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Le Persecuzioni di Padre Pio

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Le Persecuzioni di Padre Pio
Le Persecuzioni di Padre Pio
di Luigi Peroni
(Luigi Peroni è stato il più grande biografo di Padre Pio. Ha scritto numerosi articoli, ha rilasciato numerose interviste ed ha partecipato a forum televisivi per comunicare la figura del nostro grande Santo Pio da
Pietrelcina. È stato figlio spirituale di San Pio per più di 22 anni. Ha vissuto a Roma, è nato il 2 Aprile del
1916 e dove è mancato il 16 Marzo 2006, con grande dolore dei Suoi cari e delle innumerevoli persone che in
Lui trovavano un voce cara di conforto e di esortazione alla via del bene nelle difficoltà della vita.
È stato funzionario superiore della Pubblica Amministrazione ed assistente presso l'Università di Roma "La
Sapienza" nella cattedra di Esegesi delle fonti del Diritto Italiano. È stato Direttore Generale dei Gruppi di
Preghiere di Padre Pio. Ha collaborato a numerose riviste.
Per il suo rigore e la sua dettagliata cronologia, la sua biografia dal titolo "Padre Pio da Pietrelcina", è universalmente considerata la migliore biografia di San Pio, documento fondamentale per la comprensione della vita e della spiritualità del Santo.
È stata tradotta in inglese, francese, spagnolo, portoghese, polacco etc.)
____________________________
Per tutto l'arco della vita, compreso tra l'impressione delle stimmate (1918) e il Suo trapasso da questa
vita (1968) Padre Pio fu sempre perseguitato.
Furono persecuzioni mosse da avversioni, gelosie, invidie, odi, ostruzionismo al suo apostolato, accuse
infamanti, calunnie, violenze morali.
Fin dalla Sua primissima presenza in San Giovanni Rotondo (1916) Egli trovò ostilità nell'ambiente religioso
perchè, con la Sua intensa attività apostolica, sconvolgeva la rilassatezza dei costumi e l'abituale negligenza del
clero locale.
Poi, negli anni successivi, sino al trapasso, il Suo servizio intenso ed incondizionato alla Chiesa di Cristo incontrò, giorno per giorno, avversioni, contrarietà, contrasti, per opera, normalmente, di persone che trovavano
in Lui un duro ostacolo al conseguimento di loro disonesti interessi personali.
Queste guerre continue l'avevano ridotto un "ecce homo", tanto che nell'ultimo giorno di vita Egli, dopo la
celebrazione della Messa, stava per crollare giù dall'altare se non fosse stato provvidenzialmente soccorso dai
presenti.
Dopo una vita di persecuzioni crudeli e feroci, al suo trapasso parve a molti che insieme a Lui crollassero
anche le opere Sue. Ma quello che sembrò designare una fine, fu invece un principio, ciò che sembrò segnare
una sconfitta fu invece una vittoria, ciò che sembrò delineare una prostrazione fu invece un trionfo.
In tutta la vita di Padre Pio, quindi, i suoi acerrimi e indiavolati nemici furono sempre presenti, e furono sei
le grandi persecuzioni contro Lui.
Prima persecuzione
Il Padre arriva a S. Giovanni Rotondo nel 1916 e Gli viene affidata la direzione del seminario serafico e la
direzione spirituale degli studenti, dei quali segue, giorno e notte, le mosse, il comportamento e l'evolversi della
vita spirituale; ne presenzia le preghiere, partecipa alla loro ricreazione, è presente ai pasti. Soprattutto riceve le
anime che accorrono al Convento per chiedere consiglio.
Dirige, mediante la corrispondenza epistolare, chi si rivolge a Lui per lettera. Promuove opere caritatevoli.
Avvia gruppi di donne ad una vita di preghiera e di penitenza. Istituisce un Cenacolo francescano. Dedica molto
tempo alla preparazione del Divin Sacrificio ed al ringraziamento. È sempre presente in coro con la comunità.
Fa scorrere incessantemente la Corona del Rosario, con la mano sotto la pettorina.
Siamo appena agli ultimi mesi del 1916 e già si vede prorompere la Sua poderosa attività apostolica nel paese garganico. Questo chiuso da millenni in se stesso sente rinascere una speranza nuova; una mentalità nuova,
una forza vitale nuova.
Cominciano i primi guai. Un gruppo di Sacerdoti di San Giovanni Rotondo, abituati ad una condotta di vita
corrotta ed ad un abbandono sconcertante dell'adempimento dei doveri ministeriali, cominciò a sentire forte fastidio della Sua presenza, che mette in evidenza il loro scadimento morale.
Non solo, ma il Padre, dal Suo confessionale, riconduce tante anime sui giusti binari, cosa che manda in bestia quei Sacerdoti che vedono strapparsi di mano alcune donne del paese asservite ai loro desideri. A questo si
aggiunga che i fedeli fanno convergere le loro offerte per le Messe al Convento, privando loro di quelle provvigioni.
I paesani, assuefatti da tempo al collasso spirituale, avvertono, all'arrivo di quella luminosa presenza,
Padre Pio, come un risveglio e un rifiorire dei valori dello spirito: accorrono a Lui, rivedono la condotta
di vita, tornano alla preghiera, escono dal vicolo della rilassatezza e dello sconforto.
Ed ecco che il fastidio e l'antipatia dei canonici si tramutano in avversione ed odio. Occorre dire che i Sacerdoti del paese, che svolgono bene il loro apostolato ed eseguono scrupolosamente il loro ufficio, sono molti ed
alcuni ottimi. Ma dipendono da coloro che, normalmente ribelli all'osservanza delle norme della morale e della
giustizia, esercitano il dominio sul paese.
Ciò premesso si comprende subito il motivo per cui questi canonici, i quali si danno spesso reciproco appoggio e protezione ed in alcuni atti divengono anche complici, si adoperano con ogni mezzo, (specialmente dopo
che Padre Pio è stato segnato con le sacre stimmate ) a far si che il loro malvisto, che è venuto ad apportare
questo fermento di vita religiosa, venga allontanato dal paese e trasferito altrove.
È il primo atto di aggressione al Padre.
Quando poi vedono che questo risveglio di vita cristiana va dilagando anche nei paesi circostanti e
preoccupatissimi vedono andare in fumo, un po’ alla volta, il loro mondo da "mille e una notte" sentono
ribollire il sangue, si agitano e corrono a cercare aiuto, con la forza della disperazione, da chi è potente e
legato alle loro malefatte.
Ed è qui che entra in scena, dapprima come sostenitore e, subito dopo, come conduttore e promotore della
lotta contro il Padre (lotta che si protrarrà per circa dieci anni) L'ARCIVESCOVO DI MANFREDONIA, PASQUALE
GAGLIARDI, UNO DEI PERSONAGGI PIÙ DISCUSSI DEL CLERO ITALIANO.
La diocesi governata da Gagliardi è tutto uno "sfacelo". Sono abbandonati a se stessi tutti i centri diocesani
ed in particolare Vieste, Vico, Monte Sant'Angelo, San Giovanni Rotondo. In essi egli non amministra la Cresima da anni, i seminari vengono affidati alla direzione di suoi amici, professori totalmente inetti, gli incarichi
amministrativi vengono fatti gestire da persone incapaci e moralmente biasimevoli. Nella diocesi vengono accolti Sacerdoti rifiutati ed espulsi da altre diocesi per motivi facilmente comprensibili.
Egli, che non sa esprimersi neanche in corretta lingua italiana, è avaro, fa commercio di beni sacri,
ama la buona cucina, frequenta senza ritegno compiacenti donne e punisce severamente i buoni Sacerdoti che osano fare ricorso a lui contro gli abusi dei prelati a lui legati.
Diviene il portabandiera della lotta più spietata contro Padre Pio; lotta che fa sentire i suoi riflessi anche sui
buoni Sacerdoti del paese e sui Frati del convento dove risiede Padre Pio.
Su di lui grava la colpa di avere ingannato il governo centrale della Chiesa ed in particolare il Sant'Uffizio, perché, facendo leva sulla sua autorità, sulla sua credibilità e sul suo prestigio personale, con le sue
denuncie false, infami e calunniose contro il Santo frate, ha indotto il supremo organo della Chiesa a
prendere severissimi e ingiustificati provvedimenti contro di Lui.
Il vescovo Gagliardi è il protettore di un accozzaglia di fuorilegge, depravati, pervertiti, spudoratamente privi di ogni senso morale che, estromessi da ogni altra diocesi trovano in lui affabile accoglienza. Protetto da questa massiccia struttura di sostegno, egli ha la sua roccaforte in San Giovanni Rotondo, ove svolge la sua più intensa attività con l'appoggio dei Sacerdoti a lui strettamente legati e che pongono il loro impegno principale nel
chiedere l'espulsione dal paese di quell'umile Frate, che ha la colpa di richiamare le anime a tornare a Dio.
Già sul finire del 1919 è forte la richiesta da parte dei nemici di cacciare Padre Pio da San Giovanni Rotondo. Costoro cominciano ad inviare con un crescente impressionante, denuncie scritte al Sant'Uffizio, sollecitati
dal vescovo, che appoggia le loro accuse con turpi e false dichiarazioni.
Il vescovo, poi, tra le tante calunnie, attesta, con disgustosa spudoratezza, che Padre Pio ha preteso un rinnovamento della cella, un paio di eleganti stivaletti, un pavimento di lusso e afferma con astosa acredine, di averlo
sorpreso mentre si cospargeva di profumi.
A Roma i Cardinali favorevoli a Padre Pio sono tanti (Bonaventura, Cerretti, Augusto Silj, Cagliero, Gasparri, Faulhaber e prima di tutti Papa Benedetto XV) come pure tanti Vescovi di ogni parte del mondo (Kencaly,
Cuccarollo, Longhini, Poli, Lucchetti, Corkacho, Monastel etc.).
Ma purtroppo è Prefetto della Congregazione concistoriale competente in materia, il cardinale Gaetano De
Lai, amicissimo del Gagliardi ed in mano sue finiscono le denuncie. Il cardinale De Lai è affiancato da due autorità contrarie a Padre Pio: il cardinale Rossello Rossi e mons. Carlo Perosi. Della concistoriale fa anche parte
un forte avversario del Padre, il cardinale Alfonso Maria Mistangelo.
Un sacerdote amico di Padre Pio viene incaricato da amici a recarsi a Roma per conoscere quali siano le accuse mosse contro il Frate. Viene a sapere dal Commissario del Sant'Uffizio, Padre Lottini, che in suo dettagliato rapporto il vescovo Gagliardi "dipinge il monaco cappuccino a neri colori e attribuisce a mistificazioni e fanatismo le sue piaghe a discapito della serietà della nostra Religione".
Il più grande falsario della verità, infame calunniatore, sostanzialmente apostata, osa parlare di nostra Santa
Religione.
Il suo rapporto si conclude con questo dilemma; "o via Padre Pio dalla mia diocesi o via il vescovo". Comunque, il vescovo deve per ora mordere il freno e muoversi con prudenza, perché il Papa è molto vicino a Padre Pio.
Ma allorché il 22 Gennaio 1922 il Papa muore, la cricca vescovile esulta e si riaccende in essa la speranza
che il Gagliardi riuscirà finalmente a far espellere il Frate dalla diocesi. Tra l'altro il Gagliardi non dimentica
una piccante risposta datagli dal Papa: "Andare cauti è bene, ma essere increduli è male".
È incredibile. Un povero Frate che se ne sta chiuso in convento, che celebra Messa, che rimane per ore
in confessionale, che digiuna, prega e fa penitenza, viene perseguitato, insultato, odiato, minacciato e denunciato alle autorità religiose e civili soltanto perchè compie il proprio dovere.
Il vescovo Gagliardi muove guerra a tutto ciò che ha relazione con Padre Pio e a tutti coloro che Lo stimano.
Ad esempio, il guardiano di San Giovanni Rotondo promuove una società di mutuo soccorso, incoraggiato dal
Padre, ma l'arcivescovo la vieta perché teme che simili associazioni "incendino gli animi alla rivolta" e conclude: "Io noto che si stava meglio prima a San Giovanni Rotondo per disciplina ecclesiastica e pratica religiosa".
E incita il clero locale "a mandare denunce, copie, relazioni, etc. perchè tutto sarà mandato a chi sa ricevere e
tenere sub segreto" (cioè il suo amico cardinale De Lai, segretario della concistoriale).
IL VESCOVO MUOVE AL PADRE UNA "VERA GUERRA SATANICA" (PAROLE DI PADRE AGOSTINO, CONFESSORE DI PADRE PIO ).
Avallando con la sua autorità ciò che i suoi seguaci vanno divulgando e cioè che la questione Padre Pio
"comincia a puzzare di losco", che verso le piaghe di Lui occorre prendere "misure profilattiche", che intorno a
Lui si sta svolgendo "una lurida industria".
Uno dei denuncianti scrive: "Se potessi bruciare vivo Padre Pio, Lo brucerei".
Un altro scrive che "i padri cappuccini si percossero a sangue con armi bianche e da fuoco" a causa dei danari che pervenivano al Padre; e altri che a causa di Lui "le pie donne frequentano il convento" e che "i Frati
visitano le case di queste anche di notte".
La malvagità di costoro giunge anche a questo.
Ed ecco sopraggiungere, inaspettato, un potente aiuto al Gagliardi ed ai nemici di Padre Pio: l'arrivo a San
Giovanni Rotondo del frate minore conventuale padre Agostino Gemelli. È il 18 Aprile 1920 quando il Gemelli, accompagnato dalla signorina Armida Barelli, giunge al convento. Chiede di vedere ed esaminare le piaghe
del Padre, il quale, però, si rifiuta di mostrargliele, perché il Gemelli non ha un'autorizzazione scritta, come prescritto dai superiori.
Egli, dopo un paio di inutili insistenze che provocano anche un forte senso di fastidio nel Padre, riparte, il
giorno seguente, promettendo di rifarsi dello smacco, dicendo in presenza di un testimone: "Bene, Padre Pio,
ne riparleremo".
Anzi, un nemico del Padre il canonico don Giovanni Miscio, presente alla visita del Gemelli, ha lasciato
scritto che costui "non ebbe il bene di visitare il nostro infermo, ma che solo poté osservarlo".
Nei suoi due articoli "Le affermazioni della scienza intorno alle stimmate di San Francesco" (pubblicato su
"Studi Francescani", già "La Verna") e "Le stimmate di San Francesco nel giudizio della scienza" (pubblicato
su "Vita e Pensiero"), entrambi del 1924 e sostanzialmente identici, egli nega la soprannaturalità dei segni
stimmatici, in tutti, tranne in San Francesco e, bontà sua, in Santa Caterina da Siena, perché il Papa ne aveva
fatto cenno.
Questi suoi studi presi in esame dalle Congregazioni romane danneggiano anche la causa di beatificazione di
Gemma Galgani, che a causa loro, viene ritardata fino al 1933.
Egli parla di "affermazioni della scienza". Ma quale scienza? La sua, niente affatto positiva, che vorrebbe
guarire un soggetto per lui "neuropatico" con i suoi metodi psicologici e che riconosce l'autenticità delle stimmate di San Francesco soltanto perché inquadrabili nelle sue teorie.
Questo è quanto emerge dai suoi scritti, spesso niente affatto chiari e coerenti.
La rivista dei padri gesuiti "Civiltà Cattolica" affronta la difesa delle stimmate in un forte articolo che ribatte
le teorie del Gemelli, ma ne viene vietata la pubblicazione sull'Osservatore Romano e sulla stessa Civiltà Cattolica, per un tempestivo e decisivo intervento del Gemelli presso le autorità vaticane. Egli sforzandosi di dimostrare che le stimmate hanno un'origine tutt'altro che soprannaturale colpisce duramente tutta una pagina splendida del Cristianesimo, mentre in cuor suo intende ferire specialmente il Frate del Gargano.
Scrivendo al padre gesuita Cirillo Martindale a Londra in relazione ad un suo scritto sulla rivista "Month"
dove erano accreditate le relazioni mediche dei professori Del Fante, Romanelli, Bignami, che avevano visitato
Padre Pio, il Gemelli sostiene che anche lui visitò il Padre in quanto "svolse opera di perito medico mandato
dal Sant'Uffizio ad esaminare Padre Pio" e di avere "esaminato il Padre e le stimmate".
Gran bugiardo perchè il confessore di Padre Pio, Padre Agostino che non si staccò mai per un attimo da Lui,
afferma che il Gemelli poté soltanto scambiare qualche parola con Padre Pio.
Il suo atteggiamento di ostinato nemico del Frate si manifesta anche in altra maniera.
Ad un giovane che si presenta a lui nel convento di Sant'Antonio in via Merulana a Roma per invitarlo gentilmente a correggere o almeno a modificare il suo pensiero su Padre Pio, egli con ostinata caparbietà dice:
"Giovanotto, si occupi della sua famiglia e lasci perdere affari che non la riguardano . Ritenga bene che è
pericoloso cercare di tagliarmi la strada. Altri più forti di lei si sono fatti schiacciare".
E con un pugno sul tavolo sigilla quanto stava dicendo.
Quando il Sant'Uffizio con la sua relazione del 31 Maggio 1923, di cui si dirà appresso, colpirà con il suo
duro provvedimento Padre Pio, è chiaro che deve avere avuto come movente di base una relazione medica ad
alto livello, quindi di una personalità che si impone per il suo prestigio, che non può essere che padre Gemelli.
Ad un padre cappuccino che va al Sant'Uffizio per chiedere notizie sulla pratica in esame di Padre Pio, il Cardinale Michele Lega comunica che la relazione medica prodotta dal Gemelli è "terribile".
Ad un giovane monsignore (autorità sorgente, Mario Crovini, che accompagna in auto il presuntuoso che
vuole indagare sui fenomeni mistici "coi mezzi moderni della psicologia sperimentale") che osa chiedergli, con
molta prudenza, conoscendone il carattere, che cosa ne pensa di Padre Pio, egli risponde con tre sole parole:
"Autolesionista, imbroglione, psicopatico".
Dunque Gemelli e Gagliardi costituiscono il binomio che tiene viva la fiaccola di questa prima persecuzione
al venerato Padre Pio. Quella del vescovo Gagliardi, tra l'altro anche spergiuro, si protrae oltre il suo allontanamento, nel 1929, dalla diocesi, e quella del Gemelli, che si avvale del vantato epiteto di scienziato e dell'amicizia accordatagli da Papa Pio XI, sono la causa di dolorosi provvedimenti che il Sant'Uffizio va prendendo con
ritmo impressionante a carico della vittima innocente del Gargano.
Ed ecco i provvedimenti a carico di Padre Pio:
- 2 Giugno 1922 il Sant'Uffizio ordina che "si stia in osservazione" sul Padre, che celebri "summo mane",
che non mostri le "cosiddette stimmate", che interrompa ogni relazione, anche epistolare, con il suo direttore
spirituale, che si provveda per un "trasferimento".
- 31 Maggio 1923, il Sant'Uffizio dà la sua mazzata impietosa con questa dichiarazione: "... non constare de
eorundem factorum supernaturalitate..." ("... non constare della soprannaturalità dei fatti attribuiti a Padre
Pio...").
- 24 Luglio 1924, il Sant'Uffizio emana un "Monito": "... ut a praedicto Patre, devotionis causa, invisendo et
a quavis cum eo,etiam epistolari, relatione favenda prorsus abstineant..." (ordina ai fedeli di non avere alcuna
relazione anche epistolare con Padre Pio).
- 23 Aprile 1926, Appello ai fedeli perché si astengano dal leggere un opuscolo "ipso iure" proibito che parla
di Padre Pio, e si astengano anche dall'avere contatti con Lui.
- 11 Luglio 1926, "Appello" come il precedente per un altro opuscolo sul Frate.
- 23 Maggio 1931: il colpo di grazia. Padre Pio viene privato di ogni esercizio ministeriale, eccetto la Messa,
che però non potrà più celebrare in pubblica Chiesa, ma in una cappella del convento e senza intervento dei fedeli.
È un periodo burrascoso che sconvolge anche la vita ministeriale dei bravi Frati del convento: muore di crepacuore il provinciale Padre Pietro da Ischitella (1924), viene trasferito il Seminario serafico (23 Settembre
1932), il convento passa alle dipendenze del Padre Generale (25 Maggio 1931), ordine (senza seguito) del trasferimento ad Ancona di Padre Pio (30 Luglio 1923), rimozione del provinciale, Padre Luigi da Avellino, (aprile 1924).
E poi un susseguirsi di padri "visitatori" quasi tutti senza credenziali: Celestino da Desio (Aprile 1924), Felice Bevilacqua (1927), Giois Bruno (1928) mon. Macchi (1929), Luca Pasetto e Bevilacqua (Marzo 1933). In
questo ciclo di tempo intervengono a favore di Padre Pio, due figure straordinarie: don Luigi Orione ed Emanuele Brunatto e con loro tanti Vescovi in particolare Mons. Cornelio Cuccarollo, Vescovo di Bovino e Mons.
Andrea Giacinto Longhini, Vescovo di Treviso.
Unici avvertimenti positivi in questo triste periodo la concessione in enfiteusi (31-12-1923) del convento ai
Padri Cappuccini in riconoscimento delle tante benevolenze di Padre Pio, da parte del Consiglio Comunale di
San Giovanni Rotondo e l'inaugurazione (Gennaio 1925) dell'ospedaletto di San Francesco, voluto da Padre Pio. Soltanto due anni dopo la forzata clausura, il Padre può scendere di nuovo in Chiesa per celebrare in pubblico, Domenica 16 Luglio 1933.
È una grande gioia per tutti. L'indulto però fa pensare piuttosto al condono di una pena che ad un atto di giustizia, perché il cardinale Sbarretti, segretario della suprema Congregazione, fa presente che il beneficio viene
concesso "tenuta presente la celebrazione dell'Anno Santo straordinario della Redenzione".
Quali i motivi dell'aspra lotta a Padre Pio in questa dozzina di anni?
I sacerdoti corrotti che guidano la vita religiosa della popolazione, impongono ad essa le proprie direttive e
ad essa non è data possibilità di difesa, perché la massima autorità diocesana, il vescovo Gagliardi, è a capo dei
canonici gaudenti.
A lui, pastore indegno e incurante del bene della diocesi, sono fortemente legati quei prelati che, sostenendosi reciprocamente nel compimento di opere illecite, formano un potente blocco di comando difficilmente sgretolabile. Ai Sacerdoti sono di sostegno altri Sacerdoti ai quali vengono affidati posti di prestigio senza avere la
minima preparazione culturale (amministrazione di beni ecclesiastici, sorveglianza su conventi di suore, direzione di collegi di studio) spesso sono sacrileghi, simoniaci, avari, ostentatamente ribelli a Dio, immersi nella
concupiscenza carnale, eretici, apostati, e chi più ne ha più ne metta, certo di non offendere la verità.
Il vescovo Gagliardi, boss di questa mafia, è notoriamente accusato di simonia nel conferimento di benefici a persone indegne e noto come valorizzatore degli elementi più immorali della diocesi, sempre disposto a concedere l'ordinazione sacerdotale ad individui da tutti evitati e spesso condannati dai Tribunali civili per reati infamanti.
È accusato anche per lo scioglimento di tutte le organizzazioni religiose, per appropriazione di offerte per le
Messe, per contabilità fittizia, per sottrazione di fondi. La popolazione lo ha in odio.
Una delle rarissime volte che osa mettere piede a San Giovanni Rotondo, viene assalito da donne che con un
coltello e forbici in mano vorrebbero castrarlo, ma rifugiatosi in una cantina, viene salvato dai carabinieri.
Per questo motivo l'alto prelato si fa paladino di un'assurda lotta contro il mitissimo Frate e dice che "deve
farlo carcerare e sparire, qualificandolo demonio" (lettera di Padre Luigi d'Avelllino 27-8-1923) e osa persino
minacciare il Sant'Uffizio, scrivendo: "O via Padre Pio dalla diocesi, o via il vescovo".
La sacra Congregazione, sollecitata dalle incessanti accuse false e diffamatorie di Gagliardi e ignara della
realtà dei fatti (sebbene colpevole di non aver svolto al riguardo dirette ed approfondite indagini) fa pesare la
sua mano sullo stigmatizzato, basandosi unicamente sulle sue calunniose testimonianze.
Accanto a questo denigratore che costringe le autorità del Sant'Uffizio ad infierire contro Padre Pio, si pone
la potente mano di padre Agostino Gemelli, il quale forte della propria autorità e rivestito di superbia ed arroganza ed ostentato disprezzo per chi non aderisce al suo discutibile giudizio, osa qualificare il buon cappuccino,
come già detto "autolesionista, imbroglione, psicopatico".
Il 23 Luglio 1933 viene chiusa la porta d'ingresso in sacrestia alle donne: è la porta che si chiude sulla prima
persecuzione di Padre Pio, tenuta viva dal binomio Gagliardi, Gemelli.
(Continua)
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