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Come e dove dovremo curarci in futuro

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Come e dove dovremo curarci in futuro
2/14/2016
il Caffè - News - Economia - "Il patto con l'Italia azzoppa il Ticino"
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SESSO & AMORE
"Il patto con l'Italia
azzoppa il Ticino"
EMANUELE CENTONZE
Non piace al Ticino. Non piace ai frontalieri. Non fa impazzire l’Italia. E
persino Berna non è del tutto convinta. Il nuovo trattato fiscale fra
Svizzera e Italia, insomma, rischia di partire azzoppato. E di azzoppare ­
come spiega sotto l’imprenditore Emanuele Centonze ­ l’economia
ticinese, con un aumento del costo del lavoro. Eppure sono serviti anni di
tira e molla e di polemiche per modificare il vecchio accordo che risaliva
al 1974. Nel frattempo il mondo del lavoro è cambiato. Ora, in base al
nuovo trattato, i frontalieri saranno tassati preventivamente in Svizzera,
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La sessuologa
Linda Rossi
risponde
alle domande
dei lettori
del Caffè
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POPULISMO
VS POPULISMO
2/16
2/14/2016
il Caffè - News - Economia - "Il patto con l'Italia azzoppa il Ticino"
che però non verserà più ristorni ai Comuni italiani di frontiera. "Lo Stato
in cui viene svolta l’attività lavorativa ­ è scritto nell’accordo ­ imporrà il
reddito da lavoro dipendente al 70% al massimo dell’imposta risultante
dall’applicazione delle imposte ordinarie sui redditi delle persone
fisiche". Il Ticino chiedeva l’80%. Inoltre, lo Stato di residenza,
"applicherà le proprie imposte sui redditi delle persone fisiche ed
eliminerà la doppia imposizione". Dunque la tassazione sul restante 30
per cento verrà effettuata da Roma sulla base delle aliquote italiane e
con la deduzione della somma già versata in Svizzera. Per i frontalieri,
che si sono per la prima volta riuniti in assemblea chiedendo modifiche
sostanziali al testo, si annuncia un "salasso".
L’accordo sarà operativo nel 2018. L’Italia ha però posto una clausola per
l’approvazione dell’intesa: nessuna discriminazione dei lavoratori e,
dunque, abolizione della richiesta del certificato penale (dopo quella dei
carichi pendenti che è stata già eliminata). Questo in attesa delle
decisioni di Berna sul referendum del 9 febbraio 2014.
LA TENDENZA
È finito lo scontro
fra destra e sinistra
L'economia
svizzera
della
condivisione
LE FIRME DEL CAFFÈ
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La politica economica
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Lorenzo Cremonesi
"Numeroso e moderato,
sosteniamo l'Islam"
Guido Olimpio
LA TENDENZA
Addio sedia!
Da oggi
si lavora
in piedi
Il narcotraffico
oltre El Chapo
Con l’entrata in vigore del nuovo trattato fiscale fra Svizzera e Italia,
cambia la tassazione dei lavoratori frontalieri. Nella Confederazione
resterà il il 70 per cento delle loro imposte, mentre Roma si prenderà il
30 per cento. Oggi questi lavoratori sono soggetti, secondo l’accordo del
1974, a una tassazione esclusivamente svizzera. Una tassazione
estremamente bassa rispetto a quella italiana (per un reddito lordo di
80.000 franchi, nel caso di un contribuente con 2 bambini, si pagano
1’760 franchi, in Italia se ne pagherebbero 27’570). Il nuovo trattato
fiscale eliminerà i vantaggi fiscali per i lavoratori frontalieri. Quando sarà
operativa la nuova normativa, i frontalieri in Italia pagheranno 25’810
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Luigi Bonanate
Ecco perché la Francia
potrebbe rompere l'Ue
EXPO 2015
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Ritorna il cinema
con 13 film imperdibili
Sandro Cattacin
L'Europa non sa fare
politica d'integrazione
“Il segno
che ha lasciato
dentro di noi"
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franchi in più di quanto pagano ora. A questo cambiamento,
probabilmente, si è giunti non tanto per pressioni dell’Italia, ma dopo le
richieste della Svizzera e del Ticino.
Detto questo, bisogna aggiungere che anche se non esistono studi
(sarebbe utile se la Seco se ne occupasse), è chiaro che lo sviluppo del
Ticino è dovuto agli accordi bilaterali con l’Unione europea e, in
particolare, alla libera circolazione delle persone. Nella crescita pro
capite il Ticino in questi anni ci ha guadagnato: nel 2013 era di 80’389
franchi, al di sopra della media svizzera che era di 78’840! Il contributo
dei lavoratori transfrontalieri, dunque, è evidente. Basta un altro calcolo
per dimostrarlo. Il Pil "per occupato" oggi è pari a 221.000 franchi in
Ticino, ovvero il 25 per cento sopra la media svizzera (177’582 franchi).
Se si sottraggono invece i frontalieri da questo calcolo, il Pil del Ticino
cala a 147’742 franchi, cioè è del 10 per cento al di sotto della media
nazionale (163’941 franchi). Si deve dunque concludere che ogni
frontaliere in Ticino genera un contributo positivo al prodotto interno
lordo di circa 70’000 franchi. Non solo. Il Ticino sarebbe più povero di 1,4
miliardi di franchi se dovesse rinunciare anche solo a 20.000 frontalieri!
Ecco perché il vecchio regime fiscale ha consentito alle imprese di
reggere sul mercato. Ora, invece, per mantenere i lavoratori specializzati
italiani le imprese dovranno fare i conti con l’evidente svantaggio fiscale
che deriva dal nuovo accordo. E dovranno trovare un equilibrio: non c’è
altra scelta! Ma necessariamente la competitività delle imprese si ridurrà
sensibilmente (in media 20’000 franchi di costi aggiuntivi per dipendente
con uno stipendio di 80.000 franchi).
L’industria in Ticino è cambiata: le fabbriche di sigari del 19° secolo sono
in gran parte scomparse, così come le aziende nate per la costruzione
della ferrovia e delle centrali idroelettriche. Inoltre, la partecipazione
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Ritanna Armeni
Bipolarismo in crisi
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Fulco Pratesi
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sulla società
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Un centrodestra
senza più leader
BENESSERE
4/16
2/14/2016
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svizzera nelle grandi imprese è diminuita fortemente. A fronte di ciò, gli
investimenti italiani oltre che nelle banche, progressivamente sono
arrivati nel commercio di beni, servizi (Bravo Fly), farmaceutica (Ibsa,
Zambon, Helsinn), abbigliamento (Armani, Consitex­Zegna),
nell’industria delle materie plastiche e in altre attività. La disponibilità di
lavoratori frontalieri con il loro status fiscale speciale, in combinazione
con i vantaggi delle normative svizzere è stato un mix fondamentale per
l’insediamento di nuove imprese. Ma si deve presumere che le ultime
novità fiscali italo­svizzere combinate con la prossima eliminazione del
privilegio per le holding e le limitazioni dei lavoratori transfrontalieri
porteranno a disinvestimenti.
Bisogna inoltre tenere presente che l’impiego di lavoratori
transfrontalieri è cambiato: mentre prima le imprese cercavano forza
lavoro a basso costo (abbigliamento, orologi) nelle zone di frontiera,
dove grazie all’emigrazione dal meridione c’era un eccesso di offerta di
lavoratori "non qualificati", oggi l’economia ticinese può contare su
personale altamente formato. E soprattutto su manodopera
specializzata che non esiste in Ticino.
Il nostro cantone è uscito bene da un decennio difficile, cominciato con il
no allo Spazio economico europeo (1992) e finito con l’introduzione degli
accordi bilaterali (dal 2002). Il tasso di crescita dopo il 2002 è rimasto
quasi sempre al di sopra della media svizzera. L’economia si è sviluppata.
Con l’accordo del ‘74 l’attrattività del Cantone è notevolmente cresciuta
per i professionisti lombardi. L’economia ticinese ne ha approfittato,
perché il potenziale della forza lavoro locale non avrebbe mai reso
possibile questa crescita.Si può dunque tranquillamente dire che i
frontalieri hanno contribuito alla prosperità del Ticino. È, inoltre,
dimostrato che i lavoratori d’oltre confine oggi non rappresentano un
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senza più leader
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La Grande Migrazione
non si fermerà da sola
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5/16
2/14/2016
il Caffè - News - Economia - "Il patto con l'Italia azzoppa il Ticino"
pericolo per la forza lavoro locale. Tanto che il tasso di disoccupazione è
rimasto invariato per decenni.
Con il nuovo trattato fiscale con l’Italia, il Ticino, per dirla con le parole
dei fratelli Grimm, potrebbe ora perdere il suo "asino d’oro", e non si sa
come l’economia reagirà. È impossibile sapere cosa accadrà. Politici,
funzionari e ministri giocano con la "scatola nera" senza conoscere i suoi
meccanismi. I liberali e i sindacati, seguono il populismo della Lega e
dell’Udc. È possibile ci siano state pecore nere tra gli imprenditori e che
questi possano ancora causare disagi. La generalizzazione dilagante
basata su di alcuni casi negativi, tuttavia, non rende onore al cantone!
Non c’era e non c’è ragione di eliminare i privilegi fiscali dei frontalieri
che caratterizzano una delle attrattive del cantone. A chi giova tutto
questo? Bisogna chiederselo. Il Ticino rischia di segare il ramo su cui
siede, per usare uno slogan dell’Udc. Quali sono le cause più profonde di
questa campagna contro i lavoratori frontalieri? C’entra il traffico? Poco,
perché la situazione in Ticino è né migliore né peggiore di quella di
Zurigo o Basilea. Il Ticino ha una grave lacuna per quanto riguarda
l’autostrada (la terza corsia da Chiasso a Lugano non c’è e non è prevista)
e il trasporto pubblico a causa della topografia non può essere
sviluppato come si vorrebbe. L’Ustra avrebbe dovuto darsi da fare per
migliorare l’autostrada. Manca la volontà di trovare una soluzione
globale.
Per parafrasare le parole dell’economista Michael Porter, non si può fare
a meno di pensare che la politica del Cantone metta in conto di poter
vivere di rendita dilapidando il patrimonio! Quanto succede attualmente
va contro gli interessi dell’economia. È come se non si volesse affrontare
la pressione della concorrenza. E questo è ancor meno comprensibile
visto che il 15 gennaio 2015 la Svizzera "volente o nolente" è stata
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2/14/2016
il Caffè - News - Economia - "Il patto con l'Italia azzoppa il Ticino"
catapultata nell’Ue. L’estensione degli orari di lavoro, i tagli salariali e
l’insorgenza di delocalizzazioni sono segnali chiari, mentre la tendenza è
quella di una ulteriore riduzione dei costi. I politici a questo punto
dovrebbero occuparsi seriamente dell’andamento delle entrate fiscali di
Cantone e Comuni. Se i frontalieri se ne andassero, e per questo le
aziende dovessero chiudere, aumenterebbe la disoccupazione anche tra
i residenti. L’eliminazione dell’attuale regime fiscale assieme
all’abolizione del privilegio delle holding renderà la situazione ancora più
difficile. Senza una chiara presa di posizione del Cantone che equilibri la
situazione con una diminuzione dell’onere fiscale (tasse e imposte), ci si
può aspettare un’erosione dell’ attrattività del Ticino. La mobilità dei
capitali, come anche quella del capitale umano, è molto sottovalutata
dalla politica.
14.02.2016
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