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periartrite scopolo omerale - SPORT MEDICINA.ORG il portale della
PERIARTRITE SCOPOLO OMERALE
L’estrema ampiezza di movimenti che il braccio può compiere dipende dalle caratteristiche
“costruttive” dell’articolazione. Un ruolo fondamentale è svolto in particolare da 4 muscoli e
dai rispettivi tendini che avvolgono la testa dell’omero, l’osso del braccio che si articola
alla spalla, e che costituiscono la cosiddetta cuffia dei rotatori.
La testa dell’omero infatti è quasi solo appoggiata alla cavità articolare della spalla (la
cavità glenoidea), mentre la capsula che contiene l’articolazione è lassa: ciò significa che il
compito di mantenere l’omero nella posizione corretta e di dare stabilità all’articolazione è
svolto soprattutto dalla cuffia dei rotatori.
Si tratta però di una struttura che può danneggiarsi con relativa facilità: in seguito a
traumi acuti, per esempio cadute, e più spesso a causa di sollecitazioni croniche ripetute.
Il principale sintomo di una tendinopatia della cuffia dei rotatori è senza dubbio il dolore che
in genere compare nell’esecuzione di alcuni movimenti come sollevare il braccio o portarlo
dietro la schiena. Ciò comporta una diminuzione dell’ampiezza dei movimenti che possono
essere effettuati dalla spalla; vi è la tendenza a usarla il meno possibile, col risultato di
trovarsi una spalla sempre più bloccata fino ad arrivare alla cosiddetta “spalla congelata”,
condizione in cui il movimento diventa quasi impossibile. Alcuni movimenti sono
tipicamente causa di dolore: chi soffre di periartrite scapolo-omerale prova una fitta quando
deve pettinarsi piuttosto che infilare la manica di una giacca o sollevare un peso.
Anche di notte il dolore si fa spesso sentire e può per esempio impedire di dormire
appoggiati sulla spalla malata. Nei casi più gravi il dolore può essere presente anche di
giorno. Spesso tende a irradiarsi verso la parte esterna del braccio in un punto all’incirca a
metà strada fra la spalla e il gomito.
A provocare una lesione o una sofferenza dei tendini possono contribuire diversi fattori.
Accanto ai più rari traumi acuti in cui, cercando per esempio di ripararsi in una caduta, la
testa dell’omero può “tirare” i tendini lesionandoli, vi sono i più comuni traumi da
sovraccarico.
Può trattarsi di movimenti ripetuti di sollevamento delle braccia o dagli sforzi provocati per
esempio dal sollevamento di pesi eccessivi. I tendini si possono infiammare, come può
accadere in atleti che sottopongono la spalla a sollecitazioni continua (tennisti, lanciatori di
giavellotto, giocatori di pallanuoto, pallavolo, baseball), ma anche in alcune attività
lavorative (carpentieri, imbianchini).
Bisogna anche considerare che quando si solleva ed estende il braccio lo spazio a
disposizione della cuffia si riduce e di conseguenza i tendini possono venir “pinzati” fra le
ossa della spalla. In alcune persone c’è poi un “difetto di costruzione” della spalla per cui
lo spazio in cui si trova la cuffia dei rotatori risulta troppo stretto con conseguente danno ai
tendini. A lungo andare la tendinite, se non curata, provoca un indebolimento del tendine
che può arrivare anche a rompersi.
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Un altro fattore da considerare è l’età: col passare del tempo si ha un certa usura dei
tendini che possono subire minime lesioni; inoltre col passare del tempo nelle aree
lesionate si può assistere alla deposizione di calcio, con il quadro della classica periartrite
scapolo-omerale calcifica.
È sempre opportuno rivolgersi al proprio medico se il dolore alla spalla è severo.
Nel corso della visita il medico valuterà la presenza di dolore alla pressione, valuterà
l’escursione dei movimenti che possono essere effettuati dall’articolazione e farà eseguire
specifici movimenti che consentono di sospettare una patologia della cuffia dei rotatori
eventualmente associata a un interessamento anche di un altro tendine che va ad
attaccarsi alla spalla (quello del capo lungo del bicipite).
Per una completa valutazione delle condizioni della spalla è necessario il ricorso ad alcuni
esami strumentali, in particolare all’ecografia, alla radiografia ed eventualmente alla RMN.
La radiografia consente di individuare la presenza di eventuali calcificazioni, mentre con
l’ecografia e, in maniera più precisa con la RMN, è possibile individuare il tendine o i
tendini della cuffia dei rotatori infiammati o lesionati.
Gli esami possono confermare anche la presenza di un’infiammazione al tendine del capo
lungo del bicipite e a carico della borsa subacromiale che può presentarsi gonfia.
I principali obiettivi della terapia sono la diminuzione del dolore, l’attenuazione delle
contratture muscolari e il recupero della funzione.
Per alleviare il dolore il medico potrà prescrivere farmaci antinfiammatori/antidolorifici,
suggerire l’applicazione di ghiaccio per circa un quarto d’ora ogni due ore ed
eventualmente inviare dall’ortopedico per effettuare delle infiltrazioni di cortisone; tuttavia
nel trattamento di questo disturbo sono sicuramente importanti i trattamenti fisioterapici.
Questi comprendono la fisioterapia che ha l’obiettivo di rinforzare la muscolatura, di
aumentare la flessibilità della cuffia dei rotatori e di “bilanciare” meglio la forza che i muscoli
esercitano a livello della spalla. Alcune settimane di fisioterapia possono essere molto utili,
anche se talvolta è necessario proseguire la terapia per alcuni mesi; è comunque
opportuno che gli esercizi vengano proseguiti nel tempo anche dopo aver terminato la
fisioterapia.
Meno efficaci e comunque meno duraturi nel tempo sembrano essere invece terapie come
gli ultrasuoni. Diverso è il discorso relativo alla laserterapia e alle onde d’urto. Queste
ultime trovano indicazione nei casi di periartrite calcifica, mentre la loro utilità è più
controversa nelle forme in cui non vi sia deposizione di calcio. In genere vengono eseguiti
cicli di tre sedute a distanza di una settimana l’una dall’altra.
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Particolarmente indicata nel trattamento della periartrite è la laserterapia ad alta energia
mediante laser neodimio:YAG pulsato (Hilterapia). Quest’ultima, che a differenza delle
onde d’urto è assolutamente indolore, è caratterizzata da uno spiccato effetto analgesico
e antinfiammatorio. L’azione sul dolore è praticamente immediata e inizia a manifestarsi
già con la prima applicazione. Può essere sufficiente un ciclo di una decina di sedute, che
hanno fra l’altro il vantaggio di essere estremamente rapide (5-10 minuti), per controllare la
sintomatologia.
La spiccata efficacia sul dolore e la maggiore rapidità e durata di effetto della Hilterapia
trova conferma nei risultati preliminari di uno studio attualmente in corso di confronto con le
onde d’urto e la fisiochinesiterapia. Onde d’urto e Hilterapia sono risultate superiori alla
fisioterapia in termini di efficacia, con un maggior effetto della Hilterapia sul dolore. Viene
anche proposto un protocollo che combina onde d’urto, Hilterapia e rieducazione
funzionale.
Le onde d’urto focalizzate trovano indicazione nella sofferenza del tendine del sovraspinoso
in presenza di lesioni intratendinee o di depositi calcifici, mentre la Hilterapia è indicata in
particolare nella tendionopatia del sottoscapolare in assenza di calcificazioni e nella
tenosinovite del capo lungo del bicipite.
Ovviamente, in funzione della severità della lesione e in caso di mancata risposta alle
terapie, può essere proposto un approccio chirurgico.
Nel caso il dolore alla spalla sia dovuto a un trauma minore, in assenza di una lesione alla
cuffia dei rotatori è possibile prendere alcune misure: mettere la spalla a riposo per
alcuni giorni (4-7) cercando in particolare di evitare tutti i movimenti che provocano dolore
e il sollevamento di pesi finchè i sintomi cominciano ad attenuarsi.
In questa prima fase è utile l’applicazione di ghiaccio (15-20 minuti ogni 2 ore) che aiuta
a diminuire l’infiammazione.
Quando, dopo 2-3 giorni, l’infiammazione si è attenuata si può provare a fare applicazioni
calde della durata di una ventina di minuti.
Lo scopo è di aiutare i muscoli a rilassarsi. Inoltre, dopo i primi 2-3 giorni è opportuno
riprendere a muovere dolcemente il braccio in quanto la completa immobilità può
rendere rigida l’articolazione. Una volta ottenuto un miglioramento dei sintomi e il recupero
di una buona mobilità, è importante continuare a fare quotidianamente esercizi di
stretching che possono aiutare a prevenire il verificarsi di nuovi episodi.
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