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dillo a Paolo Zani
“dillo a Paolo Zani” responsabile INAS-CISL di Milano Sono un impiegato di un'azienda metalmeccanica, colostomizzato da poco tempo per un tumore al retto. Sono ancora in assenza dal lavoro per malattia e vorrei riprendere al più presto a lavorare. Non ho intenzione per il momento di presentare domanda di invalidità all'INPS perché ritengo di riuscire ancora a svolgere, pur con difficoltà, le mansioni fin qui svolte. Posso chiedere qualche agevolazione al mio datore di lavoro. D D.C. - Cormano (MI) R Sì, esiste una norma di legge, poco conosciuta per la verità, a tutela dei malati oncologici in generale. Il Dlgs n. 276/2003 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30.- legge Biagi) ha profondamente modificato le norme in materia di lavoro. Ha, tra l'altro, riformulato la disciplina sul lavoro a tempo parziale (part-time) ed ha introdotto una particolare tutela a favore dei lavoratori affetti da malattie oncologiche, qualsiasi essa sia. Il lavoratore che si trovi in questa condizione può chiedere al datore di lavoro di trasformare il lavoro prestato a tempo pieno in part-time con il diritto di ritornare a tempo pieno in una fase successiva. Questo con la finalità di adeguare la prestazione lavorativa alle nuove esigenze di cura per il lavoratore. L'art. 46, comma 1, lettera “t” del decreto legislativo 276/2003 recita testualmente: “I lavoratori affetti da patologie oncologiche, per i quali residui una ridotta capacità lavora- tiva, anche a causa degli effetti invalidanti di terapie salvavita, accertata da una commissione medica istituita presso l'azienda unità sanitaria locale territorialmente competente, hanno diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale verticale od orizzontale. Il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere trasformato nuovamente in rapporto di lavoro a tempo pieno a richiesta del lavoratore. Restano in ogni caso salve disposizioni più favorevoli per il prestatore di lavoro”. Mi pare che queste disposizioni si applichino perfettamente al suo caso. Voglio aggiungere che il Ministero del lavoro con propria circolare, la n. 40 del 2005 afferma che: “Il diritto del lavoratore o della lavoratrice a richiedere la trasformazione del contratto è un diritto soggettivo che mira a tutelarne, unitamente alla salute, la professionalità e la partecipazione al lavoro come importante strumento di integrazione sociale e di permanenza nella vita attiva. Per tali ragioni, nonché in considerazione del rango primario dell'interesse alla tutela della salute cui è principalmente finalizzata la norma, il legislatore lo configura come una potestà che non può essere negata sulla base di contrastanti esigenze aziendali. A tali esigenze, e all'accordo tra le parti, è invece rimessa la quantificazione dell'orario ridotto nonché la scelta tra modalità orizzontali oppure verticali di organizzazione dello stesso. In considerazione della ratio dell'istituto, nonché del carattere soggettivo del diritto, l'organizzazione del tempo di lavoro dovrà in ogni caso essere pianificata tenendo prioritariamente in considerazione le esigenze individuali specifiche del lavoratore o della lavoratrice”. Per cui è chiaro che il datore di lavoro non può rifiutarsi di concedere la trasformazione da “tempo pieno” a “tempo parziale”. In ogni caso io non escluderei l'opportunità di presentare comunque domanda di assegno di invalidità all'INPS che, in caso di accoglimento, non Le precluderebbe la possibilità di lavorare anche a part-time, e l'importo della pensione potrebbe garantirle la differenza del salario tra tempo pieno e tempo parziale. Le domande a Paolo Zani dovranno essere inviate alla segreteria F.A.I.S. in via San Marino n. 10, 10134 Torino, tel. 011 3043728 - fax 011 3187234, oppure all’e-mail [email protected] oppure alla propria associazione regionale. 23 Grazie per la passione di quella fiamma che rimane in ognuno di noi “Noi 2006” ovvero i volontari, i veri protagonisti dell’evento dei XX Giochi Olimpici e dei IX Giochi paralimpiaci invernali, hanno regalato a tutti e per tutti il loro lodevole contributo alla riuscita dei giochi. L’intero comitato organizzatore di Torino 2006 ha sempre creduto in questa riuscita grandiosa e spesso, sia il Presidente del comitato olimpico, che di quello paralimpico, sono tornati a ripeterci quel “Grazie!” per premiarci del grado d’efficienza e affidabilità dimostrate, in cui tutti ci siamo sentiti i veri padroni di casa di questa festa dello sport e dell’amicizia tra le nazioni, il calore, la passione e l’entusiasmo, miscela essenziale per fare ricordare al mondo che a Torino e in Piemonte si sono verificate le più belle olimpiadi della storia. Ho iniziato il volontariato nel gennaio del 2005, impegnandomi nei “Test Events” nel settore delle distribuzioni delle divise per i volontari; in questo periodo ho iniziato l’esperienza di volontaria del Doping Control, settore delicato in cui ho conosciuto atleti, dirigenti del settore e medici dello sport provenienti da tutta Italia. Come persona diversamente abile, parlando delle mie esperienze vissute come volontaria ospedaliera, nelle associazioni ho potuto far capire quali e quante capacità diverse ogni persona possiede, una potenzialità di capacità nascoste che ho voluto ricercare in me stessa, allo scopo di aiutarmi nell’affrontare le avversità della vita e, nello stesso tempo, aiutare le persone bisognose. Il calore di questi valori umani li ho riscoperti ancora meglio nel periodo delle paralimpiadi, dove la passione per lo sport è senza limiti; tale sentimento è stato percepito e condiviso da tutto il pubblico che ha assistito a questi eventi. Se quindi gli atleti ci dimostrano che la legge dello sport non fa differenze, nel mio piccolo posso affermarvi che mi sono sentita “volontaria nei volontari” anche se diversamente abile. Nonostante le mie stampelle, la carrozzina elettrica, il mio bagaglio ingombrante riempito d’ausili per la gestione della mia colostomia della vescica neurologica, ho potuto dare il mio piccolo contributo per la riuscita di questo bellissimo evento. Questa stupenda esperienza ha maturato in ognuno di noi momenti indimenticabili e sentimenti profondi. Concludo facendo ancora una considerazione: se la legge dello sport non crea le differenze, il fisico delle persone diversamente abili dimostra la diversità rispetto un atleta normodotato; la differenza deve andare al di là del fisico, e sta soprattutto nella forza della mente che ti permette di affrontare le avversità della vita; quindi per vincere occorre essere diversi specie nel cuore. Fulvia Manfrino Da sinistra: Fulvia Manfrino e sorella.