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Complementi di Aerodinamica Versione Comprensibile

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Complementi di Aerodinamica Versione Comprensibile
Complementi di Aerodinamica
Versione Comprensibile
1
Indice
1 Discorsi introduttivi
1.1 Propagazione dei disturbi
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2 Fenomeni non stazionari
2.1 Avviamento impulsivo di un profilo 2D . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.2 Teorema di Bernoulli non stazionario per fluidi in regime comprimibile
2.3 Equazione per il potenziale non stazionario comprimibile . . . . . . . .
2.4 Teoria del potenziale per il caso comprimibile . . . . . . . . . . . . . .
4
4
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6
6
6
8
9
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12
12
12
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17
19
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20
20
21
22
24
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26
26
27
28
29
6 Aerodinamica delle alte incidenze
6.1 Ala a delta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
6.2 Separazione 3D . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
31
31
31
7 Aerodinamica ambientale
7.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . .
7.2 Il modello standard di atmosfera, ICAO
7.3 L’equilibrio aerostatico . . . . . . . . . .
7.4 Excerpt by Landau, Fluid Mechanics . .
33
33
35
35
37
3 Profili sottili
3.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . .
3.2 Teoria classica dei profili sottili (Belan)
3.3 Soluzione usando variabili reali . . . .
3.4 Caso non stazionario . . . . . . . . . .
3.5 Profilo sottile in moto armonico . . . .
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4 L’equazione di Laplace in tre dimensioni
4.1 Considerazioni sul moto a potenziale in due e tre dimensioni
4.2 Considerazioni sulla scia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.3 Formule di Green . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.4 Distribuzioni superficiali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5 Metodi di soluzione dell’equazione
5.1 Metodo a pannelli . . . . . . . . .
5.2 Discretizzazione delle equazioni .
5.3 Filamenti vorticosi . . . . . . . .
5.4 Ala portante . . . . . . . . . . . .
di Laplace
. . . . . . .
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2
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7.4.1 Idrostatica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
7.4.2 La condizione di assenza di convezione . . . .
7.5 Fenomeni di instabilità . . . . . . . . . . . . . . . . .
7.6 Configurazioni orizzontali . . . . . . . . . . . . . . .
7.7 Modello di vento geostrofico . . . . . . . . . . . . . .
7.8 Effetto suolo, instabilità baroclina e scontro dei fronti
7.9 Il modello completo di atmosfera . . . . . . . . . . .
7.10 Teoria di similitudine dello strato limite atmosferico .
3
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40
40
41
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45
Capitolo 1
Discorsi introduttivi
1.1
Propagazione dei disturbi
Consideriamo una lastra che è libera di muoversi in un modo qualsivoglia nel piano. Per
prima cosa vediamo cosa succede se si varia la sua velocità verticale di δv. Ipotizziamo
che lo stato iniziale sia: v = 0, p = p0 , ρ = ρ0 ; mentre quello finale: v = δv, p = p0 + δp,
ρ = ρ0 + δρ, con v = [u, v, w]T . Supponiamo inoltre trascurabili gli effetti di attrito,
perciò s = cost. Le equazioni del moto dei fluidi si scrivono come

∂ρ
∂


+
(ρv) = 0

 ∂t ∂y


∂v
∂v


+v
∂t
∂y
= −
1 dp
ρ dy
che si possono particolarizzare al caso in esame

∂
∂


(δρ) + ρ0 (δv) = 0

 ∂t
∂y


∂
1 d


(δv) +
(δp) = 0
∂t
ρ0 dy
siccome il termine convettivo è trascurabile. Dal momento che s = cost, allora pρ−γ =
cost, quindi si può scrivere la velocità del suono c0 come
µ ¶
∂p
2
c0 =
∂ρ s=cost
pertanto linearizzando
δp = c20 δρ
e sostituendo nelle equazioni
 ∂
∂

(δρ) + ρ0 (δv)


 ∂t
∂y
= 0

2


 ∂ (δv) + c0 d (δρ) = 0
∂t
ρ0 dy
4
§1
Complementi
5
Si può ora differenziare in modo incrociato le due equazioni,
 2
∂
∂



(δρ) + ρ0
(δv) = 0

2
 ∂t
∂y∂t





∂
c2 ∂ 2
(δv) + 0 2 (δρ) = 0
∂t∂y
ρ0 ∂y
sostituendo la prima nella seconda si ottiene
2
∂2
2 ∂
(δρ)
−
c
(δρ) = 0
0
∂t2
∂y 2
ovvero
¤c0 δρ = 0
(1.1)
che è l’equazione delle onde. Le soluzioni di questa equazione sono del tipo
f (y − c0 t) + g(y + c0 t) = F
e rappresentano distribuzioni spaziali che si spostano nel fluido col passare del tempo
con velocità c0 .
Consideriamo ora una perturbazione alle condizioni iniziali della lamina in direzione
orizzontale. Questo è il primo problema di Stokes, ed è un problema di diffusione. Si
mostra che non esiste una velocità di propagazione, ma v → ∞. Si introduce allora uno
spessore convenzionale δ che è la profondità di penetrazione, in questo modo riesco a
definire una velocità di diffusione pari a
r
r
dδ
ν
ν U∞
vd ∝
∝
=
dt
t
x
infine si definisce1
U∞
Rex =
=
vd
1
δ=
√
νt
r
U∞ x
ν
Capitolo 2
Fenomeni non stazionari
2.1
Avviamento impulsivo di un profilo 2D
In un ambito a potenziale stazionario la resistenza è identicamente nulla. Questo cessa
di essere vero se si considerano fenomeni non stazionari. Ad esempio si può considerare
l’avviamento impulsivo di un profilo 2D. Il vortice di avviamento che al tempo t dista r
dal profilo, induce una velocità verso il basso pari a
Γ
w=
2π r
che fa variare l’angolo di incidenza e quindi porta alla nascita di una componente della
forza aerodinamica nella direzione del moto, cioè la resistenza. Possiamo dire che
w
ρU∞ Γ Γ
ρΓ2
D∼L
=
=
U∞
U∞ 2π r
2π r
da cui risulta chiaro che se r → ∞, allora D → 0, visto che ci si riconduce al caso
stazionario. Il lavoro fatto dalla resistenza risulta
Z r2
Z r2
ρΓ2 r2
ρΓ2
LD =
dr =
ln
Ddr =
2π r1
r1
r1 2π r
mentre l’energia cinetica associata al vortice portante è
¶2
Z r2
Z r2 µ
1 2
ρΓ
ρΓ2 r2
K=
2π r ρvt dr = πρ
dr =
ln
2
2π r
4π r1
r1
r1
da cui si deduce che l’energia cinetica associata al vortice portante, che è uguale a quella
del vortice di avviamento, è metà del lavoro della resistenza. Questo è abbastanza ovvio,
il profilo dovrà compiere contro la resistenza un determinato lavoro, metà del quale
contribuirà al vortice portante, l’altra parte sarà invece lavoro perso.
2.2
Teorema di Bernoulli non stazionario per fluidi in regime comprimibile
Le equazioni del moto dei fluidi si possono scrivere come

Dρ



 Dt = 0

Dv
1



= − ∇p
Dt
ρ
6
§2
Complementi
7
facendo l’ipotesi di moto irrotazionale. Le equazioni sopra scritte devono essere affiancate
da un’equazione di stato, che può essere ρ = cost, oppure s = cost. Siccome inoltre
∇ × v = 0, allora v = ∇Φ. Utilizzando la nota relazione vettoriale
|v|2
+ (∇ × v) × v
v · ∇v = ∇
2
si riesce a scrivere che
∂v
|v|2
1
+∇
= − ∇p
∂t
2
ρ
ed essendo v = ∇Φ
∂∇Φ
|∇Φ|2 1
+∇
+ ∇p = 0
∂t
2
ρ
ma si può porre1
1
∇p = ∇
ρ
pertanto
Ã
∇
cioè
Z
∂Φ |v|2
+
+
∂t
2
∂Φ |v|2
+
+
∂t
2
Z
p
pref
Z
p
pref
p
p∞
dp
ρ
dp
ρ
!
=0
dp
= E(t)
ρ
(2.1)
dove E(t) è il livello energetico della corrente e p∞ è la pressione della corrente indisturbata. Nella regione indisturbata inoltre
E∞ =
2
U∞
2
che non cambia nel tempo se le condizioni a monte non variano.
Nel caso in cui la densità è costante allora
∂Φ |v|2 p
U2
p∞
+
+ = cost = E ∗ (t) = ∞ +
∂t
2
ρ
2
ρ
(2.2)
invece per entropia costante, siccome pρ−γ = cost si riesce facilmente a risolvere l’integrale ed arrivare all’equazione della pressione di Lord Kelvin
#
"µ ¶ γ−1
2
γ
γ p∞
∂Φ |v|2 − U∞
p
− 1 = cost = 0
(2.3)
+
+
∂t
2
γ − 1 ρ∞
p∞
con questa si può scrivere anche che
Cp =
2
p − p∞
=
2
2
γ M∞
U∞
1
ρ
2 ∞
µ
p
p∞
¶
=
2
2
γ M∞
"

γ
Ã
!# γ−1


∂Φ
2
|v| + 2 ∂t
γ−1 2
1+
M∞ 1 −
−1
2


2
U∞
(2.4)
1
questo è vero o se la densità non varia o in forma più generale se il fluido è barotropico, ovvero se
l’entropia è costante.
§2
Complementi
2.3
8
Equazione per il potenziale non stazionario comprimibile
Per l’equazione di continuità
∇ · (ρv) = ρ∇ · v + v · ∇ρ =
= ρ 4Φ + v · ∇ρ = −
∂ρ
∂t
e dividendo per ρ
v
1 ∂ρ
· ∇ρ = −
ρ
ρ ∂t
possiamo riconoscere tre contributi distinti
4Φ +
v
1 ∂ρ
4Φ + · ∇ρ +
=0
|{z} ρ
ρ ∂t
| {z } |{z}
1
2
3
in particolare il 2 e il 3 sono propri dei regimi non stazionari e comprimibili. Per il
secondo termine so che2
µ
¶
∂Φ |v|2
∇p
∇ρ
∇
+
=−
= −c2
∂t
2
ρ
ρ
se ora moltiplico scalarmente per v
µ
¶
∂Φ |v|2
∇ρ
v·∇
+
= −c2 v ·
∂t
2
ρ
quindi
µ
¶
∂Φ |v|2
∇ρ
1
v·
= − 2v · ∇
+
ρ
c
∂t
2
¶
µ
1
∇|v|2
∂∇Φ
=− 2 v·
+v·
c
∂t
2
µ µ 2 ¶
¶
1 ∂ |v |
∇|v|2
=− 2
+v·
c ∂t
2
2
Per il terzo termine, derivando l’equazione di Bernoulli, supponendo E = cost
µ
¶
Z
∂ p dp
∂ ∂Φ |v|2
+
=−
∂t ∂t
2
∂t p∞ ρ
1 ∂p
=−
ρ ∂t
c2 ∂ρ
=−
ρ ∂t
pertanto si perviene alla
·
¸
1 ∂ 2 Φ ∂|v|2
∇|v|2
4Φ − 2
+
+v·
=0
c ∂t2
∂t
2
2
si vedano i passaggi per il teorema di Bernoulli
(2.5)
§2
Complementi
9
che per c → ∞ e quindi, accessoriamente, densità costante porta alla nota 4Φ = 0.
L’equazione scritta è non lineare, linearizziamola per piccole perturbazioni. Poniamo
quindi che
v = v ∞ + ∇ϕ,
da queste
∂ϕ
¿ |v ∞ |,
∂xi
Φ = v ∞ · x + ϕ = U∞ x + ϕ,
c = c∞
·
¸
2
1 ∂ 2ϕ
∂ 2ϕ
2 ∂ ϕ
4ϕ − 2
+ 2U∞
+ U∞ 2 = 0
c∞ ∂t2
∂x∂t
∂x
e
Cp = −
2 ∂ϕ
2 ∂ϕ
− 2
U∞ ∂x U∞ ∂t
Applichiamo ora all’equazione linearizzata la trasformazione di coordinate

X = x − U∞ t








 Y = y


Z







T
= z
= t
che porta ϕ(x, y, z, t) → φ(X, Y, Z, T ). L’equazione per il potenziale diviene
1 ∂ 2φ
4φ − 2
=0
c∞ ∂T 2
ovvero
¤c∞ φ = 0
(2.6)
questa è l’equazione della propagazione dei disturbi acustici.
2.4
Teoria del potenziale per il caso comprimibile
Vediamo ora di derivare un equazione per il potenziale per un moto qualsiasi, stazionario.
Le equazioni di Eulero si scrivono

∂u
∂u
1 ∂p
c2 ∂ρ
∂u



+
v
+
w
=
−
=
−
u


∂x
∂y
∂z
ρ ∂x
ρ ∂x






∂v
∂v
c2 ∂ρ
∂v
+v
+w
= −
u

∂x
∂y
∂z
ρ ∂y







∂w
∂w
c2 ∂ρ
∂w


+v
+w
= −
 u
∂x
∂y
∂z
ρ ∂z
§2
Complementi
10
moltiplico per u, v, w, entrambi i membri, mi ricordo che ∇ × v = 0 e sommo le equazioni
risultanti
µ
¶
c2
∂ρ
∂ρ
∂ρ
∂u
∂u
∂u
−
u
+v
+w
=u2
+ 2uv
+ 2uw
+
ρ
∂x
∂y
∂z
∂x
∂y
∂w
v2
∂v
∂v
∂w
+ 2vw
+ w2
∂y
∂z
∂z
per l’equazione di continuità, essendo nulla la derivata in tempo,
ρ∇ · v + v · ∇ρ = 0
cosı̀
c2
(v · ∇ρ) = −c2 ∇ · v = c2
ρ
µ
∂u ∂v ∂w
+
+
∂x ∂y
∂z
¶
che non è altro che il primo membro dell’equazione precedente. Sostituendo
(u2 − c2 )
∂u
∂u
∂u
∂v
∂v
∂w
+ 2uv
+ 2uw
+ (v 2 − c2 )
+ 2vw
+ (w2 − c2 )
=0
∂x
∂y
∂w
∂y
∂z
∂z
che per il caso bidimensionale si riduce a
µ 2
¶ 2
µ 2
¶ 2
u
∂ Φ
v
∂ Φ
uv ∂ 2 Φ
−1
+2 2
+
−1
=0
2
2
2
c
∂x
c ∂y∂x
c
∂y 2
(2.7)
che possiamo linearizzare considerando che solo le velocità orizzontali sono significative,
¡
¢ ∂ 2ϕ ∂2ϕ
2
M∞
−1
− 2 =0
∂x2
∂y
o nel caso tridimensionale,
¡
2
M∞
−1
¢ ∂ 2ϕ ∂ 2ϕ ∂ 2ϕ
− 2 − 2 =0
∂x2
∂y
∂z
Queste equazioni cambiano natura al passare di M∞ da minore di 1 a maggiore di uno,
passando da ellittiche ad iperboliche. Per M∞ = 1 non è più possibile trascurare le
derivate di ordine superiore in x, visto che la derivata seconda diviene nulla. Si perviene
a
2
¢ ∂ 2ϕ ∂ 2ϕ ∂2ϕ
¡ 2
M∞
∂ϕ ∂ 2 ϕ
−
−
+
2
=0
M∞ − 1
∂x2
∂y 2
∂z 2
U∞ ∂x ∂x2
che non verrà analizzata in questa sede. Se si opera ora un cambio di coordinate secondo
Prandtl - Glauert per il caso subsonico

∂2
1
∂2
x


p
,
=
x
=

M
2 ∂x2

2
∂x2M
1 − M∞

1 − M∞



yM






zM
= y
= z
§2
Complementi
11
si arriva a trovare da risolvere
−4φ(xM , yM , zM ) = 0
Possiamo riguardare allora l’effetto della comprimibilità come una variazione della topologia dello spazio. In particolare il corpo subisce uno stiramento nella direzione lungo la
quale avviene il moto. Questo non è molto diverso da quello che avviene con la teoria
della relatività speciale. Per quanto riguarda il Cp per prima si ha che
Cp = −
2 ∂φ
2 ∂φ
2 ∂φ
2
1
∂ϕ
p
− 2
=
=−
2
U∞ ∂xM
U∞ ∂t
U∞ ∂xM
U∞ 1 − M∞ ∂x
che può venir approssimato secondo Prandtl - Glauert come
CpC
=p
CpI
2
1 − M∞
dove gli apici stanno per comprimibile o incomprimibile, oppure secondo Karman - Tsien
CpC = p
CpI
2 +
1 − M∞
2
CpI
√M∞
2 1+ 1−M 2
∞
Queste relazioni valgono sino a che non si hanno onde d’urto e il termine che si era
trascurato con le derivate miste diviene importante.
Capitolo 3
Profili sottili
3.1
Introduzione
In un contesto di piccole perturbazioni riesco a scomporre il caso generale in
1. una distribuzione di spessore
2. una linea media curva
3. una lamina piana
4. un moto non stazionario
il tutto poi proiettato sulla corda. Questa scomposizione permette di linearizzare il
potenziale
Φ=
φ1
+ φ2 + φ3 + φ4 (t)
|{z}
| {z } | {z }
sorgenti/doppiette
vortici
?
Facciamo un richiamo per il caso stazionario.
3.2
Teoria classica dei profili sottili (Belan)
Sia il profilo, immaginato come linea media, fisso nel piano con corda sull’intervallo
[0, c]. Sia inoltre la corrente inclinata di un angolo α piccolo. La linea media può venir
rappresentata tramite la sua derivata
v
y 0 (x) = α +
U∞
pertanto
={u+ }
v
=−
U∞
U∞
dove u+ è la velocità sul bordo superiore del profilo e u+ ≈ u− ≈ u. Pensando la
perturbazione come una distribuzione di vortici β(s) sull’intervallo [0, c], allora
½ Z c
¾
i
β(s)
=
ds
={u}
2π 0 x − s
0
=−
y (x) − α = −
U∞
U
Z c∞
1
β(s)
=−
ds
2π U∞ 0 x − s
y 0 (x) − α =
12
§3
Complementi
13
che è reale perché i vortici non sono sulla linea media. Tra l’altro la condizione al contorno
di v n = 0 la applicherò alla corda. Quindi
Z c
1
β(s)
0
ds
(3.1)
y (x) − α = −
2π U∞ 0 x − s
Pretendiamo ora di risolvere il problema inverso, ovvero data la portanza quale deve
essere la linea media? La portanza è la risultante di due distribuzioni di pressioni, p+ (x)
e p− (x) sul dorso e sul ventre. Queste portano a due distribuzioni di velocità u+ (x) e
u− (x) per le quali, essendo il profilo sottile,
u+ (x) = u− (x)
quindi
β(x) = 2u+ (x)
perciò si può scrivere che
1
y (x) − α = −
2π U∞
Z
c
0
0
2u+ (s)
ds
x−s
ma il secondo membro è noto, e lo chiameremo F (x). Pertanto integrando
Z x
Z x
0
(y (x) − α)ds =
F (x)ds
0
0
Z
x
y(x) = αx +
F (x)ds
0
= αx + G(x)
ma per le condizioni al contorno y(0) = 0 e y(c) = 0,
0 = αc + G(c)
ovvero
α=−
G(c)
c
e quindi, finalmente
G(c)
x + G(x)
c
Veniamo ora al problema diretto, dove data la linea media si cerca di calcolare la
portanza. Quello che cerco è in sostanza β(x), che è legata alla linea media dalla
Z c
β(s)
1
0
ds
y (x) − α = −
2π U∞ 0 x − s
y(x) = −
questa è un’equazione integrale singolare nota come equazione di Fredholm di prima
specie perché l’incognita è solamente sotto il segno di integrale. Si può risolvere per
sviluppo in serie, ed è stata risolta da Prandtl e da Söbingen i cui risultati portano a
Z
g(ζ) c β(s)
ds
u± = ±
2π i 0 x − s
§3
Complementi
con
s
c−ζ
ζ
g(ζ) = i
e
r
β(x) = 2U∞
quindi
14
x
(y 0 (x) − α)
c−x
(3.2)
s
¶
Z c µr
U∞ c − ζ
s y 0 (s) − α
ds
u(ζ) = ±
π
ζ
c−s ζ −s
0
¶
Z c
Z c µr
s
0
Γ=
β(s)ds = 2U∞
(y (s) − α) ds
c−s
0
0
L = −ρU∞ Γ
ora, per la condizione di Kutta, g(c) = 0, però bisogna anche garantire che sia |u(0)| < ∞,
questo deve essere fatto, siccome g(0) → ∞, imponendo che
¶
Z c µr
s y 0 (s) − α
lim
ds → 0
ζ→0 0
c−s ζ −s
cioè
Z c µr
0
sviluppando
Z
α
|0
c
r
s α − y 0 (s)
c−s
s
s ds
−
c−s s
{z
}
Z
c
r
0
¶
ds = 0
s y 0 (s)
ds = 0
c−s s
π
ovvero
1
αi =
π
Z
c
r
0
s y 0 (s)
ds
c−s s
dove αi è l’angolo di incidenza ideale o angolo di Theodorsen.
Per il cL si ha che
¶
Z µr
4 c
L
s
0
(y (s) − α) ds =
cL = 1 2 = −
c 0
c−s
ρU∞ c
2
Z r
Z r
4α c
s
4 c
s
=
ds −
y 0 (s) ds =
c 0
c−s
c 0
c−s
|
{z
}
π
2
·
c
2
= 2π α − 2π
πc
|
Z cr
0
¸
s
0
y (s) ds
c−s
{z
}
α0
quindi
cL = 2π(α − α0 )
(3.3)
§3
Complementi
con
2
α0 =
πc
Z cr
0
15
s
y 0 (s) ds
c−s
(3.4)
angolo di portanza nulla.
Infine per il cm si può partire dalla definizione di momento aerodinamico calcolato
nel polo c,
dmc = b dfy
quindi
r
dmc = (c −
2
s) (−2ρ U∞
)
2
= 2ρU∞
p
s(c − s) (y 0 (s) − α)ds
cioè
Z
mc =
s
(y 0 (s) − α)ds =
c−s
2
2ρ U∞
c
p
s(c − s) (y 0 (s) − α)ds
0
cosı̀ in perfetta analogia con prima,
Z cp
mc
4
cm = 1 2 2 = 2
s(c − s) (y 0 (s) − α)ds =
c
ρU∞ c
0
2
Z
Z cp
4α c p
4
s(c − s) ds + 2
s(c − s) y 0 (s) ds =
=− 2
c
c 0
|0
{z
}
·
π
8
c2
π
π 8
=− α+
2
2 π c2
|
Z
c
0
¸
s(c − s) y (s) ds
{z
}
p
0
αm
quindi
con
π
cm = − (α − αm )
2
Z cp
8
αm =
s(c − s) y 0 (s) ds
π c2 0
angolo di momento nullo.
Ora per la legge del trasporto
m x = m + fy x
quindi
π
x
cmx = − (α − αm ) + 2π(α − α0 ) =
2
4
π
π
x
x
= − α + αm + 2πα − 2πα0 =
2 µ 2 ¶
c
c
x 1
x
π
= 2πα
−
− (4α − αm )
c
c
2
c
(3.5)
§3
Complementi
16
se x = c/4 ci si trova nel centro aerodinamico, rispetto al quale il coefficiente di momento
non dipende dal braccio, ma vale sempre
π
cmca = − (α − αm )
2
Si può dire ancora qualche cosa. Riportiamo i valori degli angoli caratteristici che
abbiamo trovato.
Z r
1 c
s y 0 (s)
αi =
ds
π 0
c−s s
Z cr
2
s
α0 =
y 0 (s) ds
πc 0
c−s
Z cp
8
s(c − s) y 0 (s) ds
αm =
2
πc 0
questi si possono riscrivere nella forma
Z c
αn = Cn
fn (s) y 0 (s) ds
(3.6)
0
con fn (s) funzioni di forma. Queste determinano l’importanza delle pendenze del naso
o della coda per il valore dei coefficienti aerodinamici.
3.3
Soluzione usando variabili reali
Una soluzione meno elegante può venir trovata usando solo variabili reali e impostando
il problema come cercare un potenziale ϕ : R2 → R che soddisfi alle

−4ϕ
= 0





vn
= U∞ (y 0 (x) − α)





ϕ → 0, per r → ∞
La soluzione può essere trovata discretizzando il campo di moto a mezzo di una distribuzione di vortici γ(ξ)1
dΓ = γ(ξ)dξ
con ξ ∈ [0, c]. In questo contesto, per il potenziale di perturbazione vale che
½
¾
Z c
y
1
γ(ξ) arctan
ϕ(x, y) = −
dξ
2π 0
x−ξ
cosı̀ per le velocità,
∂ϕ
1
u(x, y) =
=
∂x
2π
v(x, y) =
1
∂ϕ
1
=−
∂y
2π
Z
c
γ(ξ)
0
Z
y
dξ
(x − ξ)2 + y 2
c
γ(ξ)
0
x−ξ
dξ
(x − ξ)2 + y 2
La nomenclatura cambia un poco, ma spero di non creare troppa confusione.
§3
Complementi
17
imponendo la condizione per y → 0 si ricava che
Z c
dξ
∂ϕ
1
γ(ξ)
lim
=−
= U∞ (y 0 (x) − α)
y→0 ∂y
2π 0
(x − ξ)
e accessoriamente che
∂ϕ
γ(x)
=±
,
y→0 ∂x
2
lim
ovvero
∆u(x) = γ(x)
la soluzione della prima è data, ancora una volta dalla formula di Prandtl - Söbingen
(1939)
r
Z s
2U∞ c − x c
ξ y 0 (x) − α
γ(x) =
dξ =
π
x
c − ξ (x − ξ)
0
r
c−x
= 2U∞
(−y 0 (x) + α)
x
che è l’opposto, per come si sono definiti, di β(x).(? controllare).
Per lamina piana
r
c−x
γ(x) = 2U∞ α
x
quindi
2 ∂ϕ
2u
γ(x)
CP = −
=−
=∓
U∞ ∂x
U∞
2
cioè
γ(x)
∆CP (x) = 2
U∞
da cui discendono le seguenti,
1
2
∆p(x) = ρ U∞
∆CP = ρ U∞ γ(x)
teorema di Kutta Joukosky
2
Z c
Z c
L=
∆p(x) dx = ρ U∞
γ(x) dx = ρ U∞ Γ
portanza
0
v(x) = −
3.4
1
2π ρ U∞
0
Z
c
∆p(ξ)
0
dξ
x−ξ
downwash
Caso non stazionario
Addentriamoci ora nel caso non stazionario. Per esso non sarà sufficiente considerare
una distribuzione di vorticità sul profilo ma si dovrà considerare anche quella emessa
nella scia che si estende fino a c + U∞ t. Sia γ = γ(x, t) la distribuzione di vorticità sul
profilo, o meglio in corda, i.e. x ∈ [0, c], mentre ² = ²(x, t) quella in scia. La velocità
indotta sulla corda dalla somma delle sue distribuzioni sarà
Z c
Z c+U∞ t
γ(ξ, t)
1
²(ξ, t)
1
dξ −
dξ
v(x, 0, t) = −
2π 0 x − ξ
2π c
x−ξ
§3
Complementi
18
dove anche U∞ = U∞ (t).
Dal momento che le incognite del problema sono diventate due, γ e ², abbiamo bisogno
di due equazioni per determinare. Queste sono la condizione di non penetrazione della
velocità e la conservazione della circolazione. Per il teorema di Kelvin si ha infatti che
µ ¶
1
dΓ
²(x, t) = −
U∞ dτ τ =t− x−c
U∞
in particolare per x = c si ha
1
²(x = c, t) = −
U∞
µ
dΓ
dt
¶
la scia quindi introduce una dipendenza dal tempo che l’equazione di Laplace non aveva,
questo è un esempio di effetto memoria.
La risoluzione dell’equazione, che può simpaticamente venir scritta come
v(x, 0, t) = U∞ (y 0 (x) − α(t))
con
1
v(x, 0, t) = −
2π
Z
c
0
γ(ξ, t)
1
dξ +
x−ξ
2π
Z
c+U∞ t
c
¶¸
· µZ c
1
1
d
γ(σ, τ )dσ
dξ
U∞ dτ
0
τ =t− ξ−c x − ξ
U∞
conduce dopo qualche passaggio per il caso di partenza impulsiva all’introduzione della
funzione di Wagner (1925)
Z +∞
exp(−2τ σ)
dσ
w(τ ) = 1 −
2
2
2
[K0 (σ) − K1 (σ)] + π [I0 (σ) + I1 (σ)] σ 2
0
con In e Kn le note funzioni di Bessel di prima e seconda specie. Si riesce a mostrare che
w(τ ) =
L(τ )
L(τ )
= 1
2 c 2π sin(α)
L(t → ∞)
ρ U∞
2
Utili in molti casi sono approssimazioni della funzione di Wagner, per esempio Garrick
pone
1
w(τ ) = 1 −
2+τ
oppure Jones:
w(τ ) = 1 − 0.165 exp(−0.091τ ) − 0.335 exp(−0.6τ )
Applicazioni a queste funzioni sono i problemi che hanno a che fare con una variazione improvvisa del vettore velocità, come ad esempio raffiche verticali. In questo
specifico caso, Küssner ha sviluppato una teoria e una sua funzione che tiene anche
conto dell’ingresso graduale in una generica raffica.
§3
Complementi
3.5
19
Profilo sottile in moto armonico
Questo tipo di problema è tipo dell’aeroelasticità; sia la pulsazione ω, si introduce il
numero di Strouhal o pulsazione ridotta pari a
ω∗ =
ωc
U∞
la frequenza ridotta è invece definita da
k=
in generale si dirà che
e che
ωc
2U∞

y(x, t) = y(x) exp(iω t)





γ(x, t) = γ(x) exp(iω t)





²(x, t) = ²(x) exp(iω t)
1
v(x) = −
ρ U∞
Z
c
∆p(ξ) K(x, ξ, ω) dξ
| {z }
0
Kernel
La soluzione andrà ricercate ponendo x = c(1 + cos θ)/2 e sviluppando in serie
Ã
!
∞
X
v(θ) = U∞ P0 + 2
Pn cos(nθ)
n=1
dove
1
Pn =
π
allo stesso modo
Z
π
0
v(θ)
dθ
U∞
Ã
γ(θ) = −U∞
∞
X
θ
sin(nθ)
2A0 tan + 4
An
2
n
n=1
!
dove per Küssner
A0 =
1 + T (ω ∗ )
(P0 + P1 ) − P1 ,
2
An =
iω ∗
iω ∗
Pn−1 + n Pn −
Pn+1
4
4
Theodorsen pone inoltre che
L = c(ω ∗ )Lstaz + Lnc
con
1 + T (ω ∗ )
2
e dove nc sta per la parte non circolatoria, cioè quella associata alle cosiddette masse
virtuali.
c(ω ∗ ) =
Capitolo 4
L’equazione di Laplace in tre
dimensioni
4.1
Considerazioni sul moto a potenziale in due e tre dimensioni
In tre dimensioni il dominio all’esterno di un corpo è semplicemente connesso, la circolazione lungo un cammino chiuso essendo valido il teorema di Stokes è zero. Questo
significa che il potenziale Φ è funzione monodroma dello spazio.
In due dimensioni questo non vale più, perché il dominio non è semplicemente connesso. Si può comunque dire che le circolazione attorno ai cammini che non contengono
il corpo, cioè riducibili, è sempre zero. Lungo cammini non riducibili la circolazione è
diversa da zero pur essendo sempre la stessa per ogni cammino di questo tipo. Φ è perciò
funzione polidroma dello spazio.
Teorema di Kelvin: in una corrente ideale di fluido incomprimibile soggetto a forze
di massa conservative la variazione della circolazione associata ad un circuito chiuso che
si muove con il fluido è nulla. Ovvero:
DΓ
=0
(4.1)
Dt
Questo è vero anche se il fluido è comprimibile ma barotropico. In presenza di regioni
rotazionali in cui ω 6= 0 il teorema di Kelvin è ancora valido purchè valgano le equazioni
di Eulero nel cammino scelto. Ciò permette di giustificare la nascita di circolazione
attorno ad un corpo bidimensionale.
Scia: luogo geometrico delle particelle fluide venute a contatto con la superficie del
corpo. La scia in generale comporta una discontinuità del potenziale, ∆Φ 6= 0 pari alla
circolazione lungo un cammino che interseca la scia.
Perciò per un moto 2D:
• Φ non è univocamente determinato, occorre trovare Γ attraverso la condizione di
Kutta.
• è possibile spiegare la nascita di un Γ 6= 0.
Per un moto 3D:
• Φ è univocamente determinato, Γ = 0 attraverso la condizione di Kutta.
• per rappresentare corpi portanti, con Γ 6= 0, bisogna introdurre vorticità nel campo
di moto attraverso una scia. (Moto quasi-potenziale).
20
§4
4.2
Complementi
21
Considerazioni sulla scia
Scia: superficie di spessore infinitesimo che diviene parte del contorno del dominio.
Le condizioni al contorno per la scia si determinano dai bilanci di massa e quantità
di moto.
µ ¶+ µ ¶−
∂Φ
∂Φ
=
(4.2)
∂n
∂n
cioè la componente normale della velocità è continua, ovvero
p+ = p−
(4.3)
quindi la superficie della scia non è una superficie materiale, non è in grado di sopportare
sforzi normali. Applicando inoltre Bernoulli sui due lati della scia
∂Φ+ ∇Φ+ · ∇Φ+ p+
∂Φ− ∇Φ− · ∇Φ− p−
+
+
=
+
+
∂t
2
ρ
∂t
2
ρ
con le condizioni già trovate e definendo
vM =
si ottiene
ovvero
∇Φ+ + ∇Φ−
,
2
∆Φ = Φ+ − Φ−
∂∆Φ
+ v M · ∇∆Φ = 0
∂t
D∆Φ
=0
(4.4)
Dt
resta costante il salto di potenziale associato ad una particella fluido che si muove con
vM .
Scia: superficie vorticosa costituita da una distribuzione continua di filamenti vorticosi inseriti in un campo irrotazionale.
Possiamo definire un’intensità superficiale di vorticità come
Z +²/2
γ(ξ, η) = lim
ω(ξ, η, ζ) dζ
²→0
−²/2
in modo che il flusso di ω attraverso la sezione sia la circolazione Γ.
Nel caso 2D γ = γ(ξ) rappresenta una vorticità per unità di lunghezza ed è legata
alla circolazione
Z c
Γ=
γdξ
0
si può porre
∂∆Φ
∂ξ
Nel caso 2D stazionario, la circolazione attorno a qualsiasi cammino chiuso che contiene
il corpo è la stessa, Γ = ∆Φ. Ciò significa che γ = 0 sulla scia e il campo di velocità
è continuo. Inoltre la condizione di uguaglianza delle pressioni in questo caso è sempre verificata, ciò comporta che la scia è una semplice barriera di geometria arbitraria,
tracciata per rendere monodromo il potenziale.
γ = vt+ − vt− =
§4
Complementi
22
Nel caso 3D la discontinuità della velocità potrà avvenire sia lungo le direzioni
tangenti alla scia, x, y. Introdotto l’operatore
∇τ ≡ ı
∂
∂
+
∂x
∂y
si scrive
∆v = ∇τ ∆Φ
γ è perpendicolare a ∆v e tangente la scia, detto n il versore normale
γ = n × ∆v
γ è diretto come la velocità tangenziale media.
4.3
Formule di Green
Sia G(r, r 0 ) una generica funzione. Moltiplicando tale funzione per l’equazione di Laplace
e integrando nel volume
Z
G 4Φ dV = 0
−
V
integrando per parti con il teorema della divergenza si arriva alla
Z
Z
−
4G Φ dV +
(Φ ∇G − G ∇Φ ) · n dS = 0
V
S
imponendo che
4G = δ(r − r 0 )
si ha
Z
Φ(r 0 ) =
(Φ ∇G − G ∇Φ ) · n dS
(4.5)
S
Nel caso 3D,
G=−
si ha
1
Φ(r 0 ) =
4π
Z µ
S
1
1
4π |r − r 0 |
∇Φ
− Φ∇
|r − r 0 |
µ
1
|r − r 0 |
¶¶
· n dS
(4.6)
Inoltre, date due generiche funzioni scalari f1 e f2 posso sempre costruire il vettore
f = f1 ∇f2 − f2 ∇f1 e applicare il teorema della divergenza a tale vettore
Z
Z
(f1 ∇f2 − f2 ∇f1 ) · n dS = (f1 4f2 − f2 4f1 ) dV
(4.7)
S
V
che si chiama seconda identità di Green. Poniamo ora f1 = 1/(|x − x0 |) = 1/r e
f2 = Φ. Volendo applicare l’identità di Green a queste funzioni devo stare attento
perché l’integrale diviene singolare, perciò
µ
¶
¶
Z
Z µ
1
1
1
1
∇Φ − Φ∇
∇Φ − Φ∇
· n dS +
· n dS = 0
r
r
r
r
S∞ +SB +SW
SP
§4
Complementi
23
L’integrale singolare può venir scritto considerando la superficie un intorno tridimensionale del punto P, singolare, n è dunque il versore radiale, perciò
¶
¶
Z µ
Z µ
1
1 ∂
Φ
1
∇Φ − Φ∇
· n dS = −
Φ + 2 dS
r
r
r ∂r
r
SP
SP
integrando
µ
Z
SP
1 ∂
Φ
Φ+ 2
r ∂r
r
µ
¶
dS = lim
r→0
1 ∂
Φ
Φ+ 2
r ∂r
r
¶
4π r2 =
= 4πΦP
cosı̀
1
Φ(x0 ) =
4π
Z µ
S
1
1
∇Φ − Φ∇
r
r
¶
· n dS
(4.8)
che è identica a quella prima trovata in altra via. Questo procedimento però consente di
trovare anche il potenziale per un punto P che si trova sul corpo. Tenendo conto che la
sfera che include il punto diviene una semisfera,
¶
Z µ
1
1
1
Φ(x0 ∈ SB ) =
∇Φ − Φ∇
· n dS
(4.9)
2π S r
r
Per dare continuità alla trattazione posso considerare come dominio di interesse quello
interno al corpo. In tale caso valutiamo l’identità di Green per il potenziale interno Φi
e per 1/r. Ogni punto P appartiene all’esterno del corpo per cui non ci sono contributi
singolari
¶
Z µ
1
1
∇Φi − Φi ∇
· n dS = 0
r
r
SB
sottraendo tale contributo a quello del potenziale esterno si ottiene
¶
Z µ
1
1
1
∇(Φ − Φi ) − (Φ − Φi )∇
· n dS+
Φ(x0 ) =
4π SB r
r
¶
Z µ
1
1
1
∇Φ − Φ∇
· n dS + Φ∞ (x0 )
4π SW r
r
con
1
Φ∞ (x0 ) =
4π
µ
Z
S∞
1
1
∇Φ − Φ∇
r
r
¶
· n dS
che vale zero per fluido fermo e corpo in movimento o v ∞ · x0 per corpo fermo e fluido
in movimento. Per le condizioni sulla scia si ha che
¶
¶
Z µ
Z µ
1
1
1
1
1
∇Φ − Φ∇
Φ∇
· n dS = −
· n dS
4π SW r
r
4π SW
r
Possiamo a questo punto definire
−µ ≡ Φ − Φi ,
−µW ≡ Φ+ − Φ− ,
−σ ≡
∂Φ ∂Φi
−
∂n
∂n
§4
Complementi
24
in cui µ e σ rappresentano distribuzioni superficiali di doppiette e sorgenti. Si riesce
quindi a scrivere
¶
Z µ
1
1
1
Φ(x0 ) = −
σ − µ∇ · n dS+
4π SB
r
r
¶
Z µ
1
1
µW ∇ · n dS + Φ∞ (x0 )
4π SW
r
4.4
Distribuzioni superficiali
Sorgenti. Per esse vale che
1
Φ(x0 ) = −
4π
Z µ ¶
1
σ
dS
r
S
p
con σ = σ(x, y) e r = (x0 − x)2 + (y0 − y)2 + z02 . La componente della velocità in
direzione normale è
Ã
!
Z
Z ³
∂
1
∂
1
1
z´
p
w=
Φ(x0 ) = −
σ
dS
=
σ
dS
∂z0
4π S ∂z0
4π S
r3
(x0 − x)2 + (y0 − y)2 + z02
il valore di w per z → 0± è
w(x, y, 0± ) = ±
σ(x, y)
2
da cui scende che ∆w = σ.
Doppiette.Per esse vale che
1
Φ(x0 ) = −
4π
Z ³
z´
µ 3 dS
r
S
Φ(x, y, 0± ) = ∓
µ(x, y)
2
ovvero ∆Φ = −µ. Pertanto
u(x, y, 0± ) = ∓
1 ∂µ(x, y)
2 ∂x
v(x, y, 0± ) = ∓
1 ∂µ(x, y)
2 ∂y
e sono in generale discontinue. Se indichiamo con v τ = {uv}T allora
∆v τ = −∇τ ∆Φ
Equivalenza di doppiette e vortici. Ci si deve aspettare una stretta relazione tra
doppiette e vortici perché producono linee di corrente simili. Sappiamo inoltre che
γ = n × ∆v = n × ∇τ ∆Φ = −n × ∇τ µ
§4
Complementi
25
Una distribuzione superficiale uniforme di doppiette equivale ad un anello vorticoso, vortex ring, chiuso, definito dai lati del pannello, con circolazione Γ = µ.
Infatti si ha che se µ = costante,
µ
Φ(x0 ) = −
4π
Z ³ ´
z
dS
3
S r
la velocità corrispondente vale
Z
³z´
µ
∇0 Φ = −
∇0 3 dS =
4π S
r
µ
¶¸
Z ·
µ
∂ ³ z0 ´
∂ ³ z0 ´
1
3z02
=−
ı
+
+κ 3 − 5
dS
4π S ∂x0 r3
∂y0 r3
r
r
osservando che le derivate parziali rispetto a x0 e y0 sono le opposte di quelle rispetto
alle coordinate senza pedici,
µ
¶¸
Z ·
1
µ
∂ ³ z0 ´
3z02
∂ ³ z0 ´
v(x0 ) =
+
−κ 3 − 5
dS
ı
4π S ∂x r3
∂y r3
r
r
Per l’anello vorticoso, di intensità Γ si ha per la legge di Biot-Savart,
I
Γ
d` × r
v(x0 ) =
4π ` r3
sviluppando
Γ
v(x0 ) =
4π
µ
¶¸
I ·
y0 − y
z0
x0 − x
z0
dx −
dy
ı 3 dy −  3 dx + κ
r
r
r3
r3
`
dal teorema di Stokes che pone
¶
I
Z µ
∂Ax ∂Ay
Ax dx + Ay dy = −
−
dS
∂y
∂x
`
S
si ottiene
Γ
v(x0 ) =
4π
infine
Z ·
S
µ
¶¸
∂ ³ z0 ´
∂ ³ z0 ´
∂ y0 − y
∂ x0 − x
ı
+
−κ −
−
dS
∂x r3
∂y r3
∂y r3
∂x r3
Γ
v(x0 ) =
4π
Z ·
S
µ
¶¸
∂ ³ z0 ´
∂ ³ z0 ´
1
3z02
ı
+
−κ 3 − 5
dS
∂x r3
∂y r3
r
r
che è quello che si voleva mostrare.
Una distribuzione superficiale non uniforme di doppiette equivale ad un foglio vorticoso,
vortex sheet, chiuso, definito dai lati del pannello
Questo caso non si dimostrerà.
Capitolo 5
Metodi di soluzione dell’equazione
di Laplace
5.1
Metodo a pannelli
Ricordo che
¶
Z µ
1
1
1
σ − µ∇ · n dS+
Φ(x0 ) = −
4π SB
r
r
¶
Z µ
1
1
µW ∇ · n dS + Φ∞ (x0 )
4π SW
r
per risolvere tale equazioni ci si affida ad un metodo di collocazione, imponendo in
punti stabiliti le condizioni al contorno. Ora la condizione all’infinito è automaticamente
soddisfatta per il comportamento di sorgenti e vortici. La condizione di velocità normale
continua da una parte all’altra della scia è già soddisfatta perché si usano solo doppiette.
Bisogna però soddisfare

sul corpo
 ∇Φ · n = 0,

∆p
= 0,
sulla scia
tramite la scelta delle distribuzioni di singolarità superficiali e la determinazione della
geometria della scia.
L’applicazione della condizione al contorno sul corpo porta a scrivere che
½
¶
Z µ
1
1
∂ 1
−
σ∇ − µ∇
dS+
4π SB
r
∂n r
¶
¾
Z µ
∂ 1
1
µW ∇
dS + ∇Φ∞ (x0 ) · n = 0
4π SW
∂n r
Tale equazione è alla base dei metodi a pannelli. E’ possibile inoltre dire che
∂Φ
=0
∂n
equivale a
Φi = costante
L’implementazione numerica è la solita, c’è qualche problematica geometrica per una
corretta rappresentazione del corpo.
26
§5
Complementi
27
Le sorgenti rappresentano lo spessore, le doppiette o i vortici permettono di modellare
la portanza. Ho bisogno anche di soddisfare la condizione di Kutta, cioè devo mettere in
relazione le doppiette in scia da quelle incognite sul corpo. Infine per soddisfare il salto di
pressione nullo la scia deve essere localmente tangente al vettore velocità medio, ovvero
deve essere superficie di flusso. Dal teorema di Kutta - Joukowsky si ha che v M × γ = 0.
Se la geometria della scia è assegnata cercando in prima approssimazione di soddisfare
la condizione di ∆p = 0, il problema è lineare, altrimenti è non lineare.
5.2
Discretizzazione delle equazioni
Considerando NB pannelli sul corpo e NW pannelli in scia l’equazione fondamentale
diviene
¶
Z µ
1
1
∂ 1
−
σn · ∇ − µn · ∇
dS+
4π
r
∂n
r
S
k
k=1
¶
Z µ
NW
X
1
∂ 1
µW n · ∇
dS + v ∞ · n = 0
4π
∂n
r
S
j
j=1
NB
X
considerando per semplicità le intensità di sorgenti e doppiette costanti e ponendo
Z
Z
1
1
1
∂ 1
−
n · ∇ dS ≡ Bk ,
n·∇
dS ≡ Ck
4π Sk
r
4π Sk
∂n r
risulta
NB
X
Bk σk +
NB
X
k=1
k=1
Ck µk +
NW
X
C j µj + v ∞ · n = 0
j=1
i termini Bk e Ck sono puramente geometrici. Le µj sono funzioni delle µk attraverso la
condizione di Kutta, imporremo tale condizione meglio in seguito, per ora supponiamo
che tale iterazione sia limitata al bordo di uscita dove µj = µk , cioè supponiamo che la
scia abbia un’unica fila di pannelli. Ponendo che Ak ≡ Ck se il pannello non è al bordo
di uscita e Ak ≡ Ck ± Cj quando lo è, e supposte note le σk si ottiene il sistema lineare
seguente
NB
NB
X
X
Bk σk − v ∞ · n
Ak µk = −
k=1
k=1
Nel caso in cui si scelga di passare attraverso il potenziale interno, ricordando che
∂Φ
=0
∂n
equivale a
Φi = costante
ma dall’espressione generale applicata ad un punto interno,
¶
Z µ
1
1
1
Φi = −
σ − µ∇ · n dS+
4π SB
r
r
¶
Z µ
1
1
µW ∇ · n dS + Φ∞
4π SW
r
§5
Complementi
28
è possibile applicare la condizione
Φi = costante = Φ∞
ovvero
1
−
4π
µ
Z
SB
¶
¶
Z µ
1
1
1
1
σ − µ∇ · n dS +
µW ∇ · n dS = 0
r
r
4π SW
r
scegliendo per semplicità le intensità di sorgenti e doppiette costanti e ponendo
Z
Z
1
1
∂ 1
1
dS ≡ Bk ,
dS ≡ Ck
−
4π Sk r
4π Sk ∂n r
risulta
NB
X
Bk σ k +
k=1
NB
X
Ck µk +
k=1
NW
X
Cj µj = 0
j=1
avendo N punti di collocazione, subito all’interno dei centroidi, posso fissare le σk
σk = −nk · v ∞
e risolvere per le µk . Il legame tra le doppiette di scia e quelle sul corpo è ancora una
volta dato dalla condizione di Kutta.
5.3
Filamenti vorticosi
Vediamo di applicare la legge di Biot-Savart al caso di filamento vorticoso di intensità
costante Γ e lunghezza l
Z l
d` × r
Γ
v(x0 ) =
4π 0
r3
che integrata da
v(x0 ) =
Γ
(cos θ1 − cos θ2 )ev
4π h
con
h=
|r 1 × r 2 |
,
|r 12 |
h = cos θ1 =
r 12 · r 1
,
|r 12 ||r 1 |
cos θ2 =
e quindi
Γ r1 × r2
r 12 ·
v(x0 ) =
4π |r 1 × r 2 |2
µ
r 12 · r 2
,
|r 12 ||r 2 |
r1
r2
−
|r 1 | |r 2 |
ev =
r1 × r2
|r 1 × r 2 |
¶
tale espressione diviene singolare se la distanza del punto al filamento è nulla, cioè il
punto è sul filamento. Per eliminare tale singolarità si può assegnare una distanza, di
solito 10−4 − 10−5 volte la lunghezza del filamento, al di sotto della quale si usa un
modello diverso, come il vortice di Rankine o velocità indotta nulla.
§5
Complementi
5.4
29
Ala portante
Si useranno i metodi seguenti:
1. Metodo della linea portante:
• vortici a ferro di cavallo
• distribuzione di portanza e resistenza indotta lungo l’apertura alare
2. Metodo della superficie portante:
• anelli vorticosi
• distribuzione di differenza di pressione sull’ala
3. Metodo dei pannelli:
• distribuzione di Φ e ∆Φ, oppure σ e µ
• distribuzione di pressione sull’ala
Metodi illustrati in ambito di flusso stazionario e scia rigida e assegnata.
Metodo della linea portante. Sfrutta l’idea di avere una serie di anelli vorticosi
lungo l’apertura dell’ala. Il primo lato dell’anello è posto a 1/4 di corda cosı̀ la condizione di Kutta è automaticamente soddisfatta. Questo lato di chiama Bound Vortex.
L’incidenza deve essere piccola per poter ritenere la scia allineata con gli assi corpo,
mentre soddisfare la condizione v M × γ = 0 equivale ad allineare i Trailing Vortices con
la direzione della velocità asintotica.
La discretizzazione passa per la divisione della pianta in N pannelli, e il punto di
collocazione è posto a 3/4 della corda con versore normale uscente. La condizione al
contorno sul corpo è
(v ind + v ∞ ) · n = 0
in cui v ind = v b + v t cioè si separa in quella indotta dai bound vortices da quella indotta
dai trailing vortices.
Per il calcolo della velocità indotta un modo molto semplice è considerare l’anello
vorticoso chiuso dopo circa 20 corde e l’ultimo lato non induce nessuna velocità. Si usa
allora l’espressione di Biot-Savart per i tre lati dell’anello. E’ conveniente separare il
contributo dei trailing vortices in quanto serve per il calcolo della resistenza indotta.
L’applicazione della condizione al contorno porta a scrivere
[AIC]{Γ} = −v ∞ · n
Il calcolo dei carichi è effettuato tramite la legge di Kutta-Joukowsky in approssimazione di piccola incidenza,
∆Lj = ρ|v ∞ |Γj ∆yj
con ∆yj lunghezza del filamento vorticoso proiettata lungo la normale al flusso. La
resistenza indotta richiede il calcolo della velocità indotta in corrispondenza dei bound
vortices,
∆Dj = −ρ wi Γj ∆yj
§5
Complementi
30
Alternativamente si può considerare la traccia della scia sul piano di Trefftz e calcolare
la velocità indotta su ognuno dei vortici di scia da parte degli altri vortici, escludendo
l’autoinduzione. Ovvero
wj = −
N
1 X
Γj (yj − yi )
2π i=1,i6=j (zj − zi )2 + (yj − yi )2
e
∆Dj = −ρ wi Γj ∆yj /2
Metodo della superficie portante (vortex lattice). Tale metodo è l’estensione
naturale del metodo della linea portante e permette di ottenere una distribuzione di carico
lungo la corda e di apprezzare l’influenza della linea media. L’ala viene rappresentata
senza spessore come l’inviluppo dei singoli profili, cioè è rappresentata per mezzo di
una superficie discretizzata da pannelli con bordi rettilinei, ma non per forza piani. Le
velocità indotte sono calcolate a partire dalla legge di Biot-Savart, utilizzando la formula
per la normale del pannello:
r 13 × r 42
n=
|r 13 × r 42 |
Il calcolo dei carichi si ottiene applicando il teorema di Kutta-Joukowsky ai bound
vortices.
∆Lj = ρ|v ∞ |Γj ∆yj
∆Dj = −ρ wi Γj ∆yj
Occorre notare che, eccetto la prima riga, la circolazione effettiva è data dalla differenza
delle circolazioni di due anelli successivi. Inoltre se i segmenti laterali degli anelli sono
allineati con la velocità asintotica il loro contributo alla portanza è nullo, altrimenti se
ne deve tener conto.
Volendo ottenere una distribuzione della differenza di pressione tra ventre e dorso
dell’ala, occorre associare una forza ad ogni pannello, ridistribuendo i carichi associati ai
bound vortices.
Capitolo 6
Aerodinamica delle alte incidenze
6.1
Ala a delta
In un’ala a delta è vero che
• la separazione è fissata al bordo di attacco (generalmente)
• la separazione genera una coppia di vortici che provoca una diminuzione locale di
pressione
• possono esserci separazioni successive
• cL varia in modo non lineare con l’incidenza.
6.2
Separazione 3D
• in 3D il criterio τw = 0 è inadeguato
• il flusso si sviluppa anche trasversalmente e la linea che parte dalla separazione non
è in genere uguale a quella che arriva al riattacco
Bisogna chiarire alcuni concetti per la topologia della separazione. Il campo di moto è
descritto dalle linee di corrente, queste linee tendono ad essere tangenti al corpo quando
la distanza tra esse e il corpo si annulla. Le linee di corrente sul corpo si chiamano linee di
corrente limite, qui inoltre il vettore velocità è allineato con il vettore sforzo tangenziale.
Perciò le linee di corrente limite coincidono con le skin friction line, ovvero con le linee
integrali del campo vettoriale 2D di τw . L’analisi della separazione allora passa per lo
studio di tali linee. Queste sono definite dal sistema
dy
dx
=
τx (x, y)
τy (x, y)
con τ w = {τx τy }T , che definisce ∞2 soluzioni. In generale per un punto della superficie
passa una ed una sola linea. I punti che non soddisfano tale condizione sono detti punti
singolari, nei quali lo sforzo tangenziale si annulla. Siccome per tali punti il sistema non
avrebbe senso, si espande con Taylor ottenendo:
dx
∂τx
∂τx
x+
y
∂x
∂y
=
dy
∂τy
∂τy
x+
y
∂x
∂y
µ
=
λ
λdx + µdy
¶
µ
¶
∂τx
∂τx
∂τy
∂τy
x+
y +µ
x+
y
∂x
∂y
∂x
∂y
31
§6
Complementi
32
dove λ e µ sono costanti e l’ultima uguaglianza vale se le derivate parziali non sono
simultaneamente uguali a zero.
...
Capitolo 7
Aerodinamica ambientale
7.1
Introduzione
L’aerodinamica ambientale studia l’atmosfera, in particolare la sua variabilità, in termini
di
• stato termodinamico, p, ρ, T ;
• stato cinematico, v;
• composizione chimica.
Tutte la variabili sono funzioni sia della posizione nello spazio espressa come terna (x, y, z)
o meglio come latitudine longitudine e quota, sia del tempo. Per l’atmosfera le scale
spaziali e temporali sono estremamente variabili, cioè possono essere qualche millimetro
con qualche secondo fino alla scala planetaria e anni.
Nell’atmosfera si riconosce sia una struttura verticale, sia una configurazione orizzontale determinata da effetti dinamici quali il vento.
Struttura verticale. Analizziamo la variabilità dei parametri specificati con la
quota. Per cominciare si può dire subito che supponendo l’atmosfera in equilibrio e
quindi mediamente in quiete, < vz >= 0, dove il crochet rappresenta l’operazione di
media.
Per quanto riguarda pressione e densità l’andamento è esponenziale, e valgono le leggi
semi-empiriche seguenti

p
= 101325 P a


 o
p(z1 )


= 10
se z2 = z1 + 15 km

p(z2 )

ρ
= 1.225 kg/m3


 o
ρ(z1 )


= 10

ρ(z2 )
se z2 = z1 + 17 km
Il libero cammino medio aumenta con la quota.
Riconosciamo varie zone dell’atmosfera, in base alla composizione chimica.
33
§7
Complementi
34
1. z < 100 km, omosfera : composizione praticamente costante con 78% di azoto,
21% di ossigeno, 1% di argon e altri gas (quali l’anidride carbonica) in percentuali
ridotte;
2. z > 100 km, eterosfera : aumentano i gas più leggeri.
L’omosfera si può suddividere in
1. 20 < z < 60 km, ozonosfera : concentrazioni di ozono;
2. z > 80 km, ionosfera : i gas divengono ionizzati dalle radiazioni solari.
Ha senso parlare di atmosfera fino a 600 km, dopo c’è l’esosfera.
Per la temperatura la legge per la quota è estremamente variabile visto che ci sono
fenomeni diversi che ne causano la variabilità quali l’ozono e le radiazioni solari. Vediamo
lo schema in figura sotto.
140
1000 °C
120
Termosfera
100
Mesopausa
90 km
80
Mesosfera
60
50 km
Stratopausa
40
Stratosfera
25 km
20
11 km
Tropopausa
Troposfera
15 °C
0
−80
−60
−40
−20
0
20
40
60
80
100
Figura 7.1: T = T (z)
Dove è riconoscibile il contributo dell’ozono al riscaldamento dai 25 km fino ai 50 km,
e il contributo delle radiazioni solari nella ionosfera.
§7
7.2
Complementi
35
Il modello standard di atmosfera, ICAO
Il modello standard descrive l’atmosfera almeno fino alla stratopausa. Assume empiricamente un primo tratto lineare per la temperatura

se z < 11 km
 T (z) = T0 − λ z

T (z) = T
se
11 < z < 25 km
con λ = 0.0065 ◦ C/m, T0 = 15 ◦ C e T = −56.5 ◦ C.
Dalla legge di Archimede, ovvero dal gradiente idrostatico si ottiene il legame per
densità e pressione
dp = −ρ g dz
che viene legato alla temperatura dalla legge dei gas
p = ρRT
Cosı̀ l’andamento di p e ρ in funzione della quota è facilmente calcolato. Si noti che
nell’atmosfera standard g è assunto costante e uguale al suo valore a quota zero.
7.3
L’equilibrio aerostatico
Partiamo dall’intuizione che se due gas qualsiasi sono l’uno sopra l’altro e vale che quello
superiore ha densità minore, allora l’equilibrio è stabile. Altrimenti, come è noto si
avranno dei moti convettivi.
Ipotizziamo l’atmosfera stratificata termicamente. Essa sarà in equilibrio stabile se
∂ρ
∂T
<0⇔
>0
∂z
∂z
questo non è in generale vero nell’atmosfera standard. Quindi? In generale non interessa
affatto l’andamento della temperatura con la quota, ma importa di più, al fine della
stabilità, come si comporta una particella che viene spostata dal suo punto di equilibrio.
E’ la sua temperatura che determina se l’equilibrio è stabile o meno, o meglio la sua
derivata in temperatura.
Quando una particella è trasportata ad una quota maggiore, si trova ad una pressione
minore e quindi si espande. Il cambiamento di temperatura si può supporre senza problema abbastanza lungo rispetto all’espansione da non avvenire affatto per la particella in
esame. Cosı̀ l’espansione è adiabatica ed isoentropica. In questo contesto la temperatura
della particella in esame non ha nulla a che fare con la temperatura media dell’atmosfera
che la circonda. Ma vale la relazione
µ ¶(γ−1)/γ
p2
T1
T2 =
p1
Si introduce in meterologia una nuova variabile di stato, la temperatura potenziale, θ:
µ ¶(γ−1)/γ
pr
T
θ≡
p
con pr = 1000 hP a come pressione di riferimento. La Temperatura potenziale:
§7
Complementi
36
• non può essere misurata direttamente
• rimane costante durante una trasformazione adiabatica-isoentropica
• è trasportata convettivamente come accade per l’entropia, mentre la temperatura
vera dipende anche dalla pressione.
Con la temperatura potenziale l’analisi di stabilità è notevolmente semplificata, perché
può essere ricondotta al caso di un liquido in cui pressione e temperatura sono indipendenti tra loro. Allora
∂θ
> 0 ⇒ Atmosfera stabile.
∂z
La spiegazione di questo fatto è banale. Quando la particella sale, mantenendo costante
la propria temperatura potenziale, incontra un’atmosfera a θ più elevata, cosı̀ non può
che ritornare alla posizione di partenza. L’equilibrio è dunque stabile. Nel caso opposto
l’equilibrio è instabile.
L’analisi di stabilità può essere condotta anche con la temperatura classica, basta
che al posto di una condizione su θ lungo le isoentropiche (θ = costante) si pone una
condizione del tipo
µ ¶
dT
= Γa
dz s
con Γa adiabatic lapse rate. Vediamo velocemente come determinare tale Γa . Dalla legge
adiabatica prendendone il differenziale logaritmico si ottiene
dT
γ − 1 dp
=
T
γ p
utilizzando l’equazione idrostatica e la legge per i gas perfetti,
dT
γ − 1 gdz
=−
T
γ RT
dunque
µ
dT
dz
¶
=−
s
γ−1 g
= −9.8K/Km = −Γa
γ R
Il gradiente adiabatico di temperatura fornisce la variazione di temperatura subita da una
particella che venga spostata di quota in condizioni isoentropiche.
Si può anche pensare di trovare una relazione tra la temperatura potenziale e la temperatura ordinaria. Si procede allo stesso modo di sopra, ovvero si prende il differenziale
logaritmico della definizione di temperatura potenziale e si sostituisce usando l’equazione
idrostatica e la legge dei gas
µ ¶
γ − 1 gdz
dT
dθ dT
dz
−
=−
=
θ
T
γ RT
dz s T
vicino al suolo θ ∼ T visto che il rapporto delle pressioni nella definizione di θ è circa
unitario, quindi
µ ¶
dT
dT
dθ
=
−
dz
dz
dz s
§7
Complementi
37
Facendo riferimento alle rette di pendenza −Γa che individuano il caso neutro è facile
condurre l’analisi anche per il caso della temperatura classica:
µ ¶
dT
dT
>
⇒ Atmosfera stabile.
dz
dz s
Dal momento che il gradiente medio dell’atmosfera terrestre è −6.5 K/Km, l’atmosfera
è mediamente stabile. Il modello ISA prevede addirittura un gradiente termico medio di
3.3 K/Km.
7.4
Excerpt by Landau, Fluid Mechanics
Lev Davidovich Landau è uno dei più insigni fisici del ’900. Allievo di Dirac e Bohr, ha fondato la più
importante scuola di fisica di tutta l’ex Unione Sovietica. La sua monumentale opera di insegnamento si
articola in più di dieci libri che descrivono tutto lo scibile fisico in maniera eccezionalmente puntuale e
concisa. E’ stato insignito del premio Nobel per la fisica per i suoi contributi allo studio della turbolenza
dei fluidi.
7.4.1
Idrostatica
Per un fluido in quiete in un campo gravitazionale uniforme, l’equazione di Eulero prende la forma
gradp = ρg.
(7.1)
Questa equazione descrive l’equilibrio meccanico del fluido. (se non ci sono forze esterne, l’equazione
di equilibrio è semplicemente gradp = 0, cioè p = costante; la pressione è la stessa in tutti i punti del
fluido).
L’equazione (7.1) può essere immediatamente integrata se la densità del fluido può essere supposta
costante in tutto il suo volume, cioè non c’è una significativa compressione del fluido sotto l’azione della
forza esterna. Prendendo l’asse z verso l’alto, si ha che
∂p/∂x = ∂p/∂y = 0,
∂p/∂z = −ρg.
Quindi
p = −ρgz + costante.
Se il fluido in quiete ha una superficie libera alla quota h, alla quale è applicata una pressione esterna
p0 , la stessa in ogni punto, questa superficie deve essere il piano orizzontale z = h. Dalla condizione
p = p0 per z = h, si trova che la costante è p0 + ρgh, pertanto
p = p0 + ρg(h − z).
(7.2)
Per grandi masse di liquidi, e per un gas, la densità ρ non può essere in genere supposta costante;
questo si applica specialmente ai gas (per esempio l’atmosfera). Si supponga che il fluido non sia solo in
equilibrio meccanico ma anche in equilibrio termico. Dunque la temperatura è la stessa in ogni punto,
e l’equazione (7.1) può essere integrata come segue. Si usa la familiare relazione termodinamica
dΦ = −s dT + V dp ,
dove Φ è il potenziale termodinamico per unità di massa. Φ si introduce per tener conto dell’interazione
meccanica tra un sistema termodinamico e l’ambiente esterno. In particolare si dimostra che nei casi in
cui rimangono costanti temperatura e pressione, il sistema evolve in modo da minimizzare il potenziale
Φ, che è chiaramente funzione di stato
Φ = u − T s + p V = w − T s,
ovvero
dΦ = dw − dT s − T ds = −s dT + V dp.
§7
Complementi
38
Φ si chiama anche energia libera di Gibbs 1 . Per temperatura costante
dΦ = V dp = dp/ρ.
In questo modo si vede che l’espressione (gradp)/ρ può essere scritta in questo caso come gradΦ, quindi
l’equazione di equilibrio (7.1) prende la forma
gradΦ = g.
Per un vettore costante g diretto lungo le z negative si ha
g ≡ −grad(gz).
Cosı̀
grad(Φ + gz) = 0,
ovvero si trova che in tutto il fluido
Φ + gz = costante;
(7.3)
gz è l’energia potenziale dell’unità di massa del fluido nel campo gravitazionale. La condizione (7.3) è
nota dalla fisica statistica come la condizione per l’equilibrio termodinamico di un sistema in un campo
di forze esterno.
Si può menzionare qui un’ altra semplice conseguenza dell’equazione (7.1). Se un fluido (per esempio
l’atmosfera) è in equilibrio meccanico in un campo gravitazionale, la pressione dello stesso può essere
solo una funzione della quota z (dal momento che, se la pressione fosse diversa in punti diversi alla stessa
quota, ci sarebbe moto). Segue quindi dalla (7.1) che la densità
ρ=−
1 dp
g dz
(7.4)
è pure una funzione della sola z. La pressione e la densità insieme determinano la temperatura, la
quale è pertanto una funzione della sola z. Cosı̀, in condizioni di equilibrio meccanico in un campo
gravitazionale, le distribuzioni di pressione, densità e di temperatura dipendono solo dalla quota. Se,
ad esempio, la temperatura è differente in punti distinti alla stessa quota, allora l’equilibrio meccanico
è impossibile.
Infine, si deriva l’equazione di equilibrio per una massa molto grande di fluido, le cui parti separate
sono tenute insieme attraverso l’attrazione gravitazionale - una stella. Sia φ il potenziale gravitazionale
Newtoniano del campo dovuto al fluido. Questo soddisfa l’equazione differenziale
4φ = 4πGρ,
(7.5)
dove G è la costante di gravitazione Newtoniana. L’accelerazione gravitazionale è −gradφ, e la forza
su una massa ρ è −ρgradφ. La condizione di equilibrio è dunque
gradp = −ρ gradφ.
Dividendo entrambi i membri per ρ, prendendone la divergenza ed usando l’equazione (7.5), si ottiene
µ
¶
1
div
gradp = −4πGρ.
(7.6)
ρ
Deve essere sottolineato che la presente discussione concerne solo l’equilibrio meccanico; l’equazione
(7.6) non presuppone l’esistenza di un completo equilibrio termico.
Se il corpo non ruota, sarà sferico una volta in equilibrio, e le distribuzioni di densità e di pressione
avranno simmetria sferica. L’equazione (7.6) in coordinate sferiche diviene
µ
¶
1 d r2 dp
= −4πGρ.
(7.7)
r2 dr ρ dr
1
Focardi - Massa - Uguzzoni, Fisica Generale.
§7
Complementi
7.4.2
39
La condizione di assenza di convezione
Un fluido può essere in equilibrio meccanico (cioè non essere soggetto ad un moto macroscopico) senza
essere per forza in equilibrio termico. L’equazione (7.1), la condizione di equilibrio meccanico, può
essere soddisfatta anche se la temperatura non è costante nel fluido. In ogni modo, sorge la questione
della stabilita di un equilibrio siffatto. Si trova che l’equilibrio è stabile solo quando è soddisfatta una
certa condizione. Altrimenti, l’equilibrio è instabile, e questo porta alla comparsa di correnti nel fluido
che tendono a mischiare il fluido in modo da rendere uguale la temperatura. Questo moto è chiamato
convezione. Cosı̀ la condizione di stabilità di un equilibrio meccanico è la condizione di assenza di
convezione. Questo può essere derivato come segue.
Si consideri un elemento di fluido alla quota z, avente un volume specifico V (p, s), dove p e s sono
la pressione e l’entropia di equilibrio alla quota z. Si supponga che questo elemento di fluido incorra
in uno spostamento di un piccolo intervallo ξ verso l’alto e che tale spostamento sia adiabatico; il suo
volume specifico diviene V (p0 , s), dove p0 è la pressione alla quota z + ξ. Affinché l’equilibrio sia stabile
è necessario (sebbene in genere non sufficiente) che la forza risultante sull’elemento tenda a riportarlo
alla sua posizione originale. Questo significa che l’elemento deve essere più pesante del fluido che sposta
nella sua nuova posizione. Il volume specifico del secondo è V (p0 , s0 ), dove s0 è l’entropia di equilibrio
alla quota z + ξ. Cosı̀ si ricava la condizione di stabilità
V (p0 , s0 ) − V (p0 , s) > 0.
Espandendo la differenza in potenze di s0 − s = ξdsdz, si ottiene:
µ
¶
∂V
ds
> 0.
∂s p dz
(7.8)
Le formule della termodinamica pongono:
µ
¶
µ
¶
∂V
T
∂V
=
,
∂s p
cp ∂T p
dove cp è il calore specifico a pressione costante. Sia cp che T sono positivi, cosı̀ si può scrivere la (7.8)
come
µ
¶
∂V
ds
> 0.
(7.9)
∂T p dz
La maggioranza delle sostanze espande scaldandosi, cioè (∂V /∂T )p > 0. La condizione che la convezione
sia assente allora diviene
ds
> 0,
(7.10)
dz
cioè l’entropia deve aumentare con la quota.
Da questo si trova facilmente la condizione che deve essere soddisfatta dal gradiente di temperatura
dT /dz. Espandendo la derivata ds/dz, si ha che
µ
µ ¶
µ
¶
¶
ds
∂s
∂s
cp dT
∂V
dT
dp
dp
=
+
=
−
> 0.
dz
∂T p dz
∂p T dz
T dz
∂T p dz
Infine, sostituendo dalla (7.4) dp/dz = −g/V , si ottiene
µ
¶
gT
∂V
dT
>−
.
dz
cp V
∂T p
(7.11)
La convezione può esserci se la temperatura decresce con l’aumentare della temperatura e il modulo del
gradiente di temperatura è più grande di (gT /cp V )(∂V /∂T )p .
Se si considera l’equilibrio di una colonna di gas perfetto, allora
(T /V )(∂V /∂T )p = 1
e la condizione di equilibrio stabile è semplicemente
dT /dz > −g/cp .
(7.12)
§7
Complementi
7.5
40
Fenomeni di instabilità
Ci si chiede quali fenomeni possano influenzare la temperatura. A questo scopo ci
poniamo in troposfera tenendo conto degli effetti di scambio di calore con la Terra e
analizziamo che cosa avviene nella fascia più vicina al terreno, lo strato limite planetario:
• irraggiamento solare;
• assorbimento di O3 ;
• radiazione riflessa dalle nuvole (28%), a terra arriva il 22-25 %;
• di notte la Terra rilascia parte del calore assorbito
• gas serra, CO2 .
In questo strato limite sono frequenti le instabilità che portano a fenomeni convettivi.
Adesa al terreno è una zona tipicamente instabile dove la temperatura diminuisce con
la quota prima di raccordarsi alla curva teorica media. Il gradiente di temperatura è
cosı̀ forte da causare un movimento di bolle di aria calda verso l’alto, si crea cioè una
corrente ascensionale termica. Anche in questo caso, potremmo ritenere che queste masse
di aria che si spostano non varino in modo significativo la loro temperatura nella salita.
Il loro posto è preso da masse di aria fredda; il fenomeno è la convezione. Quando
l’aria calda arriva in una regione dell’atmosfera, tipicamente nella troposfera, dove c’è
stabilità si ferma. Si ha uno strato di inversione. Qui durante il giorno si formano le
nubi. A seconda della temperatura di partenza la quota raggiunta dalle masse di aria
calda è differente. Avremo in ordine, cumuli, nuvole e cumuli nembo che danno luogo
alle precipitazioni estive. Durante le ore notturne si genera uno strato limite stabile che
raggiunge la massima estensione nelle prime ore del mattino.
Le onde di gravità invece si formano solo in un atmosfera stabile.
7.6
Configurazioni orizzontali
Se per il momento ci siamo soffermati sulla configurazione verticale dell’atmosfera, ci
proponiamo ora di studiare la sua configurazione orizzontale con particolare riguardo al
campo di vento.
La configurazione orizzontale, in termini di pressione, temperatura e velocità del vento, è determinabile per via sperimentale tramite sonde e viene rappresentata di solito con
una carta meteorologica. Tramite una serie di simboli standard sono indicate le isobare
e la velocità del vento, nonchè la temperatura e, più banalmente, il tempo atmosferico.
Quello che ci proponiamo ora è: data una certa configurazione di pressione e temperatura, per iniziare solo di pressione, è possibile valutare la velocità del vento, o meglio il
campo di vento? Definiamo v come velocità del vento medio
v = v(x, y, z, t)
per inciso tale velocità dipende molto da t per via della turbolenza atmosferica e delle
cariche da raffica. Una variabile che va tenuta nella dovuta considerazione è l’accelerazione di Coriolis, che definisce la direzione del vento2 .
2
Per la terra la velocità angolare è Ω = 7 × 10−5 rad/s
§7
Complementi
7.7
41
Modello di vento geostrofico
Con un ragionamento un pò spannometrico si potrebbe dire che il vento è sempre perpendicolare alle isobare, diretto dalle zone di alta pressione a quelle di bassa pressione.
Cosı̀ indicata con F la forza che agisce su una singola particella si potrebbe dire che
1
1 ∆p
|F | = ∇p · n ∼
ρ
ρ ∆n
con n versore diretto in modo perpendicolare alle isobare. Questo è sbagliato. Bisogna
tener conto anche della forza di Coriolis, come detto in precedenza. Questa si scrive
F c = −2Ω × U
o in modulo
Fc = −f U
con f , parametro di Coriolis, pari a 2Ω sin φ e φ latitudine. Per l’emisfero boreale, essa
è perpendicolare alla traiettoria e diretta verso destra. Adesso il modello è completo3 .
La condizione di equilibrio per una particella è, quindi che
Fc = F
ma questo significa che la direzione del vento deve essere oraria intorno alle zone di alta
pressione e antioraria intorno a quelle di bassa pressione. In particolare inoltre, il vento
geostrofico, o di gradiente, deve essere parallelo alle isobare. Dall’equilibrio discende che
fU =
e quindi
U=
o in forma vettoriale
U=
1 ∆p
ρ ∆n
1 ∆p
f ρ ∆n
1
κz × (nn · ∇p)
fρ
A conti fatti v < U a causa dello strato limite atmosferico. Attenzione che anche la Fc
si riduce, quindi c’è anche un cambiamento della direzione (Ekman).
Possiamo ora fare qualche considerazione. Se splittiamo l’operatore di derivata come
segue
1 dp dz
1 dp
=
U=
f ρ dn
f ρ dz dn
e ci ricordiamo che dp
= −ρg e che ρ = ρ(p, T ) allora risulta chiaro che è importante
dz
e determina la direzione del vento anche la temperatura. In particolare questo significa
che le isobare non sono ad altezza costante, ma le isobare con temperature minori sono
più vicine al suolo di quelle a temperatura maggiori.
3
Gravità e forza centrifuga sono incluse usando un diverso valore per g.
§7
7.8
Complementi
42
Effetto suolo, instabilità baroclina e scontro dei fronti
Come si vede dalle figure ci sono effetti di divergenza e convergenza al suolo per effetto
dello strato limite atmosferico.
Per le zone ad alta pressione, si parla di configurazioni cicloniche, le quali permangono
a lungo. Come si nota in sezione ci sono effetti di subsidenza, per A, con velocità
caratteristiche dell’ordine di qualche centimetro al secondo. Questo fenomeno provoca
alla scomparsa delle nuvole che si formano durante il giorno. Al contrario, in B c’è la
formazione delle nuvole innescata da un fenomeno di instabilità baroclina. La quale
banalmente significa che l’aria calda sale e l’aria fredda scende. (?)
§7
Complementi
43
Nelle figure susseguenti si può notare la formazione del fronte caldo - freddo. Il
fronte è una zona molto instabile che da luogo alla formazione delle nubi e che si può
rompere facilmente formando un fronte rotto a λ, indicato in rosso. Il fronte freddo è
a triangolini, quello caldo a circolini, come da convenzioni. Ora il fronte freddo viaggia
più velocemente di quello caldo e si incunea sotto di esso dando luogo al fronte occluso
(figura c) che non è altro se non un ciclone delle medie latitudini.
Nelle figure d ed e si mostra come sulla superficie della terra si possono avere più zone
ad alta pressione e a bassa pressione. Inoltre nell’atmosfera si creano delle celle convettive, tre se si considera la rotazione terrestre, una sola se non si considera. Queste celle,
polare, tropicale, equatoriale, contribuiscono al mescolamento dell’aria e alla creazione
§7
Complementi
44
delle instabilità atmosferiche. Tra le zone ad alta e a bassa pressione scorre normalmente
una corrente molto forte, sui 100 m/s, che prende il nome di corrente a getto. La sezione
della quale è in figura e in rosso e a lato il profilo di velocità. Come si vede c’è tanta
turbolenza e shear. T sta per tropopausa.
7.9
Il modello completo di atmosfera
Per descrivere in modo completo l’atmosfera serve
• equazione di continuità;
• equazione della quantità di moto:
DU
1
= − ∇p − 2Ω × U + ν̃4U
Dt
ρ
con ν̃ = ν + νT
• equazione di bilancio dell’energia;
• equazione di bilancio dell’umidità;
• parametrizzazioni varie.
Questo si rileva assai complesso. Anche perchè ci sono molti fenomeni turbolenti e
molto difficili da modellare come ad esempio il down burst. Questo è una corrente molto
veloce, dai 20 ai 50 m/s che vive in prossimità di conformazioni piovose e temporalesche.
Questa corrente può dare effetti indesiderati al volo aereo.
Pur nonostante queste difficoltà, si cerca un modello abbastanza completo di atmosfera. Si introduce allora un parametro adimensionale, il numero di Richardson (di flusso),
§7
Ri.
Complementi
45
g 0 0
uz θ
distruzione termica
Ri ≡
= Θ
du
produzione meccanica
u0x u0z
| {z z}
<0
Allora se Ri < 0 l’atmosfera è instabile perchè la distruzione termica è positiva, cioè porta
l’aria verso l’alto e agisce con la produzione meccanica che porta pure l’aria verso l’alto.
Siamo perciò di giorno. Durante la notte l’aria scende se Ri > 1 e quindi l’atmosfera è
stabile con questo valore di Ri.
7.10
Teoria di similitudine dello strato limite atmosferico
Introduciamo brevemente la teoria di Monin - Obukhov. Ricordiamo che lo strato limite turbolento ha una legge di similitudine logaritmica, questa teoria è un tentativo di
includere anche gli effetti termici e sistemare la legge. La lunghezza caratteristica è
paragonabile all’altezza dei fili d’erba, la velocità di attrito è invece pari a u2∗ = −u0x u0z .
Si può dire ora che
µ ¶
z
U (z)
1
= log
u∗
k
z0
z0 indica l’origine virtuale del profilo ed è convenzionalmente presa uguale ad 1/10 dell’altezza media degli ostacoli, e.g. i fili d’erba. k è la costante di Von Karman. Introducendo
gli effetti termici
µ ¶
µ
¶
U (z)
z
z
1
= log
+F
u∗
k
z0
LM O
con
u3 Θ
LM O = − ∗ 0 0
g k uz θ
Questa quota è quella alla quale |Ri| = 1. F è una funzione. Fuori lo strato limite vale
una legge di potenza con riferimento la velocità del vento geostrofico, U∗
µ
¶α
U (z)
z
=
U∗
zrif
con α = α(z0 , LM O ). A queste equazioni va poi associato un corretto spettro di turbolenza nel contesto di un modello alla Smagorinsky per la LES.
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