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Lo straniero - Liceo Tito Livio

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Lo straniero - Liceo Tito Livio
Francesco Zambonin, 3B a.s.2016
“La nostra cultura ha ereditato questo tipo di
tradizione? Fino a che punto tale venerazione
dell'ospite guida le nostre azioni?”
(Jacques Derrida)
XENOS
BARBAROS
O stranïeri!
Chi siete voi? Per quale sorte a questa
terra approdaste, inospitale, e priva
di porti? E di che patria e di che stirpe
dirvi dovrei, per giusto appormi? D'Ellade,
dilettissima a me, la foggia parmi
delle vesti; ma udir vorrei la voce.
E non temete il mio selvaggio aspetto,
non esitate sbigottiti: invece,
pietà d'un infelice abbiate, solo,
abbandonato, senza amici: a lui
parlate, se pur qui giungete amici,
favellatemi, su! Voi non potete
negarmi ciò, non io negarlo a voi.
FILOTTETE
 La prima apparizione del protagonista della
tragedia ne delinea subito la grande umanità del
carattere. Il Filottete di Sofocle vuole sentire la
parola di un Greco e, insieme, allontanare dai
nuovi arrivati il senso di paura, di smarrimento, di
ribrezzo che la sua figura poteva suscitare. Egli
viene, così, incontro alla compassione che il coro
gli ha dimostrato senza ancora conoscerlo.
 Era uso non chiedere mai, come prima cosa,
all’ospite straniero né il nome, né la provenienza,
né di cosa fosse in cerca. Così facendo si
rinunciava al guadagno di un sapere in modo da
non esercitare sull’ospite alcun potere. Filotette,
lo fa – scusandosi – esclusivamente per l’infinito
piacere di sentire qualcuno parlare greco.
Pur essendo nemici, scoprono antichi
rapporti di ospitalità fra le due famiglie, e
decidono di scambiarsi le armi invece di
combattere:
«Grande figlio di Tideo, perché mi domandi chi sono?
Le generazioni degli uomini sono come le foglie: il
vento le fa cadere a terra ma altre ne spuntano sugli
alberi in fiore quando viene la primavera. Così le stirpi
degli uomini, una nasce, l’altra svanisce. Se però vuoi
sapere anche questo, se vuoi conoscere la mia
discendenza, te la dirò, a molti essa è nota. […]Questa
è dunque la stirpe mia, questo il mio sangue».
OSPITE
GLAUCO E
DIOMEDE
Così disse, e fu lieto Diomede dal grido potente; conficcò la
sua lancia nella terra feconda e rivolse parole amichevoli a
Glauco, signore di popoli: «Sei dunque un ospite antico per
me da parte di padre; il divino Oineo accolse un tempo il
nobile Bellerofonte nella sua reggia e lo trattenne per venti
giorni; si scambiarono l’un l’altro doni ospitali, bellissimi;[…]
Io sono dunque per te ospite e amico in Argolide e tu in Licia,
se mai io vi giunga. Non incrociamo le lance tra noi, anche se
siamo in battaglia; […] Scambiamoci invece le armi perché
sappiano anche costoro che siamo ospiti per tradizione antica
e questo è il nostro vanto».
Dopo aver così parlato balzarono entrambi dai carri, si
strinsero la mano, si giurarono fede. Ma Zeus figlio di Crono
tolse il senno a Glauco che scambiò le sue armi d’oro con
quelle di bronzo del figlio di Tideo: il valore di cento buoi
contro quello di nove.
(Iliade 6)
OSPITE
Nausicaa dimostra di aver compreso la
situazione dello sconosciuto supplice, e
sottolinea che gli dèi assegnano agli
uomini felicità o sventura, perché non
vuole attribuirgli alcuna responsabilità
nelle sue disgrazie.
Si rivolge poi alle sue ancelle perché
diano all’ospite i doni più semplici e
immediati: cibo e bevanda, e il ristoro di
un bagno.
NAUSICAA
“Fermatevi. Dove fuggite alla
vista di un uomo? Pensate
forse che sia un nemico?…
Questo è un infelice che arriva
qui errante, bisogna averne
cura. Stranieri e mendicanti
vengono tutti da Zeus, ciò che
ricevono, anche se poco, è
gradito. Allo straniero offrite,
ancelle, da mangiare e da
bere, fatelo lavare nelle acque
del fiume, al riparo dal vento.”
(Odissea 6)
 UNO STRANIERO NARRA LA
STORIA ALTRUI
Libro I:16 E così a prezzo di molte
spese e fatiche io, che sono uno
straniero, presento ai greci e ai
romani questa memoria di grandi
imprese: a loro quando si tratta di
guadagni o di processi subito la
bocca si spalanca e si scioglie la
lingua, mentre nel campo della
storia, dove bisogna dire il vero e
raccogliere i fatti con molta fatica,
essi tacciono lasciando a gente più
umile, e che non è nemmeno
informata, di scrivere le imprese dei
loro dominatori. Sia tenuta da noi in
onore la verità della storia dal
momento che essa è trascurata dai
greci.
GIUSEPPE FLAVIO
«Io credo che le
sventure di tutti gli
altri popoli a partire
dall'origine dei tempi
restino inferiori al
paragone con quelle
dei giudei»
(Libro I, 12)
 LA COSTERNATA CONTEMPLAZIONE DELLA
GUERRA NON HA NAZIONE
Libro VI:7 e nessuno straniero che avesse visto la
Giudea di una volta e gli incantevoli dintorni della città
allo spettacolo di quella desolazione avrebbe potuto fare
a meno di rattristarsi e di gemere di fronte a un tale
cambiamento.
Libro VI:8 La guerra aveva infatti cancellato ogni traccia
dell'antico splendore, e chi per caso fosse all'improvviso
ritornato in quei luoghi non li avrebbe riconosciuti, ma si
sarebbe messo in cerca della città pur trovandosi nei
suoi paraggi.
•
•
•
•
Sallustio
Cicerone
Ovidio
Tacito
 LIBRO III, VI, 27 – LA LEGGE NATURALE ABBRACCIA TUTTI GLI
UOMINI
“E anche se la natura prescrive che l'uomo provveda ad un
altro uomo, qualunque esso sia, per il fatto stesso che è uomo,
ne consegue necessariamente, secondo la stessa legge di
natura, che l'utilità di ogni individuo coincide con quella
comune. E se le cose stanno così, noi tutti siamo regolati da
un'unica e medesima legge di natura, e se è proprio cosi,
certamente la legge di natura ci proibisce di far violenza ai
nostri simili”
 LIBRO III, XI, 47
“Agiscono male anche coloro che vietano agli stranieri di
godere dei vantaggi della città e li bandiscono, […].
E' giusto, difatti, che non sia lecito che venga attribuito il titolo
di cittadino a chi non lo è, […] ; ma è del tutto incivile proibire
agli stranieri di godere dei vantaggi della città. Belli sono quei
casi in cui l'apparenza della utilità pubblica non è tenuta in
alcun conto di fronte all'onestà”
 LIBRO I, 37
OFFICIIS
DE
LIBRO II, XVIII, 64 –
LA GENEROSITA’
“E’ assai decoroso, pure
secondo il mio parere,
che le case degli uomini
insigni siano aperte ad
ospiti insigni, ed è anche
motivo di lustro per lo
Stato che gli stranieri non
manchino in Roma di
questo genere di
liberalità”
HOSTES E PERDUELLIS
È da osservare che, chi doveva chiamarsi, con vocabolo proprio,
perduellis ("nemico di guerra"), era invece chiamato hostis
("straniero"), temperando così con la dolcezza della parola la durezza
della cosa. Difatti i nostri antenatii chiamavano hostis quello che noi
oggi chiamiamo peregrinus ("forestiero"). Ne danno prova le dodici
tavole: Aut status dies cum hoste ("o il giorno fissato, per un giudizio,
con uno straniero"), e cosi ancora: Adversus hostem aeterna auctoritas
("Verso lo straniero l'azione giuridica non è soggetta a prescrizione").
Che cosa si può aggiungere a una così grande mitezza? Chiamare con
un nome così benigno colui col quale si combatte! E' ben vero che
ormai il lungo tempo trascorso ha reso questo vocabolo assai più duro:
esso ha perduto il significato di forestiero per indicare propriamente
colui che ti vien contro con l'armi in pugno.
 Uno dei brani più famosi del poema, la storia di Filemone e
Bauci, comprende la ricezione di una serie di motivi
tradizionali. Il primo è la theoxenia, antica usanza dell’età
dell’oro, quando gli dei non disdegnavano le mense e i tetti
dei mortali. A partire dalla poesia ellenistica (famoso è il
poemetto Ecale di Callimaco), il tema subisce una
specializzazione: l’ospitalità è quella di un personaggio
poverissimo ma generoso, che riesce perciò assai gradito ai
suoi ospiti.
 La gratitudine dell’ospite, come accennato in precedenza,
può controbilanciare i più ricchi doni dell’ospite: il modesto
banchetto che Filemone e Bauci offrono ai loro ospiti
pareggia i doni meravigliosi degli dei.
 Sembra, dunque, che non si dia alcuna misura e proporzione
per l’equivalenza dei doni ospitali, se non l’amicale ospitalità
festiva stessa, nella quale, però, per cortesia e gentilezza, la
misura non deve mai essere tematizzata.
FILEMONE E BAUCI
«Qui venne Giove
travestito da uomo e,
assieme al padre, senza
le ali, il nipote di Atlante
che porta il caduceo.
Bussarono a mille porte,
cercando un luogo per
riposare, e mille porte si
chiusero. Una soltanto li
accolse, piccola, con un
tetto di paglia e di canne:
là vive Bauci, una pia
vecchietta, e il suo
coetaneo Filemone»
HOSPES E HOSTIS
Da «Filemone e Bauci» nasce una riflessione semantica sulle parole
latine hospes e hostis, e sulla loro radice comune hos-, che significa
“pari”.
Ospite e nemico, dunque, sono tali perché sono nostri pari, e hanno
pari dignità, il che ci fa riflettere su come noi usiamo trattarli al giorno
d’oggi: il pensiero vola alle violenze, torture, soprusi in caso di guerre
o al comportamento verso immigrati e stranieri, violazione costante
delle antiche leggi della xenia, distorta in xenofobia, nella convinzione
che “l’altro, il diverso, insidia la mia fragile sicurezza di non essere
l’unico”.
Dunque è quando so di non esserlo, cioè “quando lo sono un po’
anche io che riesco a riconoscere lo straniero”. Ma non si può
ospitare un altro se non “ospitiamo” noi stessi e Filemone e Bauci
sono perfettamente in grado di farlo perché tra loro esiste una
“indivisa dualità”.
 Anche nel De Coniuratione Catilinae, Sallustio si sofferma
sulle negative conseguenze che ha la scomparsa del metus
hostilis: alla paura dei nemici esterni si sostituiscono la
cupido e l’avaritia e i valori dell’etica romana quali la fides, la
probitas e le bonae artes vengono sovvertiti.
METUS HOSTILIS
 L’immagine del nemico ha una precisa funzione di
catalizzazione sociale.
 La moderna tecnica del fearmongering (vecchia come
l’uomo) è tuttora utilizzata in politica, soprattutto a fini
elettorali, influenzando l’elettorato con la paura. Ancora
oggi, i mezzi di comunicazione possono aiutare a
“costruire una crisi”.
“metus hostilis in
bonis artibus
civitatem
retinebat”
(Bellum iugurthinum, 41)
 Motivo topico della letteratura etnografica era il
rapporto tra il popolo e il territorio da esso abitato,
cioè un influsso del clima sull’aspetto fisico; è il
cosiddetto determinismo geografico.
 Lo storico abbraccia la teoria che sostiene che i
Germani siano indigeni (indigenas) e non siano
giunti con migrazioni, né siano “contaminati”
(infectos) da altre popolazioni.
 Il testo tacitiano funse poi da base per la creazione
del mito pangermanico, base del nazismo.
DETERMINISMO
GEOGRAFICO
GERMANIA, II, 4
Come già in alcuni passi di altri autori antichi gli
Ebrei vengono presentati come una popolazione
fortemente misantropa.
Un altro storico, Apione (contro cui si scontrerà lo
stesso Giuseppe Flavio), diceva che nel loro Tempio
compivano sacrifici rituali di stranieri: l’accusa che si
rivolge è quella terribile di misoxenia.
 Paradossalmente quindi, la cultura antica,
come anche l’antisemitismo dell’ultimo secolo
e tuttora attuale, usa come scusa dell’odio nei
confronti degli Ebrei il loro supposto odio nei
confronti di tutti gli altri.
 Del mondo giudaico, inoltre, vengono visti
negativamente il monoteismo e il ribellismo
ostinato all’impero.
ANTISEMITISMO
HISTORIAE, V, 4-5
"... hanno stabilito nuovi riti
contrari a quelli degli altri
mortali: tutto quello che per
noi è sacro, per loro è
profano; tutto quello che a
noi è proibito a loro è
permesso. Hanno messo nel
loro santuario un'immagine
di animale (che sarebbe
l'asino) a cui attribuiscono il
merito di averli aiutati nei
vagabondaggi ....e hanno
immolato un ariete per
offendere Ammone e un bue
perché gli egiziani adorano il
dio Api"
• U.CURI
• R. KAPUSCINSKI
• E. HOFFMANN
• A.CAMUS
• K. DAOUD
• Z. BAUMAN
 Lo straniero è da sempre un enigma: qualcosa
di “extra-ordinario”, e la consapevolezza del
carattere maxime pericolosum dell’incontro con
lui non cancella l’inderogabilità del rapporto.
 La relazione con l’altro costituisce la condizione
senza la quale non è possibile il
riconoscimento e l’affermazione della propria
identità. Di questa paura occorre prendersi
cura.
 La rassicurante e familiare logica dell’ aut-aut
deve essere soppiantata da una modalità di
ragionamento basata sul ben più impegnativo
et-et.
STRANIERO
«Suscita in noi
grande
turbamento il
prendere
coscienza del
fatto che tra casa
e non-casa non si
dà opposizione,
ma identità»
 Doppio aspetto di uomo-individuo e uomo-portatore di
razze e culture: ogni persona sembra essere composta di
due esseri.
Questo rapporto non è rigido, ma mobile mutevole, ecco
perché non sappiamo mai chi stiamo per incontrare,
anche se si tratta di una persona di cui conosciamo da
tempo il nome e l’aspetto.
 Gli uomini sono per natura sedentari, quindi chi è curioso
per entrare in contatto con gli altri deve mettersi in
cammino. Già Erodoto aveva compreso che per conoscere
se stessi bisogna conoscere gli altri.
 Per Lévinas, il volto dell’altro è il libro su cui sta scritto il
bene. Bisogna accettare l’altro, benché diverso, come una
ricchezza. L’altro è il nostro Maestro, che si trova più
vicino a Dio di noi.
L’ALTRO
Oggi, siamo proprio
sicuri che i progressi
della comunicazione
avvicinino
veramente gli uomini
tra di loro?
Upanishada vuol
dire “sedere vicini”:
l’io comunica con
l’altro attraverso la
parola, ma anche
attraverso la
vicinanza diretta.
 L’appartenere a un mondo multiculturale esige
un forte e maturo senso di identità, per via
dell’indebolirsi dei legami culturali tradizionali.
Identità ibrida.
 Se è vero che per me loro sono gli altri, è
altrettanto vero che per loro l’altro sono io.
 Il dialogo è importante in quanto scopo del
dialogo è la reciproca comprensione e scopo
della comprensione è il reciproco
avvicinamento.
 Più uno ha a che fare con i media e più si
lamenta di sentirsi solo e smarrito.
 Non esistono culture superiori o inferiori, ma
solo culture diverse. Ogni giorno la cultura
diventa più ibrida ed eterogenea.
 Il perturbante, nell' "Uomo della Sabbia", è
caratterizzato in primo luogo da Coppelius, che è
l'incubo infantile del protagonista, Nathanael, in
quanto in questo individuo vede l'"uomo della
Sabbia", un essere spaventoso che strappa gli
occhi ai bambini che non vogliono dormire. Il
protagonista aveva represso il ricordo di
Coppelius, ma gli riaffiora quando vede un
venditore di strumenti ottici che gli somiglia
molto, di nome Coppola. Con l'arrivo di questo
individuo, torna a perseguitarlo il ricordo del suo
passato.
L’UOMO DELLA
SABBIA
Chi è l’uomo della sabbia
nella tradizione nordeuropea?
È un personaggio positivo,
che cosparge sabbia magica
sugli occhi dei bambini per
farli addormentare
serenamente.
Contrariamente alla figura
dell’immaginario popolare,
Hoffmann rende il Sandmann,
l’uomo della sabbia, un
personaggio negativo ed
inquietante, direttamente
collegato ad un trauma
infantile del protagonista
 Il secondo elemento perturbante è l'automa Olimpia,
una bambola meccanica talmente simile a un essere
umano da far innamorare Nathanael. Nel racconto di
Hoffmann, questa tematica è concepita da una paura
infantile, che il protagonista si porta dietro anche da
adulto (Coppelius-Coppola), e dal "timore che un
essere animato non sia veramente vivo" (Freud), timore
che assale il lettore, poiché il protagonista non se ne
rende conto, e se ne innamora perdutamente.
Camus è straniero a tutto. La sua estraneità lo rende
cittadino della riflessione continua.
E quando nel '42 pubblica Lo straniero decide di
fissare in volto il più complesso dei temi: l'estraneità
dell'uomo alla società, all'universo intero.
L'incolmabile e insanabile solitudine dell'uomo.
LO STRANIERO
La radicale percezione
dell’assurdità
dell’esistenza umana e
l’alienazione sociale
fanno di Meursault un
antieroe che attraversa
l’esistenza
passivamente ma con
una paradossale
sincerità, che si
traduce in lui nella
totale assenza di
emozioni.
Insomma, quando leggi Lo straniero , quando leggi del
suo protagonista che per puro caso ammazza un arabo,
quando leggi come tutto avvenga per fatalità, ti accorgi
che Camus è riuscito in un'impresa impossibile: quella
di descrivere l'esistenza come qualcosa che accade.
E l'ha fatto non da uomo rinchiuso nei suoi demoni, non
da uomo separato dal suo mondo, ma da uomo che vive
pienamente la sua vita, e nonostante ciò ha compreso
che la vita in fondo capita, senza ragione, senza colpa,
semplicemente capita.
Ne Lo straniero Meursault non è Camus, ma è un uomo
senza mappa e senza coordinate: non immorale ma
perduto proprio come lo scrittore immagina l'uomo del
suo tempo.
(Roberto Saviano)
Chi è oggi lo Straniero?
"Sono gli algerini, indifferenti alla felicità
come all'infelicità. Siamo 36 milioni di Meursault.
L'unica cosa che accende la nostra attenzione è il
rapporto con Dio, come il protagonista dello
Straniero quando incontra un prete, dopo che non
ha reagito davanti alla morte di sua madre o al
bacio di una donna sulla spiaggia. Nel mondo
arabo oggi la sofferenza o la vita non accende più
passioni, solo la religione è uno stimolo. In fondo
non c'è molta differenza tra Meursault che uccide
per noia e un jihadista che lo fa convinto di
seguire un versetto".
IL CASO
MERSEAULT
Come essere santi senza Dio"si domandava
Camus. Domanda sempre attuale?
"L'Occidente gira intorno a questo
interrogativo da ormai tre secoli. Bisogna
costruire un'etica senza una punizione divina e il
paradiso. Per me l'interrogativo è ancora più
primordiale: cosa mi impedisce di uccidere
l'altro? Oggi dobbiamo risacralizzare l'alterità. È
la questione fondamentale di questo secolo"
(Kamel Daoud: "Il mio Straniero dalla parte dell'Arabo",
Repubblica.it)
Non saprei trovare descrizione migliore degli sforzi del sociologo
per indagare e registrare i sentieri tortuosi dell’esperienza umana
che questa citazione di Camus:
«C’è la bellezza e ci sono gli umiliati. Quali che siano le
difficoltà dell’impresa, vorrei non essere mai infedele né
all’una né agli altri».
«Fare una scelta di campo» sacrificando uno di quei due compiti
per (apparentemente) svolgere meglio l’altro finirebbe
inevitabilmente per metterli fuori portata entrambi. Lui stesso si
diceva «posto a metà strada tra la miseria e il sole».
«La miseria – spiegava – mi ha salvato dal credere che tutto vada
bene sotto il sole e il sole mi ha insegnato che la storia non è tutto».
Camus si confessò «pessimista sulla storia umana, ottimista
sull’uomo», nel quale vedeva «l’unica creatura che rifiuta d’essere
ciò che è».
(Zygmunt Bauman, da «Le Nouvel Observateur», traduzione di Anna Maria Brogi)
Z. BAUMAN
STRANIERO IN PATRIA, CHAGALL:
l’EBREO ERRANTE
STRANIERO
(MARC CHAGALL, LA MIA VITA, 1922)
1915
“EBREO ERRANTE IN
PREGHIERA”, PARTITO DA
VITEBSK, ARRIVATO IN
PROVENZA PASSANDO PER
MEZZA EUROPA E L’AMERICA,
CAPACE DI MISCELARE LE
TRE CULTURE CUI
APPARTIENE, EBRAICA, RUSSA
E OCCIDENTALE, IN UN’UNICA
POETICA ARTISTICA
UNIVERSALE DOVE I RITI
DELLA TRADIZIONE EBRAICA
SI SPOSANO CON LA
MODERNITÀ DELLE
“AVANGUARDIE” DEI CAFFÈ
PARIGINI.
A indurre l’artista
all‘esecuzione del quadro
fu la brutale “Notte dei
cristalli” (Kristallnacht)
nel novembre 1938,
quando ebbe l’inizio la
persecuzione degli ebrei
in Germania. In questo
modo Chagall avrebbe
espresso il suo orrore per
gli episodi che stavano
accadendo, uno
sconvolgente documento
del tempo.
Chagall è stato molto criticato in alcuni ambienti ebraici per la
personalissima visione della figura di Cristo. Alcuni cristiani hanno
letto il dipinto come un richiamo provocatorio alle radici ebraiche.
In merito alle diverse interpretazioni, già Chagall si lamentò dei
critici ebrei:
“Non hanno mai capito – disse – chi era veramente
questo Gesù. Uno dei nostri rabbini più amorevole che
soccorreva sempre i bisognosi e i perseguitati. Gli hanno
attribuito troppe insegne da sovrano. E‘ stato considerato
un predicatore dalle regole forti. Per me è l’archetipo del
martire ebreo di tutti i tempi.”
OGNI
UOMO DOVREBBE PROVARE CHE COSA SIGNIFICA ESSERE UN EBREO CON IL SACCO IN
SPALLA
 Già Freud presenta l’ambivalenza filologica di
heimlich, che significa sia casa familiare, vicina al
soggetto, sia ciò che è nascosto. Ciò che è chiuso al
sicuro della casa, e d’altra parte anche nascosto
all’esterno.
 L’angoscia è la percezione della permanenza
del rimosso e della sua prossimità all’io, o,
comunque, dell’estrema vicinanza all’io di
qualcosa che deve rimanere nascosto, poiché ne
minaccia l’organizzazione e la stabilità. Suscita
turbamento il prendere coscienza che tra casa e
non-casa c’è identità.
 Massimamente perturbante è la scoperta che
ciò che sembrava non appartenere alla “casa”,
in realtà proprio da essa proviene. “Unheimlich
è tutto ciò che avrebbe dovuto rimanere segreto,
nascosto e che invece è riaffiorato”.
FREUD HEIDEGGER
DERRIDA
Unheimlich è la parola
della irriducibile
hantise. Il più familiare
diventa il più
inquietante. L’essere “a
casa propria” (…)
diventa paura. Si sente
occupato, nel segreto
del suo interno, dal più
estraneo, il lontano, il
minaccioso.
(Jacques Derrida, Spettri
di Marx)
 Kant, nel suo scritto "Per la pace perpetua. Un
progetto filosofico" del 1795, propone
un'organizzazione internazionale degli stati basata su
un nuovo diritto internazionale, dove i popoli
partecipano direttamente al governo internazionale,
tramite dei rappresentanti, ed in cui vengono abolite
le trattative segrete tra diplomazie. Il fine cui tendere
è la costruzione della pace tra gli stati e gli uomini del
mondo, considerati come i titolari di diritti inalienabili
e comuni a tutti, in quanto abitanti di questo pianeta.
 Qui, come nel precedente articolo, non si tratta di
filantropia, ma di diritto, e perciò ospitalità significa il
diritto di uno straniero di non essere trattato
ostilmente quando arriva sul suolo di un altro.
PER LA PACE
PERPETUA
“[…] ospitalità
significa il diritto di
uno straniero, che
arriva sul territorio
altrui, di non essere
trattato ostilmente.
[…] Originariamente,
nessuno ha maggior
diritto di un altro su
una parte della
terra."
L'idea più stravagante che possa nascere nella testa di un uomo politico è
quella di credere che sia sufficiente per un popolo entrare a mano armata
nel territorio di un popolo straniero per fargli adottare le sue leggi e la sua
costituzione.
(Maximilien de Robespierre)
 L'idea di una struttura sovranazionale che garantisse la
cooperazione tra stati, fu inserita da Woodrow Wilson nei
"Quattordici punti" (il discorso che Woodrow Wilson tenne
l'8 gennaio 1918 davanti alle due camere del Congresso
degli Stati Uniti riunite in seduta comune). Nello storico
discorso il presidente statunitense espose la sua strategia
per porre termine alla prima guerra mondiale e gettare le
basi per una pace mondiale stabile e duratura, sul
modello della pace perpetua kantiana.
 La Società delle Nazioni fu fondata nell'ambito della
conferenza di pace di Parigi del 1919-1920 – formalmente
il 28 giugno 1919 con la firma del trattato di Versailles del
1919 – e fu estinta il 19 aprile 1946 in seguito al fallimento
rappresentato dalla seconda guerra mondiale e alla
nascita, nel 1945, di un'organizzazione con identico scopo,
le Nazioni Unite.
WILSON
SOCIETÀ DELLE
NAZIONI
 Le origini dell’OSCE risalgono ai primi anni ‘70,
all’Atto finale di Helsinki (1975) e alla creazione
della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione
in Europa (CSCE) che, al culmine della guerra
fredda è servita da importante foro multilaterale
per il dialogo e il negoziato tra Est e Ovest.
 Nel 1994 la CSCE, che si era evoluta ben oltre il
suo ruolo iniziale, è stata rinominata
Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione
in Europa.
 Al Vertice di Astana del 2010 i Capi di Stato e di
Governo dell’OSCE hanno riaffermato il loro
impegno a realizzare una:
“comunità di sicurezza euroatlantica e
eurasiatica libera, democratica, comune e
indivisibile, che si estende da Vancouver a
Vladivostok, fondata su principi concordati,
impegni condivisi e obiettivi comuni”
Attualizzazione:
L’affermazione di valori, di principi, di diritti umani dello straniero come
immigrato e come migrante, la coesistenza di cittadinanze nazionali e
sovranazionali, in altri termini, le moderne regole della xenia, non sembrano
trovare una soddisfacente corrispondenza nella realtà dei fatti.
E’ l’inevitabile gap tra fatto e diritto che in questa specifica materia si
manifesta con una forte carica di drammaticità.
Il sistema mostra una fragilità di fondo, come è testimoniato dalle vicende
degli ultimi tempi: i disagi nell’accogliere le ondate di profughi, la dichiarata
assenza di adeguati piani d’azione, la affermata necessità di rivedere gli
accordi di Schengen nel senso della creazione di più efficaci barriere
all’ingresso, le striscianti riserve mentali nei confronti di un’apertura dello
stesso spazio Schengen ai paesi dell’est europeo.
Così, le esigenze di sicurezza e difesa nazionale sembrano oggi prevalere su quel
sentimento di ospitalità verso chi si trova nella spiacevole condizione di dover chiedere
asilo e rifugio, spesso contro la propria volontà.
Nonostante le nobili affermazioni di principio, lo straniero viene ancora percepito e
trattato come hostis piuttosto che come hospes, e l’idea di “cittadino del mondo” appare
poco più che una romantica utopia.
Non si vuole negare l’esistenza di
concrete difficoltà organizzative in
nome di un idealismo fine a se stesso;
ma gli strumenti per la cooperazione
esistono, forse quello che manca è la
reale volontà di indirizzare gli sforzi nel
senso della disponibilità nei confronti
dell’altro e delle sue difficoltà, perché
ciò significa inevitabilmente rinunciare
a un po’ del proprio.
“LO STRANIERO È LA FACCIA NASCOSTA DELLA
NOSTRA IDENTITÀ, LO SPAZIO CHE ROVINA LA
NOSTRA DIMORA, IL TEMPO IN CUI SPROFONDANO
L'INTESA E LA SIMPATIA. RICONOSCENDOLO IN NOI,
CI RISPARMIAMO DI DETESTARLO IN LUI. [...] LO
STRANIERO COMINCIA QUANDO SORGE LA
COSCIENZA DELLA MIA DIFFERENZA E FINISCE
QUANDO CI RICONOSCIAMO TUTTI STRANIERI”
Fly UP