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Costituzione di parte civile. Tentato omicidio fra dolo diretto ed

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Costituzione di parte civile. Tentato omicidio fra dolo diretto ed
Costituzione di parte civile.
Tentato omicidio fra dolo diretto ed eventuale
Quesito
Tizio e Caio, in data 28 dicembre 2011, si introdussero, travisati, in casa
di Sempronio e Mevia, marito e moglie, e, dividendosi i compiti, li aggredirono, colpendoli al capo ed al torace, accanendosi particolarmente contro Sempronio, tanto da cagionargli gravi danni cerebrali; dopo essersi impossessati di due carte di credito e di una somma imprecisata, si allontanarono dalla scena del delitto, non prima di aver legato ed imbavagliato
i due coniugi e lasciato Sempronio agonizzante a testa in giù in una pozza di sangue.
Dopo qualche ora Mevia riuscì a liberarsi e a chiamare aiuto; Sempronio
fu trasportato in ospedale, ove fu necessario un immediato intervento chirurgico che valse a salvargli la vita.
Il candidato, assunte le vesti di legale di Sempronio e Mevia, rediga l’atto
di costituzione di parte civile nel procedimento penale a carico di Tizio e
Caio, imputati del reato di tentato omicidio.
Il candidato ricerchi le disposizioni normative rilevanti
per la soluzione del quesito ricavandole dalla lettura attenta della questione.
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Costruire un atto giudiziario - Penale
Norme rilevanti e collegamenti
Art. 575 c.p. Omicidio
Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni
ventuno.
(L’oggetto giuridico tutelato dalla norma è la vita umana, secondo l’interesse dei singoli
e della collettività, intesi come assoluta indisponibilità della vita umana, in quanto bene
essenziale della convivenza civile).
Art. 42 c.p. Responsabilità per dolo o per colpa o per delitto preterintenzionale. Responsabilità obiettiva
Nessuno può essere punito per un’azione od omissione preveduta dalla legge come reato, se non l’ha commessa con coscienza e volontà.
Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto, se non l’ha
commesso con dolo, salvo i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente
preveduti dalla legge.
La legge determina i casi nei quali l’evento è posto altrimenti a carico dell’agente, come
conseguenza della sua azione od omissione.
Nelle contravvenzioni ciascuno risponde della propria azione od omissione cosciente e
volontaria, sia essa dolosa o colposa.
(La funzione della norma è quella di consentire un controllo sull’attribuibilità o meno di un
determinato comportamento, positivo o negativo, alla volontà dell’agente; viene enunciata una sorta di graduatoria tra i criteri di imputazione soggettiva, ove il dolo costituisce
l’elemento psicologico per eccellenza, mentre la colpa e la preterintenzione rappresentano dei fondamenti psicologici residuali della responsabilità penale, atti a giustificarla
solo se espressamente considerati dal legislatore; la responsabilità oggettiva, non considerata un criterio di imputazione soggettiva, si pone fuori dal sistema generale della teoria del reato, avendo un ambito di operatività necessariamente limitato e predeterminato).
Art. 43 c.p. Elemento psicologico del reato
Il delitto: è doloso, o secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso o pericoloso, che
è il risultato dell’azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l’esistenza del delitto, è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione; è preterintenzionale, o oltre l’intenzione, quando dall’azione od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall’agente; è colposo, o
contro l’intenzione, quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si
verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di
leggi, regolamenti, ordini o discipline.
(Il dolo è la principale forma tipica della volontà colpevole e passa attraverso due momenti, il momento rappresentativo ed il momento volitivo; il fondamento della colpa risiede, invece, nella prevedibilità ed evitabilità dell’evento, distinguendosi tra colpa propria, nelle normali ipotesi in cui non vi è volontà dell’evento, e colpa impropria, quando si risponde a titolo di colpa pur essendo l’evento voluto).
Art. 56 c.p. Delitto tentato
Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde
di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica.
Costituzione di parte civile. Trentato omicidio fra dolo diretto ed eventuale
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Art. 2043 c.c. Risarcimento per fatto illecito
Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto al risarcimento del danno.
(La norma sancisce il principio della risarcibilità del danno che presenti le caratteristiche
dell’ingiustizia, in quanto lesivo di interessi ai quali l’ordinamento attribuisce rilevanza,
a prescindere dalla loro qualificazione formale).
Art. 2059 c.c. Danni non patrimoniali
Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge.
(La responsabilità aquiliana è ripartita, nel codice civile vigente, tra responsabilità per
danni patrimoniali, ex art. 2043 c.c, e responsabilità per danni non patrimoniali, ex art.
2059 c.c.; restando ferma la tipicità prevista dalla norma, il danno non patrimoniale
deve essere risarcito non solo nei casi previsti dalla legge ordinaria, ma anche nei casi
di lesione di valori della persona umana costituzionalmente protetti).
Art. 74 c.p.p. Legittimazione all’azione civile
L’azione civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno di cui all’articolo 185
del codice penale può essere esercitata nel processo penale dal soggetto al quale il reato ha recato danno ovvero dai suoi successori universali, nei confronti dell’imputato e
del responsabile civile.
(L’azione civile nel processo penale ha natura secondaria, in quanto l’oggetto principale è rappresentato dall’accertamento della penale responsabilità dell’imputato, eventuale, in quanto all’offesa penalisticamente rilevante può non corrispondere una lesione di
interessi civilisticamente tutelati, e facoltativa, in quanto la pretesa può essere fatta valere mediante l’esercizio dell’azione ordinaria di danno in sede civile).
Il candidato ricerchi, ora, la giurisprudenza pertinente
al caso concreto (utilizzando i codici annotati), partendo
dalla raccolta di sentenze e massime indicate sotto gli articoli di riferimento e di eventuali indicazioni dottrinarie.
Atti giudiziari di diritto penale
Il colpevole del delitto tentato è punito: con la reclusione non inferiore a dodici anni, se
la pena stabilita è l’ergastolo; e, negli altri casi, con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi.
Se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace soltanto alla pena per gli
atti compiuti, qualora questi costituiscano per sé un reato diverso.
Se volontariamente impedisce l’evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato,
diminuita da un terzo alla metà.
(Il delitto tentato è una fattispecie criminosa a sé stante, risultante dalla combinazione
di una norma principale, la norma incriminatrice speciale, e di una norma secondaria,
quella contenuta nell’art. 56.c.p. che ha efficacia estensiva; pertanto non costituisce una
circostanza attenuante rispetto al delitto consumato, ma un’autonoma figura di delitto).
Costruire un atto giudiziario - Penale
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Massime di giurisprudenza e orientamenti dottrinali
Giurisprudenza
•Cassazione 14034/2012; 25114/2010; 21505/2009; 13083/2009; 11521/2009;
39957/2008; Sez. Un. 26972/2008; Sez. Un. 26973/2008; 5029/2008;
27620/2007; 28175/2007; 38809/2005; 12212/2004; 43405/2003; 2050/2003;
1031/2002; 11024/1996; 13544/1998; 6880/1998; 5969/1997; 9642/1996; Sez.
Un. 3571/1996; 832/1995; 3899/1993; Sez. Un. 748/1993
Art. 575 c.p.
•Il tentato omicidio è incompatibile con il dolo eventuale, occorrendo quanto meno il
dolo alternativo (Cass. pen. 13-4-2012, n. 14034).
•Il dolo eventuale si differenzia dalla colpa cosciente per la previsione dell’evento come
concretamente e non solo astrattamente realizzabile, talché, in mancanza dell’autonoma prova di tale circostanza, non è possibile ritenere che l’agente abbia voluto l’evento,
a meno di non voler affermare sempre l’esistenza di un dolo in re ipsa per il solo fatto
della consumazione di una condotta rimproverabile (Cass. pen. 10-2-2009, n. 13083).
•Il dolo eventuale si contraddistingue dalla colpa cosciente per l’elemento della volontà,
in quanto in entrambe le ipotesi il soggetto si rappresenta l’evento antigiuridico che è conseguenza della sua azione o omissione, ma mentre nel primo caso agisce, accettando il
rischio che l’evento possa verificarsi, nel secondo caso agisce, nella certezza che l’evento
non si verificherà ed, in ogni caso, egli non vuole, neanche per ipotesi, che l’evento si verifichi. Per poter accertare l’elemento soggettivo del reato occorre valutare le circostanze
di fatto esistenti e note all’agente nel momento in cui la condotta è stata posta in essere,
desumendone dalle stesse l’atteggiamento psichico (Cass. pen. 23-10-1997, n. 5969).
•Sussiste il dolo eventuale quando l’agente, ponendo in essere una condotta diretta ad altri scopi, si rappresenta la concreta possibilità del verificarsi di ulteriori conseguenze della
propria azione e, nonostante ciò, agisce accettando il rischio di cagionarle; quando invece l’ulteriore accadimento si presenta all’agente come probabile, non si può ritenere che
egli, agendo, si sia limitato ad accettare il rischio dell’evento, bensì che, accettando l’evento, lo abbia voluto, sicché in tale ipotesi l’elemento psicologico si configura nella forma di
dolo diretto e non in quella di dolo eventuale (Cass. pen. Sez. Un. 14-2-1996, n. 3571).
•Nel delitto di omicidio volontario il dolo che sorregge l’azione o l’omissione va qualificato come eventuale, quando vi sia la rappresentazione, nell’agente, della probabilità o della semplice possibilità del verificarsi dell’evento letale come conseguenza della
condotta medesima e il rischio di tale accadimento sia stato accettato con l’attuazione
della condotta (Cass. pen. 8-11-1995, n. 832).
Art. 42 c.p.
•La prova del dolo del tentato omicidio può essere tratta da una serie di elementi sintomatici ritenuti utili, secondo le regole di esperienza e l’id quod plerumque accidit, per la
individuazione della direzione teleologica della volontà dell’agente verso la morte della
vittima, quali la micidialità del mezzo usato, la reiterazione delle lesività, la mancanza
di motivazioni alternative dell’azione (Cass. pen. 16-12-2008, n. 5029).
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•In tema omicidio volontario, in mancanza di circostanze che evidenzino ictu oculi l’animus
necandi, la valutazione dell’esistenza del dolo omicidiario può essere raggiunta attraverso un procedimento logico d’induzione da altri fatti certi, quali i mezzi usati, la direzione
e l’intensità dei colpi, la distanza del bersaglio, la parte del corpo attinta, le situazioni di
tempo e di luogo che favoriscano l’azione cruenta (Cass. pen. 8-6-2007, n. 28175).
•L’azione esercitata sulla psiche del soggetto dall’alcool e dagli stupefacenti volontariamente assunti non impedisce di ravvisare gli estremi del dolo diretto, per la cui esistenza non è richiesta una analisi lucida della realtà, ma solo che il soggetto sia in grado,
nonostante la perturbazione psichica e la riduzione del senso critico determinate dalle
sostanze assunte, di attivarsi in modo razionalmente concatenato per realizzare l’evento ideato e voluto (Cass. pen. 9-10-2008, n. 39957).
•Sussiste il dolo eventuale quando l’agente, ponendo in essere una condotta diretta ad
altri scopi, si rappresenta la concreta possibilità del verificarsi di ulteriori conseguenze
della propria azione e, nonostante ciò, agisce accettando il rischio di cagionarle; quando invece l’ulteriore accadimento si presenta all’agente come probabile, non si può ritenere che egli, agendo, si sia limitato ad accettare il rischio dell’evento, bensì che, accettando l’evento, lo abbia voluto, sicché in tale ipotesi l’elemento psicologico si configura
nella forma di dolo diretto e non in quella di dolo eventuale (Cass. pen. 20-11-1998, n.
13544).
•La linea di demarcazione tra dolo eventuale e colpa con previsione è individuata nel
diverso atteggiamento psicologico dell’agente che, nel primo caso, accetta il rischio che
si realizzi un evento diverso non direttamente voluto, mentre nella seconda ipotesi nonostante l’identità di prospettazione, respinge il rischio, confidando nella propria capacità di controllare l’azione. Comune è, pertanto, la previsione dell’evento diverso da quello voluto mentre ciò che diverge è l’accettazione o l’esclusione del rischio relativo (Cass.
pen. 10-10-1996, n. 11024).
Art. 56 c.p.
•Il dolo eventuale non è compatibile con il delitto tentato; l’ipotesi del tentativo richiede
il dolo diretto, al più nella forma del dolo alternativo (Cass. pen. 31-3-2010, n. 25114).
•Il dolo alternativo, che si ha quando il soggetto agente si rappresenta e vuole indifferentemente due eventi, è compatibile con il tentativo (Cass. pen. 25-2-2009, n. 11521).
•In tema di delitti omicidiari, deve qualificarsi come dolo diretto, e non meramente eventuale, quella particolare manifestazione di volontà dolosa definita dolo alternativo, che
sussiste quando il soggetto attivo prevede e vuole, con scelta sostanzialmente equipollente, l’uno o l’altro degli eventi (nella specie, morte o grave ferimento della vittima) causalmente ricollegabili alla sua condotta cosciente e volontaria, con la conseguenza che
esso ha natura di dolo diretto ed è compatibile con il tentativo (Cass. pen. 24-5-2007,
n. 27620).
•L’azione posta in essere con accettazione del rischio dell’evento può implicare, per l’autore, un maggiore o minore grado di adesione della volontà, a seconda che egli consideri maggiore o minore la probabilità di verificazione dell’evento. Se questo venga ritenuto certo o altamente probabile, l’autore non si limita ad accettare il rischio, ma accetta l’evento stesso che vuole; se l’evento, oltre che accettato è perseguito, il dolo si collo-
Atti giudiziari di diritto penale
Art. 43 c.p.
Costruire un atto giudiziario - Penale
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ca in un più elevato livello di gravità. In relazione a tali diversi gradi di intensità, il dolo
va qualificato come «eventuale» nel caso di accettazione del rischio, e come «diretto»
negli altri casi, con l’ulteriore precisazione che, se l’evento è perseguito come scopo finale, si ha il dolo «intenzionale» (Cass. pen. 15-4-1998, n. 6880).
•Sussiste il dolo eventuale quando l’agente, ponendo in essere una condotta diretta ad altri scopi, si rappresenta la concreta possibilità del verificarsi di ulteriori conseguenze della
propria azione e, nonostante ciò, agisce accettando il rischio di cagionarle; quando invece l’ulteriore accadimento si presenta all’agente come probabile, non si può ritenere che
egli, agendo, si sia limitato ad accettare il rischio dell’evento, bensì che, accettando l’evento, lo abbia voluto, sicché in tale ipotesi l’elemento psicologico si configura nella forma di
dolo diretto e non in quella di dolo eventuale (Cass. pen. Sez. Un. 14-2-1996, n. 3571).
•In tema di elemento soggettivo del reato, possono individuarsi vari livelli crescenti di intensità della volontà dolosa. Nel caso di azione posta in essere con accettazione del rischio
dell’evento, si richiede all’autore un’adesione di volontà, maggiore o minore, a seconda
che egli consideri maggiore o minore la probabilità di verificazione dell’evento. Nel caso
di evento ritenuto altamente probabile o certo, l’autore, invece, non si limita ad accertarne il rischio, ma accetta l’evento stesso, cioè lo vuole e con una intensità maggiore di quelle precedenti. Se l’evento, oltre che accettato, è perseguito, la volontà si colloca in un ulteriore livello di gravità, e può distinguersi fra un evento voluto come mezzo necessario per
raggiungere uno scopo finale, ed un evento perseguito come scopo finale. Il dolo va, poi,
qualificato come «eventuale» solo nel caso di accettazione del rischio, mentre negli altri
casi suindicati va qualificato come «diretto» e, nell’ipotesi in cui l’evento è perseguito come
scopo finale, come «intenzionale» (Cass. pen. Sez. Un. 12-10-1993, n. 748).
Art. 2043 c.c.
•L’art. 2059 c.c. non disciplina una autonoma fattispecie di illecito, distinta da quella di
cui all’art. 2043 c.c., ma si limita a disciplinare i limiti e le condizioni di risarcibilità dei
pregiudizi non patrimoniali, sul presupposto della sussistenza di tutti gli elementi costitutivi dell’illecito richiesti dall’art. 2043 c.c., e cioè la condotta illecita, l’ingiusta lesione di interessi tutelati dall’ordinamento, il nesso causale tra la prima e la seconda, la
sussistenza di un concreto pregiudizio patito dal titolare dell’interesse leso: l’unica differenza tra il danno non patrimoniale e quello patrimoniale consiste pertanto nel fatto
che quest’ultimo è risarcibile in tutti i casi in cui ricorrano gli elementi di un fatto illecito,
mentre il primo lo è nei soli casi previsti dalla legge; nel caso di danno da morte o danno tanatologico, il giudice potrà correttamente riconoscere e liquidare il solo danno morale, a ristoro della sofferenza psichica provata dalla vittima di lesioni fisiche, alle quali
sia seguita dopo breve tempo la morte, che sia rimasta lucida durante l’agonia in consapevole attesa della fine (Cass. pen. Sez. Un. 11-11-2008, n. 26972).
•L’art. 2043 c.c. delinea una fattispecie a struttura complessa, qualificata dall’atipicità
dell’illecito civile ed indifferente all’individuazione del criterio soggettivo di imputazione
della responsabilità, poiché tutta la normativa civilistica sui fatti illeciti è ispirata al principio di equivalenza tra dolo e colpa in ordine alle conseguenze del fatto dannoso; pertanto, è irrilevante stabilire, in relazione all’obbligazione risarcitoria, se un illecito, fonte
di responsabilità civile oltre che penale, sia imputabile a titolo di dolo ovvero di colpa,
poiché in entrambi i casi sussiste l’obbligo di risarcire il danno (Cass. pen. 15-9-1993,
n. 3899).
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•Alla vittima di un fatto illecito costituente reato può essere riconosciuto il risarcimento di
una unica voce di danno non patrimoniale, comprensiva tanto del danno morale che di
quello biologico eventualmente subiti, i quali, pertanto, non possono essere liquidati in
maniera autonoma dal giudice; il danno subito in conseguenza della uccisione del prossimo congiunto, si colloca nell’area del danno non patrimoniale di cui all’art. 2059 c.c.
e, quale tipico danno-conseguenza, deve essere allegato e provato da chi chiede il relativo risarcimento, potendosi tuttavia ricorrere a valutazioni prognostiche e presunzioni sulla base degli elementi obbiettivi forniti dal danneggiato, quali l’intensità del vincolo familiare, la situazione di convivenza, la consistenza del nucleo familiare, le abitudini di vita, l’età della vittima e dei singoli superstiti, nonché la compromissione delle esigenze di questi ultimi (Cass. pen. 23-1-2009, n. 21505).
•Nell’ipotesi in cui il fatto illecito si configuri anche solo astrattamente come reato, è risarcibile anche il danno non patrimoniale conseguente alla lesione di interessi inerenti la
persona non presidiati da diritti costituzionali, purché meritevoli di tutela in base all’ordinamento (Cass. pen. Sez. Un. 11-11-2008, n. 26973).
•Posto che il danno biologico, come quello morale ed esistenziale, è un danno di natura
non patrimoniale, per la sua liquidazione non è obbligatorio l’utilizzo del criterio tabellare, essendo ammissibile anche una liquidazione meramente equitativa, purché il giudice dia adeguatamente conto dei criteri seguiti per effettuarla; il danno esistenziale è
un danno di natura non patrimoniale, autonomo e differente sia dal danno morale soggettivo, che non ne è assorbito, sia dal danno biologico, che può essere risarcito unitamente ad esso (Cass. pen. 25-11-2003, n. 2050).
•In tema di obbligazioni civili derivanti dal reato, è risarcibile il danno biologico-psichico
sofferto dai congiunti della vittima iure proprio a condizione che si tratti di danno permanente, provato nella sua concreta entità, e ricorrano i presupposti di cui all’art. 2059
c.c. (Cass. pen. 30-10-2002, n. 1031).
•Il danno non patrimoniale, quale sofferenza patita in conseguenza di un fatto illecito incidente sulla sfera psichica e morale della persona, si realizza nel momento stesso in cui
l’evento dannoso si verifica; pertanto, è con riferimento a tale momento che il danno morale deve essere riscontrato e liquidato, senza alcuna considerazione per i fatti od avvenimenti successivi, quale la morte del soggetto leso, che non incidono sulla misura del danno predetto. Ne consegue che, qualora i congiunti succedano alla parte offesa iure hereditario e non iure proprio, gli stessi hanno diritto alla medesima liquidazione del danno non patrimoniale che spettava al loro dante causa (Cass. pen. 3-6-1996, n. 9642).
Art. 74 c.p.p.
•Ai fini dell’ammissibilità della costituzione di parte civile, giusta il disposto dell’articolo
78, comma 1, lettera d), del c.p.p., non è sufficiente far riferimento all’avvenuta commissione di un reato, ma è necessario richiamare le «ragioni» in forza delle quali si pretende che dal reato siano scaturite conseguenze pregiudizievoli, nonché il «titolo» che legittima a far valere la pretesa (Cass. pen. 2-12-2004, n. 12212).
•Secondo il disposto dell’articolo 74 c.p.p., l’azione civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno, di cui all’articolo 185 c.p., può essere esercitata nel processo penale
dal soggetto al quale il reato ha recato danno ovvero dai suoi successori universali, nei
confronti dell’imputato e del responsabile civile. Tale norma distingue il diritto al risar-
Atti giudiziari di diritto penale
Art. 2059 c.c.
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Costruire un atto giudiziario - Penale
cimento iure proprio, che è il diritto del soggetto al quale il reato ha direttamente recato danno, dal diritto al risarcimento iure successionis, che spetta solo ai successori universali e che sorge quando si sia verificato un depauperamento del patrimonio della vittima in conseguenza dell’accadimento; ne discende che i successibili, che non siano, in
concreto, anche eredi, non possono agire iure successionis, non escludendosi però, per
i successibili che siano prossimi congiunti della vittima, la legittimazione ad agire iure
proprio per il ristoro dei danni patrimoniali e soprattutto non patrimoniali sofferti a causa della morte del congiunto (Cass. 19-4-2005, n. 38809).
•In tema di costituzione di parte civile, l’esposizione delle ragioni che giustifichino la domanda concerne unicamente la causa petendi, vale a dire il nesso tra le conseguenze
pregiudizievoli per la parte offesa e il reato, mentre il petitum è di per sé insito nella costituzione stessa, che nel caso concreto è conforme all’astratta previsione delle restituzioni e del risarcimento del danno, mentre la quantificazione dello stesso può avvenire
in sede civile (Cass. Pen. 23-10-2003, n. 43405).
Dottrina
[Fiandaca-Musco, Antolisei, Pannain, Gallo, Pagliaro,
Mantovani, Morselli, Gazzoni, Cordero]
Secondo la dottrina sono possibili diverse specie di dolo: diretto, quando l’evento conseguito è rispondente a quello voluto e rappresentato dall’agente, intenzionale, quando
l’evento costituisce il fine in vista del quale il soggetto agisce o, comunque, lo strumento
per conseguire il fine ultimo (Fiandaca-Musco), eventuale, quando pur essendo la volontà del soggetto diretta a cagionare un determinato evento previsto come conseguenza
certa, sussiste la contestuale previsione della probabilità di causare altro più grave reato che deve considerarsi parimenti voluto, essendosi accettato il rischio (Antolisei, Pannain), alternativo, quando il soggetto prevede più fatti e la sua volontà sia diretta indifferentemente a cagionare l’uno o l’altro degli eventi previsti.
Ricorre la colpa cosciente o con previsione, quando l’agente non vuole commettere il
reato, e, pur prevedendo come possibile il verificarsi dell’evento, superi tuttavia la posizione di dubbio mediante la previsione negativa che non si realizzerà un fatto costituente reato, per cui l’incertezza realizza il dolo eventuale, la certezza negativa realizza la colpa
cosciente (Gallo). Per risolvere casi pratici la dottrina suggerisce di analizzare il carattere del reo e il modo con cui egli ha perseguito il suo fine concreto: se il soggetto autore
dell’illecito avrebbe agito egualmente anche se avesse previsto il risultato lesivo come necessariamente connesso alla sua azione, il dolo sussiste, mentre si avrebbe colpa cosciente qualora il reo fosse stato certo che l’evento lesivo rappresentato non si sarebbe verificato o sarebbe riuscito comunque ad evitarlo (Pagliaro).
La figura del delitto tentato ricorre quando il soggetto vuole commettere un reato e si
attiva in tal senso, senza però realizzare il proposito criminoso per cause indipendenti
dalla propria volontà (Mantovani); si configura quando l’agente non riesce a portare
a termine il delitto programmato, ma gli atti parzialmente realizzati sono tali da esteriorizzare la sua intenzione criminosa (Fiandaca-Musco).
Il dolo nel tentativo è solo quello diretto (Montanara); l’esclusione del dolo eventuale
dallo schema del tentativo scaturisce dalla considerazione che l’espressione «atti diretti in
modo non equivoco» mette in rilievo come, accettando la possibilità di un dolo eventuale
di tentativo, mancherebbe proprio la rappresentazione della direzione non equivoca degli atti a commettere un delitto (Gallo).
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Dottrina minoritaria ritiene ammissibile anche nel tentativo il dolo eventuale in quanto l’espressione «atti diretti a ……» non va intesa nel restrittivo senso soggettivo di sinonimo della intenzionalità, ma più propriamente come finalità intrinseca obiettivamente emergente dalla condotta, quale conseguenza di tale atteggiamento interiore, in quanto diretto
contro l’oggetto materiale del reato e/o il soggetto passivo (Morselli).
La perdita della vita non costituisce danno di per sé risarcibile, perché vi è una profonda distinzione tra diritto alla vita, consistente nella possibilità di esistenza futura, e diritto all’integrità psico-fisica, consistente nella fruizione del proprio benessere psico-fisico durante l’esistenza; per giustificarne il risarcimento non è utilizzabile neppure la strada interpretativa seguita per la costruzione del danno biologico, che nasce dal combinato disposto degli artt. 2043 c.c., 2049 c.c. ed art. 32 Cost., proprio per una diversa struttura e ratio giustificatrice della tutela, secondo cui il danno da morte nega la sopravvivenza, mentre il danno alla salute, o biologico, la presuppone (Gazzoni).
Secondo il principio di immanenza la costituzione di parte civile di cui agli artt. 74 e
ss. c.p.p. dispiega i propri effetti anche nei giudizi di appello e cassazione, sicché l’atto
non va ripetuto in sede di gravame, in quanto la parte civile ha diritto a partecipare agli
altri gradi di giudizio anche se non ha prodotto impugnazione (Cordero).
Il candidato, raccolto il materiale utile, rediga uno schema
dell’atto e lo segua per non perdere memoria della ricerca
fatta nel merito,inserendo le indicazioni di rito ricavabili
dalla guida formale.
Atti giudiziari di diritto penale
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Costruire un atto giudiziario - Penale
Schema di redazione dell’atto
Atto: Atto di costituzione di parte civile.
Autorità Giudiziaria: Giudice per l’udienza preliminare o Tribunale.
Parti: Persona offesa dal reato a mezzo del proprio procuratore.
Motivi: Risarcimento danni morali e materiali.
Seguendo lo schema redatto, il candidato rediga l’atto, curando di non dimenticare, né le disposizioni formali (necessarie per la validità dell’atto), né le indicazioni di dottrina e giurisprudenza più idonee ad avallare la propria
tesi difensiva.
Costituzione di parte civile. Trentato omicidio fra dolo diretto ed eventuale
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TRIBUNALE DI ………………
SEZIONE PENALE
DICHIARAZIONE DI COSTITUZIONE DI PARTE CIVILE
I sottoscritti, Sempronio, nato a ………………, il ………………, residente in
………………, alla via ………………, tel. ………………, e Mevia, nata a ………………, il
………………, residente in ………………, alla via ………………, tel. ……………… elettivamente domiciliati in ………………, alla via ………………, n. ……………… presso lo studio
dell’avv. ……………… del Foro di ……………… che li difende e li rappresenta come da
procura in calce al presente atto, nella qualità di persone offese dal reato a tutela
dei propri interessi nel procedimento penale R.G.N.R. ……… a carico di Tizio e Caio
di costituirsi parte civile nei confronti di Tizio, nato a ………………, il ………………
e residente in ……………… alla via ………………, e Caio, nato a ………………, il ………………
e residente in ……………… alla via ………………, imputati del reato di cui agli artt. 56
e 575 c.p., perché, in data 28 dicembre 2011, si introducevano, travisati, in casa
di Sempronio e Mevia, marito e moglie, e, dividendosi i compiti, li aggredirono,
colpendoli al capo ed al torace, accanendosi particolarmente contro Sempronio,
tanto da cagionargli gravi danni cerebrali; successivamente si impossessarono
di due carte di credito e di una somma imprecisata e si allontanarono dalla scena del delitto, dopo aver legato ed imbavagliato i due coniugi ed avendo lasciato
Sempronio agonizzante a testa in giù in una pozza di sangue.
Emerge chiaramente dalla ricostruzione operata dalla Polizia Giudiziaria che
l’effettiva situazione psicologica di Tizio e Caio si inquadra correttamente in una
ipotesi dolosa, diretta o alternativa, di omicidio tentato.
Preliminarmente, al fine di individuare l’intensità del dolo nel caso di specie,
si fa rilevare che costituisce regola iuris ormai consolidata l’incompatibilità
del tentativo con il dolo eventuale, elemento soggettivo del reato, che ricorre
allorquando l’agente, ponendo in essere una condotta diretta ad altri scopi, si
rappresenti la concreta possibilità del verificarsi di una diversa conseguenza
della propria condotta e, ciononostante, agisca accettando il rischio di cagionarla.
Ne consegue che il dolo eventuale non è configurabile nel caso di delitto tentato, in quanto è ontologicamente incompatibile con la direzione univoca degli
atti compiuti nel tentativo, che presuppone il dolo diretto.
Nel caso di specie ci troviamo quindi di fronte ad una chiara ipotesi di tentato
omicidio con dolo diretto, seppure sotto forma di dolo alternativo.
In tema di delitti omicidiari, si qualifica come dolo diretto, e non meramente
eventuale, quella particolare manifestazione di volontà dolosa definita dolo
alternativo, che sussiste quando il soggetto attivo prevede e vuole, con scelta
sostanzialmente equipollente, l’uno o l’altro degli eventi.
Nel caso di specie Tizio e Caio volevano indifferentemente la morte o il grave
ferimento della vittima; la loro condotta è stata cosciente e volontaria, con la
conseguenza che essa ha natura di dolo diretto alternativo ed è perfettamente
Atti giudiziari di diritto penale
DICHIARANO
204
Costruire un atto giudiziario - Penale
compatibile con il tentativo di omicidio.
Tizio e Caio, infatti, accettando la possibilità dell’accadimento morte, ne hanno
preventivamente approvato la verificazione, il che costituisce l’esplicitazione
chiara di una rappresentazione in positivo della figura del dolo alternativo, che
in tanto sussiste, in quanto l’agente si rappresenta e vuole indifferentemente
l’uno o l’altro degli eventi causalmente ricollegabili alla sua condotta cosciente e
volontaria, sicché, già al momento della realizzazione del fatto di reato, egli deve
prevederli ed accettarli entrambi.
Vi è allora piena compatibilità tra tentativo penalmente punibile e dolo alternativo, poiché la sostanziale equivalenza dell’uno e dell’altro evento, che Tizio
e Caio si sono rappresentati indifferentemente, entrambi come eziologicamente
collegabili alla propria condotta, comporta che questa forma di dolo è diretta, atteso che ciascuno degli eventi, lesione e/o morte, è stato ugualmente voluto dai rei.
Con la presente costituzione ci si prefigge, quindi, non solo lo scopo di richiedere
il risarcimento dei danni morali e materiali cagionati dal fatto-reato commesso dagli
imputati, la cui responsabilità penale si rinviene dagli atti di indagine svolta nei loro
confronti dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di … e dall’emissione del
decreto che dispone il giudizio ed è connotata dalla circostanza che Sempronio e Mevia hanno patito grave e grande sofferenza fisica e psichica dal fatto-reato compiuto
da Tizio e Caio, ma anche quello di collaborare all’accertamento della verità dei fatti.
Alla luce dei fatti evidenziati e delle considerazioni svolte il danno morale e
materiale subito da Sempronio e Mevia è gravissimo e li riguarda come persone
offese dal reato.
La costituzione di parte civile di Sempronio e Mevia nel procedimento penale a
carico di Tizio e Caio è giustificata dal fatto che essi hanno subito, come derivazione immediata e diretta del fatto-reato, gravi sofferenze materiali e psicologiche.
Pertanto, Sempronio e Mevia sono legittimati a costituirsi parte civile nel presente procedimento penale, sia per esigere la rifusione del danno patrimoniale,
sia per esigere la rifusione del danno morale.
Una volta chiarita la legitimatio ad causam da parte di Sempronio e Mevia è
opportuno procedere ad una quantificazione del danno da risarcire, considerando
i danni di natura fisica e psichica subiti.
Sulla base di queste considerazioni il danno richiesto può essere quantificato
in euro 200.000,00, di cui 50.000 euro per danni materiali, derivanti dal periodo
di assenza forzata dal lavoro, dalla mancata contribuzione e dal mancato apporto
economico ai bisogni della famiglia, e 150.000 euro per danni morali subiti, o
nella misura maggiore o minore ritenuta di giustizia, e si chiede la condanna degli
imputati Tizio, nato in ………………, il giorno ………………, e residente in ………………
alla via ………………, e Caio, nato in ………………, il giorno ……………… e residente in
……………… alla via ………………, al pagamento di detti danni; il tutto con vittoria
di spese e competenze di costituzione e rappresentanza nel presente giudizio,
IVA, e CPA, come da nota specifica che sarà depositata in sede di conclusioni,
con sentenza munita di clausola di provvisoria esecuzione.
In subordine, ove il giudice non sia in grado di determinare specificamente
e quantificare l’entità del danno, o non vi sia la prova sufficiente, si chiede, comunque, che venga pronunciata condanna generica al risarcimento del danno,
non distinguendo tra danni materiali e morali, né espletando alcuna indagine
Costituzione di parte civile. Trentato omicidio fra dolo diretto ed eventuale
205
………………, lì ………………
Firma
………………
Avv.
………………, difensore e procuratore speciale
ATTO DI PROCURA SPECIALE EX ARTT. 100, COMMA 2, E 122 C.P.P.
I sottoscritti Sempronio, nato a ………………, il ………………, residente in ………………
(……) alla via/piazza ………………, n. ………………, e Mevia, nata a ………………, il
………………, residente in ……………… (……) alla via/piazza ………………, n. ………………,
con il presente atto
NOMINANO E COSTITUISCONO
proprio difensore di fiducia, nonché procuratore speciale l’avv. ………………
del Foro di ………………, con studio in ………………, alla via ………………, n. ………………
affinché li rappresenti, difenda e presenti le conclusioni nel procedimento penale
R.G.N.R. …… a carico di Tizio e Caio, per i reati di cui agli artt. 56 e 575 c.p., in
questo grado del giudizio, nonché negli eventuali gradi successivi, al fine di ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti in conseguenza dei fatti oggetto del
presente procedimento, con udienza fissata per il ……………… o altra rifissanda, e
CONFERISCONO
al predetto procuratore, in nome e per suo conto, ogni e più ampio potere
compreso quello di
— fare richiesta al P.M. di impugnazione ex art. 572 c.p.p.;
— richiedere la citazione del responsabile civile per il fatto degli imputati;
— impugnare per la tutela degli interessi civili ogni eventuale sentenza, nonché
ogni altro provvedimento impugnabile.
Dichiarano di eleggere domicilio presso lo studio dell’avv. ....., alla via ....., n.
....., in ......
Con perfetta osservanza.
Sempronio
Mevia
………………, lì ………………
Per accettazione e per autentica della firma
Atti giudiziari di diritto penale
in ordine alla concreta esistenza di un danno risarcibile, ma limitandosi unicamente all’accertamento della potenziale capacità lesiva del fatto dannoso ed
all’esistenza di un nesso di causalità tra il fatto stesso ed il pregiudizio lamentato.
I sottoscritti dichiarano, altresì, di nominare difensore di fiducia l’avv.
………………, che nominano proprio procuratore speciale con atto di procura in
calce al presente ex art. 100, comma 2, c.p.p.
Si producono, al fine di comprovare l’ammissibilità della costituzione di parte
civile, i seguenti documenti:
1)Denuncia di reato
2)Certificati medici
3)Certificati di lavoro
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