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Lo straniero - Liceo Tito Livio
Francesco Zambonin, 3B a.s.2016 “La nostra cultura ha ereditato questo tipo di tradizione? Fino a che punto tale venerazione dell'ospite guida le nostre azioni?” (Jacques Derrida) XENOS BARBAROS O stranïeri! Chi siete voi? Per quale sorte a questa terra approdaste, inospitale, e priva di porti? E di che patria e di che stirpe dirvi dovrei, per giusto appormi? D'Ellade, dilettissima a me, la foggia parmi delle vesti; ma udir vorrei la voce. E non temete il mio selvaggio aspetto, non esitate sbigottiti: invece, pietà d'un infelice abbiate, solo, abbandonato, senza amici: a lui parlate, se pur qui giungete amici, favellatemi, su! Voi non potete negarmi ciò, non io negarlo a voi. FILOTTETE La prima apparizione del protagonista della tragedia ne delinea subito la grande umanità del carattere. Il Filottete di Sofocle vuole sentire la parola di un Greco e, insieme, allontanare dai nuovi arrivati il senso di paura, di smarrimento, di ribrezzo che la sua figura poteva suscitare. Egli viene, così, incontro alla compassione che il coro gli ha dimostrato senza ancora conoscerlo. Era uso non chiedere mai, come prima cosa, all’ospite straniero né il nome, né la provenienza, né di cosa fosse in cerca. Così facendo si rinunciava al guadagno di un sapere in modo da non esercitare sull’ospite alcun potere. Filotette, lo fa – scusandosi – esclusivamente per l’infinito piacere di sentire qualcuno parlare greco. Pur essendo nemici, scoprono antichi rapporti di ospitalità fra le due famiglie, e decidono di scambiarsi le armi invece di combattere: «Grande figlio di Tideo, perché mi domandi chi sono? Le generazioni degli uomini sono come le foglie: il vento le fa cadere a terra ma altre ne spuntano sugli alberi in fiore quando viene la primavera. Così le stirpi degli uomini, una nasce, l’altra svanisce. Se però vuoi sapere anche questo, se vuoi conoscere la mia discendenza, te la dirò, a molti essa è nota. […]Questa è dunque la stirpe mia, questo il mio sangue». OSPITE GLAUCO E DIOMEDE Così disse, e fu lieto Diomede dal grido potente; conficcò la sua lancia nella terra feconda e rivolse parole amichevoli a Glauco, signore di popoli: «Sei dunque un ospite antico per me da parte di padre; il divino Oineo accolse un tempo il nobile Bellerofonte nella sua reggia e lo trattenne per venti giorni; si scambiarono l’un l’altro doni ospitali, bellissimi;[…] Io sono dunque per te ospite e amico in Argolide e tu in Licia, se mai io vi giunga. Non incrociamo le lance tra noi, anche se siamo in battaglia; […] Scambiamoci invece le armi perché sappiano anche costoro che siamo ospiti per tradizione antica e questo è il nostro vanto». Dopo aver così parlato balzarono entrambi dai carri, si strinsero la mano, si giurarono fede. Ma Zeus figlio di Crono tolse il senno a Glauco che scambiò le sue armi d’oro con quelle di bronzo del figlio di Tideo: il valore di cento buoi contro quello di nove. (Iliade 6) OSPITE Nausicaa dimostra di aver compreso la situazione dello sconosciuto supplice, e sottolinea che gli dèi assegnano agli uomini felicità o sventura, perché non vuole attribuirgli alcuna responsabilità nelle sue disgrazie. Si rivolge poi alle sue ancelle perché diano all’ospite i doni più semplici e immediati: cibo e bevanda, e il ristoro di un bagno. NAUSICAA “Fermatevi. Dove fuggite alla vista di un uomo? Pensate forse che sia un nemico?… Questo è un infelice che arriva qui errante, bisogna averne cura. Stranieri e mendicanti vengono tutti da Zeus, ciò che ricevono, anche se poco, è gradito. Allo straniero offrite, ancelle, da mangiare e da bere, fatelo lavare nelle acque del fiume, al riparo dal vento.” (Odissea 6) UNO STRANIERO NARRA LA STORIA ALTRUI Libro I:16 E così a prezzo di molte spese e fatiche io, che sono uno straniero, presento ai greci e ai romani questa memoria di grandi imprese: a loro quando si tratta di guadagni o di processi subito la bocca si spalanca e si scioglie la lingua, mentre nel campo della storia, dove bisogna dire il vero e raccogliere i fatti con molta fatica, essi tacciono lasciando a gente più umile, e che non è nemmeno informata, di scrivere le imprese dei loro dominatori. Sia tenuta da noi in onore la verità della storia dal momento che essa è trascurata dai greci. GIUSEPPE FLAVIO «Io credo che le sventure di tutti gli altri popoli a partire dall'origine dei tempi restino inferiori al paragone con quelle dei giudei» (Libro I, 12) LA COSTERNATA CONTEMPLAZIONE DELLA GUERRA NON HA NAZIONE Libro VI:7 e nessuno straniero che avesse visto la Giudea di una volta e gli incantevoli dintorni della città allo spettacolo di quella desolazione avrebbe potuto fare a meno di rattristarsi e di gemere di fronte a un tale cambiamento. Libro VI:8 La guerra aveva infatti cancellato ogni traccia dell'antico splendore, e chi per caso fosse all'improvviso ritornato in quei luoghi non li avrebbe riconosciuti, ma si sarebbe messo in cerca della città pur trovandosi nei suoi paraggi. • • • • Sallustio Cicerone Ovidio Tacito LIBRO III, VI, 27 – LA LEGGE NATURALE ABBRACCIA TUTTI GLI UOMINI “E anche se la natura prescrive che l'uomo provveda ad un altro uomo, qualunque esso sia, per il fatto stesso che è uomo, ne consegue necessariamente, secondo la stessa legge di natura, che l'utilità di ogni individuo coincide con quella comune. E se le cose stanno così, noi tutti siamo regolati da un'unica e medesima legge di natura, e se è proprio cosi, certamente la legge di natura ci proibisce di far violenza ai nostri simili” LIBRO III, XI, 47 “Agiscono male anche coloro che vietano agli stranieri di godere dei vantaggi della città e li bandiscono, […]. E' giusto, difatti, che non sia lecito che venga attribuito il titolo di cittadino a chi non lo è, […] ; ma è del tutto incivile proibire agli stranieri di godere dei vantaggi della città. Belli sono quei casi in cui l'apparenza della utilità pubblica non è tenuta in alcun conto di fronte all'onestà” LIBRO I, 37 OFFICIIS DE LIBRO II, XVIII, 64 – LA GENEROSITA’ “E’ assai decoroso, pure secondo il mio parere, che le case degli uomini insigni siano aperte ad ospiti insigni, ed è anche motivo di lustro per lo Stato che gli stranieri non manchino in Roma di questo genere di liberalità” HOSTES E PERDUELLIS È da osservare che, chi doveva chiamarsi, con vocabolo proprio, perduellis ("nemico di guerra"), era invece chiamato hostis ("straniero"), temperando così con la dolcezza della parola la durezza della cosa. Difatti i nostri antenatii chiamavano hostis quello che noi oggi chiamiamo peregrinus ("forestiero"). Ne danno prova le dodici tavole: Aut status dies cum hoste ("o il giorno fissato, per un giudizio, con uno straniero"), e cosi ancora: Adversus hostem aeterna auctoritas ("Verso lo straniero l'azione giuridica non è soggetta a prescrizione"). Che cosa si può aggiungere a una così grande mitezza? Chiamare con un nome così benigno colui col quale si combatte! E' ben vero che ormai il lungo tempo trascorso ha reso questo vocabolo assai più duro: esso ha perduto il significato di forestiero per indicare propriamente colui che ti vien contro con l'armi in pugno. Uno dei brani più famosi del poema, la storia di Filemone e Bauci, comprende la ricezione di una serie di motivi tradizionali. Il primo è la theoxenia, antica usanza dell’età dell’oro, quando gli dei non disdegnavano le mense e i tetti dei mortali. A partire dalla poesia ellenistica (famoso è il poemetto Ecale di Callimaco), il tema subisce una specializzazione: l’ospitalità è quella di un personaggio poverissimo ma generoso, che riesce perciò assai gradito ai suoi ospiti. La gratitudine dell’ospite, come accennato in precedenza, può controbilanciare i più ricchi doni dell’ospite: il modesto banchetto che Filemone e Bauci offrono ai loro ospiti pareggia i doni meravigliosi degli dei. Sembra, dunque, che non si dia alcuna misura e proporzione per l’equivalenza dei doni ospitali, se non l’amicale ospitalità festiva stessa, nella quale, però, per cortesia e gentilezza, la misura non deve mai essere tematizzata. FILEMONE E BAUCI «Qui venne Giove travestito da uomo e, assieme al padre, senza le ali, il nipote di Atlante che porta il caduceo. Bussarono a mille porte, cercando un luogo per riposare, e mille porte si chiusero. Una soltanto li accolse, piccola, con un tetto di paglia e di canne: là vive Bauci, una pia vecchietta, e il suo coetaneo Filemone» HOSPES E HOSTIS Da «Filemone e Bauci» nasce una riflessione semantica sulle parole latine hospes e hostis, e sulla loro radice comune hos-, che significa “pari”. Ospite e nemico, dunque, sono tali perché sono nostri pari, e hanno pari dignità, il che ci fa riflettere su come noi usiamo trattarli al giorno d’oggi: il pensiero vola alle violenze, torture, soprusi in caso di guerre o al comportamento verso immigrati e stranieri, violazione costante delle antiche leggi della xenia, distorta in xenofobia, nella convinzione che “l’altro, il diverso, insidia la mia fragile sicurezza di non essere l’unico”. Dunque è quando so di non esserlo, cioè “quando lo sono un po’ anche io che riesco a riconoscere lo straniero”. Ma non si può ospitare un altro se non “ospitiamo” noi stessi e Filemone e Bauci sono perfettamente in grado di farlo perché tra loro esiste una “indivisa dualità”. Anche nel De Coniuratione Catilinae, Sallustio si sofferma sulle negative conseguenze che ha la scomparsa del metus hostilis: alla paura dei nemici esterni si sostituiscono la cupido e l’avaritia e i valori dell’etica romana quali la fides, la probitas e le bonae artes vengono sovvertiti. METUS HOSTILIS L’immagine del nemico ha una precisa funzione di catalizzazione sociale. La moderna tecnica del fearmongering (vecchia come l’uomo) è tuttora utilizzata in politica, soprattutto a fini elettorali, influenzando l’elettorato con la paura. Ancora oggi, i mezzi di comunicazione possono aiutare a “costruire una crisi”. “metus hostilis in bonis artibus civitatem retinebat” (Bellum iugurthinum, 41) Motivo topico della letteratura etnografica era il rapporto tra il popolo e il territorio da esso abitato, cioè un influsso del clima sull’aspetto fisico; è il cosiddetto determinismo geografico. Lo storico abbraccia la teoria che sostiene che i Germani siano indigeni (indigenas) e non siano giunti con migrazioni, né siano “contaminati” (infectos) da altre popolazioni. Il testo tacitiano funse poi da base per la creazione del mito pangermanico, base del nazismo. DETERMINISMO GEOGRAFICO GERMANIA, II, 4 Come già in alcuni passi di altri autori antichi gli Ebrei vengono presentati come una popolazione fortemente misantropa. Un altro storico, Apione (contro cui si scontrerà lo stesso Giuseppe Flavio), diceva che nel loro Tempio compivano sacrifici rituali di stranieri: l’accusa che si rivolge è quella terribile di misoxenia. Paradossalmente quindi, la cultura antica, come anche l’antisemitismo dell’ultimo secolo e tuttora attuale, usa come scusa dell’odio nei confronti degli Ebrei il loro supposto odio nei confronti di tutti gli altri. Del mondo giudaico, inoltre, vengono visti negativamente il monoteismo e il ribellismo ostinato all’impero. ANTISEMITISMO HISTORIAE, V, 4-5 "... hanno stabilito nuovi riti contrari a quelli degli altri mortali: tutto quello che per noi è sacro, per loro è profano; tutto quello che a noi è proibito a loro è permesso. Hanno messo nel loro santuario un'immagine di animale (che sarebbe l'asino) a cui attribuiscono il merito di averli aiutati nei vagabondaggi ....e hanno immolato un ariete per offendere Ammone e un bue perché gli egiziani adorano il dio Api" • U.CURI • R. KAPUSCINSKI • E. HOFFMANN • A.CAMUS • K. DAOUD • Z. BAUMAN Lo straniero è da sempre un enigma: qualcosa di “extra-ordinario”, e la consapevolezza del carattere maxime pericolosum dell’incontro con lui non cancella l’inderogabilità del rapporto. La relazione con l’altro costituisce la condizione senza la quale non è possibile il riconoscimento e l’affermazione della propria identità. Di questa paura occorre prendersi cura. La rassicurante e familiare logica dell’ aut-aut deve essere soppiantata da una modalità di ragionamento basata sul ben più impegnativo et-et. STRANIERO «Suscita in noi grande turbamento il prendere coscienza del fatto che tra casa e non-casa non si dà opposizione, ma identità» Doppio aspetto di uomo-individuo e uomo-portatore di razze e culture: ogni persona sembra essere composta di due esseri. Questo rapporto non è rigido, ma mobile mutevole, ecco perché non sappiamo mai chi stiamo per incontrare, anche se si tratta di una persona di cui conosciamo da tempo il nome e l’aspetto. Gli uomini sono per natura sedentari, quindi chi è curioso per entrare in contatto con gli altri deve mettersi in cammino. Già Erodoto aveva compreso che per conoscere se stessi bisogna conoscere gli altri. Per Lévinas, il volto dell’altro è il libro su cui sta scritto il bene. Bisogna accettare l’altro, benché diverso, come una ricchezza. L’altro è il nostro Maestro, che si trova più vicino a Dio di noi. L’ALTRO Oggi, siamo proprio sicuri che i progressi della comunicazione avvicinino veramente gli uomini tra di loro? Upanishada vuol dire “sedere vicini”: l’io comunica con l’altro attraverso la parola, ma anche attraverso la vicinanza diretta. L’appartenere a un mondo multiculturale esige un forte e maturo senso di identità, per via dell’indebolirsi dei legami culturali tradizionali. Identità ibrida. Se è vero che per me loro sono gli altri, è altrettanto vero che per loro l’altro sono io. Il dialogo è importante in quanto scopo del dialogo è la reciproca comprensione e scopo della comprensione è il reciproco avvicinamento. Più uno ha a che fare con i media e più si lamenta di sentirsi solo e smarrito. Non esistono culture superiori o inferiori, ma solo culture diverse. Ogni giorno la cultura diventa più ibrida ed eterogenea. Il perturbante, nell' "Uomo della Sabbia", è caratterizzato in primo luogo da Coppelius, che è l'incubo infantile del protagonista, Nathanael, in quanto in questo individuo vede l'"uomo della Sabbia", un essere spaventoso che strappa gli occhi ai bambini che non vogliono dormire. Il protagonista aveva represso il ricordo di Coppelius, ma gli riaffiora quando vede un venditore di strumenti ottici che gli somiglia molto, di nome Coppola. Con l'arrivo di questo individuo, torna a perseguitarlo il ricordo del suo passato. L’UOMO DELLA SABBIA Chi è l’uomo della sabbia nella tradizione nordeuropea? È un personaggio positivo, che cosparge sabbia magica sugli occhi dei bambini per farli addormentare serenamente. Contrariamente alla figura dell’immaginario popolare, Hoffmann rende il Sandmann, l’uomo della sabbia, un personaggio negativo ed inquietante, direttamente collegato ad un trauma infantile del protagonista Il secondo elemento perturbante è l'automa Olimpia, una bambola meccanica talmente simile a un essere umano da far innamorare Nathanael. Nel racconto di Hoffmann, questa tematica è concepita da una paura infantile, che il protagonista si porta dietro anche da adulto (Coppelius-Coppola), e dal "timore che un essere animato non sia veramente vivo" (Freud), timore che assale il lettore, poiché il protagonista non se ne rende conto, e se ne innamora perdutamente. Camus è straniero a tutto. La sua estraneità lo rende cittadino della riflessione continua. E quando nel '42 pubblica Lo straniero decide di fissare in volto il più complesso dei temi: l'estraneità dell'uomo alla società, all'universo intero. L'incolmabile e insanabile solitudine dell'uomo. LO STRANIERO La radicale percezione dell’assurdità dell’esistenza umana e l’alienazione sociale fanno di Meursault un antieroe che attraversa l’esistenza passivamente ma con una paradossale sincerità, che si traduce in lui nella totale assenza di emozioni. Insomma, quando leggi Lo straniero , quando leggi del suo protagonista che per puro caso ammazza un arabo, quando leggi come tutto avvenga per fatalità, ti accorgi che Camus è riuscito in un'impresa impossibile: quella di descrivere l'esistenza come qualcosa che accade. E l'ha fatto non da uomo rinchiuso nei suoi demoni, non da uomo separato dal suo mondo, ma da uomo che vive pienamente la sua vita, e nonostante ciò ha compreso che la vita in fondo capita, senza ragione, senza colpa, semplicemente capita. Ne Lo straniero Meursault non è Camus, ma è un uomo senza mappa e senza coordinate: non immorale ma perduto proprio come lo scrittore immagina l'uomo del suo tempo. (Roberto Saviano) Chi è oggi lo Straniero? "Sono gli algerini, indifferenti alla felicità come all'infelicità. Siamo 36 milioni di Meursault. L'unica cosa che accende la nostra attenzione è il rapporto con Dio, come il protagonista dello Straniero quando incontra un prete, dopo che non ha reagito davanti alla morte di sua madre o al bacio di una donna sulla spiaggia. Nel mondo arabo oggi la sofferenza o la vita non accende più passioni, solo la religione è uno stimolo. In fondo non c'è molta differenza tra Meursault che uccide per noia e un jihadista che lo fa convinto di seguire un versetto". IL CASO MERSEAULT Come essere santi senza Dio"si domandava Camus. Domanda sempre attuale? "L'Occidente gira intorno a questo interrogativo da ormai tre secoli. Bisogna costruire un'etica senza una punizione divina e il paradiso. Per me l'interrogativo è ancora più primordiale: cosa mi impedisce di uccidere l'altro? Oggi dobbiamo risacralizzare l'alterità. È la questione fondamentale di questo secolo" (Kamel Daoud: "Il mio Straniero dalla parte dell'Arabo", Repubblica.it) Non saprei trovare descrizione migliore degli sforzi del sociologo per indagare e registrare i sentieri tortuosi dell’esperienza umana che questa citazione di Camus: «C’è la bellezza e ci sono gli umiliati. Quali che siano le difficoltà dell’impresa, vorrei non essere mai infedele né all’una né agli altri». «Fare una scelta di campo» sacrificando uno di quei due compiti per (apparentemente) svolgere meglio l’altro finirebbe inevitabilmente per metterli fuori portata entrambi. Lui stesso si diceva «posto a metà strada tra la miseria e il sole». «La miseria – spiegava – mi ha salvato dal credere che tutto vada bene sotto il sole e il sole mi ha insegnato che la storia non è tutto». Camus si confessò «pessimista sulla storia umana, ottimista sull’uomo», nel quale vedeva «l’unica creatura che rifiuta d’essere ciò che è». (Zygmunt Bauman, da «Le Nouvel Observateur», traduzione di Anna Maria Brogi) Z. BAUMAN STRANIERO IN PATRIA, CHAGALL: l’EBREO ERRANTE STRANIERO (MARC CHAGALL, LA MIA VITA, 1922) 1915 “EBREO ERRANTE IN PREGHIERA”, PARTITO DA VITEBSK, ARRIVATO IN PROVENZA PASSANDO PER MEZZA EUROPA E L’AMERICA, CAPACE DI MISCELARE LE TRE CULTURE CUI APPARTIENE, EBRAICA, RUSSA E OCCIDENTALE, IN UN’UNICA POETICA ARTISTICA UNIVERSALE DOVE I RITI DELLA TRADIZIONE EBRAICA SI SPOSANO CON LA MODERNITÀ DELLE “AVANGUARDIE” DEI CAFFÈ PARIGINI. A indurre l’artista all‘esecuzione del quadro fu la brutale “Notte dei cristalli” (Kristallnacht) nel novembre 1938, quando ebbe l’inizio la persecuzione degli ebrei in Germania. In questo modo Chagall avrebbe espresso il suo orrore per gli episodi che stavano accadendo, uno sconvolgente documento del tempo. Chagall è stato molto criticato in alcuni ambienti ebraici per la personalissima visione della figura di Cristo. Alcuni cristiani hanno letto il dipinto come un richiamo provocatorio alle radici ebraiche. In merito alle diverse interpretazioni, già Chagall si lamentò dei critici ebrei: “Non hanno mai capito – disse – chi era veramente questo Gesù. Uno dei nostri rabbini più amorevole che soccorreva sempre i bisognosi e i perseguitati. Gli hanno attribuito troppe insegne da sovrano. E‘ stato considerato un predicatore dalle regole forti. Per me è l’archetipo del martire ebreo di tutti i tempi.” OGNI UOMO DOVREBBE PROVARE CHE COSA SIGNIFICA ESSERE UN EBREO CON IL SACCO IN SPALLA Già Freud presenta l’ambivalenza filologica di heimlich, che significa sia casa familiare, vicina al soggetto, sia ciò che è nascosto. Ciò che è chiuso al sicuro della casa, e d’altra parte anche nascosto all’esterno. L’angoscia è la percezione della permanenza del rimosso e della sua prossimità all’io, o, comunque, dell’estrema vicinanza all’io di qualcosa che deve rimanere nascosto, poiché ne minaccia l’organizzazione e la stabilità. Suscita turbamento il prendere coscienza che tra casa e non-casa c’è identità. Massimamente perturbante è la scoperta che ciò che sembrava non appartenere alla “casa”, in realtà proprio da essa proviene. “Unheimlich è tutto ciò che avrebbe dovuto rimanere segreto, nascosto e che invece è riaffiorato”. FREUD HEIDEGGER DERRIDA Unheimlich è la parola della irriducibile hantise. Il più familiare diventa il più inquietante. L’essere “a casa propria” (…) diventa paura. Si sente occupato, nel segreto del suo interno, dal più estraneo, il lontano, il minaccioso. (Jacques Derrida, Spettri di Marx) Kant, nel suo scritto "Per la pace perpetua. Un progetto filosofico" del 1795, propone un'organizzazione internazionale degli stati basata su un nuovo diritto internazionale, dove i popoli partecipano direttamente al governo internazionale, tramite dei rappresentanti, ed in cui vengono abolite le trattative segrete tra diplomazie. Il fine cui tendere è la costruzione della pace tra gli stati e gli uomini del mondo, considerati come i titolari di diritti inalienabili e comuni a tutti, in quanto abitanti di questo pianeta. Qui, come nel precedente articolo, non si tratta di filantropia, ma di diritto, e perciò ospitalità significa il diritto di uno straniero di non essere trattato ostilmente quando arriva sul suolo di un altro. PER LA PACE PERPETUA “[…] ospitalità significa il diritto di uno straniero, che arriva sul territorio altrui, di non essere trattato ostilmente. […] Originariamente, nessuno ha maggior diritto di un altro su una parte della terra." L'idea più stravagante che possa nascere nella testa di un uomo politico è quella di credere che sia sufficiente per un popolo entrare a mano armata nel territorio di un popolo straniero per fargli adottare le sue leggi e la sua costituzione. (Maximilien de Robespierre) L'idea di una struttura sovranazionale che garantisse la cooperazione tra stati, fu inserita da Woodrow Wilson nei "Quattordici punti" (il discorso che Woodrow Wilson tenne l'8 gennaio 1918 davanti alle due camere del Congresso degli Stati Uniti riunite in seduta comune). Nello storico discorso il presidente statunitense espose la sua strategia per porre termine alla prima guerra mondiale e gettare le basi per una pace mondiale stabile e duratura, sul modello della pace perpetua kantiana. La Società delle Nazioni fu fondata nell'ambito della conferenza di pace di Parigi del 1919-1920 – formalmente il 28 giugno 1919 con la firma del trattato di Versailles del 1919 – e fu estinta il 19 aprile 1946 in seguito al fallimento rappresentato dalla seconda guerra mondiale e alla nascita, nel 1945, di un'organizzazione con identico scopo, le Nazioni Unite. WILSON SOCIETÀ DELLE NAZIONI Le origini dell’OSCE risalgono ai primi anni ‘70, all’Atto finale di Helsinki (1975) e alla creazione della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa (CSCE) che, al culmine della guerra fredda è servita da importante foro multilaterale per il dialogo e il negoziato tra Est e Ovest. Nel 1994 la CSCE, che si era evoluta ben oltre il suo ruolo iniziale, è stata rinominata Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Al Vertice di Astana del 2010 i Capi di Stato e di Governo dell’OSCE hanno riaffermato il loro impegno a realizzare una: “comunità di sicurezza euroatlantica e eurasiatica libera, democratica, comune e indivisibile, che si estende da Vancouver a Vladivostok, fondata su principi concordati, impegni condivisi e obiettivi comuni” Attualizzazione: L’affermazione di valori, di principi, di diritti umani dello straniero come immigrato e come migrante, la coesistenza di cittadinanze nazionali e sovranazionali, in altri termini, le moderne regole della xenia, non sembrano trovare una soddisfacente corrispondenza nella realtà dei fatti. E’ l’inevitabile gap tra fatto e diritto che in questa specifica materia si manifesta con una forte carica di drammaticità. Il sistema mostra una fragilità di fondo, come è testimoniato dalle vicende degli ultimi tempi: i disagi nell’accogliere le ondate di profughi, la dichiarata assenza di adeguati piani d’azione, la affermata necessità di rivedere gli accordi di Schengen nel senso della creazione di più efficaci barriere all’ingresso, le striscianti riserve mentali nei confronti di un’apertura dello stesso spazio Schengen ai paesi dell’est europeo. Così, le esigenze di sicurezza e difesa nazionale sembrano oggi prevalere su quel sentimento di ospitalità verso chi si trova nella spiacevole condizione di dover chiedere asilo e rifugio, spesso contro la propria volontà. Nonostante le nobili affermazioni di principio, lo straniero viene ancora percepito e trattato come hostis piuttosto che come hospes, e l’idea di “cittadino del mondo” appare poco più che una romantica utopia. Non si vuole negare l’esistenza di concrete difficoltà organizzative in nome di un idealismo fine a se stesso; ma gli strumenti per la cooperazione esistono, forse quello che manca è la reale volontà di indirizzare gli sforzi nel senso della disponibilità nei confronti dell’altro e delle sue difficoltà, perché ciò significa inevitabilmente rinunciare a un po’ del proprio. “LO STRANIERO È LA FACCIA NASCOSTA DELLA NOSTRA IDENTITÀ, LO SPAZIO CHE ROVINA LA NOSTRA DIMORA, IL TEMPO IN CUI SPROFONDANO L'INTESA E LA SIMPATIA. RICONOSCENDOLO IN NOI, CI RISPARMIAMO DI DETESTARLO IN LUI. [...] LO STRANIERO COMINCIA QUANDO SORGE LA COSCIENZA DELLA MIA DIFFERENZA E FINISCE QUANDO CI RICONOSCIAMO TUTTI STRANIERI”