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Power Point - Luzappy.eu
Il testo poetico
1. Verso e accento metrico
2. I versi della tradizione poetica italiana
3. Il sistema delle rime
4. Il sistema delle strofe
5. I generi e le forme
6. Le figure retoriche
1. Verso e accento metrico - 1.1. Come si
definisce il verso
La caratteristica più evidente del discorso poetico consiste nel fatto che si sviluppa in versi,
regolati da alcune norme. Il metro della poesia italiana è accentuativo: si fonda cioè su
versi che, entro un numero definito di sillabe, alternano sillabe forti e sillabe deboli. Ma
attenzione: un verso non si definisce quinario, perché ha cinque sillabe, o endecasillabo
perché ha undici sillabe; e nemmeno ottonario, perché ne ha otto. Il computo delle sillabe
di un verso tiene conto anzitutto dell'accento tonico della parole finale. Per esempio,
consideriamo i settenari di Manzoni nella prima strofa di un coro famoso dell'Adelchi:
Sparsa le trecce morbide
sull'affannoso petto
lenta le palme, e rorida
di morte il bianco aspetto,
giace la pia, col tremolo
sguardo cercando il ciel.
Solo nel v. 2 le sillabe sono proprio sette; nel v. 1 le sillabe sono otto, nel v. 6 le sillabe sono
sei: ma entrambi questi ultimi versi si considerano settenari: perché l'ultima parola del v. 1
è sdrucciola; e l'ultima parola del v. 6 è tronca. Notate però che in tutte queste parole finali
l'accento coincide con la sesta sillaba del verso.
Possiamo dunque dire che un settenario si definisce come tale, non perché è un verso di
sette sillabe, ma perché ha sempre un accento sulla sesta sillaba.
1. Verso e accento metrico - 1.2. Come si
contano le sillabe di una parola
Le parole sono costituite da una o più sillabe, ossia da segmenti fonici pronunciati con una
sola emissione di voce. Una sillaba contiene sempre almeno una vocale (a-mo-re), preceduta
da una o più consonanti (ma-re; tre-no ; stra-da) o seguita da una consonante (al-to).
L'italiano distingue inoltre tra le vocali quelle forti e quelle deboli:
sono vocali forti: a - e – o; sono vocali deboli: i - u
In una sillaba vi possono essere anche due o tre vocali che costituiscono dittongo o trittongo.
Costituisce dittongo: l'incontro di una vocale debole priva d'accento con una vocale forte,
oppure l'incontro di due vocali deboli.
ATTENZIONE: non sempre l'incontro di due vocali dà dittongo, si può avere anche iato. Se
nell'incontro tra vocale debole e vocale forte, la debole è accentata, allora non si ha dittongo,
ma iato; iato è sempre l'incontro di due vocali forti. Infine ricordate che l'unione di due vocali
deboli con una forte dà origine al trittongo. Possiamo riassumere queste nozioni così:
1. Verso e accento metrico - 1.3. Cosa sono le
figure metriche
C'è un'altra considerazione da fare a proposito del computo delle sillabe dei versi italiani,
perché per realizzarla correttamente, non basta applicare le regole che normalmente
usiamo per sillabare una parola; occorre anche tenere conto delle cosiddette figure
metriche, che intervengono alterando la nozione stessa di sillaba. La loro presenza fa sì
che là dove normalmente ci sono due sillabe se ne prenda in considerazione una sola; o
viceversa, là dove c'è una sola sillaba, metricamente se ne prendono in considerazione
due. Il computo metrico dunque tiene conto sia delle regole generali sia anche delle
cosiddette figure metriche, che si definiscono così:
1. Verso e accento metrico - 1.4. Gli accenti
del verso
Ragionando sul numero delle sillabe che compongono il verso italiano, abbiamo notato che
per definirlo siamo ricorsi alla nozione di accento.
Ogni verso italiano infatti ha un accento costante sulla parola finale.
Nel verso in cui l'ultima parola è piana, questo accento è seguito da una sillaba atona (cioè
priva d'accento); nel caso in cui l'ultima parola sia sdrucciola, l'ultimo accento è seguito da
due sillabe atone; infine nel caso che l'ultima parola sia tronca, l'accento tonico non ha dopo
di sé altra sillaba.
Ecco tre versi della Divina Commedia , che pur essendo endecasillabi - perché hanno
accentata la decima posizione metrica del verso - sono di 11, 12, 10 sillabe, appunto perché
l'ultima parola è piana, sdrucciola o tronca.
Oltre all'accento dell'ultima parola, nel verso ci sono altri accenti ritmici, in alcuni versi essi
hanno posizioni fisse, in altri versi hanno posizioni variabili, a seconda del tipo di verso.
1. Verso e accento metrico - 1.5. I versi
parisillabi
Prendiamo in considerazione questa filastrocca di Gianni Rodari: ha un ritmo è cantilenante
perché gli accenti cadono sempre sulla terza e sulla settima sillaba.
Filastrocca del gregario
corridore proletario,
che ai campioni di mestiere
deve far da cameriere,
e sul piatto, senza gloria,
serve loro la vittoria.
Leggiamo ora questa canzone a ballo di Lorenzo il Magnifico:
Quant'è bella giovinezza,
che si fugge tuttavia !
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Lo stesso ritmo cantilenante per le stesse ragioni: gli accenti metrici hanno posizioni fisse.
Eccoli:
A questo punto occorre però notare anche un altro particolare: gli accenti ritmici di un
verso non sono tutti uguali ce ne sono di più marcati e ce ne sono di più deboli.
Negli schemi che abbiamo visto sopra gli accenti principali (ictus primari), essendo
considerati forti, sono rappresentati con il segno (+) ; gli accenti secondari, considerati più
deboli (ictus secondari) sono rappresentati dal segno (-).
Notate che il verso ha un suo andamento ritmico e non sempre accade che l'accento
tonico della parola coincida con un ictus, primario o secondario.
1. Verso e accento metrico - 1.6. I versi
imparisillabi
Una varietà ritmica decisamente più marcata presentano in italiano i versi imparisillabi.
Forse per questo furono molto più apprezzati dai nostri poeti delle origini, che ne
decretarono il successo e li consegnarono come versi classici della poesia italiana alle
generazioni successive.
Questo naturalmente non significa che noi li riterremo "più belli": ogni giudizio estetico non
può fondarsi su un unico elemento. Quello che ci interessa è per descrivere quali versi sono
possibili in italiano.
Faremo qualche esempio legato al verso più noto di tutti: l'endecasillabo.
Leggiamo le prime due strofe della Divina Commedia:
Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura
ché la diritta via era smarrita.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinnova la paura !
Come avrete certo notato, l'unico ictus in posizione fissa è quello su P10, com'è ovvio,
trattandosi di endecasillabi. Tutti gli altri ictus primari e secondari hanno posizioni
variabili.
Se leggete ad alta voce questi versi, vi accorgerete che il loro andamento ritmico è diverso
da quello un po' cantilenante di versi parisillabi che abbiamo letto prima.
La mobilità degli ictus nell'endecasillabo dà a questo verso una notevole varietà ritmica.
Potete dunque imbattervi in un verso dal ritmo lento e solenne come questo, che apre una
canzone di Leopardi, Ultimo canto di Saffo:
Placida notte e verecondo raggio
Oppure può anche capitarvi di leggere un endecasillabo ossessivo nel ritmo come questo di
Pascoli, in Tuono:
Rimbombò rimbalzò, rotolò cupo
2. I versi della tradizione poetica italiana
VERSO
Bisillabo
Trisillabo
Quadrisillabo
Quinario
SILLABE
ESEMPI
ACCENTO RIT.
2
Solo (G. Ungaretti)
1° sillaba
3
Si tace
non s'ode
romore
di sorta
(A. Palazzeschi)
2° sillaba
2° sillaba
2° sillaba
2° sillaba
4
5
Ecco il mondo
vuoto e tondo,
s'alza, scende,
balza e splende
OSSERVAZIONI
Ha un solo ictus:
sulla 1 e sulla 3
sillaba.
1° e 3° sillaba
Ha due ictus: sulla
1° e 3° sillaba
1 e sulla 3
1° e 3° sillaba
sillaba.
1° e 3° sillaba
(A. Boito)
Il morbo infuria
2° e 4° sillaba
il pan ti manca:
2° e 4° sillaba
sul ponte sventola
2° e 4° sillaba
bandiera bianca
2° e 4° sillaba
(A. Fusinato)
Ha due ictus: uno
fisso sulla 4
sillaba, l'altro
mobile.
senario
settenario
ottonario
6
Sul chiuso quaderno
di vati famosi
dal musco materno
lontana riposi
(G. Zanella)
2° e 5° sillaba
Ha due ictus fissi:
2° e 5° sillaba
sulla 2 e sulla 5
2° e 5° sillaba
sillaba.
2° e 5° sillaba
7
Ei fu. Siccome immobile,
2° e 6° sillaba
dato il mortal sospiro
1°, 4° e 6° sil.
(A. Manzoni)
8
Quant'è bella giovinezza
3° e 7° sillaba
che si fugge tuttavia!
3° e 7° sillaba
(L. il Magnifico)
E' uno dei versi più
usati. Ha un ictus
fisso sulla 6 sillaba
e uno o due accenti
mobili nell'ambito
delle prime quattro
sillabe.
Ha un ictus fisso
sulla 3 sillaba e un
altro (ma non
sempre presente)
sulla 7. La cesura
cade solitamente
dopo la 4 sillaba.
Novenario
Decasillabo
9
Su tutte le lucide vette,
tremava un sospiro di vento
(G. Pascoli)
10
Soffermati sull'arida sponda 3°, 6° e 9° E' un metro fortemente
sil.
volti i guardi al varcato
ritmato e cadenzato
3°, 6° e 9°
(ictus sulla 3, 6 e 9
Ticino
sil.
sillaba).
(A. Manzoni)
11
E' il verso più usato
nella poesia italiana.
E come potevamo // noi
Presenta un ictus fisso
cantare
6°, 8° e 10° sulla 10 sillaba e
(S. Quasimodo)
sil.
diversi accenti mobili.
Ma tu chi se' // che noi
La cesura cade
dimandasti
4°, 7° e 10° solitamente dopo la 7
sillaba
sil.
(D. Alighieri)
(endecasillabo a
maiore) o dopo la 5
(endecasillabo a
minore).
endecasillabo
a maiore
a minore
2°, 5° e 7° Presenta ictus fissi sulla
sil.
2, 5 e 8 sillaba.
3. Il sistema delle rime
La rima è la presenza di suoni uguali, ma solo a partire dall'accento tonico, in due parole
poste a fine di verso. Pertanto, due parole come mangi-àre e pens-àre fanno rima, mentre
due parole come ved-ére e presùm-ere non fanno rima
La funzione della rima in un testo poetico è duplice:
funzione ritmica: contribuisce a costruire il ritmo del testo in quanto istituisce raccordi
fonici tra le parole e organizza il discorso in unità ritmiche;
funzione semantica: collega tra loro delle parole che hanno sia un legame fonetico (di
suono) sia un legame semantico (di significato).
Attenzione a non confondere la rima con l'assonanza (che è la ripetizione, a partire
dall'accento tonico, di vocali identiche) e con la consonanza ( che è la ripetizione, a
partire dall'accento tonico, di consonanti identiche).
Come giri di ruote della pompa.
un giro: un salir d'acqua che rimbomba. (E. Montale, Casa sul mare)
...traversando l'alte
nebulose; hai le penne lacerate
dai cicloni, ti desti a soprassalti. (E. Montale, Ti libero la fronte dai ghiaccioli)
Rima baciata
Si verifica quando due versi consecutivi rimano tra loro.
Schema: AA, BB, CC, ecc.
O cavallina, cavallina storna
che portavi colui che non ritorna
(G. Pascoli, La cavallina storna)
Rima alternata
Unisce i versi dispari e i versi pari (il primo con in terzo, il secondo con il quarto, ecc.).
Schema: ABAB
Forse perché della fatal quiete
tu sei l'imago, a me sì cara vieni
o sera! E quando ti corteggian liete
le nubi estive e i zefiri sereni
(U. Foscolo, Alla sera)
Rima incrociata (o chiusa)
Unisce il primo verso con il quarto e il secondo con il terzo.
Schema: ABBA; oppure CDC, DCD
Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono
di quei sospiri ond'io nutriva 'l core
in qul mio primo giovenil errore
quand'ero in parte altr'uom da quel ch'i'sono
(F. Petrarca, Voi ch'ascoltate)
Rima incatenata (o dantesca)
Tipica della terzina, unisce in una specie di catena i vari versi.
Schema: ABA, BCB, CDC, ecc.
Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura
ché la diritta via era smarrita.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinnova la paura!
Tant'è amara che poco è più morte;
ma per trattar del ben ch'io vi trovai,
dirò dell'altre cose ch'io v'ho scorte
(Dante, Inferno I, 1-9)
Rima invertita (o a specchio)
Le rime si succedono a tre a tre, in ordine inverso.
Schema: ABC-CBA; oppure ABC-ACB
cantò fatali, ed il diverso esiglio
per cui bella di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.
Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.
(U. Foscolo, A Zacinto)
Rima interna e rima al mezzo
Si ha quando si fa rimare la parola finale di un verso con una parola a metà del verso
successivo o comunque interna.
soccorri alla mia guerra
ben ch'i' sia terra e tu del ciel regina:
volgi al mio dubbio stato
che sconsigliato a te ven per consiglio.
(F. Petrarca, Canzoniere CCCLXVI)
Rima equivoca
E' una rima che si ottiene facendo rimare due parole identiche, ma di significato diverso.
Per altra via, per altri porti
verrai a piaggia, non qui per passare,
più lieve legno conven che ti porti.
(Dante, Inferno III,91-93)
Rima ipermetra
Si ha quando una parola piana rima con una sdrucciola e la sillaba in più viene contata nel
verso successivo o elisa.
E' quella infinita tempesta
finita in un rivo canoro.
Dei fulmini fragili resta-no
cirri di porpora d'oro.
(G. Pascoli, La mia sera)
4. Il sistema delle strofe
Si definisce strofa ogni raggruppamento sistematico di versi con un disegno sistematico di
rime e/o assonanze. Le principali strofe della poesia italiana sono:
NOME
DISTICO
TERZINA
CARATTERI
Strofa di due
versi, tipica dei
componimenti
popolari
Strofa di tre versi
RIME
Baciata
Incatenataincrociata
ESEMPI
sospira un poco e con la bianca mano
si carezza la barba piano piano
(D. Valeri, Il dottore di campagna)
Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura
ché la diritta via era smarrita.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinnova la paura!
(Dante, Inferno c.1)
Nel campo mezzo grigio e mezzo nero
resta un aratro senza buoi, che pare
dimenticato tra il vapor leggero.
E cadenzato dalla gora viene
lo sciabordare delle lavandare
con tonfi spessi e lunghe cantilene.
(G. Pascoli, Lavandare)
Strofa di quattro versi
Alternataincrociata
SESTINA
Strofa di sei versi, dei
quali i primi quattro a
rima alternata e gli
altri due a rima
baciata.
Alternatabaciata
OTTAVA
Strofa di otto versi con
schemi diversi, il più
frequente dei quali è
Alternatacostituito da sei versi in
baciata
rima alternata e gli
ultimi due in rima
baciata.
QUARTINA
San Lorenzo, io lo perché tanto
di stelle per l'aria tranquilla
arde e cade, perché sì gran pianto
nel concavo ciel sfavilla.
(G. Pascoli, X agosto)
All'agitarti, lente
cascan le trecce, nitide
per l'ambrosia recente,
malfide all'aureo pettine
e alla rosea ghirlanda
che or con l'alma salute aprile ti
manda
(Foscolo, All'amica risanata)
Per lo deserto vanno alla ventura:
l'uno era a piede e l'altro era a cavallo;
cavalcon per la selva e per pianura,
sanza trovar ricetto o intervallo.
Cominciava a venir la notte oscura.
Morgante parea lieto e sanza fallo,
e con Orlando ridendo dicia
- E' par ch'io vegga appresso un'osteria (L. Pulci, Morgante)
5. I generi e le forme
Nella poesia italiana si possono distinguere due grandi generi: la poesia narrativa e la
poesia lirica. Ad essi sono associate delle forme metriche standard che servono (o
meglio servivano) ad orientare il lettore: a una determinata forma metrica corrisponde
un determinato genere e, quindi, un certo contenuto veicolato da un certo tipo di
linguaggio. Avremo dunque le forme metriche della poesia lirica e le forme metriche
della poesia narrativa.
Le principali forme metriche della poesia lirica sono le seguenti: la canzone, il sonetto, il
madrigale, la sestina, la ballata e l’ode.
Le principali forme metriche della poesia narrativa sono le seguenti: il sirventese, la
terzina, l’ottava.
La canzone è la forma metrica più alta della lirica, sia per forma sia per contenuto.
Importata dalla tradizione provenzale e introdotta in Italia dai poeti siciliani, la
canzone venne perfezionata da Dante e soprattutto da Petrarca.
Struttura: è suddivisa in strofe che si chiamano stanze, da cinque a sette (ma non
esiste una regola fissa). Le stanze si dividono in due parti (FRONTE, SIRMA), che a
loro volta possono essere divise in altre due parti (due piedi, due volte); spesso tra la
fronte e la sirma c'è un verso chiamato chiave. La canzone si conclude con una strofa
(chiamata congedo) che riprende la struttura della sirma.
Versi: endecasillabi e settenari.
Argomento: religioso, politico, filosofico
Italia mia, benché 'l parlar sia indarno
A
a le piaghe mortali
che nel bel corpo tuo sì spesse veggio,
piacemi almen che' miei sospiri sien quali
primo piede
B
C
FRONTE
B
spera 'l Tevere e 'lArno
secondo piede
e 'l Po, dove doglioso e grave or seggio.
a
C
Rettor del cielo, io chieggio
chiave
c
che la pietà che ti condusse in terra
D
ti volga al tuo diletto almo paese:
E
prima volta
vedi, signor cortese,
e
di che lievi cagion, che crudele guerra,
e i cor, ch'endura e serra.
D
SIRMA
D
Marte, superbo e fero,
apri tu, Padre, e 'ntenerisci e snoda;
F
seconda volta
G
ivi fa che 'l tuo vero,
F
qual io mi sia, per la mia lingua s'oda.
G
Struttura del congedo:
Canzone, io t'ammonisco
a
che tua ragion cortesemente dica
B
perché tra gente altera ir ti conviene,
prima volta
C
e le voglie sono piene
c
già de l'usanza pessima ed antica
B
del ver sempre nemica.
chiave
b
proverai tua ventura
e
tra magnanimi pochi a chi 'l ben piace;
F
dì lor: "Chi m'assicura?
I'vo gridando: Pace, pace, pace".
seconda volta
e
F
Dalla canzone classica sono poi derivate altre forme:
la canzone pindarica: sorse nel Cinquecento ad imitazione delle odi del poeta greco
Pindaro; presenta uno schema fisso formato da tre parti: strofe, antistrofe, epodo;
la canzone libera leopardiana: rinuncia ad ogni schema fisso di rime, a ogni
regolarità strofica, riducendo drasticamente le stesse rime.
Nato in Italia e poi diffusosi in tutta Europa, il sonetto (da "suono") deriva dalla
stanza della canzone (fronte + sirma)e la tradizione attribuisce la sua invenzione a
Jacopo da Lentini (ma la cosa è tutt'altro che sicura).
Struttura: è formato da quattro strofe: due quartine e due terzine. I versi sono tutti
endecasillabi. Il sistema delle rime può variare: in genere, le due quartine possono
avere rima alternata (ABAB) o incrociata (ABBA); le terzine presentano una
maggiore varietà.
Versi: endecasillabi.
Argomento: amoroso
Io son sì stanco sotto il fascio antico
De le mie colpe e de l'usanza ria,
Ch'i' temo forte di mancar la via,
E di cader in man del mio nemico.
Ben venne a dilivrarmi un grande amico
Per somma e ineffabil cortesia;
Poi volò fuor de la veduta mia,
Sì ch'a mirarlo invano m'affatico.
Ma la sua voce ancor qua giù rimbomba:
O voi che travagliate, ecco 'l cammino;
Venite a me, se 'l passo altri non serra».
Qual grazia, qual amore, o qual destino
Mi darà penne in guisa di colomba,
Ch'i' mi riposi, e levimi da terra?
prima quartina
seconda quartina
prima terzina
seconda terzina
A
B
B
A
A
B
B
A
C
D
E
D
C
E
fronte
sirma
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