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Una didattica pragmatica e contestuale PRAGMATISMO NON E’ ECLETTISMO MA SINTESI O CRASI DI MOLTE VISIONI DEL MONDO Piercesare Rivoltella, Cortina, Milano 2012 Neurodidattica. Insegnare al cervello che apprende Le neuroscienze comprendono molte discipline scientifiche, tra cui le didattiche e la comunicazione: l’ottica comune è la visione globale dell’organismo in oggetto, sia esso città, robot, cervello, persona, ambiente, con molte tesi filosofiche (metodo fenomenologico) e psicologiche: spesso da esse derivano direttamente. Come si diceva la conoscenza oggettiva ha cambiato senso anche per la scienza, così dal naturalismo si passa ad una metodologia che ha un concetto di natura, ma nuovo nel suo essere non metafisico e basato sul metodo della falsificazione e non della verifica, un metodo per prove ed errori definito dal convenzionalismo di Popper in diverse fasi: progettare un’ipotesi, corroborarla, dotarla di falsificatori potenziali provati in successive sperimentazioni osservare la loro capacità di reggere dell’ipotesi o smentirla. Le convergenze sono perciò tante: l’osservazione dell’ Intelligenza artificiale del MIT, comprende anche una ricerca sulla “computazione affettiva” che trasforma i dati psicologici in patterns interpretabili anche dalle macchine la Robotica s’interroga sulla memoria la Bionica registra con strumenti non invasivi ed encefalogrammi le operazioni della mente. Comune è l’idea dell’apprendimento. Anche nei procedimenti induttivi ci sono pregresse ipotesi di fondo, i bias (presupposti) induttivi: è la guida che identifica le funzioni – conferma Popper che persino il rasoio di Occam è un bias induttivo, rivolto alla semplificazione del complesso che così com’è confonde. Questa di Rivoltella infatti è solo una delle teorie che s’interessano alle neuroscienze ed alle biotecnologia, anche il libro di testo esprime indirizzi che si sono poi concretati in convergenze con l’ottica scientifica. Esse però non devono prevalere col fascino di una nuova solida obbiettività, misurabile anche con macchine di misura: la delineazione dei fini in relazione alla storia del tempo continua ad essere un’ottica pedagogica. ESEMPI STORICI: Psicologia umanista Le neuroscienze nascono dal percorso novecentesco che recupera l’ottica di Leonardo oltre Galileo. Ad esempio • Carl Rogers (counseling) e Victor Frankl (un significato per l’esistenza) anni ‘40 La psicologia umanista richiama contro la psicanalisi la convinzione che ognuno sia l’artefice responsabile del suo destino e del suo futuro. Oppone una visione suggerita dalla Gestalt, la psicologia della forma e della percezione che poi sfocerà nel cognitivismo che avanza la tesi che il tutto è più della somma delle parti, come nell’organismo – non solo l’analisi di tanti punti chiarirà l’intero. Grazie a questa ottica si rivaluta l’intera corporeità con le sue emozioni anche consapevoli, la mente, le percezioni, non solo la sessualità (Freud). L’ascolto è dominante, ne deriva il rispetto del minore nelle relazioni asimmetriche (medicina, insegnamento), che è cosciente del suo problema e artefice del progresso con l’effetto Pigmalione: potenziare doti nascoste con nuovi progetti Vincent Lehnardt parla del Piccolo Principe ch’è in noi come in Saint Exupery Anni ‘40 IL COMPORTAMENTISMO osserva i linguaggi paraverbali e non verbali. Watson (la mente è una black box da studiare nel comportamento osservabile – troppi atteggiamenti non derivano da scelte personali ma da condizionamenti ambientali), Skinner (SR, stimolo risposta). Woodwarth già introduce il ruolo dell’osservatore (SOR). Tolman (l’attenzione molare dà spazio alla funzione che guida la risposta allo stimolo (labirinti di apprendimento). La pedagogia di Hull si sviluppa nel suggerimento di stimoli adatti – (Addestramento: expertise nelle associazioni tra stimolo e risposta) nell’evitare i Deterrenti (i distrattori, che ostacolano l'apprendimento) grazie ai Consolidatori (fattori che favoriscono l'apprendimento e la memoria). Dagli anni ’70 il termine COSTRUTTIVISMO diffonde la tesi dell’apprendere come “costruire”, in pedagogia partendo e sviluppando le tesi di Dewey e della sua scuola attiva, fondata sulla ricerca azione, sul conoscere e fare, sui laboratori anche manuali che sviluppano abilità di collaborazione di mente e mano. Il movimento parte dagli anni ’40 con lo stesso intento di considerare olisticamente i sistemi centrando in un sol punto di osservazione. Ne fa parte anche la cibernetica di Wiener, che come dice il nome kybernetes è il timoniere, studia non solo i meccanismi automatici ma le norme di autoregolazione di ogni organismo autonomo di relazioni, sul modello del vivente. Illustri autori di questa direzione composita sono John Von Neumann, Claude Shannon, Heinz von Foerster e Gregory Bateson, nomi che dicono la grande varietà dei collaboratori. Vanno considerati anche Maturana e Varela (vedi lettura), con il loro studio del sistema biologico autopoietico (informazionalmente chiuso ed autonomo, capace di riorganizzarsi) e le teorie dei sistemi, che osservano campi assorbiti da altri campi configurando un insieme di sistemi e sottosistemi. L’inizio è di nuovo negli anni ’40, periodo in cui va menzionata anche il biologo Piaget, che vede nella conoscenza la più alta forma di adattamento di un organismo complesso. Il bambino coordina percezioni ed azioni con processi circolari guidati dall’interesse che ripete e perfeziona. Nel linguaggio è chiaro lo sviluppo di concetti attraverso la ripresentazione, in cui memoria e differenza convergono nella categorizzazione teorica e pratica di concetti e azioni: l’intelaiatura essenziale della realtà nel campo di esperienza. Ciò avviene con l’assimilazione (incorporare un oggetto in una struttura cognitiva) e l’adattamento (capacità di modificare le struttura cognitiva e il comportamento verso una nuova struttura, riconoscendo isomorfismi e sviluppi possibile nella ripresentazione della memoria). Non esistono perciò esperienze identiche. Negli anni ‘90 Von Glasersfeld, in continuità con il pensiero di Piaget e della Scuola Operativa di Silvio Ceccato, applica la ripresentazione ai concetti matematici nei bambini, rifacendosi alla filosofia neokantiana del come-se di Vaihinger del 1913. La conoscenza umana è finzione (fingo – ipotizzare, immaginare), il linguaggio indica con parole/simboli, sollecita, non c’è mai trasmissione diretta. La parola è la guida all’ermeneutica di un significato: la realtà stabile che appare è il riconoscimento dell’intersoggettività, si apprendono anche i concetti matematici in modo personale nella convergenza del sapere ipotetico. Anche per il COGNITIVISMO (da Piaget a Bruner) il sapere non ha fissa consistenza indipendentemente dal soggetto che conosce, anche per questa prosettiva imparare non è apprendere la "vera" natura delle cose, ma conseguire un significato rielaborando i propri saperi nel linguaggio, culturalmente, socialmente e storicamente contestualizzato . Tra osservatore e oggetto osservato si costruisce un rapporto che definisce a partire dalla nostra azione organizzante. Tanto che Bruner consiglierà il metodo della autobiografie alternative, un racconto ipotetico del sé, per risolvere situazioni di disagio. Stesso paradigma nella teoria sistemica della PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA (Paul Watzlavick) che parte da 5 assiomi: • L'impossibilità di non-comunicare • Livelli comunicativi di contenuto e di relazione • La punteggiatura della sequenza di eventi • Comunicazione numerica e analogica • Interazione complementare e simmetrica Le terapie psicologiche della scuola di Paolo Alto si basano sulla comunicazione interpersonale del soggetto e non introspettiva, perciò i suoi contenuti si estendono a campi che interessano direttamente il rapporto educativo in quanto rapporto asimmetrico basato sull’organizzazione dei contenuti. Il CONTESTUALISMO sviluppato in questi ultimi vent’anni sviluppa queste stesse premesse partendo da Vigotskji che riformula il costruttivismo a partire dando spazio alla considerazione unitaria dei saperi nella loro interrelazione, senza privilegiare il sapere di contenuti, le materie di studio. Vigotskij (1978) in polemica con Piaget e i cibernetici sottolinea il contesto della costruzione accentuando la costruzione come intersoggettiva: il semplice indicare per domandare o rispondere è già configurare una direzione, è già pieno di attenzione ad altri, che sia un gesto motorio o linguistico o intellettuale è carico di una funzione intrapersonale. Risulta con chiarezza in ogni gioco come anche la soluzione di un problema ha due facce, una sociale, una – seguente individuale; il problema nasce tra le persone e lo si interiorizza. Pensiero e linguaggio si influenzano reciprocamente, la lingua è insieme il prodotto e lo strumento del pensiero; il linguaggio interiore e silenzioso si sviluppa parlottando, per chiarire il senso della propria e dell’altrui espressione; poi muove verso la consapevolezza metacognitiva. Il significato, quindi, risente degli eventi psicologici ed emozionali del contesto dell'azione. Le parole, dotate di equivalenza funzionale, vanno negoziate, l’apprendimento anticipa l’acquisizione in una «zona di sviluppo prossimale» (la varietà di processi attivati da chi apprende nell’interazione con i suoi pari o con altri in un ambiente, quando intende strategie che interiorizza in attesa di farle proprie. La "zona di sviluppo prossimale" è la differenza tra l’effettiva capacità di risolvere un problema da soli e lo "sviluppo potenziale" dell’esecuzione guidata) . Nel gioco si iniziano queste future acquisizioni agendo con l’imitazione, che si protende oltre il sapere già acquisito. Perciò lo sviluppo (sottolinea V.: diversamente da Piaget) è il risultato dell’apprendimento e non una sua precondizione biologica – perciò non studia come Piaget le diverse età dell’apprendimento come fossero costanti, ma cenra la sua attenzione sull’interazione tra le condizioni sociali in trasformazione e il substrato biologico del comportamento. Feyerabend, epistemologo, parla di scienza come arte e respinge il concetto di dati oggettivi come la distinzione tra teorie ed osservazione spontanea: i fatti sono in realtà teorie elaborate dalla cultura e condivise come verità riconosciute. La costruzione scientifica è un'impresa impura orientata dalla storia complessiva del suo tempo. Perciò il sapere deve mantenersi dinamico e multi prospettico e ricordare la mutevolezza della scienza con le rivoluzioni scientifiche del passato. Per Norman Goodman il pensiero conferisce il senso elaborando una costruzione simbolicoconcettuale libera, lo dimostrano le diverse versioni del mondo; interpreta Kant con Cassirer: i concetti si formano in precisi contesti di linguaggio simbolico comprendendo «l’aggrovigliata trama della umana esperienza». La funzione dell'arte è di guida ai sentimenti ed alle emozioni che collaborano alla costruzione di nuove interpretazioni e significati. Essi non saranno più e meno veri di altri, i nuovi equilibri sono da valutare secondo criteri pragmatico di rilevanza, di efficacia, di semplicità, appropriatezza, congruenza. Per Rorty (1989) diviene perciò necessario un continuo confronto delle visioni del mondo nell’ottica di risolvere problemi concreti. Il concetto di verità come costruzione connessa a pratiche sociali e valori determinati centra nella comunità che li esprime. La filosofia porta il suo lume aprendosi al dialogo con gli altri saperi, alla rete complessa di credenze ed atteggiamenti che l’individuo vive. L’ermeneutica fornisce un apporto fondamentale nella ridefinizione, chi ha letto molto e dialogato con diverse culture ed è esperto di riformulazione del proprio pensiero, sa sviluppare l’ironia come consapevolezza della contingenza e si apre al diverso. La filosofia perciò sarà ricercare della felicità in senso etico e politico, abbandonando la ricerca della verità. utte queste proposte dicono la diffusione del paradigma, che avvelora l’importanza della situazione: è uno sviluppo del concetto di campo del primo comportamentismo, limitare l’attenzione pone il riflettore su di un tutto che è come un’immagine fotografica: ci si vede tutto, ma non di tutto si è coscienti (Michelangelo Antonioni: Blow Up). In compenso la fotografia consente di tornare (ripresentare) ogni volta il tutto e seguire altre strade per prendere coscienza dei particolari prima trascurati. Il contestualismo è così il più recente sviluppo di una prospettiva di approfondimento immanente ed olistico dei contesti di apprendimento. CULTURALISMO si definisce infine (per ora) quella che partendo da Vigotskyi sviluppa l’attenzione sociale, alla cultura del tempo. Una nuova didattica Se la conoscenza della realtà è una costruzione individuale e sociale, la didattica delle discipline passa dall’informazione alla ricerca, dalla descrizione oggettiva di realtà all’impostazione storicocritica dei curricola e mostra la variazione nel tempo dei concetti chiave, l’interpretazione e le rivoluzioni scientifiche. L’insegnamento apre alle domande e negozia i significati in processi argomentativi per la ricerca di coerenza tra i parlanti. Ciò sviluppa quel che si dice attitudine metacognitiva,(L.H.Flavell) la capacità di andare oltre, l’apprendimento costante durante tutta la vita Perciò più che standardizzare procedure, si ridisegna il ruolo dell’insegnante come timoniere del processo della costruzione del significato in un contesto di apprendimento. La comunicazione e l’azione del docente sono un elemento tra gli altri a disposizione per apprendere; il suo uso del linguaggio, governato dalla professionalità, orienta nella costruzione del significato senza offrire risposte precostituite, ricostruendo la ricerca in un orizzonte critico (Von Glasersfeld, 1998). È una Didattica attenta alla positività dell’errore nell’apprendimento e consente di imparare da se stessi fomrulando ipotesi da maturare. Alla lezione si accompagna così l’esperienza diretta di costruzione del sapere, proponendo ed analizzano testi diversi in relazione all’acquisizione individuale. Le teorie del quotidiano sono come quelle esperte capaci di ipotesi, di processi di prove ed errore, di ipotesi di strutture interpretative coerenti: vanno considerate come punto di partenza di un processo ricorsivo e reticolare che connette itinerari ed obiettivi e negozia nella dimensione sociale della conoscenza il sapere comunitario (cooperative learning). Questo diverso modello consente il recupero delle potenzialità costruttive e creative del soggetto in apprendimento integrandole con le strategie dei saperi. Pratiche discorsive formalizzate guidano la costruzione collettiva della conoscenza e della spiegazione, tenendo conto non solo della componente cognitiva e logico-formale, ma anche emotiva, affettivo-relazionale, iconicoimmaginifica, creativa Macro / microdidattica nel microteaching La metacognizione della psicologia cognitivista porta a imparare ad imparare, ad acquisire forme di comportamento per le diverse situazioni di apprendimento. Pensare a didattiche brevi che non semplifichino , ma piuttosto si limitino all’acquisizione di una metodologia di ricerca (Michel Foucault lo applica alla clinica col paradigma etnometodologico / osservare). La macrodidattica parla del l fenomeno globale della didattica, ivi compresi i progetti educativi, l’aggiornamento, lo studio dei programmi la microdidattica guarda ai problemi della classe. Duccio Demetrio parla di microteaching (Micropedagogia. La ricerca qualitativa in educazione, La Nuova Italia 1992 (74) che consiste nel programmare unità brevi e di pronta valutazione. I problemi che sorgono hanno fenomeni specifici che una pedagogia problematica affronta ribadendo i fini, perché spesso si oscurano nel tempo della complessità. Il metodo è di articolare una microricerca, ad esempio con la metodologia del focus group o del gioco di ruolo, partendo dal vissuto, dal “nesso organico fra educazione ed esperienza personale” (Dewey) in una ricerca azione partecipativa. Il contenuto analitico o analogico si coinvolge così con la ricerca dello stile di ricerca, si registrano successi e insuccessi in un approccio biosistemico, una sorta di autobiografia della formazione. Ad esempio: organizzare focus di 4-5 persone per discutere i contenuti cercando alternative, pensando al fine che si persegue. Per conferire qualità al percorso si selezionano gli argomenti mirando ai curricoli e ai moduli – cioè alla regia del processo e del nesso del contenuto con l’obbiettivo, il prodotto di ricerca. L’approccio biosistemico, l’autobiografia della ricerca, dà importanza ai risultati e stimola alla partecipazione alle decisioni badando ai diversi componenti del gruppo, che così si rendono consapevoli e si motivando al lavoro di gruppo. Per Donald Norman la qualità è la cultura dell’organizzazione, l’artigianalità della cultura che produce miniature con metodo empirico e scientifico nella conversazione e nel dialogo. Griglie di auto osservazione e agende di formazione sono la valutazione e l’autovalutazione del processo. La memoria di questi processi è una buona norma per le scuole ed è un fattore motivante. Strategie rigorose consentono di evitare di approfondire un sol tema non così rilevante; il prodotto di ricerca è frutto di una micropedagogia euristica che limita l’originalità dell’osservatore, attento alle componenti del gioco ed alle regole. Il ricercatore qualitativo tiene conto di contenuti e interpretazioni connesse, all’interrelazione con i soggetti per delineare una ricerca indirizzata ad una idea guida non si fa ricerca senza un orientamento teoretico. Valutare le alternative euristico ermeneutiche consentono un’esperienza che è un’azione di scoperta e di valutazione. Perciò Il metodo non può caratterizzarsi unicamente come idiografico (storico) o nomotetico (scientifico): piuttosto si può dire di nomotetica locale, storicizzata, nell’ intreccio di quantità e qualità, di contenuti e ricerca, di una visione meta e micro pedagogica: grazie al succedersi di momenti diversi, che variano opportunamente il progetto in conseguenza del discorso . moduli Per creare un clima favorevole a questa individualizzazione condivisa dell’apprendimento giovano i moduli disciplinari, la programmazione dei contenuti che si affidano alle materie. Moduli interdisciplinari possono creare questo clima diverso creando relazioni alla base del progetto, così da rendere efficace l’attenzione ai fini dell’educazione, riconnettendo subito la didattica delle materie ai fini della pedagogia, del progetto educativo ed alla consapevolezza della molteplicità dei punti di vista, elemento essenziale di ricerca e sviluppo del sapere. Un progetto che la pratica ha rivelato difficile, ma che all’interno di insegnamenti connessi in una sola docenza possono invece realizzarsi con maggiore semplicità (come nel caso della geo-storia). Si tratta di collegare didattiche lineari, centrate sulla riduzione al semplice tipica delle scienze ma seguita anche dalle storie, perché induce un rapporto coerente tra obiettivi e mezzi e limita la casualità, con quella che può dirsi didattica dell’oscuro che emerge dalle discussioni, una risorsa da usare con costante coscienza dell’esempio modello di un comportamento da imitare. Ad esempio sia il focus group che i giochi di ruolo hanno regole precise alla base, delineate in partenza e note almeno in parte ai partecipanti, ed un conduttore del gioco, che alterna opportunamente gli argomenti. Competenza pedagogica Nei gruppi di lavoro si crea la competenza pedagogica, in funzione della disciplina, capace di adattare il sapere alle diverse competenze, tenendo presente l’aspetto affettivo, coniugando l’apprendimento e la capacità progettuale. L’improvvisazione indica l’interpretazione , sviluppa l’intenzionalità e la responsabilità di ricerca – è una risorsa dell’educazione che si estende a campi diversi. L’integrazione dei modelli di progettazione che abbiamo visto, lineare, cooperativo e dialogico consente di elaborare degli schemi per il focus group che tengano presente l’aspetto dei contenuti e quelli del comportamento. Nel gruppo di ricerca il comportamento non cooperativo può essere attaccato direttamente con la misura dell’agire individuale e del conseguimento del goal previsto. La correzione così non è personale ma deriva dal fatto: come diceva Rousseau, si corregge davvero quando non si colpevolizza il soggetto da educare ma gli si mostra la condanna dei fatti, l’esito probabile di una decisione sbagliata, di una ricerca inconcludente. Autonomia a scuola L’AUTONOMIA non significa anarchia ma libertà: l’Autonomia Didattica (legge 59/97). È la scelta delle programmazione disciplinare, metodologie, strumenti, organizzazione – collegandosi ad iniziative di libertà progettuale, all’offerta di insegnamenti opzionali, facoltativi. L’art 9 sostiene che l’autonomia Didattica è il risultato del bilanciamento di tre modalità del diritto di libertà: Libertà d’insegnamento del docente e della scuola - Libertà di apprendimento dell’allievo - Libertà della comunità nazionale di traguardi educativi e culturali da raggiungere. Il POF, piano dell’offerta formativa rappresenta il motivo per cui si distingue sul piano della domanda e dell’offerta educativa e sul piano di una propria legittimazione. Il passaggio dal testo programmatico, fissato a livello nazionale, al progetto, avviene attraverso l’interpretazione del testo, con cui si traducono i dirittibisogni educativi della persona degli allievi e la domanda formativa della comunità in cui opera la scuola. Quindi l’unità scolastica è legittimata da un progetto costituito da un mix tra standard nazionali e standard locali. Si caratterizza con moduli organizzativi. INSEGNAMENTO MODULARE Applicato nel ‘90 alla scuola elementare, il modulo interdisciplinare è un programma a se stante che sviluppa una tematica a più aree disciplinari, per consentire un percorso più flessibile. Questi moduli sono rari, per lo più si applicano moduli disciplinari. La legge prevedeva anche il tutorato presente nelle scuole anglosassoni, che dà attuazione alla funzione docente che guida e coordina; nella scuola un singolo docente assume in ogni classe questa funzione. Va ricordata quindi la significatività, la caratteristica del modulo – il contenuto che risulta dalla scelta di argomenti coerenti tra le materie, in relazione alle precognizioni della platea, accertate non singolarmente ma con l’ausilio della continuità educativa che accentua le competenze più rilevanti da acquistare, anch’essa raccomandata nella legge (le relazioni tra le scuole di diverso grado del territorio). Argomenti di attualità possono giovare ad incrementare l’interesse: un esempio può essere oggi la scoperta del bosone, che può sostenere la convergenza di materie molto diverse: un esempio è quel che qui si è detto di cervello e neuroscienze. Ma la figura del tutor ricorda l’attenzione alle dinamiche affettive; possono essere affrontate nei casi di lieve disagio col coaching pedagogico, di cui si dirà nell’ultima parte delle lezioni; per quel che riguarda l’apprendimento, tenerne conto giova alla motivazione rinforzando l’interesse e l’autovalutazione, mirando al goal. Ciò vale ad evitare di dover sempre rilevare i sempre crescenti tassi di dispersione scolastica e del tasso di dispersione del potenziale cognitivo – rilevando il basso bagaglio di conoscenze di studenti diplomati. Il tempo dell’educazione Nel mondo della complessità il tempo dell’educazione si fa permanente, e perché questo non comporti l’infinita scolarizzazione occorre cambiare il modello dell’insegnamento. Il docente guida agisce con tempestività, coglie il tempo del Kairòs, la figura mitica del tempo opportuno, il fanciullo da prendere per il ciuffo di capelli prima che fugga via. Ma questo comporta non tanto di essere ancora più veloci del kairòs, ma di essere buoni combattenti nel mondo dell’immagine. La prima caratteristica dell’immagine è la sua totalità – quindi il tempo opportuno si basa sulla prontezza nel cogliere l’effetto (il tema da scegliere per motivare l’interesse). Ma la caratteristica prima dei media e del mondo è la velocità, c’è persino il termine dromologia (Virilio) per indicarne la necessità di considerarla come elemento a sé. Per agire da termostato (Postman), occorre aggiungere all’apprendimento la lentezza di un’esperienza che recuperi il proprio orizzonte di silenzio in un tempo metodico, che la didattica crea di proposito. Walter Benjamin fa differenza tra l’Erlebnis, l’esperienza degli choc successivi (si pensi alla rete) e l’Erfahrung, l’esperienza meditata e mediata dal silenzio). Per Rousseau l’arte di educare è più quella di perdere tempo che di guadagnarne. Il goal dell’apprendimento • Se l’apprendimento è la capacità di ricostruire il sapere secondo modelli personali capaci di nuovi equilibri nel rispetto delle informazioni date e ricercate, è facile cogliere la capacità di educare la creatività (Frauenfelder). Aumenta la conoscenza dichiarativa con l’esercizio della procedurale. • Chiara anche la relazione con il gioco, se si intende il termine come si deve, pensando al gioco delle facoltà di Kant o al gioco senza giocatore di Gadamer. Ricordando che sia per Huizinga che per Caillois il gioco si lega necessariamente al giocatore ed alla sua capacità di essere in forma – perciò al contenuto teorico l’insegnante aggiunge sempre al gioco didattico l’attenzione all’affettività, intesa nel suo senso più ampio. • Bruner (1968) parla di amplificatori culturali per dare peso alla varietà degli stimoli e di motivare l’apprendimento. • La metacognizione aiuta a prendere distanza dai vissuti personali, a valutarli in un ambito che restituisce loro dimensioni consone all’equilibrio personale con la bi-locazione cognitiva (Demetrio).