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Arrestato il gestore del Bar Carraro
NOVA MILANESE Arrestato il gestore del Bar Carraro Livio Solazzo, 40 anni, è finito in manette con l'accusa di detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio, i militari dell'Arma su ordine del Questore hanno apposto i sigilli al locale • • • • Giro di droga all'interno del «Bar Carraro» di via Silvio Pellico. A finire nei guai il gestore del locale, Livio Solazzo, 40 anni, arrestato la settimana scorsa dai Carabinieri della stazione di Muggiò con l'accusa di detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio. Qualche giorno dopo il fatto, i militari dell'Arma, su ordine del Questore, hanno apposto i sigilli sulla saracinesca del bar che resterà chiuso per trenta giorni. Secondo quanto è emerso dalle indagini, il gestore sarebbe coinvolto nel giro di spaccio di droga insieme ad alcuni clienti che sono stati denunciati all'Autorità giudiziaria. Solazzo era nel mirino degli investigatori già da diverse settimane. L'indagine era partita lo scorso 15 febbraio, a seguito dell'arresto avvenuto davanti al «Bar Carraro» di un 27enne, Francesco R., residente a Cesano Maderno. L'uomo quel pomeriggio era all'interno del locale quando hanno fatto irruzione i militari della stazione di Muggiò e dell'Aliquota radiomobile di Desio. Alla vista degli uomini dell'Arma il cesanese aveva cercato di fuggire e di sbarazzarsi di tredici dosi di cocaina, pronte per essere smerciate. Tutto invano. I Carabinieri lo avevano bloccato e ammanettato. Un'operazione durata diverse ore. Fino alle 22 i militari si erano intrattenuti all'interno del locale effettuando controlli a tutti gli avventori, una ventina, presenti al momento del blitz. Gli investigatori avevano fin da subito intuito che l'episodio non era da considerare un caso sporadico. Oltre un mese di indagini che hanno portato la settimana scorsa all'arresto dello stesso barista.Già in passato, gli investigatori avevano scoperto all'interno del locale un traffico di droga. E anche in quella occasione il gestore era finito in manette. Dalle indagini era emerso che la parola d'ordine per i clienti era «un caffè». Anzichè la bustina di zucchero veniva fornita una dose di coca bella e pronta.