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Le confessioni, gli amori, le paure, le lotte e quei diritti ancora da

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Le confessioni, gli amori, le paure, le lotte e quei diritti ancora da
di Elvira Serra - foto di Ada Masella
Le confessioni,
gli amori, le paure,
le lotte e quei diritti
ancora da conquistare
GAY LIFE
LA CAMPIONESSA-ALLENATRICE DI PALLAVOLO
DIFFIDATA DAL “PROVARCI” CON LE GIOCATRICI.
IL MANAGER CHE AFFRONTA UN TUMORE
COL COMPAGNO ACCANTO SOLO PERCHÉ I MEDICI
CHIUDONO UN OCCHIO. IL DESIDERIO DEL CRITICO
CINEMATOGRAFICO DI POTER TENERE PER MANO IL
PARTNER. STORIE DI OMOSESSUALITÀ NELL’ITALIA
D’OGGI, FRA CHI SOGNA UNA LEGGE A TUTELA,
IL MINISTRO LA RUSSA CHE APRE L’ESERCITO
AI GAY E L’OMOFOBIA CHE NON MOLLA LA PRESA
I
l primo fu Xavier. «Capelli neri, labbra carnose». Si
incontrarono sulla nave che da Brindisi portava a
Patrasso. «Avevo diciott’anni. Lui era un francese di
origine ebraica diretto a Tel Aviv». Un bacio rubato.
«Prima di allora non avevo mai pensato di poter essere omosessuale. Avevo già avuto parecchi rapporti completi
con le ragazze. Xavier invece era consapevole della sua sessualità e la sua naturalezza mi colpì». Impossibile trovare intimità
in una nave. «Ci scambiammo gli indirizzi e per mesi ci scrivemmo lettere bellissime. Non ci siamo mai più incontrati».
Trent’anni e 12 cd dopo (cinque con i Denovo, sette da solo), Mario Venuti ha superato il pregiudizio di sempre: «L’artista che fa
coming out diventa un “artista omosessuale”, questo lo rende
meno interessante». E nell’ultimo disco, Recidivo, dedica al padre La virtù dei limoni, dove canta: «Ho dato spazio alla parte
che tu meno amavi di me… Una canzone è tutto quello che io so
fare, per ringraziarti canto, e non mi vergogno più di tutto l’amore che mi sono tenuto dentro…». Una dichiarazione d’amore,
anzitutto per se stesso.
Venuti è raro. Di artisti, uomini e donne, famosi, famosissimi o
poco affermati, si sa, ma non si dice. Non vale solo per la musica, naturalmente. I gay sono nello sport, nella politica, nell’economia, nella comunicazione, nel giornalismo, nel cinema,
nella moda. Occupano posizioni di prestigio. Non avrebbero nulla da perdere. O sì?
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’10
DICHIARAZIONE PUBBLICA
Alessandro Cecchi Paone, 49 anni, conduttore
tv e giornalista, direttore di Marcopolo, canale
culturale di Sky. Ha vissuto in Spagna dove
si è sposato e separato dopo sette anni. Nel
2004 si è candidato alle elezioni europee e ha
dichiarato pubblicamente la sua bisessualità
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PICCOLI MONDI»
«Non ne ho mai voluto parlare prima di oggi, non è facile nel
mio ambiente». Manuela Benelli a Ravenna è una celebrità del
volley. Con lei la Teodora ha vinto 11 campionati di fila: 19801992. Trecento presenze in nazionale, tre mondiali, otto europei. L’ultima partita da giocatrice nel 2000. Poi, nuova vita da allenatrice. Con una umiliazione: «Una società voleva scrivere nel
contratto che se avessi fatto avances a una sola giocatrice sarei
stata cacciata. Il mio procuratore era favorevole». A un uomo nessuno lo chiederebbe.
IL MITO RAZZISTA DELLA PEDOFILIA
Cambierebbe qualcosa se anche l’Italia avesse una legge contro
l’omofobia? Sarebbe diverso se non avessimo soltanto una parlamentare lesbica dichiarata, mentre in Islanda la premier Johanna Sigurdardottir è omosessuale (cosa alla quale tutta la stampa internazionale diede grande enfasi al momento dell’insediamento, a parte quella islandese: per loro non costituiva una
notizia), come pure il sindaco di Berlino Klaus Wowereit e il vice-cancelliere tedesco Guido Westerwelle, il ministro della Cultura francese Frédéric Mitterrand e il sindaco di Parigi Bertrand
Delanoë?
«La risposta, banale, è che da noi c’è il Vaticano. Ma questo è un
dato di fatto. Com’è che in quarant’anni di lotte non siamo riusciti a cambiare niente? Non sarà che dobbiamo cambiare noi?»,
sbotta nel salotto della sua casa romana Imma Battaglia, dirigente d’azienda e leader di Dì Gay Project: «Il problema è che per
il movimento omosessuale il Muro di Berlino non è mai crollato: pensano ancora che i gay siano di sinistra e gli omofobi di destra. Mi viene in mente un pediatra che ho incontrato a cena
qualche giorno fa. Mi ha detto: “Sai perché non faccio coming
out? Immediatamente penserebbero che sono un pedofilo”».
È questo il mito razzista più odioso: l’equazione omosessualità
{
}
MONDINO
Per il movimento omosessuale
il Muro di Berlino non è mai crollato.
In quarant’anni di lotte non siamo
riusciti a cambiare niente.
Non sarà che dobbiamo cambiare noi?
gerimento lo dà: «Perché non insegnare già
alle elementari la tolleranza, il rispetto degli altri e che ogni comportamento sessuale non è fine a se stesso ma dettato dall’amore? Sicuramente nel giro di alcune generazioni il “problema” non esisterebbe più».
Però a un figlio ci pensa ed è un senso di privazione: «Ci tengo a diventare padre, è importante per me. Ho in mente l’inseminazione artificiale, però, non l’adozione: non
mi sento ancora abbastanza maturo per amare una creatura che non sia sangue del mio
stesso sangue. Non essendo innamorato di
una donna, potrebbe essere un’amica così
come un utero in affitto». Allora ci sta pensando? Riecco lo sguardo illuminato: «Per
ora penso alle collezioni. Meglio non dire
altro».
Elvira Serra
© RIPRODUZIONE RISERVATA
IMMA BATTAGLIA
uguale pedofilia. «Un’affermazione che grida allo scandalo. Come è scandaloso che un dirigente Rai si sia opposto alla messa
in onda di una intervista in radio agli autori del libro Identità
sessuale a scuola, educare alla diversità e prevenire l’omofobia.
Un libro che dovrebbe stare nelle biblioteche di tutti gli istituti», aggiunge Francesco Gnerre, docente di Studi gay all’università Tor Vergata di Roma.
LE MINISTRE GAY-FRIENDLY
Si sono impegnati di più ministri di destra o quelli di sinistra
per tutelare i gay? «L’ultima sorpresa è arrivata con il ministro
della Difesa La Russa che ha aperto ai militari gay. Ma sono state soprattutto due donne a spendersi contro l’omofobia: Mara
Carfagna e Stefania Prestigiacomo. Alla prima dobbiamo la campagna di comunicazione, costata 2 milioni di euro, su radio, tv
e carta stampata, dal messaggio semplicissimo: “Nella vita certe differenze non possono contare. Rifiuta l’omofobia”», spiega
Angelo Pezzana, memoria storica, fondatore quasi quarant’anni fa di Fuori!, il primo movimento di liberazione omosessuale.
«La Prestigiacomo, ai tempi ministro per le Pari opportunità, assunse Dario Mattiello, silurato da Domenico Fisichella dopo la
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MANAGER BATTAGLIERA
Imma Battaglia è nata a Portici (Napoli) nel 1960.
Si è innamorata di una donna per la prima volta a 20
anni. A 26 ha lasciato la provincia per la capitale.
Laureata in matematica, è manager di un’azienda
americana e presidente dell’associazione
Dì Gay Project che a Roma gestisce il Gay Village
pubblicazione di una sua foto a una festa del Gay Village». Pezzana, seduto in un bar accanto alla sua libreria torinese Luxemburg, di cose da raccontare ne ha tante. Da quando Lotta continua, Potere operaio e Avanguardia operaia etichettavano quelli
come lui “sovrastrutture borghesi”; a quando nel ’72 contestò a
Sanremo il primo Congresso internazionale di sessuologia perché gli psichiatri etichettavano l’omosessualità come una malattia. «Luciano Curino, inviato della Stampa, scrisse per la prima volta la parola impronunciabile: omosessuale. Fino a quel
momento noi eravamo gli “invertiti”, i “pederasti”». La malinconia non riguarda le cose vissute. «Ho fatto la suffragetta perché l’ho scelto. Ma ho permesso alla società di condizionare la
mia capacità di ragionare in modo normale sulla possibilità di
avere una famiglia». Per Angelo Pezzana oggi alla legge che non
c’è basterebbe un unico articolo: “I diritti degli omosessuali sono identici a quelli degli eterosessuali”.
TESTIMONIARE È IMPORTANTE
Alessandro Cecchi Paone ha fatto coming out nel 2004. Da allora è diventato un testimonial. Il 30% delle interviste che gli vengono proposte riguarda la sfera gay, non la sua attività di divulgatore scientifico. «Non parliamo di potere gay: in Italia non esiste. Siamo l’unico Paese del mondo libero, civile, democratico,
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{
Alla legge che non c’è basterebbe
un unico articolo:
“I diritti degli omosessuali
sono identici
a quelli degli eterosessuali”
ANGELO PEZZANA
}
in cui i gay hanno ancora problemi di visibilità». Dietro alla scrivania del suo studio vicino a piazza Cadorna a Milano fa alcuni
esempi. «Alfonso Signorini è un direttore potentissimo: ma come mai si occupa solo di gossip, perché ancora non dirige Panorama? Il problema in Italia sono le generazioni viventi che si
sono formate durante il fascismo e negli oratori. Ne faccio un discorso anagrafico. Propongo coming out di solidarietà: chiedo
agli eterosessuali di dichiararsi omosessuali come nel film In &
Out, per svegliare le coscienze di tutti».
La testimonianza, quella vera, sarebbe uno strumento simbolico importante per l’accettazione sociale. Ne è convinta Anna Pao-
ONOREVOLE
Anna Paola Concia, 47 anni. Sposata
in chiesa a 20, nel 2000 ha fatto coming out.
Diplomata Isef. Candidata in Puglia per il Pd,
è stata eletta alle politiche del 2008.
Unica omosessuale dichiarata in Parlamento
la Concia, parlamentare Pd. «Il nostro è diventato un Paese se
possibile più omofobo negli ultimi anni. I gay temono ancora di
poter essere discriminati. Purtroppo c’è un tasso impressionante di omofobia interiorizzata. Eppure è talmente semplice dirlo:
questo è il mio fidanzato, questa è la mia fidanzata, si chiama
così. Non è necessario essere militanti. La mia battaglia sul piano culturale è quella per la normalità degli omosessuali: viviamo, ci emozioniamo, abbiamo delle relazioni sentimentali esattamente come tutti».
«NORMALITÀ? NO, NATURALITÀ»
A Fulvio Zendrini, consulente comunicazione delle più importanti aziende italiane, la parola normalità non piace. «Preferisco parlare di naturalità. Guai a essere uguali, io mi sento diverso da tutti, come gli altri sono diversi da me». A lui non piace nemmeno il termine gay. «I gay non esistono. Esistono solo
uomini e donne che seguono percorsi personali». Quindici anni fa, quando si insediò come direttore comunicazione di Tim,
spiazzo i suoi collaboratori presentandosi così: «Mi chiamo Fulvio Zendrini, sono nato a Trieste, i miei genitori vivono a Verona, ho una sorella che si chiama Carla e sono sposato: mio marito di chiama Mario. Sì, avete sentito bene». Il suo Mario lo ha
conosciuto 18 anni fa dopo aver amato due donne, Alessandra e
OMOFOBIA: LE PROPOSTE DI LEGGE
•
•
Testo bocciato dall’aula il 13 ottobre ’09 (pregiudiziale di costituzionalità)
Modifica all’art. 61 del codice penale, sull’introduzione della circostanza
aggravante relativa a orientamento o discriminazione sessuale: «(11-quater)
l’avere, nei delitti non colposi contro la vita e l’incolumità individuale, contro la
personalità individuale, contro la libertà personale e contro la libertà morale,
commesso il fatto per finalità inerenti all’orientamento o alla discriminazione
sessuale della persona offesa»
Nuovo testo (Pd) con cui è ricominciata la discussione il 10 dicembre
ART. 1. All’articolo 61 del codice penale è aggiunto: «(11-quater) l’avere, nei
delitti non colposi contro la vita e l’incolumità individuale, contro la
personalità individuale, contro la libertà personale e contro la libertà morale,
commesso il fatto per motivi di omofobia e transfobia, intesi come odio e
discriminazione in ragione dell’orientamento sessuale di una persona verso
persone del suo stesso sesso, persone del sesso opposto, persone di
entrambi i sessi».
ART. 2. Entro il mese di febbraio, a decorrere dall’anno successivo a quello in
corso alla data di entrata in vigore della presente legge, il ministro per le Pari
opportunità presenta al Parlamento una relazione sulle azioni intraprese
contro le discriminazioni operate per motivi di omofobia e transfobia, sugli
obiettivi raggiunti, nonché sugli indirizzi da seguire
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AFFARI IN FAMIGLIA
Fulvio Zendrini, cinquantenne manager
della comunicazione di grandi aziende,
ha aperto un relais nella Riviera ligure
con Mario Pietracetta, anche lui
ex manager e suo compagno da 18 anni
IL CINEMA CHE CAMBIA LA VITA
ompie 25 anni il Torino GLBT
Film Festival. Da Sodoma a Hollywood, la rassegna cinematografica a “tematica omosessuale” cresciuta di pari passo con la
visibilità e le conquiste
del mondo gay.
Il programma (dal 15 al
22 aprile a Torino) prevede diversi “omaggi” (alla
filmaker newyorkese Maria Beatty, a Patricia Rozema e all’attrice, cantante, drag queen Holly
Woodlawn). E tre sezioni
in concorso. Tra i temi l’omofobia, il
rapporto madri e figli omosessuali, la bisessualità e i problemi dei gay
anziani e soli.
C
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Il Festival, gestito e amministrato
dal Museo nazionale del Cinema
prevede anche una statuetta realizzata, come il manifesto, da Ugo
Nespolo. Sarà attribuita
per il Premio Oscar (Wilde) a un regista, attore, attrice o produttore che meglio hanno affrontato il
mondo gay.
Parallela ai film in concorso
una retrospettiva: I venticinque film che ci hanno
cambiato la vita. Da Bent,
sull’amore ai tempi dell’Olocausto, a A mia madre piacciono le
donne. Il venticinquesimo sarà scelto dal pubblico con un sondaggio
lanciato sul sito www.tglff.com.
{
}
Guai a essere uguali, io mi sento
diverso da tutti, come gli altri sono
diversi da me. E poi i gay non
esistono. Esistono solo uomini e donne
che seguono percorsi personali
FULVIO ZENDRINI
Titta. Ma l’amore della sua vita è lui, quel ragazzo conosciuto
dopo un cinema, mangiando una pizza, nell’unica notte che (da
allora) non hanno condiviso. «Se vorrei sposarlo? Non è il matrimonio in sé. Vorrei che lo Stato tutelasse i nostri diritti, visto
che siamo cittadini italiani. Che senso ha andare in Spagna? La
colpa però è anche nostra. Tanti pensano di non potersi dichiarare. Io credo che per loro non cambierebbe niente. Anzi è necessario lavorare insieme con le persone intelligenti per mette-
Nuova icona gay a Sanremo
SIAMO UOMINI
O MARINETTI?
LOOK ANNI 30-40. COME LE LORO VOCI. AL FESTIVAL,
LE TRE “SORELLE” TURBINA, MERCURIA E SCINTILLA
SARANNO IL CORO DI ARISA. PRONTE A FARE IL BOTTO
di Lorenzo Viganò
l fatto che siano tre uomini e si esibiscano en travesti, ovvero abbigliati da donne, non tragga in inganno. Le Sorelle Marinetti e il loro spettacolo (Non ce ne
importa niente) non hanno nulla a che fare con l’universo Drag queen, con le
paillettes e i boa di struzzo celebrati da film culto come Priscilla o Rocky Horror Picture Show. Loro e il loro spettacolo sono un omaggio, elegante e ironico, all’epoca d’oro della radio, alle canzoni rese celebri dalle voci di artisti come il Trio Lescano e Silvana Fioresi, Alberto Rabagliati e Natalino Otto… attraverso i microfoni dell’Eiar, la radio littoria da cui, a ventennio finito, avrebbe preso corpo la Rai. E basta guardarle sul palco, muoversi e cantare in perfetto stile anni Trenta-Quaranta, vestite con abiti che sembrano usciti dalla naftalina di un baule d’epoca (merito dell’attento lavoro dei costumisti della
Scala), pettinate e truccate come le Signorine Grandi Firme disegnate da Boccasile (anche se con meno curve) per rendersene conto e fugare qualsiasi dubbio in proposito. Turbina (Nicola Olivieri, attore e corista lirico, al centro nella
foto), Mercuria (Andrea Allione, attore, cantante e coreografo, a sinistra) e Scintilla (Marco Lugli, cantante e attore, a destra) – che vedremo a giorni al sessantesimo Festival di Sanremo come coriste d’eccezione di Arisa nel brano Malamorenò – conquistano con la loro simpatia e bravura.
Hanno studiato canto armonico sotto l’attenta regia di Christian Schmitz, fondatore e direttore dell’Orchestra Maniscalchi che spesso le accompagna, e analizzato scupolosamente i filmati delle Lescano, e oggi sono amate e venerate
da chiunque vada a sentirle, anche e soprattutto, inutile nasconderlo, dal
mondo gay. «A fine concerto, quando il pubblico ci viene a salutare e gli spettatori ci baciano e vogliono farsi fotografare al nostro fianco, nessuno, assolutamente nessuno, riesce a riferirsi a noi al maschile.“Brave, bravissime!“, ci
dicono.“Siete fantastiche!”», confessano – ovviamente all’unisono – le Sorelle
Marinetti, il cui nome, ça va sans dire, è un omaggio al padre del Futurismo,
Tommaso Marinetti. «E noi in quei panni ci sentiamo bene, a nostro agio. Siamo tre uomini che quando indossano gli abiti di scena, con sotto bustini e guêpière per segnare in maniera femminile i nostri corpi, ci trasformiamo in tre bambole. Le scarpe col tacco, la vita strizzata e le acconciature rétro trasformano
il nostro atteggiamento, il nostro modo di muoverci, e questo fa dimenticare
in chi ci guarda che siamo uomini». Caratterialmente diverse, più saggia e posata Turbina, la maggiore, più ingenua e sognatrice Mercuria, la mediana, e più
sfacciata e monella Scintilla, la minore, le Sorelle non si aspettavano un tale
successo (tutto esaurito il recente concerto al Blue Note di Milano). E senz’altro sarebbe stato diverso se chi le ha inventate e prodotte, Giorgio Bozzo, avesse preferito a loro tre (vere) donne. «Una volta a fine spettacolo un signore è
venuto a salutarci con la moglie», raccontano. «E indicando noi, ma rivolgendosi a lei, le ha detto: “Vedi cara, dovresti imparare da loro ad avere più femminilità”».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
I
re fine a uno sconcio legislativo. Lo scorso anno ho avuto un tumore alla prostata, che ho sconfitto. Vicino a me c’era Mario. Ma
mi è stato accanto in ospedale grazie al fatto che medici e infermieri chiudevano un occhio. È giusto?».
Di nuovo la naturalità, i piccoli gesti. L’affettuosità negata. «Mi
accorgo di vivere la mia vita al 70%, è una condanna generazionale. Al ristorante vorrei poter sfiorare la mano di Holger, mio
compagno da 25 anni. Ma come puoi lasciarti andare se ancora
adesso rischi di essere bastonato da uno Svastichella qualunque?», si sfoga Fabio Bo, critico cinematografico, coordinatore
artistico del Festival del cinema gay di Torino in programma il
prossimo aprile. «La legge contro l’omofobia è indispensabile.
Pensiamo solo al delitto d’onore, che fino a quarant’anni fa era
ammesso. Il clima è demoralizzante. La tivù spaccia un’omosessualità spettacolarizzata, con conduttori come Barbara d’Urso che strizzano l’occhio ai gay suoi amici, così sensibili… Non
ne posso più di questi luoghi comuni. Penso che sia tutta colpa
nostra, neanche del Vaticano, che in fondo fa il suo dovere. C’è
una sorta di comodità. Legalizzare le unioni civili ci darebbe una
grande responsabilizzazione».
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VENTICINQUESIMO
Fabio Bo, critico cinematografico e scrittore,
è nato nel 1955 a Roma. Da 25 anni
la sua “metà” si chiama Holger.
Coordina il Torino GLBT Film Festival
{
A una sfilata un’amica mi disse:
“Di te va bene perché non si vede”.
Uscì in passerella un modello
bellissimo e lei mi diede una
gomitata: “Pensa, è eterosessuale!”.
Io le risposi: “Strano, non si vede”
ALESSANDRO CALASCIBETTA
}
E forse anche una dignità civile che oggi appare più una concessione. Spiega Alessandro Calascibetta, responsabile moda uomo di Rcs Periodici: «La cosa assurda è che oggi l’omosessualità
viene “tollerata”, non accettata. Un’amica una volta mi disse: “Di
te va bene perché non si vede…”. Eravamo a una sfilata. A un certo punto uscì in passerella un modello bellissimo e lei mi diede
una gomitata: “Pensa, è eterosessuale!”. Io le risposi: “Strano,
non si vede”. Credo che abbia capito». Al luogo comune che chi
lavora nella moda è gay lui replica così: «Semplicemente è un
mondo frequentato da gente che viaggia tanto, si confronta con
il mondo, si apre alle culture, è più disposto ad accettare le sfumature».
LETTERA DI UN PADRE
FUORI CON ORGOGLIO
Angelo Pezzana, 70 anni. Storico militante del
movimento di liberazione omosessuale,
ha fondato nel 1970 il Fuori!,
la prima associazione gay italiana
In Italia secondo le stime dell’Oms ci sarebbero 5 milioni di omosessuali. I figli di genitori gay, secondo la ricerca Modi.di condotta da Arcigay con il patrocinio dell’Istituto superiore di sanità, sarebbero centomila. Marzio Barbagli, il sociologo che con
Asher Colombo ha scritto Omosessuali moderni per Il Mulino,
giudica inattendibili questi numeri. Comunque sia, le coppie di
uomini e di donne con figli rientrano ormai nella policroma fenomenologia della famiglia italiana. Daniele Scalise è stato un
pioniere. Sua figlia Chiara, oggi 34enne, da quando sgambettava sa che suo padre è gay. A lei Scalise ha dedicato il libro Lettera di un padre omosessuale alla figlia, in cui racconta il suo percorso umano sullo sfondo dei cambiamenti del Paese. «Tra noi
c’è sempre stato un rapporto di amore tra padre e figlia pulito,
cristallino. Non solo le voglio bene, ma la stimo, vedo in lei qualità essenziali, come il senso della dignità, la capacità di indignarsi. Da quando aveva 11 anni ha fatto le vacanze con me e
con Franco, il mio compagno: insieme siamo andati in Grecia,
in Corsica, in America. Prima di cominciare a scrivere il libro le
ho chiesto se era d’accordo. Lei mi ha spiazzato: “È un’idea geniale e tu sei l’unico che lo può scrivere. Sei stato talmente un
buon padre che mi dispiace essere rimasta figlia unica”».
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA - FOTO PER SETTE CORRIERE DELLA SERA
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