Comments
Transcript
Dossier sul Pesce NFI 09 04 10 DEFINITIVO
Dossier scientifico sul consumo di Pesce e vantaggi per la salute Dalla ricerca internazionale in ambito alimentare, un quadro aggiornato delle più recenti e significative evidenze scientifiche Milano, aprile 2010 Dossier scientifico sul consumo di Pesce e vantaggi per la salute realizzato con il supporto di DOSSIER SCIENTIFICO SUL CONSUMO DI PESCE E VANTAGGI PER LA SALUTE INDICE 1. Introduzione, a cura di Andrea Poli, direttore scientifico di NFI 2. Pesce e salute: novità e conferme dalla letteratura scientifica e dalle osservazioni epidemiologiche o effetti positivi sul sistema cardiovascolare o miglioramento del tono dell’umore o riduzione del rischio di demenze o ruolo positivo nella riduzione dell’insorgenza di patologie allergiche o controllo del peso 3. Componenti del pesce e relativi benefici o Grassi omega 3 (EPA e DHA): importanza per lo sviluppo psicofisico del bambino, effetti neuro e cardioprotettivi o Proteine o Minerali (fosforo, iodio, selenio) o Vitamine (Niacina, Vitamina B12, Vitamina A) 4. Il consumo di pesce nelle diverse fasi della vita e in particolari condizioni o Infanzia e crescita o Età adulta o Attività sportiva 5. Modalità di preparazione e di consumo del pesce 6. Sostenibilità ed approvvigionamento ittico 7. Conclusioni 8. Referenze bibliografiche 9. Profilo di Nutrition Foundation of Italy INTRODUZIONE a cura di Andrea Poli, direttore scientifico di Nutrition Foundation of Italy L’associazione tra il consumo di pesce e la riduzione del rischio cardiovascolare ha attratto l’attenzione dei ricercatori fin dagli anni ’70 del secolo appena concluso, quando i primi studi sugli eschimesi Inuit documentarono la ridotta incidenza di infarto in queste popolazioni, la loro maggiore tendenza al sanguinamento dopo ferite, i loro ridotti valori pressori. Nasceva così una linea di ricerca che portò alla definizione degli effetti fisiologici e del ruolo protettivo degli acidi grassi polinsaturi della serie omega 3. Questi acidi grassi, ormai universalmente noti per l’azione cardioprotettiva, sono attualmente indagati anche per una ricca e promettente serie di effetti favorevoli di altra natura, che riguardano le funzioni cognitive, il tono dell’umore, molte alterazioni metaboliche. Negli ultimi anni, tuttavia, il ritorno dell’attenzione dal nutriente (gli omega 3) all’alimento (il pesce), ha permesso di definire il contributo di altri aspetti di composizione del pesce stesso (come la ricca quota proteica e la presenza di alcuni minerali) che contribuiscono agli effetti favorevoli del suo consumo sulla salute umana. Spesso trascuriamo l’ovvio fatto che pesce, nel mondo occidentale, significa spesso pesce in scatola. Tonni, sgombri, sardine, salmoni in scatola entrano nelle nostre case, e giungono sulle nostre tavole, mantenendo integre la maggior parte delle caratteristiche nutrizionali, in confezioni ad alta conservabilità, di qualità controllata, che facilitano grandemente, anche nelle zone meno prossime al mare, il raggiungimento dei livelli di consumo di pesce ottimale per la nostra salute. Al pesce, in tutte le sue forme di consumo, è dedicata questa sintetica monografia, che ci auguriamo possa contribuire a fare conoscere meglio al pubblico come, e perché, il consumo regolare di questo alimento sia così importante per tutti noi. PESCE E SALUTE: NOVITA’ E CONFERME DALLA LETTERATURA SCIENTIFICA E DALLE OSSERVAZIONI EPIDEMIOLOGICHE Effetti positivi sul sistema cardiovascolare I benefici che il consumo di pesce comporta per la salute in generale, ed in particolare nei confronti di patologie croniche degenerative come le malattie cardiovascolari, sono ormai ampiamente riconosciuti. Le prime osservazioni, condotte negli anni ’70, relative alla bassa prevalenza di mortalità per infarto degli abitanti della Groenlandia, correlata al loro elevato consumo di pesce, hanno trovato conferma nei risultati delle ricerche successive, che hanno dimostrato in modo ormai conclusivo come 1-2 porzioni di pesce alla settimana posseggano effetti protettivi di rilievo nei riguardi della salute del cuore e dei vasi. In particolare il consumo di pesce è stato correlato con la riduzione della mortalità per aritmie ventricolari gravi (morte improvvisa), dell’infarto di cuore, della fibrillazione atriale e dello scompenso cardiaco, ma anche di un’altra patologia molto diffusa nelle nostre società ed altamente invalidante, l’ictus cerebrale di natura ischemica. L’effetto protettivo si osserva per livelli di consumo non elevati: una dieta che comprenda almeno 30 g al giorno di pesce riduce già in modo significativo il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari; in particolare ogni aumento di circa 20 g di pesce al giorno ridurrebbe il rischio di morte per malattie cardiovascolari del 7% in persone che consumano pesce solo occasionalmente (Mozaffarian, 2006). Queste osservazioni acquisiscono ulteriore importanza se si pensa che le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di mortalità sia in Italia che nell’Unione Europea, dove sono responsabili di circa il 40% dei decessi (ISTAT, 2008, Eurostat 2010) Anche se gli effetti fisiologici all'origine di questi benefici non sono ancora completamente chiariti, i benefici del pesce vengono in buona attribuiti al suo contenuto in acidi grassi polinsaturi omega 3 a lunga catena, EPA e DHA, dei quali i pesci rappresentano la principale fonte alimentare per l'uomo. La conferma degli effetti positivi del pesce sul sistema cardiovascolare deriva anche dall'analisi dei risultati di diversi studi prospettici e di trials clinici randomizzati, che mostrano come confrontando gruppi di soggetti con consumi occasionali o moderati di pesce (equivalenti a 250-500 mg al giorno di EPA più DHA e quindi circa 1-2 porzioni alla settimana), i secondi beneficino di una riduzione del rischio relativo di eventi cardiovascolari pari almeno al 25%. Aumentando ulteriormente i livelli di assunzione non sembra ottenersi alcun effetto aggiuntivo. La valutazione combinata dei dati disponibili dimostra infatti che mentre fino a 250 mg di omega 3 al giorno (circa due porzioni di pesce alla settimana) il rischio relativo di eventi coronarici fatali si riduce del 15% circa per ogni 100 mg di consumo incrementale (per una riduzione totale del rischio del 36% con la dose massima considerata, pari appunto a 250 mg/die), per dosi di consumo più elevate il rischio resta sostanzialmente invariato. Anche nella popolazione giapponese, una di quelle con maggiore apporto di pesce, la protezione del sistema cardiovascolare assume la stessa conformazione “a plateau” (a quantità maggiori non corrispondono maggiori benefici) ma sembra raggiungere la protezione massima per quantità di consumo più elevate, equivalenti a 900 mg al giorno di EPA più DHA (circa 5 porzioni di pesce alla settimana); la protezione non aumenta ulteriormente per apporti alimentari maggiori di questi acidi grassi. Il consumo regolare di pesce ha un effetto positivo anche nei confronti del rischio di incorrere nel diabete di tipo 2, che si associa ad una serie di complicanze di varia natura (eventi cardiovascolari, danno visivo grave fino alla cecità, insufficienza renale, ecc.) e la cui frequenza è ovunque crescente nel mondo. Secondo l’annuario Istat del 2008 la prevalenza di questa malattia, che interessa il 4,8% degli italiani (5,2% delle donne e 4,4% degli uomini) aumenta con l’età, fino a raggiungere il 18,8% delle persone con età uguale o superiore ai 75 anni. L'analisi dei risultati dello studio EPIC- Norfolk (European Prospective Investigation of Cancer) ha permesso di confermare che una porzione alla settimana di pesce (sia grasso che magro) riduce significativamente il rischio di sviluppare tale patologia. Considerando il ruolo degli acidi grassi omega 3 in tali effetti protettivi, è stato proposto che i benefici osservati per il consumo di pesce siano associati soprattutto al consumo di pesci grassi, come il salmone, le aringhe e lo sgombro, che effettivamente sono molto ricchi di omega 3 (Mozaffarian, 2006). E’ tuttavia necessario considerare che il pesce magro, come il tonno, è quello più diffusamente consumato nel mondo occidentale, e contribuisce fino al 60-80% del consumo totale di pesce; ne consegue che esso, sebbene apporti concentrazioni minori di EPA e DHA per porzione, fornisce la maggior parte della quantità totale di omega 3 assunta dalla popolazione generale (Amiano, 2001). Miglioramento del tono dell’umore Risalgono a diversi anni fa i primi dati sulla correlazione negativa tra l’abitudine a mangiare regolarmente pesce e la probabilità di sviluppare depressione, patologia che, secondo l’OMS, è una delle cause principali di invalidità nel mondo. La valutazione comparata della frequenza di depressione in Francia, Germania, Stati Uniti, Canada, Nuova Zelanda, Corea, Porto Rico, Taiwan e Giappone, indica infatti che in Giappone, il Paese con il maggior consumo di pesce, la prevalenza della depressione maggiore è ridotta di circa 50 volte rispetto ad altri Paesi come la Germania, la Nuova Zelanda e il Canada, nei quali il basso consumo di pesce è invece associato al maggior numero di diagnosi (Hibbeln, 1998). Nell’ambito della popolazione giapponese, uno studio degli anni ’90 aveva dimostrato che il rischio di sviluppare manie suicide era ridotto tra coloro che consumavano una porzione di pesce al giorno rispetto a coloro che ne consumavano di meno (Hirayama, 1990). Più recentemente in Finlandia il grado di depressione e la tendenza al suicidio sono stati correlati con la composizione della dieta di 3.000 adulti: anche dopo la correzione statistica dei dati per i fattori cosiddetti confondenti (età, sesso, stato civile, livello d’istruzione, condizione economica e professionale, fumo, consumo di alcool e caffè e attività fisica) sia i casi di depressione che i tentativi di suicidio sono risultati significativamente meno frequenti (rispettivamente -37% e -43%, in media) tra i soggetti con consumo frequente di pesce (Tanskanen, 2001). La stabilizzazione del tono dell’umore si riflette sul benessere psicofisico anche al di fuori della malattia depressiva. Secondo dati raccolti in uno studio osservazionale neozelandese, il numero di porzioni settimanali di pesce consumate correla infatti positivamente, in modo statisticamente significativo, con il grado di benessere mentale (Silvers & Scott, 2002). Riduzione del rischio di demenza Gli effetti protettivi del pesce sembrano estendersi anche alle funzioni cognitive cerebrali. In una popolazione francese di soggetti anziani il consumo di una sola porzione di pesce alla settimana sembra ridurre il rischio di sviluppare demenza, e specificamente la malattia di Alzheimer, fino a 7 anni dall’inizio dello studio (Barberger-Gateau 2002). I dati ottenuti nell’ambito del Chicago Health and Aging Project, uno studio di popolazione sui fattori di rischio per l’Alzheimer, confermano che il consumo settimanale regolare di pesce riduce di circa il 60% il rischio di sviluppare questa patologia rispetto al consumo saltuario (Morris, 2003). Anche il declino cognitivo associato all’età viene rallentato dall’assunzione di pesce, come conferma uno studio più recente per il quale sono stati reclutati 210 soggetti con età media compresa tra 70 e 89: una quantità di questo alimento equivalente a circa 400 mg al giorno di EPA+DHA (più o meno 2 porzioni di pesce grasso o 5 di pesce magro alla settimana) ritarda lo sviluppo del declino cognitivo a 5 anni (van Gelder, 2007). Sebbene gli effetti protettivi del pesce nei confronti delle malattie neurodegenerative vengano generalmente attribuiti al DHA, il cui apporto con la dieta aumenta i livelli cerebrali di fattori neuroprotettivi (Cole, 2010), le osservazioni più recenti sottolineano l’importanza, in prevenzione, anche di altri componenti del pesce, come il selenio, che svolge un ruolo fondamentale nella funzione cerebrale (Berr, 2009). Ruolo positivo nella riduzione dell’insorgenza di patologie allergiche Una serie di ricerche sull’alimentazione del bambino dopo lo svezzamento hanno suggerito che il consumo di pesce nella prima infanzia possa essere efficace nella prevenzione delle malattie allergiche. Studi recenti dimostrano infatti che l’introduzione tardiva di alcuni alimenti solidi nella dieta dei bambini (come le uova e appunto il pesce), generalmente consigliata fino ad alcuni anni addietro, potrebbe in realtà aumentare il rischio di allergie (Nwaru 2010). Due porzioni di pesce al mese, dallo svezzamento al primo anno di vita, limiterebbero invece il rischio di sviluppare soprattutto rinite allergica, ma anche asma ed eczema, nei soggetti che non presentano fattori ereditari predisponenti per queste malattie (Kull 2006). Secondo una recente osservazione svedese sulla diffusione dell’eczema atopico, che in Svezia interessa un bambino su 5 nel primo anno di vita, tale condizione è in larga parte determinata dalla familiarità, ma la sua frequenza è ridotta dall’assunzione di pesce prima dei 9 mesi di vita (Alm, 2009). Anche l’adulto può beneficiare dell’effetto positivo nei confronti delle allergie; correlazioni inverse di tipo dose-risposta tra il consumo di pesce (e, ancora di più, tra i livelli di assunzione di omega 3) e la prevalenza di rinite allergica sono state registrate in donne giapponesi (Miyake, 2007) e tedesche (Schnappinger 2009). Controllo del peso E’ stato dimostrato che il consumo di pesce è in grado di modulare sia i livelli di insulina a digiuno (influenzando la cosiddetta “resistenza insulinica”), sia le concentrazioni plasmatiche di leptina e grelina, due tra gli ormoni coinvolti nei meccanismi che regolano l'appetito e la sazietà (Ramel 2009 a). A conferma di ciò, recentemente è stato descritto un effetto del pesce magro sul calo ponderale in giovani sovrappeso e adulti obesi. Il consumo regolare di pesce magro (tre o cinque porzioni settimanali di merluzzo di 150 g), nell'ambito di una dieta ipocalorica, ha infatti aumentato significativamente la perdita di peso, rispetto alla stessa dieta priva di pesce, in uno studio di intervento randomizzato e controllato condotto in soggetti sovrappeso e obesi (Ramel 2009 b). Questa osservazione suggerisce che altri pesci magri, come ad esempio il tonno, possano essere efficacemente impiegati nelle diete mirate alla riduzione del peso. COMPONENTI DEL PESCE E RELATIVI BENEFICI Omega 3 La componente lipidica del pesce è caratterizzata dalla ricca presenza di acidi grassi polinsaturi della serie omega 3, e soprattutto degli acidi grassi polinsaturi a lunga catena EPA e DHA, presenti in concentrazioni rilevanti esclusivamente in questo alimento (Arino, 2005). I livelli dei due acidi grassi sono molto variabili, sia nelle diverse specie ittiche sia nella stessa specie, a seconda del tipo di alimentazione e di allevamento. Essi non vengono sintetizzati direttamente dal pesce, ma dalle alghe unicellulari, assunti dagli animali marini nell’ambito della catena alimentare (Arterburn, 2006). Il congelamento e la cottura provocano perdite minime di omega 3, mentre la frittura ad alte temperature e la cattiva conservazione (in condizioni che portano all'ossidazione, e quindi all’irrancidimento) possono portare a perdite significative di questi composti. I livelli di assunzione di EPA e DHA (o i loro livelli plasmatici, oggi misurabili mediante tecniche specifiche) correlano negativamente con l’incidenza di malattie degenerative come le patologie cardiovascolari, neurodegenerative e immunitarie. In generale è stato dimostrato che il consumo di omega 3 riduce i livelli circolanti di trigliceridi e l'aggregazione piastrinica e stabilizza il ritmo cardiaco, un parametro importante nei soggetti che già hanno subito eventi coronarici (Harris, 2009). Inoltre il DHA è il principale acido grasso polinsaturo contenuto nel cervello umano e nei bastoncelli della retina, ed è indispensabile per lo sviluppo cerebrale e retinico del feto durante la gravidanza, e psicomotorio e visivo del bambino nei primi mesi di vita (Innis 2008). Questo acido grasso è infatti contenuto in concentrazioni rilevanti nel latte materno, ma non (per esempio) nel latte vaccino (Koletzko, 2001). La tipica dieta occidentale apporta quantità relativamente modeste di omega 3, probabilmente inadeguate a proteggere l’organismo dalle malattie cronico degenerative. Secondo i risultati di uno studio italiano (Tavani, 2003), circa l’80% della popolazione non assume la quota giornaliera di EPA e DHA consigliata dalle linee guida internazionali (250-500 mg al giorno). A questa carenza è stata in parte attribuita la presenza crescente delle malattie croniche nella nostra società. Secondo le indicazioni della società americana di cardiologia, per la prevenzione delle malattie cardiovascolari la popolazione generale dovrebbe consumare due porzioni di pesce alla settimana (Kris-Etherton 2002). Proteine Il contenuto di proteine del pesce, a differenza del contenuto di grassi, è piuttosto costante, poco variabile da specie a specie e indipendente dalle variazioni stagionali dovute all'alimentazione e ai cicli riproduttivi. Le proteine del pesce, ricche di aminoacidi essenziali, possiedono un elevato valore nutritivo, simile a quello delle proteine della carne e solo di poco inferiore a quello delle proteine dell'uovo. A causa del basso contenuto di collagene, le proteine del pesce sono facilmente digeribili (il coefficiente di digeribilità è vicino a 100). Cento grammi di pesce contribuiscono per il 1525% al fabbisogno proteico giornaliero di un adulto sano, ed al 70% di quello di un bambino. Non solo ai grassi, ma anche alle proteine del pesce è stato attribuito un effetto benefico nei confronti delle malattie cardiovascolari (Jaques, 1995). Infatti è stato dimostrato che nei soggetti che seguono diete a base di pesce, che rappresenta quindi l’unica fonte di proteine, i livelli circolanti di lipoproteine HDL, che trasportano il cosiddetto “colesterolo buono”, aumentano più che con diete basate sul latte o sulle proteine della soia (Gascon, 1996). Le proteine di alcuni pesci sono poi particolarmente ricche in arginina, l’aminoacido che l’organismo utilizza per la sintesi del Nitrossido (NO), responsabile del buon funzionamento vascolare e della protezione dei vasi arteriosi stessi dai fenomeni dell’aterosclerosi. I composti azotati non proteici nel pesce contribuiscono al contenuto totale di azoto nel muscolo fino al 20%; sono quindi più presenti che nella carne, nella quale non costituiscono più del 10% dell'azoto totale. Il più noto di questi composti è la creatina, che svolge un ruolo importante nel metabolismo muscolare del pesce e che non si trova nei crostacei e nei molluschi (Arino, 2005). Il pesce è poi ricco di nucleotidi, molto importanti per i processi energetici, responsabili in buona parte del sapore del pesce, che vengono utilizzati come indicatori di freschezza. Alcuni piccoli peptidi hanno anche attività antiossidante. Vitamine Il contenuto di vitamine del pesce è piuttosto variabile, sia dal punto di vista quantitativo che dal punto di vista qualitativo, ed è dipendente dal tipo di alimentazione del pesce stesso. I livelli di vitamina A (retinolo) e di vitamina D, liposolubili, dipendono dal contenuto in grasso del pesce. Concentrazioni di vitamina A modeste ma rilevanti sono contenute nei pesci grassi come lo sgombro e il salmone, nei quali la vitamina D è invece molto abbondante. Cento grammi di sgombro, per esempio, forniscono più del 100% della razione giornaliera raccomandata (RDA) per questa vitamina. La vitamina E (tocoferolo), che in alcune specie raggiunge concentrazioni più elevate che nella carne, è solo in parte disponibile come tocoferolo attivo, poiché viene rapidamente degradata per proteggere gli acidi grassi polinsaturi dall'ossidazione. In generale si considera che il pesce rappresenti una fonte medio-buona di vitamine idrosolubili, ben rappresentate in tutti tipi di pesce, ad eccezione della vitamina C (acido ascorbico), quasi assente in tutte le specie. Il contenuto di vitamina B2 (riboflavina), B6 (piridossina), niacina, biotina e B12 (cobalamina) è relativamente elevato; 100 g di pesce possono apportare fino al 38% della RDA della riboflavina e fino al 100% di quella della vitamina B12 (Arino, 2005). Minerali Tutti tipi di pesce presentano un contenuto ben equilibrato della maggior parte dei minerali, sia macro che oligo elementi. In particolare il pesce contiene poco sodio, bassi livelli di potassio e concentrazioni modeste di calcio, che tuttavia è presente in questo alimento in quantità maggiori che nella carne. Inoltre le piccole lische che si possono mangiare con il pesce fresco o con i pesci d piccola taglia aumentano i livelli di assunzione di calcio col pesce. Il pesce è una valida fonte di magnesio e fosforo e contribuisce in modo considerevole all'assunzione di ferro, che vi si trova in concentrazioni simili a quelle osservate nella carne. Rappresenta anche un'ottima fonte di iodio, che assume dal plancton (Arino 2005). Quindi 100 g di pesce possono contribuire per il 50-100% del fabbisogno giornaliero di magnesio, fosforo, ferro, iodio, apportando pochissimo sodio (il cui consumo, nel mondo occidentale, è largamente in eccesso per l’elevato consumo di sale). L’importanza dell’apporto di selenio con alcuni pesci come il tonno è stata sottolineata dai risultati di uno studio francese (EVA) su 200 soggetti con più di 70 anni. L’analisi dei campioni di sangue ha permesso di rilevare una correlazione diretta tra le concentrazioni di omega 3 nei globuli rossi e i livelli di selenio: entrambi i parametri erano direttamente associati al consumo di pesce. In particolare i livelli di assunzione di pesce determinavano il 15% del selenio plasmatico. Secondo gli autori benefici del consumo di pesce per gli anziani potrebbero dipendere non solo dal contenuto in grassi ma anche dal selenio (Berr, 2009). E’ stato ipotizzato che il selenio, che possiede attività antiossidante, rallenti il processo dell’invecchiamento (SINU 1996). IL CONSUMO DI PESCE NELLE DIVERSE FASI DELLA VITA E IN PARTICOLARI CONDIZIONI Infanzia L’inserimento del pesce in un’alimentazione varia ed equilibrata, sulla base delle considerazioni sin qui fatte, è auspicabile a tutte le età (Meyer, 2009). Fino dallo svezzamento, quando l’apporto di omega 3 con il latte materno viene meno, il pesce rappresenta l’unica fonte di questi composti tanto importanti per garantire lo sviluppo ottimale del sistema nervoso e della vista (Innis, 2008). Inoltre il contenuto di proteine di alto valore biologico e la elevata digeribilità lo rendono adatto fino dal primo anno di vita. Alcuni aspetti che ne renderebbero difficoltoso l’impiego per la preparazione dei pasti nella prima infanzia, come ad esempio la presenza di lische, della pelle e delle squame, possono essere superati utilizzando i pesci in tranci o i prodotti conservati, come il tonno e i filetti di salmone in scatola, che uniscono la validità del profilo nutrizionale alla facilità di consumo. Menopausa I benefici del pesce sono stati ampiamente dimostrati anche in fasi della vita come la menopausa e la cosiddetta terza età. Gli effetti positivi del pesce sulla salute della donna sono stati indagati soprattutto in uno studio americano di grandi dimensioni, il Nurses’ Health Study, per il quale sono state reclutate circa 200.000 infermiere seguite ormai per diverse decine di anni. In questa popolazione coloro che mangiavano pesce anche solo 1-3 volte al mese aumentavano del 20% la propria probabilità di sopravvivenza. Tale beneficio era maggiore per le donne diabetiche ed è stato confermato anche per le giovani donne (Lopez-Garcia, 2004). I benefici del consumo regolare di pesce si manifestano anche dopo la menopausa, quando il rischio coronarico aumenta notevolmente per la popolazione femminile (Bourre, 2007). In donne in menopausa con stenosi coronarica, 2 porzioni di pesce alla settimana riducono la progressione dell’aterosclerosi: tale effetto è più marcato tra le donne diabetiche (Erkkila, 2004). Ma il consumo di pesce di mare (non di pesce di acqua dolce, molluschi o crostacei) è direttamente associato anche alla massa ossea e alla riduzione del rischio di sviluppare osteoporosi (Chen, 2009). Inoltre l’assunzione regolare di pesce, grazie soprattutto agli omega 3 in esso contenuti, sembra ridurre l'intensità e la frequenza delle vampate di calore, che rappresentano il disturbo più diffuso associato alla menopausa (Lucas, 2009). Attività sportiva L’attività fisica regolare rappresenta un importante fattore protettivo per le malattie coronariche, l’ipertensione, l’obesità e il diabete: gli stessi benefici che vengono attribuiti agli acidi grassi omega 3 del pesce. Sia il consumo di pesce che l’esercizio fisico aumentano l’efficienza metabolica, la sensibilità all’insulina, la produzione di NO (nitrossido), la fluidità delle membrane dei globuli rossi, la variabilità del ritmo cardiaco e la densità ossea e riducono il rischio di sindrome metabolica e di fratture, l’aggregazione piastrinica e la depressione. EPA e DHA inoltre nell’atleta contribuiscono a ridurre la broncocostrizione associata all’esercizio fisico intenso e a controllare lo stato infiammatorio che può essere scatenato dallo sforzo a livello dei muscoli e delle articolazioni (Simopoulos, 2007). MODALITA’ DI PREPARAZIONE E DI CONSUMO DI PESCE È stato dimostrato che la modalità di preparazione e cottura del pesce è fondamentale per godere appieno dei suoi benefici. Lo studio delle abitudini alimentari di circa 4.000 americani con più di 65 anni ha permesso di osservare differenze interessanti fra coloro che consumavano tonno, pesce al forno o alla griglia e coloro che assumevano invece soprattutto il pesce fritto o sotto forma di fish-burger (Mozaffarian, 2003). Dopo circa nove anni di osservazione, infatti, è stata registrata un’ampia riduzione del numero di morti per malattia ischemica cardiaca (fino al 50%, per il consumo di tre porzioni alla settimana), che era tuttavia limitata ai soli consumatori di tonno e pesce alla griglia o al forno, e che non si osservava invece tra i consumatori di pesce fritto. Grazie alla misurazione di alcuni parametri emodinamici, gli autori hanno concluso che la funzionalità cardiaca e vascolare era significativamente migliore per i consumatori di tonno e pesce al vapore, al forno o alla griglia, mentre coloro che assumevano prevalentemente il pesce fritto presentavano anomalie indicative di un elevato rischio di aterosclerosi (Mozaffarian, 2006). Secondo gli autori infatti il pesce che viene preparato mediante frittura ha una composizione in acidi grassi generalmente meno favorevole, con bassi livelli di omega 3, che viene ulteriormente modificata dall’olio utilizzato per friggere; inoltre gli oli di frittura utilizzati più volte si arricchiscono progressivamente di prodotti dell’ossidazione lipidica e di grassi trans. Anche nei confronti del diabete, il consumo di una o più porzioni alla settimana di pesce di acqua salata cotto alla griglia o al vapore, sia magro (come il tonno) o grasso (come il salmone e lo sgombro) ha un effetto positivo, che invece non si osserva per il consumo di pesce fritto. Nella maggior parte degli studi il pesce in scatola, preparato secondo le moderne tecnologie, viene assimilato sotto il profilo nutrizionale al pesce fresco cotto ai ferri o al vapore o lessato. SOSTENIBILITA’ ED APPROVIGIONAMENTO ITTICO Nei Paesi economicamente più avanzati prevale l’indicazione, in un’ottica salutistica, ad aumentare il consumo di pesce, alimento che rappresenta la fonte maggiore di proteine animali per circa 2,6 miliardi di persone (Brunner, 2009). La crescente domanda per i prodotti ittici viene spesso vista come un potenziale pericolo per l’ecosistema, con varie specie a rischio di estinzione. In realtà il problema della sostenibilità riguarda le acquaculture e la pesca così come l’agricoltura, le risorse forestali, l’acqua e le fonti di energia. Inoltre i benefici associati al consumo di pesce meritano che il problema venga affrontato e risolto tenendo conto sia delle esigenze economiche che di quelle ambientali, regolamentando la pesca, il commercio e l’acquacultura sostenibile (Mozaffarian 2006). La stagionalità della pesca per alcune specie, come il tonno pinne gialle, con l’alternanza del divieto e del permesso in alcune aree geografiche contribuisce alla conservazione della specie. D’altra parte l’acquacultura sostenibile, adottata per il salmone permette di ottenere prodotti sicuri e di ottima qualità dal punto di vista nutrizionale e organolettico. CONCLUSIONI Un consumo di pesce di entità medio-moderata (attorno alle due porzioni settimanali) si associa in conclusione ad una netta riduzione del rischio di sviluppare un’ampia serie di patologie degenerative di varia natura. Oggi è noto che l’effetto benefico del consumo di pesce, attribuito fino agli anni ’90 di fatto esclusivamente al contenuto in omega 3, è in realtà più complesso ed articolato, e deriva probabilmente in misura equilibrata da vari aspetti composizionali del pesce stesso, cui contribuiscono anche l’elevato contenuto di proteine di elevata qualità e ad elevato potere saziante, di vitamine e minerali e di altre sostanze azotate, oltre agli effetti favorevoli derivanti dalla sostituzione alimentare di altri composti (proteine ed acidi grassi) di origine animale. E’ il consumo di pesce in quanto tale, di conseguenza, a configurarsi come l’elemento nutrizionale in grado di svolgere gli effetti favorevoli che si osservano nei grandi studi osservazionali: e l’uso farmacoterapeutico di alcuni componenti dei pesci stessi (come gli omega 3 purificati) se da un lato assume una specifica indicazione in ben definite situazioni patologiche (per esempio dopo un infarto miocardico) non può certamente ed in alcun modo sostituire, nella popolazione, un regolare consumo alimentare di pesce. I pesci più consumati, come il tonno, acquisiscono quindi un importante ruolo nella nostra salute: con valenze (come gli effetti protettivi verso le demenze ed alcuni tumori) che iniziamo solo oggi ad intravedere ed a studiare con metodologie rigorose. Uno sfruttamento intelligente e lungimirante di questa essenziale risorsa alimentare permetterà anche alle generazioni future di beneficiare dei suoi insostituibili effetti protettivi. REFERENZE BIBLIOGRAFICHE Alm B, Aberg N, Erdes L, Möllborg P, Pettersson R, Norvenius SG, Goksör E, Wennergren G. Early introduction of fish decreases the risk of eczema in infants. Arch Dis Child. 2009 Jan;94(1):11-5. Amiano P, Dorronsoro M, de Renobales M, Ruiz de Gordoa JC, Irigoien I; EPIC Group of Spain. Very-long-chain omega-3 fatty acids as markers for habitual fish intake in a population consuming mainly lean fish: the EPIC cohort of Gipuzkoa. European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition. Eur J Clin Nutr. 2001 Oct;55(10):827-32. Arino A, Beltran J, Herrera A Roncales P. Fish in: Encyclopedia of Human Nutrition Elsevier Ltd, 2005. Arterburn LM, Hall EB, Oken H. Distribution, interconversion, and dose response of n-3 fatty acids in humans. Am J Clin Nutr. 2006, 83:1467S-1476S. Berr C, Akbaraly T, Arnaud J, Hininger I, Roussel AM, Barberger Gateau P. Increased selenium intake in elderly high fish consumers may account for health benefits previously ascribed to omega-3 fatty acids. J Nutr Health Aging. 2009 Jan;13(1):14-8. Bourre JM. Dietary omega-3 fatty acids for women. Biomed Pharmacother. 2007 FebApr;61(2-3):105-12. Brunner EJ, Jones PJS, Friel S, Bartle. y MFish, human health and marine ecosystem health: policies in collision. Int J Epidemiol 2009;38:93–100. Chen YM, Ho SC, Lam SS. Higher sea fish intake is associated with greater bone mass and lower osteoporosis risk in postmenopausal Chinese women. Osteoporos Int. 2009 Aug 6. [Epub ahead of print]. Cole GM, Frautschy SA. DHA may prevent age-related dementia. J Nutr. 2010 Apr;140(4):869-74.Erkkilä AT, Lichtenstein AH, Mozaffarian D, Herrington DM. Fish intake is associated with a reduced progression of coronary artery atherosclerosis in postmenopausal women with Sep;80(3):626-32. Eurostat Public Health 2010. coronary artery disease. Am J Clin Nutr. 2004 Gascon A, Jacques H, Moorjani S, Deshaies Y, Brun LD, Julien P. Plasma lipoprotein profile and lipolytic activities in response to the substitution of lean white fish for other animal protein sources in premenopausal women.Am J Clin Nutr. 1996 Mar;63(3):315-21. Harris WS. The omega-3 index: from biomarker to risk marker to risk factor. Curr Atheroscler Rep. 2009 Nov;11(6):411-7. Hibbeln JR. Fish consumption and major depression [letter]. Lancet. 1998; 351:1213. Hirayama T. Life-Style and Mortality: A Large Census-Based Cohort Study in Japan. In: Contributions to Epidemiology and Biostatistics vol.6 Basel, S. Karger, Basel 1990. Kris-Etherton PM, Harris WS, Appel LJ; American Heart Association. Nutrition Committee. Fish consumption, fish oil, omega-3 fatty acids, and cardiovascular disease. Circulation. 2002 Nov 19;106(21):2747-57. Koletzko B, Rodriguez-Palmero M, Demmelmair H, Fidler N, Jensen R, Sauerwald T. Physiological aspects of human milk lipids. Early Hum Dev. 2001 Nov;65 Suppl:S3-S18. Kull I, Bergström A, Lilja G, Pershagen G, Wickman M. Fish consumption during the first year of life and development of allergic diseases during childhood. Allergy. 2006 Aug;61(8):1009-15. Jacques H, Gascon A, Bergeron N, Lavigne C, Hurley C, Deshaies Y, Moorjani S, Julien P. Role of dietary fish protein in the regulation of plasma lipids. Can J Cardiol. 1995 Oct;11 Suppl G:63G-71G. Innis SM. Brain Res. Dietary omega 3 fatty acids and the developing brain.2008 Oct 27;1237:35-43. ISTAT Annuario statistico italiano 2008. Lopez-Garcia E, Schulze MB, Manson JE, Meigs JB, Albert CM, Rifai N, Willett WC, Hu FB. Consumption of (n-3) fatty acids is related to plasma biomarkers of inflammation and endothelial activation in women. J Nutr. 2004 Jul;134(7):1806-11. Lucas M, Asselin G, Mérette C, Poulin MJ, Dodin S. Effects of ethyl-eicosapentaenoic acid omega-3 fatty acid supplementation on hot flashes and quality of life among middle-aged women: a double-blind, placebo-controlled, randomized clinical trial. Menopause. 2009 Mar-Apr;16(2):357-66. Meyer R. Infant feeding in the first year. 2: feeding practices from 6-12 months of life. J Fam Health Care. 2009;19(2):47-50. Miyake Y, Sasaki S, Tanaka K, Ohya Y, Miyamoto S, Matsunaga I, Yoshida T, Hirota Y, Oda H; Osaka Maternal and Child Health Study Group.Fish and fat intake and prevalence of allergic rhinitis in Japanese females: the Osaka Maternal and Child Health Study. J Am Coll Nutr. 2007 Jun;26(3):279-87. Morris MC, Evans DA, Bienias JL, Tangney CC, Bennett DA, Wilson RS, Aggarwal N, Schneider J.Consumption of fish and n-3 fatty acids and risk of incident Alzheimer disease. Arch Neurol. 2003 Jul;60(7):940-6.). Mozaffarian D, Gottdiener JS, Siscovick DS. Intake of tuna or other broiled or baked fish versus fried fish and cardiac structure, function, and hemodynamics. Am J Cardiol. 2006 Jan 15;97(2):216-22. Mozaffarian D, Lemaitre RN, Kuller LH, Burke GL, Tracy RP, Siscovick DS; Cardiovascular Health Study Cardiac benefits of fish consumption may depend on the type of fish meal consumed: the Cardiovascular Health Study. Circulation. 2003 Mar 18;107(10):1372-7. Nwaru BI, Erkkola M, Ahonen S, Kaila M, Haapala AM, Kronberg-Kippilä C, Salmelin R, Veijola R, Ilonen J, Simell O, Knip M, Virtanen SM. Age at the introduction of solid foods during the first year and allergic sensitization at age 5 years. Pediatrics. 2010 Jan;125(1):50-9. Epub 2009 Dec 7. Ramel A, Jonsdottir MT, Thorsdottir I. Consumption of cod and weight loss in young overweight and obese adults on an energy reduced diet for 8-weeks. Nutr Metab Cardiovasc Dis. 2009 Dec;19(10):690-6. Ramel A, Parra D, Martinéz JA, Kiely M, Thorsdottir I. Effects of seafood consumption and weight loss on fasting leptin and ghrelin concentrations in overweight and obese European young adults. Eur J Nutr. 2009 Mar;48(2):107-14. Schnappinger M, Sausenthaler S, Linseisen J, Hauner H, Heinrich J. Fish consumption, allergic sensitisation and allergic diseases in adults. Ann Nutr Metab. 2009;54(1):67-74. Silvers KM, Scott KM. Fish consumption and self-reported physical and mental health status Public Health Nutrition 2002; 5:427-431. Simopoulos AP Omega-3 fatty acids and athletics Curr Sports Med Rep 2007, 6:230–236. SINU (Società Italiana di Nutrizione Umana) Livelli di assunzione di nutrienti raccomandati per la popolazione italiana (LARN), 1996. Tanskanen A, Hibbeln JR, Hintikka J, Haatainen K, Honkalampi K, Viinamäki H. Fish consumption, depression, and suicidality in a general population. Arch Gen Psychiatry. 2001 May;58(5):512-3. Tavani A, Pelucchic, Parpinel M, Negri E, Franceschi S, Levi F, La Vecchia C. N-3 polyunsaturated fatty acid intake and cancer risk in Italy and Switzerland. Int J. Cancer 2003, 105:113–116. van Gelder BM,Tijhuis M, Kalmijn S, Kromhout D. Fish consumption, n-3 fatty acids, and subsequent 5-y cognitive decline in elderly men: the Zutphen Elderly Study. Am J Clin Nutr. 2007 Apr;85(4):1142-7. Virtanen JK, Siscovick DS, Longstreth WT Jr, Kuller LH, Mozaffarian D. Fish consumption and risk of subclinical brain abnormalities on MRI in older adults. Neurology. 2008 Aug 5;71(6):439-46. PROFILO DI NUTRITION FOUNDATION OF ITALY NFI –- Nutrition Foundation of Italy - Centro Studi dell’Alimentazione è un’associazione noprofit nata nel 1976 allo scopo di contribuire allo sviluppo della ricerca scientifica, allo scambio di informazioni in materia di alimentazione e nutrizione e alla promozione di ricerche interdisciplinari in questo settore attivando collaborazioni con gli organi istituzionali e governativi, le università e l’industria. L’associazione si propone di: Contribuire alla corretta informazione ed educazione alimentare degli operatori attivi nell’ambito nutrizionale e sanitario, degli opinion maker, del consumatore finale; Fornire consulenza scientifica all’industria alimentare, delle bevande e farmaceutica, in campo biologico-nutrizionale, tossicologico e tecnologico; Creare relazioni istituzionali e interagire con gli organi governativi ed amministrativi dello Stato e dell’Unione Europea, sia a livello nazionale che internazionale, per il settore alimentare e delle bevande. attraverso le seguenti attività: Predisposizione di materiale informativo medico scientifico destinato alla stampa e all’opinione pubblica; Creazione e aggiornamento di un sito internet dedicato alle tematiche principali più attuali in ambito nutrizionale (www.nutrition-foundation.it); Gestione e coordinamento di progetti di ricerca sulla relazione tra dieta, alimenti o nutrienti e vari aspetti della salute umana; Organizzazione di convegni e corsi di aggiornamento sia per l’industria che per la comunità scientifica; Costituzione di commissioni per congressi, pubblicazione di periodici, convegni. Per tutte queste attività NFI si avvale della consulenza di un Comitato Scientifico di Esperti di riconosciuta competenza nelle diverse discipline attinenti le aree della nutrizione che hanno legami con il comparto degli alimenti e delle bevande.