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l`esichia dell`attesa

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l`esichia dell`attesa
A. JOOS (OCICP6SC) (edizione 2010)
TEOLOGIA DELL’ORIENTE CRISTIANO: UNA INTRODUZIONE OGGI
PARTE VI. IL CAMMINO SPIRITUALE TRA ENERGIE INCREATE E GRAZIA. IN ORIENTE: ESSERE
DIVINIZZATI NELLA TERAPIA SPIRITUALE – IN OCCIDENTE: SANTIFICARSI NELL‟IMPEGNO ASCETICO
DI PERFEZIONE
CAPITOLO III
LA TRANSITORIETÀ COME PREMESSA SPIRITUALE
SENZA DISPREZZO NÉ INDIFFERENZA PER LA VITA:
L’ESICHIA DELL’ATTESA ESCATOLOGICA
▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣
THE TRANSITORIAL PREMICE IN SPIRITUAL LIFE, WITHOUT CONTEMPT OR INDIFFERENCE FOR
HUMAN EXISTENCE: THE ESCHATOLOGICAL EXPECTATION THROUGH HESYCHIA
Come per l‟occidente, anche l‟oriente ha conosciuto alti e bassi nella sua adesione ed
esperienza cristiana di fede. Un momento critico dell‟oriente fu il XII secolo, con la
„secolarizzazione‟ dell‟impero bizantino, dal quale nasce la risposta spirituale dell‟«esicasmo» 1.
La via della 'quiescenza' o del 'creare la quiete interiore'
2
appare come itinerario prioritario
per rendersi accessibile a ciò che il travolgimento interiore soffoca. La 'quiete' interiore non è un
'sonno' ma la possibilità di un 'risveglio': anzi il peccato appare piuttosto come un 'addormentarsi
nella dimenticanza' che siamo 'in Dio'
3.
Pronunziare il 'nome' innomabile di Dio significa
interiorizzare la liturgia e rendersi indifeso 'dall'interno' per essere sensibili all'accoglienza di Dio
4.
Pregare vuol dire risvegliarsi alla 'sete di Dio': perciò occorre creare un ritmo anche fisiologico
dell'ansimare, ritmica del respiro come nostalgia d'amore
5.
Tale sarà la ragion d'essere del
coinvolgimento corporale e mentale nella pratica dell'esicasmo, con la preghiera di Gesù. Lo
svuotamento del pensare-volere e sentire-subire si farà grazie alla invocazione permanente, la
'preghiera di Gesù' 6: formula molto semplice di abbandono che si ripete illimitatamente per
arrivare alla trasparenza aldilà della emotività e del pensiero autonomo. Il metodo si dimostra
1
N. Makar, La storia della spiritualità ortodossa, Roma 2009, pro manuscripto (Gruppo teologico del SAE), p. 3: «Nonostante questa profonda
teologia dell‟ascetismo, della spiritualità orientale cristiana, la società dell'Impero Bizantino non visse e non seguí integralmente il Vangelo.
La società bizantina nel seguire l‟umanesimo ispirato dal paganesimo dell‟età classica greca, diventò una società secolarizzata, specialmente
nel secolo XII, nell‟epoca dei Paleologi.
1
Però la Chiesa Bizantina cercava di ricordare ai propri membri che non è possibile unire
cristianesimo e paganesimo, le cose che riguardano il Regno dei cieli e quelli che riguardano solo questo mondo, le cose eterne e quelle
temporali. Cosí questo da l‟impulso per una nuova corrente dell‟esicasmo. Questo movimento nella Chiesa fu propagato da san Gregorio
Palamas. Sotto l‟influsso delle opere del Pseudo‟Dionisio, di Massimo il Confessore, di Giovanni di Damasco e di Simeone il Nuovo Teologo
ed altri ancora, Palamas sistematizzò i pensieri dei santi padri ed altri scrittori. Egli ricorda che la divinizzazione non viene ottenuta
meccanicamente, ma attraverso una lunga strada di lotte spirituale contro le passioni, nella purificazione del cuore con la grazia dello Spirito
Santo 2».
(1 Киприан (Керн) , Антропология, с. 39. /
2
Gregorius Palamas, Homilia 16//PG 151:214A; Беседы (омилии) святителя Григория Паламы,
перев. Амвросий (Погодин), 1 Монреаль 1965; М.1993), 169–170.)
2
J. Meyendorff, L'Eglise orthodoxe hier et aujourd'hui, Paris 1960, p. 172.
3
P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon la tradition orientale, Lyon 1967, p. 64.
4
P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon la tradition orientale, Lyon 1967, p. 68.
5
P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon la tradition orientale, Lyon 1967, p. 57.
6
J. Meyendorff, L'Eglise orthodoxe hier et aujourd'hui', Paris 1960, p. 173.
754
'apofatico' o cioè di superamento di ogni concetto nella consapevolezza della non conformità tra
'metodi umani' e 'iniziativa divina'. Non si tratta, qui, di una insensibilità umana -come se fosse un
tipo di 'apatheia' greco-classica antica- ma di una 'hesichia di quietudine mentale ed emotiva' 1.
Tutto ciò non è evasione dal mondo o rifiuto di impegno: è solo la sottolineatura che non si
'gestisce' il dialogo divino-umano secondo i soli parametri linearmente mentali, volitivi o emotivi
della configurazione umana. La tradizione russa 'evidenzierà' ulteriormente questa metodologia
apofatica: sia nella figura emblematica dei 'pazzi per Cristo'
2,
sia nella esemplificazione
dell'eterno pellegrino 3. Gli 'jurodivye' o pazzi per Cristo vivranno la kenosis della irrilevanza
sociale e culturale. Essi giocano una parte e assumono una maschera comunicativa. Il loro metodo
è di smontare ogni presuntuosa pretesa individuale e sociale. Non essendo niente, essi illustrano
la inconsistenza di chi tenta teatralmente di sembrare 'qualcuno'. I pellegrini esprimono il continuo
tentativo evangelico di non arroccarsi al proprio statuto, ma di vivere vulnerabilmente indifesi nella
ricerca della libertà nello spirito. Non si tratta né di propagandare la fede, né di raccogliere
consensi confermando le proprie opinioni. E' un muoversi fuori da ciò che appare umanamente
stabilito per rendersi disponibili verso altri orizzonti di esperienza, guidati dalla continua
invocazione della 'preghiera di Gesù'. Non a caso, l'idea dell'ospitalità offerta al pellegrino
forestiero sarà la chiave iconografica più geniale per l'espressione del mistero trinitario: l'icona
della filoxenia (fraterna amicizia verso i forestieri)
4
sarà la massima espressione rivelativa del
mistero trinitario nella notissima "Icona della Trinità" 5. Così, l'apparente irrilevanza dell'indifeso
pellegrino, esposto ad ogni pressione della strada, diventa la più pura espressione del mistero
'vulnerabilmente indifeso' di 'Dio con noi' 6. La 'quiete' interiore non è un 'sonno' ma la possibilità
di un 'risveglio': anzi il peccato appare piuttosto come un 'addormentarsi nella dimenticanza' che
siamo 'in Dio' 7. Pronunziare il 'nome' innomabile di Dio significa interiorizzare la liturgia e
rendersi indifeso 'dall'interno' per essere sensibili all'accoglienza di Dio
8.
Pregare vuol dire
risvegliarsi alla 'sete di Dio': perciò occorre creare un ritmo anche fisiologico dell'ansimare, ritmica
del respiro come nostalgia d'amore 9. Tale sarà la ragion d'essere del coinvolgimento corporale e
mentale nella pratica dell'esicasmo, con la preghiera di Gesù.
1° LA VIA DELLA QUIETE INTERIORE
La 'quiete' interiore non è un 'sonno' ma la possibilità di un 'risveglio': anzi il peccato appare
piuttosto come un 'addormentarsi nella dimenticanza' che siamo 'in Dio'
1
10.
Pronunziare il 'nome'
M. Lot-Borodine, La déification de l'homme , Paris 1970, pp. 70-86.
N. Arsen'ev, La piété russe, Neuchâtel 1963, p. 107; O. Cizevskij, Storia dello spirito russo, Firenze 1965, pp. 136-137; P. Kovalevskij, Saint
Serge et la spirituallté russe, Paris 1948, p. 136; Archimandrita Spiridione, Le mie missioni in Siberia, in T. Spidlik, La spiritualità russa, Roma
2
1978, pp. 124-125.
Récit d'un pèlerin russe à son père spirituel, Paris 1951; N. Arsen'ev, La piété russe, Neuchâtel 1963, p. 19; A. De Jonge, The Life and Times
of Gregorij Rasputin, Glasgow 1982, pp. 44, 71.
4 U. Fabricius, Ikonen, Jesus-Christus, Recklinghausen 1957, pp. 12-13.
5 Daniel Ange, L'étreinte de feu, Paris 1980; P Evdokimov, L'Art de l'icône , Bruxelles 197Z, p. 207.
6 B. Bobrinskoj, Introduction, in Daniel Ange, L'étreinte de feu, Paris 1980, p. XV.
7 P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon la tradition orientale , Lyon 1967, p. 64.
8 P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon la tradition orientale, Lyon 1967, p. 68.
9 P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon la tradition orientale , Lyon 1967, p. 57.
10 P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon la tradition orientale , Lyon 1967, p. 64: «Le péché est oubli de Dieu et sommeil de l'âme. La
3
vigile de l'ascèse éveille la conscience et la dirige vers la connaissance de Dieu. Il faut se rendre compte que la vie éternelle commence dès
maintenant. L'attente de la parousie est déjà jugement et révélation de la dissemblance qui suscite les larmes du repentir. “Aucun vivant ne
sera justifié par les œuvres de la loi, mais grâce à ma foi en Dieu, j'espère être sauvé par un don de son ineffable pitié.” On est sauvé
gratuitement. Ce qui appartient en propre à l'homme, c'est de “s'enflammer de désir pour Dieu”. “Le repentir est la porte qui conduit des
ténèbres dans la lumière. La “porte de la gnose”, chez Origène, laisse place ici à la “porte du repentir”. Ceux qui passent par cette porte ne
755
innomabile di Dio significa interiorizzare la liturgia e rendersi indifeso 'dall'interno' per essere
sensibili all'accoglienza di Dio 1. Pregare vuol dire risvegliarsi alla 'sete di Dio': perciò occorre
creare un ritmo anche fisiologico dell'ansimare, ritmica del respiro come nostalgia d'amore 2. Tale
sarà la ragion d'essere del coinvolgimento corporale e mentale nella pratica dell'esicasmo, con la
preghiera di Gesù. L‟annientamento kenotico non è un 'castigo' per l'orgoglio, ma è una via
insostituibile per rendere possibile la trasparenza al divino in noi. Dostoevskij ha saputo illustrare
-nei suoi romanzi 'teologici'- questa necessità di conversione totale, nell'esperienza dello
scioglimento della propria personalità, sia per l'assassino Raskol'nikov, sia per il 'santo' starec
Zossima, sia per 'l'innocente' discepolo Alëša 3. La 'kenosis' o l'"uničiženie" di svuotamento radicale
per permettere la piena divinizzazione farà parte della stessa esperienza storica di vita ecclesiale
russa ortodossa 4. Avvertire il massimo nella divinizzazione non è possibile senza questo radicale
scioglimento dell'individuo. Qualsiasi approccio o disponibilità spirituale dovrà poggiare sul
continuo 'convertirsi rendendosi indifeso' di fronte alla penetrazione divina. Non si tratta di
combattere l'umano (sia nel 'male', sia nelle sue doti che vengono 'sacrificate'), ma di fare spazio
per l'iniziativa divina totale. L'esicasmo
5
e la preghiera del cuore
6
non faranno che evidenziare le
implicazioni di questa presa di coscienza. Lo scopo della conversione è di rendersi 'indifeso' per
l'iniziativa di Dio che ci coinvolge radicalmente e totalmente senza distruggere niente della nostra
specificità umana e personale. La trasparenza della persona è soltanto possibile se si mette a
tacere questa 'aggressività' endemica che ci chiude all'iniziativa divina. Questa aggressività nasce
dalla libertà resa cieca dall'ignoranza o dalla 'dimenticanza' di Dio: nodo nevralgico dell''hamartia'
o peccato 7. Lo scioglimento della personalità si sperimenterà come un 'intenerimento evangelico',
che i russi chiameranno l'"umilenie" 8. Nella 'compassione' si supererà la passionalità che ci benda
gli occhi della mente
9.
Bisognerà creare la 'esichia' per poter intuire la pienezza divina
1
viennent pas au jugement, mais se dirigent vers le “mystère du VIIIe jour”. “Ceux qui sont devenus enfants de la lumière et fils du jour à
venir... sont toujours avec Dieu et en Dieu.” La contemplation mystique rejoint la vision eschatologique”».
1
P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon la tradition orientale, Lyon 1967, p. 68 (citato supra).
2
P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon la tradition orientale, Lyon 1967, p. 57: «L'Echelle est un guide et une méthode: se détacher
de tout pour s'attacher totalement à Dieu (“séparé de tout et uni
à tous”). “Que l'échelle t'enseigne l'enchaînement des vertus: la foi,
l'espérance et la charité, et la charité est la plus grande.” Le propre de l'âme pure est l'amour inlassable pour Dieu. On atteint à la
connaissance de Dieu par une adhésion totale de l'âme amoureuse. L'office consacré à sa mémoire, dit de Jean qu'il était enflammé par le
feu de l'amour divin et qu'il
n'était que prière incessante, qu‟amour inexplicable pour Dieu. L'impassibilité conduit à la paix de l'âme
affranchie des passions; la prière unit à Dieu dans une conversation familière et incessante de l'homme et de Dieu. L'héritage des
anachorètes égyptiens débouche chez Jean Climaque sur la “mémoire de Jésus” unie au souffle. Le nom de Jésus assimilé à la respiration
attire sa présence au cœur de l'hésychaste. C'est dans ce climat du Sinaï que l'hésychasme byzantin prend ses origines. Elie l'Ecdicos se
rattache à la même spiritualité sinaïte; mais chez lui, la pratique et la contemplation ne se séparent point. De l'expérience de la proximité
de Dieu, il faut faire retour au monde dans la pure charité”.
3
Cfr Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Приступление и наказание / Crime et châtiment, Париж 1970 / Paris 1950; Ф. Достоевский / F.
Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980 / Torino 1981.
4 Cfr A. Joos, Non violenza e resistenza nella storia del cristianesimo russo , in “Hermeneutica”, 1985 n
5, pp. 167-229; idem, Pace come
sinergia nell'esperienza cristiana russa ortodossa , in «Lateranum», 1987 n 1, pp. 111-190; idem, L'originalità cristiana, ortodossa russa, nel
millenario della evangelizzazione e nelle sue reLazioni con l'esperienza cristiana veneta , in «Studia patavina», 1988 n 1, pp. 1-151 (vedere il
cap. II dei vari studi).
5
Cfr J. Hausherr, Hésycasme et prière, Rome 1966.
Cfr La prière de Jésus, par un moine de l'Eglise d'Orient , Chevetogne 1951; P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon la tradition
orientale, Lyon 1967, pp. 57, 68.
7 M. Lot-Borodine, La déification de l'homme , Paris 1970, pp. 47-49, pp. 47-48.
8 N. Arsen'ev, La piété russe, Neuchâtel 1963, pp. 74-76.
9 T. Špidlìk, Spiritualità russa, Roma 1978, pp. 29-30 (cfr p. 167): «La spiritualità russa, come assicurano parecchi dei suoi rappresentanti,
6
avrebbe una speciale nota caratteristica: “la compassione con quelli che soffrono. [...] Dostoevskij vedeva nella sofferenza la sola causa della
nascita della coscienza” 1. “La vita eterna del mondo
scrive E. Trubeckoj
si realizza mediante la morte delle sue forme temporali; il
raggiungimento del senso assoluto si prepara mediante la distruzione di tutto ciò che ha senso parziale e doppio” 2. “Il russo
Kologrivov
scrive I.
è per natura abituato a soffrire, ed il cristianesimo non farà che sublimare questa abitudine o virtù, mostrantogli nella felicità
futura null'altro che una meravigliosa trasfigurazione della sofferenza” 3 ».
(1 N. A. Berdjaev, Dialectique existentielle du divin et de l'humain , Parigi 1947, p. 89. /
Milano 1977, p. 12. /
Diario, in
2
I grandi mistici russi , cit., p. 351. /
3
I santi russi,
T. Špidlìk, Spiritualità russa, Roma 1978, p. 167: «La mancanza di compassione, di
756
smantellando instancabilmente l'arroccamento passionale su noi stessi grazie alla 'non resistenza'
ispirataci da Cristo 2. Tale sarà la re-interpretazione del martirio che la tradizione popolare russa
ortodossa darà come itinerario verso la pienezza della santificazione. La non resistenza al male è
un 'metodo non metodo' per rendersi accessibile a questa radicale totalità dell'esperienza di Dio,
oltre ogni passionale verifica. In questo approccio troviamo la conferma della non conformità tra
progressività umana e dono gratuito e sovrabbondante della vita divinizzante. È la conseguenza
diretta della 'antinomia' del mistero di Dio: l'umano non corrisponde al divino, non c'è una
composizione razionale tra il 'limitato' umano e l''incircoscrivibile' divino
3.
Per cogliere il
passaggio dall'umano al divino, bisogna rompere la linearità della 'logica' mentale
4.
Perciò,
l'accoglienza del 'massimo' nella conversione sembra spesso, secondo i parametri umani, meno
del minimo consciamente assimilato. La non linearità del passaggio dalla completezza umana alla
pienezza divina si esprime come 'inconoscibilità' di Dio: la conoscenza mentale sarebbe come un
idolo invece che la rivelazione divina 5. Non è difficile trovare -da parte ortodossa- la formulazione
su ciò che differenzia l avvio dell impresa teologica in oriente ed in occidente. In una parola, si
potrebbe dire -come abbiamo già accennato nella nostra introduzione generale- che il divario di
prospettiva si trova nelle premesse stesse che rendono una impostazione teologica possibile. Due
indirizzi-chiave si confrontano: mistero o razionalità 6. Questo sommario faccia a faccia può
sembrare troppo rapido e troppo semplicistico per rendere conto delle sfumature assai complesse
presenti in ogni ambito ecclesiale. Esso racchiude -però- una chiave per comprendere le
incomprensioni tra occidente e oriente cristiano. Chi ha vissuto il passaggio da una impostazione
occidentale a quella orientale sarà tanto più sensibile alla messa in questione del razionalismo
dell occidente, che sembra pervadere la teologia, anche se viene sottolineato che l oriente non si
presenta in nessun modo come negando il valore della ragione e dell intelletto in quanto tale 7. Si
potrebbero anche trovare delle formulazioni che focalizzano le differenze tra un oriente dove il
mistero appare pienamente presente in tutte le dimensioni della vita ecclesiale ed un occidente
maggiormente interessato alla ufficializzazione e formalizzazione della fede, lasciando al
mistero la sfera non ufficiale e orante (liturgica) dell intento ecclesiale 8. Razionalizzazione e
formalizzazione avrebbero -così- qualcosa in comune, suggerendo già una anticipata spiegazione
sulla differenza tra teologia formale in occidente e teologia spirituale (o mistica ) in oriente.
L occidente utilizzerebbe la razionalità per meglio formalizzare ciò che intende esprimere. Da
misericordia da parte nostra per gli altri uomini, è un velo impenetrabile fra noi e Dio. È come se noi avessimo coperto una pianta con un
cappuccio nero e poi ci lamentassimo che essa è morta a causa della mancanza di luce».)
1
M. Lot-Borodine, La déification de l'homme , Paris 19170, pp. 78-80 (citato sopra).
2
И. Кологривов / I. Kologrivov, Очерки по истории русской святости / Essai sur la sainteté en Russie, Сиракуза 1991 / Bruges 1953, стр.
27 / p. 34: «Résumons: Les chroniques hagiographiques russes anciennes témoignent de l'existence, pour la conscience religieuse du peuple
russe, d'un nouvel idéal de martyre. Ce sera non seulement le chrétien qui meurt pour avoir confessé sa foi devant les tribunaux des païens
ou des hérétiques, mais encore celui qui souffre innocemment et meurt sans résister aux méchants pour se conformer par là à l'exemple du
Christ. Le “Strastoterpets”, c'est celui qui souffre une passion, en ressemblant spirituellement au Christ par la douceur, la soumission, la
victoire sur l'amour de la vie et du monde au nom de l'amour de Dieu et de ses frères. Bref, tout comme les enfants de Bethléem, il confesse
le Verbe Incarné “non loquendo sed moriendo”»; cfr N. Arsen'ev, La piéte russe, Neuchâtel 1963, pp. 70-71; G. P. Fedotov, I santi dell'antica
Russia, (in russo), Parigi 1931, pp. 19-33.
3 П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины / La colonna e il fondamento della verità , Москва 1917 / Bari 1974, стр. 151
/ p. 207.
4
P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon la tradition orientale, Paris 1970, pp. 10-11.
5
Cfr Gregorio di Nissa, Sulla vita di Mosè , in P. G., t. 44, col. 377; Vl. Lossky, Vision de Dieu, Neuchâtel 1962, pp. 134-140.
6
M. Azkoul, what are the Differences between Orthodoxy and Roman Catholicism? , (Reproduced with permission from The Orthodox
Christian Witness), Vol. XXVII (48), Vol. XXVIII (6) and (8) (Copyright, 1994 St. Nectarios American Orthodox Church), in “Internet” 1996,
http://www.ocf.org/OrthodoxPage/reading/ortho_cath.html.
7
D. B. Clendenin, A Protestant Examines Orthodoxy, in «Internet» 1996, http://www.ocf.org/TheChristianActivist/AProtestantExamines.html.
W. E. Wiest, The Centenary of the Greek Orthodox Archdiocese of North and South America: an Appreciation , in A. J. Philippou (Ed.), The
Orthodox Ethos, Oxford 1964, p. 8.
8
757
questo punto di vista, si tratta di una scelta di linguaggio con la sua particolare articolazione. Si
distingue il linguaggio emotivo della spiritualità e quello coerentemente logico della teologia e
della ufficialità ecclesiastica. La teologia e la dottrina della gerarchia si scontreranno più
facilmente perché legati ad uno stesso linguaggio : quello razionale della coerenza verificata.
Pertanto, la 'visione' avrà una importanza particolare nell'essere penetrati dall'intuito della
pienezza divina. Sarà un via di svuotamento. Si proporrà la 'visione' come rimedio. Ciò si attuerà
sia come 'visione-ascolto' liturgico, sia come 'visione contemplazione' iconica. Il rimedio 'agisce' là
dove l'organismo non ha saputo 'reagire'... Perciò, ogni metodo sarà un 'lasciar agire' più che
approntarsi a 'reagire'! Questa 'visione' è un linguaggio non logico 1. Esso permette di superare la
separazione razionalmente sistematizzata tra 'sensibile' e 'non sensibile' 2. La visione si allaccia
all'ascolto liturgico grazie alla 'drammatizzazione' audiovisiva dello svolgimento ecclesiale e
cosmico della gestualità celebrativa 3. Si capisce allora perché l'oriente cristiano non si fidi delle
strutturazioni mentali o volontaristiche come garanzia di un itinerario sicuro verso Dio nella
conversione.
Dalla
drammatizzazione
liturgica,
esso
si
muoverà
facilmente
verso
la
contemplazione lirica. Eppure, allo stesso tempo non emerge un disprezzo per l'umano come si
nota talvolta a ponente. Anzi, nella prospettiva di divinizzazione si apre una fiducia quasi senza
riserve per l'umanità.
L‟ESICHIA E LA DISPERAZIONE PER I PROPRI PECCATI O L‟ESALTAZIONE DI SE NELLA PROPRIA
PERFEZIONE COME BELLEZZA INTERIORE, BENE E VERITÀ
Solov'ëv, grazie ad un altra delle sue 'parabole' nella conversazione dei 'tre dialoghi' parla
del peccato come un male. Però, ricordando sconsolatamente questo peccato-male, non si arriva forse- allo scoraggiamento e persino alla disperazione? Bisogna affligersi per i propri peccati o
bisogna "dimenticarli come se non fossero mai esistiti" 4? La parabola evoca la storia dei 'due
monaci' del deserto, mandati ad Alessandria per sfruttare i pochi prodotti e far sopravvivere il
monastero. In città, vendettero come ordinato, ma poi, dopo ciò si lasciarono tentare dai piaceri
della metropoli 5. L'indomani, il primo prese un tono da funerale e cominciò a lamentarsi del male
fatto. L'altro seguitava il suo cammino di ritorno nella letizia. Alla fine il primo si scagliò contro il
secondo, picchiandolo. Tornato nel deserto, si disperò a tale punto da lasciare il monastero e da
morire in circostanze ancora ben peggiori in confronto con ciò che accadde ad Alessandria. L'altro
anacoreta ricominciò la vita monacale in modo tranquillo e raggiunse una luminosa santità 6...
L'aggressività -anche eroica contro se stessi o comunque sommamente penitenziale- non risolve
niente, o, cioè, si passa solo alla periferia del problema della 'divinizzazione'. Il colmo dell'ironia
sarà che non si raggiunge neanche 'l'anima bella': estetismo illusorio della interiorità che viene
presto o tardi spazzato via dal crudele pungilione dello scoraggiamento, una volta che si guarda
'sul serio' dentro di se. Si capisce subito quali possano essere le implicazioni antropologiche ed
ascetiche di queste considerazioni... La bellezza interiore potrebbe riuscire a far passare il male
per bene. Anzi, potrebbe presentarsi come un 'valore supremo' in funzione del quale tutto deve
essere valutato! Ecco dove viene messo evangelicamente in questione la prospettiva dell'"anima
bella"!... Anzi, se si parte da una idea di Cristo come 'centro di possesso' di tutte le 'qualità di
1
Metr. Serafim, L'Eglise orthodoxe , Paris 1952, p.140.
2
Metr. Serafim, L'Eglise orthodoxe , Paris 1952, p.142.
3
Métr. Serafim, L'Eglise orthodoxe , Paris 1952, p. 168.
4
Вл. Соловьев / V. Solov'ëv, Три разговора / I tre dialoghi, Нью Йорк 1954 / Torino 1975, стр. 84-85 / p. 99.
5
Вл. Соловьев / V. Solov'ëv, Три разговора / I tre dialoghi, Нью Йорк 1954 / Torino 1975, стр. 88 / pp. 102-103.
6
Вл. Соловьев / V. Solov'ëv, Три разговора / I tre dialoghi, Нью Йорк 1954 / Torino 1975, стр. 90-91 / pp. 104-105.
758
bellezza', si dovrà dire che anche l'Anticristo si muove a questa altezza, tanto che l'arte più abile
non lo potrà soddisfacentemente raffigurare 1. L'equivoco dell'Anticristo sarà di non trovare in se
stesso nessun limite da questo godimento di ogni perfezione , fonte di totale felicità : "a parte il
suo talento eccezionale, la sua bellezza e la sua nobiltà, anche le altissime dimostrazioni di
moderazione, di disinteresse e di attiva beneficenza, parevano giustificare a sufficienza lo
sconfinato amor proprio che nutriva per se il grande spiritualista, l'asceta, il filantropo" 2. Egli
diventa l'esempio o la personificazione del bene: il "benefattore dell'umanità". Il 'benefattore' non
potrà che "accentrare tutto" (come nell accentramento sovietico del 1917), ricomporre tutto,
aggiustare tutto: "Il Cristo ha portato la spada, io porterò la pace" 3. Ecco dove si trova lo scivolo
verso il travolgimento a tutto campo, pur a nome di un 'pacifismo' d'intento. Il 'bene' sarà 'libero'
nel senso che non lo si potrà mai ridurre ad un vantaggio utilizzabile. Bene-felicità, questo stretto
collegamento metterà in avanti la figura del 'superuomo' o del (l'uomo del futuro) nella sua
inderogabile superiorità. Anzi, la sua 'verità' si esaurirà nella sua 'superiorità'. Si delinea -forse
qui- un tracciato che dalla 'bellezza' connette con la 'forza' e sbilancia la rivelatività di Cristo? Sarà
questa la sorgente slava-orientale che considera la 'conversione' radicale come 'intenerimento' o cioè- commozione nella quale si diluisce ogni auto-consistenza (ogni 'forza') dell'individuo:
l'«umilenie», l'umilenie o l'intenerimento evangelico? Sarà questo il «superamento di ogni
tentazione»? Non bisognerà -allora- 'combattere le tentazioni ma lasciarsi sciogliere la loro
violenta 'forza'? L‟enigma della compenetrazione tra 'bene' e 'male' è la 'Bellezza' (del super-uomo
o anticristo) con la tattica di rinchiudere Cristo nella opposizione tra 'bene' e 'male' 4. L'immagine -nella 'fine'- potrebbe essere 'opera di bellezza'
5
(o opera d'arte) 6, ma la chiave della 'bellezza'
1
Вл. Соловьев / V. Solov'ëv, Три разговора / I tre dialoghi, Нью Йорк 1954 / Torino 1975, стр. 190 / pp. 181.
2
Вл. Соловьев / V. Solov'ëv, Три разговора / I tre dialoghi , Нью Йорк 1954 / Torino 1975, стр. 198 / p. 190: «A parte il suo talento
eccezionale, la sua bellezza e la sua nobiltà, anche le altissime dimostrazioni di moderazione, di disinteresse e di attiva beneficenza,
parevano giustificare a sufficienza lo sconfinato amor proprio che nutriva per sé il grande spiritualista, l'asceta, il filantropo. Se gli si
rinfacciava di essere cosí in abbondanza fornito di doni divini, egli vi scorgeva i segni particolari di una eccezionale benevolenza dall'alto
verso di lui e si considerava come secondo dopo Dio, il figlio di Dio, unico nel suo genere. In una parola egli riconosceva in sé quelle che
erano le caratteristiche del Cristo. Ma la coscienza della sua alta dignità all'atto pratico non prendeva in lui l'aspetto di un obbligo morale
verso Dio e il mondo, ma piuttosto l'aspetto di un diritto e di una superiorità in rapporto agli altri e soprattutto in rapporto al Cristo. Ma non
aveva per Cristo una ostilità di principio. Gli riconosceva l'importanza e la dignità di Messia; però con tutta sincerità vedeva in lui soltanto il
suo augusto precursore. Per quella mente ottenebrata dall'amor proprio erano inconcepibili l'azione morale del Cristo e la Sua assoluta
unicità. Egli ragionava cosí: Cristo è venuto prima di me; io mi manifesto per secondo; ma ciò che viene dopo in ordine di tempo, in natura è
primo. Io giungo ultimo alla fine della storia precisamente perché sono il salvatore perfetto, definitivo. Quel Cristo è il mio precursore. La sua
missione era di precedere e preparare la mia apparizione. E in base a quest'idea, il grande uomo del secolo XXI applicava a se stesso tutto ciò
che è detto nel Vangelo circa il secondo avvento, spiegando questo avvento non come il ritorno di Cristo stesso, ma come la sostituzione del
Cristo precursore col Cristo definitivo, cioè se stesso».
3
Вл. Соловьев / V. Solov'ëv, Три разговора / I tre dialoghi, Нью Йорк 1954 / Torino 1975, стр. 199 / pp. 190-191: «In questo stadio
l'uomo del futuro si presenta ancora in modo non ben definito e originale. Considerava il suo rapporto con Cristo alla stessa guisa per
esempio di Maometto, un uomo retto che non si può accusare di nessuna cattiva intenzione. La preferenza piena di amor proprio, che egli fa
di se stesso nei confronti del Cristo, verrà giustificata da quest'uomo con un ragionamento di questo genere: Il Cristo è stato il riformatore
dell'umanità, predicando e manifestando il bene morale nella sua vita, io invece sono chiamato ad essere il benefattore di questa umanità,
in parte emendata e in parte incorreggibile. Darò a tutti gli uomini ciò che è loro necessario. Il Cristo, come moralista ha diviso gli uomini
secondo il bene e il male, mentre io li unirò coi benefici che sono ugualmente necessari ai buoni e ai cattivi. Sarò il vero rappresentante di
quel Dio che fa sorgere il suo sole e per i buoni e per i cattivi e distribuisce la pioggia sui giusti e sugli ingiusti. Il Cristo ha portato la spada,
io porterò la pace. Egli ha minacciato alla terra il terribile ultimo giudizio. Però l'ultimo giudice sarò io e il mio giudiz io non sarà solo un
giudizio di giustizia, ma anche un gudizio di clemenza. Ci sarà anche la giustizia nel mio giudizio, ma non una giustizia compensatrice,
bensi una giustizia distributiva. Opererò una distinzione fra tutti e a ciascuno darò ciò che gli è necessario».
4
Вл. Соловьев / V. Solov'ëv, Три разговора / I tre dialoghi, Нью Йорк 1954 / Torino 1975, стр. 201, 207-208 / pp. 190-191, 196.
5
5 G. A. Dell'Acqua, Le icone tra oriente e occidente, Premessa all'edizione italiana , in AA. VV., il grande libro delle icone, Milano 1987, pp.
211-212; etiam, in M. Alpatov, Le icone russe. Problemi di storia e di interpretazione artistica, Torino 1976, cap. 1; in G. Vendrame,
introduzione a P. Evdokimov, Teologia della bellezza. L'arte dell'icona, Roma 1984, pp. 89, 103; in E. Sendler, L'icona immagine
dell'invisibile, Roma 1984.
6 6 P. Evdokimov, L'art de l'icône, théologie de la beauté, Bruxelles 1972, pp. 79-80; etiam in G. A. Dell'Acqua, Le icone tra oriente e
occidente, premessa all'edizione italiana, in AA. VV., il grande libro delle icone , Milano 1987, p. 209; in W. Weidlé, Le icone bizantine e russe ,
Firenze 1950.
759
viene superata nella visuale apocalittica. Nella "leggenda del Grande Inquisitore", tutto si gioca
anche sulla 'felicità' da assicurare all'umanità Cristo con la "Sua libertà", suprema beffa per i piani
del Grande Inquisitore non ha 'cambiato le pietre in pani': utilità
1
di Dio nella felicità dell‟umanità
che dalla cultura ove la religione è 'simbolica', nella civilizzazione la ridusse ad una 'pragmatica'
(utile), ma ben presto ci si accorse che l'irreligiosità (ateismo) è ben più 'utile' al godimento,
mentre l'Anticristo
-dopo
l'avvento
di Cristo- sarebbe
la realizzazione di una
esaurientemente felice e giusta sulla terra, ritorno alla 'vita' come godimento
2
storia
o la «felicità
universale nell'uguaglianza di sazietà» Per una felicità-sommo-bene, il superuomo inverte i scopi
e le finalità del percorso: La verità serve come mezzo per realizzare il 'bene nella bellezza' 3. Dietro
a tale immagine si muove l'intento simile a quello del 'superuomo': cioè di 'potenzializzare Dio
come somma perfezione, potenza, bellezza' umana. Pertanto egli spiega la sua identità «come la
sostituzione del Cristo precursore col Cristo definitivo, cioè se stesso» 4. La scommessa divina è
quella di realizzare il 'bene tramite la verità nella bellezza' 5. Oggi la bellezza rimane enigmatica,
non si è rivelata in pieno. La verità prospetta il cammino di incerta ricerca di questa pienezza
ancora indelineabile. Il bene impegna nell'intenerimento dello spirito e nell'annientamento
interiore al fine di fare spazio per questo pellegrinaggio. Il superuomo -al contrario- realizza la
bellezza tramite la verità nel bene... L'inversione dei termini svela la 'falsificazione' dell'intento.
L'esito anticipato non può che essere una auto-adorazione: illimitato amore di se stessi: «lo
sconfinato amor proprio che nutriva per se il grande spiritualista, l'asceta, il filantropo» 6. La
bellezza dà già adesso il canone della verità per definire il profilo obbligato del bene. Tutto è
davvero definitivo e compiuto. Non c'è niente da aggiungere. La verità serve come mezzo per
realizzare il 'bene nella bellezza' e non 'la bellezza nel bene' 7. Il monopolio diventa la bellezza
come perfezione 'vera'. Con la scusa del 'bene' si arriva al 'perfetto'. il monopolio è quello della
'perfezione'. Avendo il monopolio sulla verità come perfezione già finalizzata, essa perde la sua
caratteristica di 'pienezza' in via o, cioè, di “istina” - più che “pravda” ...
2° UN PRIMO PASSO NELLA TERAPIA DELL‟ESICHIA:
SCIOGLIERE OGNI SINGOLARITÀ INDIVIDUALISTA.
La Chiesa scioglie l'individualità in un doppio senso: scioglie l'individualità della persona e
scioglie la sua propria individualità ecclesiale. La tipologia iconica della Chiesa rinvia al mistero
della 'insiemizzazione' 8. Essa viene evocata iconograficamente come un ciborium nel quale si
raccolgono i sette doni dello Spirito-Santo
1
9.
Essa rende l'unità possibile in quanto 'atto
Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980, T. I / Torino 1981, vol. 1, стр. 309 ss. (T. I) /
pp. 332-339; cfr H. De Lubac, Témoignages autobiographiques, Paris 1974, pp. 335, 404; Н. Бердяев / N. Berdjaev, Смысл истории / Il
senso della storia, Берлин 1923 / Milano 1977, стр. 243-244 / p. 168.
2 Н. Бердяев / N. Berdjaev, Смысл истории / Il senso della storia , Берлин 1923 / Milano 1977, стр. 101-102, 251-252, 264-265 / pp. 8990, 182,175.
3
Вл. Соловьев / V. Solov'ëv, Чтения о Богочеловечестве , in idem, Собрание сочинений , T. III / Lectures on Godmanhood, Брюссель 1956 /
London 1968, стр. 111-112 / p. 151; Вл. Соловьев / V. Solov'ëv, Три разговора / I tre dialoghi, Нью Йорк 1954 / Torino 1975, стр. 209210 / pp. 197-198.
4
Вл. Соловьев / V. Solov'ëv, Три разговора / I tre dialoghi, Нью Йорк 1954 / Torino 1975, стр. 201 / p. 190.
5
Вл. Соловьев / V. Solov'ëv, Три разговора / I tre dialoghi, Нью Йорк 1954 / Torino 1975, стр. 110-111\4 / p. 151.
6
Вл. Соловьев / V. Solov'ëv, Три разговора / I tre dialoghi, Нью Йорк 1954 / Torino 1975, стр. 200 / p. 190.
7
Вл. Соловьев / V. Solov'ëv, Чтения о Богочеловечестве , in idem, Собрание сочинений , T. III / Lectures on Godmanhood, Брюссель 1956 /
/ London 1968, стр. 111-112 / p. 151.
8
С. И. Фудель, Об. О. Павле Флоренском, Париж 1988, стр. 18-29.
9
П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины / La colonna e il fondamento della verità, Москва 1917 / Bari 1974, стр. 376-
376-377 / p. 440.
760
d'insiemizzazione', nervo vitale della scommessa ultima personificata dalla Saggezza e sorgente
della creazione nuova (cfr infra, nella parte sull‟escatologia orientale): 'stile nuovo di persona
totale in Dio'
1.
La Chiesa è escatologicamente- insiemità, o "sobornost'", che rappresenta
l'avventura di libertà radicale nello Spirito. È lo Spirito che opera la koinonia insiemizzante, con la
sua capacità femminile di far nascere la relazionalità d Amore 2. La Chiesa non appare, nell‟intento
nell‟intento orientale, come un qualcosa, ecco la ragione per la quale i Padri non trattano
l‟ecclesiologia in se, perché per loro la Chiesa rimane esperienzialità vissuta (cfr supra): o cioè
esperienza di conciliabilità di Dio con noi in via verso il suo compimento ultimo
3.
Sorge
l‟interrogativo orientale sulle due economie: economia di Cristo ed economia dello Spirito Santo,
l‟una ambientata nel contesto ecclesiale e l‟altra oltre i limiti circoscritti della Chiesa 4. L‟economia
dello Spirito Santo sarà prettamente escatologica e permetterà di ampliare la visione dell‟esito
oltre i stretti limiti della configurazione ecclesiale stabilita.
1
П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины / La colonna e il fondamento della verità , Москва 1917 / Bari 1974, стр. 326
326 / pp. 387-388.
2
O. Clément, Anachroniques, Paris 1990, p. 127: «L'Esprit constitue l'Eglise en «communion». La confiance et la douceur des visages,
parfois, le manifestent. Car cet inconnu se révèle peu à peu dans la communion des saints, la lumière d'un regard ou d'un sourire, le visage
comme nudité de l'infini. Et le seul visage humain (je veux dire : d'une personne humaine) entièrement «spirituel» est celui de la Mère de
Dieu : «toute sainte», disent les textes liturgiques qui nomment l'Esprit «toute sainteté». Où l'on pressent le charisme de la femme qui est
sans doute, disait Paul Evdokimov, «d'enfanter Dieu dans les âmes dévastées»».
3
A. Schmemann, Church, World, Mission, New York 1979, p. 21: «This essential connection and interdependence between patristic theology
and the experience of the Church is often ignored because, as has been said more than once, the Fathers do not "theologize" about the
Church. They do not seem to be interested in "ecclesiology" as we understand it today: a theological discipline having the Church as the
object of its study and investigation, aiming at the elaboration of a full and consistent doctrine of the Church. But the reason for this is that
the Church for the Fathers is precisely not the "object" but always the "subject" of theology, the reality which makes it pos sible to know God
and, in Him, man and the world, to know the Way, the Truth, the Life and, therefore, truth about all reality. The appearance of ecclesiology as
a separate theological discipline is the fruit of doubt, of that need for justification which is inevitable, indeed "normal," in a theology which is
itself conceived as "justification" - rational, or philosophical, legal or practical - of the Christian faith and which, as we know only too well
today, always leads to (because, in fact, it is rooted in) an evaluation of the "Church" and of her faith and life in terms of the world, of its
philosophies, of its trends and of its needs, and thus, ultimately to a surrender to ,the world. But the Fathers' theological demarche is exactly
an opposite one. For them it is only in and from the experience of the Church that the world, i.e. man, society, nature, life, can be truly
known in its ultimate meaning and "needs" and therefore be "acted upon." They too use the philosophical and cultural categories of the world
in which they live, of which they are an integral part. In fact for the most part they speak the "language of their time" better and more
consistently than we today speak the language of our time. But when they use it, its meaning changes, its very "semantics" are transformed,
it is made into a tool of Christian thought and action, whereas modern theology. succeeds at times in forcing even biblical and patristic
language to carry ideas hopelessly alien, if not opposed, to the Christian faith and vision. Thus I am convinced that the "al ienation" of
theology from the real Church and her real life always begins with its divorce from the experience of the Church, the Church as experience».
4
J. Zizioulas, The Orthodox Church and the Third Millennium. (Balamand Monastery - December 4, 1999), in «Internet» 2001,
http://www.balamand.edu.lb/ theology/ZizioulasLecture.htm: «Orthodox theology has not pronounced itself officially on this point. There
are those who hold their rigid position similar to that of the Roman Catholics and the Protestants of the past. But there have been also more
open views, which can be classified in two categories. One of them is based on Pneumatology. The other is based on eschatology. The first
one makes a sharp distinction between the work of Christ and the role of the Holy Spirit in the history of salvation. According to this
distinction, takes as a starting point, more or less, the Russian theologian Vladimir Lossky's, idea of "two economies", that of Christ and that
of the Holy Spirit. The Holy Spirit's work, according to this view, is not limited to the Church and the Christians, but extends to all humanity
and creation. The other religions, therefore, are not outside the sphere of the Holy Spirit's operation, although it may be s aid that they fall
outside Christ. The eschatological view on the other hand is based on a different argument. Before the last judgement, we cannot say with
absolute certainty who does not belong to Christ and who is not saved. Let us note the word "not." The argument does not impl y that there is
agnosticism and uncertainty with regard to Christ and the Church as the sure way to God and to salvation. The agnosticism and the
uncertainty refer only to those who do not believe in Christ and are not members of His Church. This position allows for a positive attitude
towards non-Christians and makes better sense than the argument from Pneumatology. It is in fact only reasonable for the Christian Church
living under the obscurities of history to leave to God to reveal His final judgement when He decides to do so concerning everyone's
salvation. This does not relativize Christ or the Church. As far as we know, the Church as the Body of Christ is the only sure and safe way to
God, establishing the proper relationship of the human being to God. We cannot therefore propose as Christians any better way than the one
we know. We stand firmly on this faith. But it is only in the final judgement of God that we can see who, even from among the Christians, will
be saved. Such a position differs from religious syncretism. In syncretism, the assumption accepted by all parties which participate in it, is
that every religion has something positive to contribute. And it is by collecting, so to say, the various contributions they can make that we
arrive at a totality, a whole, amounting in fact to a new religion of some kind. This is what syncretism means. In a nonsyncretistic approach,
each religion may recognize positive elements in another religion, but sees and judges these elements in the light of its own faith and
certainly not as forming part of a new religion».
761
LA VIA ICONICA DI CONTEMPLAZIONE PER CURARE OGNI SINGOLARIZZAZIONE
Lo svuotamento al di là dell‟individualismo non è una aggressiva autonegazione mentale.
La de-singolarizzazione sorge invece e paradossalmente dal percorso iconico che ci immerge
esperienzialmente nella via di insiemizzazione (vedere la parte successiva sulla teologia iconica
dell‟oriente cristiano). Essa è simbolica di santità: è liturgica come sinergia divino-umana al di là di
ogni dualismo 1, cura contro l‟individualismo, addestrando la visione (il nostro „modo di guardare)
al di là di una appartenenza troppo ristretta, essa è soglia di diversità divina nella discontinuità
della stranezza visiva, guida cultuale per l‟iniziazione dello sguardo e rimedio nello svuotamento
interiore. Essa non si iscrive nel realismo naturalistico ([che fa perdere la fede (cfr supra)]
2
o nel
così detto doppio realismo) ma rovescia la realtà (diversamente di come viene dipinta con la
prospettiva pittorica realistica) nella anticipazione di ciò che ancora non esiste 3. Essa non è una
„cosa‟ ma una finestra sul mistero (non è niente in se, non ha auto-identità), non segue la logica
dello specchio individuale ma introduce antinomicamente (nel paradosso escatologico
4)
alla
diversità di Dio nel superamento delle norme visive usuali. Essa non è una rappresentazione di Dio
ma evoca la participazione al divino, non una rappresentazione ideale 5. Iconicamente, la Chiesa è
il 'punto d'incontro' tra il divino e l'umano, non perché fa la regia e 'gestisce' questo incontro, ma
perché essa è il gesto iniziale di accoglienza da parte di Dio (filoxenia per eccellenza). Essa è la
'sostanzialità' di questa accoglienza. Sarà una scommessa orientale specifica di professare la non
separazione di Chiesa e convivenza umana (o persino Chiesa e Stato) senza fare della società una
società di dominio ortodosso, ma di libera compenetrazione insiemizzante 6. Anzi, in essa si può
attuare la piena desappropriazione
7.
Per questa ragione è preferibile parlare in termini di
'conciliabilità' divino-umana. Dio si rende vulnerabile nel mostrarsi visivamente: ecco un
riferimento alla 'vulnerabilizzazione' di Dio ('debolezza' di cui è utilissimo mantenere viva la presa
di coscienza riguardo al Grande Inquisitore dostoevskijano contro Cristo povero e libero pellegrino
8,
l‟Anticristo solov'ëvano evacuerà ogni 'debolezza' nella sua propria 'perfezione' individuale 9),
stilizzazione kenotica che sarà tipica delle icone russe di Cristo
10.
L‟antinomia nell immagine è
che l‟essere concretamente immagine si indirizza ad un ambito non direttamente percepibile: la
visione dell‟invisibile guardando al Regno dei cieli dalla memoria di ciò che è stato rivelato nel
L. Ouspensky, La théologie de l'icone dans l'Eglise orthodoxe, Paris 1960, vol. I, pp. 20-27; P. Evdokimov, L'art de l'icône, théologie de la
beauté, Bruxelles 1972, p. 51; P. Zouboff, Introduction , in Vl. Solovëv, Lectures on Godmanhood, London 1948, p. 15.
2 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Идиот / L'idiota, Париж 1970 / Torino 1984, стр. 261-262 / pp. 265-266
3 L. Ouspensky, La théologie de l'icône dans l'Eglise orthodoxe , Paris 1960, vol. I, pp. 33-34.
4 P. Evdokimov, L'art de l'icône, théologie de la beauté, Bruxelles 1972, p. 63.
5 L. Ouspensky, La théologie de l'icône dans l'Eglise orthodoxe , Paris 1960, vol. I, pp. 194, 200.
6 Cfr la possibile interpretazione in questo senso: in A. Schmemann, Church, World, Mission, New York 1979, p. 32: «In the second place this
1
this denial affirms the state as also belonging to the dominion of the one Kyrios, Jesus Christ. In a deep sense it rejects the "sepa ration" of
Church and state, if that separation is understood not in "institutional" or "legal" terms (the only terms ultimately retained in the West) but in
those of a common perspective, a common reference to the same "end." Limited as it is by its belonging to "this world," the s tate is
nevertheless capable of reflecting the ideal of the Kingdom, of living by it, of truly serving the Kyrios of the universe. Early Christian writings
are surprisingly free from either cosmical or historical "pessimism." They resound on the contrary with a joyful expectation of a cosmic
victory of Christ. Nowhere in them does one find any longing for a peaceful isolation of the Church into a purely "spiritual" sphere, a
separation from the world and its "worries." Christians know, of course, that they are a "tertium genus." All home is exile for them and all
exile a home, but this leads them to no indifference or "neutrality" or pessimism. For their exile is in the Kingdom, and that Kingdom has
been revealed in the midst of the world as its true meaning, redemption and salvation».
П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины , in idem, Собрание сочинений, T. IV, La colonna e il fondamento della verità,
verità, Москва 1917 / Milano 1974, стр. 346 / p. 402.
8 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980 / Torino 1981, vol. 1, стр. 314 / pp. 345-346.
9 Вл. Соловьев / V. Solov'ëv, Три разговора / I tre dialoghi, Нью Йорк 1954 / Torino 1975, стр. 204 / p. 193:.
10 Н. Бердяев / N. Berdjaev, Dialectique existentielle du divin et de l'humain , Paris 1947, pp. 89, 185; cfr T. Špidlik, La spiritualità russa,
7
Roma 1981, p. 29.
762
Messaggio rivelato in forma umana 1. Il rischio di una preghiera senza riferimento orientativo
corretto può portare ad un affidamento all‟immaginario tale da uscire fuori di ciò che l‟icona
concretamente esprime: cioè di essere concretamente immagine „di...‟ 2. Ecco il senso dei manuali
chiamati podlinniki o raccolta di indicazioni su come rispettare i tratti ed i contesti specifici, da
vecchie immagini o ritratti elementari di persone sante dei prototipi - rimanendo legati alla
memoria storica che si poteva avere delle persone e degli eventi del passato 3. I santi rappresentati
rappresentati perdono la loro singolarizzazione individuale. La storia si affida qui a quel senso
popolare del ricordo spontaneamente coltivato verso le persone e gli eventi che esprimono
l‟iniziativa divina. Si intenderà soprattutto in questo ricordo una traccia evocativa che richiama la
presenza di ciò o di chi ha operato la sua opera benefica
fondamentale in questa dinamica
5.
4.
L‟immagine ritrattistica rimane
La via iconica è una pedagogia di discernimento tra le
immagini capaci di educare l'umano al divino nell'anima. Vi sono tipologie d‟immagini che sono
state scartate dal prospetto iconico orientale per il rischio che esse si ripiegavano sulla sola
1
ORTHODOX CHURCH OF ESTONIA, Icons, in «Internet» 2007, http://www.orthodoxa.org/GB/orthodoxy/iconography/whatisaniconGB.htm:
«Icons allow us a glimpse of the Kingdom of God, a vision the Word of God in human form, of humanity deified in the saints, of matter
transfigured by the power of the Spirit. Icons are windows onto aspects of reality we cannot normally see, and help us awake our spiritual
senses so that we become more vividly aware of the Divine energies that suffuse and uphold all Creation».
2
ORTHODOX CHURCH OF ESTONIA, Icons, in «Internet» 2007, http://www.orthodoxa.org/GB/orthodoxy/iconography/whatisaniconGB.htm:
«Using the imagination in prayer can lead to error of the gravest kind, when our own imaginative creations replace the reality, and we can
even end up praying to our own mental fantasies. The central reason for avoiding exercise of the imagination in prayer is theological. God is
present everywhere. Christ is present by His Holy Spirit in the depth of the being of every Christian living the reality of Baptism into the death
of Christ. If we live our Baptism, sealed with the Seal of the Spirit, then the Risen Christ lives in us, by His Holy Spirit, and we live the Risen
life in the Spirit. We do not need to imagine Christ as present: He is present: we need to remind ourselves of His presence».
3
L. Ouspenskij, Essai sur la théologie de l'icône dans l'Eglise orthodoxe , Paris 1960, p. 196: «Afin d éviter la fiction et la rupture entre
l‟image et son prototype, les iconographes se servent comme modèles d icônes anciennes et demanuels.Les anciens iconographes
connaissaient les visages des saints tout aussi bien que ceux de leurs proches. Ils les peignaient soit par coeur, soit en se servant de croquis
ou de portraits.En effet, lorsqu une personne avait acquis une réputation de sainteté, dès après samort et bien avant sa canonisation
officielle et l‟«invention» de ses reliques, on faisait son image pour la répandre dans le peuple croyant. On conservait sur elle toutes sortes
de renseignements et surtout des croquis et des témoignages de contemporains. Lorsque la tradition vivante commença à se perdre, ou,
plus exactement, lorsqu on commença à s‟en éloigner, vers la fin du XVI° siècle, la documentation dont se servaient les iconographes fut
systématisée et c est alors qu apparurent les manuels qu‟on appelle les «podlinniks», avec ou sans illustrations. Ils fixent l‟iconographie
typique des saints et des fêtes en indiquant les couleurs principales.Lorsqu ils ne sont pas illustrés, ils contiennent de brèves descriptions
qui caractérisent les saints et mentionnent aussi les couleurs. Ces «podlinniks» sont indispensables aux iconographes en tant que
documentation.Mais ils ne sont rien d‟autre et on ne peut en aucun cas leur attribuer lamème signification qu au canon iconographique ou à
la Tradition sacrée, comme le font certains auteurs occidentaux».
4
Cfr questo senso nella comprensione multimediale odierna della fotografia: S. Sontag, The Imprisoning of Reality, in G. Gumpert - R.
Cathcard, Iner/Media, Oxford 1982, pp. 377: Such images are indeed able to usurp reality because first of all a photograph is not only an
image (as a painting is an image), an interpretation of the real; it is also a trace, something directly stenciled off the real, like a footprint or a
death mask. While a painting, even one that meets photographic standards of resemblance, is never more than the stating of an
interpretation, a photograph is never less than the registering of an emanation (light waves reflected by objects) -- a material vestige of its
subject in a way that no painting can be. Between two fantasy alternatives, that Holbein the Younger had lived long enough to have painted
Shakespeare or that a prototype of the camera had been invented early enough to have photographed him, most Bardolators would choose
the photograph. This is not just because it would presumably show what Shakespeare really looked like, for even if the hypothetical
photograph were faded, barely legible, a brownish shadow, we would probably still prefer it to another glorious Holbein. Having a
photograph of Shakespeare would be like having a nail from the True Cross».
5
L. Ouspenskij, Essai sur la théologie de l'icône dans l'Eglise orthodoxe , Paris 1960, p. 195: «Pour la representation clu Christ, des saints et
des événements de l‟Histoire Sainte, l‟Eglise préserve pieusement la réalité historique (1). Seule la soumission à l‟histoire la plus concrète
peut faire pour nous de l‟icône la possibilité d une rencontre personnelle dans la gràce de l‟Esprit Saint avec celui qu elle représente.Chaque
trait caractéristique d un saint sera donc précieusement conservé et seule cette fidélité à la vérite historique permet à l‟iconographie des
saints d‟être si stable. En effet, il ne s‟agit pas seulement de transmettre une image consaerée par la tradition, mais surtout de préserver un
lien direct et vivant avec la personne que représente l‟icône. C est pourquoi il est essentiel de s‟en tenir, dans toute la mesure du possible, à
une image portraitique. Certes, ce n‟est pas toujours possible: tout comme les vies des saints, leurs traits sont souvent plus oumoins oubliés
et il est difficile de les reconstituer. La ressemblance risque alors de ne pas être parfaite; la maladresse du peintre peut également la
diminuer. Cependant elle ne peut jamais disparaître tout à fait un minimum irréductible subsiste toujours qui permet le lien avec le
prototype de l‟icône».
((1) Nous ne parlons pas ici des icônes dites symboliques (comme celle, par exemple, de Sophie, la Sagesse divine), ni des icônes des anges.
Nous en parlerons ailleurs. Notons seulement ici que les anges sont représentés tels qu‟ils ont apparus aux hommes.)
763
finzione ormai dissociata dall‟effettiva esperienza di fede o dell‟esperienza storica 1. L'intento
iconico avrà questo particolare taglio di cogliere le vie della 'presenza' o i percorsi 'delle presenze',
e di accogliere le 'presenze' dalle quali i messaggi si fanno strada... L‟icona cristiana non riproduce
ma produce visualmente la santità nell insegnare quel come se già fosse recepibile, capovolgendo
l‟evasione in scommessa. L‟icona è presenza in modo del tutto specifico: proprio nella non
identificazione tra ciò che rappresenta e la rappresentazione evidenziata, differenza di natura ,
somiglianza spirituale in-ipostasiata iconicamente 2. L‟impostazione della visualità iconica che
rappresenta di prospetto, mettendo il credente di fronte al viso ed alla persona evocati dall icona,
accentua questa dimensione di presenza
3.
Tutto ciò che potesse essere prevalentemente più
descrittivo che coinvolgente in questo faccia a faccia viene progressivamente scartato. Presenza
significa interattività attraverso questa visualità del guardare diversamente. Si vede ciò che
normalmente non è visibile. Non si tratta di un assurdo, ma dell implicazione dell immagine di Dio
in noi che può essere rivelata nella visualità come nella dinamica della trasfigurazione 4. Non si
tratta di qualcos‟altro o di un altro. Perciò il riferimento storico in questo faccia a faccia ha la sua
importanza: si tratta di chi davvero ha vissuto e di chi ha condiviso questa esperienza inconsueta.
L'individuo segmentato si 'scioglie' nella simultaneizzazione dei tantissimi attimi raccolti e
organicamente ri-inventati. Questo sciogliersi corrisponde alla sorgente più originale ed originaria
della inculturazione russa cristiana: l'intenerimento evangelico dell'"umilenie" verso tutto ciò che
1
ORTHODOX CHURCH OF ESTONIA, Icons, in «Internet» 2007, http://www.orthodoxa.org/GB/orthodoxy/iconography/whatisaniconGB.htm:
«It may seem surprising that an image can be unorthodox. But consider for a moment: an image represents something - or it misrepresents
something, or perhaps it represents a mere fiction. An image can mislead and it can lie - or it can be inadequate. It is for this reason
Orthodox tradition forbids certain kinds of religious image. The Synod in Trullo, for example, which was convened in 692 to complete the
work of the Fifth and Sixth Oecumenical Councils, forbids the depiction of Christ as a lamb, despite this having been a common image in the
past, and insists He be represented in His humanity. [Canon 82] The reason for this is clearly stated; the image is to lead us to remember
"His life in the flesh, His Sufferings, His Saving Death, and the deliverance accomplished for the world." The Council of Mos cow of 1667
forbade representations of God the Father as a human being - it was the Son Who took on humanity, not the Father, and representations of
the Father in human form is deeply misleading».
2
P. Evdokimov, L'art de l'icône, théologie de la beauté, Bruxelles 1972, pp. 168-169: «L‟icône se place sur un plan totalement différent et
c‟est par là qu‟elIe échappe à toute idolâtrie. Le mot même d‟«icône 1» supprime déjà toute identification et souligne la différence de nature
entre l image et son prototvpe, «entre la représentation et ce qui est représenté 2».On ne peut jamais dire «l‟icône du Christ est le Christ»
comme on dit: «Ce pain est le corps du Christ», ce serait une idolâtrie évidente. L‟icône est une image qui témoigne d une présence d un
ordre bien défini: elle permet une communion orante, qui n est justement pas communion eucharistique, substantielle, avec la nature
glorifiée du Christ mais communion spirituelle, mystique avec sa Personne. Elle opère une rencontre dans la prière, sans localiser cette
communion dans l‟icône en tant qu objetmatériel,mais à travers et avec l‟icône comme véhicule de la présence. Ici l‟Hypostase
«enhypostasie» non pas une substance (le bois, les couleurs) mais la ressemblance et c‟est elle uniquement, et non pas une planche, qui est
le lieu de la présence. Cette ressemblance est fondamentale pour comprendre la vraie nature de 1 icône. Elle relève uniquement de la
contemplation de l Église. C‟est ainsi, en vérité, que l‟Église voit le Christ liturgiquement. L‟iconographe suit cette vision et la traduit. Tout le
mystère de l‟icône réside dans cette ressemblance dynamique et mystérieuse au Prototype, au Christ total, ressemblance attestée par
l‟Église, donc ressentie et vécue d une manière catholique et communiante».
(1. vient de et signifie ressemblance, similitude. / 2. Saint Jean Damascène, PG. 94, 5337. Aussi Saint Nicéphore, PG. 500, 225, 277.)
3
L. Ouspenskij, Essai sur la théologie de l'icône dans l'Eglise orthodoxe , Vol. I, Paris 1960, p. 218.
4
L. Ouspenskij, Essai sur la théologie de l'icône dans l'Eglise orthodoxe , Vol. I, Paris 1960, p. 188: «Dans la Transfiguration «sur le Mont
Thabor, dit le Métropolite Philarète de Moscou, non seulement la Divinité apparaît aux hommes,mais aussi l‟humanité apparaît dans la gloire
divine» (1). Et lesPères du Septième Concile Oecuménique expliquent «En ce qui concerne le caractère de la Transfiguration, elle eut lieu non
pas de telle façon que le Verbe ait quitté l‟image humaine, mais plutôt par l‟illumination de cette image humaine par Sa gloire» (2). Ou
encore, suivant les paroles de saint Grégoire Palamas, «le Christ n assume alors rien d‟étranger, ni ne prend un nouvel état, mais simplement
révèle à Ses discipies ce qu‟Il est» (3). La Transfiguratíon – c‟est une manifestation, perceptible par l‟être humain tout entier, de la gloire
divine de la deuxième Personne de la Sainte Trinité qui, dans Son Incarnation, demeure inséparable de Sa nature divine, commune au Père et
au Saint Esprit. Unies hypostatiquement, les deux natures du Christ demeurent distinctes l‟une de l‟autre (elles restent «sans mélange ni
confusion» suivant les termes du dogme de Chalcédoine), mais les énergies divines pénètrent l‟humanité duChrist et ce sont elles qui font
resplendir Sa nature humaine en la transfigurant par l‟éclat de la lumière incréée. C‟est «le Royaume de Dieu apparu dans sa force» (Luc IX,
1). Selon les Pères, le Christ a montré aux disciples l‟état déiforme auquel sont appelés tous les hommes. De même que le corps de notre
Seigneur fut glorifié et transfiguré resplendissant de gloire divine et de lumière infinie, de même les corps des saints sont glorifiés et
deviennent lumineux en se transfigurant par la force de la grâce divine. Cette ressemblance de l‟homme à Dieu, saint Séraphin de Sarov non
seulement l‟expliqua, mais la révéla directement, visiblement, à Motovilov en se transfigurant à ses yeux (4)».
((1) Tvorenia, Hom. 12, Moscou 1873, p. 99. / (2) 6° session, Mansi XIII, 321 CD. / (3) P.G. 150, 1232 C. / (4) M. V. lime, Serafin Sarovski,
Paris 1930, p. 125. V. Lossky, Théologie, ibid. p. 226.)
764
esiste 1! Si tratta, qui, di un 'innamoramento' di tutti e di tutto, come l'amore che rimane incantato
di chi è l'altra(o), ma senza lasciarlo(a) e senza rimanere come si era prima 2. L'umilenie sarà la
'de-singolarizzazione' ad oltranza e la 'de-possessione' del 'proprio segmentato': è l'unico modo
per potersi 'insiemizzare'. Ecco il mistero dell'"intenerimento" divino nella 'creazione', e la via
dell'unità divino-umana nello 'stile' insiemizzante che porta al pieno compimento della scommessa
di Saggezza. Nella sua 'de-individualizzazione', Dio sembra quasi svanire, lasciando all'universo
persino la possibilità di esaltarsi e di idolatrarsi nella sua totalità, nella sua personalità sofianica.
Ecco ciò che l'illusione di 'superiorità', di 'grandezza', di 'potere' e 'potenza' ha potuto innescare...
L‟INTENERIMENTO EVANGELICO DI COMPASSIONE E L‟«UMILENIE» NELLA DE-SINGOLARIZZAZIONE
DELLA PERSONA
L‟intento orientale ha sviluppato un approccio specifico per superare le strettoie
individualizzanti, si tratta dell intenerimento dello spirito, o del passaggio alla fede tramite
l‟esperienza del crollo interiore delle capacità mentali (lo „svuotamento‟ del „kenos‟), di fronte alla
sconvolgente compassione divina dalla quale ci si lascia travolgere. Si tratta dell‟«umilenie».
L'individuo ripiegato su se stesso si 'scioglie', dall essere umano l'intenerimento evangelico si apre
verso tutto ciò che esiste 3! È una "de-aggressivizzazione" della 'durezza del cuore': essa viene
chiamata "umilenie" o "intenerimento evangelico" 4. È una 'conversione senza disperazione'
5.
Questo intenerimento assume una dimensione 'cosmica', dato che esso è una riconciliazione con
tutta la dinamica di vita universale 6. Ogni risentimento scompare 1. Ognuno si sente colpevole
1
П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины , in idem, Собрание сочинений, T. IV, La colonna e il fondamento della verità,
Москва 1917 / Milano 1974, стр. 288 / p. 347.
2
П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины , in idem, Собрание сочинений, T. IV, La colonna e il fondamento della verità,
Москва 1917 / Milano 1974, стр. 352 / p. 414.
3
П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины , in idem, Собрание сочинений, T. IV, La colonna e il fondamento della verità,
Москва 1917 / Milano 1974, стр. 288 / p. 347.
4
L. A. Zander, Dostoievsky et le problème du bien, Paris 1946, pp. 74-75: «Ce qui caractérise cet «attendrissement», c'est qu'il est souvent
aussi un acte de contrition. L'abîme de mon indignité, de ma faiblesse, de mes vices, se découvre en même temps que l'abîme de la
miséricorde divine qui m'a déjà pardonné. C'est justement ce contraste qui est ressenti comme attendrissant. Pour recourir au langage
théologique, nous devons désigner ce sentiment comme la rencontre du coeur avec la grâce divine, comme le point d'intersection du coeur
et de la grâce, comme la réponse que nous donnons à l'action de la grâce dans notre cœur malade et assoiffé de guérison. Oui, c'est
justement une réponse, car aux yeux de la conscience religieuse la grâce prend l'initiative, c'est elle qui commence, et non pas nous.
L'attendrissant, en effet, c'est que ce soit Dieu qui condescende à nous, nous reçoive dans ses bras, comme le père reçoit so n fils prodigue,
aussi indignes que nous nous sachions. La douceur attendrissante du pardon qui nous vient d'en haut, l'émotion du repentir – voilà l'un des
thèmes principaux de la vie chrétienne en général qui se manifeste avec une force toute particulière chez le peuple russe. L'une des
principales manifestations de l'élément religieux, on peut même dire sa manifestation centrale -- et l'une de ses forces créatrices qui ont
joué et jouent encore un rôle important, voire décisif, dans la vie intérieure du peuple russe est un état spirituel qui est désigné en russe par
le mot «oumilénié», qu'il est difficile de traduire. Peut-être pourrait-on le rendre par «attendrissement religieux» ou «force de
l'attendrissement». C'est la venue soudaine d'un élan inattendu qui s'empare de l'homme, un sentiment de tendresse inexplicable qui saisit le
coeur le plus dur, la recherche angoissée de la pureté et de la paix spirituelle et l'admiration pour la pureté et pour la paix quand elles
s'offrent au regard, le saisissement de l'amour et du pardon, les larmes de la pénitence et de la joie et le don de soi fait dans la joie. Le
peuple russe, pendant toute la durée de son histoire millénaire, au milieu de ses souffrances, de ses péchés, de ses faibless es et même de
ses vices, a toujours hautement honoré cette forme d'attendrissement. Il l'appréciait, la recherchait, et parfois elle descendait en lui,
pacifiant, guérissant son âme. C'est pour quoi dans les service de l'Eglise orthodoxe certaines prières, certains chants, particulièrement
«attendrissants», étaient tellement aimés par le peuple et agissaient si fort sur lui, lorsqu'il se prosternait dans l'église».
5
L. A. Zander, Dostoievsky et le problème du bien, Paris 1946, p. 29: «Il est certain que l'attendrissement, accordé comme un don, est un
bien qu'il faut souhaiter et désirer dans toutes les circonstances de la vie. «Seigneur, accordez-moi les larmes et l'attendrissement», lisonsnous dans la prière du soir de saint Jean Chrysostome. Mais l'état de béatitude peut-il servir de fin aux actions humaines, peut-il être un
objet de recherche et d'acquisition? En d'autres termes, est-il possible de fonder une norme de conduite sur le fait mystique et
métaphysique, de lui faire prendre la forme d'un impératif? Dostoievsky paraît donner à cette question une réponse affirmative: «Prosternetoi avec amour et baise la terre», enseigne le père Zossima. «Baise la terre et aime-la inlassablement, insatiablement aime tous et tout,
recherche ce ravissement et cette extase. Arrose la terre de larmes d'allégresse et aime ce larmes. Ne rougis pas de cette extase, chéris-la,
au contraire, car elle est un grand don de Dieu, qui n'est accordé qu'à un petit nombre, aux élus» (Les Frères Karamazof, VI-III)».
6
Archimandrita Spiridione, Le mie missioni in Siberia, in T. Špidlìk, La spiritualità russa, Roma 1981, p. 141: «Il detenuto nascose il volto
dietro il suo Vangelo e si mise a piangere. «Qual è, di solito, il tuo stato d'animo?» «Padre, vorrei amare tutti gli uomini, vorrei perdonarli per
765
verso tutti 2. Il 'crollo umano' (o lo svuotamento della coscienza umana) lascia esausti buoni o
cattivi, assassini o virtuosi, affinché possa manifestarsi una trasfigurata consapevolezza 3. La
santità è un dono compassionevole per la comunità, non un efficace gioco di meriti
individualissimi. Questo intenerimento apofatico coinvolge tutti e tutto, come l'amore che rimane
incantato di chi è l'altra(o), ma senza lasciarlo(a) tale quale era 'prima' e senza rimanere se stessi
come si era 'prima' (erroneamente tradotto –nella nota- come „umiliazione‟) 4.
LO SVUOTAMENTO DI SE NELLA DE-POSSESSIONE KENOTICA DI SE
Raccogliamo succntamente ciò che i capitoli e parti precedenti hanno già evocato nella
maturazione dell‟oriente cristiano da Bisanzio alle prospettive slave orientali. L'"umilenie"
dell‟intuito cristiano russo (l‟intenerimento evangelico di compassione) consiste anch‟esso nella
'de-singolarizzazione' ad oltranza e nella 'de-possessione'
del 'proprio
Io
innalzato a
protagonismo'. Nella compassione scompare l'illusione di diventare protagonisti di una 'lotta per la
tutto, soffrire eternamente per tutti gli uomini. Io credo, padre, che questo mi è stato dato dalla preghiera che mi ha rigenerato, perché
quando ero in libertà, non ero così». «Qualche volta sei triste?» «No, mai. Quando la coscienza è pura davanti a Dio, il raggio della gioia non
si spegne nel cuore. Adesso, oltre al Padre nostro, recito mentalmente ogni martedí della settimana: Dio mio, voi siete mio ed io sono vostro,
salvatemi! Padre, non mi sarei mai aperto con lei, se lei non mi avesse toccato il cuore con le sue prediche. Agiscono molto sulle nostre ani
me. Non è senza ragione che tutti i detenuti vi amano. Hanno intenzione di offrirvi un omaggio ed una immagine. Vi seguirebbero dove voi
volete, anche in mezzo alle fiamme. Anch'io, padre, le voglio bene. Ho ancora una richiesta da farle. Mi confessi e mi d ia la comunione. Non
mi sono ancora mai comunicato in vita mia». «Forse vuole, figlio, che le dia anche la confermazione?». «Va bene, le sarei molto
riconoscente»».
1
Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980 / Torino 1981, стр. 354-355 (T. I) / pp. 383-
384 (V. I): «Era tutto mutato spiritualmente: oh, la meravigliosa trasformazione, iniziatasi in lui d'improvviso! Entra in camera sua la vecchia
balia: -Se permetti, tesoro, accendo anche qui la tua lampadetta dinanzi all'icona. Ed era una cosa, questa, che lui finora non aveva permesso
mai, tanto che arrivava al punto di soffiarci sopra. -Accendi, cara, accendi pure: sono stato un mostro io, a proibirvelo finora. Tu accendendo
la lampada pregherai Iddio, e io pregherò a mia volta rallegrando mi della tua presenza. Così a un solo Iddio pregheremo insieme. Ci
sembravano strane parole come queste, e la mamma, ritirandosi di là, piangeva senza cessa: solo quando entrava da lui si rasciugava gli
occhi, e prendeva un aspetto lieto. - Mammina, non piangere, tesoro mio, -le diceva, - mi resta ancora tanto da vivere, tanto da far festa con
voi, e la vita, la vita è così festosa, così gioconda! -Ah, caro, ma che festa può esserci per te, se la notte bruci di febbre e continui a tossire,
da sembrare che il petto stia lì li per spezzartisi! -Mamma,C le rispondeva, -non piangere, la vita è un paradiso, e tutti siamo in un paradiso,
ma non vogliamo riconoscerlo: ché se avessimo volontà di riconoscerlo, domani stesso s instaurerebbe in tutto ilmondo il paradiso. E tutti
rimanevano stupefatti delle parole di lui, tanto era strano il modo, tanta era la sicurezza con cui parlava: si commovevano e piangevano.
Veniva a trovarsi qualche conoscente: -Miei cari, diceva loro, amici miei, ma che cosa ho fatto per meritarmi che voi mi amaste? per qual
motivo, così come sono, mi amate, e come mai, fino ad oggi, io non l'ho riconosciuto, non l'ho apprezzato? - Alle persone di servizio, che
venivano in camera sua, diceva ogni momento: -Miei cari, amici miei, perché voi mi fate questi servizi: come se poi io meritassi d'esser
servito? Se Dio mi commiserasse e mi lasciasse in vita, mi metterei io per primo a servirvi, giacché tutti sono obbligati a servirsi l'un l'altro. Mammina, a sentir così, scrollava la testa: -Amore mio caro, è il male che ti fa dire così! -Mamma, gioia mia, rispondeva lui, -non può darsi
che non esistano servi e padroni, ma lasciate che anch io sia servo dei servi miei, né più né meno che essi son servi a me».
2
Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980 / Torino 1981, vol. 1, стр. 355 (T. I) / pp. 384-
385 (V. I) (citato supra).
3
L. A. Zander, Dostoievsky et le problème du bien, Paris 1946, p. 25 (citato supra).
4
П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины , in idem, Собрание сочинений, T. IV, La colonna e il fondamento della verità,
Москва 1917 / Milano 1974, стр. 91-92 / p. 133: «La natura metafisica dell'amore sta nel superamento translogico dell'autoidentità Io = Io
e nell'uscita da sé. Questo avviene confluendo nell'altro, quando si riversa nell'altro la forza divina che spezza i ceppi de ll'aseità umana finita.
Allora l'Io nell'altro, nel non Io, diviene consustanziale all'altro (omoúsios) e non semplicemente simile all'altro (omoiúsios), come richiede il
moralismo, che è uno sforzo futile e demente dell'amore umano extradivino. L'Io, elevandosi sopra la legge vuota e senza contenuto
dell'identità e identificandosi con ciascun fratello, si fa liberamente non Io, o, come dicono gli inni liturgici, «svuota se stesso», «si
esaurisce», «si impoverisce», «si abbassa» (cfr. Fil. 2, 7)1 cioè si priva dei propri attributi che gli sono necessariamente dati e delle leggi
naturali dell'attività interiore basate sulla norma ontologica dell'egoismo o identità; conformandosi sull'essere «altro», l'Io esce dai propri
confini, dalla norma del proprio essere e volontariamente si sottomette a una impostazione nuova per includere il proprio Io nell'Io dell'altro
essere, il quale è per lui non Io. Così l'impersonale non lo diventa persona un altro Io, cioè Tu. Con questo svuotamento di sé, kenosis dell'Io,
si ripristina l'Io nella norma dell'essere che gli è propria, norma ormai non più semplicemente data ma giustificata, non semplicemente
presente in un certo momento e in un certo luogo ma dotata di valore universale ed eterno».
(1 Sul concetto di «umiliazione» nel suo significato teologico specifico applicato a Gesù Cristo, cfr.: M.(M.) Tareev, Umilenie Gospoda na ego
Iisusa Christa, Mosca, pp. IX + 192 + II (con una bibliografia sulla questione), Uničiženie Christa (Osnovy Christianstva, vol. I, ed. 2, Sergiev
Posad 1908, pp. 7-134). Lo stesso del precedente, ma in parte semplificato e in parte completato; A. Tsekanovskij, K ujasneniju učenija o
samouničiženii Gospoda na ego Iisusa Christa (izloženie i kriti eskij razbor kenotičeskich teorij o lice lisusa Christa) , Kiev 1910, pp. IV « 220.)
766
verità', vivendo il "crollo" della propria personalità nella commozione per tanta immeritata grazia
da Dio. Nella 'compassione' si supererà la passionalità che ci benda gli occhi della mente 1. Ecco il
mistero dell'"intenerimento" divino nella 'creazione' 2. Non si tratta soltanto di "umanizzazione" o
di inclinazione "sentimentale", ma si riconosce in questa "vicinanza divina" l'originalità della
esperienza cristiana russa nella sua sostanzialità: l'umilenie o l'intenerimento evangelico. La radice
viva di questa "vena centrale" non sarà inventata dagli slavi orientali, ma verrà dalla sorgente
ecclesiale: Costantinopoli. La Vergine di Vladimir racchiuderà nella sua espressività i dati
essenziali, che si potranno poi sviluppare, partendo dalla piattaforma spirituale kieviana 3. Il
culmine della capacità iconografica bizantina passerà come "translatio" anche in questo campo
(non più come imperialità, ma come genialità iconica) doverosamente alla eredità slavo-orientale,
che ne ha ulteriormente approfondito tanti aspetti e faccettature. Si sa che, diversamente che con
la produzione analitico-razionale degli studi e scritti che possono crescere pezzo per pezzo la via
riassuntiva dell'icona non si articola come giustapposizione formale e progressiva della mente,
coinvolgendo tutta la sensibilità personale e comunitaria. Non è da meravigliarsi se la creatività
1
T. Špidlìk, La spiritualità russa, Roma 1978, pp. 29-30 (cfr p. 167): «La spiritualità russa, come assicurano parecchi dei suoi rappresentanti,
avrebbe una speciale nota caratteristica: «la compassione con quelli che soffrono. [.... ] Dostoevskij vedeva nella sofferenz a la sola causa
della nascita della coscienza» 1. «La vita eterna del mondo -scrive E. Trubeckoj- si realizza mediante la morte delle sue forme temporali; il
raggiungimento del senso assoluto si prepara mediante la distruzione di tutto ciò che ha senso parziale e doppio» 2, « Il russo -scrive I.
Kologrivov- è per natura abituato a soffrire, ed il cristianesimo non farà che sublimare questa abitudine o virtù, mostrandogli nella felicità
futura null'altro che una meravigliosa trasfigurazione della sofferenza» 3».
(1 Berdjaev, Dialectique existentielle du divin et de l‟humain, Paris 1947, p. 89. / 2 I grandi mistici russi, Roma 1977, p. 351. / 3 I santi russi ,
Milano 1977, p. 12. / A Jelčaninov, Diario, in T. Špidlìk, La spiritualità russa, Roma 1978, p. 167: «Perché la fede è difficile? Prima della
caduta l'uomo conosceva. II peccato ha nascosto Dio davantt ai suoi occhi, e la fede è la penetrazione di questo velo di peccato che ci separa
da Dio. La mancanza di compassione, di misericordia da parte nostra per gli altri uomini, è un velo impenetrabile fra noi e Dio, come se noi
avessimo coperto una pianta con un cappuccio nero e poi ci lamentassimo che essa è morta a causa della mancanza di luce».)
2
П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины , in idem, Собрание сочинений, T. IV, La colonna e il fondamento della verità,
Москва 1917 / Milano 1974, стр. 289-290 / 348-349: «Ciò che trasforma Dio in demonio è l'egoismo divino; invece l'idea cristiana di Dio
come Amore Sussistente, Amore internato in Se stesso, e quindi esternato fuori di Sé, è stata la prima a fornire la base per riconoscere alla
creatura l'autonomia e quindi la sua responsabilità morale davanti a Dio. Lo stelsso vale per l'idea dell'umiltà di Dio, dell'autoumiliazione di
Dio manifestatasi per la prima volta nel creare il mondo, cioè nel porre accanto a Sé un essere autonomo, nel dargli la libertà di evolversi
secondo leggi proprie, e quindi nel volontario autolimitarsi di Dio. Nel mondo antico non poteva esistere l'idea della responsabilità morale
della creatura davanti a Dio, perché non esisteva l'idea della libertà della creatura. Cristo ha portato al limite l'idea dell'umiltà divina: venendo
nel mondo, Dio depone la forma della Sua gloria e assume la forma della Sua propria creatura (Fil. 2, 6-8), si sottomette alle leggi della vita
creata, 1 non infrange il corso del mondo, non sorprende il mondo con il fulmine e non lo stordisce con il tuono come pensavano i pagani
(basti ricordare il mito di Giove e Semele); invece si limita ad accendervi una modesta luce attirando a Sé la sua creatura peccatrice e sfinita,
cercando di farla rinsavire e non castigandola. Dio ama la sua creatura e si strugge per essa e per il suo peccato. Dio stende la mano alla
creatura, la prega, la chiama, attende il ritorno del suo figlio prodigo. E l'umanità è a capo del creato, ne è responsabile davanti a Dio, come
l'uomo è responsabile per l'uomo».
(1 « II Signore nutre pieno rispetto verso la natura da Lui creata e le sue leggi come prodotti della sua stessa provvidenza infinitamente
perfetta. Perciò Egli compie la sua volontà di solleRio attraverso la natura e le leggi di questa, per esempio quando castiga o benefica gli
uomini. Perciò non esigere miracoli da Lui, senza estrema necessità» (P. Giovanni di Kronstadt cit., p. 667).)
3
T. Talbot Rice, A Concise History of Russian Art, London 1963, p. 36: «The Byzantine icon which is known to us today as the Virgin o
Vladinlir (III. 26) is a masterpiece of outstanding quality. Its beauty and importance was fully realized by the Kievans, and both the Lavrentiev
and the Ipatiev chronicles devote considerable attention to it. They inform us that when Mstislav, a son of Vladimir Monomachus, decided to
build a church in the Pirogoshcha district of Kiev, to be dedicated to the Virgin, he commissioned an icon of the Virgin and Child in
Byzantium for it. The Prince laid the foundation | stone of his church in 1132, the building being completed within four years; b y that time
the icon he had ordered for it had reached Kiev, together with a second painting of the Virgin and Child, which it seems reasonable to
suppose had been commissioned from the same artist. The icon destined for the church has disappeared long ago, and not even a
description of it survives; fate dealt more kindly with the second panel which is the one which is known to us today as the Virgin of Vladimir
because it was transported in 1167 to Vladimir, the city which superseded Kiev as capital of Russia. The icon became so close ly associated
with its new home that even after its removal to Moscow late in the fourteenth century the connexion was perpetuated in the name by which
the painting continued to be known. The icon of the Virgin of Vladimir shows a degree of tendemess which is quite unusual for its date, the
Virgin's head touching the Child's in a gesture of such deep affection that, iconographically, the rendering bears the designation of
'tenderness'. Though the work of what must assuredly have been one of Constantinople's greatest painters, the spirit which it manifests is so
profoundly Russian that it. must have been introduced into the icon at the specific wish of the Prince who commissioned dhe panel. In Russia
the painting inspired an iconographic prototype which thereafter remained among the most deeply loved; it set a standard for monumental
representations of the Virgin and Child which all subsequent artists strove to attain; in addition it seems to have been one of the earliest
examples of the gender, more humanistic type of religious art which developed in Russia through the years within the Byzantine framework».
767
iconografica abbia richiesto il tempo necessario, suscitando magari l'impressione di "nonoriginalità" in diversi altri campi più analitici. Eppure, la chiave iconografica come coronamento del
primo passo "percettivo" nello Spirito troverà il suo massimo esponente e la sua più eccelsa
espressività al termine del primo approfondimento "kieviano" del cammino ecclesiale. San Sergio
di Radonež 1, che seppe 'intenerire' la vita monastica 2, fu l‟iniziatore di un cammino ecclesiale
come „libertà nello spirito‟ (cfr supra). Una prima espressione appare nei 'pazzi per Cristo' o
jurodivye (come lo fu Vasilij Blažennij 3): 'l'anti-teatro' della sicurezza individuale di sé 4. Anche la
spiritualità del „pellegrino russo‟ o il peregrinare come spiritualità si vive per 'diventare liberi nello
spirito' 5 nella libertà interiore della "preghiera del cuore" 6. La grazia non sorge dai 'meriti' e non è
fonte di 'azioni meritevoli' 7. La scelta monastica non è una palestra di eroico combattimento 'per
se stessi' (la propria salvezza ecc.), ma una scuola di disponibilità nella e per la comunità credente
8.
Lo scopo non è la 'ferrea disciplina' ma la 'flessibile recettività' che può diventare assistenza ed
illuminazione a servizio del popolo ecclesiale
9.
L'umile commozione (con le lacrime
dell'intenerimento evangelico) sarà la via della interiore trasfigurazione
10.
Tale sarà la
maturazione della tradizione russa ortodossa riguardo ai 'conoscitori delle anime', o padri nello
spirito, o 'startsy'
11.
La metodologia dei 'startsy' è solo la 'cardiognosia' o l'aiuto offerto a 'vedere
in ognuno dal di dentro'
12.
Essi non impongono niente, non 'dirigono' ma fanno l'esperienza
dando l'esempio. La loro mediazione è una assistenza per ricomporre la persona nella sua totalità
13.
La libertà nello spirito troverà un suo momento di contrasto (nella "leggenda di Ivan
Karamazov") tra "Cristo pellegrino" ed il "gran Sacerdote-Inquisitore"
14.
Esplorare il mondo umano
sommerso e sotteraneo: ecco il nuovo traguardo della libertà nello spirito
"persone libere", dopo la tragicità dell'evento rivoluzionario'
16?
15.
Sono nati nuovi tipi di
Cristo rifiuta di 'cambiare le pietre
in pani': utilità affinché la gente venga a lui per essere sfamata
17
come lo suggerisce il "potente
Spirito di verità"! La tragedia dell'«uomo-del-futuro» di Solov‟ëv rappresenta una particolare forma
di rinnegamento: l'incapacità di 'de-possedersi' (presente poi in ognuno e ad ogni livello di
esperienza): per lui, il vero scandalo rimane il passaggio-percorso nella metodologia della croce
18.
Il 'vittimismo' quasi pre-cristiano e l'auto-sacrificio sull'altare della 'omnipotenza di Dio offesa
dall'uomo' diventa 'annientamento' per rendere possibile la credibilità della 'verità disarmata'
19.
1
P. Kovalevskij, Saint Serge et la spiritualité russe, Paris 1958, pp. 151-152.
2
P. Kovalevskij, Saint Serge et la spiritualité russe, Paris 1958, p. 59.
3
P. Kovalevskij, Saint Serge et la spiritualité russe, Paris 1958, p. 136.
4
D. Čiževskij, Storia dello spirito russo, Firenze 1965, pp. 136-137.
5
Anonyme, Récit d'un pèlerin russe à son père spirituel, Paris 1948, pp. 84-85.
6
Anonyme, Récit d'un pèlerin russe à son père spirituel , Paris 1948, pp. 114-115; Epifanio il Saggio, Vita di San Sergio di Radonez, in T.
Spidlik, La spiritualità russa, Roma 1981, pp. 44-45.
7
Vl. Losskij, Théologie mystique de l'Eglise d'Orient , Paris 1946, pp. 194-195.
8
Metr. Serafim, L'Eglise orthodoxe , Paris 1952, p. 182.
9
Metr. Serafim, L'Eglise orthodoxe , Paris 1952, pp. 192-193.
10
Metr. Serafim, L'Eglise orthodoxe , Paris 1952, pp. 198-199.
11
D. Čiževskij, Storia dello spirito russo, Firenze 1965, pp. 200, 300; N. Berdjaev, Le fonti e il significato del comunismo russo , Milano 1976,
p. 27; P. Kovalevskij, Saint Serge et la spiritualité russe, Paris 1958, p. 148; N. Zernov, Rinascita religiosa russa nel XX secolo , Milano 1978,
p. 280.
12
P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon la tradition orientale, Lyon 1967, p. 79.
П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины, in idem, Собрание сочинений, T. IV, La colonna e il fondamento della
verità, Москва 1917 / Milano 1974, стр. 463 / pp. 501-502.
14 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980 / Torino 1981, стр. 312-13 (T. I) / pp. 33613
337 (V. I).
15
L. Šestov, La filosofia della tragedia, Napoli 1950, pp. 33-34.
16
T. Goričeva, Nous chrétiens d'Union soviétique, Paris 1989, p. 11.
17
Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980 / Torino 1981, 312 (T. I) / pp. 335-336 (V. I).
18
Вл. Соловьев / V. Solov'ëv, Три разговора / I tre dialoghi, Нью Йорк 1954 / Torino 1975, стр. 203 / p. 193.
19
Б. Пастернак / B. Pasternak, Доктор Живаго / Docteur Jivago, Milano 1957 / Paris 1958, стр. 33-34 / pp. 50-51.
768
L‟ANNIENTAMENTO MA NON „AZZERAMENTO DI SE‟ NELLA DE-POSSESSIONE KENOTICA DI
DIVINIZZAZIONE
La 'kenosis' coinvolge Cristo nella sua divinità 1. La sua 'regalità' -invece- si riassume nella
sua elevazione sulla croce 2. La Trasfigurazione fa a meno dei segni della 'potenza' e della
'vittoria', la croce include la dignità crocifissa. Cristo è 'perfetto Dio' e 'perfetto uomo' come centro
della 'storia', ma precisamente in quanto e nella sua sanguinaria tragicità 3. Dopo Cristo la morte è
è una via partecipativa verso la divinizzazione. Così viene superato una angolatura sempre
aggressiva sulla santità evangelica. In questa santità di non resistenza evangelica appare
l'impronta particolarissima della 'umilenie' o dell'intenerimento vissuto dalla Madre di Dio
4:
accoglienza totalmente umana ma inizio di una 'maternità divina' 5. In questo si trova la fonte
'storica' della divinizzazione in via di compimento. L'iniziativa di Cristo è meno una 'opera di
salvezza' che una 'economia'
6.
Questa 'filantropia divina verso l'umanità' viene spinta fino
all'estremo nella simbolica dell'"idiota": egli, infatti 'si converte a tutti' molto più che ognuno 'si
converta a lui' 7. Lo specifico umano non viene 'sottomesso' al divino in Cristo, ma in lui si inizia la
la 'compenetrazione' dell'umano dal divino: compenetrazione 'libera' ed avvio della penetrazione
cosmica 8. Seguire Cristo significa 'rivestire' Cristo. Questo non evoca una conformità 'letterale' ma
ma indica una convergenza tra il nostro 'di dentro' e la trasparente interiorità di Cristo alla quale si
partecipa
9.
Tramite Cristo noi diventiamo 'dei', non perché ci 'eleviamo' ma perché Dio ha
follemente voluto diventare 'umano'
10...
Cristo non sembra assumere un ruolo di centralità o di
prevalenza. La sua 'kenosis' non viene superata come una 'rivincita' nella sua 'gloria'. Si
ridimensiona l'iperbolica maestà e dominio del 'Pantocrator'
11.
Invece, nell'icona della Trinità (di
Rublëv) Cristo che sembra per alcuni 'al centro', si tiene piuttosto 'nel sottofondo' inchinandosi
sommessamente verso il Padre
12.
Non vengono neanche rappresentati gli 'attributi vittimistici'
della passione di Gesù nell'icona, superando il protagonismo violento della tipologia del 'Cristovittima' per meglio cogliere il messaggio del suo annientamento interiore
sorge dalla 'diade' di Cristo e dello Spirito Santo
irripetibile di Cristo
tutti
18:
17.
La divinizzazione
La coscienza cristiana prospetta "l'unicum"
verso un'altro 'unicum': l'antropocentrismo
15
d'oriente e d'occidente
14.
13.
16,
confluenza delle culture
L'equivoco dell'Anticristo sarà essere lui stesso il limite di tutto e per
sostituzione del Cristo precursore col Cristo definitivo, cioè se stesso (cfr infra, la parte
1
Vl. Losskij, Théologie mystique de l'Eglise d'Orient , Paris 1946, p. 144.
2
Vl. Losskij, Théologie mystique de l'Eglise d'Orient , Paris 1946, pp. 145-146.
3
Н. Бердяев / N. Berdjaev, Смысл истории / Il senso della storia, Берлин 1923 / Milano 1977, стр. 58-63 / pp. 50-55.
П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины , in idem, Собрание сочинений, T. IV, La colonna e il fondamento della verità,
verità, Москва 1917 / Milano 1974, стр. 378 / pp. 417-418.
5 Н. Бердяев / N. Berdjaev, Le fonti e il significato del comunismo russo , Milano 1976, p. 176.
6 Giovanni Damasceno, Contro i Giacobbiti, in P. G., V. 94, col. 1464.
7 Cfr Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Идиот / L'idiota, Париж 1970, T. I / Torino 1984; cfr A. Joos, Il Cristo di Dostoevskij , in «Rassegna di
4
teologia», 1988 n° 6, pp. 539-557.
8
Metr. Serafim, L'Eglise orthodoxe , Paris 1952, pp. 38-39.
9
P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon La tradition orientale, Lyon 1967, p. 20.
10
P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon La tradition orientale, Lyon 1967, p. 28.
11
M. Lot-Borodine, La déification de l'homme , Paris 1970, p. 89.
12
Daniel Ange, L'étreinte de feu, Paris 1980, p. 6.
13
Daniel Ange, L'étreinte de feu, Paris 1980, pp. 208, 242; T. Špidlik, La spiritualità russa, Roma 1981, p. 29.
14
Cfr J. Tsopanoglou, Perspectives spirituelles, point de vue orthodoxe , in «Unité des chrétiens», 1992 n° 88, pp. 10-11.
15
Н. Бердяев / N. Berdjaev, Смысл истории / Il senso della storia, Берлин 1923 / Milano 1977, стр. 43-44 / p. 36.
16
Н. Бердяев / N. Berdjaev, Смысл истории / Il senso della storia, Берлин 1923 / Milano 1977, стр. 140-142 / pp. 100-101.
17
Н. Бердяев / N. Berdjaev, Смысл истории / Il senso della storia, Берлин 1923 / Milano 1977, стр. 143-145 / pp. 102-103.
18
Вл. Соловьев / V. Solov'ëv, Три разговора / I tre dialoghi, Нью Йорк 1954 / Torino 1975, стр. 200 / p. 190.
769
sull‟escatologia orientale) 1, fonte di ogni 'bene' 2. Il 'benefattore' non potrà che "accentrare tutto",
tutto", ricomporre tutto, aggiustare tutto 3. Cristo non cambia il mondo 'per forza', proprio perché
la via verso il compimento di 'ogni bene' richiede questa "de-possessione" radicale che impedisce
al 'bene' di poter essere una 'forza'.
LA „MIOPIA‟ INDIVIDUALIZZANTE E LO „SPAZIO‟
L'individualità appare come una 'spazializzazione' riduttiva o meglio una "cutanizzazione"
di tutta l'esperienza... Ma come rendere 'a modo di sintesi' quel livello dell'esperienza che si
chiama 'spazio'? Si evocherà come 'esteriorità dell'esperienza umana'
4.
Non è l'individuo
segmentato che ha i suoi 'tempi' successivi, ma sono i tempi vari che trasformano e ricreano
l'individuo segmentato. Ecco ciò che la scommessa iconica tenta di evocare, simultaneizzando i
'tempi' nello 'spazio' dell'icona 5. Questa simultaneità è 'impossibile': in qualche modo costituisce
una trasgressione di fronte alla rappresentazione 'fedele' delle cose e degli esseri. Lo spazio è un
ambito ristretto dove qualcuno può –assai facilmente- illudersi di 'prevalere', di 'essere superiore',
di 'essere eroe', di 'essere centrale'... Con il tempo, l'equivoco non sembra parallelo. Lo spazio
mette qualcosa in avanti (ciò che ho notato anche se per un attimo sfuggente), il tempo manda
qualcosa indietro, lo fa sparire nel passato, lo toglie dal ricordo... È questa la sorgente per un
concetto 'sacrificale' e 'traumaticamente sacrificativo' della coscienza umana arcaica sul tempo? È
forse per questa ragione che l'istinto religioso umano vuole 'eludere' il tempo come una parte
essenziale di questo 'male' che si oppose al 'bene' nella prima illusione dell'umanità sulla gestione
del sapere di vita, sui frutti dell'albero della vita (o delle vite?)?... Se lo spazio si segmenta, il tempo
viene 'indirizzato' (vedere infra, la parte sull‟escatologia orientale). Lo spazio si vede fragmentato,
il tempo -invece- è 'situato' o 'determinato'.
3° UN‟ALTRO PASSO VERSO L‟ESICHIA DIVINIZZANTE:
INVERTIRE OGNI RAZIONALIZZAZIONE INDEBITA
1
Вл. Соловьев / V. Solov'ëv, Три разговора / I tre dialoghi, Нью Йорк 1954 / Torino 1975, стр. 201 / p. 191.
2
Вл. Соловьев / V. Solov'ëv, Три разговора / I tre dialoghi, Нью Йорк 1954 / Torino 1975, стр. 201 / p. 191.
3
Вл. Соловьев / V. Solov'ëv, Три разговора / I tre dialoghi, Нью Йорк 1954 / Torino 1975, стр. 201 / p. 191.
П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины , in idem, Собрание сочинений, T. IV, La colonna e il fondamento della verità,
verità, Москва 1917 / Milano 1974, стр. 595-596 / p. 654: «Nello spazio, che racchiude tutto ciò che è esteriore e perciò lo sottopone alla
4
sua propria natura, noi distinguiamo tre dimensioni. Naturalmente possiamo con una logica astratta parlare di spazio di n-dimensioni, 1
studiarlo e poi applicare i teoremi risultanti alla meccanica, alla fisica e agli altri settori della scienza.2 Tuttavia il concetto dello spazio ndimensionale e il dato dello spazio tri-dimensionale non si possono paragonare a vicenda e non si può trattarne come di qualcosa dello
stesso genere. Anche se si possono elaborare e saranno elaborate le appercezioni dello spazio n-dimensionale, tra il mezzo tridimensionale
naturale e a tutto comune e il concetto sofisticato e puramente ideale degli altri spazi resta sempre un abisso. La realtà sp aziale con cui
abbiamo da fare è tridimensionale e tutto ciò che è nello spazio è a sua volta tridimensionale. Tutti i tentativi, numerosi e tenaci, 3 di
dedurre la tridimensionalità del nostro spazio non hanno dato nessun risultato e basta uno sguardo fugace per convincersi che dimostrano la
tridimensionalità dello spazio solo presupponendola».
(1 Senza appesantire il presente libro con una bibliografia su questo argomento, ritengo mio dovere accennare a un libro, assolutamente
degno dell'attenzione degli storici, di un pensatore riccamente dotato e poliedrico, morto prematuramente, alludo a N.(A.) GULAK
(Artemovskij), Opyt geometrii o cetycech izmerenijach; Geometrija sistematičeskaja, Tiflis 1877, p. 150. / 2 René De Saussure, Théorie des
phénomènes physiques et chimiques, in « Archives des sciences physiques et naturelles», nn. 1, 2, 1891; L. Königsberger, Die Prinzipien der
Mechanik, 1901 (Una meccanica dello spazio pluridimensionale). / 3 Li hanno compiuti gli idealisti tedeschi Fichte, Schelling e Hegel. Cfr.
anche R. H. Lotze, Syst. d. Philos. Thl. II. Metaphysik 1879; Grundzuge d. Metaphysik, ed. 2, Lipsia 1887; G. Teichmüller, Deystvitel'nyj i
kazusciisia mir, trad. dal tedesco di E. Krasnikov Kazan' 1913, 1. II, c. I. Estremamente caratteristica l'impotenza di razionalizzare la
tridimensionalità in P. N. Strachov, Mir kak celoe, Pietroburgo 1872, p. 346. La più recente impostazione delle dimensionalità dello spazio è
legata al cosiddetto « principio della relatività «; cfr. G. Minkovskij, Prostranstro i vremia, Per. I.V. Jasunskij, Pietroburgo 1911: «Physice».)
5 П. Флоренский / P. Florenskij, Небесные знамения , in idem, Статьы по искусству, Собрание сочинений , I, Париж 1985 / Segni celesti,
Riflessioni sulla simbologia dei colori, in idem, La prospectiva rovesciata ed altri scritti, Roma 1983, стр. 186-187 / p. 132.
770
Dall‟orizzonte dell‟esichia ci si libera dalla schiavitù razionalizzante dell'intelletto
singolarizzato. Si dice che la severa analisi, la struttura mentale, l‟articolazione razionale, vengono
spazzate via dall‟immagine con la sua priorità emotiva 1. Il livello emotivo è la prima o iniziale
piattaforma con la quale si aggancia lo spettatore 2. Si dirà che lo spirito critico o analitico e
razionale viene messo a tacere 3. Altri professano la non esistenza dell'immagine: razionalmente
non c'è l'immagine, vi sono oggetti immaginari 4, un altro 'niente'... o un 'nulla' senza l‟iniziativa
creatrice 5, un nihil che si fa visibile 6. L‟immagine per eccellenza è il Verbo stesso: Messaggio
ultimo ricapitolando tutti i messaggeri 7.
DALLA RAGIONE CONCETTUALE AL MESSAGGIO VISSUTO
Si dice che l‟angelo della „visione‟ apocalittica è il mediatore della rivelazione nelle visioni
(alle Chiese) 8. L'Angelo è l'"anghelos" o il messaggero del messaggio, 'energia' divina nel percorso
percorso del Messaggio, fino all'accoglienza
9.
Nei linguaggi della personalizzazione, è il
messaggio stesso che si 'organifica' in 'messaggero'. Si sa che l‟esegesi degli anni „90 vede
l‟apocalisse come indirizzata agli angeli-„vescovi‟ delle sette Chiese: certo non da capire come
J. F. Davis, The Power of images: Creating the Myths of Our Time, in «Media&Values», 1992 n° 57, pp. 4-5; M. D. Chenu, Peuple de Dieu
dans le monde , Paris 1966, pp. 117-118; cfr Culture scolaire et culture de masse , Compte rendu des Journées universitaires, Amiens, 1964,
1
dans «Cahiers universitaires carholiques», juin 1964.
2
3
J. F. Davis, The Power of images: Creating the Myths of Our Time, in «Media & Values», 1992 n° 57, p. 5.
A. Zanacchi, La sfida dei mass media, Alba 1977, p. 42.
P. Foulquié, Dictionnaire de la langue philosophique, (avec la collaboration de R. Saint-Jean), Paris 1962, p. 342; cfr Alain, Eléments de
philosophie, 57.
5 J.-P. Sartre, L'imaginaire, Paris 1940, p. 34.
6 П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины , in idem, Собрание сочинений, T. IV, La colonna e il fondamento della verità ,
verità, Москва 1917 / Milano 1974, стр. 195-196 / p. 32.
7 P. Nellas, Le vivant divinisé. Anthropologie des Pères de l Eglise , Paris 1989, p. 15: «Le thème de l'«image» (eikôn) a déjà une longue
4
histoire. Il représente un terme fondamental de la philosophie grecque chez Platon, chez les stoïciens et, plus tard, chez les néoplatoniciens
(1). En outre, il constitue le noyau de l'anthropologie de l'Ancien Testament, principalement du Livre de la Genèse et de la littérature
sapientielle (2) . Dans l'intervalle entre ces deux traditions, Philon utilise également le terme de façon centrale en lui donnant un contenu
particulier (3). Dans le Nouveau Testament, le terme s'enrichit aussi d'un contenu christologique, ce qui donne à l'anthropologie de nouvelles
dimensions. Pour l'apôtre Paul, le Christ est «l'image du Dieu invisible». Et l'homme, comme nous le verrons, est l'image de l'Image. Mais le
terme christologique de Jean: «Verbe de Dieu», a, on le sait, un contenu voisin, sinon identique, à celui du terme paulinien: «image du Dieu
invisible» (4). Par la suite, dans la littérature patristique, dont la présente étude vise à appliquer la méthode, le terme d'«image», sert d'axe
autour duquel se rassemblent tant la cosmologie que l'anthropologie orthodoxes, et la christologie elle-même (5). De cet extraordinaire
trésor dogmatique des Pères, nous nous bornerons à exposer le seul aspect anthropologique, pour voir comment le «à l'image» peut
constituer le fondement d'une «anthropologie orthodoxe» (6)».
(1. Cf. H. Willms, Eikôn. Eine begriffsgeschichtliche Untersuchung zum Platonismus, 1. Teil, Philo von Alexandreia. Mit einer Einleitung über
Platon und die Zwischenzeit, Münster, 1935, G. Kittel, Theologisches Worterbuch zum Neuen Testament, 2, p. 386-387. P. Aubin, «L'image
dans l'oeuvre de Plotin», in Recherches de science religieuse, 41 (1953), p. 348-379. H. Merki, «Ebenbildlichkeit», in Reallexikon für Antike
und Christentum, 4, 1959, p. 459-479. / 2. Gn 1, 26-27- Sg 7, 24-28. Cf. K. L. Schmidt, «Homo Imago Dei im Alten und Neuen Testament»,
in Eranos Jahrbuch, 15 (1947), p. 149-195. L. Kohler, «Die Grundstelle der Imago-Dei-Lehre Gn 1, 26», in Theologische Zeitschrift, 4 (1948),
p. 16-22. H. H. Rowley, The Faifth of Israël, London, 1956, p. 74-98. J. J. Stamm, Die Gottebenbildlichkeit des Menschen im A. T, Zürich,
1959. J. Jervell, Imago Dei. Gen 1, 26 im Spâtjudentum, in der Gnosis und in den paulinischen Briefen, Gôttingen, 1960. V. Vellas, LHomme
selon lAncien Testament (en grec), I, L‟Homme création divine, Athènes, 1967./ 3. H. Willms, Op. Cit. J. Giblet, «L'homme image de Dieu dans
les commentaires littéraux de Philon d'Alexandrie », in Studia Hellenistica, 5 (1948), p. 93-118. I. D. Karabidopoulos, L'Enseignement de
Philon d'Alexandrie sur Dieu et l'homme (en grec) (tiré à part de Théologia, Athènes, 1966, p. 33-53). / 4. S. Agouridis, Philon le Juif (en
grec) (tiré à part de Grégoire Palamas, Thessalonique, 1967) ; Jean Chrysostome, Aux Juifs, 2, 2-3, PG 63, 22-23. Cf. / F. W. Elster, Eikôn in
Neuen Testaments, Berlin, 1958. I. D. Karabidopoulos, « Image de Dieu, et «à l'image» de Dieu d'après l'apôtre Paul Les fondements
christologiques de l'anthropologie paulinienne (en grec), Thessalonique, 1964. / 5. Vl. Lossky, La Théologie mystique de l‟Église d'Orient,
Paris, 1944, p. 109-129, et A l'image et à la ressemblance de Dieu, Paris, 1967, p. 123-137. / 6. Il est évident que le thème de l'«image»,
outre qu'il est fondamental, ne peut épuiser les données de l'anthropologie orthodoxe. D autres thèmes , comme par exemple «la
ressemblance», la «parenté», la «grâce», l‟«adoption», la «divinisation», etc., offrent des dimensions complémentaires.)
8
P. Stefani, Alle sette Chiese , in AA. VV., Urgenze della storia e profezia ecumenica , Roma 1996, pp. 200-201.
9
T. Špidlik, La spiritualità russa , Roma 1981, p. 26.
771
„vescovo istituzionale e topografico‟ ma come interprete del messaggio 1. Il messaggio non è un
contenuto astratto o concettualmente mentale nella sua sola razionalità, ma un messaggio di vita
(di vita nel suo slancio ultimo). L‟oriente cristiano farà sorgere dalla stessa esperienzialità del
messaggio vissuto tutta la sua meditazione teologica. In modo del tutto generico, si potrebbe dire
che per l'occidente la conversione è un passo iniziale che dovrà essere poi gradualmente
approfondito ed accuratamente articolato attraverso la formazione della volontà e della mente. Per
l'oriente, invece, si dirà che la teologia è sopratutto esperienziale 2. L'esperienza della conversione
alla fede è una esperienza 'totale', un capovolgimento al di là della volontà e della mente, nella
quale 'tutto' viene dato, per diventare poi sorgente di divinizzazione sempre più esplicitamente
manifesta 3. Il dono immortale dell immagine di Dio è una grazia concessa all‟essere umano
mortale come partecipazione alla «natura beata» 4. Essa è conseguenza dell‟infusione dello «spirito
«spirito divino» o cioè del «πνεύμα» 5: la comunicazione del «πνεύμα» o «soffio divino» significa il
il dono di qualcosa di divino stesso rivelato a Filone d‟Alessandria dalla sua fede ebraica ed
elaborato dalla letteratura sapienziale giudaica come «partecipazione» ed «imitazione». Si apre
1
P. Stefani, Alle sette Chiese , in AA. VV., Urgenze della storia e profezia ecumenica, Roma 1996, pp. 200-201: «La rivelazione per la verità,
preciserà in seguito l'Apocalisse, non è indirizzata direttamente alle chiese, bensì agli angeli delle sette chiese (Ap 2,1). Per comprendere il
significato di questa enigmatica figura dell'angelo non mi pare il caso di seguire la pista istituzionale che vuole scorgervi la figura del
vescovo. È invece più opportuno prestare attenzione a uno stilema proprio del genere letterario apocalittico (peraltro esplicitamente
richiamato all'inizio dell'Apocalisse giovannea) secondo cui la presenza dell'angelo, o meglio dello angelus interpretator, svolge la specifica
funzione di mediatore tra la visione e il suo destinatario. L'angelo è perciò, di norma, un momento funzionale al processo rivelativo.
Nell'Apocalisse giovannea l'angelo al contrario diviene il destinatario di una rivelazione che può giungergli solo grazie alla mediazione del
servo. Questa rivelazione è di nuovo quella che passa attraverso la notte della morte (mi feci morto). La verità della morte può venir
testimoniata e accolta dal servo, non dall'angelo. Nell'orizzonte neotestamentario la superiorità dell'uomo sull'angelo passa sempre e
comunque attraverso la testimonianza di una carne diventata luogo della presenza di Dio (cfr. 1 Cor 6,3)».
2
J. Bonadio, Quel renouvellement? , in «Année Sainte», 1975 nº 16, pp. 89-90: «En cela nos frères orientaux sont devenus des maîtres pour
nous, pour deux raisons essentielles: 1) Leur théologie est avant tout plus «expérientielle», comme on dit, c'est-à-dire qu elle reporte,
continuellement l'esprit du croyant, au-delà de toute formule et de tout concept, à une expérience de la foi, vers une connaissance
immédiate de type existentiel, celle qui a été accordée aux «saints» ou aux «Pères». Cette théologie est, par conséquent, relativement
indépendante de la philosophie et elle met plutôt en défiance vis-à-vis du raisonnement. 2) D'autre part, les orientaux savent mieux que
nous que l'on ne fait pas l'unité par les seules discussions, mais en posant des actes indubitables de notre volonté d'unité, des signes de
communion. La clarification logique n'est pas l'unique voie de communion, ni même toujours la meilleure, parce que l'union est
essentiellement une question d'amour. Quand des difficultés surgissent entre personnes, nous avons toujours la tentation de les résoudre en
les abordant de front, en nous efforçant, comme l'on dit, de les «clarifier», sans nous rendre compte que souvent nous nous lançons
inconsciemment dans l'abstrait et que, d'une divergence qui touche la vie, nous faisons un «problème». Nous avons cette facilité, nous, les
occidentaux, de situer les choses au niveau de la logique et de la problématique. Il faut absolument comprendre que l'on peut s'unir sans
avoir jamais parlé de la difficulté qui nous sépare, mais seulement parce que des gestes ont été faits qui signifient, d'une manière
indubitable, que le désaccord a été vitalement surmonté. On ne peut affirmer que cette dernière voie soit la seule, ni queue soit toujours la
meilleure, ni encore, queue soit, comme telle, toujours possible. Mais c'est une façon de marcher de concert, souvent plus efficace et plus
vraie que l'étude directe des difficultés et peut-être son préliminaire obligé. Nous n'avons certes pas l'intention de déprécier la raison
humaine, ni de mettre les difficultés entre parenthèses, comme si tout pouvait se résoudre sans jamais discuter. Notre unité est une unité
dans la vérité, elle suppose donc une communion sur les choses fondamentales. C'est le but, l'idéal auquel il faut chercher à parvenir. Mais il
y a tant de divisions, d'incompréhensions de type vital, qu'il serait plus facile de surmonter par un geste d'affection, par un signe fraternel,
par une attitude compréhensive que par une discussion! Les paroles, même oecuméniques, ne sont pas toujours indispensables. Dans cette
perspective, le dialogue prend sa grandeur véritable et irremplaçable. C'est une manière de me situer face à l'autre qui fait que je l'écoute en
me mettant comme à l'intérieur de lui-même pour le comprendre du dedans, que j'accepte ce qu'il me dit dans la mesure où cela correspond
à ma fidélité dans l'essentiel de ma foi».
3
L. A. Zander, Dostoievsky et le problème du bien, Paris 1946, p. 25 (citato supra).
4
Philon d‟Alexandrie, Quod deterius potiori insidiari soleat (éd. L. COHN, Philonis Alexandrini opera quae supersunt, vol. 1, Berlin, Reimer,
1896 (réimpr. De Gruyter, 1962), pp. 258-298); idem, uvres de Philon d'Alexandrie 5 (traduction et notes par I. FEUER), Paris 1965, n° 8687: «Dieu a inspiré à l‟homme de sa propre divinité; celle-ci amarqué invisiblement l‟âme invisible de ses propres faits, afin que la région
terrestre elle-même ne soit pas privée d‟une image de Dieu. Et le modèle était à ce point invisible que l‟image elle-même reste soustraire à
la vision».
5
M. J. Lagrange, Le judaïsme avant Jésus Christ, Paris 1931, p. 359: «La notion de la vie éternelle auprès de Dieu, sans aucune description
d‟une vie plantureuse à l‟image de celle d‟ici-bas, est un des plus beaux traits de la religion de l‟Ancien Testament, un trait vraiment divin
(Cf. Is 25 ,6: sur les tombeaux égyptiens l‟image du banquet) et qui demeure traditionnelle. On le retrouve dans Mt 26, 29 ;Mc 19, 25: la
destinée de l‟ami de Dieu dépend de l‟amour de Dieu pour lui. Ce qui prouve bien que nous n avons pas exagéré la portée des textes des
psaumes ; c‟est leur parfaite conformité avec le livre de la Sagesse qui reflète certains tendances grecques,mais qui n est c ertainement pas
en dehors de la foi juive sur ce point capital comme le prouve la tradition rabbinique. Ce sont ceux qui sont droits qui verront sa face, ceux
qui sont innocents (Cf. Ps 11, 7 ; 17, 15)».
772
così la via verso la «Sofia». L‟impronta del Logos fa sorgere nell‟essere umano l‟intelligenza (cfr Gn
1, 26; 2, 7) quale elemento immortale, divino 1. Il Logos aiuta a focalizzare ciò che non è: cioè Egli
(Cristo) non è esclusivamente umano 2. Ma si è anche potuto cogliere in qualche modo ciò che il
Logos poteva significare prospetticamente per la cristologia: Egli significa che Dio non è estraneo
all‟universo cosmico ma che Dio e cosmos entrano in sinergia nella misura in cui Dio si coinvolge
nelluniverso tramite il Suo Logos 3. Quale sarà -allora- il punto di 'diversità-compenetrabilità' tra
Dio e l'universo, dalla sorgente divina stessa, che permette di non impostare la cristologia in una
opposizione antitetica insanabile tra il creato ed il mistero divino? S. Bulgakov lo esprime come
"provvidenza-non
ingerenza"
di
Dio,
o
cioè,
un
non
intervento
esterno
come
'forza
dell'onnipotenza' ed invece una presenza dal di dentro in dialogo con la libertà umana 4. La
persona umana, libera dalla 'legge immanente' del mondo e pertanto immagine di Dio, diventa
nucleo di incontro personalizzato tra Dio ed il mondo intero
5.
L'escatologia orientale si
presenterà, pertanto come una escatologia dinamica -creativa e collaborativa in cui si 'inventa
insieme' il 'sì' decisivo da attuare nell'Amore di Dio 6. Nel 'Verbo', l'inconoscibile si fa 'linguaggio
"dell'" umanità in via di divinizzazione. La 'fonte' di ciò che ci rende pienamente umani, il 'verbo', si
fa radice di divinizzazione 7. Essa entra a far parte dell'inconoscibile 8... L'umanità non scioglie
l'inconoscibile, essa stessa entra nell'inconoscibile. La Sofia è relazionalità, essa 'rivela' l'Amore
indicibile, perciò è anche 'parola' e cioè 'parola di verità', anzi 'messaggio' di verità piena 9.
ROVESCIARE LA VIA ANALITICA RAZIONALE DEL „TEMPO‟ NELLA MEMORIA RICAPITOLATIVA
L'indirizzo che determina la marcia del tempo si percepisce come 'destino'
marcia sembra inarrestabile nella sua continuità di 'passato, presente, futuro'
tempo sembra essere la forza dell'obblio, la distruzione della 'memoria'
1
12.
11.
10.
Questa
La continuità del
Ecco che subentra nella
Philon d Alexandrie, De opificio mundi (éd. L. COHN, Philonis Alexandrini opera quae supersunt, vol. 1, Berlin, Reimer, 1896 (réimpr. De
Gruyter, 1962), pp. 1-60; idem, Introduction générale, oeuvres de Philon d'Alexandrie (traduction et notes par Roger Arnaldez), Paris 1961,
n° 135, p. 231; 233: «Quant à l‟homme sensible et individuel, Moise dit qu‟il est, dans sa constitution, une combinaison de substance
terrestre et de souffle divin [ ]. Aussi pourrait-on très bien dire que l‟homme est à la limite de la nature mortelle et de la nature immortelle,
dans la mesure où il participe nécessairement de l‟une et de l autre, et qu il est à la fois mortel et immortel, mortel selon le corps, mais selon
la pensée, immortel».
J. D. Zizioulas, The Teaching of the 2nd ecumenical Council on the Holy Spirit in historical and ecumenical Perspective, in AA. VV., Credo in
Spiritum Sanctum, Vatican City 1983, p. 32 ; e. G. Athanasius, C. Ar. II, 2- 20 etc.; (on the notion of Substance see especially C. Stead Divine
Substance, 1977. Cf. the important discussion of this subject by D. M. Mackinnon, Substance in Christology. A Cross-bench View in S. W.
Sykes and J. P. Clayton (eds), Christ Faith, and History (Cambridge Studies in Christology), 1972, pp. 279-300).
3 D. Jenkins, The Glory of Man, London 1967, p. 48.
4 С. Булгаков / S. Bulgakov, Агнец Божий / Le Verbe incarné, Париж 1933 / Paris 1943, стр. 183-184 / pp. 84-85.
5 С. Булгаков / S. Bulgakov, Агнец Божий / Le Verbe incarné, Париж 1933 / Paris 1943, стр. 183-184 / pp. 87-88.
6 P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon la tradition orientale, Lyon 1967, pp. 92-93.
7 П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины , in idem, Собрание сочинений, T. IV, La colonna e il fondamento della verità ,
verità, Москва 1917 / Milano 1974, стр. 326 / p. 388; la concezione patristica, particolarmente di Gregorio Nisseno, dell'essere uno del
creato è spiegata da Antonij (Chrapovickij), arciv di Volynija, in Nravstv. idei dogmata cerksi, Opera omnia, vol. 2, ed. 2, Pietroburgo 1911.
V.(A.) Troickij, Triedinstso bo estva i edinstso čelovečestva, Mosca 1912 e in Golos Cerkvi, 1912, n. 10.Questa concezione sta alla base delle
opere di S.(N.) Bulgakov, Filosofija chozjajstva, parte I, Mosca 1912, della dottrina sulla Chiesa di V. Solov'ëv, ecc. Tutta la storia del peccato,
2
del piano della salvezza, della redenzione e salvezza, la dottrina dei sacramenti, ecc., ottengono alla luce di questa concezione un significato
reale, mentre al di fuori di essa diventano formule vuote.
8
Вл. Соловьев / V. Solov'ëv, Чтения о Богочеловечестве , in idem, Собрание сочинений , T. III / Lectures on Godmanhood, Брюссель 1956 /
/ London 1968, стр. 180-181 / pp. 206-207.
9
С. Булгаков / S. Bulgakov, Утешитель / Le Paraclet, Таллин 1936 / Paris 1944, стр. 213-218 / pp. 174-179.
П. Флоренский / P. Florenskij, Небесные знамения, in idem, Статьы по искусству, Собрание сочинений, I, Париж 1985 / Segni celesti,
Riflessioni sulla simbologia dei colori, in idem, La prospectiva rovesciata ed altri scritti, Roma 1983, стр. 831 / pp. 595.
11 П. Флоренский / P. Florenskij, Небесные знамения, in idem, Статьы по искусству, Собрание сочинений , I, Париж 1985 / Segni celesti,
Riflessioni sulla simbologia dei colori, in idem, La prospectiva rovesciata ed altri scritti, Roma 1983, стр. 596 / pp. 654-655.
12 П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины, in idem, Собрание сочинений, T. IV, La colonna e il fondamento della
verità, Москва 1917 / Milano 1974, стр. 596 / p. 652.
10
773
percezione del tempo una consapevolezza di degenerescenza, di distruttività. Sarà questa
l'esperienza alla base della sorda colpabilità, del senso grondante di colpevolezza, dell'istinto di
morte legati alla 'visione' del tempo? Ecco anche abbozzato il canovaggio per la sacrificalità del
tempo: sacrificalità tramite l'obblio e contro-sacrificalità per fermare questa 'continuità'.
'Sacrificando' non si sfugge dal 'destino' e non si tolgono di mezzo i condizionamenti del 'tempo'.
Occorre -invece- 'agire' sul tempo. Anche qui apparirà l'imperativo del tempo 'reale'. Il tempo è
simbolo di memoria. La memoria è simbolo di creatività. I simboli della memoria sono il ricordo
(del passato), l'immaginazione (nel presente) e la predizione (proiettando l'avvenire). I ricordi che
superano i tempi esprimono la sete d'eternità del sapere e del pensiero 1. La memoria significa
creare nel tempo dei simboli d'eternità 2. Si conferma l'antropologia attuale: si potrebbe dire che la
la
sintesi
costruisce
una
superiorità
articolata
di
'principi'
ed
il
simbolo
si
svuota
nell'annientamento della irrilevanza razionale o mentale. Esso passa ad un altro 'registro'
dell'esperienza umana. La creatività non vuol dire -dunque- 'fabbricare o inventare ciò che non
esisteva prima', ma sarà piuttosto 'temporalizzare l'eterno'. I simboli sorgono da una complessiva
ed originaria, anche se tralasciata 'memoria'. Essi sono una fine ed un inizio di linguaggio nel
quale si 'crea' l'esperienza. Nel suo endemico 'obblio', l'umanità ha ristretto il suo campo 'visuale':
la memoria si è fatta 'commemorazione' 3. La memoria non è più creatività nel tempo con i simboli
simboli d'eternità, ma diventa un meccanismo per 'eternizzare' momenti ed individui sparsi
nell'esperienza umana. Ma, se il ripiegamento mentale ha transformato l'eternità in un
'prolungamento' analitico del tempo, nostalgia d'eternità nei culti pre-cristiani, per esempio il
culto degli antenati 4. L'intuito religioso ha tentato di valorizzare sostanzialmente la memoria, pur
percependo che il 'ricordo' -persino quello dei più 'grandi' e degli 'eroi'- non sia che efimero o
illusorio prolungamento di durata illimitata
5.
Si rovesciano 'i vari tipi di tempi', o cioè si
percorrono i tempi all'inverso, o di misurarlo all'incontrario, di 'capovolgerlo' dal di dentro 6. Per
arrivare alla libertà nello spirito ed all‟esichia, si parte dal tempo e dello spazio, anzi dal loro
capovolgimento. Il tempo sembrava essere continuità degradante, lo spazio appariva come
segmentazione isolante. Si è uscito dalla degradazione con la sacrificalità redentiva, si è superato
l'isolamento con la perfezione di superiorità. La 'cura della visione' comincia con l'inversione della
illusione: o meglio il "rovesciamento della prospettiva" 7. Occorrerà invertire il tempo che si perde
nella dimenticanza e nella sua successione inesorabile e capovolgere lo spazio nella sua sintesi
ripiegata illusoriamente su se stessa. Il simbolo, nell'immaginario, è inanzitutto una questione 'nel
tempo' o meglio 'nei tempi'. La sua 'spazialità' come 'visibilità' non può essere compresa se non in
questa prospettiva 'dei tempi' (vedere supra). L'individualità delle segmentazioni e delle
classificazioni viene rovesciata, la commemorazione si ri-immerge nel 'tutto già consegnato in
dono'.
П. Флоренский / P. Florenskij, Небесные знамения , in idem, Статьы по искусству, Собрание сочинений, I, Париж 1985 / Segni celesti,
Riflessioni sulla simbologia dei colori, in idem, La prospectiva rovesciata ed altri scritti, Roma 1983, стр. 202 / pp. 253-254.
2 П. Флоренский / P. Florenskij, Небесные знамения , in idem, Статьы по искусству, Собрание сочинений , I, Париж 1985 / Segni celesti,
Riflessioni sulla simbologia dei colori, in idem, La prospectiva rovesciata ed altri scritti, Roma 1983, стр. 201 / pp. 252-253.
3 П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины , in idem, Собрание сочинений, T. IV, La colonna e il fondamento della verità ,
verità, Москва 1917 / Milano 1974, стр. 197 / pp. 248-249.
4 П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины , in idem, Собрание сочинений, T. IV, La colonna e il fondamento della verità ,
verità, Москва 1917 / Milano 1974, стр. 196 / p. 247.
5 П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины , in idem, Собрание сочинений, T. IV, La colonna e il fondamento della verità ,
verità, Москва 1917 / Milano 1974, стр. 199-200 / p. 251.
6 П. Флоренский / P. Florenskij, Иконостас / Le porte regali, in idem, Статьы по искусству, Собрание сочинений , Tom I, Париж 1985 /
1
Milano 1977, стр. 195, 201 / pp. 21-22, 29-30.
П. Флоренский / P. Florenskij, Обратная перспектива, in idem, Статьы по искусству, Собрание сочинений / La prospettiva rovesciata ed
altri scritti, Париж 1985 / Roma 1983, стр. 117-192 / pp. 73-135.
7
774
L'occidente passerà da una iconografia ecclesiale ad una iconografia religiosa, cioè
descrittiva del fenomeno visto realisticamente, o ogettivamente, o dall'ingegno individuale
dell'artista... Anche questo apparirà all'oriente come metodologia razionalizzante nella visualità
riprodotta, nella distinzione diventata classica tra 'iconopis' e 'živopis' (o cioè 'dal vivo' della realtà
riprodotta ma non necessariamente dal 'vivo della fede' – cfr infra). Ci troviamo sempre nei traversi
della razionalizzazione. Se l'occidente è più razionalmente analitico, l'oriente è attirato verso la
ricapitolazione di sintesi nella pienezza del „tutto‟ 6. Questo 'tutto' è una sorgente inesprimibile di
esperienza vissuta 8. La pienezza vissuta si chiama "divinizzazione" 9, compenetrazione dell'umano
col divino.
LA SEMPLICITÀ DI SPIRITO NEL SUPERAMENTO DELLA RAZIONALIZZAZIONE AGGROVIGLIATA, DALL
ESPERIENZA DEI SEMPLICI IN CRISTO ALLA 'PREGHIERA DEL CUORE' DELLA FILOKALIA
Ci si trasfigura trasversalmente oltre la razionalità nella contemplazione interiore di
semplicità, dalla visualità essenziale semplificata (stilizzata) alla preghiera semplificata nel 'cuore'.
La tradizione orientale slava include una continua attenzione ad un tipo di semplicità escatologica
specifica nel percorso dell esperienza di fede. Sono i pazzi in Cristo 1. Non sono buffoni come in
altre zone culturali o ecclesiali. La via russa-slava presenta qualche modello proprio di questa
ricerca della semplicità ritrovata nella libertà dello spirito, che si pone invece come gratuità
radicale. Una prima espressione di questa ricerca della libertà nello spirito potrebbe essere
individuabile nel fenomeno dei 'pazzi per Cristo' o "jurodivye". Essi sono più che altro, nella
inculturazione russa, na 'coscienza vivente' della comunità credente di fronte ai formalismi, gli
arroccamenti ed il potere, come lo fu Vasilij blažennij 2. Si potrebbe dire che, nella ricerca di libertà
nello spirito essi sono 'l'anti-teatro' della composta e benpensante sicurezza di se 3. Dalla libertà
di confronto con le dissimulazioni e simulazioni indebite della vita comunitaria, si può individuare
una libertà di percorso individualmente vissuta: la spiritualità del pellegrino o il peregrinare come
spiritualità. Il peregrinare non corrisponde né a un itinerario propagandistico, né a una pretesa di
'diritto' individualissimo di muoversi dove si vuole. Esso è un tentativo di 'liberarsi' per 'diventare
liberi nello spirito', accogliendo in questa gratuità della continua ospitalità da chiedere il dono
ultimo della santità. Tale sarà la 'vocazione' del "pellegrino russo" 4. Ed anzi, questo appello viene
1
D. Čiževskij, Storia dello spirito russo, Firenze 1974, pp. 56-57: «Isakij, che al secolo era un commerciante, si decise a farsi monaco, divise
i suoi beni tra i poveri e i monasteri e si recò a Kiev dal santo Antonij. Antonij lo accolse e gli impose gli abiti monastici. Ma Isakij indossò
una camicia di pelo e su di essa una pelle di pecora ancora umida, che asciugandosi faceva aderire la camicia pelosa al suo corpo e gli
irritava così la pelle. Poi Isakij si rinchiuse in una piccola grotta, che aveva solo quattro braccia di diametro (era cioè molto più stretta della
grotta di Antonij!), e cominciò a pregare tra le lacrime, a mangiare solo un pane della comunione ogni due giorni e a bere soltanto poca
acqua, che Antonij gli porgeva attraverso una piccola finestrina. Dormiva soltanto pochissimo stando seduto. Così trascorse s ette anni. E
nonostante questo severo ascetismo non arrivò nemmeno al punto di ottenere il dono del riconoscere gli spiriti: egli soggiacque alla
tentazione del diavolo, che si presentò di fronte all'orgoglio ascetico di Isakij: Isakij diceva infatti di essere già arrivato al punto di poter
partecipare delle visioni divine.Anche dopo la sua guarigione Isakij condusse una avita dura , ma in maniera diversa. Non si chiuse più in una
cella, ma rimase nel convento, e andò anche in città. Lavorava in cucina, perché il lavoro rientrava nelle regole del convento di Feodosij.
Frequentava il servizio divino in chiesa e faceva pazzie, cioè fu uno dei primi jurodisye slavi, pazzi in Cristo (parleremo più avanti di questa
forma di ascetismo). L'autore della leggenda purtroppo ci dice poco delle sue pazzie. Ma dopo breve tempo Isakij ottenne i doni dello spirito:
si citano esempi dei loro effetti. Nella sua cella egli poteva calpestare coi piedi nudi il fuoco divampante: questo miracolo, nella letteratura
agiografica, ha perfino una denomi nazione particolare: ignis impotens. Poteva afferrare con le suemani un corvo selvatico: secondo la
letteratura più antica il corvo è l'uccello più selvatico, considerato alla pari dell'aquila; anche questa per i santi dell'oriente e dell'occidente è
una tipica riconciliazione con la natura selvaggia (ci imbattiamo altrove in leoni, orsi e cervi divenuti amici di alcuni santi). Non ha più paura
dei diavoli, che gli appaiono ora come uomini cattivi, ora come animali selvaggi, ora come serpenti e rospi....».
2
D. Čiževskij, Storia dello spirito russo, Firenze 1974, pp. 136-137.
3
P. Kovalevskij, Saint Serge et la spiritualité russe, Paris 1978, p. 136.
4
Anonyme, Récit d'un pèlerin russe à son père spirituel, Paris 1951, pp. 84-85.
775
corredato da una metodologia propria per aprirsi alla libertà interiore: il metodo spirituale della
"preghiera del cuore" 1. La metodologia apofatica si esprime spiritualmente in due modi: sia nella
figura emblematica dei 'pazzi per Cristo' 2, sia nella esemplificazione dell'eterno pellegrino 3. Gli
'jurodivye' o pazzi per Cristo vivranno la kenosis della irrilevanza sociale e culturale. Essi giocano
una parte e assumono una maschera comunicativa. Il loro metodo è di smontare ogni presuntuosa
pretesa individuale e sociale. Non essendo niente, essi illustrano la inconsistenza di chi tenta
teatralmente di sembrare 'qualcuno'. I pellegrini esprimono il continuo tentativo evangelico di non
arroccarsi al proprio statuto, ma di vivere vulnerabilmente indifesi nella ricerca della libertà nello
spirito. Non si tratta né di propagandare la fede, né di raccogliere consensi confermando le
proprie opinioni. È un muoversi fuori da cia che appare umanamente stabilito per rendersi
disponibili verso altri orizzonti di esperienza, guidati dalla continua invocazione della 'preghiera di
Gesù'. Nello svuotarsi interiormente, lo spirito da spazio a nuove prospettive e si rende disponibile
per l'assimilaziuone di questa 'pace interiore', sorgente della giustizia evangelica 4. Dio stesso, nel
suo sommo mistero, verrà rappresentato nel capolavoro teologico-iconografico russo ortodosso,
come presenza di 'forestieri' ospitati (i tre angeli-pellegrini nell'icona di Rublëv) secondo la
tipologia della "filoxenia" 5. Ecco che dalla semplicità evangelica nella non resistenza al male si
intravvede l‟annientamento della pazzia. Chi ha imparato questa umiltà apparirà come un
"jurodiviy" -pazzo per Cristo- che è protezione contro l‟efficace razionalità con un altro "compito"
6,
sotto la copertura della "pazzia", sfuggendo ai formalismi, permettendo un reale discernimento
dello spirito 7, senza confondere "semplicità" e "primitivismo 8: modo di ragionare diverso, non
logico-analitico, paradosso evangelico o antinomia del essere divinizzati. Nella tradizione
orientale, la conversione non è un punto di partenza per la progressiva trasformazione della vita,
grazie a tutto ciò che viene predisposto dalla praxis ecclesiale. La conversione è 'tutto':
capovolgimento completo che va poi scoperto nelle sue svariate implicazioni (perciò non si parlerà
di evangelizzazione se non per chi non avesse mai sentito l'annuncio evangelico). Per i Padri
orientali, ogni possibile fonte di teologia è proprio l'esperienzialità della fede vissuta
1
9.
La
Anonyme, Récit d'un pèlerin russe à son père spirituel, Paris 1951, p. 58.
N. Arsen'ev, La piété russe, Paris 1963, p. 107; D. Čiževskij, Storia dello spirito russo, Firenze 1965, pp. 136-137; P. Kovalevskij, Saint
Serge et la spirituallté russe, Paris 1948, p. 136; Archimandrita Spiridione, Le mie missioni in Siberia, in T. Špidlik, La spiritualità russa, Roma
2
1981, pp. 124-125.
Anonyme, Récit d'un pèlerin russe à son père spirituel, Paris 1951; N. Arsen'ev, La piété russe, Paris 1963, p. 19; A. De Jonge, The Life and
Times of Gregorij Rasputin , Glasgow 1982, pp. 44, 71.
4 N. Arsen'ev, La piété russe, Paris 1963, p. 19.
5 U. Fabricius, Ikonen, Jesus-Christus, Recklinghausen 1957, S. 12-13.
6 D. Čiževskij, Storia dello spirito russo , Firenze 1974, pp. 74-75.
7 D. Čiževskij, Storia dello spirito russo , Firenze 1974, pp. 136-138.
8 N. Arsen'ev, La piété russe, Paris 1963, pp. 94-95.
9 A. Schmemann, Church, World, Mission, New York 1979, p. 20: «For the Fathers, Christianity was above all an experience, the totally unique
unique and sui generi's experience of the Church, or even more precisely: the Church as experience. I know that the word "experience" has,
3
especially in the West, strong psychological, individualistic and subjectivistic connotations which in the eyes of many theologians disqualify it
as a theological terfn, relegate it to the always ambiguous area of "religious experience," of le sentiment religieux. llis is why, when using
this word to denote the essential, although more often than not implicit, source and term of reference of al l patristic theology as distinct
from the "post-patristic," I define that experience as unique and sui generts, i.e. as experience which precisely cannot be reduced to the
categories of the "subjective" and "objective," "individual" and .. corporate." This is the experience of the Church as new reality, new creation,
new life - as a reality, in other terms. not of some "other world" but of creation and life renewed and transformed in Christ, made into the
knowledge of and the communion with God and His eternal Kingdom. It is this experience - radically new because it is not of "this world,"
but whose gift and presence, continuity and fulfillment in "this world" is the Church - that for the Fathers constitutes the self-evident
source of theology, the source of its very possibility as precisely theology, i.e. words adequate to God and adequate therefore to all reality.
This experience is the source, but also the "end," the beyond to which theology bears witness, whose reality, whose saying and transforming
power it proclaims, announces, reveals and defends, and without which the theology of the Fathers cannot be beard in its true significance
and is "alienated" either into an extrinsic and formal authority to be quoted, or into ideas to be "discussed"».
776
divinizzazione implica una dimensione mistico-ascetica tipica dell‟oriente: il senso escatologico
della transitorietà 1.
LA METODOLOGIA DELLA 'LUCE' NELL‟ESICHIA CHE NON CHIUDE LA RIVELATIVITÀ DIVINA ULTIMA
NELLA FILOKALIA
Dal percorso nell'esperienza di fede, il cammino rimane sempre aperto... La Parola è stata
raccolta, la 'visione' non è vincolata... Ci si addestra meno a 'vedere' che a 'guardare' in avanti... I
compiti escatologici ci spingono a 'scrutare' sempre oltre nel cammino da compiere verso
l‟attuazione ultima del disegno misericordioso in seno all umanità. Dalle energie divine la persona
umana racchiude le sue „energie‟ (anche chiamate „nous‟) di attuazione verso ogni compimento
ultimo 2. Anche l‟escatologia orientale avrà da dire la sua a questo proposito. Particolarmente
Berdjaev, dalla sua priorità di valorizzazione incentrata sulla libertà (cfr infra), farà una diagnosi
sulla insufficienza attuale dei criteri etici attuali circa le premesse dell impegno cristiano. Il limite
appare più chiaramente nell etica redentiva della impostazione ecclesiale, lasciando da parte l‟etica
di creatività 3. La chiave cristiana di redentività non basta più a rendere conto ed a farsi carico
della creatività umana sempre più estesa ed incisiva.
1
P. I. Bratsiotis, The fundamental Principles and main Characteristics of the Orthodox Church , in A. J. Philippou, The Orthodox Ethos, Oxford
Oxford 1964, p. 26: «Another of the main characteristics of the Orthodox Church is it strong emphasis on the transitoriness of the things of
this world in face of eternity, and its vital preservation of the original eschatological hope of the early Christians. This, together with its
emphasis on the deification of man in Christ, imparts an ascetic and mystical colour to its piety. 1 But this indisputable fact provides no
justification for regarding this feature of Orthodoxy as tantamount to an apathetic, quietistic indifference to the affairs of this world,
including science and culture, as many non-Orthodox people do, nor for misinterpreting it as the main reason for the Orthodox Church's
lack of active social concern (von Harnack, Kattenbusch, Beth, Steffes, etc.».
(1 See S. Zankov, Das Orthodoxe Christentum, p. 111. A. Kartaschov in The Church of God, ed. E. L. Mascall, 1934, p. 197 ff.)
2
Hierotheos (Metropolitan of Nafpaktos), Orthodox Spirituality. 1. DEFINING ORTHODOX SPIRITUALITY, in «Internet» 2010, http://www.
pelagia.org/htm/b15.en.orthodox_spirituality.01.htm#top: «As God has essence and energy, so also does the soul -having been made in the
image of God- have essence and energy. Essence and energy in God are of course uncreated, whereas the soul's essence and energy are
created. Nothing exists without an energy. The sun's essence is beyond the atmosphere of the earth, yet its energy, which gives light, heat
and causes burning etc. -reaches to earth and affords her with light, heat etc. The same happens with all objects. The soul's essence is found
in the heart not like in a vessel but as if in an organ; its energy operates through the thoughts (logismoi). According to St. Gregory Palamas,
the soul is called the nous as well. Yet, both the essence of the soul -the heart- and its energy -consisting of the thoughts- are called nous.
However, although in the Biblical-Patristic tradition the terms are interchangeable, to avoid any confusion the soul is referred to as the
spiritual element of man's existence; the heart, as the essence of the soul, and the nous as the energy of the soul. Thus, when the nous
enters the heart and acts therein, there exists a unity between the nous (energy), the heart (essence) and the soul. All asceticism in the
Church aims at man's theosis (divinization), at his communion with God the Trinity. This is accomplished when the energy of the soul (nous)
returns to its essence (heart) and ascends to God. For unity with God to be attained, the unity of the soul, through the grace of God, must
precede it. Sin in fact is the dispersion of these powers; it is primarily the scattering of the soul's energy, i.e. of the nous, to things, and its
separation from the heart».
3
M. Sergeev, Sophiological Themes in the Philosophy of Nikolai Berdiaev , (Published in «Transactions of the Association of Russian-American
American Scholars in the U.S.A»., 1998, vol. XXIX, pp. 59-72), in «Internet» 2002, home.early.com/~msergeev/berdiaev.htm: «This dialectic
of freedom in Berdiaev's philosophy had its corresponding impact on his ethical views. In his major treatise on ethics, The Destiny of Man, he
draws an important distinction between the ethics of the law and of redemption on the one hand, and that of creativity on the other. For
Berdiaev the ethics of the law finds its origin in the norms and prohibitions imposed on individuals by the social community. This ethics,
Berdiaev argues, presupposes "first and foremost, that the subject of moral valuation is society and not the individual," and, therefore, "it
never penetrates into the intimate depths of personal moral life, experience and struggle." (1) The ethics of redemption introduced by
Christianity, on the contrary, is centered around concrete individuals--not legalistic norms and abstract ideas. The morality taught in the
Gospel, Berdiaev writes, is founded upon human being's "personal relation to God and to his [or her] neighbors." (2) This ethics of love, he
continues, "knows no abstract moral norms, binding upon all [people] and all times" but instead teaches the "significance of each human
soul which is worth more than all the kingdoms of this world." (3) The ethics of creativity goes even further and fulfills both the principle of
law and redemption for, in Berdiaev's words, it is "more than anything else reminiscent of [human] vocation before the Fall and is in a sense
'beyond good and evil.'" Besides, he points out, the "law says nothing about vocation, nor does the ethics of redemption."(4) The ethics of
creativity, hence, supersedes both by, first, considering any moral task as "absolutely individual and creative," impossible to "be solved by an
automatic application of universally binding rules," and, second, by being concerned "with values and not with salvation."(5) Berdiaev makes
a further characteristic elaboration of the last part of the statement. He suggests that the ethics of creativity is not simply super ior to the
ethical law and the idea of redemption, but also may enter into conflict with, speaking simply, traditional moral values . This tendency to
immoralism finds its most clear expression in Berdiaev's insistence on the incompatibility of ethical and aesthetic values. In The Destiny of
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Man one reads, for instance, that the "greatness of creative genius is not correlative to moral perfection;" that it "is not connected with his
moral or religious efforts to attain perfection and become a new creature." (6) Being justified by itself, creativeness, as Berdiaev puts it,
represents "a path that demands heroism, but... is different from the path of personal improvement and salvation." (7) Such is one of the
results of the dialectic of sophiological themes in Berdiaev's thought».
((1) Nikolai Berdiaev, Smysl tvorchestva, [The Meaning of Creativity], Filosofiia tvorchestva, kul'tury i iskusstva, 2 vols., Moscow:
Iskusstvo/Liga, 1994, vol. I, p. 112. / (2) Ibid., p. 114. / (3) Ibid., p. 150. / (4) Ibid., p. 151. / (5) Ibid., p. 152. / (6) Ibid., p. 153. / (7) Nicolas
Berdyaev, The Destiny of Man [Sud'ba cheloveka], trans Natalie Duddington, New York: Scribner's Sons, 1937, p. 33.)
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