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Chirurgia della spalla def CORRETTO

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Chirurgia della spalla def CORRETTO
Ospedale Regionale di Lugano
Chirurgia
I – CHIR - 098
Dijsvshjb!efmmb!tqbmmb!
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Jouspev{jpof!
Il trattamento chirurgico standardizzato della spalla è un settore dell’ortopedia relativamente recente.
In passato, i dolori della spalla erano classificati per lo più tra le malattie reumatiche sotto il nome di
“periartrite scapolo-omerale”, che letteralmente indica un processo infiammatorio che colpisce i
tessuti che circondano l’articolazione della spalla. Il termine, impropriamente utilizzato, è considerato
troppo generico perché accorpa una serie di patologie tra loro molto differenti. Nel tempo è stato
sostituito da altri termini più specifici che indicano patologie ben precise quali ad esempio tendinite,
tendinopatia calcifica, borsite, conflitto subacromiale.
Negli ultimi anni sono stati compiuti grandi passi avanti nella comprensione delle patologie della spalla,
grazie alla risonanza magnetica e all’artroscopia, una tecnica che permette al chirurgo, attraverso
l’introduzione nella spalla di una piccola telecamera, di visualizzare direttamente le lesioni all’interno
dell’articolazione. Tutto ciò permette di stabilire un trattamento più specifico ed efficace valutando ogni
singolo caso. La chirurgia in abbinamento con una corretta riabilitazione ha un ruolo chiave nella
ripresa dell’attività del paziente. Durante i primi giorni dopo l’intervento, la presa a carico all’interno
dell’ospedale è garantita da uno staff specializzato di fisioterapisti, mentre, dopo la dimissione è
possibile proseguire la riabilitazione in regime ambulatoriale all’interno dell’ORL o presso dei
fisioterapisti privati o per alcune patologie presso la clinica di Riabilitazione di Novaggio.
Nelle pagine che seguono, sono illustrati alcuni esempi di patologie tipiche della spalla e i relativi
trattamenti. La tipologia d’intervento
d’intervento al quale il paziente deve essere sottoposto, le modalità e i possibili
rischi associati all’intervento stesso saranno spiegati dal chirurgo.
Staff medico
Dr. med. Christian Candrian
Viceprimario del Servizio di Chirurgia e Ortopedia
Responsabile unità Traumatologia - Ortopedia
FMH Ortopedia e Traumatologia
Dr. med. Francesco Marbach
Capoclinica di chirurgia e ortopedia
Dr. med. Hans Rudolf Bloch
Consulente chirurgia della spalla
Staff di fisioterapia
Dr. med. Nicola Schiavone
Primario della riabilitazione dell’EOC
Signor Luca Falciola
Responsabile fisioterapia ORL
Segretariato
Daniela Bernasconi
Samira Maciariello
Evelyne Pellegrini
1
Joejdf!
Joejdf!
1.
Prima e dopo gli interventi
3
2. Tecniche operatorie
3
3. Anatomia della spalla
4
4. Conflitto sotto-acromiale della spalla (“la spalla s’incastra”)
6
5. Lesioni della cuffia dei rotatori
7
6. Instabilità/lussazioni della spalla
6.1. lussazione della spalla
6.2. spalla instabile dolorosa
9
7. Lesioni del labbro superiore e del tendine bicipite
(SLAP – Superior Labral Anterior-Posterior)
14
8. Articolazione acromio-clavicolare
8.1. Terapia della rottura acuta e cronica (lussazione) dell’articolazione
acromio-clavicolare
8.2. Asportazione artroscopica
15
9. Artrosi/artropatia della rottura della cuffia dei rotatori
9.1 Artrosi della spalla
9.2 Artropatia da rottura massiccia della cuffia dei rotatori
9.3 Protesi anatomiche
9.4 Protesi inverse
9.5 Resurfacing
18
10. Tendinopatia calcifica
21
11. Spalla rigida
22
12. Aderenze della spalla
23
13. Sindrome da compressione del nervo sovrascapolare
24
14. Fratture della spalla:
• omero superiore
• clavicola
• scapola
25
2/!Qsjnb!f!epqp!hmj!joufswfouj!
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2
2/!Qsjnb!f!epqp!hmj!joufswfouj!!
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La maggior parte delle operazioni alla spalla sono interventi cosiddetti elettivi e quindi
pianificabili secondo le esigenze del paziente e la disponibilità delle sale operatorie e del
chirurgo. Secondo l’intervento da eseguire il trattamento chirurgico può essere effettuato in
day hospital, in modo ambulatoriale, oppure con una breve degenza di pochi giorni.
Visita pre
prere-operatoria: prima di qualsiasi intervento chirurgico il paziente è sottoposto a un
anestesista
quale,, previa valutazione della situazione clinica
controllo presso il medico anestesis
ta il quale
paziente,, della presenza di allergie o intolleranze a farmaci, delle
generale del paziente
delle indagini
diagnostiche già eseguite (esempio esame del sangue, elettrocardiogramma, risonanza
adatta..
magnetica ecc) proporrà al paziente il tipo di anestesia più adatta
Dopo l’intervento è necessario fare un controllo della ferita recandosi dal proprio medico
curante. I punti utilizzati per chiudere la ferita possono essere riassorbibili oppure no.
L’inabilità lavorativa in genere è stimata intorno a due settimane, successivamente è
consigliabile recarsi dal proprio medico curante per ulteriori controlli. Il giorno della dimissione
dall’ospedale il paziente riceverà dal personale sanitario tutte le informazioni necessarie alla
continuazione della cura presso il domicilio. In particolare riceverà la data del controllo
postoperatorio, la lettera di uscita da consegnare al proprio medico curante, la ricetta medica
per la terapia analgesica, la prescrizione per la fisioterapia da eseguire ambulatorialmente.
3/!Ufdojdif!pqfsbupsjf!!
Gli interventi alla spalla sono eseguiti in tecnica aperta, mini-invasiva o in artroscopia secondo
la patologia da trattare.
La chirurgia artroscopica consente di operare all'interno delle articolazioni attraverso 2 - 4
piccoli fori evitando ampie incisioni. In questo modo, abbiamo la possibilità d'ispezionare e
visionare direttamente l'interno delle articolazioni mediante l'uso di microscopi di piccole
dimensioni (gli artroscopi), che amplificano le immagini in modo da aumentare l’accuratezza
diagnostica e di fotografare l’interno delle articolazioni durante l’intervento chirurgico (vedi
figura 1).
Grazie a questa tecnica non è più necessario praticare grandi aperture per accedere alla
parte da operare, quindi si tratta di una tecnica mini-invasiva (le incisioni sono tra i 5 e i 10
mm). Spesso per questi interventi sono usate delle “mini viti” che sono fissate nell’osso con dei
fili attaccati (vedi figura 2). Alcuni interventi invece devono essere eseguiti in tecnica
tradizionale “aperta”, come ad esempio la chirurgia protesica.
Figura 1.
Nell’immagine si vede schematicamente
rappresentata una artroscopia della spalla
destra.
destra.
Figura 2.
Rappresentazione di una vite metallica
denominata “mini“mini-viti””con
viti””con i relativi fili utilizzata
utilizzata
ad esempio per suturare la cuffia dei rotatori.
!
!
3
La decisione se utilizzare la tecnica artroscopica o quella tradizionale aperta è di competenza
del chirurgo in base alla patologia da trattare.
Indipendentemente dalla tecnica, le operazioni alla spalla sono eseguite con una procedura
combinata di anestesia totale e loco-regionale (anche se teoricamente possibile, è sconsigliato
eseguire questi interventi esclusivamente in anestesia locale).
!
4/!Bobupnjb!efmmb!tqbmmb!
S
Figura 3.
3. Anatomia ossea della spalla destra
Figura
ra 4.
Figu
4. La spalla destra con i suoi muscoli e tendini
La spalla è composta da tre ossa che si articolano tra loro: scapola,
scapola clavicola e omero (figura
3). Quest’unità è congiunta alla gabbia toracica, attraverso strutture muscolari e legamentose
(figura 4). Tra la clavicola e la scapola si trova l’articolazione
l’articolazione acromion
acromion-claveare
claveare rivestita da
legamenti e da una capsula, all’interno della quale vi è un disco fibrocartilagineo simile a un
menisco nel ginocchio. La mobilità dell’articolazione acromion-claveare è relativamente
modesta e le principali problematiche di questa regione sono l’artrosi e l’instabilità. Un
persistente sovraccarico causa il logoramento della cartilagine e del disco.
L’articolazione si gonfia e si formano osteofiti ossei, che possono generare lesioni della cuffia
dei rotatori. Inoltre, in seguito a lussazioni acromion-claveari può residuare un’instabilità a
volte molto fastidiosa.
Articolazione gleno- omerale
!
!
Figura 5.
5. Dettaglio della cavita articolare della spalla con la glena (parte ossea) e il labbro (labrum) della glena
Tra l’omero e la scapola vi è l’articolazione gleno-omerale. Per la maggior parte dei pazienti,
quest’articolazione è sinonimo di spalla.
Per permettere l’ampia mobilità di quest’articolazione, la testa dell’omero è più grande
rispetto alla piccola cavità articolare composta dalla glena. In aggiunta, per stabilizzare meglio
l’articolazione, un anello circolare chiamato labbro (labrum) contorna la glena, ampliando il
diametro dell’articolazione.
4
Da tale labbro si dipartono i legamenti anteriori (legamenti gleno-omerali) e il tendine capo
lungo del bicipite che, compiendo un angolo di circa 90°, entra all’interno della cavità
articolare e proprio a causa di tale posizione è spesso soggetto a lesioni (figura 6).
.
Figura 6.
6. La spalla vista di fronte e i ligamenti anteriori alla spalla (SGHL, MGHL, IGHL)
La cuffia dei rotatori, è composta da quattro unità muscolo-tendinee (muscoli sottoscapolare,
sovraspinoso, sottospinoso e piccolo rotondo), posti fra la testa dell’omero e la scapola. Questi
muscoli mantengono la testa dell’omero centrata all’interno dell’articolazione durante il
movimento. Questi muscoli e il lungo tendine bicipite circondano la testa dell’omero, come le
cinque dita di una mano tengono una sfera. Sotto lo strato superiore si trova un forte muscolo
chiamato deltoide (figura 7).
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Figura 7.
7. Rappresentazione schematica dei muscoli che compongono la spalla,
spalla, nell
nelle immagini a sinistra i quattro
muscoli/tendini che formano la cuffia dei rotatori (M. sopra
sopraspinoso, sottoscapolare, infraspinoso e piccolo
rotondo) e nell’
nell’immagine a destra il grande muscolo deltoideo che ricopre la cuffia dei rotatori.
rotatori.
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5
5/!Conflitto
Conflitto sottoacromiale della spalla “la
“la spalla si incastra”
incastra”!
Figura 8.
La figura mostra una classica situazione di
conflitto sottoacromiale della spalla.
Uno dei problemi più frequenti della spalla è “l’incastrarsi” della cuffia dei rotatori sotto il tetto
della spalla, l’acromion, con conseguente comparsa di dolore quando si alza il braccio oltre la
testa. Questa patologia prende il nome di conflitto sub-acromiale.
Esiste una distinzione tra conflitto primario e secondario.
Il primo avviene a causa di un restringimento dello spazio tra testa omerale e il tetto della
spalla (acromion). Questo restringimento può essere dovuto a diverse cause come ad
esempio ad un’infiammazione della borsa sub-acromiale, alla presenza di osteofiti (apposizioni
di osso) sotto l’articolazione acromion-claveare o semplicemente alla forma dell’acromion.
Queste forme di conflitto possono essere trattate mediante asportazione in artroscopia
(tecnica con telecamera) della parte che crea il conflitto. Questo intervento viene sempre
combinato con un’artroscopia dell’articolazione della spalla, allo scopo di individuare ed
escludere possibili cause per un conflitto sotto acromiale secondario.
In un conflitto secondario il problema è la testa omerale “troppo alta” rispetto alla glena.
Questa condizione si sviluppa per diversi motivi, i più frequenti sono le lesioni e/o la debolezza
della cuffia dei rotatori, l’insufficienza dell’apparato legamentoso, le lesioni del labbro o gli
ispessimenti della borsa sub-acromiale. In questi casi, a differenza del conflitto primario, un
qualsiasi “allargamento” dello spazio sotto il tetto della spalla non è in grado di apportare alcun
beneficio, ma è necessario affrontare il problema sottostante, per esempio sutura della cuffia,
asportazione della borsa sub-acromiale ecc.
A volte queste due patologie possono essere combinate fra loro.
Inizialmente il trattamento è conservativo. In particolare vengono prescritte delle sedute di
fisioterapia manuale, trattamenti fisici e ginnastica di rinforzo dei muscoli allo scopo di
stabilizzare la testa omerale (cuffia dei rotatori). A volte sono associate anche delle
infiltrazioni. In genere, in caso di persistenza del dolore oltre i tre mesi, si ricorre all’intervento
chirurgico che viene eseguito prevalentemente in artroscopia (figura 9).
Figura 9
Nell’immagine un intervento di “decompressine
sottoacromiale”, ossia l’asportazione di una
parte ossea della scapola (acromio) in modo
artroscopico con una fresa meccanica
artroscopica minimini-invasiva.
6
Durata dell’intervento
circa 1 ora
Complicazioni
- complicazioni generali: <<1% infezione, ematomi, disturbo della guarigione della ferita,
lesioni nervi/arterie/vene
- complicazioni specifiche: <<1% Fratture dell’acromion, riformazione di osteofiti
Trattamento postoperatorio
Nel caso in cui vi è stato un conflitto sub-acromiale primario, dopo l’operazione il paziente
indossa un piccolo tutore. Il giorno stesso dell’intervento può già muovere il braccio e la spalla
con la dovuta cautela. Il giorno successivo il tutore è sostituito da un reggi-braccio (Mitella),
che può essere utilizzato per un massimo di 5 giorni. E’ possibile tornare alle normali attività
quotidiane (compresa la ripresa del lavoro e dell’attività sportiva) a condizione di non
effettuare sforzi o arrecare dolore.
Se oltre al conflitto sub-acromiale è stato effettuato un intervento alla cuffia, al labbro o ai
legamenti, il decorso postoperatorio richiederà un lasso di tempo maggiore.
6/!Mftjpoj!efmmb!dvggjb!efj!spubupsj!
Figura 10. Unità
Unità muscolomuscolo-tendinea che forma la cosidetta cuffia dei rotatori”
Come già illustrato nella sezione Anatomia, la cuffia dei rotatori è costituita dall’insieme di
quattro unità muscolo-tendinee (muscolo sottoscapolare, sovraspinoso, sottospinoso e piccolo
rotondo), che contribuiscono a “muovere” la spalla correttamente, impediscono che la testa
dell’omero esca dalla glena (lussazione) e che non vi sia un conflitto con l’acromion. Le lesioni
della cuffia dei rotatori sono un problema della spalla molto frequente e possono essere
provocate da un trauma oppure avere un’origine di tipo degenerativo (“usura”) (figura 10)
I sintomi più ricorrenti sono una diminuzione della forza durante movimenti specifici, una
limitazione della mobilità della spalla e del dolore, che spesso si accentua durante il riposo
notturno.
L'indagine strumentale più comunemente usata per diagnosticare una rottura della cuffia dei
rotatori è la risonanza magnetica con iniezione di mezzo di contrasto. Essa è, infatti, in grado
di visualizzare con alta precisione l'esatta localizzazione e l'entità della lesione.
Le lesioni traumatiche in genere devono essere operate, quelle degenerative possono essere
trattate in modo conservativo o con un intervento chirurgico.
Si privilegia sempre il trattamento conservativo che consiste nella somministrazione regolare
di farmaci antinfiammatori per ridurre il dolore e l’infiammazione. Se non si ottengono risultati
si ricorre all’intervento chirurgico. In casi selezionati il medico potrà optare per una iniezione
locale di cortisonici, specie se il dolore è particolarmente intenso. Quando i sintomi si riducono
significativamente si passa ad esercizi di rinforzo ed allungamento della muscolatura.
7
La guarigione spontanea di una rottura parziale è piuttosto improbabile considerata la
complessità anatomica della regione e la scarsa circolazione sanguigna dei tendini. Il periodo
di guarigione ovviamente varia in relazione al tipo e all'entità della lesione ed in base al
trattamento scelto (conservativo o chirurgico)
L’indicazione chirurgica si pone quando il trattamento riabilitativo ha dato scarsi risultati clinici
o nel caso in cui le lesioni siano molto estese o particolarmente dolenti. L’operazione consiste
nella reinserzione della cuffia dei rotatori. Questo tipo d’intervento è una procedura standard
e viene in genere eseguita in artroscopia (si veda paragrafi precedenti), in tecnica miniinvasiva. Nella tecnica artroscopica, attraverso una piccola incisione di 6-8 mm viene
introdotto nell’articolazione della spalla una telecamera e attraverso ulteriori piccole incisioni
(ca 7-10 mm) vengono introdotti gli strumenti.
Figura 11. Nell’immagine a sinistra illustrato una rottura del tendine sovraspinoso
sovraspinoso e nell’immagine accanto
raffigurato la sutura del tendine.
Per reinserire la cuffia vengono posizionate delle mini-viti nel punto di reinserzione del tendine
sull’osso e dei fili di sutura vengono fatti passare attraverso la cuffia dei rotatori (figura 11).
Annodando i fili, la cuffia dei rotatori viene quindi reinserita. In questo modo la lesione della
cuffia dei rotatori può essere riparata.
Solo in casi di lesioni molto avanzate o di “degenerazione della muscolatura” non è più
possibile una reinserzione anatomica e quindi completa. In questi casi spesso si procede ad
una reinserzione parziale ottenendo buoni risultati. In caso di insuccesso dell’intervento può
essere necessario effettuare, in un secondo tempo, un intervento di protesi della spalla.
(vedi paragrafo 9).
Durante la stessa operazione, in aggiunta alla reinserzione della cuffia, s’interviene
evidentemente anche su delle eventuali patologie aggiuntive (ad esempio conflitto subacromiale ecc.).
L’utilizzo di tale metodologia permette di avere una serie di vantaggi per il paziente: minor
perdita ematica, maggior conservazione dei tessuti, una guarigione più rapida, minore
degenza in ospedale, cicatrici più ridotte e di conseguenza minor danno estetico.
Durata dell’intervento:
circa 1-2 ore
Possibili complicazioni:
- Complicazioni generali: <<1% infezione, ematoma, disturbo della guarigione della ferita,
lesioni nervi/arterie/vene.
- Complicazioni specifiche: ca. 10-15% rirottura della cuffia (spesso comunque senza
sintomi), persistenza dei disturbi almeno in modo parziale.
8
Trattamento postoperatorio
Decisivo per un’ottima guarigione del tendine è un corretto trattamento
postoperatorio. In genere dopo l’intervento è applicato un piccolo cuscino al
braccio da portare di solito per 4-6 settimane. In questo periodo il paziente
esegue esercizi quotidiani di movimento come prevenzione contro la rigidità
della spalla. Prima che il tendine sia effettivamente guarito, non è possibile
tuttavia praticare una mobilizzazione di tipo attivo (ossia alzare il braccio
senza l’aiuto dell’altro braccio).
Figura 12. Tutore da portare dopo l’intervento
l’intervento chirurgico
Dopo 6 settimane viene effettuato un controllo tramite radiografia, successivamente viene
rimosso il cuscino e si iniziano ad eseguire esercizi di tipo attivo, poiché il tendine dovrebbe
essersi integrato nell’osso anche se almeno in parte. Occorrerà continuare a prestare
attenzione nell’eseguire i movimenti; è possibile svolgere esercizi con assistenza attiva, quindi
con sostegno. Il carico con i pesi non deve essere affrontato prima di 12 settimane, momento
in cui avviene il secondo controllo. Il recupero delle normali attività e la guarigione è piuttosto
lunga e può variare a seconda dei casi in un lasso temporale che varia dai 3 ai 6 mesi.
Durante questo periodo è importante non scoraggiarsi e, se necessario, il paziente potrà
rivolgersi al proprio chirurgo per fugare qualsiasi dubbio in merito al decorso.
La ripresa dell’attività professionale varia in base alla tipologia del lavoro svolto. Nelle
professioni che non implicano uno sforzo fisico, una capacità lavorativa parziale è già possibile
una volta tolto il cuscino. Per le professioni che richiedono uno sforzo fisico, la capacità
lavorativa è possibile solo dopo 3 mesi. Qualsiasi ripresa dell’attività sportiva dovrà essere
concordata con il chirurgo o con il medico curante.
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7/!
/!Instabilità
/!Instabilità lussazioni!
lussazioni!efmmb!tqbmmb!
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Sono principalmente due le patologie fondamentali inerenti l’instabilità della spalla:
!
! 1. Instabilità assoluta che comporta la lussazione della spalla (fuoriuscita della testa omerale
! rispetto la glena).
! 2. Spalla instabile dolorosa (senza lussazioni)
!
7/2/!Mvttb{jpof!efmmb!tqbmmb!
Le lussazioni recidivanti della spalla rappresentano un problema già
conosciuto e descritto dagli albori della storia della medicina. Fino a
non molto tempo fa, gli interventi per ridurre le lussazioni alla spalla
erano poco frequenti sia per l’invasività degli stessi sia per i risultati
poco soddisfacenti. Solo negli ultimi anni in questo settore si è
sviluppata una strategia terapeutica, grazie alla comprensione più
approfondita della problematica e grazie allo sviluppo di nuove
tecniche operatorie.
!
Figura 13. Radiografia di
di una spalla con una lussazione.
lussazione.
!!
I pazienti possono essere suddivisi sommariamente in due gruppi.
Nel primo gruppo (percentuale maggiore) vi sono soprattutto le lussazioni causate da un
trauma di una certa entità.
Durante una lussazione, la testa omerale esce in genere in direzione anteriore e verso il basso
(Figura 13).
9
Durante questa manovra, in genere si rompe la capsula articolare e i legamenti stabilizzanti
anteriori. Nella maggior parte dei casi, inoltre si strappa il labbro che avvolge la cavità
articolare ossea (vedi sezione anatomia), con l’intero complesso legamentoso. Può capitare
che si possano riscontare altre lesioni come quelli della cuffia o dell’inserzione del tendine del
muscolo bicipite (circa 15% dei casi). In questi casi, nella maggior parte dei pazienti permane
un’instabilità della spalla, che causa una lussazione recidivante. Quanto più i pazienti sono
giovani, quanto più alta è la probabilità di una recidiva: nel 90% dei casi la spalla può lussarsi
nuovamente e ciò accade nella fascia di età compresa fra i 15 e 25 anni. Si consiglia, per
questo motivo, di effettuare una risonanza magnetica (RM).
Grazie a questo procedimento di scansione per immagini, è possibile evidenziare se il
complesso capsulo-legamentoso è strappato e scomposto. In base all’età e la storia del/della
paziente e in base alla situazione clinica, si discuterà la terapia da adottare e l’eventualità di un
intervento chirurgico di tipo ricostruttivo.
Nel secondo gruppo (percentuale minore), rientrano i pazienti che presentano una lussazione
della spalla, non conseguente a un trauma. Per quanto concerne questa tipologia di pazienti,
occorre valutare l’eventuale presenza di un’eccessiva lassità (morbidezza) dei legamenti, che
normalmente è presente anche in altre articolazioni.
Questi pazienti hanno ad esempio gomito e ginocchio iper-estensibile. Questi pazienti devono
sostanzialmente essere trattati in modo differente. Tali lussazioni vengono, almeno in una
prima fase, trattate conservativamente.
Le instabilità devono essere compensate da una migliore funzionalità muscolare. Solo in rari
casi, in presenza di un’instabilità fortemente invalidante e permanente, occorre prendere in
considerazione la possibilità di essere sottoposti ad un intervento chirurgico che consiste in
un restringimento della capsula per via artroscopica o in taluni casi anche un intervento di
chirurgia aperta tipo Latarjet o l’apposizione di un blocco osseo da posteriore.
Intervento/terapia
Figura 14. Nell’
Nell’immagine a sinistra la lesione del labbro e della capsula, al centro la sutura della lesione e a
sinistra le minimini-viti artroscopiche usate per la sutura
Per le lussazioni recidivanti di origine traumatica (descritta in precedenza come un distacco
del complesso capsulo-legamentoso, confermato da una risonanza magnetica), il trattamento
previsto è l’intervento chirurgico in artroscopia. In questo tipo d’intervento, una telecamera è
introdotta posteriormente all’interno dell’articolazione della spalla attraverso una piccola
incisione di 6-8 mm. Viene innanzitutto ispezionata tutta l’articolazione per escludere lesioni
associate oltre a quella già diagnosticata. Successivamente sono posizionate delle mini-viti (di
solito 3 di numero) nella zona anteriore dell’osso della glena, alle quali sono collegati dei fili. Il
tutto è poi annodato fissando in modo anatomico le strutture lesionate o “mal guarite” (Figura
14).
10
Durata dell’intervento
La durata di un intervento chirurgico di questo tipo è di circa un’ora.
Possibili complicazioni
- Complicazioni generali: <<1% infezione, ematoma, disturbo della guarigione della ferita,
lesioni nervi/arterie/vene
- Complicazioni specifiche: In questo intervento la ricorrenza delle lussazioni si aggira
intorno al 10%. A questo punto occorre valutare un secondo intervento chirurgico
(intervento secondo Latarjet). Un’ulteriore possibile complicazione, soprattutto in
pazienti non molto collaboranti, è lo spostamento delle “mini viti” fuori dall’osso. In
questi casi occorre rimuovere l’ancoretta in modo artroscopico.
- A volte può accadere che la rotazione esterna sia lievemente ridotta rispetto alla parte
controlaterale.
Trattamento postoperatorio
Grazie alle ridotte dimensioni dell’accesso, questo metodo d’intervento chirurgico è
relativamente indolore. Nel periodo della convalescenza deve essere osservato un periodo
d’immobilizzazione con l’ausilio di un tutore per circa 3-6 settimane. Il paziente dovrà
assolutamente evitare di eseguire movimenti di rotazione esterna e di abduzione oltre i 90
gradi (orizzontale del braccio) per 6 settimane. I movimentii sono possibili da subito in modo
passivo e attivo fino ai limiti consentiti. I controlli postoperatori di solito avvengono una prima
volta dopo 6 settimane con radiografia e un’ultima volta in genere dopo 12 settimane. Di
solito, il paziente riesce ad eseguire un movimento ampio dopo 6-8 settimane e dopo 12
settimane dovrebbe poter svolgere anche un’attività sportiva.
È tuttavia doveroso sottolineare che il recupero è soggettivo e che sussistono delle importanti
differenze secondo l’entità della lesioni e delle caratteristiche del paziente.
L’inabilità lavorativa dipende molto dal lavoro svolto. Una professione sedentaria può essere
ripresa dopo 2-3 settimane, mentre un lavoro che richiede sforzi fisici può essere ripreso solo
dopo 3 mesi dall’intervento.
L’operazione secondo “Latarjet”
Figura 15. Intervento secondo Latarjet,
Latarjet, durante il quale si preleva una parte dell’osso della scap
scapola
apola per fissarlo
successivamente anteriormente alla glena.
Grazie alle moderne tecnologie a disposizione l’instabilità della spalla può essere in genere
trattata in modo da rispettare l’anatomia. Sono necessarie due o tre piccole incisioni e le
lesioni possono essere trattate in artroscopia, come descritto nel precedente paragrafo. È
tuttavia doveroso precisare che in casi particolari l’intervento può non avere successo: ciò
avviene per esempio nel caso in cui ci sono delle lesioni concomitanti come un difetto osseo
alla glena. Oppure può accadere nel caso in cui, a seguito di un intervento convenzionale in
artroscopia, permanga un’instabilità della spalla, che causa una lussazione recidivante.
Il secondo approccio chirurgico che si presta molto bene in questi casi è quello descritto da
Latarjet. E’ un intervento meno anatomico eseguito presso il nostro ospedale in tecnica semiaperta.
11
Durante questo intervento si preleva circa 1 cm di osso dal processo coracoideo (un sperone
osseo di partenza della scapola): questo viene fatto passare attraverso il muscolo
sottoscapolare con i suoi tendini annessi e fissato nella zona anteriore della glena con due viti.
Questa porzione di osso trapiantata con il proprio legamento crea una stabilità anteriore, che
rende pressoché impossibile una nuova lussazione. Da recenti studi, il tasso di ri-lussazione è
inferiore al 2%.
Durata intervento
L’intervento dura circa un’ora.
Possibili complicazioni:
- Complicazioni generali: <<1% infezione, ematoma, disturbo della guarigione della ferita,
-
lesioni nervi/arterie/vene
Complicazioni specifiche: ri-lussazione circa 2%, “riassorbimento”/non guarigione del
blocco osseo, lieve riduzione della rotazione esterna
Trattamento postoperatorio
Dopo l’operazione il paziente indossa una mitella per alcuni giorni, dopodiché in genere non è
necessaria alcuna fissazione del braccio. Il giorno successivo all’intervento il paziente può
iniziare a muovere il braccio senza limitazione della mobilità (a parte il dolore). Trascorse sei
settimane il chirurgo effettua un controllo con una radiografia, in seguito è possibile
aumentare il carico sulla spalla. Dodici settimane dopo l’operazione, il braccio e la spalla
possono riprendere tutti gli sforzi comprese attività sportive come il tennis. Il recupero
generalmente dopo questo intervento chirurgico, è molto rapido.
7/3/!Tqbmmb!jotubcjmf!epmpsptb!
La stabilità della spalla è mantenuta grazie a una complessa interazione fra la struttura ossea
del complesso capsulo-legamentoso e la muscolatura che avvolge la spalla. Le zone più
spesso interessate dall’instabilità della spalla sono le porzioni anteriori del complesso capsulolegamentoso. Esistono due strutture guida che si estendono fra la scapola e la testa
dell’omero. Qui si trova un legamento superiore, intermedio e inferiore (vedi figura 6: SGHL:
ligamento superiore, MGHL ligamento mediale e IGHL ligamento inferiore). La struttura
inferiore è più spesso esposta alle forze che decentrano la testa ed è quindi anche quella più
spesso interessata dalle lesioni. Questo tipo di lesione è frequentemente accompagnato da
un’instabilità sensibile della spalla, vale a dire che la spalla del paziente non si sloga
regolarmente ma che la testa dell’omero ha una lieve tendenza a uscire in avanti, senza
perdere completamente l’aderenza sulla superficie articolare. Più di rado occorrono lesioni
isolate del legamento intermedio e/o di quello superiore. La causa di queste lesioni può avere
un’origine traumatica, anche se a volte è sufficiente compiere un movimento banale per
strappare questi legamenti. Inoltre, la ripetizione di determinati movimenti può lesionare tali
strutture: in questi casi si parla di microtraumi, che possono comportare anch’essi lo strappo
dei legamenti. Uno dei movimenti spesso descritti è l’estensione della spalla con rotazione
esterna forzata (ad esempio, quando si è seduti sul sedile anteriore di un’automobile e si vuol
portare un oggetto pesante dal sedile posteriore, senza voltarsi correttamente).
12
Domande ricorrenti
In che modo si manifesta una lesione di questo genere?
Benché questi legamenti siano strappati o lesionati, le strutture stabilizzanti rimaste sono
sufficienti per dare al paziente la sensazione che la spalla sia stabile. La sintomatologia
principale è caratterizzata da un dolore che il paziente avverte per lo più quando compie un
determinato movimento. Solo in rari casi questa lesione può essere diagnosticata con
tecniche di scansione dell’immagine, come ad esempio una risonanza magnetica. Tuttavia, nel
caso in cui si sospetti questa patologia, si esegue per lo più una RM per immagini al fine di
individuare eventuali lesioni concomitanti. Poiché non ci sono effettivamente chiari segni
diagnostici e le tecniche a scansione dell’immagine forniscono raramente degli esiti
inequivocabili, questa lesione resta spesso non identificata e non trattata, e in genere viene
diagnosticata solo con l’artroscopia della spalla.
In che modo viene trattata questa patologia?
Questa patologia viene trattata eseguendo un’artroscopia con rifissazione delle strutture
lesionate. Con questo intervento chirurgico i legamenti sono ricuciti/reinseriti nella loro
posizione anatomica come nel caso dell’instabilità utilizzando delle “mini viti”. Durante lo stesso
intervento, eventuali lesioni concomitanti vengono trattate.
Durata intervento
La durata dell’operazione può raggiungere un’ora.
Complicazioni
- Complicazioni generali: <<1% infezione, ematoma, disturbo della guarigione della ferita,
lesioni nervi/arterie/vene
- Complicazioni specifiche: persistenza di instabilità, spostamento delle “mini viti” fuori
dall’osso (<1%). A volte può essere che la rotazione esterna sia lievemente ridotta
rispetto la parte controlaterale.
Trattamento postoperatorio
Dopo l’intervento il paziente deve indossare un tutore per 3-6 settimane, evitando i movimenti
di rotazione esterna e di abduzione oltre i 90 gradi (orizzontale del braccio) per 6 settimane. I
movimenti sono possibili da subito in modo passivo e attivo fino ai limiti consentiti. Il primo
controllo postoperatorio avviene di solito dopo sei settimane eseguendo una radiografia e una
seconda volta dopo circa dodici settimane. Di solito il paziente riesce a eseguire un movimento
ampio dopo 6-8 settimane e dopo dodici settimane dovrebbe poter svolgere attività sportiva.
Anche in questo caso, però, è necessario rilevare che sussistono delle importanti differenze
secondo l’entità della lesione e delle caratteristiche del paziente.
L’inabilità lavorativa dipende dal lavoro svolto: un lavoro sedentario può essere ripreso dopo 23 settimane, mentre un lavoro che richieda sforzi fisici può essere svolto solo dopo tre mesi.
13
8/! Mftjpoj! efm! mbccsp! tvqfsjpsf! f! efm! ufoejof! cjdjqjuf! )TMBQ! Tvqfsjps! Mbcsbm!!!!!
Boufsjps.Qptufsjps*!
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Figura 16.Le
16.Le immagini rappresentano la lesione dell’
dell’inserzione del tendine alla glena (SLAP)
(SLAP)
!
Una lesione che spesso viene sottovalutata e mal interpretata è il trauma del tendine lungo
bicipite che si inserisce alla glena superiormente. Queste lesioni sono raramente
caratterizzate da strappi completi; la maggior parte delle volte si verifica un distacco
dell’anello superiore, che provoca una maggiore mobilità dell’ancoraggio del tendine bicipite.
Tali lesioni provocano spesso dolore durante l’elevazione del braccio e successivamente si può
avvertire dolore anche quando si tenta di afferrare qualcosa.
Generalmente il primo tentativo prevede una terapia conservativa, ma se i dolori persistono
per diversi mesi occorre valutare un intervento chirurgico. L’intervento è eseguito in
artroscopia durante la quale viene individuata con precisione l’estensione della lesione.
Esistono sostanzialmente due tipi di trattamento: se il tendine è ancora di buona qualità lo si
reinserisce nella sua posizione anatomica con delle “mini viti”. In caso contrario, il tendine
viene tagliato (tenotomia) e può essere rifissato nel solco bicipitale se le condizioni lo
permettono a seconda della tipologia del paziente e delle condizioni del tendine.
La scelta fra le due tecniche dipende dalla condizione del tendine bicipite, dal grado di attività e
dall’età del paziente. Spesso non è possibile decidere apriori quale tecnica utilizzare, perché è
relativamente difficile formulare un giudizio sulla qualità del tendine bicipitale solo sulla base
della risonanza magnetica.
Figura 17. A sinistra reinserzione di questo tendine nella sua parte anatomica, a destra la sezione del tendine e
la reinserzione nel solco bicipitale
Durata dell’intervento:
dell’intervento 1-1.5 ore.
complicazioni:
Possibili complicazioni
-
Complicazioni generali: <<1% infezione, ematoma, disturbo della guarigione della ferita,
lesioni nervi/arterie/vene
Complicazioni specifiche: nel caso di reinserzione vi è il pericolo che il tendine non si
integri nell’osso creando di nuovo disturbi oppure che si rompa nuovamente. Nel caso
in cui dovessero creare di nuovo disturbi bisognerà discutere un secondo intervento.
Nel caso in cui il tendine si rompesse definitivamente, in genere, il dolore si risolve ma
potrebbe eventualmente formarsi una tumefazione al braccio.
14
Trattamento postoperatorio
Se il tendine è reinserito in sede anatomica o nel solco bicipitale per circa 6 settimane
occorre prestare attenzione ai movimenti per non compromettere la guarigione del tendine; in
questo periodo occorre indossare una mitella ed è assolutamente vietato compiere degli
sforzi. Il primo controllo avviene dopo sei settimane e, se necessario, un secondo controllo è
eseguito a 12 settimane.
La ripresa dell’attività lavorativa varia in base alla tipologia del lavoro svolto. Nelle professioni
che non richiedono sforzo fisico è possibile riprendere il lavoro dopo circa due settimane
mentre un lavoro pesante può essere ripreso dopo circa due mesi.
Nel caso in cui il tendine viene semplicemente sezionato, non vi sono restrizioni e il recupero è
molto veloce, l’inabilità lavorativa si attesta intorno alle due settimane.
9/!Bsujdpmb{jpof!bdspnjp.dmbwjdpmbsf!
Tra la clavicola e la scapola abbiamo l’articolazione
l’articolazione acromion
acromion-claveare
(Figura 18), rivestita da legamenti e da una capsula, all’interno della
quale vi è un disco fibrocartilagineo. La mobilità dell’articolazione
acromion - claveare è relativamente modesta.
La rottura acuta e lussazioni dell’articolazione acromion-claveare sono
tra le lesioni più frequenti nello sport. In genere vi è un trauma diretto
della spalla che causa una rottura dei legamenti fra il processo
coracoideo della scapola e la clavicola, nonchè fra la clavicola e
l’acromion.
Gjhvsb!29!
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Figura 19. Rottura acuta dell’
dell’articolazione
articolazione acromioacromio-claveare. Solitamente si rompono diversi legamenti
legamenti
(immagine a sinistra)
Secondo la gravità della lussazione e dei legamenti rotti, la sintomatologia può essere
immediata oppure i dolori possono insorgere solo dopo un certo periodo con lo sviluppo di
un’instabilità cronica dolorosa o un’artrosi.
Si possono distinguere tre problematiche a carico dell’articolazione acromion-claveare:
1. Rottura acuta (“lussazione”)
2. Instabilità cronica dell’articolazione
3. Artrosi (“usura” dell’articolazione)
15
9/2/! Mb! ufsbqjb! efmmb! spuuvsb! bdvub! f! dspojdb! )mvttb{jpof*! efmm’bsujdpmb{jpof!
bdspnjp.dmbwjdpmbsf!
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Figura 20.
20. Rappresentata
Rappresentata la sospensione (corda blu) posta tra clavicola e coracoide. Nella radiografia a destra si
possono vedere in bianco le plachette di appoggio (freccie)
La gran parte delle lussazioni acromion-claveari acute possono essere trattate in modo
conservativo, poiché i risultati degli interventi chirurgici rispetto il trattamento conservativo
non danno necessariamente risultati migliori. Vi sono solo alcuni casi particolari (Grado IV-VI
della classificazione secondo Rockwood) che necessitano una terapia chirurgica. Il
trattamento conservativo consiste nella prescrizione di analgesici unitamente ad un
trattamento fisioterapico. Il paziente in questo caso può muovere liberamente la spalla.
Nel caso di rotture acute massicce viene posta l’indicazione per un intervento mini-invasivo: si
esegue un’artroscopia della spalla per verificare se sussistono altre lesioni associate (circa
nel 15% dei casi). In artroscopia viene applicata una sospensione tra il processo coracoideo e
la clavicola (figura 20); tale procedura permette di fissare la clavicola nella sua posizione
naturale consentendo ai legamenti e alla capsula di guarire in modo anatomico.
Nel caso di un’instabilità cronica dell’articolazione questo tipo
d’intervento non è sufficiente ed è necessario un intervento di
stabilizzazione tramite un trapianto autologo (proveniente dallo
stesso individuo) di un tendine come rinforzo. Questo tendine è
prelevato o dal ginocchio o dalla gamba. Dopo avere eseguito
l’artroscopia si procede con un intervento eseguito a cielo aperto:
oltre alla fissazione per la lussazione acuta, viene creato con il
tendine prelevato una manchette attorno alla clavicola ed al
coracoide come rinforzo dei legamenti.
Figura
Figura 21. Nella figura il tendine sostituisce i legamenti mancanti avvicinando nuovamente la clavicola
all’’articolazione AC.
all
AC.
Durata dell’intervento
Circa 1,5-2 ore
Possibili complicazioni:
- Complicazioni generali: <<1% infezione, ematoma, disturbo della guarigione della ferita,
lesioni nervi/arterie/vene
- Complicazioni specifiche: nelle rotture acute e croniche spesso, nonostante una
perfetta ricostruzione, l’articolazione rimane comunque un poco instabile, solitamente
senza provocare disturbi.
16
Trattamento postoperatorio
Nel caso di una lussazione acuta trattata in modo conservativo, in genere non vi sono delle
restrizioni particolari. In genere vi è un’inabilità lavorativa per alcune settimane; le attività
sportive possono essere riprese con la dovuta cautela.
Le ricostruzioni acute e croniche richiedono il medesimo trattamento postoperatorio: il
paziente deve indossare una mitella per alcuni giorni. Dopodiché è possibile muovere il braccio
e la spalla. Per garantire la guarigione dei legamenti, per 6 settimane, è vietato alzare il
braccio. Un primo controllo è effettuato dopo sei settimane con una radiografia e il secondo di
solito dopo dodici settimane. L’inabilità lavorativa può variare da due settimane per un lavoro
di tipo sedentario fino a dodici settimane per un lavoro che richiede uno sforzo fisico).
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Figura 22. A sinistra un’
un’articolazione normale acromioacromio-claveare, a destra un’
un’articolazione usurata.
usurata.
Nel caso di artrosi, è consigliata una terapia conservativa con delle infiltrazioni con un tasso di
successo attorno al 50-80%. Qualora la terapia conservativa non porti il successo desiderato,
si procede alla resezione dell’articolazione in modo artroscopico.
L’intervento avviene in artroscopia (tecnica con telecamera) in genere attraverso due o tre
piccole incisioni (6-8 mm). Viene resecata una porzione della clavicola (circa 8-10 mm) disco
compreso (menisco all’interno dell’articolazione). In seguito, al posto dell’articolazione, si crea
una “giunzione fibrosa” che assume la funzione dell’articolazione rigida (figura 22).
Figura 23. Attraverso una piccola incisione viene introdotta una fresa artroscopica con la quale si asporta
l’articolazione usurata
Durata dell’intervento: circa 1-2 ore
Possibili complicazioni:
- Complicazioni generali:<<1% infezione, ematoma, disturbo della guarigione della ferita,
lesioni nervi/arterie/vene
- Complicazioni specifiche: nonostante un’asportazione completa dell’articolazione
possono persistere lievi disturbi nella neo-articolazione. Teoricamente è possibile che la
resezione non sia completa con persistenza dei disturbi.
17
Trattamento postoperatorio
Il trattamento postoperatorio non richiede alcuna immobilizzazione a parte una mitella per
alcuni giorni. Un primo controllo avviene effettuato a 6 settimane con una radiografia e un
secondo, se necessario, a 12 settimane. L’inabilità lavorativa per un lavoro sedentario può
variare dalle 3 alle 6 settimane, mentre per lavori pesanti almeno 2 mesi. Lo sport può essere
ripreso in genere dopo 3 mesi.
:/!Bsusptj0bsuspqbujb!efmmb!dvggjb!!
:/2!Bsusptj!efmmb!tqbmmb!
Figura 24. A sinistra un’articolazione normale e una con artrosi. A destra una radiografia della spalla dove
assente lo spazio tra l’l’omero e la glena; la cartilagine appare consumata.
In analogia all’anca o l’articolazione del ginocchio, anche se con minore frequenza, nella
regione della spalla può svilupparsi un’artrosi (cartilagine “consumata”). Queste artrosi spesso
sono sintomatiche e creano disturbi oltre che causare una riduzione una della mobilità della
spalla accompagnato da dolore. Quando tutti i tentativi di trattamento conservativo non
portano al successo desiderato, si deve prendere in considerazione un intervento chirurgico.
Questo consiste nella sostituzione dell’articolazione con una protesi.
:/3!Bsuspqbujb!eb!spuuvsb!nbttjddjb!efmmb!dvggjb!efj!spubupsj!
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Figura 25. La radiografia della spalla mostra un’
un’ascensione della testa dell’
dell’omero, segno indiretto che la cuffia si
è consumata.
!
In alcuni casi, la lesione dei tendini della cuffia dei rotatori è talmente grave e retratta da non
consentirne l’intervento. Si tratta in particolare di pazienti con più di 65 anni, che soffrono da
molti anni di dolori alla spalla e che hanno un’importante diminuzione della forza o addirittura
non riescono ad alzare il braccio se non accompagnandolo con l’altra mano (si parla di “spalla
pseudoparalitica”). La retrazione tendinea determina uno squilibrio funzionale della spalla, con
una risalita della testa omerale, che va a “sfregare” con l’osso sovrastante (l’acromion), e il
progressivo formarsi dell’artrosi (figura 25). Nel caso in cui tutte le terapie conservative
intraprese non portino a beneficio, bisogna prendere in considerazione un intervento
chirurgico. Nei primi stadi di questa patologia può essere utile il trattamento artroscopico: si
procede alla sezione del tendine del capo lungo del bicipite (fonte di dolore) e si “pulisce”
l'articolazione, ossia si rimuovono i frammenti di cartilagine e tessuti infiammati. Questa
18
pratica non è da considerarsi definitiva ma può limitare la sintomatologia dolorosa del
paziente per un determinato periodo.
Se anche quest’opzione non porta al successo desiderato, si può discutere la possibilità di una
protesi inversa, con ottimi risultati e con un rapido recupero..
Vi sono diversi tipi di protesi per sostituire l’articolazione nel caso di un’artrosi o di una
artropatia da cuffia:
• Protesi anatomiche (parziale/totale)
• Protesi inverse
• Protesi di superficie (“Resurfacing”)
La protesi rappresenta uno dei maggiori successi dell’ortopedia moderna perché consente ai
pazienti affetti da numerose patologie invalidanti di migliorare la loro qualità di vita
ripristinando la funzionalità articolare e abolendo la sintomatologia dolorosa. Questo grazie al
continuo perfezionamento della tecnica chirurgica, delle caratteristiche degli impianti e
dell’esperienza degli operatori.
:/4!Qspuftj!bobupnjdif!
Figura 26. Nella figura sono
sono rappresentate alcune protesi anatomiche.
L'intervento consiste nella resezione delle componenti articolari deformate e prive di
cartilagine e la loro sostituzione con componenti protesiche artificiali composte da diverse
leghe metalliche. A seconda della situazione può essere scelta la sostituzione della sola testa
omerale (protesi parziale) o di entrambe le superfici articolari (protesi totale).
19
:/5!Qspuftj!jowfstf!
Figura 27. Rappresentate delle protesi
protesi inverse, a sinistra schematicamente, centrale una radiografia e a sinistra
le componenti di una vera protesi.
protesi.
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In caso di compromissione della cuffia dei rotatori, è consigliata una protesi inversa anziché
una protesi anatomica le protesi anatomiche. La protesi inversa si chiama cosi poiché al posto
della testa omerale sferica è impiantata una protesi concava mentre al posto della glena è
posizionata una semi-sfera.
In questo modo il centro di rotazione si sposta verso l’esterno e l’assenza della cuffia dei
rotatori è compensata dal muscolo deltoide.
Le indicazioni possono essere molteplici:
-
Artrosi con una cuffia rotatoria compromessa
Artropatia da cuffia
Fratture dell’omero prossimale
Durata dell’intervento circ
circa
irca 2 ore
Complicazioni:
- Complicazioni generali: circa 1-2% infezione, ematoma, disturbo della guarigione della
ferita, lesioni nervi/arterie/vene
- Complicazioni specifiche: fratture intraoperatorie (omero, glena), lussazione della
protesi (circa 2% per le protesi inverse, < 1% per le protesi anatomiche), scollamento
della protesi (soprattutto la parte della glena circa 10% a 10 anni), spalla rigida
Trattamento postoperatorio
In genere il braccio viene immobilizzato per alcune settimane, anche se il braccio e la spalla
possono essere mossi fin dal primo giorno postoperatorio. Occorre rispettare un eventuale
limite della rotazione esterna per 6 settimane, nessuna limitazione per l’elevazione in modo
passivo (con l’aiuto dell’altro braccio). Le visite postoperatorie avvengono a 6 e a 12
settimane con controllo radiografico e dopo un anno. Il recupero completo avviene dopo 3-6
mesi.
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:/6!Sftvsgbdjoh!
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Figura 28.
dell’’omero,
28. Protesi di sostituzione della superficie della testa dell
omero, a sinistra e al centro rappresentato
rappresentato in
modo schematico, a sinistra un esempio di radiografia di una spalla sinistra.
Con questa tipologia di protesi, è essenzialmente sostituita solo la parte superficiale della
testa dell’omero attraverso un accesso aperto di ridotte dimensioni. Si tratta di un intervento
poco doloroso e poco invasivo, che permette un recupero relativamente veloce.
Durata
Durata dell’intervento circa 1.5 - 2 ore
Complicazioni:
- Complicazioni generali: 1% infezione, ematoma, disturbo della guarigione della ferita,
lesioni nervi/arterie/vene,
- Complicazioni specifiche: scollamento della protesi (circa 10-15% a dieci anni), spalla
rigida, persistenza di dolore
Trattamento postoperatorio
In genere lasciamo una fissazione del braccio per alcune settimane, anche se il braccio e la
spalla possono essere mossi fin dal primo giorno dopo l’intervento. E’ necessario evitare la
rotazione esterna e interna attiva (in particolare contro resistenza) per sei settimane,
nessuna limitazione per l’elevazione in modo passivo (con l’aiuto dell’altro braccio). I controlli
avvengono dopo 6 e 12 settimane con radiografia. Ulteriori controlli vengono eseguiti in caso
di necessità. La guarigione completa avviene di solito dopo 3-6 mesi. La durata media del
ricovero è di 4-5 giorni, salvo complicazioni. L’inabilità lavorativa varia dai 2-6 mesi secondo la
tipologia di lavoro.
21/!Ufoejopqbujb!dbmdjgjdb!
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Mb!gsfddjb!joejdb!vob!dbmdjgjdb{jpof!
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Figura 29. Una radiografia della spalla sinistra con una calcificazione (vedi freccia) nelle
nelle parti molli,
rispettivamente nel tendine sovraspinoso
La presenza di calcificazioni nella regione della spalla, in genere all’interno della cuffia dei
rotatori, rappresenta un fenomeno molto frequente. Non sono ancora chiare le cause di
queste calcificazioni. Spesso queste lesioni non creano disturbi e sono scoperte
accidentalmente durante l’esecuzione di una radiografia eseguita per altre ragioni presso il
medico curante o il pronto soccorso. Alcune calcificazioni possono manifestarsi
improvvisamente e, anche in assenza di un trauma, diventare sintomatiche procurando un
dolore insopportabile alla spalla. Questo dolore acuto è spiegato dal fatto che le calcificazioni
21
(in genere una pasta bianca semiliquida si “aprono” ed entrano “nell’articolazione” (più
precisamente nello spazio sottoacromiale), creando una forte reazione infiammatoria che
causa dolore.
Terapia
Queste calcificazioni richiedono una terapia solo nel caso in cui causano dolore.
Il trattamento dipende dallo stadio del processo infiammatorio al momento in cui il paziente si
presenta dal medico. In una situazione cronica, tra le opzioni terapeutiche si possono
adottare farmaci anti-infiammatori e infiltrazioni locali di corticosteroidi. Tutto ciò contribuisce
a ridurre l'infiammazione e nella maggior parte dei casi si osserva un miglioramento delle
condizioni fino alla guarigione completa. In alcuni casi anche le onde d’urto possono portare
beneficio.
Se il problema persiste (percentuale minore di casi) è consigliato un intervento che consiste
nell’asportazione in modo artroscopico della calcificazione ed eventualmente anche della
borsa subacromiale in caso di infiammazione. Si tratta di un intervento poco invasivo con un
recupero rapido..
Durata dell’intervento: circa 1 ora
Complicazioni
- Complicazioni generali:<<1% infezione, ematoma, disturbo della guarigione della ferita,
lesioni nervi/arterie/vene
- Complicazioni specifiche: molto raramente nonostante l’asportazione chirurgica la
calcificazione può ricrearsi.
Trattamento postoperatorio
Il paziente può muovere liberamente il braccio senza restrizioni (solo se non percepisce
dolore). La completa guarigione avviene dopo circa tre mesi, nonostante si tratti di un
intervento poco invasivo. In questo periodo è sconsigliato praticare sport.
L’inabilità lavorativa dipende molto dal lavoro. Per un lavoro sedentario è possibile riprendere il
lavoro dopo 3-4 settimane, mentre la ripresa di un lavoro che richiede sforzo è possibile solo
dopo 3 mesi.
La probabilità di comparsa di nuove calcificazioni in pazienti che hanno già avuto una
precedente calcificazione non è superiore a quella della popolazione media.
!
22/!Tqbmmb!sjhjeb!
La cosiddetta spalla “rigida” o “congelata” è una malattia particolare accompagnata da dolori
cronici importanti e con una forte riduzione della mobilità della spalla (da cui il nome). Alla
base di questa patologia vi è un ispessimento massiccio della capsula articolare della spalla
che provoca il dolore e la riduzione della mobilità della spalla. La patologia si può formare in
modo “spontaneo” (soprattutto nei pazienti diabetici, donne tra i 40-60 anni). Di seguito
riportiamo altri fattori scatenanti:
1. Dolore persistente alla spalla
2. Dopo un intervento chirurgico alla spalla, sia artroscopico che a “cielo aperto“
3. Un trauma anche di lieve entità
Quali sono le conseguenze che accompagnano la spalla rigida?
La spalla rigida o capsulite adesiva è una condizione dolorosa che affligge questa importante
articolazione. I pazienti che ne soffrono lamentano rigidità articolare, dolore e limitazione nei
movimenti. Le cause di tale condizione non sono ancora state completamente chiarite e
22
spesso la patologia insorge senza alcuna causa apparente. La spalla rigida colpisce la capsula
che circonda l'omonima articolazione con conseguente ispessimento e formazione di ponti
fibrosi (cicatrici) al proprio interno.
Quali sono le conseguenze a lungo termine della spalla rigida?
La condizione della spalla rigida può durare fino a due anni e limitare notevolmente le attività
quotidiane. Tuttavia, questa condizione guarisce completamente nella stragrande
maggioranza dei casi, senza lasciare conseguenze. Ciò significa che vengono recuperate la
funzionalità e la completa mobilità dell’articolazione.
Che cosa si può fare alla presenza di una
una spalla rigida?
Innanzitutto, occorre osservare un riposo assoluto. È necessario interrompere qualsiasi tipo di
fisioterapia, in quanto un qualsiasi stimolo proveniente dall’esterno può peggiorare la
condizione clinica. L’unica fisioterapia che può essere prescritta è quella che può curare
problemi secondari associati, come contratture muscolari alla nuca ecc.
Dal punto di vista farmacologico, la reazione infiammatoria può essere contrastata con la
somministrazione di FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei) o con infiltrazioni di
cortisone. Purtroppo non esiste alcun farmaco che possa risolvere completamente questa
condizione. Il persistere del dolore e della ridotta mobilità in questa fase non deve
demoralizzare il paziente che deve proseguire le terapie intraprese.
In alcuni casi, quando permangono il dolore e la massiccia riduzione della mobilità della spalla
può essere indicato un intervento chirurgico che prevede l’asportazione di gran parte della
capsula articolare.
Durata dell’intervento: circa 2 ore
Complicazioni
- Complicazioni generali:<<1% infezione, ematoma, disturbo della guarigione della ferita,
lesioni nervi/arterie/vene
- Complicazioni specifiche: persistenza di una certa rigidità della spalla e persistenza dei
dolori
Trattamento postoperatorio
postoperatorio
Il paziente può cominciare a muovere liberamente il braccio senza restrizioni (il limite è il
dolore). Il trattamento postoperatorio è importante quanto l’intervento chirurgico. Occorre
eseguire regolarmente la fisioterapia per prevenire la formazione di dolorose aderenze che
possono successivamente limitare di nuovo il movimento. Sarà necessario l’intervento di un
fisioterapista che su indicazione del chirurgo potrà stabilire un programma di esercizi
personalizzato che permetta il recupero delle funzionalità. L’inabilità lavorativa dipende molto
dal decorso e dal lavoro svolto. Può durare da poche settimane fino alcuni mesi. Lo stesso
vale anche per le attività sportive (si consiglia la ripresa dell’attività fisica solo dopo 3 mesi).
L’inabilità lavorativa dipende molto dal lavoro svolto. È possibile riprendere un lavoro
sedentario dopo 3-4 settimane, mentre per un lavoro che richiede sforzo fisico a volte sono
necessari anche tre mesi di riposo.
!
23/!Befsfo{f!efmmb!Tqbmmb!!
Contrariamente alla spalla “rigida” a volte si possono formare, in genere dopo un trauma o
dopo un intervento chirurgico, delle aderenze all’interno della spalla. Queste aderenze
riducono la mobilità (molto meno la rotazione interna ed esterna rispetto alla spalla rigida)
provocando dolore, particolarmente notturno.
23
La terapia in una prima fase consiste nel migliorare la mobilità con una fisioterapia intensiva.
Dopo diversi mesi, nel caso in cui la fisioterapia non porti al successo desiderato occorre
prendere in considerazione una artrolisi artroscopica (ossia liberazione delle aderenze) a volte
anche “in aperto”. Si tratta di un intervento poco invasivo che è eseguito attraverso 2-3
piccole incisioni.
Durata dell’intervento: circa 2 ore
Complicazioni
- Complicazioni generali:<<1% infezione, ematoma, disturbo della guarigione della ferita,
lesioni nervi/arterie/vene
- Complicazioni specifiche: persistenza di una certa rigidità della spalla e persistenza dei
dolori
Trattamento postoperatorio
Il trattamento postoperatorio riveste un ruolo molto importante. Il problema di queste
aderenze è che hanno una forte tendenza a riformarsi con conseguente peggioramento del
decorso postoperatorio. Occorre quindi eseguire esercizi regolari e specifici suggeriti dal
fisioterapista per evitare la formazione di aderenze. Dopo l’intervento spesso è lasciato un
catetere nella spalla per l’analgesia e devono essere eseguiti una serie di esercizi per ridurre il
dolore ma soprattutto per impedire la rigidità articolare. Questo avviene attraverso la
ginnastica passiva utilizzando un mobilizzatore per la riabilitazione articolare della spalla.
Anche a casa occorre essere seguiti regolarmente da un fisioterapista.
L’inabilità lavorativa dipende molto dal decorso e dal lavoro svolto. Può durare da poche
settimana fino alcuni mesi. Questo vale anche per le attività sportive.
24/!Tjoespnf!eb!dpnqsfttjpof!efm!ofswp!tpwsbtdbqpmbsf!
Le sindromi da compressione dei nervi periferici avvengono nei punti
anatomici più stretti. Se un nervo che decorre in un passaggio
ristretto viene ulteriormente sottoposto a pressione o trazione,
questo può provocare dolore, parestesia (“formicolio”) e/o
indebolimento della muscolatura della zona interessata.
I nervi della spalla in genere hanno per lo più una buona mobilità nel
morbido tessuto connettivo. Un’eccezione è costituita dal nervo
sovrascapolare. Esso passa sul margine superiore della scapola e
attraverso un’incisura della scapola sul lato esterno della stessa
(Figura 30).
Figura 30. Anatomia della spalla con i vari
vari nervi (in giallo).
giallo). Il nervo in cima all’immagine passa attraverso un
canale il quale per vari motivi può
può essere troppo stretto e deve essere allargato chirurgicamente in artroscopia
Inoltre, sopra l’incisura decorre il legamento trasverso. La compressione del nervo
sovrascapolare causa una debolezza della muscolatura (atrofia) e un dolore diffuso localizzato
nella parte posteriore della spalla.
In rari casi la sindrome da compressione è dovuta a una cisti del labbro articolare posteriore
che comprime il nervo.
Come si elimina
elimina la compressione del nervo sovrascapolare?
sovrascapolare?
Qualora la diagnosi sia confermata con un esame neurologico, il trattamento consiste nella
decompressione artroscopica. Durante questo intervento è sezionato il legamento trasverso
e liberato il nervo. In caso, invece, di presenza di una cisti questa viene resecata.
Durata dell’intervento: circ
circa
irca 1.5 ore
24
Possibili complicazioni:
- Complicazioni generali:<<1% infezione, ematoma, disturbo della guarigione della ferita,
lesioni nervi/arterie/vene
- Complicazioni specifiche: in casi rari può essere recato un danno ulteriore al nervo o
ad altre strutture. Con l’utilizzo delle moderne tecnologie il danno è di solito ridotto al
minimo.
Trattamento postoperatorio
La spalla può muoversi da subito senza limitazioni e il recupero è molto rapido. A dipendenza
della durata della compressione del nervo, il recupero della spalla può essere immediato ma
può anche richiedere alcuni mesi. L’inabilità lavorativa in genere è alcuni giorni/settimane, lo
sport invece è permesso da subito.
!
25/!Gsbuuvsf!efmmb!Tqbmmb!!
Le fratture della spalla sono molto frequenti. In genere si possono distinguere le seguenti
fratture:
- della parte superiore dell’omero
- della clavicola
- della scapola
Figura 31. Una
Una Tomografia
Tomografia Assiale Computerizzata (TAC
(TAC)
TAC) che rappresenta in modo tridimensionale
tridimensionale una frattura
multiframmentaria della parte superiore dell`
dell`omero.
25/2!Le
Le fratture
fratture della parte superiore dell’
dell’omero
Le fratture della parte superiore dell’omero rappresentano il 5% delle fratture di tutto lo
scheletro. La frequenza aumenta con l’età, soprattutto nelle donne a causa dell’osteoporosi.
Nell’anziano, le cause più frequenti sono i traumi da caduta direttamente sulla spalla o
sull’arto esteso. Nei giovani, le fratture sono dovute a incidenti ad alta energia, come ad
esempio gli incidenti stradali.
La parte superiore dell’omero si „rompe“ spesso negli stessi punti, creando cosi 2, 3 o 4
frammenti (vedi disegno 32). I frammenti si chiamano trochite (2), trochine (3), la porzione
dell’omero al di sotto della testa (4) (cosiddetto collo chirurgico dell’omero) e la cosiddetta
calotta (1). La frattura scomposta (con dislocazione di frammenti)
frammenti) a quattro frammenti è di
solito la più grave poiché risulta la più difficile da ricostruire l’anatomia (Figura 30).
Figura 32. Quattro frammenti classici della frattura della parte superiore dell’
dell’omero
25
Nelle fratture-lussazioni, la testa dell’omero si separa dal resto o, nella maggior parte dei casi,
una parte della testa si sposta al di fuori della cavità glenoidale.
Scelte terapeutiche:
• Conservativa
• Osteosintesi con viti e placche
• Protesi da frattura (anatomica/inversa)
Trattamento conservativo
Le fratture composte sono di norma trattate conservativamente, mediante tutori che
immobilizzano la spalla e il gomito per circa 3-5 settimane. Si consiglia di intraprendere da
subito una rieducazione funzionale per riacquistare la mobilità della spalla, anche se non
sempre viene poi raggiunta, particolarmente nei pazienti anziani. Il principale vantaggio di
questa terapia è di non doversi sottoporre a un intervento chirurgico, anche se nella fase
iniziale il dolore è intenso e il recupero molto spesso richiede un certo periodo.
Osteosintesi con placca
Figura 33. Una radio
radiografia
adiografia con una frattura fresca della parte superiore dell’omero e a destra la radiografia
dopo l’intervento chirurgico minimini-invasivo con placca
Le fratture scomposte e a volte anche le fratture composte, soprattutto in pazienti giovani che
richiedono una riabilitazione precoce, sono trattate con un intervento chirurgico. Quest’ultimo
prevede un’osteosintesi ossia la riduzione della frattura e la fissazione dei frammenti ossei con
una placca e delle viti. Attraverso un’incisione anteriore della spalla è ricostruita l’anatomia
dell’omero preesistente. Le moderne tecnologie consentono di utilizzare un approccio di tipo
mini--invasivo (con un’incisione di circa 4 cm e una di circa 1 cm); tale procedura viene
mini
utilizzata anche per stabilizzare la frattura dell’osso. In seguito viene utilizzata una moderna
placca in titanio con viti di nuova generazione. Questa procedura permette di stabilizzare
anche fratture molto complesse e anche alla presenza di un osso molto osteoporotico
(debole).
Durata dell’intervento
Circa 2 ore
Complicazioni
Complicazioni generali: circa 1-2%: infezione, ematoma, problemi di guarigione della ferita
Complicazioni specifiche: circa 10%: spostamento della frattura, penetrazione di viti
nell’articolazione, non guarigione dell’osso, lesioni nervi/vene/arterie
Trattamento postoperatorio
Dopo avere eseguito l’intervento si procede con un periodo di riabilitazione. In genere viene
indossata una mitella per qualche giorno, consentendo al paziente di muovere il braccio senza
limitazione. I controlli avvengono dopo 6 e 12 settimane dall’intervento con radiografia.
Successivamente secondo la valutazione del medico. La placca e le viti devono essere rimosse
solo nel caso in cui creino un conflitto o nel caso in cui causino disturbi.
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Impianto di una protesi da frattura (anatomica/inversa)
In presenza di una frattura complessa che non permette una
ricostruzione occorre prendere in considerazione la possibilità di
un impianto di una protesi “da frattura anatomica” o “inversa”.
!
34. L’immagine rappresenta un impianto di una protesi da frattura
!Figura 34.
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Nel disegno è illustrata la protesi anatomica e la protesi inversa (figura 35). La protesi inversa
è così chiamata in quanto al posto della testa in
genere sferica, è impiantata una concavità e al
posto della glena è impiantata una semi-sfera.
In questo modo il centro di rotazione si sposta
verso l’esterno e un’eventuale insufficienza della
cuffia dei rotatori è compensata dal muscolo
deltoide. L’intervento avviene “a cielo aperto“
Figura 35 protesi inversa impiantata per una
attraverso un’incisione anteriore alla spalla.
frattura dell’omero superiore non ricostruibile
La testa dell’omero fratturata è rimossa, ad eccezione del trochite e del trochine e al suo
posto viene impiantata la protesi; il trochine e il trochite vengono reimpiantati sulla protesi con
i tendini della cuffia ad essi inseriti.
Possibili complicazioni
Complicazioni generali: 1-2% infezione, ematoma, problemi di guarigione della ferita
Complicazioni specifiche: 1-2% lussazione della protesi, infezione della protesi, fratture
intraoperatorie, scollamento della protesi, lesioni nervi/vene/arterie
Trattamento postoperatorio
!
Dopo aver eseguito l’intervento di protesi inversa, il paziente in genere indossa una mitella per
qualche giorno; è consentito il movimento del braccio sia in modo passivo sia attivo. Per le
protesi anatomiche invece la riabilitazione dev’essere più cauta e in genere sono permessi
solo movimenti passivi fino a novanta gradi. Per 6 settimane deve essere indossato un tutore
di protezione. I controlli avvengono dopo 6 e 12 settimane dall’intervento con radiografia.
Ulteriori visite saranno effettuate secondo la valutazione del medico. La degenza in ospedale
varia dai 3 ai 7 giorni. L’inabilità lavorativa dipende molto dal lavoro svolto, la riabilitazione in
genere comunque deve essere eseguita per circa 3-6 mesi, ma in molti casi si protrae più a
lungo. I risultati che si ottengono con la protesi anatomica sono meno soddisfacenti rispetto a
quelli ottenuti con una protesi inversa.
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25/3!Mf!gsbuuvsf!efmmb!dmbwjdpmb!
Figura
destra!jo!
Figura 36. A sinistra vediamo una frattura della clavicola rappresentata in modo schematico a destra
Le fratture della clavicola rappresentano quasi la metà delle fratture della spalla. Solitamente
è causata da un trauma diretto (caduta sulla spalla) o indiretto (caduta sul gomito o sulla
mano protesa a difesa). Si distinguono tre gruppi di fratture: quelle della parte centrale (terzo
medio), che sono la grande maggioranza, quelle del terzo laterale e del terzo mediale. Ciascun
gruppo comprende fratture composte e scomposte.
Vi sono tre scelte terapeutiche:
1. Conservativo
2. Osteosintesi mini-invasiva con chiodo endomidollare (vedi figura 37 )
3. Osteosintesi con viti e placche “a cielo aperto”(vedi figura 37)
Trattamento conservativo
Le fratture della clavicola sono di norma trattate non chirurgicamente. Fino a poco tempo fa
venivano indossati dei tutori, recenti studi hanno dimostrato che tale pratica non porta ad
alcun vantaggio per tale motivo si preferisce far indossare una mitella solo per alcuni giorni.
Trascorsa circa una settimana è possibile muovere liberamente il braccio. Le prime settimane
il paziente avvertirà dolore che andrà via via scemando, per tale motivo sono somministrati
degli antidolorifici. Nella cura di questa patologia è fondamentale iniziare fin da subito con la
rieducazione funzionale per riacquistare la mobilità della spalla.
Il principale vantaggio di questa terapia è di non doversi sottoporre a un intervento chirurgico,
con le eventuali complicazioni a esso annesse (anestesia, recupero della funzionalità motoria).
Il recupero è quindi relativamente veloce anche se doloroso nel primo periodo.
Ostesintesi della clavicola
Tale procedura si rende assolutamente necessaria nei seguenti casi:
1) lesioni dei polmoni
2) perforazione della pelle
3) associazione di lesioni vascolari o nervose
A ciò si aggiungono delle indicazioni meno assolute: scomposizione importante dei monconi,
richiesta di una riabilitazione precoce e rischio di pseudoartrosi (non guarigione osso). Quando
i monconi ossei sono distanti l’uno dall’altro il principale rischio in cui si incorre è che la
clavicola abbia una lunghezza inferiore, con una conseguente risultato estetico negativo e con
una riabilitazione più lenta e dolorosa.
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Per l’osteosintesi abbiamo a disposizione due impianti: una placca con viti introdotte
attraverso un’incisione e il chiodo endomidollare con la possibilità di un approccio mini-invasivo
(vedi foto 37). Quando la situazione clinica lo permette (nel caso di fratture semplici) è
utilizzato il chiodo endomidollare.
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Possibili complicazioni
Complicazioni generali: circa 1-2% infezione, ematoma, problemi di guarigione della ferita
Complicazioni specifiche: spostamento della frattura o dell’impianto, non guarigione dell’osso,
lesioni nervi/vene/arterie.
!
Trattamento postoperatorio
Dopo l’intervento è indossata una mitella per un qualche giorno ed è permesso muovere il
braccio senza limitazione sia in modo passivo sia attivo. In genere la degenza in ospedale è
breve salvo complicazioni. I controlli avvengono dopo sei e dodici settimane dall’intervento con
radiografia. Successivi controlli saranno effettuati secondo valutazione del medico. L’inabilità
lavorativa dipende dal lavoro svolto: in caso di lavoro sedentario è possibile riprendere dopo 12 settimane, per un lavoro fisico l’inabilità è almeno di due mesi.
25/4!Mf!gsbuuvsf!
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Gjhvsb!49/!Efmmf!gsbuuvsf!efmmb!tdbqpmb!
Le fratture della scapola sono piuttosto rare e in genere associate a un trauma maggiore. Si
distinguono: fratture del corpo, del collo e della cavità glenoidea. Queste ultime, che sono le più
difficili da trattare e le più importanti funzionalmente, rappresentano una minoranza delle
fratture scapolari. La diagnosi è stabilita con un esame radiografico. Per le fratture del collo e
della glenoide è spesso necessario sottoporsi a una TAC, per identificare più esattamente la
sede e le caratteristiche della frattura.
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Di seguito le scelte terapeutiche:
1. Conservativa
2. Viti e placche
La gran parte di queste fratture può essere trattata in modo conservativo e solo nella
minoranza dei casi il paziente è sottoposto a un intervento. Nel trattamento conservativo il
paziente dovrà indossare un tutore per un paio di settimane (a scopo antalgico).
Nella fase iniziale il paziente deve assumere degli antidolorifici e iniziare a muovere la spalla
con cautela. I controlli clinici sono effettuati dopo sei e dodici settimane. Due sono i motivi per
cui è posta indicazione per un intervento chirurgico. Quando la frattura coinvolge
l’articolazione oppure quando vi è uno spostamento massiccio di alcune parti della scapola.
Possibili complicazioni
Complicazioni generali: circa 1- 2%: infezione, ematoma, problemi di guarigione della ferita
Complicazioni specifiche: spostamento della frattura, non guarigione dell’osso, lesioni
nervi/vene/arterie
Trattamento postoperatorio
Dopo l’intervento è indossata una mitella per qualche giorno ed è consentito muovere il
braccio senza limitazione sia in modo passivo sia attivo. La degenza in ospedale è breve, salvo
complicazioni. I controlli avvengono dopo 6 e 12 settimane dall’intervento con radiografia.
Successivi controlli secondo la valutazione del medico. L’inabilità lavorativa dipende dall’attività
svolta: un lavoro sedentario essere ripreso dopo 2-4 settimane, per un lavoro fisico l’inabilità è
almeno di 3 mesi.
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