CARTOGRAFIA Introduzione Chiunque svolga attività nel campo
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CARTOGRAFIA Introduzione Chiunque svolga attività nel campo
CARTOGRAFIA Introduzione Chiunque svolga attività nel campo dell'ingegneria civile, dell'urbanistica, della gestione del territorio, si trova a dover fare uso di carte. Vengono prodotte carte in scale molto diverse, tali da poter rappresentare sia aree molto limitate, occupate da piccoli gruppi o da singoli edifici, sia porzioni notevolmente vaste di territorio. Ad un primo esame superficiale di una carta appaiono evidenti i caratteri qualitativi, ovvero i simboli che rappresentano i vari oggetti (edifici, corsi d'acqua, strade, coltivazioni, ecc.). La presenza di simboli è il carattere più rilevante che distingue una carta da un'immagine fotografica. L'introduzione dei simboli è selettiva, nel senso che non tutti gli oggetti presenti sul territorio vengono rappresentati; la loro scelta naturalmente dipende dal genere di utilizzazioni alle quali la carta è destinata (ad esempio, vie di comunicazione, corsi d'acqua, coltivazioni, geomorfologia, divisioni amministrative). Alla base di ogni carta sta la struttura geometrica del territorio, che deve essere rappresentata fedelmente, con regole ben precise; ad ogni oggetto viene associata una posizione (georeferenziazione), ed eventualmente un'estensione. Il materiale primario di cui si fa uso è principalmente costituito di immagini fotografiche, in generale riprese da aerei, o anche da satelliti, ed elaborate con tecniche fotogrammetriche; oltre alle macchine fotografiche tradizionali, sensibili a radiazioni elettromagnetiche nella banda del visibile, vengono utilizzati sensori in bande diverse (ad esempio l'infrarosso), che forniscono informazioni importanti su alcune caratteristiche qualitative, come ad esempio la temperatura, la presenza di inquinanti, l'umidità, il tipo di vegetazione (telerilevamento). Sulla carta viene rappresentata essenzialmente la planimetria del terreno, con il massimo dettaglio consentito dalla scala, sulla base di una legge matematica di corrispondenza fra punti sulla carta - in genere espressi in un sistema di coordinate cartesiane piane - e i corrispondenti punti sul terreno, o meglio la loro proiezione su un'opportuna superficie di riferimento (che può essere un piano orizzontale per porzioni di territorio molto piccole, oppure, per aree più vaste, una superficie sferica o - come avviene in generale nelle rappresentazioni cartografiche in uso - ellissoidica), su cui sia stato introdotto un sistema di coordinate (ad esempio, latitudine e longitudine). L'altimetria è rappresentata in modo più sommario da punti isolati quotati e curve di livello. E’ noto che non è possibile rappresentare porzioni di un ellissoide su un piano senza deformazioni, ovvero conservando inalterati angoli, rapporti fra distanze, rapporti fra aree. Si cerca quindi di ridurre il più possibile le deformazioni, adottando diversi criteri in relazione all'uso a cui le carte sono destinate. Nella rappresentazione di regioni di piccola estensione è possibile fare in modo che le deformazioni siano sostanzialmente trascurabili: ad esempio, in una carta ufficiale italiana in scala 1:100000, che rappresenta una regione con distanze massime dell'ordine di qualche decina di km, le immagini di archi diversi la cui lunghezza sul terreno è 10 km, situati in aree distanti della regione rappresentata, hanno sulla carta lunghezze dell'ordine di 10 cm, che, a causa delle deformazioni, differiscono fra di loro al massimo di circa 2 centesimi di mm. A causa della presenza di deformazioni, il rapporto fra lunghezza Δs di un arco di curva sull’ellissoide e la lunghezza Δl dell’arco che lo rappresenta sulla carta, che dovrebbe mantenersi costante e uguale al fattore di scala, in realtà subisce variazioni quando ci si sposta da una zona all’altra della carta. Per rendere precisa questa nozione da un punto di vista matematico, si consideri una piccola porzione di un arco di curva sull’ellissoide, contenente un punto P . Si può scrivere Δl 1 = ⋅m . Δs fatt.scala Facendo tendere a 0 la lunghezza dell’arco, in modo che P rimanga al suo interno, m tende ad un valore che in generale dipende, oltre che dal punto P , anche dalla direzione della tangente all’arco di curva in P . Questo valore è detto modulo di deformazione lineare. Ovviamente questo valore è tanto più vicino a 1 quanto più piccola è la deformazione. In generale le rappresentazioni cartografiche sono definite in modo che sia possibile trovare una curva sull’ellissoide tale che per tutti i suoi archi m=1. Si dice che questa curva è rappresentata in vera grandezza; ad essa è riferito il fattore di scala. Quanto ai criteri di rappresentazione adottati, è possibile ad esempio fare in modo che gli angoli fra le tangenti a due arbitrari archi di curva che si incontrano in un punto sull'ellissoide siano uguali ai corrispondenti angoli sulla carta (carte conformi), oppure che sia costante il rapporto fra l'area di una regione arbitraria sull'ellissoide e l'area della sua immagine sulla carta (carte equivalenti), oppure, più in generale, che, pur senza conservare in modo rigoroso nessuna grandezza geometrica, le deformazioni nel loro complesso vengano tutte mantenute al di sotto di soglie opportune (carte afilattiche). Nelle carte conformi, dato che le ampiezze degli angoli sull’ellissoide devono essere conservate nella rappresentazione, le deformazioni devono essere isotrope, ossia il modulo di deformazione lineare in un punto P deve essere indipendente dalla direzione dell’arco di curva. Sul piano della carta viene introdotto un sistema di assi cartesiani, e quindi i punti della carta sono rappresentati da coordinate cartesiane. La corrispondenza fra i punti sull'ellissoide e i punti sul piano della rappresentazione può essere stabilita per via puramente analitica, esprimendo le coordinate sul piano della carta come funzioni delle coordinate sull'ellissoide o viceversa, oppure mediante costruzioni geometriche, proiettando i punti dell'ellissoide direttamente su un piano o su una superficie sviluppabile (cilindro o cono). Per produrre una carta affidabile, i rilievi sul terreno devono essere fatti con grande accuratezza: ci si aspetta che non ci debbano essere errori di rappresentazione rilevabili sulla carta. Poiché generalmente si pone uguale a 0.2mm la precisione con cui un punto può essere individuato sulla carta, ne consegue che per produrre una carta in scala 1:25000 i rilievi sul terreno devono essere tali da non comportare errori superiori a 5m; per una carta in scala 1:100000 gli errori non devono superare i 20m, e così via. Quindi i rilievi eseguiti per la produzione di una carta in una certa scala possono essere utilizzati per produrre carte a scale inferiori, ma, se usati per carte a scala superiore, possono portare a errori inaccettabili. E’ inoltre evidente l'impossibilità di rappresentare tutti gli oggetti nelle dimensioni e forme reali e, di conseguenza, la necessità di rappresentarli simbolicamente. Ad esempio, se su una carta si vogliono evidenziare le strade, non è possibile rappresentare in scala la loro larghezza. Inoltre, diversi aspetti qualitativi (natura del terreno, tipologia delle aree edificate, tipi di coltivazione) non sono facilmente riconoscibili nelle immagini fotografiche, e vengono rappresentati sulle carte mediante un'opportuna simbologia. Da questo punto di vista, la carta è qualitativamente differente da un'ortofoto, che ha ancora l'aspetto di una fotografia, pur avendo proprietà metriche confrontabili con quelle di una carta. Rappresentazioni cartografiche Viene di seguito descritto un numero limitato di rappresentazioni cartografiche, di particolare importanza o per le applicazioni pratiche o per i loro caratteri geometrici o analitici. Non si intende in questa sede fornire un panorama esauriente dell’elevatissimo numero di rappresentazioni cartografiche concepite con diversi criteri e svariate finalità. Proiezioni prospettiche Si dicono proiezioni prospettiche quelle rappresentazioni cartografiche che si ottengono proiettando i punti dell’ellissoide direttamente su un piano. Il piano può essere tangente, secante o separato dall’ellissoide; la proiezione può essere ortogonale, oppure lungo un fascio di rette emanate da un centro di proiezione, il quale a sua volta può essere interno, esterno o sulla superficie dell’ellissoide. ESEMPIO: proiezione stereografica polare (fig.1). Il piano della rappresentazione cartografica è tangente all’ellissoide in un polo, mentre il centro di proiezione è nel polo opposto. Tutti i punti dell’ellissoide, ad eccezione del polo opposto a quello di tangenza, sono rappresentabili, nel senso che la retta congiungente il centro di proiezione con un punto qualsiasi dell’ellissoide interseca il piano della rappresentazione, e punti distinti dell’ellissoide vengono proiettati in punti distinti del piano. I meridiani sono rappresentati da semirette uscenti dal punto di tangenza; i paralleli da circonferenze tutte con centro nel punto di tangenza (fig.2). Se il punto sull’ellissoide si muove lungo un meridiano dal polo di tangenza verso il polo opposto, il punto rappresentativo sul piano si allontana radialmente dal punto di tangenza, e si allontana indefinitamente quando il punto sull’ellissoide si avvicina al polo opposto. Questa rappresentazione, che è conforme, è adatta per rappresentare regioni in prossimità del polo di tangenza, dato che in quelle aree la deformazione è minima. fig.1 – proiezione stereografica polare fig.2 – reticolato geografico nella proiezione stereografica polare Proiezioni con sviluppo Si dicono sviluppabili quelle superfici curve i cui punti possono essere posti in corrispondenza biunivoca e isometrica, ossia senza deformazioni, con i punti di una porzione di superficie piana. Esempi di superficie sviluppabile sono le superfici cilindriche e quelle coniche, come si può facilmente intuire dal fatto che è possibile costruire un cilindro o un cono arrotolando un foglio di carta. fig.3 – proiezione cilindrica fig.4 – proiezione conica Per costruire una rappresentazione cartografica mediante proiezione con sviluppo, si consideri un cilindro retto a sezione circolare tangente all’ellissoide lungo l’equatore (fig.3), oppure un cono con il vertice sull’asse di simmetria dell’ellissoide (fig.4), e tangente all’ellissoide lungo un parallelo, la cui latitudine dipende dall’ampiezza dell’angolo al vertice. In quest’ultimo caso, volendo rappresentare una certa regione sull’ellissoide, conviene scegliere un parallelo di tangenza centrale rispetto alla regione, dato che in questo modo si minimizzano le deformazioni. E’ possibile utilizzare superfici secanti anziché tangenti. La direzione di proiezione dall’ellissoide alla superficie conica o cilindrica deve essere contenuta nel piano del meridiano, e deve essere la stessa a tutte le longitudini, in modo da realizzare una simmetria della proiezione rispetto a rotazioni intorno all’asse di simmetria dell’ellissoide. In questo modo i paralleli vengono proiettati su circonferenze ortogonali all’asse di simmetria, mentre i meridiani sono proiettati sulle generatrici del cilindro o del cono, che sono rette parallele all’asse di simmetria nel caso del cilindro, o rette uscenti dal vertice nel caso del cono. Quando la superficie cilindrica viene sviluppata su un piano, i meridiani e i paralleli sono rappresentati da fasci di rette parallele mutuamente ortogonali. Inoltre, meridiani equidistanti in longitudine sono rappresentati da rette equidistanti. Le distanze fra i paralleli, invece, dipendono dalla direzione di proiezione. Ad esempio, nel caso di una proiezione ortogonale, paralleli equidistanti in latitudine vengono proiettati su rette la cui distanza diminuisce man mano che ci si avvicina ai poli. Nel caso di una proiezione centrale (ossia, con centro di proiezione nel centro di simmetria dell’ellissoide) o di una proiezione in direzione della normale all’ellissoide, invece, la distanza fra le rette che rappresentano paralleli equidistanti in latitudine cresce quando ci si avvicina ai poli; le rette si allontanano indefinitamente quando i paralleli si avvicinano ai poli, e i poli stessi non sono rappresentabili. Discorso analogo si può fare per superfici coniche con asse parallelo all'asse polare e tangenti lungo un parallelo (ad una latitudine legata all'angolo di apertura del cono). In seguito allo sviluppo le generatrici, che rappresentano i meridiani, si trasformano in semirette uscenti da un punto (vertice); le sezioni con piani ortogonali all'asse, che rappresentano i paralleli, si trasformano in archi di circonferenza con centro nel vertice, dato che i loro punti sono equidistanti dal vertice. Una porzione di superficie conica limitata da un piano ortogonale all’asse si sviluppa in un settore circolare la cui ampiezza angolare dipende dall’ampiezza dell’angolo al vertice del cono. Se α è la semiampiezza dell’angolo al vertice e h l’altezza, il raggio della circonferenza di base è R = h tan α , e quindi la lunghezza della circonferenza è 2πh tan α . Poiché il raggio del settore circolare, uguale al segmento di generatrice, è h / cos α , l’ampiezza angolare del settore è θ = 2π sin α . Rappresentazione conforme di Mercatore Fra tutte le proiezioni cilindriche che rispettano le regole viste sopra (proiezione nel piano del meridiano e simmetria rotazionale) ce n’è una (e una sola) conforme. Per rendersene conto, si osservi innanzitutto che, in tutte le proiezioni cilindriche, i meridiani sono rappresentati sulla carta da rette parallele, e quindi gli archi di parallelo fra due meridiani hanno sulla carta la stessa lunghezza a tutte le latitudini, mentre sull’ellissoide la lunghezza di un arco di parallelo fra due meridiani diminuisce al crescere della latitudine e tende a 0 quando ci si avvicina ai poli. La carta produce quindi una dilatazione nella direzione dei paralleli sempre più accentuata al crescere della latitudine, mentre la deformazione nella direzione dei meridiani dipende dal tipo di proiezione cilindrica scelta. fig.5 – rappresentazione conforme di Mercatore In una carta conforme, come si è già detto, le deformazioni devono essere isotrope; essa può quindi essere realizzata (in un solo modo) introducendo una dilatazione nella direzione dei meridiani uguale a quella nella direzione dei paralleli. Di conseguenza, le rappresentazioni sulla carta di paralleli equidistanti sull’ellissoide si allontanano indefinitamente quando ci si avvicina ai poli. La carta ha quindi caratteri qualitativi simili a quelli di una proiezione centrale; tuttavia la direzione di proiezione non è individuabile geometricamente in maniera elementare. E’ invece possibile esprimere con una formula l’ordinata di un parallelo sulla carta in funzione della latitudine, in un sistema di assi con l’asse x lungo l’equatore e la coordinata x uguale alla longitudine λ : ⎧⎪⎛ 1 + sinϕ ⎞1/ 2 ⎛ 1 − e sinϕ ⎞ e / 2 ⎫⎪ ⎟⎟ ⎜⎜ ⎟⎟ ⎬ y = u(ϕ ) = ln⎨⎜⎜ − + 1 sin ϕ 1 e sin ϕ ⎪⎩⎝ ⎠ ⎝ ⎠ ⎪⎭ 2 1/ 2 ⎛ ⎞ ⎜ e = ⎛⎜1 − b ⎞⎟ , a, b semiassi dell' ellissoide ⎟ (1) ⎜ a2 ⎟ ⎜ ⎟ ⎝ ⎠ ⎝ ⎠ Si verifica immediatamente che u (ϕ ) soddisfa le seguenti proprietà: - u (0) = 0 - u (−ϕ ) = −u (ϕ ) - lim ϕ →±π / 2 u (ϕ ) = ±∞ Questa rappresentazione ha grande importanza storica, essendo legata all’epoca delle grandi esplorazioni transoceaniche (Mercatore era un grande cartografo vissuto nelle Fiandre e in Germania nel sec.XVI). Le carte conformi sono di grande utilità in navigazione, dato che gli angoli misurati per determinare la rotta sono uguali a quelli rilevabili dalla carta. Inoltre essa ha un ruolo fondamentale nello studio analitico delle rappresentazioni cartografiche, dato che è l’unica rappresentazione conforme in cui la coordinata x dipende solo dalla longitudine e la y solo dalla latitudine. Poiché le trasformazioni fra rappresentazioni conformi hanno proprietà matematiche ben definite, la rappresentazione di Mercatore è un punto di partenza per esprimere le coordinate x e y di una carta conforme in funzione di latitudine e longitudine. Nella carta di Mercatore l'equatore è rappresentato in vera grandezza, e ad esso viene riferita la scala nominale della carta. Rappresentazioni analitiche Vengono qui presentati alcuni esempi di rappresentazioni cartografiche che non possono essere descritte in modo semplice come costruzioni geometriche, ma sono definite analiticamente esprimendo la dipendenza delle coordinate cartografiche x,y dalle coordinate geodetiche ϕ , λ . Rappresentazione di Sanson-Flamsteed (fig.6) Fissato un punto P0 di coordinate geodetiche ϕ 0 , λ0 , scelto come origine, dato un punto P con coordinate geodetiche ϕ , λ , si prende come coordinata x di P sulla carta la lunghezza dell'arco di parallelo fra le longitudini λ0 e λ alla latitudine di P, con segno positivo se P è più a est di P0 , negativo in caso contrario; come coordinata y la lunghezza dell'arco di meridiano fra le latitudini ϕ 0 e ϕ , con segno positivo se P è più a nord di P0 , negativo in caso contrario. L’espressione analitica è x = N (ϕ ) cos ϕ (λ − λ0 ) ϕ y = ∫ M (u )du (2) ϕ0 dove M (ϕ ) e N (ϕ ) sono rispettivamente il raggio di curvatura del meridiano e della sezione normale in direzione del parallelo a latitudine ϕ . Si noti che per il meridiano, che è un’ellisse, non è possibile dare una forma chiusa che esprima la lunghezza di un arco in funzione delle latitudini dei suoi estremi, ma è possibile, fissati ϕ 0 e ϕ , calcolarla numericamente a un livello di accuratezza arbitrario. I paralleli sono rappresentati da rette parallele all'asse x, dato che ϕ = cost implica y = cost . I meridiani invece sono rappresentati da archi di curva, come si può vedere osservando che, fissati λ0 e λ , la lunghezza degli archi di parallelo fra λ0 e λ varia con la latitudine. Solo il meridiano a longitudine λ0 è rappresentato da un segmento rettilineo, che giace sull'asse y, mentre le curve che rappresentano gli altri meridiani si avvicinano all’asse y quando ci si allontana dall’equatore. Questa rappresentazione, che è equivalente, è stata usata per la cartografia ufficiale IGM prima dell'adozione della rappresentazione di Gauss (vedi più avanti). fig.6 – rappresentazione di Sanson-Flamsteed fig.7 – coordinate della rappresentazione di Cassini-Soldner Rappresentazione di Cassini-Soldner (fig.7) Fissato un punto P0 ≡ (ϕ 0 , λ0 ) , le coordinate cartografiche di P ≡ (ϕ , λ ) sono così definite: - - si individua la geodetica congiungente P con il punto P’ simmetrico a P rispetto al meridiano per P0 , che taglia ortogonalmente tale meridiano; sia Q (con latitudine ϕ ' ) il loro punto di incontro; la coordinata y è data dalla lunghezza dell'arco di geodetica QP , con segno positivo se P è più a est di Q, negativo in caso contrario; la coordinata x è la lunghezza dell'arco di meridiano P0 Q , con segno positivo se Q è più a nord di P0 , negativo in caso contrario. In questa rappresentazione né i meridiani né i paralleli sono rappresentati da segmenti rettilinei, con l’eccezione del meridiano per P0 e dell’equatore. Questa rappresentazione, che è approssimativamente equivalente, è adottata dal catasto italiano. La scelta del punto P0 (punto di emanazione) varia da regione a regione, con distribuzione irregolare. Rappresentazione di Gauss La carta di Gauss è una carta conforme in cui un meridiano è rappresentato in vera grandezza. Questa caratterizzazione, analogamente a quanto si verifica per la carta di Mercatore, determina la rappresentazione in modo univoco. L’analogia può essere spinta oltre nell’approssimazione sferica. Infatti in tal caso la carta di Gauss può essere vista come una rappresentazione cilindrica conforme (quindi del tutto simile alla rappresentazione conforme di Mercatore), in cui il cilindro è tangente alla sfera lungo un meridiano. Allora il meridiano di tangenza è rappresentato da un segmento di retta di lunghezza finita (che viene posto sull’asse y), i cui estremi rappresentano i poli, da cui escono tutti gli altri meridiani, rappresentati da archi di curva simmetrici rispetto all’equatore, rappresentato a sua volta da una retta che viene fatta coincidere con l’asse x (fig.8). Sempre per analogia con la rappresentazione di Mercatore, si vede che meridiani equidistanti in longitudine hanno sulla carta intersezioni con l’equatore che si allontanano indefinitamente al crescere della distanza in longitudine dal meridiano di tangenza, e le intersezioni con l’equatore dei meridiani distanti 90 0 in longitudine dal meridiano di tangenza non sono rappresentabili; di conseguenza questi meridiani non sono rappresentati da archi di curva, ma da una coppia di semirette parallele all’asse x uscenti dai poli. L’intero asse x rappresenta soltanto metà dell’equatore (ossia un’ampiezza in longitudine di 180 0 ), e la striscia di piano compresa fra le due rette che rappresentano i meridiani a 90 0 dal meridiano di tangenza rappresenta metà della sfera. I paralleli naturalmente sono rappresentati da archi di curva ortogonali agli archi che rappresentano i meridiani, dato che la carta è conforme. fig.8 – reticolato geografico nella rappresentazione di Gauss Passando dalla sfera all’ellissoide, la carta di Gauss non può più essere vista come una proiezione cilindrica del tipo descritto in precedenza, dato che i meridiani sono ellissi, e un cilindro tangente lungo uno di essi non ha simmetria rotazionale attorno al suo asse. Tuttavia i caratteri qualitativi sopra descritti vengono mantenuti. La dipendenza delle coordinate cartografiche x,y in funzione delle coordinate geodetiche λ , ϕ non può essere espressa in forma chiusa, ma solo come serie di potenze in λ − λ0 (convergente per λ − λ0 < 1 (radiante) ), i cui coefficienti, espressi come funzioni di ϕ sono in linea di principio calcolabili per ogni ordine ( λ0 è la longitudine del meridiano di riferimento, espresso in vera grandezza). E’ quindi possibile, troncando le serie, trovare approssimazioni polinomiali a qualunque grado di accuratezza. L’espressione dei primi termini è ( x = N (ϕ ) cos ϕ (λ − λ0 ) + 0 (λ − λ0 ) 3 ) ( ) y = l ϕ + N (ϕ ) sin ϕ cos ϕ (λ − λ0 ) + 0 (λ − λ0 ) 4 , 1 2 2 (3) ϕ dove l ϕ ≡ ∫ M (u )du è in valore assoluto la lunghezza dell’arco di meridiano dall’equatore a 0 latitudine ϕ , ed ha ovviamente lo stesso segno di ϕ . Lo sviluppo in serie di x contiene solo potenze dispari, quello di y solo potenze pari. Quindi, cambiando il segno di λ − λ0 (ossia passando da una parte all’altra del meridiano di riferimento), x cambia di segno, mentre y mantiene lo stesso valore (come ci si aspetta, a causa della simmetria della rappresentazione rispetto al meridiano di riferimento). Cambiando il segno di ϕ , invece, il valore di x rimane invariato, mentre y cambia di segno; si ha quindi, come ci si aspetta, simmetria anche rispetto all’equatore. Questa proprietà è visibile nei singoli termini dello sviluppo sopra esplicitati. NOTA: Il primo termine dello sviluppo nell’espressione di x e y corrisponde alla rappresentazione di Sanson-Flamsteed, con l’origine fissata nel punto di incontro fra l’equatore e il meridiano di riferimento. Per la carta di Gauss è possibile esprimere come serie di potenze in deformazione lineare: λ − λ0 anche il modulo di m = 1 + 12 cos 2 ϕ (λ − λ0 ) 2 + 0((λ − λ0 ) 4 ) . (4) Questa espressione mostra che la deformazione è nulla (m=1) in corrispondenza del meridiano di riferimento ( λ = λ0 ) ; inoltre m è sempre maggiore di 1 (dilatazione), e cresce quando ci si allontana dal meridiano di riferimento. Quindi, per avere deformazioni piccole, è opportuno considerare regioni non troppo distanti da tale meridiano, che, d’altra parte, a causa della simmetria rotazionale dell’ellissoide terrestre, può essere scelto in modo arbitrario. Una convenzione internazionale, denotata con la sigla UTM (Universal Transverse Mercator), ha stabilito che la superficie dell’ellissoide sia suddivisa in 60 fusi, ciascuno corrispondente ad una ampiezza in longitudine di 6 0 (fig.9), e che in ciascuno di essi venga utilizzato come meridiano di riferimento per la rappresentazione di Gauss il meridiano centrale, in modo che la distanza da esso non superi i 30 . I fusi sono numerati in ordine crescente da ovest verso est a partire da quello delimitato a ovest dal meridiano opposto a quello di Greenwich. fig.9 – suddivisione in fusi (con ampiezza di 200) Poiché λ − λ0 ≤ 3 0 ≅ (1 / 20)rad , il termine di secondo grado in λ − λ0 nell’espressione di m non supera il valore di circa 1/800 all’equatore ( ϕ = 0 ), e i termini di grado superiore sono molto più piccoli; alla latitudine di 45 0 , corrispondente approssimativamente al corso del Po, cos 2 ϕ = 1 / 2 , e quindi m è più piccolo di circa 1 / 1600 ≅ 7 *10 −4 . Questa deformazione, rispetto al lato di una carta di 50cm, corrisponde a circa 0.35mm, ed è quindi scarsamente apprezzabile. Per di più, si osservi che, alla scala 1:100000, che è la più piccola adottata nella cartografia ufficiale IGM, l’ampiezza in longitudine di una singola carta è 30’. Quindi, nell’ambito di una stessa carta, la variazione del modulo di deformazione è ancora meno rilevante. La convenzione UTM prevede inoltre che alle carte sia applicato un fattore di contrazione 0.9996 rispetto alla loro scala nominale, in modo che, in uno stesso fuso, siano presenti contrazioni in prossimità del meridiano di riferimento e dilatazioni verso i margini, ma il valore massimo delle deformazioni sia più contenuto. In effetti, ponendo m * 0.9996 = 1 + ε , si vede che la deformazione ε può essere sia positiva sia negativa e che il suo valore assoluto si mantiene, alla latitudine di 45 0 , più piccolo di 4 *10 −4 . Le coordinate cartografiche nelle carte UTM, anziché con x e y, vengono indicate con E (est) e N (nord). Per evitare che compaiano coordinate E negative, al meridiano centrale del fuso viene attribuita, anziché E=0, la coordinata E=500000m (falsa origine). Questo valore va aggiunto al valore di x risultante dalla (3) per ottenere la coordinata E di un qualsiasi punto. La cartografia ufficiale italiana La cartografia ufficiale italiana, prodotta dall’IGM, adotta la rappresentazione di Gauss, seguendo, con alcune modifiche, le convenzioni del sistema UTM. Il territorio nazionale è in gran parte compreso nei fusi 32 ( 6 0 − 12 0 E ) e 33 ( 12 0 − 18 0 E ) (fig.10). fig.10 – suddivisione in fusi nella cartografia nazionale Poiché l’estremità orientale della penisola Salentina in Puglia va al di là della longitudine di 18 0 E , la cartografia relativa al fuso 33 è estesa fino a 18 0 30' . Inoltre, la cartografia relativa al fuso 32 è estesa fino a 12 0 30' , per creare una fascia di sovrapposizione che consente di evitare la discontinuità per le aree a cavallo fra i 2 fusi. Questa fascia comprende l’osservatorio di Monte Mario che, come si è visto, è punto di emanazione per il sistema di riferimento geodetico nazionale. NOTA 1: le carte relative a 2 fusi diversi sono a tutti gli effetti diverse: non sono accostabili lungo le linee di confine, e nella fascia di sovrapposizione hanno moduli di deformazione lineare diversi; quindi non sono esattamente sovrapponibili. Tuttavia le differenze sono talmente piccole che è possibile usare una stessa rappresentazione grafica, sulla quale viene introdotto un doppio sistema di coordinate. NOTA 2: una carta è definita non soltanto dal tipo di rappresentazione, ma anche dalla scelta del sistema di riferimento in cui sono date le coordinate geodetiche ϕ , λ . Infatti uno stesso punto sulla superficie terrestre ha coordinate geodetiche diverse in sistemi di riferimento diversi, a cui corrispondono, in una stessa rappresentazione cartografica, coordinate cartografiche diverse. Per la cartografia ufficiale italiana si è scelto inizialmente di adottare il sistema di riferimento Roma40, con le longitudini misurate da Monte Mario, pur attenendosi alla suddivisione in fusi fissata internazionalmente. Inoltre è stata modificata la convenzione sulla falsa origine, attribuendo al meridiano centrale del fuso 32 ( 9 0 E ) la coordinata E=1500000m, e al meridiano centrale del fuso 33 la coordinata E=2520000m. Poiché nell’ambito di ciascun fuso le distanze dal meridiano centrale sono al massimo di poco più di 300km, le coordinate E nel fuso 32 sono tutte comprese fra 1000000m e 2000000m, e quindi la prima cifra è sempre 1, mentre nel fuso 33 sono comprese fra 2000000m e 3000000m, e la prima cifra è sempre 2. Quindi la semplice lettura della coordinata E consente immediatamente di attribuire il punto ad uno dei 2 fusi. Questo sistema di coordinate cartografiche è denominato Gauss-Boaga. Successivamente è stato adottato il sistema di riferimento ED50 e il sistema di coordinate cartografiche UTM-ED50, ma rimane in un riquadro sui margini della carta l’indicazione delle coordinate Gauss-Boaga dei 4 vertici. In alcune carte compare anche la doppia indicazione, nei 4 vertici della carta, delle coordinate geodetiche nei 2 sistemi di riferimento. La cartografia ufficiale IGM è suddivisa in 284 fogli in scala 1:100000, contrassegnati da un numero progressivo, ciascuno rappresentante una regione di 30' in longitudine e 20' in latitudine. I ' 10' ), contrassegnati da I, II, fogli sono poi suddivisi in 4 quadranti (scala 1:50000, con taglio 15× III, IV, in verso orario a partire da quello in alto a destra, e ciascun quadrante è suddiviso in tavolette (1:25000, con taglio 7.5'×5' ), contrassegnate dai punti cardinali NO, NE, SO, SE. Una nuova serie IGM è costituita da carte in scala 1:50000 con un taglio di 20' in longitudine e 12' in latitudine, e in scala 1:25000 con un taglio di 10'×6' (fig.11 e 12). Su ciascuna carta è sovraimpresso il reticolato chilometrico, costituito da rette parallele agli assi cartesiani, equidistanziate con passo di 1km. In molte carte il reticolato è in UTM-ED50, anche quando il taglio della carta è basato su Roma40. Tutte le informazioni relative ai sistemi di coordinate adottati sono indicate sui margini della carta stessa. NOTA: Gli archi di meridiano e di parallelo che delimitano le carte non sono rappresentati da segmenti di retta (anche se non si discostano molto da un andamento rettilineo); di conseguenza le carte non hanno forma esattamente rettangolare, anche se gli angoli ai vertici sono esattamente retti, dato che la rappresentazione è conforme. Inoltre i meridiani e i paralleli formano con il reticolato chilometrico un angolo che cresce quando ci si allontana dal meridiano di riferimento. Questo angolo, che in un fuso raggiunge un valore massimo di circa 2 0 , è esplicitamente indicato sul margine della carta, insieme con la declinazione magnetica, ossia la deviazione del nord magnetico rispetto al nord astronomico. Quest’ultima è variabile nel tempo, e deve essere quindi accompagnata dalla data di rilevazione. fig.11 – quadro d’unione della nuova serie IGM NOTA: Al momento dell'introduzione delle coordinate Gauss-Boaga, dopo la seconda guerra mondiale, non è stato necessario ridisegnare le carte nella nuova rappresentazione, ma, in virtù delle differenze molto piccole rispetto alla rappresentazione precedente (di Sanson-Flamsteed), che nell'ambito di ciascuna carta sono al di sotto dell'errore di graficismo (0.2 mm), è stato sufficiente sovrapporre alle vecchie carte il nuovo reticolo chilometrico. fig.12 – particolare di una carta IGM 25000 nuova serie Con l'istituzione delle regioni si è diffusa su tutto il territorio la Cartografia Tecnica Regionale a grande scala (1:10000 o 1:5000, e inoltre 1:2000 per i centri urbani). La rappresentazione è sempre quella di Gauss, con coordinate Gauss-Boaga per alcune regioni (ad esempio la Toscana), UTMED50 per altre (ad esempio l'Emilia-Romagna). La cartografia in scala 1:10000 della Regione Toscana è costituita da 715 sezioni con un taglio di 5’ in longitudine e 3’ in latitudine, contrassegnate da un numero di 6 cifre, di cui le prime 3 individuano la zona (Firenze è in gran parte nella zona 275), le altre 3 contraddistinguono una delle 16 parti in cui ciascuna zona è divisa, e possono essere 010,020,…, 150,160 (fig.13). L’ultima cifra è sempre 0; nelle tavole in scala 1:5000 (4 per ciascuna sezione), che oggi non sono più in produzione, la numerazione è la stessa, salvo per l’ultima cifra, che può essere 1,2,3,4. La cartografia in scala 1:2000 delle aree urbane ha un taglio lungo il reticolato chilometrico GaussBoaga di 1600m in direzione E e 1200m in direzione N, presenta un reticolato di 200m in coordinate Gauss-Boaga, e riporta le coordinate UTM-ED50 e catastali dei vertici. La numerazione utilizza un codice di 5 simboli, di cui i primi 3 – 2 cifre numeriche e una lettera – individuano la zona (numeri crescenti verso Nord e lettere in ordine alfabetico verso Est); ogni zona è divisa in 64 tavole, individuate da un numero di 2 cifre, da 01 a 64. Gran parte della città di Firenze è nella zona 19K. fig.13 – quadri d’unione della carta regionale toscana 1:10000 e dell’area di Firenze 1:2000 La cartografia catastale in scala 1:2000 (1:1000 o 1:500 nei centri urbani) usa la rappresentazione di Cassini-Soldner, con numerosi punti di emanazione sparsi sul territorio, e coordinate geografiche riferite all'ellissoide di Bessel orientato a Genova. Cartografia numerica e Sistemi Informativi Territoriali La cartografia numerica è nata alcuni decenni fa come strumento per automatizzare il tracciamento delle carte, contestualmente allo sviluppo dei software per il disegno automatico. Oggi è considerata in un ambito più ampio di organizzazione dei dati territoriali, sufficientemente ricca e flessibile da poter essere utilizzata da soggetti che operano nei diversi settori della gestione e del controllo del territorio (gestione di reti "tecniche" - elettricità, gas, telefono, acqua, ecc. – verifiche di impatto ambientale, controllo delle acque, studio della natura e dell'uso dei terreni, catasto, ecc.). I dati che vengono trattati sono di diversa provenienza e natura (oltre alle carte esistenti e alle misure sul terreno, immagini da aereo o da satellite, informazioni qualitative tratte da ricognizione diretta, e così via). Di questo insieme di dati, organizzati per strati tematici, la cartografia numerica comprende anche l'aspetto più propriamente metrico, consistente nell'introduzione di sistemi di coordinate con le loro trasformazioni, in modo da consentire la cosiddetta georefenziazione degli oggetti rappresentati. Scala nominale Al momento in cui il prodotto cartografico non è più un foglio di carta stampata di dimensioni ben precise, ma un insieme di dati registrati su supporto informatico e rappresentabili sullo schermo del computer o su stampa in differenti dimensioni, viene spontaneo chiedersi se il concetto di scala abbia ancora un senso. Di fatto viene mantenuto il riferimento alla scala nominale, che è legata all'accuratezza complessiva dei rilievi eseguiti per la produzione della carta, quindi per esempio alla quota del volo fotogrammetrico utilizzato. Come si è già osservato, si assume che gli errori del rilievo non debbano essere apprezzabili sulla carta, e debbano quindi essere al di sotto dell'errore di graficismo (0.2mm sulla carta, corrispondenti a 5m per la scala 1:25000, 2m per la scala 1:10000, 40cm per la scala 1:2000, ecc.). Quindi non è lecito ingrandire una carta al di sopra della sua scala nominale, dato che possono diventare rilevabili errori presenti nel rilievo. Inoltre, in una carta a grande scala possono essere rappresentati dei dettagli (ad esempio la larghezza di una strada, la presenza di marciapiedi, la forma di un edificio) le cui dimensioni a scala più piccola scendono al di sotto dell'errore di graficismo, per cui non possono essere rappresentati se non simbolicamente. Di conseguenza, anche se i rilievi eseguiti per carte a grande scala possono essere utilizzati per carte a scala più piccola, queste ultime non si possono ottenere semplicemente per riduzione delle dimensioni, ma richiedono uno sfoltimento dei dettagli e una modifica della simbologia (generalizzazione), difficilmente attuabili con procedure automatiche. Produzione di cartografia numerica. Formati raster e vettoriale Come per le carte tradizionali, i dati possono essere ricavati da: - rilievi del terreno - rilievi fotogrammetrici - telerilevamento (immagini da satellite) E’ inoltre possibile acquisire dati cartografici in forma numerica mediante digitalizzazione manuale di una carta esistente su supporto cartaceo. Il digitalizzatore consiste essenzialmente di un supporto piano e di un puntatore che consente di registrare le coordinate di un qualsiasi punto sul supporto in un sistema di assi legato al supporto stesso. Se una carta viene poggiata sul supporto, registrando i vertici della carta, le cui coordinate sono note nel sistema di assi legato alla carta, è possibile determinare i parametri della trasformazione fra i 2 sistemi di coordinate, e quindi calcolare le coordinate di tutti i punti registrati nel sistema di assi della carta. Con la digitalizzazione è possibile rilevare linee continue aperte o chiuse, registrando le coordinate di sequenze di punti appartenenti a tali linee, e specificando che i punti registrati devono essere congiunti con segmenti, o anche con altri tipi di curve interpolanti, che consentono di evitare punti angolosi. Ovviamente, quanto più tortuosa è la curva, tanto più fitta deve essere la sequenza di punti, se si vuole che l’interpolazione fornisca una buona approssimazione della curva. In questo modo l'insieme degli oggetti immagazzinati in memoria è costituito non solo da punti, ma anche da linee (segmenti o archi). I punti possono essere isolati, oppure appartenere a linee singole, o anche a più linee (nodi); inoltre linee chiuse delimitano aree, che possono essere individuate mediante un punto isolato al loro interno. Un modello così strutturato è detto vettoriale. Si noti che in fase di digitalizzazione è difficile riprodurre esattamente una curva chiusa, facendo coincidere esattamente l’ultimo punto registrato con il primo, e, se una curva non è chiusa, non è possibile individuare un’area da essa delimitata. E’ quindi necessario che il disegno venga corretto automaticamente dal software, con un algoritmo che consenta di identificare 2 punti registrati la cui distanza sia inferiore ad una certa soglia. Il formato vettoriale è tipico dei prodotti dei software di disegno automatico (CAD: computer aided design). Questi software consentono di introdurre anche alcune caratterizzazioni tematiche, rappresentando con simboli diversi (o con colori diversi) linee che vengono classificate come oggetti di natura diversa (ad esempio, strade e corsi d’acqua), e possono essere inserite in strati tematici (inglese: layers) diversi NOTA: la terza dimensione può essere introdotta inserendo punti quotati e curve di livello. E’ anche possibile, in corrispondenza di aree che rappresentano edifici, inserire l'elevazione, che può servire ad esempio per il calcolo di volumi. Anche le falde dei tetti, che in genere sono porzioni di superficie piana non orizzontali, possono essere rappresentate: infatti per individuare un piano è sufficiente che siano noti 3 punti quotati ad esso appartenenti. Tuttavia questa descrizione non dà luogo ad una rappresentazione 3D completa. Si osservi che, come in un piano le porzioni di superficie sono individuate dalla curva chiusa che ne costituisce la frontiera, nello spazio 3D i volumi possono essere descritti mediante la superficie che li delimita. Questo tipo di descrizione, che è adatto per solidi di qualsiasi forma, non viene utilizzato in ambito cartografico. Un'altra procedura di acquisizione dei dati per la cartografia numerica consiste nella scansione automatica di una carta esistente. In questo modo si ottiene un’immagine digitale della carta stessa, ossia viene registrata una matrice, che associa ad ogni pixel (la cui posizione sulla carta è individuata tramite la riga e la colonna a cui appartiene) un valore corrispondente al suo tono di grigio o di colore. Il caso più semplice è quello in cui la carta è un disegno costituito da un insieme di linee nere tracciate su un foglio bianco; in questo caso il valore dei pixel è binario (bianco nero). In generale lo spessore di una linea tracciata copre più di un pixel. Il formato informatico corrispondente a questo tipo di rappresentazione è detto raster. E’ poi possibile vettorializzare con procedura automatica un'immagine raster, utilizzando un software in grado di riconoscere come linee insiemi di pixel confinanti tutti caratterizzati da uno stesso valore, che si sviluppano prevalentemente in una specifica direzione. NOTA: Se il valore dei pixel è binario, si possono trovare algoritmi di compressione particolarmente semplici, che non comportano perdita di informazione. Ad esempio, è possibile per ogni riga registrare in sequenza il numero di pixel di ogni tratto omogeneo (tutto bianco o tutto nero), assumendo che ogni riga inizi con un tratto bianco, e iniziando quindi con uno 0 se la riga inizia con un tratto nero. Il passaggio da una riga alla successiva è automatico, dato che il numero di pixel per riga è noto. Essendo probabile che si trovino sequenze piuttosto lunghe di pixel omogenei, questo metodo di memorizzazione comporta un’occupazione di memoria inferiore alla registrazione del valore pixel per pixel. Una procedura diversa, detta quadtree, consiste nel suddividere il foglio in 4 parti, e di iterare la suddivisione fintanto che non si trova un blocco omogeneo (tutto bianco o tutto nero). L'identificativo di un blocco alla n-esima iterazione richiede 2n bit, dato che ad ogni iterazione occorrono 2 bit per indicare quale delle 4 parti della suddivisione si prende in considerazione. Questa procedura individua bene le omogeneità spaziali, mentre quella precedente separa righe adiacenti. Modelli digitali del terreno Le informazioni sulla terza dimensione possono essere organizzate in un Modello Digitale del Terreno (DTM), che è una base di dati altimetrici georeferenziati, riferiti ad un reticolo regolare di punti, in modo tale da poter essere utilizzati con metodi automatici di elaborazione. I dati di partenza per la costruzione di un modello digitale del terreno sono quote rilevate con metodi topografici, oppure determinate per via fotogrammetrica, oppure ricavate da digitalizzazione di carte preesistenti con curve di livello e punti quotati (fig.14). fig.14 – curve di livello e reticolato del DTM Tipicamente la spaziatura richiesta è dell'ordine di qualche decina di metri, e sono coperte porzioni molto vaste di territorio (anche un'intera nazione). Si tratta quindi di quantità di dati piuttosto consistenti: ad esempio, una spaziatura di 100m sull'intero territorio italiano comporta un insieme di circa 3× 10 7 dati. Le procedure per la costruzione di un modello digitale del terreno comprendono l'acquisizione dei dati grezzi (non ancora equispaziati su reticolo, ma riferiti a punti scelti convenientemente in base ad esigenze dettate dalla procedura di acquisizione, e con densità adeguata), la loro validazione con metodi statistici atti ad evidenziare la presenza di errori grossolani, la stima delle quote sui punti del reticolo con opportuni metodi di interpolazione, basati essenzialmente sul calcolo di medie pesate delle quote dei punti rilevati più vicini, scegliendo ad esempio pesi che diminuiscono al crescere della distanza. E’ evidente che questi metodi tendono a fornire un'immagine del rilievo più regolare di quella che si presenta nella realtà, e producono risultati più accurati là dove il terreno è più regolare, mentre sono meno attendibili in presenza di terreno fortemente accidentato. In ogni caso, affinchè le quote così ottenute siano attendibili, occorre che il reticolo non sia più fitto dell'insieme dei punti di quota nota. Un modo alternativo di creare un modello digitale del terreno consiste nell'utilizzare un reticolo irregolare di punti quotati e nel costruire con opportuni algoritmi un sistema di triangoli con vertici in tali punti. Si ottiene un modello tridimensionale costituito di facce piane triangolari, in cui è possibile associare ad ogni punto della regione considerata la quota determinata sul triangolo corrispondente. Questo modello (detto Triangulated Irregular Network - TIN) ha il vantaggio che è possibile (purchè si abbiano i dati a disposizione) utilizzare un reticolo molto fitto dove il terreno presenta irregolarità e più rado dove il terreno è liscio, ottimizzando l'occupazione di memoria. Sistemi informativi geografici I Sistemi Informativi Geografici (GIS) sono delle basi di dati (ossia degli strumenti informatici per la rappresentazione e la gestione delle informazioni) che, oltre a disporre delle funzioni logiche tipiche di tutte le basi di dati, sono georeferenziati e dotati di struttura geometrica e topologica. Essi sono in grado di acquisire dati disponibili direttamente in forma digitale (dati primari), come quelli ottenuti dai satelliti per telerilevamento, o da diversi tipi di rilievo sul territorio (geologico, topografico, demografico, relativo all'uso del suolo o alle coltivazioni, ecc.); altri dati, che sono contenuti nella cartografia tradizionale o in immagini non digitali (dati secondari) possono essere trasformati per digitalizzazione o scansione. I dati grezzi possono poi essere sottoposti a varie forme di trattamento preliminare (ad esempio, trasformazioni di sistema di riferimento, trasformazioni raster-vettoriale e viceversa, interpolazioni per la creazione di dati organizzati su griglie regolari, ecc), per renderli utilizzabili nella forma appropriata per l'analisi e le interrogazioni della base di dati. I dati vengono inseriti in files, strutturati per records e campi, in cui ogni oggetto viene individuato da un identificatore e accompagnato da un insieme di attributi, che possono essere di natura qualitativa, oppure atti a definire un ordine di classificazione, o ancora quantitativi e sottoponibili ad analisi con opportuni strumenti matematici o statistici. I files possono essere classificati secondo la seguente tipologia: - file delle entità: o punti, o polilinee, che sono sequenze di archi congiunti fra loro alle estremità; questi ultimi sono individuati da sequenze ordinate di punti congiunti con segmenti, o anche con altri tipi di curve interpolanti, che consentono di evitare punti angolosi. L’ordine della sequenza di punti definisce un verso di percorrenza. Le polilinee sono distinte in aperte e chiuse, queste ultime caratterizzate dal fatto che il primo e l’ultimo punto coincidono. o superfici, individuate da una polilinea chiusa che ne costituisce la frontiera. o nei GIS tridimensionali anche i volumi (oggetti 3D) sono inseriti fra le entità, e sono individuati mediante le superfici che li delimitano. Ogni entità è caratterizzata da un numero identificativo; ogni linea è anche caratterizzata dal più piccolo rettangolo che la contiene (individuato dalla posizione dei suoi vertici). Infine, ad ogni entità è attribuito un codice che ne individua il tematismo. Una prima grossolana classificazione individua ferrovie, strade, edifici, idrografia, vegetazione, limiti amministrativi, orografia, ecc.; ciascuna di queste voci è poi articolata in ulteriori specificazioni. Ad esempio, i codici adottati dalla Regione Toscana per il primo livello di classificazione sono riportati in fig.15. - file delle coordinate, collegato da puntatori al file delle entità. - file dei toponimi fig.15 – codici degli strati informativi tematici nella cartografia regionale toscana Nell'evoluzione ormai pluridecennale dei GIS (e, più in generale, dei data-base) la struttura delle relazioni logiche fra i dati si è fatta sempre più complessa, e diversi modelli sono stati adottati. L’organizzazione più semplice è quella a singola tabella (flat), costituita da un certo numero di righe, corrispondenti ai diversi oggetti elencati (records), e da un certo numero di colonne, corrispondenti ai campi, in cui vengono inseriti i diversi attributi. Questa struttura si presta poco all’elaborazione automatica dei dati contenuti. La struttura ad albero (hierarchical) consente soltanto collegamenti a ramificazione, in cui un singolo oggetto può essere messo in relazione con una pluralità di oggetti, ma non sono consentiti collegamenti fra diversi rami (fig.16). La struttura a rete (network), invece, consente un intreccio più complesso di collegamenti (fig.16). Infine, la struttura di data-base relazionale (fig.17-18-19) consente di stabilire collegamenti fra tabelle diverse, ciascuna costituita da records omogenei; questi collegamenti derivano dal fatto che entità che compaiono come attributi in una tabella sono a loro volta records di un’altra tabella. Questa organizzazione dei dati è quella più complessa e flessibile, atta a consentire interrogazioni con un ampio spettro di obiettivi. fig.16 – organizzazione gerarchica e network dei dati fig.17 – organizzazione dei dati in tabelle fig.18 – modellizzazione entità-relazioni Una funzione importante, ad esempio, è l'analisi spaziale, che consente di riconoscere le relazioni topologiche fra le diverse entità (punti, linee, superfici), senza coinvolgere gli aspetti metrici e dover quindi fare ricorso alle coordinate. Sono relazioni topologiche, ad esempio, il fatto che un arco di curva fa parte della frontiera di una porzione di superficie o che due porzioni di superficie sono adiacenti, o che un punto è il punto iniziale di un arco di curva orientato, o il punto di intersezione fra due polilinee. Queste relazioni possono essere esplicitamente inserite come collegamenti nel data-base, senza che sia necessario utilizzare informazioni ricavabili dalle coordinate. fig.19 – due esempi di modellizzazione entità-relazioni Un semplice schema delle relazioni topologiche è riportato in fig.20. Per fare un semplice esempio che illustra come in molte situazioni pratiche le relazioni topologiche possano essere più significative di informazioni metriche precise (ma si potrebbe presentare una casistica molto ampia), può essere utile riconoscere che certi edifici sono da un certo lato di un corso d'acqua, senza doverli localizzare in modo preciso. fig.20 – schema di relazioni topologiche Le interrogazioni consentono ad esempio di individuare regioni delimitate sia da confini definiti geometricamente (ad esempio un rettangolo di cui sono specificate le coordinate dei vertici), oppure convenzionalmente (ad esempio i confini amministrativi di un comune), e in tale ambito consentono di ottenere informazioni sia di natura spaziale (ad esempio la distanza di un punto dalle localizzazioni di un certo tipo di servizi), sia di tipo statistico (ad esempio la popolazione in una certa fascia di età), sia di tipo descrittivo (ad esempio le aree della regione adibite ad un certo uso). Inoltre un GIS deve essere strutturato in modo che sia possibile eseguire aggiornamenti sui dati e sulla stessa struttura, naturalmente riservati a personale autorizzato. Di grande importanza è per l'utente, oltre all'accessibilità dei dati, la possibilità di disporre di informazioni aggiuntive sui dati stessi (metadati) che consentano di conoscerne le modalità di utilizzazione e di valutarne l'affidabilità (sorgente, disponibilità, formato, accuratezza, sistema di riferimento, ecc.). Nella progettazione e nella costruzione di un GIS sono individuate diverse fasi. Nella prima, che porta alla costruzione del modello esterno, vengono individuate le necessità e gli obiettivi degli utilizzatori. Successivamente vengono individuati gli oggetti, le loro proprietà e le relazioni da introdurre nel data-base (modello concettuale), e di seguito si procede alla formalizzazione ed alla costruzione delle tabelle (modello logico). Infine si giunge al modello interno, che definisce la vera e propria organizzazione fisica del data-base nella macchina. I GIS si stanno affermando sempre di più come uno strumento adatto per scopi molto diversi nell'ambito dell'organizzazione dei servizi in una regione, o della salvaguardia del territorio, o della progettazione di nuovi insediamenti, e così via. Naturalmente in ogni sistema informativo vengono inseriti soltanto i dati utili per gli scopi per cui ciascuna particolare base di dati viene costruita. E’ però evidente che un certo insieme di dati, quello relativo alle caratteristiche fisiche di un territorio, e anche, nella maggior parte dei casi, quello relativo alle infrastrutture di base (ad esempio strade e trasporti) è di uso comune a tutti i sistemi. E’ quindi necessario per il governo del territorio un efficace coordinamento che consenta di evitare la duplicazione di operazioni di raccolta di dati molto costose.