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Matteo Motolese Istituzioni di storia della lingua italiana (Linguistica italiana) Settore L-FIL-LET/12 – I semestre Informazioni su ricevimento, programmi, esami: http://www.lettere.uniroma1.it/users/matteo-motolese Lezione I Ma uomo che più industria abbi messo in ampliare questa lingua che Batista Alberti certo credo che nessuno si truovi. Legete, priego, e libri suoi e molti e di varie cose composti, attendete con quanta industria ogni eleganzia, composizione e dignità che appresso a' Latini si truova si sia ingegnato a noi transferire. Cristoforo Landino, Prolusione al corso su Petrarca (1467) Niuno potrà essere nonché eloquente ma pure tollerabile dicitore nella nostra lingua, se prima non arà vera e perfetta cognizione delle lettere latine Cristoforo Landino, Prolusione al corso su Petrarca (1467) Volendo arrichire questa lingua, bisogna ogni dì de' latini vocaboli, non sforzando la natura, derivare e condurre nel nostro idioma. Cristoforo Landino, Prolusione al corso su Petrarca (1467) Imperocché essendo noi nel passato anno nell’antica pisana città venuti in ragionare di quelli che nella toscana lingua poeticamente avessino scritto, non mi tenne punto la tua Signoria il suo laudabile desiderio nascoso: ciò era che per mia opera tutti questi scrittori le fussino insieme in un medesimo volume raccolti. Per la qual cosa, essendo io come in tutte le altre cose, così ancora in questo, desideroso alla tua onestissima volontà satisfare, non sanza grandissima fatica fatti ritrovare gli antichi esemplari, e di quelli alcune cose meno rozze eleggendo, tutti in questo presente volume ho raccolti, il quale mando alla tua Signoria, desideroso assai che essa la mia opera, qual ch’ella si sia, gradisca, e la riceva sì come un ricordo e pegno del mio amore in verso di lei singulare. Epistola di accompagnamento della Raccolta Aragonese (1477) Né sia però nessuno che quella toscana lingua come poco ornata e copiosa disprezzi. Imperocché se bene e giustamente le sue ricchezze ed ornamenti saranno estimati, non povera questa lingua, non rozza, ma abundante e pulitissima sarà reputata. Nessuna cosa gentile, florida, leggiadra, ornata; nessuna acuta, distinta, ingegnosa, sottile; nessuna alta, magnifica, sonora; nessuna finalmente ardente, animosa, concitata si puote immaginare, della quale non pure in quelli duo primi, Dante e Petrarca, ma in questi altri ancora, i quali tu, Signore, hai suscitati, infiniti e chiarissimi esempli non risplendino. Epistola di accompagnamento della Raccolta Aragonese (1477) Publius Terentius Afer Comediae (1475) Firenze, BNCF, B. R. 97