Consiglio di amministrazione in grado di controllare il top management Un mercato per il controllo societario che possa rimuovere il management quando non è in grado di promuovere l’efficienza aziendale Il controllo attivo e costante esercitato da una azionista di riferimento Piani di incentivazione azionaria volti ad allineare l’interesse del top management a quello degli azionisti La definizione di chiari doveri fiduciari dell’amministratore delegato nei confronti degli azionisti, insieme alla possibilità dei conferenti di capitale di intraprendere delle azioni legali collettive votle a sanzionare eventuali decisioni del management contrarie al loro interesse Una struttura finanziaria molto indebitata per incentivare i top manager a impiegare in modo efficiente il flusso di casa prodotto dalla gestione aziendale Corporate Governance: CdA e Sistema di controllo CORPORATE GOVERNANCE CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE SISTEMA DI CONTROLLO 43 CG e Consiglio d’Amministrazione La funzione di governo delle imprese è suddivisa tra una serie di organi rappresentativi dei diversi portatori di interesse: ASSEMBLEA DEGLI AZIONISTI (nomina degli amministratori, approvazione bilancio, attribuzione deleghe al CdA); COLLEGIO SINDACALE (funzione di controllo sul CdA per la tutela degli azionisti) CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE (gestione dell’impresa e attuazione dell’oggetto sociale) 44 Consiglio d’Amministrazione E’ l’organo esecutivo della società a cui è affidato il compito di realizzare le decisioni prese dall’assemblea nel corso delle sue deliberazioni e lo svolgimento dell’attività di impresa. Gioca un ruolo fondamentale nella corporate governance, ha infatti la responsabilità primaria determinare e perseguire gli obiettivi strategici della società o del gruppo a cui fa capo, nonché di sviluppare una politica direzionale, di assumere, supervisionare e remunerare i manager e assicurare la responsabilità giuridica dell'organizzazione di fronte alle autorità. 45 Composizione del CdA • AMMINISTRATORI ESECUTIVI • AMMINISTRATORI NON ESECUTIVI • PRESIDENTE • AMMINISTRATORE INDIPENDENTE • AMMINISTRATORE DELEGATO 46 Ruolo e responsabilità del Consiglio d’Amministrazione e dei consiglieri È l’organo di alta direzione aziendale. Formula le strategie, monitora l’esecuzione e nomina il management. È composto da Presidente, Vicepresidente, Amministratore Delegato, Consiglieri, Consiglieri indipendenti Può istituire al suo interno dei comitati con speciali ambiti di operatività (es. Strategico, Nomine, Direttivo/Esecutivo, Pianificazione, Remunerazione ecc.). . Il Consiglio d’Amministrazione: ruolo e funzioni a) esamina e approva i piani strategici, industriali e finanziari dell’emittente e del gruppo di cui esso sia a capo, il sistema di governo societario dell’emittente stesso e la struttura del gruppo medesimo; b) valuta l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile generale dell’emittente e delle controllate aventi rilevanza strategica predisposto dagli amministratori delegati, con particolare riferimento al sistema di controllo interno e alla gestione dei conflitti di interesse; c) attribuisce e revoca le deleghe agli amministratori delegati ed al comitato esecutivo definendone i limiti e le modalità di esercizio; stabilisce altresì la periodicità, comunque non superiore al trimestre, con la quale gli organi delegati devono riferire al consiglio circa l’attività svolta nell’esercizio delle deleghe loro conferite; d) determina, esaminate le proposte dell’apposito comitato e sentito il collegio sindacale, la remunerazione degli amministratori delegati e degli altri amministratori che ricoprono particolari cariche, nonché, qualora non vi abbia già provveduto l’assemblea, la suddivisione del compenso globale spettante ai membri del consiglio; Il Consiglio d’Amministrazione: ruolo e funzioni e) valuta il generale andamento della gestione, tenendo in considerazione, in particolare, le informazioni ricevute dagli organi delegati, nonché confrontando, periodicamente, i risultati conseguiti con quelli programmati; f) esamina e approva preventivamente le operazioni dell’emittente e delle sue controllate, quando tali operazioni abbiano un significativo rilievo strategico, economico, patrimoniale o finanziario per l’emittente stesso, prestando particolare attenzione alle situazioni in cui uno o più amministratori siano portatori di un interesse per conto proprio o di terzi e, più in generale, alle operazioni con parti correlate; a tal fine stabilisce criteri generali per individuare le operazioni di significativo rilievo; g) effettua, almeno una volta all’anno, una valutazione sulla dimensione, sulla composizione e sul funzionamento del consiglio stesso e dei suoi comitati, eventualmente esprimendo orientamenti sulle figure professionali la cui presenza in consiglio sia ritenuta opportuna; h) fornisce informativa, nella relazione sul governo societario, sulle modalità di applicazione del presente art. 1 e, in particolare, sul numero delle riunioni del consiglio e del comitato esecutivo, ove presente, tenutesi nel corso dell’esercizio e sulla relativa percentuale di partecipazione di ciascun amministratore. Problematiche nello svolgimento del lavoro del CdA Consiglieri esterni Non partecipano al rischio d’impresa Hanno altri interessi Sono spesso eletti su indicazione dell’ad Hanno poche informazioni filtrate dai consiglieri interni (executives) Occorre incrementare l’accoutability manageriale e l’autonomia del cda (più consiglieri esterni, comitati specifici, separare presidente ed AD, selezioni formali per i consiglieri, comitati audit autonomi, valutazione periodica, ecc. ecc.) Mercato e controllo societario Ha il compito di assegnare la proprietà dell’impresa a coloro che le attribuiscono un maggiore valore perché ritengono di poterla gestire in modo più efficiente. Si attiva quando l’impresa non riesce a realizzare una performance azionaria soddisfacente, e un soggetto, interno o esterno a essa, ritiene sia opportuno cambiare gli alti vertici aziendali. La riallocazione del controllo dell’impresa può avvenire attraverso tre meccanismi: 1. 2. 3. La battaglia per le deleghe degli azionisti; Le fusioni amichevoli; Le scalate ostili. La battaglia delle deleghe Battaglia delle deleghe è una tecnica. Con battaglia delle deleghe una società tenta di acquisire il controllo di un’altra azienda operandosi nella raccolta delle deleghe, al fine di conseguire in assemblea la maggioranza dei diritti di voto. Al riguardo ricordiamo che se un unico soggetto possiede la metà più una delle azioni in circolazione rappresentative di una società, allora l'azionista si dirà che è in possesso della maggioranza assoluta del capitale sociale. Le azioni più diffuse in Italia sono quelle ordinarie, ma ci sono anche le azioni di risparmio e le azioni privilegiate. I titolari di azioni ordinarie di una società hanno diritto a partecipare alle Assemblee degli Azionisti ed a votare anche per delega. In base alla capitalizzazione di Borsa ed al settore economico di appartenenza, le azioni di norma fanno parte di specifici indici. Se la capitalizzazione è molto alta allora di norma l'azione viene definita come una Blue Chips. Azionista di riferimento :Large blokholder Un azionista che possiede un elevato numero di azioni ha un forte incentivo a controllare il comportamento del management e ha il potere di sostituirlo in caso di performance azionarie insoddisfacenti. Gli azionisti possono condizionare il comportamento del management della società attraverso due strumenti: nominando loro rappresentanti all’inizio del consiglio di amministrazione; intervenendo in assemblea per influenzare la volontà sociale. Nonostante la presenza di un azionista di riferimento nella compagine sociale potrebbe ridurre i problemi di agenzia tra azionisti e manager, questo non è sufficiente alla sua totale eliminazione, in primis a causa di: L’azionista potrebbe non dedicare sufficiente attenzione all’attività di controllo; L’azionista potrebbe utilizzare il suo potere per migliorare il proprio benessere personale; Allineamento L’allineamento degli interessi tra management ed azionisti si attiva, anche, attraverso sistemi premianti di tipo monetario, vale a dire collegando la retribuzione del management alle performance di mercato dell’azienda. Si tratta di uno degli strumenti utilizzati per risolvere i problemi di moral hazard, divergenza di interessi e asimmetrie informative nelle relazioni tra principale ed agente; Collegano la retribuzione dell’agente al risultato delle sue azioni; Comportano una suddivisione del rischio tra le parti Tali strumenti possono essere riconducibili a due tipologie: I piani di stock option, che attribuiscono al top manager un certo numero di opzioni per acquistare o sottoscrivere entro una certa data titoli azionari della società ad un prezzo prefissato; I piani di stock granting, che assegnano ai manager, a titolo gratuito o a condizioni vantaggiose, un certo numero di azioni dell’impresa. Entrambi i piani collegano la retribuzione del top manager al valore dei titoli della società. Definizione dei doveri fiduciari degli amministratori nei confronti degli azionisti I principali doveri fiduciari sono rappresentati dal dovere di lealtà e dal dovere di comportarsi in modo diligente. Si crea una specifica protezione giuridica Definizione dei doveri fiduciari degli amministratori nei confronti degli azionisti Amministratori e top manager hanno dei doveri fiduciari nei confronti degli azionisti e devono, quindi, agire lealmente nei confronti: Duty of loyalty: si riferisce al dovere di comportarsi in maniera leale; Duty of care: si riferisce al dovere di comportarsi in maniera diligente. Essi costituiscono uno strumento importante che contribuisce ad allineare gli interessi dei manager a quella degli azionisti. Struttura finanziaria indebitata Una struttura finanziaria indebitata costringe i manager a fare fronte ad un costante ed elevato flusso di cassa in uscita e, di conseguenza, limita la presenza di risorse finanziarie in eccesso (free cash flow) e, con essa, la possibilità di intraprendere comportamenti inefficienti. Tale logica è rinforzata laddove vi sia una legge fallimentare che penalizzi il management in caso di insolvenza Struttura finanziaria indebitata La struttura indebitata può creare un conflitto di interessi tra azionisti e creditori generando i seguenti problemi: Asset substitution (gli azionisti accettano maggiori rischi) Si verifica quando il peso dell’indebitamento diventa proporzionalmente molto più grande rispetto a quello del capitale sociale. 1. Morsa debitoria Si verifica quando l’impresa, a causa dell’eccessivo livello dell’indebitamento rispetto al valore totale delle attività aziendali, non è in grado di finanziare investimenti profittevoli. 2. La creazione di valore per gli stakeholder La definizione classica è quella di Freeman: “gli stakeholder sono tutti quegli individui e gruppi ben identificabili da cui l’impresa dipende per la sua sopravvivenza: azionisti, dipendenti, clienti , fornitori, e agenzie governative chiare. In senso più ampio, tuttavia, stakeholder è ogni individuo ben identificabile che può influenzare o essere influenzato dall’attività dell’organizzazione in termini di prodotti, politiche e processi lavorativi. In questo più ampio significato, gruppi di interesse pubblico, movimenti di protesta, comunità locali, enti di governo, associazioni imprenditoriali, concorrenti, sindacati e la stampa, sono tutti da considerare stakeholder”. La mappa degli stakeholder La rilevanza e il peso degli interlocutori variano fortemente da impresa a impresa, da settore a settore e da un contesto socioculturale ad un altro. Per facilitare la creazione di una “mappa degli stakeholder” a cui l’impresa deve fare riferimento, si possono distinguere in: – stakeholder primari; – stakeholder secondari. I primi sono quelli legati da rapporti giuridicamente rilevanti, senza la cui continua partecipazione l’impresa non può sopravvivere come complesso funzionante, tipicamente gli azionisti, gli investitori, i dipendenti, i clienti e i fornitori, insieme a quello che può essere definito il gruppo degli stakeholder pubblici, e cioè governi e comunità che forniscono le infrastrutture, i mercati, le leggi e i regolamenti. Gli stakeholder secondari, invece, sono tutti coloro che esercitano un’influenza sull’impresa, ma che non sono impegnati in transazioni con essa e che non sono essenziali per la sua sopravvivenza. Assunzioni di fondo 1. La massimizzazione di valore per gli azioni non conduce alla massimizzazione del valore complessivamente creato dall’impresa 2. L’efficienza dei mercati finanziari non è supportata da evidenza empirica (si privilegia il breve periodo e le informazioni pubbliche) 3. Massimizzare il valore azionario non permette di disciplinare il management in modo efficace 4. La proliferazione dei piani di incentivazione azionaria non conduce necessariamente alla massimizzazione del valore economico nel medio lungo periodo 5. Il contributo delle scalate ostili al processo di creazione di valore è incerto Stakeholder management: la gestione degli equilibri Il management deve gestire i rapporti con gli stakeholder su tre livelli Livello razionale, in cui si deve comprendere quali aspettative hanno gli interlocutori nei confronti dell’impresa Livello di processo, in cui di devono analizzare i processi aziendali utilizzati per interagire esplicitamente o implicitamente con i diversi stakeholder e deve valutare la loro coerenza con le attese dei portatori di interessi Livello transazionale, in cui si deve analizzare sia le modalità di interazione sia la loro coerenza con quanto emerso nei precedenti livelli di analisi I metodi di valutazione degli stakeholder Criteri per l’identificazione degli stakeholder I metodi di individuazione degli stakeholder Gli stakeholder latenti (1-3) Gli stakeholder in attesa (4-6) Gli stakeholder chiave (7) Chi deve controllare un’impresa? Parte Prima- cap.3 IL PROBLEMA DEL GOVERNO ECONOMICO DELLE IMPRESE: L’EQUILIBRIO TRA CONTRIBUTI E RICOMPENSE Al fine di svolgere in maniera efficace la propria attività, l’impresa coinvolge una pluralità di stakeholder; Essi offrono una pluralità di contribuiti all’azienda e ricevono delle ricompense in cambio del proprio contributo. Come creare il giusto equilibrio tra contributi e ricompense? IL PROBLEMA DEL GOVERNO ECONOMICO DELLE IMPRESE: L’EQUILIBRIO TRA CONTRIBUTI E RICOMPENSE La centralità del problema del governo economico e del contemperamento degli interessi è riconducibile alle seguenti considerazioni: 1. Ogni stakeholder contribuisce al processo di produzione attraverso il proprio contributo e, dall’altra, riceve dall’impresa una remunerazione che rappresenta una parziale distribuzione della ricchezza prodotta; 2. Il meccanismo di governo utilizzato e le modalità di distribuzione della remunerazioni e delle quasi-rendite determinano il valore totale prodotto dall’impresa attraverso l’influenza che esso esercita su: Gli incentivi ex ante a investire in alcune attività o a ricercare potere per alterare la distribuzione delle ricompense ex post L’efficienza che caratterizza il processo di contrattazione ex post Il livello e la distribuzione del rischio tra i partecipanti. IL PROBLEMA DEL GOVERNO ECONOMICO DELLE IMPRESE: L’EQUILIBRIO TRA CONTRIBUTI E RICOMPENSE Il perseguimento del miglior risultato possibile, contemporaneamente per tutti gli stakeholder è ostacolato da un insieme di condizioni riconducibili a due macro-categorie: 1. La difficoltà di stimare il contributo fornito dal singolo stakeholder dell’impresa; 2. La tensione verso comportamenti opportunistici ed egoistici da parte di alcuni soggetti presenti nell’azienda. Una prima soluzione al problema è quella di redigere dei contratti in cui vengono specificati diritti e doveri di ciascun soggetto in ogni possibile situazione: in questo modo non sarebbe necessaria la creazione di organi di governo che sovrintendono le dispute che potrebbero sorgere nel corso della relazione. Ciò, tuttavia comporta: a) La previsione di tutte le contingenze che possono emergere nel corso della relazione contrattuale; b) La descrizione accurata di tali contingenze in modo da determinare in anticipo le conseguenze per i contraenti; c) Riconoscere ex post quali delle circostanze previste si sono verificate. LA RAZIONALITÀ LIMITATA La razionalità limitata degli individui comporta l’impossibilità di prevedere e valutare tutte le possibili contingenze future. Il verificarsi di situazioni non previste, quindi, comporta la necessità di adeguarsi ad esse e, al contempo, la possibilità di porre in essere comportamenti opportunistici, come l’inadempienza contrattuale. Altresì, possono verificarsi problemi di: Moral hazard (comportamenti di tipo egoistico) Adverseselection (avere informazioni sull’operazione prima della chiusura del contratto nel ne pregiudicano il buon esito) I CONTRATTI ‘A PRONTI’ E ‘RELAZIONALI’ L’alternativa ai contratti ‘completi’ è la redazione di contratti ‘apronti’, ossia contratti inflessibili con clausole illimitate che si applicano molto generalmente Tuttavia, è possibile utilizzare tali tipologie di contratto solo quando lo scambio di beni è immediato. I contratti ‘relazionali’, invece, definiscono un accordo tra le parti in cui vengono definite, tra le altre cose, gli obiettivi di fondo, regole applicabili in via generale, meccanismi di risoluzione delle dispute, etc. Anche tali contratti, però, non sono adatti a tutte le situazioni: non permettono, ad esempio, di risolvere in modo efficiente le situazioni di inadempimento contrattuale di un contraente. I LIMITI La razionalità limitata ha due importanti implicazioni: l’impossibilità di concludere ‘contratti completi’; esclude la possibilità di verificare il Teorema di Coase, secondo cui la distribuzione dei diritti di proprietà tra i vari stakeholder non influenza il livello di efficienza complesso, ma determina esclusivamente le modalità di ripartizione dei costi e dei benefici tra gli stessi. I COSTI DI TRANSAZIONE I problemi di corporate governancesi verificano quando: Vi è un potenziale conflitto di interessi tra alcuni soggetti che partecipano all’impresa; Si è in presenza di costi di transazione così elevati da impedire la stipula di contratti ‘completi’ In relazione ai costi di transazione, essi si riferiscono a: Costi per anticipare le eventualità che possono verificarsi nel corso della relazione contrattuale; Costi per negoziare con le controparti le modalità di gestione delle contingenze future. Costi per scrivere piani che possano essere resi operativi da una terza parte al fine di risolvere eventuali dispute che possono sorgere nel corso della relazione contrattuale. I MECCANISMI DI GOVERNO DELLE IMPRESE Data l’impossibilità di stipulare contratti ‘completi’, è indispensabile creare dei meccanismi che creino il giusto equilibrio tra contributi e ricompense. I principali meccanismi efficaci di governo sono: La disponibilità di offerte di mercato alternative: in tal senso, la minaccia di abbandonare l’impresa può scoraggiare il verificarsi di comportamenti opportunistici; L’efficacia dell’ambiente istituzionale: specie in relazione all’influenza che il sistema legale e al magistratura hanno, o possono avere, sull’insorgere di comportamenti opportunistici; L’allocazione dei diritti di controllo: consiste nell’assegnare ad alcuni stakeholder dei diritti di proprietà (residuali) dell’impresa. L’allocazione dei diritti di controllo è fondamentale poiché condiziona le modalità di distribuzione del valore creato dall’impresa. L’ALLOCAZIONE DEI DIRITTI DI CONTROLLO: TEORIA DELLA CREAZIONE DEL VALORE PER GLI AZIONISTI E PER GLI STAKEHOLDER A CONFRONTO Creazione del valore per gli azionisti I diritti residuali di controllo devono essere assegnati ai conferenti di capitale di rischio poiché tali soggetti sono l’unica categoria di stakeholder che è remunerata in via residuale e perché essi sono più a rischio di espropriazione da parte del management. Creazione del valore per gli stakeholder Le imprese non possono privilegiare una categoria di stakeholder a danno delle altre, ma devono contemperare i diverso interessi che in esse convergono. L’ALLOCAZIONE DEI DIRITTI DI CONTROLLO: UNA TEORIA ‘CONTINGENCY’ Gli stakeholder di un’azienda forniscono il proprio contributo all’impresa e, nel tempo, valutano l’equità del contributo apportato alla ricompensa che ottengo. In tal senso: Se tale ricompensa è considerata equa rispetto al contributo fornito, essi saranno incentivati a fornire in maniera efficiente il proprio contributo; Al contrario, se ritengono il proprio contributo ben al di sopra della ricompensa che ricevono, saranno incentivati a rimodulare il proprio contributo per allinearlo alla ricompensa e, in casi estremi, ad abbandonare l’azienda. Ciò significa che il criterio guida per l’attribuzione di diritti/doveri di governo economico dell’impresa è dato dal livello di ‘criticità’ del contributo L’ALLOCAZIONE DEI DIRITTI DI CONTROLLO: L’INCOMPLETEZZA CONTRATTUALE Quando il contributo apportato dagli individui è definito ‘ad alta complessità’, risulta ancora più difficile stabilire ex anteo anche aggiustare ex post, la giusta remunerazione. Si possono verificare, in particolar modo, problemi legati ad asimmetrie informative o comportamenti opportunistici: selezione avversa, a causa della diversità delle informazioni in possesso dall’impresa e dall’individuo a cui si chiede di apportare il proprio contributo; azzardo morale, a causa dell’impossibilità di verificare il comportamento degli stakeholder. L’ALLOCAZIONE DEI DIRITTI DI CONTROLLO: L’ASSUNZIONE DI INCERTEZZA E L’APPORTO DI RISORSE E COMPETENZE SCARSE L’attività imprenditoriale è, per definizione, ad alto rischio; al contrario, le persone sono avverse al rischio e sono disposte a pagare una somma di denaro per assicurarsi contro il rischio. Tra tutte le categorie di stakeholder, gli azionisti sono quelli che assumono il rischio d’impresa: forniscono il capitale di rischio e ricevono una remunerazione solo se il valore creato dall’impresa in un dato periodo supera i costi che essa sostiene. Alcuni stakeholder, inoltre, apportano dei contributi difficilmente sostituibili. Ciò può causare una improvvisa compromissione dell’equilibrio economico-finanziario nel momento in cui tale contributo viene a mancare. UN APPROCCIO DINAMICO DI TIPO ‘CONTINGENCY’ Date le criticità affrontate finora, il problema dell’efficiente attribuzione dei diritti di governo economico deve essere affrontato e risolto con un approccio di tipo contingency, che consideri: Le caratteristiche del contributo fornito dai vari stakeholder a una specifica impresa, poiché lo stesso tipo di contributo può assumere un differente grado di criticità in aziende differenti; La dinamicità che caratterizza i contributi e le attività economiche di ogni impresa, poiché coloro che dovrebbero governare una specifica azienda in un dato momento potrebbero non essere altrettanto adeguati a governare la stessa una volta che questa si trovi in una situazione completamente differente da quella originaria. ASSETTO ISTITUZIONALE: LA LEGISLAZIONE VIGENTE Le norme di diritto commerciale in vigore nella maggior parte dei paesi capitalistici hanno consolidato un modello di assetto istituzionale secondo cui solo i possessori di quote del capitale di rischio hanno il diritto/dovere di nominare i propri rappresentanti nel consiglio d’amministrazione dell’impresa. Ciò comporta: dei vantaggi pratici, dovuti a: il fatto che evita la definizione, di volta in volta, degli stakeholder ‘critici’ (ed i problemi di comportamenti opportunisticiannessi), il fatto che l’assegnazione dei diritti proprietari agli azionisti comporti bassi costi di esercizio di tali diritti; il fatto che il diritto di governare comporti anche il diritto di ricevere il rendimento residuale in tioli al portatore scambiabili sul mercato. dei limiti, dovuti prevalentemente al fatto che, oltre agli azionisti, altre categorie di stakeholder ricevono implicitamente il rendimento residuale e partecipano al rischio d’impresa, sia in caso di fallimento che durante la gestione ordinaria. IL CONTEMPERAMENTO DEGLI INTERESSI Quando gli stakeholder ‘critici’ non desiderano acquisire quote di capitale di rischio dell’impresa, una soluzione ai limiti precedentemente esposti può consistere in un cosiddetto contratto ‘implicito’, secondo cui la risoluzione dei problemi che si presentano di volta in volta, deve ispirarsi ad un principio di equa suddivisione dei costi e dei benefici. L’applicazione costante di tale criterio, influisce positivamente sull’azienda che, così, ha l’opportunità di crearsi una reputazione di equità ed una forte solidità culturale dell’azienda stessa. LE STRATEGIE ISTITUZIONALI Un’altra soluzione, ancora, consiste nell’attribuire parte dei diritti proprietari degli azionisti agli stakeholder e forniscono un contributo ‘critico’ In questo modo, tali soggetti, possono partecipare alle decisioni di governo e ricevere una parte del risultato aziendale Tali strategie vengono definite ‘istituzionali’ e: possono consentire ad alcuni soggetti di espropriare delle ricompense altri stakeholder in virtù dei contributi che essi forniscono all’impresa; possono contribuire a creare un equilibrio dinamico ed efficiente tra i contributi forniti e le ricompense ricevute dai vari stakeholder. LE STRATEGIE ISTITUZIONALI Le strategie istituzionali possono essere di 5 tipi e far riferimento a: La scelta della forma giuridica ottimale; L’attribuzione delle quote di capitale di rischio; La cooptazione all’interno degli organi di governo economico; La creazione di organi di governo supplementari; La partecipazione al rendimento ottimale. LA SCELTA DELLA FORMA GIURIDICA OTTIMALE Ogni forma giuridica (società di persone, società di capitali, cooperativa, partnership, etc.) configura differenti insiemi di diritti e di responsabilità in capo ai conferenti di capitale di rischio e agli altri stakeholder che partecipano all’impresa Il primo tipo di strategia istituzionale che le imprese possono adottare consiste quindi nella scelta di quella forma societaria che meglio consente di soddisfare gli interessi degli stakeholder che forniscono un contributo “critico” all'impresa. L’ATTRIBUZIONE DELLE QUOTE DI CAPITALE DI RISCHIO Un secondo tipo di strategia istituzionale consiste nell’assegnare agli stakeholder che forniscono contributi “critici” quote rappresentative del capitale di rischio dell’impresa, al fine di farli partecipare al rendimento residuale e alla determinazione delle principali decisioni di governo economico. I principali vantaggi: attribuisce agli stakeholder pieno diritto di governo economico I principali limiti: implica l’assunzione di una parte del rischio economico che grava sull’impresa; occorre limitare il numero delle categorie di stakeholder a cui attribuire i diritti proprietari per non amplificare i problemi legati all’assunzione di decisioni collettive. LA COOPTAZIONE ALL’INTERNO DEGLI ORGANI DI GOVERNO ECONOMICO Chi governa l'impresa può nominare all’interno di un organo di governo economico, solitamente il consiglio di amministrazione, gli stakeholder che forniscono un contributo “critico” o loro rappresentanti, se questi sono molto numerosi. Vantaggi: flessibilità, perché assegna agli stakeholder cooptati diritti e responsabilità per un periodo di tempo limitato. Limiti: il reale potere di influenza dei soggetti cooptati sulle principali decisioni aziendali è fortemente limitato. LA PARTECIPAZIONE AL RENDIMENTO Un’ultima strategia istituzionale consiste nel fare partecipare gli stakeholder che forniscono un contributo “critico” alla distribuzione del rendimento residuale. La distribuzione del rendimento residuale in corso di formazione agli stakeholder che forniscono contributi “critici” incentiva una maggiore collaborazione ed efficienza, poiché permette ad essi di beneficiare direttamente dei vantaggi derivanti dalla creazione di un cultura aziendale basata su tali valori. Vantaggi: Limitare il numero di stakeholder coinvolti nel governo Limiti: il rendimento residuale può essere espropriato prima che si realizzi. La coerenza tra strategia, proprietà e governance Parte Prima- cap.4 La relazione tra strategia, proprietà e governance L’ambiente competitivo L'ambiente competitivo è il settore o l'insieme dei settori in cui l'impresa compete. L'ambiente competitivo può essere analizzato utilizzando un insieme di variabili: - la rilevanza delle economie di scala; - la rilevanza delle economie di scopo; - il grado di internazionalizzazione; - il grado di integrazione verticale; - il grado di competitività; - il grado di regolamentazione. L’ambiente istituzionale L'ambiente istituzionale comprende un insieme di variabili come ad esempio il sistema legale o la cultura di un paese. L'ambiente istituzionale può essere analizzato utilizzando un insieme di variabili come ad esempio: - i diritti legali degli stakeholders (azionisti, creditori, dipendenti, fornitori di beni e servizi, ecc.); - l'efficienza del sistema giudiziario; - i valori prevalenti delle persone in merito alla lealtà o all'opportunismo, l'avversione o la propensione verso il rischio, l'individualismo verso il senso di collettività, ecc.. La strategia La strategia è l'insieme delle attività svolte da un'impresa, in seguito alle decisioni prese a livello corporate e business. La strategia di un'impresa può essere analizzata utilizzando un insieme di variabili come ad esempio: - la dimensione; - il grado di diversificazione; - il grado di internazionalizzazione; - il grado di integrazione verticale; - l'intensità della relazione con altre imprese. L’assetto proprietario L'assetto proprietario è la allocazione dei diritti proprietari (diritti residuali di controllo e diritti di rendimento residuale) tra gli stakeholders dell'impresa. L'assetto proprietario può essere analizzato utilizzando un insieme di variabili come ad esempio: - le classi di stakeholders con diritti proprietari; - il numero di stakeholders con diritti proprietari; - il grado di concentrazione dei diritti proprietari; - il grado di separazione tra i diritti residuali di controllo e i diritti al rendimento residuale; - le relazioni azionarie con altre imprese. Le strutture e i meccanismi di governance Le strutture e i meccanismi di governance sono i processi attraverso cui i diritti proprietari (diritti residuali di controllo e diritti al rendimento residuale) sono esercitati. Le strutture e i meccanismi di governance possono essere analizzati utilizzando un insieme di variabili: - il numero di organi di governance; - la composizione, la struttura e il funzionamento degli organi di governance; - i principi che guidano la gestione della relazione con i vari stakeholders; - le regole e i processi attraverso cui l'impresa distribuisce il rendimento residuale ai propri stakeholders. Esempi di configurazione di assetti proprietari Le strutture e i meccanismi di governance Le strutture e i meccanismi di governance I principali filoni di studio della relazione S-P-G I principali filoni di studio della relazione S-P-G Gli archetipi di imprese Gli archetipi di imprese Gli archetipi di imprese Gli archetipi di imprese La public company Le grandi imprese quotate con azionisti di riferimento Le imprese non quotate Le cooperative di produzione e lavoro Le partnership professionali Istituti no profit Imprese a controllo statale Gruppi piramidali I modelli di capitalismo Parte Seconda- cap.5 Gli studi sui diversi capitalismi Alla fine degli anni '80 la crisi del sistema economico statunitense ha spinto accademici, politici e uomini di affari ad analizzare le caratteristiche e l'efficacia delle istituzioni economiche sviluppate a livello paese. Questi studi hanno mostrato che ogni sistema economico ha caratteristiche uniche a causa dello sviluppo di istituzioni sociali e culturali a livello di sistema paese. Ciò nonostante, due sistemi economici sembrano contrapporsi: - il modello anglosassone; - il modello tedesco - giapponese. Gli studi sui diversi capitalismi I sistemi economici o i vari capitalismi differiscono tra loro sotto diverse dimensioni: a) struttura proprietaria (grado di concentrazione e soggetti che detengono le azioni); b) relazioni tra le imprese (competitive vs. collaborative); c) consiglio di amministrazione (composizione e interessi considerati nei processi di governance); d) ruolo dei mercati dei capitali (nella allocazione delle risorse finanziarie e di controllo); e) metodo di risoluzione delle crisi (dall'interno o dall'esterno). Il modello anglosassone Il modello anglosassone è definito "market oriented" o "outsider system" per il ruolo del mercato dei capitali nel disciplinare i manager. La tipica impresa è la public company, un'impresa: - le cui azioni sono detenute da numerosi azionisti; - in cui nessun azionista detiene il controllo; - in cui c'è la concreta possibilità che uno scalatore possa acquisirne il controllo sul mercato. La struttura azionaria della grandi imprese quotate La capitalizzazione in borsa in % sul PIL Il modello tedesco giapponese Il modello tedesco / giapponese è definito "network oriented" o "insider system" per la stretta relazione fra le imprese e l'alto livello di concentrazione azionaria. La tipica impresa è il gruppo finanziario - industriale, che presenta partecipazioni reciproche tra: - imprese industriali; - banche; - compagnie assicurative. La struttura azionaria delle imprese quotate La % dei diritti di voto del primo azionista I diritti degli azionisti in diversi Paesi I principali investimenti dei fondi pensione Le principali differenze tra i due modelli Le principali differenze tra i due modelli Le principali imprese italiane Ad un livello di prima approssimazione, le imprese italiane possono essere classificate all’interno di uno dei seguenti tipi di impresa: 1. le piccole e medie imprese famigliari indipendenti; 2. le piccole e medie imprese aggregate nella forma di costellazioni e localizzate prevalentemente all’interno dei distretti; 3. i grandi gruppi piramidali controllati da singole famiglie o da coalizioni di azionisti; 4. le grandi imprese e i grandi gruppi controllati dallo Stato e dagli enti locali; 5. le cooperative e i consorzi; 6. le filiali delle multinazionali estere; 7 . gli istituti no profit Sono assenti o particolarmente rare le public companies e i gruppi misti industriali e finanziari. Le principali imprese italiane Le principali imprese italiane Organi di governance nei tre sistemi SISTEMA TRADIZIONALE SISTEMA DUALISTICO SISTEMA MONISTICO Modello tradizionale Art. 2380 C.C. “Se lo Statuto non dispone diversamente, l’amministrazione e il controllo della società sono regolati” come segue: Assemblea dei soci Consiglio di amministrazione Collegio Sindacale Revisore legale o Società di revisione/Collegio Sindacale* Organo amministrativo Organo di controllo Funzione di controllo contabile *Nel solo caso di società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e che non sono tenute alla redazione del bilancio consolidato Modello tradizionale Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il controllo contabile è obbligatoriamente effettuato da una società di revisione. Le società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e non sono obbligate alla redazione del bilancio consolidato possono prevedere nello statuto che il controllo contabile sia effettuato dal collegio sindacale che, in tal caso, deve essere integralmente formato da revisori iscritti nel registro citato. Modello tradizionale Comporta la presenza di un organo di gestione (amministratore unico o consiglio di amministrazione), di un organo di controllo (collegio sindacale) e di un revisore (persona fisica o società di revisione), iscritto nel registro istituito presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, a cui sia affidato il controllo contabile. Modello tradizionale L’organo amministrativo: nomina L'organo amministrativo delle società per azioni può avere sia una struttura individuale, amministratore unico, sia una struttura collegiale, consiglio di amministrazione. Il numero degli amministratori è fissato dallo statuto che può anche limitarsi a indicare un numero minimo e massimo; in tal caso sarà l'assemblea che procede alla nomina a fissare di volta in volta il numero degli amministratori. Gli amministratori possono essere soci o non soci. Lo statuto può prevedere dei requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza, anche con riferimento a quanto prevedono le leggi speciali per gli amministratori che svolgono determinate attività (bancaria, assicurativa, ecc.). Modello tradizionale L’organo amministrativo: nomina Sono previste le seguenti cause di ineleggibilità e incompatibilità: Soggetti Interdetto giudiziale Inabilitato Cause di ineleggibilità Fallito Interdetto legale (interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o incapacità ad esercitare uffici direttivi) Impiegati civili dello Stato Agenti di cambio Professori universitari di ruolo Cause di incompatibilità assoluta Notai Avvocati Parlamentari Componenti del CSM eletti dal Parlamento Presidente e membri della Consob Sindaco della medesima società Cause di incompatibilità relativa (riferita al rapporto fra soggetto e società) Socio illimitatamente responsabile in società concorrenti Chi esercita, per conto proprio o di terzi, attività concorrente Amministratori o direttori generali in società concorrenti Modello tradizionale La durata in carica: gli amministratori possono restare in carica per un periodo massimo di tre esercizi. Sono però rieleggibili se l'atto costitutivo non prevede diversamente. Modello tradizionale L’organo amministrativo: cause di cessazione e sostituzione degli amministratori Revoca da parte dell'assemblea, che può essere deliberata liberamente in ogni tempo, salvo il diritto degli amministratori al risarcimento dei danni se non sussiste una giusta causa Rinuncia (dimissioni) da parte degli amministratori stessi Decadenza dall'ufficio, ove sopravvenga una delle cause di ineleggibilità Morte 138 Modello tradizionale Il ruolo: L'organo amministrativo ha il compito di gestire la società nei limiti dell'oggetto sociale e di rappresentarla nei rapporti con i terzi con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze. La gestione dell’impresa spetta esclusivamente agli amministratori che possono compiere tutte le azioni necessarie al perseguimento dell’oggetto sociale. Essi possono compiere, quindi, tutti gli atti strumentali all'attività economica della società, necessari o utili al soddisfacimento delle esigenze che possono sorgere nel corso dell'attività sociale, oppure utili anche solo in via mediata e indiretta alla società. Gli amministratori che pongano in essere atti estranei all'oggetto sociale possono essere revocati per giusta causa oppure possono essere soggetti a una azione di responsabilità o a una denuncia al collegio sindacale o al tribunale. Modello tradizionale La realizzazione dell'oggetto sociale presuppone che l'organo amministrativo ponga in essere una serie di attività che permettano sia il regolare funzionamento interno della società , sia di raggiungere gli obiettivi economici che la società si pone. A tal fine la legge, da un lato conferisce all'organo amministrativo una competenza generale a compiere tutti gli atti che la legge e lo statuto non attribuiscono ad altri organi sociali, e dall'altro pone a carico degli amministratori una serie di obblighi e divieti: Modello tradizionale: dettaglio delle attività del ruolo amministrativo Obblighi Divieti Tenere i libri obbligatori della società Esercitare un'attività concorrente per conto proprio o di terzi o assumere la qualità di soci illimitatamente responsabili in società di persone concorrenti Redigere il bilancio d'esercizio e la relazione sulla gestione Emettere nuove azioni prima che siano liberate quelle sottoscritte Convocare l'assemblea nelle ipotesi previste dalla legge Acquistare azioni della società amministrata in violazione alla legge o sottoscrivere per la società azioni proprie al di fuori dell'esercizio del diritto di opzione Sostituire gli amministratori cessati Concedere prestiti o fornire garanzie per l'acquisto e la sottoscrizione di azioni della società amministrata Comunicare la rinuncia all'ufficio di amministratore Sottoscrivere per la società azioni o quote della società controllante Permettere al collegio sindacale di svolgere l'attività di controllo Rappresentare i soci in assemblea Rispettare gli adempimenti pubblicitari (registro delle impresa e REA) Esercitare il voto nelle deliberazioni assembleari riguardanti la propria responsabilità Controllare la stima dei conferimenti in natura Influenzare illecitamente la formazione della maggioranza assembleare Agire contro il socio inadempiente Compiere operazioni per le quali abbia un proprio interesse al di fuori della delibera consiliare Rispettare i termini legali nell'esecuzione di riduzioni di capitale e operazioni straordinarie Compiere atti di gestione che non siano espressamente diretti alla conservazione del patrimonio sociale, dopo il verificarsi di una causa di scioglimento. Richiedere il fallimento quando la società sia in stato di insolvenza per non aggravare il dissesto Utilizzare a vantaggio proprio o di terzi dati, notizie o opportunità di affari appresi nell'esercizio dell'incarico Consegnare i beni e i documenti sociali ai liquidatori ed effettuare gli adempimenti di legge al verificarsi di una causa di scioglimento della società Ripartire utili o acconti sui dividendi: · non realmente conseguiti o non risultanti da un bilancio approvatoregolarmente; · se, dopo una perdita del capitale, questo non sia reintegrato o ridotto Compiere atti che, in base alla legge, costituiscono reati societari Modello tradizionale Il collegio sindacale: composizione e ruolo E’ composto da 3 o 5 membri effettivi, soci o non soci. Devono essere nominati 2 sindaci supplenti. Almeno un membro effettivo e uno supplente devono essere iscritti nel registro dei revisori legali istituito presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze. I restanti membri devono essere scelti fra gli iscritti negli albi individuati con decreto del ministero o fra i professori universitari di ruolo in materie economiche giuridiche. Restano in carica per 3 esercizi. Modello tradizionale Il collegio sindacale: composizione e ruolo Vigila sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e, in particolare, sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento. Nel caso in cui la società non faccia ricorso al mercato del capitale di rischio e non sia tenuta al bilancio consolidato e lo statuto preveda che il controllo contabile sia svolto dal collegio sindacale, tutti i membri devono essere iscritti al registro dei revisori. Modelli di amministrazione e controllo: il Sistema Monistico Art. 2409 - sexiesdecies C.C. “Lo Statuto può prevedere che l’amministrazione e il controllo”della società siano regolati come segue: Assemblea dei soci Consiglio di amministrazione Organo amministrativo Comitato per il controllo sulla gestione Organo di controllo Revisore legale o Società di revisione Funzione di controllo contabile Il Sistema Monistico Consiglio di Amministrazione Al consiglio si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste per gli amministratori nel sistema tradizionale. Nel sistema monistico al consiglio è attribuita l’ulteriore competenza della determinazione del numero e della nomina dei componenti del comitato per il controllo della gestione . Le attività del consiglio sono equivalenti a quelle previste per lo stesso organo nel modello tradizionale . Non è prevista la figura dell’Amministratore Unico. Comitato per il controllo sulla gestione Le funzioni di controllo della società sono affidate al comitato per il controllo sulla gestione a cui si applicano le norme previste per il collegio sindacale Il comitato: vigila sull’adeguatezza della struttura organizzativa della società, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo e contabile svolge i compiti ulteriori che gli possono venir assegnati dal consiglio di amministrazione (in particolare i rapporti con i soggetti incaricati del controllo contabile) Comitato per il controllo sulla gestione Il comitato per il controllo della gestione è nominato dal consiglio di amministrazione. Nelle società che ricorrono al mercato del capitale di rischio non può essere inferiore a tre. Il comitato è composto da amministratori in possesso dei requisiti di onorabilità e professionalità stabiliti dallo statuto e dei requisiti di indipendenza previsti per i sindaci nel modello tradizionale. Almeno uno dei suoi componenti deve essere scelto fra gli iscritti nel registro dei revisori legali. I suoi componenti non devono essere membri del comitato esecutivo né avere deleghe o rivestire cariche in società controllanti o controllate. Al suo interno il comitato elegge il presidente a maggioranza assoluta. Modelli di amministrazione e controllo: il Sistema Dualistico Art. 2409 - octies C.C. “Lo Statuto può prevedere che l’amministrazione e il controllo”della società siano regolati come segue: Assemblea dei soci Consiglio di gestione Consiglio di sorveglianza Revisore legale o Società di revisione Organo amministrativo Organo di controllo Funzione di controllo contabile Modello dualistico SISTEMA DUALISTICO Consiglio di Gestione Si occupa in via esclusiva della gestione dell’impresa e del compimento degli atti necessari all’attuazione dell’oggetto sociale. E’ composto da almeno due membri anche non soci . I primi componenti sono nominati nell'atto costitutivo; durante la vita societaria sono invece nominati dal consiglio di sorveglianza. Lo statuto può prevedere che alcuni membri vengano nominati dallo Stato o da un ente pubblico o anche dai possessori di strumenti finanziari partecipativi. Non può essere consigliere di gestione chi è membro del consiglio di sorveglianza. I componenti restano in carica per un periodo non superiore a tre esercizi (scadono alla data della riunione del consiglio di sorveglianza convocato per l’approvazione del bilancio relativo all’ultimo esercizio della loro carica). Possono essere rieletti, sempre che lo statuto non preveda diversamente. Consiglio di Sorveglianza Il consiglio di sorveglianza assomma i poteri dell’organo di controllo e, per certi versi, dell’assemblea ordinaria. Nomina e revoca i componenti del consiglio di gestione: approva il bilancio d'esercizio redatto dal consiglio di gestione e, ove previsto, il bilancio consolidato. Vigila sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e in particolare sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento. Presenta la denuncia al tribunale di cui all'art. 2409 codice civile. Riferisce per iscritto almeno una volta all'anno all'assemblea sull'attività di vigilanza svolta, sulle omissioni e sui fatti censurabili. Se previsto dallo statuto, delibera in ordine ai piani strategici, industriali e finanziari predisposti dal consiglio di gestione. Controllo contabile e di revisione Il controllo legale dei conti è esercitato da un revisore legale o da una società di revisione iscritti nel registro istituito presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze. Lo statuto delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e che non siano tenute alla redazione del bilancio consolidato può prevedere che il controllo contabile sia esercitato dal Collegio sindacale (costituito da revisori legali iscritti nel registro istituito presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze) Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il controllo contabile è esercitato da una società di revisione iscritta nel registro dei revisori legali, la quale, limitatamente a tali incarichi, è soggetta alla disciplina dell’attività di revisione prevista per le società con azioni quotate in mercati regolamentati e alla vigilanza della Consob. Nelle società a responsabilità limitata il controllo legale dei conti è esercitato dal Collegio sindacale, a meno che lo statuto non stabilisca la nomina di un revisore legale o di una società di revisione. Controllo contabile e di revisione Nel modello tradizionale il controllo contabile era svolto dal Collegio sindacale applicando alla lettera le disposizioni del Codice civile e, solo negli anni più recenti, integrando il codice con i principi di comportamento del Collegio sindacale approvati dai Consigli nazionali dei dottori commercialisti e dei ragionieri. Dopo la riforma del diritto societario è diventato sempre più chiaro che il controllo contabile deve comprendere una revisione effettuata applicando gli statuiti principi di revisione. A eccezione del controllo esercitato dal Collegio sindacale, l’incarico di controllo contabile non può essere conferito (art. 2409-quinquies c.c.) ai sindaci delle società, della controllante, delle controllate o di quelle soggette a comune controllo. Inoltre vi è incompatibilità di incarico di controllo contabile per chi è legato agli amministratori della società, delle controllanti, controllate e soggette a comune controllo, da vincoli di parentela o affinità entro il 4° grado e per chi è legato alla società o alle società da questa controllate, alle controllanti o a quelle sottoposte a comune controllo da un rapporto continuativo di prestazione d’opera retribuita. Quando il sistema di governance adottato dalla società non è quello tradizionale, ma monistico o dualistico, è sempre obbligatorio nominare un revisore legale o una società di revisione perché in questi casi l’organo di controllo non può essere incaricato del controllo contabile. Modelli di Governance a confronto: Outsider System e insider System Una prima distinzione tra i modelli di corporate governance dipende dal ruolo svolto dal mercato dei capitali. Esistono infatti modelli orientati al mercato e modelli orientati agli intermediari, che rispettivamente vengono indicati con le espressioni: outsider system e insider system. Nel primo caso il sistema di finanziamento delle imprese è incentrato sul mercato del capitale di rischio, si ha generalmente un’ampia frammentazione della proprietà azionaria e forti conflitti di interesse tra managers e azionisti. Nel secondo caso, il sistema di finanziamento si basa sulle risorse degli azionisti stessi o sul ricorso al capitale di debito, prevalgono stabili azionisti di riferimento (nella compagine azionaria figurano spesso finanziatori quali banche o assicurazioni). Una seconda distinzione tra modelli di corporate governance dipende da come le relazioni strutturali e le logiche di funzionamento del complesso aziendale si manifestano nei ruoli e nelle responsabilità funzionali degli organi sociali d’impresa. Modelli di Governance a confronto: One Tier E Two Tier Relativamente ai ruoli e responsabilità funzionali degli organi sociali d’impresa si distingue perciò tra modelli ad uno o a due livelli, rispettivamente detti: one-tier system e two-tier system, distinzione quest’ultima equivalente a quella tra modello monistico e dualistico. Nello one-tier system, la gestione e il controllo sulla gestione si realizzano all’interno del consiglio di amministrazione; i membri esecutivi gestiscono la società, i non-esecutivi e gli indipendenti svolgono la funzione di controllo sulla gestione. Nel two-tier system, invece, gestione e controllo sulla gestione sono affidati a due organi distinti. In entrambi i casi c’è una distinzione tra gestori e controllori, nel primo tale distinzione è tra membri dello stesso organo, nel secondo tra due organi. Le due distinzioni sopra riportate si basano su due diversi punti di osservazione. La prima si basa sul differente ruolo svolto dal mercato, la seconda sulle differenze di organizzazione interna delle società. Si sottolinea come, tipicamente, ad un sistema orientato al mercato (outsider system) corrisponda una organizzazione interna delle società ad un solo livello (one-tier system). Allo stesso modo, ad un sistema non orientato al mercato (insider system) corrisponde generalmente una organizzazione interna a due livelli (two-tier system). Modelli di Governance a confronto Sistema tradizionale Sistema monistico Sistema dualistico Organo amministrativo Consiglio di amministrazione o amministratore unico Consiglio di amministrazione (non è previsto l'amministratore unico) Consiglio di gestione Composizione dell'organo amministrativo · Cause di incompatibilità e ineleggibilità previste dalla legge. · Lo statuto può prevedere ulteriori requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza. · Almeno un terzo dei suoi componenti deve possedere i requisiti di indipendenza richiesti per i sindaci. · Lo statuto può stabilire particolari requisiti previsti da codici di comportamento redatti da associazioni di categoria o da società di gestione di mercati regolamentati. · Composto da almeno due membri. · Non può essere consigliere di gestione chi è membro del consiglio di sorveglianza. · Cause di incompatibilità e ineleggibilità previste dalla legge. · Lo statuto può prevedere ulteriori requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza Modelli di Governance a confronto Sistema tradizionale Sistema monistico Sistema dualistico Organo amministrativo Consiglio di amministrazione o amministratore unico Consiglio di amministrazione (non è previsto l'amministratore unico) Consiglio di gestione Ruolo dell'organo amministrativo · Valuta l'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile. · Esamina i piani strategici, industriali e finanziari e valuta, sulla base della relazione degli organi delegati, il generale andamento della gestione. · Valuta l'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile. · Esamina i piani strategici, industriali e finanziari e valuta, sulla base della relazione degli organi delegati, il generale andamento della gestione. · Nomina i componenti del comitato per il controllo sulla gestione. · Valuta l'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile. · Esamina i piani strategici, industriali e finanziari e valuta, sulla base della relazione degli organi delegati, il generale andamento della gestione. Modelli di Governance a confronto Sistema tradizionale Sistema monistico Sistema dualistico Organo di controllo sulla gestione Collegio sindacale Comitato per il controllo sulla gestione Consiglio di sorveglianza Composizione e ruolo dell'organo di controllo · Vigila sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e, in particolare, sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento. · Vigila sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e, in particolare, sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento. · Vigila sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e, in particolare, sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento. Modelli di Governance a confronto Sistema tradizionale Sistema monistico Sistema dualistico Organo di controllo sulla gestione Collegio sindacale Comitato per il controllo sulla gestione Consiglio di sorveglianza Composizione e ruolo dell'organo di controllo · Almeno un membro effettivo e uno supplente devono essere iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della Giustizia. I restanti membri devono essere scelti fra gli iscritti negli albi individuati con decreto del ministero o fra i professori universitari di ruolo in materie economiche giuridiche. · Composto da amministratori non esecutivi in possesso di requisiti di onorabilità e professionalità previsti dallo statuto e dei requisiti di indipendenza previsti per i sindaci. · Almeno uno dei suoi componenti deve essere iscritto al registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della Giustizia. · Nomina e revoca i componenti del Consiglio di gestione. · Approva il bilancio d'esercizio. · Promuove l'azione di responsabilità nei confronti dei consiglieri di gestione. · Presenta la denuncia al Tribunale. · Riferisce per iscritto almeno una volta all'anno all'assemblea sull'attività di vigilanza. Modelli di Governance a confronto Sistema tradizionale Sistema monistico Sistema dualistico Organo di controllo sulla gestione Collegio sindacale Comitato per il controllo sulla gestione Consiglio di sorveglianza Composizione e ruolo dell'organo di controllo · Nel caso in cui la società non faccia ricorso al mercato del capitale di rischio e non sia tenuta al bilancio consolidato e lo statuto preveda che il controllo contabile sia svolto dal collegio sindacale, tutti i membri devono essere iscritti al registro dei revisori. · Nelle società che fanno ricorso al capitale di rischio il numero dei suoi componenti non può essere inferiore a tre. · Composto da almeno tre membri. · Almeno un componente deve essere iscritto nel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della Giustizia. · Nel consiglio di sorveglianza non possono essere eletti componenti del consiglio di gestione. Per altre cause di ineleggibilità valgono le disposizioni previste per gli amministratori nel modello tradizionale. Modelli di Governance a confronto Sistema tradizionale Sistema monistico Sistema dualistico Controllo contabile · Collegio sindacale nel caso in cui la società non faccia ricorso al mercato del capitale di rischio e non sia tenuta al bilancio consolidato e lo statuto lo preveda espressamente. · Società di revisione o revisore iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della giustizia. · Società di revisione iscritta in un apposito albo tenuto presso la Consob, nel caso in cui la società faccia ricorso al mercato del capitale di rischio. · Società di revisione o revisore iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della giustizia. · Società di revisione iscritta in un apposito albo tenuto presso la Consob, in caso di società che faccia ricorso al mercato del capitale di rischio. · Società di revisione o revisore iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della giustizia. · Società di revisione iscritta in un apposito albo tenuto presso la Consob, in caso di società che faccia ricorso al mercato del capitale di rischio. Modelli di Governance a confronto Gli ordinamenti giuridici nazionali e i codici di best practice offrono risposte differenti alla separazione tra funzioni amministrative e di controllo. In effetti, è possibile distinguere tra: 1. sistemi di governance in cui i poteri di amministrazione e di controllo sono conferiti a persone diverse ma appartenenti ad uno stesso organo eletto dall’assemblea, tanto da poter parlare di modello monistico o onetier system; 2. sistemi di governance nei quali due organi distinti esercitano l’uno le prerogative di governo e l’altro quelle di controllo. Si viene così a determinare una struttura verticale a due livelli (two-tier system o modello dualistico). I due organi sono formalmente separati ma si trovano ad interagire nel momento in cui l’organo di vigilanza esercita il potere di supervisione – e talvolta di indirizzo – sull’attività dell’organo amministrativo. Punti di forza e di debolezza del modello monistico Nel sistema monistico non c’è indipendenza del Comitato per il controllo sulla gestione rispetto agli organi delegati del Consiglio di amministrazione che partecipano alla loro nomina e alla loro revoca. Il Comitato per il controllo sulla gestione non ha l’obbligo di vigilanza sul rispetto della legge e dello statuto e sul rispetto dei principi di corretta gestione, obblighi invece previsti per il Collegio sindacale nel modello di governance tradizionale. La facoltà concessa dall’art.2409 octiesdecies, c.1, di disporre diversamente può essere utilizzata con la previsione statutaria di attribuire all’assemblea il compito non solo della nomina, ma anche della revoca e della sostituzione durante l’incarico dei componenti il Comitato per il controllo, attuando così l’indipendenza dei componenti il Comitato per il controllo dai consiglieri delegati. Ai sensi dell’art.2409 octiesdecies, quinto comma, lett.c), il Consiglio di amministrazione può affidare altri compiti al Comitato per il controllo della gestione. Tale facoltà non rientra nei compiti gestionali che sono di esclusiva competenza del Consiglio di amministrazione ex art.2380 bis, primo comma. Questi ulteriori compiti del Comitato per il controllo sulla gestione possono quindi essere previsti nei patti sociali ed in particolare è possibile attribuire al Comitato per il controllo il compito di vigilanza sull’osservanza della legge e dello statuto e sul rispetto dei principi di corretta amministrazione da parte degli organi delegati. Punti di forza e di debolezza del modello monistico I seguenti poteri/doveri, sia individuali che collegiali, del Comitato per il controllo evidenziano le potenzialità del modello di governance monistico. I componenti il Comitato hanno i seguenti poteri/doveri individuali da esercitare congiuntamente ai consiglieri deleganti: Hanno il dovere di agire informato ed il diritto di chiedere agli organi delegati che vengano fornite al Consiglio informazioni sulla gestione, ai sensi dell’art.2381, sesto comma. Hanno l’obbligo di motivazione delle decisioni influenzate da chi esercita attività di direzione e coordinamento, ai sensi dell’art.2497 ter. Hanno l’obbligo dello scambio di informazioni con il revisore, ai sensi dell’art.2409 septies. Nella loro qualità di consiglieri di amministrazione deleganti, devono valutare l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società sulle base delle informazioni ricevute dagli organi delegati, hanno il potere-dovere di chiedere informazioni agli organi delegati della società, di esaminare, quando elaborati, i piani strategici, industriali e finanziari della società, di valutare sulla base della relazione degli organi delegati il generale andamento della gestione, ai sensi dell’art.2381, terzo comma. Punti di forza e di debolezza del modello monistico I componenti il Comitato di controllo sulla gestione possono impugnare le deliberazioni del Consiglio che non sono prese in conformità alla legge ed allo statuto o che sono lesive degli interessi dei soci o che sono assunte in presenza di interesse di uno degli amministratori e che arrechino danno alla società, ai sensi dell’art.2388, c.4 e c.5. Siedono nel Consiglio di amministrazione e votano nelle deliberazioni consiliari. La verifica della legalità e dell’efficienza della gestione risulta efficace perché viene fatta ex ante contemporaneamente alle adozioni delle deliberazioni e non ex post come negli altri modelli di governance. Se, per gli atti importanti di gestione, i patti sociali prevedono delibere consiliari rafforzate, in modo che sia determinante il voto di uno dei componenti il Comitato per il controllo, essi di fatto esercitano il diritto di veto sulle decisioni che ritengano illegali o non conformi ai principi di corretta gestione. I componenti il Comitato per il controllo sulla gestione hanno i seguenti poteri/doveri da esercitare in modo collegiale o autonomo. Devono vigilare sull’adeguatezza della struttura organizzativa della società, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo e contabile, nonché sulla sua idoneità a rappresentare correttamente i fatti di gestione, ai sensi dell’art.2409 octiesdecies, c.5, lett.b). Punti di forza e di debolezza del modello monistico Per le deliberazioni collegiali del Comitato sono richieste le stesse formalità del Collegio sindacale al fine di dare certezza alle decisioni. Se si utilizzano nei patti sociali le opzioni concesse dal diritto societario e se i poteri/doveri dei componenti il Comitato sono esercitati con diligenza, il modello di governance monistico non risulta certamente meno garante dei modelli alternativi. Punti di forza e di debolezza del modello dualistico Nel sistema dualistico relativamente alla nomina dei componenti il Consiglio di sorveglianza e la disciplina delle competenze in materia di controllo sulla gestione c’è un minor rigore rispetto al Collegio sindacale per quanto riguarda l’incompatibilità in quanto manca nell’art.2409 duodecies il richiamo della lettera b) dell’art.2399, cioè l’incompatibilità per rapporti familiari che secondo i critici metterebbe in dubbio l’indipendenza dei consiglieri di sorveglianza rispetto ai familiari soci che li hanno nominati. C’è anche un minor rigore rispetto al Collegio sindacale per quanto riguarda i requisiti di professionalità richiesti in quanto solo un componente il Consiglio di sorveglianza deve essere iscritto nel Registro dei revisori contabili. Il Consiglio di sorveglianza non ha poi poteri di ispezione sul Consiglio di gestione in quanto gli equivalenti poteri del Collegio sindacale non sono richiamati dall’art.2409 quaterdecies. Queste critiche possono in concreto trasformarsi in opportunità per l’impresa a controllo familiare se nei patti sociali si prevede che il Consiglio di sorveglianza abbia il compito di valutare ed esaminare le operazioni strategiche e i piani industriali e finanziari della società predisposti dal Consiglio di gestione ex art.2409 terdecies, c.1, lett.g), svolgendo così un potere di indirizzo e di controllo sulla gestione. Punti di forza e di debolezza del modello dualistico Il Consiglio di sorveglianza esercita funzioni: Di controllo gestionale dovendo vigilare ex art.2409 terdecies, c.1, lett.c), Codice civile sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento, compiti considerati prodromici per un corretto esame gestionale. Di tutela dei soci dovendo promuovere l’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti dei componenti il Consiglio di gestione e presentare la denuncia al Tribunale per gravi irregolarità nella gestione ex art.2409 terdecies, c.1, lett. d) e e). Assembleari dovendo nominare e revocare icomponenti il Consiglio di gestione e approvare il bilancio d’esercizio e quello consolidato ex art.2409 terdecies, c.1 lett. a) e b), salva la deroga statutaria prevista dall’art.2409 terdecies, c.2, per l’approvazione del bilancio. Di indirizzo della gestione perché, se lo statuto lo prevede, deve valutare ed esaminare le operazioni strategiche e i piani industriali e finanziari della società, ex art.2409 terdecies, c.1, lett.g), ferma in ogni caso la responsabilità del Consiglio di gestione per gli atti compiuti. Punti di forza e di debolezza del modello dualistico Per esercitare questi compiti il Consiglio di sorveglianza ha diritto all’informazione periodica sul generale andamento della gestione da parte del Consiglio di gestione ex art.2409 undecies che richiama l’art.2381 c.6. Il Consiglio di sorveglianza non ha però i poteri di ispezione previsti dall’art.2403 bis, c.1, Codice civile per il Collegio sindacale. I patti sociali possono colmare le lacune legislative e disciplinare in modo più puntuale i rapporti con il Consiglio di gestione. Si può prevedere nello statuto che il Consiglio di gestione non solo debba informare il Consiglio di sorveglianza con periodicità trimestrale sull’andamento degli affari della società e sulla loro probabile evoluzione, ma anche che il Consiglio di gestione debba comunicare in tempo utile al Consiglio di sorveglianza le informazioni sui fatti che possono avere ripercussioni sensibili sulla situazione della società; che il Consiglio di sorveglianza debba verificare se le iniziative assunte dal Consiglio di gestione siano coerenti con le operazioni strategiche e i piani industriali e finanziari approvati; che il Presidente o il Consiglio di sorveglianza possano chiedere al Consiglio di gestione ragguagli di qualsiasi genere attinenti al controllo della gestione; Punti di forza e di debolezza del modello dualistico ….che il Presidente o il Consiglio di sorveglianza possano procedere o far procedere alle verifiche necessarie all’espletamento delle mansioni di controllo; che il Consiglio di sorveglianza abbia anche compiti di supporto al Consiglio di gestione quali ad esempio l’assistenza al Consiglio di gestione nella determinazione dei criteri per la remunerazione dell’alta direzione della società; che il Consiglio di sorveglianza vigili sull’attività svolta dalla società di revisione. Il minor potere di controllo gestionale del Consiglio di sorveglianza rispetto a quello del Collegio sindacale può quindi con le previsioni statutarie non solo essere colmato, ma anche ampliato, con compiti non solo di controllo. Nel modello di governance dualistico l’organo amministrativo è il Consiglio di gestione, disciplinato ex art.2380 bis, c.3, dalle norme relative al Consiglio di amministrazione, salvo che sia diversamente stabilito. Punti di forza e di debolezza del modello dualistico L’art.2409 undecies elenca le norme del Consiglio di amministrazione che si applicano al Consiglio di gestione in quanto compatibili. La disciplina per derivazione adottata dal legislatore comporta la verifica del grado di compatibilità delle norme richiamate sul Consiglio di amministrazione. La nomina del Presidente del Consiglio di gestione spetta al Consiglio di sorveglianza e non è prevista la competenza secondaria del Consiglio di gestione, a norma dell’art.2409 novies, c.3. Il compito di convocare l’assemblea per gli opportuni provvedimenti imposti dalla riduzione del capitale sociale, a norma dell’art.2446, c.1, spetta al Consiglio di gestione. Il modello di governance dualistico, se correttamente utilizzato offre delle opportunità che possono essere sfruttate nei specifici settori imprenditoriali. Il controllo contabile è sempre di competenza del revisore. Il modello monistico Il modello dualistico Controllo esterno SOCIETA’ DI REVISIONE Analogie tra i due modelli Si possono notare alcune analogie che rendono meno evidenti le differenze tra i modelli di governance perseguibili dalle società italiane post riforma del diritto societario. Ad esempio: • • L’adozione di un sistema di deleghe e la spaccatura tra organo amministrativo ed esecutivo rende meno evidente la differenza tra modello tradizionale e dualistico. Ed in effetti il tradizionale è anche definito modello dualistico orizzontale in contrapposizione al modello dualistico verticale di derivazione tedesca; L’introduzione del revisore contabile come organo di controllo esterno obbligatorio è in sostanza presente in tutti e tre i modelli, pur considerando l’opzione nel modello tradizionale per le società che non fanno ricorso al mercato dei capitali di rischio. Modello monistico e dualistico? La riforma del diritto societario, attraverso un maggiore grado di flessibilità e di autonomia statutaria all’interno delle società per azioni, sottopone ad una radicale revisione delle regole di corporate governance conferendo alla volontà dei soci la possibilità di scegliere tra tre diverse opzioni di carattere generale in merito alla suddivisone delle competenze fra l’organo amministrativo o di gestione e l’organo di controllo o di sorveglianza. La scelta del modello di governance da adottare implica un processo di analisi da svolgersi con specifico riferimento alla singola realtà aziendale. Occorre infatti valutare le diverse alternative di governance alla luce di: assetti proprietari; obiettivi di medio/lungo periodo; struttura societaria, organizzativa ed amministrativa. Modello monistico e dualistico: la diffusione dei modelli Nell’ambito di un’indagine relativamente alla percezione degli attori del mercato in Italia relativamente al tema della corporate governance (Osservatorio Legislazione & Mercati, ottobre 2009) è stato considerato un campione di 150 società italiane del settore industriale. Il campione considerato include 150 aziende suddivise per classi di fatturato, con una prevalenza di piccolo medie imprese (fatturati sino a 50 milioni, pari al 72% del campione) e una presenza di medio grandi e grandi imprese (con fatturati, rispettivamente, sino a 250 milioni e oltre tale soglia). Tale composizione rappresenta in misura sufficientemente fedele lo spaccato dell’industria italiana. Nella scelta dei modelli di governance si conferma l’assoluta predominanza del modello tradizionale (consiglio di amministrazione e collegio sindacale): lo adottano il 92% delle imprese intervistate. Il monistico e il dualistico sono invece diffusi, in esatta eguale misura, fra il restante 8%. Il 34 % delle imprese pur rimanendo nel sistema tradizionale, si sono avvalse delle opportunità derivanti dalla riforma del 2005. Modello monistico e dualistico: la diffusione dei modelli Relativamente ai dettagli dei sistemi di controllo, escludendo il 34,7% del campione soggetto a revisione obbligatoria, si rileva come la revisione su base volontaria sia pari al 16,5%, espressione questa di una crescente coscienza della centralità di un efficiente e indispensabile sistema di controllo contabile. Il 3,3% affida il controllo a un revisore esterno, mentre il 32% si informa al modello classico (controllo affidato al Collegio Sindacale). Altrettanto rilevante la percentuale di imprese che dichiara di aver adottato e attuato un modello ex L. 231 (45%), per quanto il fenomeno registri un buon 28% di scelte contrarie e un preoccupante 27% fatto da imprese che addirittura ignorano l’assenza stessa della legge in questione. Il giudizio complessivo che il mondo dell’impresa esprime sull’utilità della governance è positivo. Un netto 70% la ritiene utile in qualsiasi situazione aziendale, il 23% la reputa valida solo se l’azienda sia in stato di benessere, solo il 6% la considera uno strumento di appesantimento burocratico, e resta un 1% di imprese che reputano la governance qualcosa di completamente inutile. L’assetto proprietario Parte Seconda- cap.6 La relazione tra assetto proprietario e performance aziendale La separazione tra la proprietà e il controllo si verifica quando la struttura azionaria dell’impresa è molto frazionata pertanto la gran parte o la totalità degli azionisti non ha il controllo dell’impresa. In questo caso gli azionisti, mantenendo il rendimento residuale cedono parte del loro diritto di controllo ai manager che hanno il controllo effettivo dell’azienda. Tale scissione può provocare effettivi negativi sull’efficienza aziendale in quanto il management è incentivato a perseguire i propri interessi non necessariamente in linea con gli interessi degli azionisti e quindi a danno degli stessi. Qui di seguito evidenzieremo i tre casi alternativi di separazione fra proprietà e controllo per ottenere una visione d’insieme ottimale. PRIMO CASO: L’IMPRESA POSSEDUTA TOTALMENTE DA UN AZIONISTA L’impresa è posseduta totalmente dalla stessa persona che la gestisce. Il diritto al rendimento residuale e il diritto di controllo fanno capo al solo azionista imprenditore e ciò garantisce all’impresa di essere governata nella maniera più efficiente. Solo l’azionista potrà prendere decisioni che porteranno alla ricerca di beneficio personale superiore ai costi supportati. SECONDO CASO: L’IMPRESA CONTROLLATA DA UN AZIONISTA DI RIFERIMENTO L’azionista governa l’impresa e ne influenza le massime decisioni, ma riceve solo una frazione pro quota del rendimento residuale. Tale separazione parziale tra proprietà e controllo può portare a conflitto di interessi tra azionista di controllo e azionisti di minoranza. TERZO CASO: LA PUBLIC COMPANY La struttura azionaria è frazionata tra un elevato numero di azionisti che possiedono piccole partecipazioni al capitale di rischio e la gestione è affidata a manager professionisti. In questo caso gli amministratori e il management esercitano i diritti di controllo sull’impresa senza diritto al rendimento residuale. La separazione tra proprietà e controllo porta a conflitti di interesse tra i manager e gli azionisti riduce il valore dell’impresa per la presenza di costi di agenzia. I COSTI DI AGENZIA I costi di controllo hanno tre componenti: 1.Costo di controllo sostenuto dagli azionisti per limitare l’operato dei manager. 2.Costi di rassicurazione sostenuti dal manager nei confronti degli azionisti per garantire che il proprio operato non sarà attuato contro il loro interesse. 3.Perdita residuale ovvero la perdita di benessere degli azionisti in seguito alla divergenza di interessi propria della relazione. Conclusioni Il valore creato da un’azienda controllata totalmente dall’imprenditore è superiore a quello creato da una società controllata da un’azionista e, ancor meno rispetto a quello prodotto in una società ad azionariato diffuso. L’evidenza empirica condotta attraverso diversi studi sulla relazione tra il grado di concentrazione della struttura azionaria e la performance dell’impresa sottolinea come: numerose ricerche indicano che le imprese controllate da un azionista hanno performance migliori delle imprese controllate dai manager; diverse ricerche, in numero equivalente rispetto alla prima ipotesi, non evidenziano alcun differenziale di performance tra le due classi di imprese; solo pochi lavorano dimostrano invece performance superiori delle imprese governate dai manager rispetto a quelle controllate dagli azionisti. Gli assetti proprietari Una serie di ricerche realizzate nel periodo ‘92-’94 sull’assetto proprietario delle imprese operanti in Italia ha condotto a diverse considerazioni: Esistenza di una forte concentrazione della proprietà e del controllo, moltissime aziende controllate da un unico soggetto con il 50% del capitale. Limitata separazione fra proprietà e controllo e la sostanziale sovrapposizione fra proprietà e gestione nelle imprese medio piccole. La notevole diffusione della forma Gruppo, tutte le medie e grandi imprese industriali sono organizzate in forma di gruppo industriale o fanno parte di un più ampio gruppo industriale o finanziario. Gli assetti proprietari Nelle tabelle qui di seguito vengono forniti alcuni dati per meglio capire la dimensione e la struttura delle imprese o dei gruppi di imprese operanti in Italia (indagine condotta dall’Osservatorio sulla competitività Assolombarda-Bocconi). Le forme di controllo Le grandi imprese del nostro paese si caratterizzano per avere assetti proprietari diversi fra loro, le forme di controllo di maggior rilevanza sono elencate di seguito: Familiare: il controllo è nelle mani di una singola persona o in quelle di più membri di una famiglia o di rami della stessa famiglia. Multinazionale estera: imprese in cui i controllori ultimi possono avere natura differente: singole famiglie, fondi pensione, stati esteri o migliaia di piccoli azionisti. Stato o enti locali: imprese controllate direttamente o indirettamente dallo stato e dagli enti locali. Consorzio o cooperativa: forma proprietaria consortile in cui il capitale risulta ripartito fra decine, centinaia o migliaia di piccoli azionisti, i quali hanno solitamente relazioni di clientela o fornitura con l’impresa. Coalizione di istituti di credito o di investitori istituzionali: La proprietà del capitale è, in maggioranza o nella sua totalità, ripartita fra più istituti di credito o è posseduta da alcuni investitori istituzionali (a seguito dell’emanazione della nuova legge bancaria). Joint venture: il capitale è ripartito equamente fra due imprese o gruppi industriali. Le forme di controllo Coalizione mista: il controllo è esercitato da una coalizione di soggetti eterogenei tra loro, nessuno dei quali controlla da solo la maggioranza del capitale. Caso più tipico è costituito dalla ripartizione dell’intero capitale, o rilevante parte di esso, nelle mani di investitori istituzionali e di manager dell’azienda. Public company: contemporanea presenza di: a) una proprietà del capitale frazionata fra un elevato numero di azionisti; b) assenza di un azionista che detiene una quota significativa del capitale, ha quindi il controllo dell’impresa; c) possibilità che uno scalatore acquisti sul mercato una quota del capitale che gli consenta di influenzare la volontà sociale. Altre forme di controllo: categoria residuale che raccoglie forme proprietarie quali la fondazione o la partnership, che costituiscono casi isolati nel panorama italiano. Le forme di controllo La tabella seguente presenta il numero di gruppi, il fatturato totale e medio, il numero totale e medio di dipendenti per ciascuna forma di controllo individuata. Tabella 6.3 Suddivisione delle principali imprese italiane per forma di controllo (valori in migliaia di euro) A = D/A B C = B/A D E Strumenti di separazione tra proprieta’ e controllo Gli strumenti che consentono di separare la proprietà, ovvero il possesso delle quote azionarie, dal controllo, inteso come possibilità di esercitare il potere di governo economico, di un’impresa sono: Creazione di società controllate a cascata Quotazione delle azioni di numerose società sul mercato di borsa Emissione di azioni prive o con un limitato diritto di voto Elevato ricorso all’indebitamento Creazione di legami azionari con altri gruppi Creazione di società controllate a cascate I gruppi italiani di grandi dimensioni sono caratterizzati da una struttura piramidale di società controllate a cascata al vertice delle quali si trova una Holding, che fa da centro direttivo di tutte le attività economiche governate dal gruppo. Nei gruppi di dimensioni maggiori fra la capogruppo e le società operative si frappongono una serie di sub-holding e di finanziarie di partecipazione create per coordinare le attività del gruppo e, qualora queste siano quotate, per coinvolgere altri azionisti nel finanziamento delle attività controllate. La quotazione delle imprese appartenenti al medesimo gruppo I grandi gruppi privati italiani sono caratterizzati dal fatto di costituire delle società finanziarie di partecipazione con titoli quotati che hanno l’obiettivo di far partecipare altri soci al finanziamento delle attività economiche governate dal gruppo. Vantaggi ottenibili con la quotazione 1. 2. Attraverso la quotazione delle aziende appartenenti al gruppo, la famiglia proprietaria ottiene due effetti finanziari: Un flusso immediato di risorse finanziarie conseguente alla cessione di un consistente pacchetto di azioni. La possibilità di raccogliere fondi negli anni successivi, sia tramite la cessazione di azioni della società quotata non necessarie ai fini del mantenimento del controllo, sia mediante incrementi di capitale dell’azienda stessa Emissione di azioni prive del diritto di voto o con diritti di voto limitati Un altro strumento legale utilizzato dalle famiglie proprietarie per raccogliere risorse finanziarie senza perdere il controllo dell’impresa è rappresentato dall’emissione di azioni prive o con diritto di voto limitato. Tale strumento è utilizzato quasi esclusivamente da imprese con titoli quotati sul mercato di borsa, sia perché la maggiore liquidità che caratterizza tali titoli li rende maggiormente appetibili per i risparmiatori, sia perché fino alla recente riforma societaria solo le società quotate potevano emettere azioni prive del diritto di voto Il livello di indebitamento I grandi gruppi privati italiani hanno fatto largamente ricorso all’indebitamento, soprattutto nei periodi di maggior crescita per mantenere la competitività non potendo evidentemente il soggetto controllante disporre di risorse finanziarie necessarie a coprire pro quota tali investimenti. Il debito è principalmente fornito da banche di deposito e da altri istituti finanziari che ricoprono un ruolo rilevante nel finanziamento dei grandi gruppi, pubblici e privati. Svantaggi del ricorso all’indebitamento I gruppi privati che hanno fatto ricorso allo strumento dell’indebitamento in più di una circostanza negli anni passati hanno dovuto affrontare gravi problemi circa la liquidità e solidità dell’azienda risolti ricorrendo alla vendita di rami di azienda mantenendo il controllo di altri business. Le partecipazioni azionarie reciproche tra i principali gruppi I maggiori gruppi che compongono il sistema economico italiano sono fra loro collegati da una ragnatela di partecipazioni azionarie. Tali legami sono costituiti sia da partecipazioni azionarie monodirezionali, cioè da parte di un’impresa nei confronti di un’altra, sia da partecipazioni reciproche. I gruppi italiani non creano molto spesso partecipazioni reciproche tra due aziende, appartenenti allo stesso gruppo o a gruppi differenti perché la legge pone diversi limiti alla realizzazione di tali operazioni. Molto spesso essi ricorrono alla creazione di anelli azionari che comportano l’annacquamento del capitale sociale ma non sono soggetti a vincoli normativi. Tali partecipazioni sono possedute allo scopo di perseguire diverse finalità, in alcuni casi rappresentano investimenti di portafoglio, ma maggiormente contribuiscono a stabilizzare il controllo delle società al vertice del gruppo. Separazione tra proprietà e controllo: il gruppo piramidale I gruppi di imprese possono consentire al possessore del capitale di comando della capogruppo di massimizzare l’ammontare di risorse sottoposte al proprio governo. Il meccanismo della leva azionaria, meglio noto come moltiplicatore sociale o stock pyramiding, chiarisce come il gruppo sia una tecnica finanziaria il cui scopo consiste nell’assicurare con il più piccolo capitale possibile il controllo sul più grande possibile capitale altrui. Lo stock pyramiding funziona in maniera correlata al numero dei livelli societari creati fra la capogruppo e le società operative, ovvero, all’aumentare dei livelli societari l’azionista di controllo riduce gradualmente il proprio impegno monetario coinvolgendo nel finanziamento delle attività reali delle società operative maggiori risorse finanziarie da parte degli azionisti di minoranza e di conferenti di capitale di prestito. Separazione tra proprietà e controllo: il gruppo piramidale I gruppi piramidali svolgono quindi la funzione fondamentale di consentire all’azionista di controllo della capogruppo di controllare con la minor quota possibile del proprio capitale la maggiore quota del capitale altrui, anche utilizzando oltre allo stock pyramiding l’effetto leverage multiplo, o leva finanziaria con i medesimi meccanismi. Tale condizione può essere ottenuta ovviamente solo se l’azionista di controllo riesce a coinvolgere altri azionisti nel finanziamento delle varie imprese del gruppo e se tale gruppo aziendale riesce ad ottenere dalle attività economiche controllate una redditività importante tale da consentire la soddisfazione economica anche degli azionisti di minoranza coinvolti. La governance delle strutture piramidali Il modello capitalistico italiano è caratterizzato da un’elevata concentrazione del capitale sociale nelle mani dei principali azionisti; in Italia alcune famiglie proprietarie continuano a mantenere il controllo di attività economiche di vaste dimensioni mediante la creazione di gruppi piramidali. Il fatto di creare simili strutture societarie rende la posizione di controllo stabile, il che è un elemento positivo di corporate governance e la presenza di azionisti forti all’interno del Cda scongiura la possibilità che alcuni manager possano cercare benefici personali e non l’efficienza e l’efficacia aziendale. I grandi gruppi piramidali del nostro paese hanno raggiunto dimensioni sufficienti per poter competere sul mercato con i grandi gruppi esteri. Le famiglie proprietarie che sono a capo dei grandi gruppi italiani privati hanno fatto ricorso in passato a diversi strumenti legali che gli hanno consentito di minimizzare le risorse finanziarie necessarie per avere il controllo del gruppo. Si tratta di strumenti quali la creazione di società controllate a cascata, dalla quotazione di società sul mercato di borsa, dall’emissione di azioni prive o con diritto di voto limitato, dall’elevato ricorso all’indebitamento e dalla creazione di legami azionari con altri gruppi.