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Biomeccanica dell`osso - Dott. Lorenzo Castellani

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Biomeccanica dell`osso - Dott. Lorenzo Castellani
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TRIBOLOGIA
Biomeccanica dell’osso
Argomento sicuramente in
via di sviluppo non solo a
livello ortopedico: la biomeccanica insieme alla tribologia sono oggi una branca parallela che coinvolge
l’ortopedia ma anche la
bioingegneria, la fisica e la
statistica.
Le ossa fanno parte dei connettivi mineralizzati e
hanno come principali funzioni il sostegno dei tessuti
molli e la possibilità, tramite
le giunzioni articolari, di
garantire il movimento.
Costituite principalmente
da cristalli d’idrossiapatite,
le ossa, acquisiscono in vivo
spiccate proprietà meccani-
che come la durezza, la resistenza a forze di compressione trazione e torsione, che
ne delineano le qualità.
Date tali caratteristiche si è
potuto osservare come possono essere associate a
modelli teorici formati da
materiali di origine non
biologica (ad esempio fibre
di vetro o carbonio) molto
più semplici e pratici da
analizzare.
Dati statistici riportano
come i valori limite di sforzo
e deformazione a rotture in
prove con forze di compressione siano maggiori rispetto
ai corrispondenti valori
nelle prove di trazione: le
ossa reagiscono quindi in
modo differente a seconda
del tipo di forza che sono
costrette a sopportare.
Tali differenze sono riferibili
principalmente alla natura
anisotropa e non omogenea
dell’osso: se infatti, consideriamo che nella struttura
dell’osso ci troviamo di fronte a considerevoli parti costituite non da materiale compatto e omogeneo ma altresì
da materiale costituito da un
certo numero di strutture
riunite (più osteomi compongono un osso) possiamo
capire come le caratteristiche meccaniche dipendano
dalla specifica composizione
spaziale delle superfici resistenti.
Il diverso comportamento
dell’osso in trazione e in
compressione è dunque riferibile a una diversa risposta
delle strutture fondamentali
della matrice ossea rispetto
al carico: vi è quindi una
maggior capacità dell’osso di
assorbire energia quando
sottoposto a forze di compressione (ovvero maggior
resistenza ad assorbire urti)
rispetto alla resistenza che
oppone nei confronti delle
forze in trazione.
Per una corretta valutazione
della risposta meccanica
dell’osso a stimoli esterni è
necessaria una conoscenza,
almeno grossolana , della
composizione del matrice
ossea.
Il tessuto osseo può infatti
essere considerato come un
materiale composito forma-
to da una matrice di tipo
organico e da una componente minerale.
I cristalli di idrossiapatite
sono molto robusti e rigidi: il
loro modulo elastico presenta valori lungo il proprio asse
di circa 160 GPa che possono essere messi a confronto,
per esempio, con quelli dell’acciaio 200 GPa e quelli
dell’alluminio 70 GPa.
Il collagene, componente
principale della matrice
ossea, non presenta un
modulo elastico lineare (ben
definito) che possa essere
calcolato come quello dei
metalli: tuttavia possiamo
attribuire come valore significativo 1 GPa (notevolmente inferiore alla componente minerale).
In definitiva il modulo elastico complessivo dell’osso
(valutato su componenti
dirette di osso femorale)
risulta pari a 18 GPa: valore
intermedio tra quello dell’idrossiapatite e quello del
collagene.
In termini assoluti questo
valore apparentemente sterile e asettico ci permette di
capire quanto l’osso sia simile come sopportazione delle
forze all’alluminio e quindi
ci permette di testare materiali quanto più simili, per
resistenza e consistenza,
all’osso in vivo.
La spiegazione esiste ed è
riscontrabile a livello morfofunzionale: il collagene
infatti comprimendo e “saldando” insieme i cristalli di
apatite garantisce non solo
una maggior resistenza
intrinseca all’osso, ma anche
la possibilità di ammortizzare gli urti attraverso micro
spostamenti dei singoli cristalli all’interno della matrice con la conclusione di
un’ottimizzazione
della
distribuzione delle forze di
carico.
Come ormai noto da tempo
il tessuto osseo è uno dei più
metabolicamente attivi: in
esso coesistono continui
processi di riassorbimento e
di deposito, mirati ad adeguare la struttura alle diverse
variabili meccaniche.
Accanto a queste considerazione generale è convinzione generale che l’evoluzione
delle strutture ossee (in
senso filogenetico) si siano
condotte in senso da ottimizzare forma e dimensione
delle stesse per poter minimizzare gli sforzi interni.
Distribuendo il materiale in
modo tale da ottenere un
peso minimo strutturale e/o
un minimo ingombro di
volume.
Questi concetti; applicati
alla geometria della struttura
ossea, sono noti da diversi
anni e sono stati formulati
con chiarezza per la prima
volta da Wolff nel 1892
(Leggi di Wolff):
• Legge generale della trasformazione ossea: stabilisce che a ogni variazione
funzionale corrisponde una
variazione architetturale del
tessuto.
• Legge traiettoriale dell’osso trabecolare: stabilisce
che la distribuzione e l’orientamento delle trabecole
ossee dell’osso spongioso si
alterano dinamicamente al
variare della storia di carico
esterna; e che in condizioni
di equilibrio l’organizzazione
delle trabecole riflette precisamente la storia media di
carico a cui quel volume di
tessuto è stato sottoposto.
Una rivisitazione di queste
leggi fu fatta qualche anno
dopo, nel 1895 da Roux che
ponendo maggiori attenzioni
al ruolo attivo che l’osso è in
grado di svolgere, introdusse
il concetto di rimodellamneto osseo secondo i due
seguenti principi:
• Principio dell’adattamento funzionale: ovvero l’adattamento di un organo alla
sua funzione attraverso l’adattamento conseguente
all’eseguire la funzione stessa
e nel modificare la sua
conformazione e/o struttura.
• Principio del progetto
minimax: ovvero progetto
che ottiene la massima resistenza con l’uso di minimo
materiale.
Un caso assai caratteristico
di ottimizzazione della struttura dell’osso è costituito
dall’organizzazione delle trabecole nella testa femorale:
essa infatti deve sostenere il
peso del corpo umano
durante la deambulazione
trasmettendolo attraverso il
femore alle altre strutture
della coscia e della gamba
secondo linee di forza ben
definite.
Le trabecole ossee posizionate secondo semi archi
concentrici e intersecati è
un brillante esempio di
minor utilizzo di materiale
per il massimo del rendimento nel supporto del
peso; la costituzione di
strutture ad arco permette
lo scarico del peso in punti
differenti della testa femorale e contemporaneamente garantisce quei requisiti
di leggerezza (dati dallo spazio vuoto tra una trabecola
e la successiva) essenziali
per non sovraccaricare l’uomo durante la locomozione.
L’equilibrio tra deposizione e
riassorbimento d’osso in funzione dei carichi a cui è sottoposto è responsabile quindi della disposizione delle
trabecole ossee (es. la testa
femorale).
Lo stesso fenomeno può
essere valutato anche in
senso contrario: la mancanza
di sollecitazioni meccaniche
tipiche dei pazienti allettati
per lunghi periodi o degli
astronauti (non soggetti alla
forza di gravità) si manifestano con atrofia ossea.
Rarefazione, assottigliamento, riduzione di spessore: nel
complesso riduzione della
resistenza.
Esiste pertanto un range di
sollecitazione meccaniche
che costituisce l’ottimo dei
valori per i quali l’osso si
trova in un equilibrio tra
deposito e riassorbimento di
matrice.
Lorenzo Castellani
Matteo Laccisaglia
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